ITA Voir Notice Numéro de dossier See Notes Vedere le avvertenze Numero di riferimento File number CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO Requête Application Ricorso présentée en application de l’article 34 de la Convention européenne des Droits de l’Homme, ainsi que des articles 45 et 47 du règlement de la Cour under Article 34 of the European Convention on Human Rights and Rules 45 and 47 of the Rules of Court presentato in applicazione dell'articolo 34 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e degli articoli 45 e 47 del Regolamento della Corte 1 I. A. Les Parties The Parties Le Parti Le Requérant/La Requérante The Applicant Il/la Ricorrente (Renseignements à fournir concernant le/la requérant(e) et son/sa représentant(e) éventuel(le)) (Fill in the following details of the applicant and the representative, if any) (Informazioni da fornire relative al/alla ricorrente ed al Suo/alla Sua eventuale rappresentante) 1. Nom de famille MASSAFERRO 2. Prénom(s) LUCIANO Surname First Name(s) Cognome Nome Sexe : masculin / feminine MASCHILE Sex: male / female Sesso: maschile/femminile 3. Nationalité ITALIANA 4. Profession SACERDOTE Nationality Occupation Nazionalità Professione 5. Date et lieu de naissance SAVONA (ITALIA) 18.1.1965 Date and place of birth Data e luogo di nascita 6. Domicile Permanent address Domicilio 7. Tél n° Tel no. Tel no 8. Adresse actuelle (si différente de 6.) CASA DI RECLUSIONE DI LA SPEZIA VIA FONTEVIVO 43 19125 LA SPEZIA (ITALIA) 9. Present address (if different from 6.) Indirizzo attuale (se differente da 6.) Nom et prénom du/de la représentant(e)1 PROF. AVV. FRANCO COPPI 10. Name of representative Nome e cognome del/della rappresentante Profession du/de la représentant(e) 11. Occupation of representative Рrofessione del/della rappresentante Adresse du/de la représentant(e) AVVOCATO VIA BRUNO BUOZZI N. 3 00197 ROMA (ITALIA) Address of representative Indirizzo del/della rappresentante 2 12. 9. Tél n° 06.8085758 Tel no. Tel no Nom et prénom du/de la représentant(e)1 Fax n° 06.8085769 Fax no. Fax no PROF. AVV. MAURO RONCO 10. Name of representative Nome e cognome del/della rappresentante Profession du/de la représentant(e) 11. Occupation of representative Рrofessione del/della rappresentante Adresse du/de la représentant(e) AVVOCATO P.ZZA SOLFERINO N. 3 10121 TORINO (ITALIA) 12. B. Address of representative Indirizzo del/della rappresentante Tél n° 0115611484 Tel no. Tel no Fax n° 0115620147 Fax no. Fax no La Haute partie contractante The High Contracting Party L’Alta parte contraente (Indiquer ci-après le nom de l’Etat/des Etats contre le(s)quel(s) la requête est dirigée) (Fill in the name of the State(s) against which the application is directed) (Indicare il nome dello Stato/degli Stati contro il quale/i quali è diretto il ricorso) 13. ITALIA 3 II . Exposé des faits2 Statement of the Facts Esposizione dei fatti (Voir § 19 (b) de la notice) (See § 19 (b) of the Notes) (Vedere § 19 (b) delle avvertenze) 14. Luciano Massaferro è stato condannato alla pena di anni sette e mesi otto di reclusione per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 quater comma 1 n. 1, 609 septies comma 4 n. 2, 61 n. 9 c.p. Egli è stato ritenuto responsabile per aver costretto la minore Minore 1 a compiere e subire atti sessuali, approfittando dell’autorità conferitagli dal suo ruolo di Parroco della Chiesa di San Vincenzo ad Alassio (SV) al quale era stata affidata la minore in quanto abituale frequentatrice dell’oratorio e chierichetta della Parrocchia. L’affermazione della responsabilità penale dell’imputato è stata fondata soltanto sulle dichiarazioni di un soggetto minorenne, ascoltato nel corso di un’unica audizione avvenuta in sede di incidente probatorio in data 29.1.2010. Tutti gli altri testimoni, tra cui decine di coetanei della minore in questione, pur sollecitati dagli investigatori ad accusare l’indagato, hanno non soltanto escluso di essere stati vittima di attenzioni particolari da parte di Luciano Massaferro, ma hanno ampiamente descritto l’attitudine menzognera della minore e la sua frequente propalazione di bugie. Non è stato mai possibile all’indagato e ai suoi difensori interrogare il testimone d’accusa. Infatti: 1. Nell’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio il Giudice aveva disposto che la difesa depositasse in anticipo l’elenco delle domande scritte che avrebbe inteso rivolgere alla minore. I difensori dell’imputato, pur avendo denunciato con memoria scritta la gravissima limitazione del diritto di formulare, per il tramite del giudice, domande e contestazioni al teste (art. 498, comma 4, c.p.p.), hanno ugualmente depositato una lista di domande scritte, attinenti ai rapporti della minore con le figure ritenute più significative, in particolare il padre, il nonno, le amiche e i coetanei in genere. 2. Con violazione gravissima della procedura, il Giudice per le indagini preliminari, con ordinanza del 28.1.2010, non ha ammesso alcuna domanda della difesa, sul rilievo che esse non avessero attinenza con i fatti oggetto dell’imputazione e che avrebbero potuto fuorviare la teste senza contribuire all’accertamento. 3. La difesa ha eccepito davanti al Tribunale ex art. 491, 1° comma, c.p.p. la nullità dell’ordinanza, esponendo le ragioni, di fatto e di diritto, della sua erroneità. 