15 GIUGNO 1891
Il LIBRO MASTRO DEI FRATELLI
CALIDDU E FEDERICO
MESSANA
di
Montedoro
A cura di: Calogero e Federico
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Federico
Caliddu
GENEALOGIA MESSANA
Dal Codice diplomatico dei re Aragonesi (1290):
SALVUS DE MESSANA ABITATOR SCLAFANI (pag. 515)
Antonino
||
|| 2°nozze (+22.11.1735)
(Antonina) = Vincenzo = (Eleonorra Tulumello)
||
||
1724
||
||- - - - - - - - - - - = Rosalia
Gaspare = (Anna Alfano)
1°nozze
Diego Scavone
||
||
Raimondo Scavone
Volpe
||
(1721-1785)
(1804)
(1783)
Maddalena
-
(Orazio Sanfilippo)
Calogero (A.Sferrazza)
(+1807)
Concetta
-
(Onofrio Marotta)
(1804)
-
(Crocefissa Marranca)
|| (1770)
(Gaetana Volpe) ----------------------------------
Vincenzo
Don Ludovico Morreale/Collura
||
(Anna Morreale)
||
||
-
||
||
1°nozze
(+1850)
(1761-1795)
-
Calogero
(Arc. Campanella)
(Francesca Alfano)
Salvatore --- Giuliano
(1784-1854)
Anna Maria
Vincenzo
||
||
||
||
Nicolò
||
||
Don Giuliano Volpe
2°nozze
Ludovico
=
1829
Don Antonino
(Chierico e notaro)
||
=
(1806-1882)
(Salvatrice Volpe)
1861
||
||
(1837-1917)
Benedetto – Federico - Rosalia - Giuseppe
||
||
(1863-1950)
(1868-1957)
Maria - Anna Calogero - Federico - Giuseppina
(+1850) (S.Piccillo) (C.Mammano) (Chierico) (G.Petix) (S.Cammarata) (G.Montagna) (C.Montana) (G.Spitalieri)
||
(1831-1849)
|| ^
||
|| |_____ Pietro Montana
(1881)
||
Francesca – Giuseppa – Salvatore–Federico – Ludovico – Peppino Angelina – Ludovico – Pietro – Salvatrice – Francesca - Giuseppina
(Maria Pace)
(1869-1943)
(P.Miccichè) (F.Montagna) (M.Alfano) (F.Barbera) (Chiarelli)
(Barbera)
Lina
-
(Suora +1998)
||
Francesco
||
-
(Franca Alfano +1998)
||
Maria - Totò - Nuccia
Benedetto (Dino)
||
||
Totò
Mariolina
||
||
Lina
Pina
Lillo
Federico
Pina
Vito
Federico Concetta
Calogero
||
||
Federico
Lina
Salvatore
Genì
GENEALOGIA MESSANA
di Montedoro
Dal Codice diplomatico dei re Aragonesi (1290):
SALVUS DE MESSANA ABITATOR SCLAFANI (pag. 515)
Antonino
||
1°nozze || 2°nozze (+22.11.1735)
Diego Scavone
(Antonina) = Vincenzo = (Eleonorra Tulumello)
||
||
||
||
1724
||
||- - - - - - - - - - - Volpe
Raimondo Scavone = Rosalia Gaspare = (Anna Alfano)
||
(1721-1785)
||
||
Salvatore --- Giuliano
(1783)
(1804)
||
(1761-1795)
(Crocefissa Marranca)
Maddalena Calogero - Nicolò
Vincenzo
|| (1770)
(Orazio Sanfilippo) (A.Sferrazza)
||
(Gaetana Volpe) -------------------||
(+1807)
(1784-1854)
Don Ludovico Morreale/Collura
Concetta Anna Maria Calogero
||
(Onofrio Marotta) (Arc. Campanella) (Anna Morreale)
Don Antonino
(1804)
||
(Chierico e notaro)
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LUDOVICO
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(segue)
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Vincenzo
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1°nozze
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2°nozze
Ludovico
(Francesca Alfano) < ==1829
(+1850)
(1806-1882)
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(1837-1917)
Don Giuliano Volpe
||
(Salvatrice Volpe)
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Maria - Anna - Benedetto – Federico - Rosalia - Giuseppe
Calogero - Federico
- Giuseppina
(+1850) (S.Piccillo) (C.Mammano) (Chierico) (G.Petix) (S.Cammarata)
(1863-1950)
(1868-1957)
(G.Spitalieri)
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(1831-1849)
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(G.Montagna) (C.Montana)
