Data e Ora: 28/10/08
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30 economia
Giornale di Brescia
Martedì 28 Ottobre 2008
Brescia cittadella del vento: i casi Sertom e Mf Trasformatori
L’azienda di Collebeato è tra i leader dell’industria della deformazione per realizzare le pale eoliche. Per la conversione in energia lavora l’impresa di Calcinato
BRESCIA C’è un segmento dell’economia bresciana che sta vivendo pienamente il boom delle energie rinnovabili. E non si tratta solo delle
imprese direttamente coinvolte nella produzione di energia. La tecnologia della nostra provincia, infatti, si sta mettendo al servizio di questa
produzione anche nella realizzazione di componenti.
Prendiamo il caso dell’energia eolica. L’Italia,
rispetto ad altri Paesi, ha ancora molta strada
da fare per quanto riguarda l’installazione di impianti di produzione di energia dal vento. Tuttavia, c’è un po’ di Italia e di Brescia anche in molte pale installate all’estero.
A Collebeato, ad esempio, c’è un’azienda che,
da piccola officina meccanica, è diventata un’impresa di primo livello nell’industria della deformazione, e che vende le proprie macchine in tutto il mondo. Si tratta della Sertom, guidata dalla famiglia Seravesi, un’azienda che realizza all’estero il 90% del proprio fatturato.
I principali clienti della Sertom, negli ultimi
tre anni, sono operatori del settore energetico.
In particolare, l’impresa dei Seravesi produce
macchine per realizzare i tubi di sostegno delle
torri eoliche, con tecnologie sempre più innovative. Certo, i clienti della Sertom, per quanto riguarda questo tipo di produzione, non si trovano all’interno dei confini nazionali, ma sono prevalentemente spagnoli o statunitensi. Il settore
energetico (considerando anche le macchine
per la produzione di tubi per il trasporto del petrolio) rappresenta l’80% del fatturato della
Sertom (che nel 2007 è stato di 12 milioni di euro), e l’eolico è la voce principale.
Ma certo non bastano le pale metalliche per
produrre energia: tra i componenti essenziali
troviamo i trasformatori, e anche qui Brescia fa
la sua parte. La Mf Trasformatori di Calcinato,
infatti, guidata da Roberto Festa e famiglia, è
un’impresa in piena fase di sviluppo che ha tra i
propri clienti i principali gruppi siderurgici, bresciani e non.
La Mf realizza trasformatori per i treni dell’alta velocità, per i convogli della metropolitana
che attraverserà la nostra città e per il termoutilizzatore di Brescia. Inoltre, sono targati Mf anche i trasformatori per le pale eoliche (necessari
L’eolico... soffia
sul fatturato
del made in Brescia
per immettere nella rete l’energia generata dal
vento). I ricavi delle vendite nel 2007 hanno superato i 30 milioni di euro, anche grazie al boom
delle fonti rinnovabili di energia, che richiedono
trasformatori. Il fatturato, infatti, è raddoppiato
in due anni e le previsioni per la chiusura del
2008 sono positive, nonostante il rallentamento
generale dell’economia e della produzione.
I casi Sertom e Mf Trasformatori (certo non
gli unici all’interno della nostra provincia) dimostrano, ancora una volta, che il ricorso alle energie rinnovabili porta con sé vantaggi significativi per una vasta platea di imprese e che l’ecologia può e deve accompagnarsi sempre con l’economia.
g.lo.
Franchini:
fa il pieno
fino al 2010
Pesa il 10% nel comparto della meccanica da fonderia
Ad Adro il convegno delle aziende europee del settore
BRESCIA Nel 2008 la crescita è stata del 30%, le
attese prudenziali per il 2009 sono per un balzo
superiore al 10%. Difficile, se non impossibile, in
questi tempi di crisi economica e di dichiarata
recessione trovare performance analoghe in altri settori economici. Stiamo parlando dei settori legati all’eolico, l’energia verde che arriva dal
vento. Un business per «sognatori» fino ad una
decina di anni fa, oggi realtà per oltre una ventina di aziende bresciane che esportano nel mondo dai giganteschi alberi dei rotori, ai mozzi porta pale; dai tubi di sostegno delle torri, ai trasformatori. Secondo gli addetti ai lavori nella nostra
provincia questo settore pesa per il 10% sul fatturato della meccanica da fonderia.