4. Sul piano giuridico, la difesa ha evidenziato che il diritto dell’imputato al contraddittorio e il diritto a formulare le domande, proclamato dalla Convenzione europea e riconosciuto dalla Costituzione italiana 4 agli artt. 24 comma 2 e 111 comma 3, rimane intatto, anche quando l’accusa proviene da un minore. In queste circostanze, il diritto è modificato soltanto nelle modalità di espressione, perché si esercita non mediante l’esame ed il controesame diretto, ma attraverso la mediazione del Giudice, che pone al minore le domande e le contestazioni provenienti dalle parti. Le peculiari modalità di assunzione della testimonianza non implicano, tuttavia, che il Giudice possa escludere domande su temi che egli ritenga delicati o difficili da affrontare, né, tantomeno, che egli possa limitare l’ambito di espletamento dell’atto al fine di salvaguardare il minore da quesiti potenzialmente critici sotto il profilo della verifica della sua attendibilità. Invero, nel caso di specie, il Giudice ha proprio escluso le domande idonee a vagliare l’attendibilità della testimonianza, vanificando con ciò non soltanto l’aspetto procedurale del diritto statuito dalla Convenzione europea, ma altresì e soprattutto il suo intrinseco significato sostanziale di garanzia dell’accusato di respingere l’accusa esercitando la prova in senso contrario. 5. In punto di fatto, le domande erano pertinenti al tema dell’incidente probatorio, perché vertevano sul punto cruciale della credibilità della minore, concernendo i suoi rapporti con la famiglia, con il mondo circostante e, in particolare, con i coetanei e con le amiche destinatarie delle sue prime dichiarazioni sull’abuso pretesamente subito. 6. Invero, se le amiche erano state le prime a ricevere il racconto della minore, era fondamentale, per provare il carattere menzognero, o meno, dell’accusa, indagare i rapporti della dichiarante con le coetanee, le quali stesse hanno affermato l’abitudine ingannatoria della minore e la sua frequente propalazione di bugie, riferendo anche del contegno irridente con cui essa aveva raccontato il preteso abuso. Porre l’accusatrice di fronte alle risultanze contrarie costituiva, pertanto, lo strumento indispensabile per vagliarne la sincerità. Il rifiuto di farlo ha inficiato in radice la legittimità del processo. L’eccezione, respinta con ordinanza dal Tribunale, è stata riproposta nei motivi di appello (all. b pp. 8-15) e di ricorso per Cassazione (all. d pp. 2-7). Il giudizio di primo grado, avanti al Tribunale di Savona, si è concluso con la condanna di Luciano Massaferro alla pena di anni sette e mesi otto di reclusione, con sentenza del 17 febbraio 2011 (all. a). Avverso tale sentenza sono stati tempestivamente proposti articolati motivi di impugnazione in fatto e in diritto, al cui contenuto si rinvia (cfr. all. b). La Corte di Appello di Genova ha confermato, con sentenza del 18 novembre 2011, la condanna di Luciano Massaferro (all. c). La Corte di Cassazione, adìta con ricorso tempestivo dei difensori dell’imputato (all. d), ha confermato definitivamente la sentenza di condanna in data 18 luglio 2012 (all. e). III . Exposé de la ou des violation(s) de la Convention et/ou des Protocoles alléguée(s), ainsi que des arguments à l’appui Statement of alleged violation(s) of the Convention and/or Protocols and of relevant arguments Esposizione della o delle violazioni della convenzione lamentate 5 dal/dalla ricorrente nonché delle relative argomentazioni (Voir § 19 (c) de la notice) (See § 19 (c) of the Notes) (Vedere § 19 (c) delle avvertenze) 15. I. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6 par. 3 lett. d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo della violazione del diritto della difesa a interrogare i testi a carico. 1. La condanna di Luciano Massaferro è stata pronunciata in violazione dell’art. 6, par. 3 lett. d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, poiché non è stato consentito all’imputato, né direttamente né tramite i suoi difensori, porre domande alla testimone minorenne, che ha costituito nel processo l’unica fonte di accusa, sulla cui base è stata decisa la sua condanna. 2. Nell’unico momento in cui la minore è comparsa nel processo – l’incidente probatorio – e, dunque, nell’unico momento in cui era concretamente possibile alla difesa esercitare il diritto alla prova, il Giudice ha vietato, del tutto arbitrariamente e immotivatamente, che il diritto al contraddittorio dell’imputato potesse trovare esplicazione. 3. L’intento del Giudice di impedire alla difesa di interrogare la testimone era evidente già nella decisione di imporre alla difesa l’anticipazione per iscritto delle domande, mediante il loro deposito in cancelleria prima dell’esame. È evidente, infatti, che le domande sorgono normalmente dalla narrazione che si sviluppa nel corso dell’esame e non in precedenza, quando ancora non si conosce ciò che l’esaminando sarà per dire. La richiesta di predisporre per iscritto le domande è stata soltanto il primo rilevante ostacolo frapposto al legittimo esercizio del diritto della difesa. Il Giudice ha, infatti, perseguito il suo scopo ostruttivo fino alle estreme conseguenze, violando in modo diretto e radicale il diritto alla prova dell’accusato. 4. Invero, la difesa aveva, comunque, predisposto un elenco organico e pertinente di domande, depositandole tempestivamente nella cancelleria. Esse concernevano in modo specifico i punti cruciali idonei a vagliare l’attendibilità della minore (i rapporti con i familiari e, in particolare, con il padre putativo e con il nonno; i rapporti con le coetanee, cui essa aveva confidato, ridacchiando, con narrazioni cangianti e sempre più inverosimili, in una sorta di gioco derisorio del Sacerdote, il preteso abuso e, infine, i suoi primi ricordi della vita infantile). 