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Federico
|| ^
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Ludovico
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|_____ Pietro Montana
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(1881)
(1902-)
(1907-)
(1893 - )
(1896 -USA )
Fr.sca–Giuseppa–Salvatore–Federico–Ludovico–Peppino Angelina– Ludovico– Pietro – Salvatrice – Fr.sca - Giuseppina
(Maria Pace)
(1869-1943)
(Miccichè) (Montagna) (Alfano) (F.Barbera) (Chiarelli) (G.Barbera)
||
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Lina
Francesco
- Benedetto (Dino)
(Suora +1998) (Franca Alfano +1998)
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Maria Totò - Nuccia
Totò
Mariolina
1861==>
Lina
Pina
Angelina Salvatore
Lina
Lillo
Federico
Federico
Genì
Angelina
Pina
Vito
Ciccio
Federico Concetta
Lina (1913-2006)
Calogero
||
Anna Maria (Carnabuci)
Che Caliddu e Federico Messana, mio nonno e suo fratello, vissuti a cavallo del novecento,
fossero dei fini e meticolosi "mastri" è risaputo. Ne parlano le cronache locali e quanti li
hanno conosciuti di persona. Fini e laboriosi "mastri" pieni d'inventiva, capaci di mettere
mano a qualsiasi lavoro venisse loro prospettato: curavano la manutenzione dell'acquedotto,
gestivano l'orologio della Chiesa di Montedoro provvedendo alla costruzione delle parti
rotte od usurate, costruirono l'orologio della Chiesa di Bompensiere, riparavano armi come
pistole e fucili, riparavano e costruivano attrezzi di uso domestico, di campagna, di lavoro.
Quando gli attrezzi della loro piccola fucina non soddisfacevano o si rompevano, allora
provvedevano loro stessi a costruirseli secondo le necessità del caso. Costruivano cancelli
ed inferriate in ferro battuto, i "gattoni" per sostenere i balconi, riparavano biciclette,
attrezzi per le tante miniere di zolfo, fondevano l'oro per costruire piccoli oggetti ed erano
fini cesellatori: cesellarono alla perfezione in acciaio, per sfizio (poiché mai, timorosi e
dabbene com'erano, avrebbero potuto approfittarne), l'effige negativa di alcune monete
correnti. Effige che, applicata al giusto metallo, avrebbe potuto riprodurre le monete in
corso legale! Per ultimo, preparavano le casse di zinco per i morti di un certo rango, per
l'epoca, come per don Cesare Caico, morto il 15 febbraio del 1898, alle ore 2 e un quarto
della notte!
Le loro note, in calce ai lavori svolti, oltre che avere una valenza di cronaca locale spesso
risultano commoventi in quanto rappresentazione della vita quotidiana.
Il tutto è attestato da un "libro di lavoro", dove registravano meticolosamente ogni operazione
della giornata: la data, il committente, il lavoro eseguito, il capitale impiegato ed il relativo
guadagno. Una "X" a lato indicava, come spiegano in una nota, che il lavoro era stato pagato!
E si riscontrano cose strane e divertenti. I pesi erano espressi in "rotoli", misura in vigore nel
Regno delle due Sicilie: un rotolo equivaleva a circa 890 grammi, e cento rotoli formavano un
"cantaro", un quintale odierno. In una nota si legge:
"12/8/1899 Caico Dr. Eugenio - n. 1 tubbo di bicicletta riparato di la moglie".
Che scoperta! Ho seguito tutte le vicende di Eugenio Caico e della moglie Lulù nel lungo
peregrinare per l'Italia, e scopro che le famose biciclette che ordinava in Inghilterra da
Bordighera se l'era portate a Montedoro dopo il suo triste esilio! (vedi Mia cara Lulù).