L’Italia tentenna, le aziende no
Se l’Italia tentenna sull’eolico come fonte per
l’energia rinnovabile, a pigiare sull’acceleratore
sono le aziende di casa. Su tutte spiccano le realtà come Franchini Acciai di Mairano (il 40 per
cento del fatturato del gruppo deriva proprio
dall’eolico), Fonderie Ariotti di Adro, Forgiatura Mamè, Forge Monchieri di Cividate Camuno
e Aso di Ospitaletto, ma anche Sertom di Collebeato, Mf Trasformatori di Calcinato, La Leonessa di Carpenedolo che sta studiando un nuovo cuscinetto di base per il settore eolico.
Più competitivo del solare
L’eolico è oggi tra le energie rinnovabili più
competitive: i costi d’installazione sono sempre
più bassi, tre volte inferiori ad esempio rispetto
ad un investimento nel fotovoltaico. Un risultato raggiunto grazie ai massicci investimenti in
ricerca e sviluppo di prodotti anche da parte delle aziende bresciane. «Investire nel vento è diventato oggi quanto mai vantaggioso - spiega
Roberto Ariotti, amministratore delle Fonderie
Ariotti, azienda che da anni è impegnata nel settore -. L’eolico è oggi tra le fonti rinnovabili che
consente di ottenere il rendimento migliore. La
ricerca ha fatto enormi passi in avanti: se dieci
anni fa le torri eoliche producevano 660 chilowattora, oggi lo standard è di 2.500, ma si iniziano ad installare torri da 3.000 kwh e ci sono
prototipi in gradi di produrre fino a 5-6 mila
kwh. I costi di installazione si aggirano intorno
agli 1,3 milioni di euro al megawatt, e la produzione consente di rientrare dei costi sostenuti in
circa quattro anni, mentre per rientrare dalle
spese del fotovoltaico ci vogliono almeno una decina d’anni».
Nel triangolo dell’eolico
Nei giorni scorsi la Fonderie Ariotti di Adro è
stata sede del «Wind Turbine Castings Section», l’incontro annuale dell’associazione delle
fonderie europee specializzate nel settore eolico. Alla due giorni di convegni erano presenti
una quindicina di grossi produttori provenienti
da Danimarca, Svezia, Finlandia, Germania,
Spagna, Francia e Cecoslovacchia che hanno
fatto il punto sull’evoluzione e le prospettive del
settore. Danimarca, Spagna e Germania: questo il triangolo europeo dove è maggiormente
sviluppato l’eolico. Tra i clienti delle aziende bresciane ci sono grandi gruppi del calibro di General Electric, Vestas, Siemes, Acciona e Gamesa.
«Oggi quasi il 25% della meccanica pesante
italiana lavora in un modo o nell’altro per il settore eolico - spiega Ariotti - per Brescia questo
sta diventando un settore strategico. Le commesse arrivano per lo più dal Nord Europa dove
la richiesta di torri è tanto elevato da aver saturato la capacità produttiva delle fonderie locali:
a trascinare il mercato sono Paesi come Scandinavia, Danimarca, Germania, ma anche Spagna
e Francia che sulle energie rinnovabili stanno investendo molto».
Il caso Fonderie Ariotti
È da una decina d’anni che la famiglia Ariotti
è impegnata in questo settore: nel 2008 l’eolico
ha rappresentato il 10% del fatturato dell’azienda, nel 2009 la quota salirà al 30%. Nello stabilimento di Adro vengono realizzati gli alberi rotori, cuore della torre eolica. La fonderia di Adro
produce «Torque Arm» da 2,5 tonnellate in ghisa sferoidale: si tratta di speciali bracci di torsione che bilanciano la navicella alla quale sono fissate le pale eoliche. Prodotti per ora, destinati
interamente al mercato europeo: principalmente Germania, ma anche Spagna, Francia e Finlandia. «La produzione di questi componenti potrà avere uno sviluppo straordinario nei prossimi anni. Sono prodotti speciali, dalle specifiche
qualitative molto elevate - spiega Ariotti -. Impianti che per caratteristiche richiedono standard qualitativi analoghi a quelli del settore aeronautico».
Non c’è solo Kioto
Secondo una recente indagine, con un incremento del 25%, a fine 2008 il settore eolico italiano potrebbe superare la soglia dei 3.400 Mw installati. Ma entro il 2009 questa capacità potrebbe attestarsi in un range tra 4.100 e 4.300 Mw.