5. Il Giudice si è rifiutato di porre le domande indicate dalla difesa, in palese violazione sia della legge processuale penale sia dei princìpi fondamentali espressi nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 6, par. 3 lett. d CEDU) e nella Costituzione italiana (art. 111, 3° comma Cost.). Tale rifiuto è illegittimo altresì perché viola le norme processuali penali nazionali. In caso di audizione del minore, infatti, il codice di procedura penale italiano ammette una disciplina derogatoria in ordine alle modalità di svolgimento del contraddittorio (art. 398, comma 5 bis c.p.p., art. 498, commi 4, 4 bis e 4 ter c.p.p.), ma non ammette alcuna deroga in ordine al contenuto e all’attuazione di tale diritto. Sull’ammissione delle domande il Giudice non ha poteri differenti o più ampi in caso di audizione di un teste minorenne, rimanendo inalterato, tra gli altri, il principio per cui le prove sono nella 6 disponibilità delle parti (art. 190 c.p.p.). Le parti hanno espressa facoltà di rivolgere al teste domande anche non direttamente attinenti ai fatti oggetto di causa, ma necessarie per valutare la credibilità oggettiva e soggettiva del dichiarante (art. 194, 2° comma c.p.p.: «l’esame può estendersi anche … alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutar[e] la credibilità [del testimone]»). 6. La privazione del diritto al contraddittorio ha impedito il doveroso accertamento processuale in ordine alla attendibilità dell’unica testimone di accusa nel processo. L’indagine sui rapporti della stessa con i familiari e con il mondo circostante, soprattutto con i coetanei, è stato completamente pretermesso, impedendo di conoscere le cause che hanno determinato la falsa accusa nei confronti di Luciano Massaferro. 7. Lo svolgimento in sede dibattimentale del processo, che ha mostrato le molteplici e gravissime anomalie comportamentali della minore nel rapporto con i familiari e con i coetanei, ha messo in luce il carattere decisivo del vizio in cui è incorso il Giudice ai fini della retta formazione del giudizio. Ciò premesso, il divieto imposto alla difesa di formulare domande alla testimone ha violato l’art. 6, par. 3 lett. d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in tutti i differenti livelli in cui, secondo la più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, si deve articolare la valutazione in ordine alla violazione del diritto dell’imputato di interrogare i testimoni a carico (cfr. sentenza Al-Khawaja et Tahery c. Royaume-Uni del 7.7.2011 e, da ultimo, Tseber c. Repubblica Ceca, 22.11.2012). 1. Non ricorre un motivo importante che giustifichi il divieto per la difesa di interrogare o far interrogare il testimone a carico. La minore è stata interrogata in un’udienza di incidente probatorio, sede specificamente destinata all’assunzione della prova nel contraddittorio delle parti; le domande erano formulate direttamente dal Giudice, a tutela della stessa minore; la difesa aveva rispettato le modalità di deposito preventivo per iscritto delle domande; le domande che la difesa intendeva rivolgere al testimone erano pienamente rispondenti, per forma e contenuto, ai requisiti richiesti dal codice di rito; l’oggetto delle domande era fondamentale per vagliare l’attendibilità e la credibilità della testimonianza, giudizio sempre imprescindibile, ma particolarmente delicato e importante quando il testimone sia il minorenne che accusi taluno di un abuso sessuale e quando nessun altro elemento di prova sia sussumibile a carico dell’accusato. 2. La testimonianza della minorenne è la prova unica e determinante la condanna di Luciano Massaferro. L’imputato è stato condannato in forza soltanto della dichiarazione della minore resa nell’udienza di incidente probatorio. Il suo dichiarato è l’unica voce di accusa a fronte di decine di testimonianze di minori che hanno categoricamente escluso di essere stati oggetto di attenzioni illecite da parte dell’imputato. Innumerevoli testimoni hanno, per altro verso, descritto con tratti di inequivocabile sincerità e di vera indignazione l’attitudine menzognera dell’accusatrice e la sua frequente propalazione di bugie, spesso di tenore calunnioso verso i coetanei. Va aggiunto, peraltro, che, oltre alle decine di testimonianze che hanno deposto a sostegno dell’innocenza di Luciano Massaferro, è pure fallito nel modo più assoluto lo sforzo investigativo della pubblica accusa. La prova informatica, grazie alla quale è stata estratta tutta la memoria attuale e remota dai computer in dotazione al Sacerdote, non ha riscontrato alcun elemento o indizio che potesse ricondurre, anche soltanto lontanamente, alla 7 natura del reato contestato. 3. Non vi sono stati nel processo sufficienti elementi di compensazione, che abbiano comunque garantito l’equità complessiva del procedimento. Il pre-giudizio colpevolistico ha guidato tutto lo svolgimento del processo, tanto che le prove decisive a discarico dell’imputato sono state completamente pretermesse nelle motivazioni, come se mai fossero entrate nel processo. Le prove che dimostrano l’innocenza di Luciano Massaferro, come denunciato nel motivo sub III di questo ricorso, sono state, infatti, messe in disparte, come se non esistessero. La difesa ha denunciato la violazione del diritto al contraddittorio in tutti i gradi di giudizio. L’Autorità Giudiziaria ha sempre eluso la questione. La Corte d’Appello di Genova, nello sforzo di trovare una risposta, quale che essa fosse, alla doglianza della difesa, ha travisato il fatto processuale. La Corte ha, infatti, dichiarato infondata l’eccezione della difesa sul rilievo che essa sarebbe stata «intempestiva», in