Da quel "libro di lavoro" emerge uno spaccato di vita che si conduceva in quegli anni a
Montedoro, dal momento che la costruzione di oggetti o la loro riparazione, intestate con
nome, cognome e soprannome alle persone, indicano il tenore di vita e le usanze del paese,
chi deteneva un fucile od una pistola.
"10/5/1899: "Cordaro Angelo - n. 1 canuzi per trareanghe". Al barbiere Cordaro s'era
evidentemente rotto l'attrezzo per tirare i denti!
"14/10/1891: "Sig. Fiocchi Michele - n. 1 stirratore ovale". Attrezzo da miniera.
"30/1/1891: "Dott. Guarino Angelo - n. 1 paio di chiodi di naca". Al dott. Guarino s'erano rotti
i chiodi che tenevano sospesa l’amaca per il proprio bimbo.
"22 luglio 1893: terminata la costruzione dell'orologio di Bompensiere".
28 luglio 1892 = Licata Mariano n. 1 fancetto di miele = dato Lascecca pei peri
Sembra un rebus! Certamente è stato uno scambio alla pari (segno =).
Forse costruirono un falcetto per recuperare il miele dall’arnia, dandolo in omaggio a Licata, ricevendo in
prestito Lascecca (l’asinella) per andare a raccogliere le pere in contrada Albanello. Loro possedettero
una “scecca” fino agli anni cinquanta, ma non poteva essere la stessa del 1892 !
18 aprile 1893 = Terminata n. 1 culla o naca per Federico (Forse per la figlia Salvatrice)
23 ottobre 1896 - Il brigadiere ci ho scassato n. 1 porta ni Capitano Calogero e ci ho fatto n.1 chiave, e ci
hanno trovato n. 12 balati di zolfo (forse un furto alla miniera?)
21 ottobre 1893 - Chiarelli Calogera - n. 1 pila zingata zingo suo (L. 1 coniglio)
15 febbraio 1898 - Caico don Federico - Abbiamo fatto il tabuto, o cassa mortuaria di zingo, per suo
fratello Don Cesare Caico che morì questa mattina alle ore 2 e un quarto (sardato il tabuto dentro e fuori
20 ottobre 1898 - Comune n. 4 marchi per pollare le pecore
23 maggio 1900 - Licata Angelo Infantino - n. 1 marca a 2 lettere (LA)
2 gennaio 1901 - terminati n. 2 toppi con segreto- n. 1 della Scarpetta, n. 1 di Tulumello Vincenzo per
mandarli all’America
7 marzo 1901 - Perrone Giuseppe - n. 1 palliera di n. 36, per recarsela in America
31 agosto 1901 - Morreale Petrina - n. 3 vetri nel scaffiato
8 marzo 1902 - Comune n. 10 ticchetti per mettere le meti ai macellai
La tomba dei Caico
I “gattoni” per sostenere i balconi
5 febbraio 1896 - n. 2 minnalori al ienniro di Pietra di Gesa - n. 1 bottiglia di vino
5 febbraio 1896 - n. 1 revolver riparato al farmacista gruttisi Litri 3 di vino
10 febbraio 1896 - Abbiamo misurato l’acqua alla vasca e si trovò litri 18 ogni 36 secondi, e alla sorgiva si
trovò litri 18 ogni 20 secondi (Onofrio Caico, Augello Alessandro e noi tre)
14 febbraio 1896 - Abbiamo trovato il guasto ni contrada Laburrusa e c’era il tubo rotto. Abbiamo fatto n. 3
manicotti con perni pel tubo rotto - ferromio - Rot. 13 L.0,30 L. 3,90
Abbiamo misurato l’acqua ni acquista e si trovava sempre 19 secondi (col sindaco Caico Onofrio)
10 dicembre 1897 - A Cilona Giuseppe - n. 6 anelli nuovi di mangiatoia
30 dicembre 1897 - Tulumello Michele - ricevuti chili 2 pasta per n. cugno e n. 4 plachi
2 maggio 1898 - Comune n. 10 bacchette di filo di ferro pel pallottoliere - pittarlo diversi colori
N.2 bandiere per la Chiesa di Bompensiere
N. 1 croce allungata lasta e la tranta dietro
Prospetto di balcone in
ferro battuto
Materiale necessario per costruire n. 5 fanali a 5 bracci
in ferro battuto per illuminare le vie del paese
Ne sopravvive un solo esemplare (casa Duminuco)
Nelle foto di Louise Hamilton sono visibili due “fanali” ad uno e due bracci
L’unico “braccio” rimasto (casa Duminuco - Via Tulumello-Vittorio Emanuele)
Muscarolo, sistemato sopra il portone:
adornava e fungeva da presa d’aria
Il portone di casa Caico con
relativo muscarolo
(Foto Louise Hamilton)
21.3.1894 N. 2 vetri per l’urna (pag. 51)
10.6.1896 = Caico Don Federico - n. 1 valora di rame
rosso nel baldacchino della Chiesa (pag. 92)
29.3.1899 Nell’urna n. 1 vetro e n. 1 affa di asta (167)
31 ottobre 1899 Ferramenta per il D. Guarino Angelo
Per me stesso (ferramenta di casa nostra)
14 marzo - 30 aprile 1904 - Terminati n. 2 barconi per me stesso e labbiamo pesato = sono ...