Briciole se paragonato a quanto si fa in altri Paesi europei. «Non si tratta solo del rispetto al protocollo di Kioto sulle emissioni di anidride carbonica - conclude Ariotti -. Investire nell’eolico
significa privilegiare lo sviluppo dell’economia
locale d’eccellenza, sostenere settori strategici
della meccanica che investono in ricerca e sviluppo. Fino a venti trent’anni fa gli italiani erano
pionieri in questo settore, oggi accanto alla Germania ed ai Paesi del Nord Europa, i grandi installatori stanno diventando la Cina e gli Stati
Uniti. Il gigante asiatico, per dirne una, è diventato in poco tempo la quinta nazione al mondo
per numero di turbine a vento. E nel solo 2007
ha investito circa 12 miliardi di dollari usa in
energia rinnovabile, seconda solo per cifra alla
Germania - che ne ha spesi 14 miliardi - mentre
le aspettative sono di trovarla in capolista per la
fine del 2009. Al momento tutta la capacità produttiva cinese è concentrata sul mercato locale,
ma questo fino a quando?».
Roberto Ragazzi
r.ragazzi@ giornaledibrescia.it
MAIRANO È all’energia in genere, in particolare
eolica, che la forgia bresciana sta dedicando le migliori energie e le maggiori risorse, intese come investimenti tecnologici.
La Franchini Acciai di Mairano, che nei giorni
scorsi ha compiuto i 40 anni di attività insieme
alla consorella Franchini Lamiere di San Zeno,
sta investendo 25 milioni di euro per un nuovo stabilimento, contiguo a quello in funzione, che ospiterà una nuova pressa da 8mila tonnellate e due
manipolatori in grado di forgiare lingottoni di acciaio speciale fino a 100 tonnellate di peso. L’impianto, in avanzata fase di realizzazione, sarà operativo nella primavera 2009. Un salto di qualità
produttivo resosi necessario per far fronte anche
all’eolico di nuova generazione, le cui pale richiedono componenti sempre più pesanti e potenti.
L’energia eolica costituisce infatti il 40% del fatturato attuale dell’azienda guidata da Giampiero
Franchini con i figli Alberto e Alessandra, che nel
2007 ha chiuso l’esercizio con 76 milioni di fatturato e chiuderà il 2008 con ricavi per 100 milioni di
euro di cui l’85% all’estero. Da Mairano, e dalla
Franchini Meccanica di Flero (la controllata per
le lavorazioni di finitura quali tornitura, alesatura, fresatura, sabbbiatura etc.) escono i giganteschi alberi dei rotori che muovono le pale eoliche,
completi degli ingranaggi di trasmissione.
L’eolico è il futuro: alberi e componenti che vengono esportati in Nord Europa - in particolare
Germania, Olanda, Spagna e Danimarca - in India e Cina. Gli ordini della Franchini, grazie anche all’energia eolica, coprono la produzione fino
alla fine del 2009.
Ma pure in Sudamerica si sta diffondendo l’impiego delle energie rinnovabili. Non solo eolico
ma pure idroelettrico, comparto di cui le forge sono importanti fornitrici.
L’energia eolica e le energie rinnovabili in genere, compreso quanto ne deriva in termini di indotto, sono alcuni dei fattori trainanti la crescita della forgia bresciana degli ultimi anni. Una espansione non solo quantitativa, in termini di volumi
di acciaio prodotto e quindi di fatturato, ma più
ancora in fatto di miglioramento della qualità tecnologica e impiantistica. Senza la spinta impressa dalle energie alternative, che si affiancano alle
energie tradizionali quali nucleare e idroelettrico,
la forgia bresciana, considerata oggi la più competitiva del mondo, non avrebbe conseguito i risultati raggiunti.
La produzione della Franchini Acciai nel 2007
ha superato le 90mila tonnellate, di cui buona parte costituiti dalla vendita di prodotti per impianti
ed installazioni ad alta tecnologia (pur facendo
parte di un settore maturo come la forgia). Fortemente radicata sul territorio (le «Terre Basse», come ama dire Giampiero Franchini per distinguersi dalla forgia camuna) la forgia «made in Mairano» parla oggi molte lingue, sia a Oriente che a
Occidente del pianeta.
Una leadership che, come tutti i primati industriali, ha richiesto un silenzioso e operoso accumulo di risorse, sia umane che imprenditoriali,
che nel caso dei Franchini è durato quarant’anni.