quanto non sarebbe stata proposta «nell’udienza preliminare». Senonché il processo si era svolto nelle forme del giudizio immediato, che non prevede la celebrazione dell’udienza preliminare. L’enormità dell’errore di diritto contenuto in questa proposizione è certamente rivelativo dell’inaccuratezza con cui i magistrati hanno esaminato il gravame. Esso rivela, però, soprattutto, la pervicacia con cui il Giudice ha cercato di nascondere la palese violazione del diritto al contraddittorio. La Corte di Cassazione, con una motivazione apparente, che non ha dato risposta alle censure della difesa, e con la più assoluta mancanza di attenzione per il rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei principi costituzionali, non ha in alcun modo esaminato il profilo della violazione del diritto statuito dall’art. 6, par. 3 lett. d) della Convenzione e dall’art. 111 Cost., sostenendo che il Giudice ha il potere di ammettere e di non ammettere le domande, con la implicita paradossale conclusione che esso, quindi, potrebbe impunemente impedire l’esercizio del diritto al contraddittorio. II. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6, par. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la lesione del diritto dell’imputato a un processo equo. L’assunzione della deposizione testimoniale di Minore 1 ha violato i diritti di difesa dell’imputato, fissati all’art. 6 della Convenzione, anche sotto un profilo ulteriore rispetto alla violazione del diritto al contraddittorio nell’esame del testimone a carico. La deposizione della minore nell’incidente probatorio è stata inquinata dal contatto suggestivo intrattenuto, in limine all’assunzione dell’atto, con l’assistente della Polizia di Stato, che l’aveva sentita e incoraggiata nelle accuse in una precedente audizione, svolta su incarico del Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari. L’inquinamento della testimonianza ha avuto caratteri eccezionali di gravità. La minore aveva già propalato il suo 8 racconto in un’infinità di occasioni e a persone diversissime, tra cui un’Assistente di Polizia. Costei si era profusa in incoraggiamenti e lodi per accusare e per aver accusato il Sacerdote. Quando la ragazzina dovette essere audita con caratteri di neutralità, davanti a un Giudice terzo e imparziale, nel contraddittorio delle parti processuali, è avvenuto che essa sia stata intrattenuta a lungo dalla medesima Assistente di Polizia, che era stata la protagonista attiva della precedente audizione. Nel corso del colloquio, sentito del tutto fortuitamente dai difensori, avvenuto di fronte alla telecamera disposta per l’audizione, sono stati trattati i temi inerenti l’oggetto dell’atto processuale che si sarebbe dovuto di lì a poco esperire. I difensori hanno udito, infatti, pronunciare le seguenti parole: «maschio», «disturbo», «molestia», «toccato», «ti ricordi quello che ci siamo dette quella mattina», nonché citare i nomi di alcune coetanee, che la minore aveva nominato nel corso della sua prima audizione e che hanno a loro volta deposto come testimoni nel processo. I frammenti del colloquio che i difensori hanno potuto cogliere attestano, senza possibilità di dubbio, che, nel corso del prolungato colloquio, l’Assistente di Polizia è intervenuta in modo penetrante nel merito dei contenuti sui quali la minore di lì a pochi minuti avrebbe dovuto rispondere. Particolarmente grave suona, in particolare, il richiamo alla memoria della minore del colloquio già avuto con l’assistente («ti ricordi quello che ci siamo dette quella mattina»), circostanza che integra un vero e proprio invito implicito a ripetere quanto già dichiarato, a dire tutto quanto già detto e a non modificare nulla, per non rischiare, questa volta, di non essere creduta. L’episodio è stato segnalato immediatamente dai difensori al Giudice come di portata tale da inquinare in modo irrimediabile l’audizione della minore. Il Giudice per le indagini preliminari ha, invece, ritenuto irrilevante l’episodio, disconoscendo completamente le fondamentali regole di diritto processuale penale che regolano l’assunzione di una valida deposizione testimoniale, sostenendo l’abnorme tesi che non si sarebbe verificata alcuna nullità o inutilizzabilità della deposizione, perché l’attività di inquinamento si era verificata prima del compimento dell’atto. Come se ciò che avviene prima della testimonianza, per condizionarla e indirizzarla verso un certo risultato, non fosse rilevante e come se ciò che contasse fosse soltanto la burocratica scrittura formale della dichiarazione, e non la sostanza che dimostra l’inquinamento della fonte dichiarativa! Il codice di rito individua, infatti, chiaramente, nella suggestione del dichiarante uno dei più gravi pericoli per la validità della prova testimoniale, attribuendo al Giudice avanti al quale è assunta la prova il dovere di tutelare il testimone dal pericolo di suggestioni, nell’interesse di tutte le parti e, soprattutto, dell’accertamento della verità processuale. Ciò non è avvenuto nel caso di specie e il Giudice, invece di garantire la correttezza e la lealtà dell’esame, ha deciso di procedere contro le statuizioni del diritto vigente. In particolare, l’art. 149 disp. att. del codice di rito specificamente richiede che l’esame del testimone avvenga in modo che «nessuna delle persone citate prima di deporre possa comunicare con alcuna delle parti o con i difensori o consulenti tecnici, assistere agli esami degli altri o vedere o udire o essere altrimenti informata di ciò che si fa nell'aula di udienza»; l’art. 499 comma 4 c.p.p. attribuisce al Giudice il