<---- E’ visibile il castelletto montato dietro la
“nuova” Chiesa, nel giardino, per fare posto
all’orologio ed alle campane
Vedi “Libro mastro”
alle pagine 202-205
La Chiesa col campanile
diroccato
La Chiesa provvisoria nel
magazzino di Giulia Caico
Operazione castelletto
Il giorno 29 ottobre 1901, in seguito agli scavi nella sottostante miniera di zolfo, crollò parte della
volta della Chiesa, subito dopo che il prete aveva finito di dire messa. Fu necessario abbattere il
campanile di destra perché pericolante. All’operazione assistettero Caliddu e Federico.
Il 12 novembre 1901 il Comune decise di spostare la Chiesa nel magazzino di Giulia Caico, nella
piazza adiacente, e di trasferirvi sia l’orologio che le campane.
Caliddu e Federico fecero costruire un castelletto di legno nel giardino, alle spalle della nuova
Chiesa e fecero scavare un pozzo sottostante per alloggiare le mazzare dell’orologio. Quindi
smontarono l’orologio, con mille precauzioni, e rimontarono il tutto nel nuovo provvisorio
alloggiamento, tra il 30 novembre ed il 31 dicembre 1901.
Così cantò l’avvenimento il poeta popolare Agostino Alfano:
“... scinnieru li campani di lu campanaru
e l'appinniru in mezzu a lu jardinu”.
CHIANCI MUNTIDORU
Chianci Muntidoru e grida aiutu,
Cu pocu Civili e malu cuvirnatu,
Cu un sulu Tempiu c'amu avutu
Sempri l'hannu vulutu allavancatu.
Li Pirriatura di lu Statutu
Lu surfaru di sutta ci hannu tratu,
Gesù Cristu si finci surdu e mutu.,
li chiama "lu paisi sfurtunatu".
Di la pirrera di lu Cannataru,
si cumincia a ruzzulari Muntidoru
Di la pirrera di li Signuri Lumia
Detti scossa lu tempiu di Diu.
Di la pirrera di lu Sagramentu
ha trimatu l'altaru d'ogni santu.
Jammu a la chiesa e dicernu - Mi pentu!
Ma Gesù Cristu nun mi duna cuntu.
A li vintinovi ottuvru lu matinu
di lu milli novecentu zeru unu,
mentri dicia la missa lu parrinu
cu poca genti e cu lu sagristanu,
ha trimatu lu damusu e lu quatrinu,
vicinu la porta di lu campanaru,
lu tirruri chi fu di lu Parrinu,
Heja!... così dicia alu sagristanu.
Doppu ca livau di vivirisi lu vinu
si nni nisceru fori a manu a manu,
ci fu un spaventu nni lu cummicinu,
la Chiesa si guardava di luntanu.
Nun ci fu cchiu l'ufficio Divinu,
cà Muntidoru addivintà paganu.
Ora di chiesa fa lu magazzinu
pi pinitenza d'ogni cristianu!..:
Chiangiti tutti frusteri e paisani
ommini dotti e fimmini civili,
cadiu la chiesa digna, univirsali.