Alessandro Cheula
Petteni: «Un federalismo responsabile per vincere la crisi»
Intervista al neo-segretario della Cisl Lombardia: «Una contrattazione vicina permette di migliorare il sistema. In questo tempo difficile serve più sindacato»
BRESCIA In un tempo in cui il sindacato non è
certo ai primi posti per popolarità, il neo segretario della Cisl Lombardia, Gigi Petteni, non ha
paura di dire che, proprio in questa fase, «serve
più sindacato».
In che senso, segretario?
«I segnali di crisi sono evidenti e, incontrando le persone, vedo la necessità di risposte ai
bisogni primari: i rappresentanti dei lavoratori
sono quindi chiamati a giocare un ruolo nuovo,
assumendo le proprie responsabilità per vincere la sfida della crisi».
Quale strada dobbiamo percorrere in Lombardia per uscire dalle difficoltà?
«Anche se le risposte si trovano sempre più a
livello globale, credo che nel nostro territorio
sia necessario mettere al centro i temi del lavoro e della competitività. Negli ultimi anni, il settore manifatturiero ha rischiato di essere marginalizzato: le vicende di queste settimane ci dicono che dobbiamo ripartire dalle nostre induGigi Petteni guida da settembre la Cisl Lombardia
strie. Nel manifatturiero lombardo ci sono eccellenze che devono essere difese».
Cosa chiedete alle istituzioni regionali?
«Le imprese e il lavoro devono essere accompagnati con un adeguato sistema infrastrutturale, con servizi e con investimenti in formazione. Inoltre, deve crescere una nuova cultura
del fare impresa: deve essere rivalutato anche
il ruolo dell’imprenditore».
Quanto conta il livello regionale? Non c’è pericolo che si crei un nuovo centralismo con Milano al posto di Roma?
«La realtà lombarda, in tutte le sue sfaccettature, non può essere solo "milanocentrica". Anche perché oggi gli stimoli innovativi arrivano
più dalle periferie che dai grandi centri. Credo,
comunque, che il livello regionale sia fondamentale, per la politica e per il sindacato. Anzi, in
questa fase difficile, la Regione deve rappresentare un momento di sintesi delle necessità che
emergono nei territori; deve essere un livello
che accoglie gli stimoli delle periferie e dà risposte concrete».
Nel sindacato funziona la ricetta federale?
«Io credo in un federalismo responsabile, do-
ve ogni soggetto si assume responsabilità per
ottenere un risultato che sia positivo per tutti.
Penso che, a livello sindacale, una contrattazione vicina permette di ottenere risultati importanti. Si pensi al lavoro pubblico: proprio nei
territori si scopre che l’efficienza c’è e deve essere riconosciuta. In questo momento di crisi si
sente l’importanza di un decentramento che
porti a valorizzare le eccellenze».
Da Milano a Roma: per quali ragione la Cisl
ritiene fondamentale la riforma del sistema
contrattuale?
«Ormai da anni non rinnoviamo più i contratti al momento della naturale scadenza. La cronaca dice che le categorie più deboli non riescono più a sottoscrivere i contratti di lavoro. Servono nuove regole che permettano di far crescere i salari dei lavoratori. Da Confindustria
sono arrivate aperture importanti: c’è tanto da
fare e spero che si recuperi unità nel sindacato
per un’intesa firmata da tutti».
E se questo non dovesse accadere?
«Il sindacato deve dimostrarsi all’altezza di
chiudere una partita che ne aprirebbe immediatamente un’altra con il Governo. Siamo fa-
vorevoli alla mobilitazione, ma solo se è finalizzata al raggiungimento di obiettivi. Sul piano
dei contratti, serve un accordo per distribuire
subito più reddito».
Qual è il rapporto con la Cgil a livello
regionale?
«Stiamo lavorando con iniziative unitarie e,
dove è possibile, cerchiamo di mantenere posizioni comuni per raggiungere più facilmente gli
obiettivi. In alcuni casi ci differenziamo, ma
guardiamo la storia: a Brescia è presente una
forte Cgil ma anche una forte Cisl. E la Cisl di
Brescia, in questi anni, ha tenuto anche in contesti non facili. Spero che il prossimo congresso, nella primavera del 2009, ci consentirà di valorizzare alcune battaglie condotte in una situazione di grande disagio: penso, ad esempio,
all’accordo sui contratti del 1993 o alla riforma
del sistema pensionistico del 1995. Mi auguro
che l’appuntamento congressuale di Brescia
possa contribuire a riscoprire il nostro modo di
fare sindacato e, nello stesso tempo, sia occasione per prepararsi alle difficili sfide che ci attendono».
Guido Lombardi
g.lombardi@ giornaledibrescia.it
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