dovere di intervenire per assicurare, tra l’altro, «la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame»; lo stesso art. 499 commi 2 e 3 vieta le domande «che possono nuocere alla sincerità delle risposte» e quelle «che tendono a suggerire le 9 risposte». La decisione del Giudice per le indagini preliminari di ammettere la testimonianza e di non considerare il colloquio intercorso come causa di ingerenza inquinatrice e, conseguentemente, come causa di inattendibilità oggettiva e soggettiva della dichiarante è stata denunciata davanti alla Corte di Appello e alla Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha definitivamente risposto all’eccezione affermando che tale fatto «non integra cause di nullità o inutilizzabilità» (p. 12 della sentenza). Nascondendosi dietro considerazioni formalistiche, prive di dignità giuridica, la Corte ha rifiutato di pronunciarsi sulla questione di sostanza e di vera rilevanza giuridica che la difesa ha sollevato nei motivi di ricorso. Il teste, tanto più se minore, che, subito prima dell’esame, subisce un colloquio sull’oggetto della testimonianza con la persona che già lo ha interrogato per conto della pubblica accusa, la quale, peraltro, lo ha sollecitato ad accusare l’indagato, si trova in una condizione di menomata libertà. Il suo dichiarato non può costituire, da solo, prova idonea a condannare una persona. III. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6, parr. 1 e 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo della violazione del diritto a un processo equo e del principio della presunzione di innocenza. 1. Il testo delle sentenze mostra chiaramente l’esistenza di un inaccettabile pregiudizio di colpevolezza nei Giudici che si sono pronunciati sulla responsabilità penale di Luciano Massaferro. Ciò si evince chiaramente dalla completa omissione della valutazione delle plurime e concordanti prove che dimostrano l’innocenza dell’imputato, formatesi nel pubblico dibattimento e nel contraddittorio delle parti, che la difesa ha indicato specificamente e analiticamente negli atti di gravame contro le sentenze di condanna. La presente censura non è ovviamente diretta a richiedere alla Corte una rivalutazione delle prove del processo, che sarebbe inammissibile, ma a richiedere l’accertamento che la responsabilità di Luciano Massaferro è stata affermata, pregiudizialmente, senza prendere in considerazione, anche solo per confutarle nel merito, le prove evidenti che dimostrano la sua innocenza. Da qui l’inemendabile vizio del processo, che ha violato i fondamentali princìpi di equità, sovvertendo la presunzione di non colpevolezza. 2. L’omessa considerazione delle prove del mendacio della minore. Vi sono in atti due prove evidenti del mendacio della minore e, conseguentemente, dell’innocenza di Luciano Massaferro. La prima: che la minore ha indicato come modalità cronologica del preteso abuso, che sarebbe avvenuto nel corso della benedizione delle case, il giorno nel quale tale servizio fu espletato non da Luciano Massaferro, ma da un diverso Sacerdote, onde è impossibile che egli abbia commesso il reato contestatogli. La seconda prova: che la minore ha indicato come luogo dell’abuso un luogo in cui ella non era mai stata, che non conosceva e che, pertanto, non è stata in grado di riconoscere nelle fotografie rammostratele nel corso dell’incidente probatorio. L’Autorità Giudiziaria non si è mai pronunciata su tali prove. Per la Corte di Appello di Genova è come se tali prove non fossero esistite. Nella motivazione della sentenza, a fronte dell’analitica esposizione di tali prove contenuta nel 10 gravame, il Giudice ha cancellato il tema dal suo orizzonte, come se esso non fosse stato rassegnato alla sua attenzione. La motivazione della sentenza della Corte di Cassazione cumula errori, travisamenti, circonvoluzioni verbalistiche, espresse in un oscuro linguaggio pseudo-curiale, presupposizioni pregiudiziali per escludere, contro la realtà processuale, il vizio inemendabile di motivazione da cui era afflitta la sentenza di seconde cure, che aveva pretermesso di considerare le specifiche doglianze della difesa nell’atto di gravame, violando per omissione essenziale il fondamentale dovere di motivazione. 3. L’omessa considerazione delle prove che dimostrano l’inadeguatezza metodologica della perizia e, conseguentemente, l’erronea valutazione della capacità della minore di rendere una testimonianza valida. Le prove assunte nel dibattimento hanno messo in luce il grave vizio metodologico della perizia disposta in ordine alla capacità della minore di testimoniare, vizio che ha inficiato il giudizio. Si è accertato, infatti, senza ombra di dubbio, che la minore era stata per anni vittima di un clima familiare maltrattante, caratterizzato soprattutto dall’ostilità e dall’abuso psicologico della madre sulla figlia. I Giudici hanno nascosto tutto ciò nelle loro sentenze, allo scopo di conservare intatto l’incongruo giudizio di attendibilità formulato dal perito che era stato nominato dallo stesso Giudice che aveva illegittimamente vietato alla difesa di esercitare il diritto al contraddittorio. Come il Giudice ha rifiutato di ammettere domande sul padre putativo e sui rapporti intrafamiliari, così il perito ha omesso ogni indagine sull’ambiente familiare, violando il principio fondamentale statuito dalla Carta di Noto (Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale), dalla Società Italiana di Neuropsichiatrica dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) e dall’American Academy of Pediatrics (Linee guida per l’esame degli abusi in età