Bedda, adurnata ca nun avia fini!...
Hannu scinnutu lu lorgiu e li campani
pi fari cuitari li parrini,
amari tutti cu' cci misi mani
trattati comu Turchi Saracini.
Sapiti chi ficiru ammanu ammanu.
Pi chiesa ci addubbaru lu casinu,
scinnieru li campani di lu campanaru
e l'appinniru in mezzu a lu jardinu;
Chista è gravizza di lu sagristanu
pi sunari mezzojornu e matutinu,
Livaru lu parlamentu du luntanu
Ca sunava la missa cu lu tammurinu
Quannu arrivaru a li pedi di l'Artaru
dissiru: hamu truvatu lu trisorol...
Taliati ca trimau lu campanaru,
La Porta Fanza cu tuttu lu muru
(...)
Ficiru stari la chiesa un palummaru
Cà tutti li Santi ristaru a lu muru.
Quannu nisceru lu santu Sagramentu
di Muntidoru s'intisi lu chiantu;
Ci fu nni lu paisi un gran sgumentu;
Chianciva ogni statua di Santu.
(...)
Tutti davanti a Diu l'hammu a pagari,
Gabilloti, Prupriitaria e surfarara,
Ngignera, capumastri e pirriatura
'infina a li carusi ca lu carriaru,
l'Ammaggistratu cu l'Apiritura
E lu Prufeta ca nun sappi fari,
Ora cu' l'arripara sta svintura?
a chistu dannu nun si duvia arrivari.
O Muntidoru, prega di cuntinu
quantu ti levi d'essiri paganu,
(...)
Vo' sapiri cu' fici stu latinu,
lu fici 'n'omu ca mancu va un granu,
di lu so' nomu chiamatu Agustinu
di lu Vituzzi famiglia d'Alfano.
Agostino Alfano
Addì 1 gennaio 1904 - Il Commissario mi ha levato le chiavi dell’orologio e le diede a Camillo che non si
fidava a regolarlo e l’ha guastato
Addì 8 gennaio 1904 - Il Cav. Caico Onofrio mi ha mandato le chiavi dell’orologio a casa mia, con
Cordaro Angelo, e l’abbiamo fatto suonare ch’era fermo
Cos’era successo?
Il 31 luglio dell’anno prima, con decreto regio era stato sciolto il Consiglio comunale ed era stato
nominato un Commissario straordinario, tale Michele Burgio. Questi, ligio al gruppo Guarino-Morreale,
come annota Petix, prepara il terreno per la sua ascesa al potere. Licenzia tutti i dipendenti del Comune
legati ai Caico (12 persone tra Montedoro e Bompensiere) ed accusa la precedente amministrazione di
malversazioni.
La lotta fu aspra. Ma nelle votazioni del 3 gennaio 1904 i Caico risultarono vincitori per soli 4 voti, e
festeggiarono con tripudi di gioia, fiaccolate e fanfara!
Dice il Petix che quella notte nessuno dormì: chi per la gioia, chi per il rancore.
E’ noto che i fratelli Messana parteggiavano per i Caico ed avevano varie concessioni come la gestione
dell’acquedotto, la manutenzione della carrozza, la conduzione dell’orologio della Chiesa madre. Anche
loro erano stati colpiti dal Commissario con la revoca della gestione dell’orologio!
Revoca immediatamente “revocata” dal momento che l’orologio era una loro creatura e solo loro
erano (e furono) in grado di farlo funzionare a dovere, fino agli anni sessanta quando, sciaguratamente e
per insipienza, venne distrutto e sostituito con un quadrante elettrico.
Era un orologio “alla francese”, con decine di rotismi complicati ed alimentato da tre pesanti “màzzare”,
tre grosse pietre legate a delle corde che dall’alto del campanile toccavano quasi terra.
Le “màzzare”, che davano la carica, quotidianamente dovevano essere sollevate (caricate) girando una
manovella. Suonava le ore, le mezz’ore, i quarti, mezzogiorno e ciccannini!
(Per me, ragazzino, (eravamo negli anni cinquanta), era un piacere farmi portare sulla torre dell’orologio ed aiutare mio nonno
a tirare le màzzare. Salvo “sgarrare” ai suoi ordini (inseguendo passeri e colombe per i tetti della Chiesa) e sentirlo gridare:
“Porca terra, è pericoloso!”.