evolutiva), alla cui stregua l’assessment clinico e psichiatrico forense del/della minore presunto/a vittima di abuso sessuale va sempre esteso alla valutazione del contesto ambientale e motivazionale all’interno del quale ha preso origine la denuncia, dovendo comprendere colloqui anamnestici con i genitori e/o con altri adulti di riferimento; sedute di osservazione congiunta genitore/bambino; la valutazione della situazione familiare e del contesto allargato; la valutazione psicologica del care-giver. L’inadeguatezza metodologica e l’atteggiamento pregiudizialmente accusatorio hanno così impedito ai Giudici, di merito e di legittimità, di pronunciarsi sui molteplici elementi, inequivocabilmente dimostrativi dell’inidoneità a testimoniare della minore, quali in particolare: • le risultanze della diagnosi clinica che denunciano il deficit intellettivo; • i dati comportamentali aberranti in ambito scolastico, ribaditi da tutti gli insegnanti delle scuole elementari, da cui si ricavano il forte egocentrismo e l’aggressività che non permettono alla minore di considerare l’altro e che la portano a usare l’altro in funzione dei suoi desideri e dei suoi bisogni; • la permanente assistenza di un insegnante di sostegno a lei specificamente dedicato durante tutto il corso delle scuole elementari al fine di contenerne l’iperattivismo e le turbe comportamentali; • l’esercizio di una continua e vessatoria persecuzione nei confronti dei coetanei più deboli; • l’astuzia con cui tormenta i compagni, addossando in modo calunnioso agli altri la responsabilità dei propri gesti sconnessi e/o violenti. 4. L’omessa considerazione delle prove dell’inattendibilità oggettiva e soggettiva della minore. Il fascicolo processuale contiene le prove della inattendibilità oggettiva e soggettiva della testimone. 11 I Giudici, tuttavia, hanno anche trascurato completamente di considerare tali elementi, ritenendo credibile il racconto accusatorio in forza di una indebita presunzione di colpevolezza. In particolare, il dibattimento ha dimostrato inequivocabilmente che le dichiarazioni della minore, considerate sotto ciascuno dei parametri di valutazione sul piano oggettivo del testimone, sono inattendibili per: a) le assurdità e le contraddizioni del racconto alle coetanee, rivelative del carattere inventato della storia; b) l’illogicità intrinseca del discorso; c) il modus della «rivelazione», che è incongruo rispetto a quello in cui la letteratura scientifica descrive l’atteggiarsi del minore realmente abusato. In aggiunta a tutto ciò vi è, infine, sul piano dell’attendibilità oggettiva, un profilo essenziale che le sentenze di merito hanno censurato e su cui la Corte di Cassazione ha steso il velo del silenzio. Si tratta del dato concernente la dimostrata curiosità e invadenza sessuale della minore. Vanamente la difesa ha richiamato in modo specifico nei motivi di gravame le fonti di prova da cui risulta l’insistenza con la quale, fin da epoca risalente ad almeno due anni prima rispetto al momento del preteso abuso, la minore toccava i genitali dei maschi, pretendendo, talora con veri e propri ricatti, che essi le mostrassero il sesso. La Corte di merito ha cercato incongruamente di svalutare le testimonianze, come se i testi, genitori e coetanei, si fossero inventati i fatti. La Corte Suprema, richiamata a prestare attenzione al tema con uno specifico motivo di impugnazione, non vi ha speso neanche una parola, lasciando passare in giudicato una condanna priva di motivazione su un punto essenziale della causa, dimostrativo del disadattamento familiare e sociale e dello sbandamento psicologico che stanno alla base della falsa accusa. Sul piano dell’inattendibilità soggettiva, innumerevoli testi hanno dimostrato che le note costanti del comportamento della minore erano l’attitudine alla menzogna più sbrigliata e proterva, capace di negare evidenze lampanti, nonché l’abitudine di falsamente accusare gli altri per ciò che era addebitabile a lei. La verità storicamente accertata nel processo è stata cancellata dalle sentenze di merito, allo scopo di guadagnare un’ingiusta condanna. Ancora più inaccettabile appare la decisione della Corte di Cassazione, la quale, chiamata a stigmatizzare la parzialità del giudizio di merito, si è rifiutata di riconoscere i vizi inemendabili del giudizio. 5. Le gravissime omissioni nella valutazione della prova presenti nelle sentenze di condanna vìolano il principio della presunzione di innocenza dell’imputato, il quale si pone, essenzialmente, come regola di giudizio, che assume rilievo nel momento in cui il Giudice è chiamato a valutare le prove e, in relazione a esse, a pronunciarsi sulla colpevolezza, o meno, dell’imputato. Esse vìolano, in definitiva, il diritto dell’imputato a essere sottoposto a un processo equo, in cui egli possa esprimere le sue difese e in cui, in ogni caso, tutte le prove raccolte nel dibattimento pubblico devono essere compiutamente valutate secondo la loro lettera e la loro sostanza, in breve, secondo il loro intrinseco valore e significato. V. Exposé relatif aux prescriptions de l’article 35 § 1 de la Convention3 Statement relative to article 35 § 1 of the Convention Esposizione relativa ai requisiti di cui all'articolo 35 § 1 della convenzione (Voir § 19 (d) de la notice. Donner pour chaque grief, et au besoin sur une feuille séparée, les renseignements demandés sous les points 16 à 18 ci-après) 12 (See § 19 (d) of the Notes. If necessary, give the details mentioned below under points 16 to 18 on a separate sheet for each separate complaint) (Vedere § 19 (d) delle avvertenze. Le informazioni richieste dai punti 16 a 18 vanno date per ogni singola doglianza, se necessario anche su un foglio separato) 16. Décision interne définitive (date et nature de la décision, organe – judiciaire ou autre – l’ayant rendue) Final decision (date, court or authority and nature of decision) Decisione interna definitiva (data e natura della decisione, organo - giudiziario o altro - che l'ha pronunciata) Sentenza della Corte di Appello di Genova, I Sezione penale, del 18.11.2011, n. 3393 (proc. n. 1626/11 R.G.C.A.; n. 612/2010 R.G. Trib. Savona; n. 5960/2009 Notizie Reato Savona), divenuta definitiva con sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione III penale, del 18.7.2012, n. 2092 (Registro generale n. 37078/12; proc. n. 12288/2012 R.G.N.). 17. Autres décisions (énumérées dans l’ordre chronologique en indiquant, pour chaque décision, sa date, sa nature et l’organe – judiciaire ou autre – l’ayant rendue) Other decisions (list in chronological order, giving date, court or authority and nature of decision for each of them) Altre decisioni (vanno elencate in ordine cronologico, indicando per ciascuna, data, natura e organo giudiziario o altro - che l'ha pronunciata) - Sentenza del Tribunale di Savona (rito collegiale) del 17.2.2011, n. 130 reg. sent. (proc. n. 5960/2009 Notizie Reato Savona; proc. n. 612/10 R.G. Trib.); - Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione III penale, del 18.7.2012, n. 2092 (Registro generale n. 37078/12; proc. n. 12288/2012 R.G.N.). 18. Dispos(i)ez-vous d’un recours que vous n’avez pas exercé? Si oui, lequel et pour quel motif n’a-t-il pas été exercé? Is there or was there any other appeal or other remedy available to you which you have not used? If so, explain why you have not used it. Il/la ricorrente dispone/disponeva di un ricorso che non è stato esperito ? Quale ? Per quale motivo non è stato esperito? Luciano Massaferro ha esperito tutte le vie di ricorso interne, previste dal codice di procedura penale italiano: avverso la sentenza del Tribunale di Savona ha presentato atto di appello del 25.6.2011; avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova ha presentato ricorso per Cassazione del 15.2.2012. Entrambe le impugnazioni sono state presentate tempestivamente, nel rispetto delle norme del codice di procedura penale. Il ricorrente non dispone, pertanto, di altri mezzi di ricorso, previsti dall’ordinamento italiano. V. Exposé de l’objet de la requête Statement of the object of the application Esposizione relativa all'oggetto del ricorso (Voir § 19 (e) de la notice) (See § 19 (e) of the Notes) (Vedere § 19 (e) delle avvertenze) 19. Con la presentazione del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, il ricorrente intende richiedere: 13 a) L’accertamento della violazione, da parte dell’Autorità giudiziaria italiana, dell’art. 6, par. 1, 2 e 3 lett. d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in relazione al diritto dell’imputato ad un processo equo, alla presunzione di innocenza e al contraddittorio nell’esame dei testimoni. Nel processo a carico di Luciano Massaferro l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stato violato sotto plurimi profili. In primo luogo, è stato violato l’art. 6, par. 3 lett. d) della Convenzione per violazione del diritto dell’imputato a interrogare i testimoni a carico. La condanna di Luciano Massaferro è stata fondata sulla prova unica e determinante della deposizione testimoniale di un soggetto minorenne, al quale l’imputato, né direttamente né per il tramite dei propri difensori, ha mai potuto formulare alcuna domanda. In secondo luogo, è stato violato l’art. 6, par. 1 della Convenzione per la violazione del diritto dell’imputato a essere sottoposto a un processo equo. La testimonianza dell’unica accusatrice di Luciano Massaferro è stata inquinata dallo svolgimento, appena prima dell’inizio dell’incidente probatorio, di un lungo colloquio tra la minore e un’assistente di Polizia, che aveva già interrogato la minore su incarico del Pubblico Ministero. L’episodio ha compromesso l’equità del processo perché ha inficiato la validità dell’audizione della minore, sulla quale è stata fondata la condanna dell’imputato, sottraendo in radice alla difesa, in un momento destinato al contraddittorio nell’acquisizione della prova, la possibilità non solo di interloquire, ma anche di avere controllo e contezza di un momento largamente influente sull’assunzione della testimonianza. In terzo luogo, è stato violato l’art. 6, parr. 1 e 2 della Convenzione per la violazione del diritto dell’imputato a essere sottoposto a un processo equo e alla presunzione di innocenza. Le sentenze di condanna mostrano chiaramente l’esistenza di un grave pregiudizio di colpevolezza nei giudici che si sono pronunciati sulla responsabilità penale di Luciano Massaferro, per la completa omissione della valutazione delle plurime e concordanti prove dell’innocenza dell’imputato, del mendacio della minore, della sua incapacità a rendere una valida testimonianza e, comunque, della sua inattendibilità oggettiva e soggettiva indicate dalla difesa in tutti i gradi di giudizio. b) La conseguente imposizione allo Stato italiano dell’obbligo di conformarsi alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che abbia dichiarato la violazione dell’art. 6 della Convenzione, come previsto all’art. 46, par. 1 della Convenzione stessa. Luciano Massaferro, in forza della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che abbia riconosciuto la violazione dell’art. 6 della Convenzione, potrà richiedere all’Autorità giudiziaria italiana la riapertura del processo nei suoi confronti e il suo svolgimento in conformità alla sentenza della Corte europea. L’art. 630 c.p.p., come modificato dalla sentenza additiva della Corte costituzionale italiana n. 113 del 7 aprile 2011 (che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 630 c.p.p., «nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia 14 necessario, ai sensi dell'art. 