IL TERREMOTO
Un poco d'olio ad una ruota dentellata
con penna d'oca gelosamente conservata,
una sbirciata al bilanciere dondolante,
una soffiata a un ingranaggio semovente.
Della chiesa tremaron le fondamenta,
le luci tutte si spenser come d'incanto,
anche la croce si mise a tentennare,
e pure i santi sembravan borbottare.
Poi, con delicatezza da barbiere anziano,
mise a girare un meccanismo strano,
ed io sbirciando con aria un po’ giuliva
mi accorsi che un gran masso in sù saliva.
Il prete che la messa avea cantato,
al fragore che sembrava terremoto
lasciò l'altare correndo a perdifiato,
seguito al volo da tutto l'apparato.
"E' la màzzara che tutto manda avanti!"
disse mio nonno, con un tono trionfante,
"Se vuoi provare tu, fa un passo avanti,
ma attento a non mollar, ti rompi i denti!".
Varcai la porta correndo come un ogiva,
mentre mio nonno col bastone m'inseguiva:
giungemmo ansanti sulla porta principale
mentre la gente pregava sopra il messale!
Finalmente un portone, ch'era serrato,
si apriva e ti mostrava, meraviglia,
di attrezzi e ruote un grand’apparato,
che ti lasciava stupito come una triglia.
Timoroso e con strizza da novizio,
cominciai a girare quell'artifizio,
contento che la pietra quaternaria
saliva lesta per la torre campanaria.
Capita la cagion del terremoto
e che la morte sicura avean scansato,
con l'occhio destro ringraziavan Dio,
ma col sinistro godean pel dramma mio.
"Attento a quel gradino, porca terra!
Siediti là, e non batter manco ciglia!"
gridava già mio nonno trafelato,
prima ancor che la soglia avea varcato.
Ma un volo di colombo, disgraziato,
mi distrasse dal lavoro complicato,
e mollai la manovella che in un baleno
provocava un disastro a ciel sereno.
Quel galantuomo di mio nonno Federico
mi perdonò d'averlo tanto tradito:
ma per un anno non volle più sapere,
di portarmi lassù, manco a vedere!
Mio nonno Federico, geloso custode dell'orologio
della Chiesa, ogni tanto mi portava sulla torre
campanaria per tirare in alto i contrappesi in pietra
(màzzare): e ne succedevano di tutti i colori!
"Se vuoi venire, là, sull'orologio,
devi ubbidire e fare quel che ti dico:
in silenzio salir la torre, mogio,
e non toccare niente, manco col dito!".
Ma giunti roteando fin sulla cima,
la testa ti fumava, come un vulcano,
e bisognava sostar solo un pochino,
prima di proseguir verso l'arcano.
Ubbidiente e col fiato trattenuto,
sistemato nell'angolo come ordinato,
assistevo cogli occhi ben sgranati,
alle complicate manovre da scenziati.
Quel grosso masso che saliva in alto,
libero dell'attacco, tutto d'un tratto
cominciò a rotolare senza più freno,
sbattendo col fragor di un autotreno.
Federico
Composizione del libro
Il libro, riscoperto in uno dei tanti cassetti di casa, si presenta in buono stato di conservazione.
E’ costituito da circa 300 fogli in formato 21x15, “ligati” insieme, come dice lo stesso Caliddu,
ad un dorso di pelle ed una copertina di duro cartone colorato in rosso. La copertina si
presenta leggermente usurata. I fogli sono composti da 15 righe di circa 1 cm. d’altezza.
La seconda e la terza di copertina hanno un fondo verde. Le pagine sono vergate con grafia
chiara con pennino ad inchiostro nero, spesso con matita nera, a volte con matita viola.
Nella seconda di copertina, a matita, è scritto:
1891 Ligato da me stesso Messana Calogero addì 15 giugno 1891
e tutto il lavoro marcato nei mesi indietro è stato copiato da un altro libro
Il diario di lavoro, infatti, inizia con la data 13 aprile 1891, e dell’altro libro cui fa cenno non si ha alcuna traccia.