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo»), consente, infatti, la revisione della sentenza di condanna definitiva per conformarsi ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Per la parte in cui l’Autorità italiana non potrà conformarsi alla sentenza di condanna alla Corte europea (tenendo anche conto che una parte della pena è già stata scontata da Luciano Massaferro) lo Stato italiano dovrà essere condannato alla corresponsione di un’equa soddisfazione, ai sensi dell’art. 41 della Convenzione, da liquidarsi nella misura di euro 50.000,00 o nella diversa misura che la Corte riterrà equa. In conclusione, dunque, Luciano Massaferro attende dalla procedura che ha attivato con la presentazione del ricorso che la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiari che il processo nei suoi confronti si è svolto in violazione dell’art. 6, par. 1, 2 e 3 lett. d) della Convenzione, sotto i profili sopra specificamente indicati. Dall’accertamento della violazione conseguirà l’obbligo per lo Stato italiano di dare esecuzione alla sentenza della Corte europea, con la corresponsione al condannato di un’equa soddisfazione per la parte in cui non è più possibile rimuovere le conseguenze della condanna inflitta e con la possibilità per Luciano Massaferro di richiedere, ai sensi dell’art. 630 c.p.p., la riapertura del processo a suo carico e la riformulazione del giudizio. VI. 20. Autres instances internationales traitant ou ayant traité l’affaire Statement concerning other international proceedings Altre istanze internazionali investite della causa (Voir § 19 (f) de la notice) (See § 19 (f) of the Notes) (Vedere § 19 (f) delle avvertenze) Avez-vous soumis à une autre instance internationale d’enquête ou de règlement les griefs énoncés dans la présente requête? Si oui, fournir des indications détaillées à ce sujet. Have you submitted the above complaints to any other procedure of international investigation or settlement? If so, give full details. Il/la ricorrente ha sottoposto ad un'altra istanza internazionale di inchiesta o di regolamento, le doglianze di cui al presente ricorso ? Se si, fornire dettagliate indicazioni in merito. Le doglianze di cui al presente ricorso non sono state sottoposte avanti a nessuna altra istanza internazionale di inchiesta o di regolamento. VII . Pièces annexées (pas d’originaux, uniquement des copies ; prière de n'utiliser ni agrafe, ni adhésif, ni lien d'aucune sorte) List of documents (no original documents, only photocopies, do not staple, tape or bind documents) Documenti allegati (nessun originale, solo fotocopie; non aggraffare, unire con nastro adesivo o incollare in alcun modo la documentazione) (Voir chapitre § 19 (g) de la notice. Joindre copie de toutes les décisions mentionnées sous ch. IV et VI 15 ci-dessus. Se procurer, au besoin, les copies nécessaires, et, en cas d’impossibilité, expliquer pourquoi celles-ci ne peuvent pas être obtenues. Ces documents ne vous seront pas retournés.) (See § 19 (g) of the Notes. Include copies of all decisions referred to in Parts IV and VI above. If you do not have copies, you should obtain them. If you cannot obtain them, explain why not. No documents will be returned to you.) (Vedere § 19 (g) delle avvertenze. Vanno allegate le copie di tutte le decisioni menzionate ai capitoli IV e VI. Nel caso in cui sia impossibile procurarsene copia, spiegarne le ragioni. Questi documenti non Le saranno restituiti.) 21. a) Sentenza del Tribunale di Savona (rito collegiale) del 17.2.2011, n. 130 reg. sent. (proc. n. 5960/2009 Notizie Reato Savona; proc. n. 612/10 R.G. Trib.) b) Atto di appello del 25.6.2011, avverso la sentenza del Tribunale di Savona (rito collegiale) del 17.2.2011 e motivi nuovi di appello del 31.10.2011 c) Sentenza della Corte di Appello di Genova, I Sezione penale, del 18.11.2011, n. 3393 (proc. n. 1626/11 R.G.C.A.; n. 612/2010 R.G. Trib. Savona; n. 5960/2009 Notizie Reato Savona) d) Ricorso per Cassazione del 15.2.2012, avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova, I Sezione penale, del 18.11.2011, n. 3393 (proc. n. 1626/11 R.G.C.A.; n. 612/2010 R.G. Trib. Savona; n. 5960/2009 Notizie Reato Savona) e) Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione III penale, del 18.7.2012, n. 2092 (Registro generale n. 37078/12; proc. n. 12288/2012 R.G.N.) 16 VIII. Déclaration et signature Declaration and signature Dichiarazione e firma (Voir § 19 (h) de la notice) (See § 19 (h) of the Notes) (Vedere § 19 (h) delle avvertenze) Je déclare en toute conscience et loyauté que les renseignements qui figurent sur la présente formule de requête sont exacts. I hereby declare that, to the best of my knowledge and belief, the information I have given in the present application form is correct. Dichiaro, in coscienza e in fede, che le informazioni riportate nel presente formulario sono esatte. Lieu LA SPEZIA Place Luogo Date 22 dicembre 2012 Date Data (Signature du/de la requérant(e) ou du/de la représentant(e)) (Signature of the applicant or of the representative) (Firma del/della ricorrente o del suo/della sua rappresentante) Luciano Massaferro Prof. avv. Mauro Ronco Prof. avv. Franco Coppi 17 18