Le pagine compilate sono 231, più 22 bianche, più altre 22 di riepilogo: per un totale di 275.
Le pagine sono numerate solo dalla 1 alla 31, al centro pagina in alto
Le pagine riportano: la data in giorno, mese, anno
un segno (una X indica che il lavoro è stato pagato)
nome, cognome (e spesso il soprannome) del committente
la descrizione del lavoro eseguito (a volte un piccolo disegno)
i rotoli utilizzati (1 rotolo equivaleva a circa 870/grammi)
il capitale impiegato
il guadagno ed il totale
Spesso alla descrizione del lavoro è associato il motivo, come la costruzione di un “tabuto” di
zinco per la morte di don Cesare Caico, “avvenuta questa mattina 12 febbraio 1898 alle ore 2
e un quarto”, o la misurazione in secondi del tempo di riempimento di una lattina d’acqua per
scoprire le perdite dell’acquedotto. Piccole notizie, appena accennate, che ci fanno scoprire
fatti ed eventi sconosciuti. Le annotazioni vanno dal 1891 al 1908.
STORIA E COINCIDENZE
I LORO CLIENTI PRINCIPALI:
COMUNE
CAICO
GUARINO
MULINO
FIOCCHI - MICCICHE’ (Miniera)
DON TIBURZIO (Miniera)
Il ritiro delle armi
Col proclama del 5 gennaio 1893, il governo presieduto da Francesco Crispi, impone lo
stato d’assedio in tutta la Sicilia, a causa del forte movimento dei “fasci siciliani” che da
qualche anno rumoreggiavano in tutta l’Isola (Petix).
In Montedoro ci fu il disarmo generale per cui tutti i cittadini “di buona volontà”
consegnarono le armi da fuoco, ma ci fu chi preferì nasconderle.
I fratelli Caliddu e Federico furono incaricati di raccogliere dette armi, di sistemarle in
delle casse e di spedirle a Caltanissetta.
Così risulta dalle loro annotazioni:
Addì 28 gennaio 1894 - Assistito alla consegna delle armi in Montedoro (n. 164)
(le armi consegnate dai montedoresi furono 164)
Addì 29 gennaio 1894 - Assistito alla consegna delle armi a Bompensiere (n. 29)
(le armi consegnate dagli abitanti di Bompensiere furono 29)
Addì 30 gennaio 1894 - Inchiodate le cassi dei fucili per spedirli a Caltanissetta
Le sorgenti d’acqua potabile
La popolazione di Montedoro ha da sempre sofferto il problema
dell’approvvigionamento dell’acqua potabile, nonostante le numerose sorgenti, a
causa del sottosuolo impregnato di zolfo.
- La sorgente della “cuba”, che scaturiva dalle marne (trubi), poco potabile e
sufficiente per un migliaio di persone
- La sorgente del feudo di Graziano, (sorgenti del Salvatore e Acqua Ammucciata)
ottima ma fuori mano e spesso contesa, giunse in paese nel maggio 1884 nella fontana
a 3 cannoli in l.go Capraia, alimentando n. 4 cannoli sparsi per il paese.
- Altre sorgenti , che davano acqua meno buona da bere, perchè sulfurea:
Gebbia dei Gueli, Mintina, Zaccagnini, Marialacani, Mollichella, Rovittello,
Lavatore, Mintina, Ligamaro, Vecchio Matteo
Tanti erano i problemi per convogliare l’acqua in paese a
causa del territorio impervio, soggetto a frane ed a guasti
(di cui alcuni memorabili).
Parecchi erano i “cannoli” sparsi per il paese, che i f.lii
Messana sorvegliavano, pronti ad intervenire in caso di
guasti, come spesso annotano.
Prendevano il nome dal posto di ubicazione:
- il cannolo della Palma - ubicato nell’attuale Piazza XX Settembre,
angolo Via Colonnello Fara, sovrastato da una folta palma =====>
- il cannolo della Pirciata
- il cannolo di Maggiore
- il cannolo di mattiola
- il cannolo di Ninu la ricca
- il cannolo di Don Cicciu
Cannolo della palma
Tracciato della conduttura dell’acquedotto nel territorio di Montedoro
L’intero percorso dell’acquedotto, dalla sorgente dell’Acqua Ammucciata alla “Vasca”
Come si presenta attualmente la vecchia sorgente dell’Acqua Ammucciata, in
territorio di Serradifalco
Fontana con tre cannoli e “fanali” ad un braccio
La loro attività
Caliddu (1863-1950) aveva prestato il servizio militare a Torino dal 1883 al 1886, presso il regio esercito, ed
era tornato in paese con una specializzazione in meccanica fine. Federico (1868-1957) sicuramente avrà
appreso dal fratello tale arte, visto che vivevano in sintonia, oserei dire in perfetta sincronia, ogni
momento della giornata. Sotto casa possedevano una piccola bottega completa di attrezzi per lavori fini
ma anche grossolani come incudine, martelli e mazze, forgia, tenaglie. La loro attività infatti spaziava dalla
costruzione o riparazione di orologi e piccoli oggetti preziosi, alla costruzione di ferramenta come
cancellate, forni per il pane, attrezzi per la miniera, riparazione e costruzione di pistole e fucili. Ma anche la
riparazione di piatti che saldavano con filo di ferro dopo averli perforati con un trapano a corda.
Riepilogo dei lavori riscontrati nel Libro Mastro:
- surchiari e lucchetti - ferramenta per porte - parmigiane - gattoni per sostenere balconi - maniglie -zappe e
zapponi - trispa (supporto per sostenere le tavole del letto) - chiavi - lucchetti semplici e con combinazione roncole - stirratura tondi e ovali per la miniera di zolfo
- riparazione di pistole, revolver e fucili da caccia - palliere (per fondere i pallini da caccia)
- installazione di vetri - martelli, cunei e scalpelli da taglio - chiavi di botte - ferro da stiro - chiodi di vario tipo tiralana - pallottoliere per la scuola - battagli per la campana - muscalora di portone - spiletti - calìa caffè cancaruna - tuliere (calcio) per fucile (anche artistici co una testa di animale) - sculaturi di pomodoro al spiziale graticola di fornello - chiodi di naca - torchio di mustu - affi e viti al principe Pignatelli - fintizzi di lamera - surchiari,
affoni e naticchi - lattine per olio - pila zincata - riparazione del mulino - forbice di tùnniri - stanchetti - balestra di
fucile - trabacca - canalata - fondo di bigliolo (tanti!!) - taglia zone (molle) di orologio - torchio per pasta - rubinetti posa vacile - binocolo riparato - bilancia - porta ritratto - forni di pane - brascera - baionetta - stadera - sciabole
arrotate - decalitro - spironi di pasta - chiave di cantarano - forbici - puntali di vommaru - inferriate d’ogni tipo - fanali da uno a cinque braccia per l’illuminazione del paese (a petrolio) - porta per tomba - tabuto di zinco per Don Cesare Caico
- riparazione di carrozze private e del postale
- gestione e manutenzione dell’acquedotto che prelevava acqua dalle varie sorgenti del circondario
- costruzione dell’orologio per la Chiesa di Bompensiere
- gestione e manutenzione dell’orologio della Chiesa di Montedoro
- riparazione di biciclette a Don Eugenio Caico e Luisa Hamilton
- numerazione delle vie di Montedoro e Bompensiere
- riparazione del mulino a vapore (Federico possedeva l’abilitazione per la conduzione)
UN SEGRETO INCONFESSABILE
Come si evince dal contesto del ”Libro mastro”, Caliddu e Federico erano degli esperti
armaioli. Riparavano armi militari, fucili da caccia, revolver e pistole d’ogni tipo. A loro
ricorrevano quindi oltre che i carabinieri del posto, amici e conoscenti del paese e del
circondario. Il loro lavoro si svolgeva alla luce del sole, poiché mai avrebbero infranto la
legge. Avevano però un segreto, che pesava nel loro cuore come un macigno, e che
portarono fino alla tomba. Caliddu era morto nel 1950, mentre Federico nel 1957 stava per
esalare l’ultimo respiro. E volle scrollarsi di dosso quel pesante macigno che l’opprimeva.
Chiamato a sé un figlio, confessò! Dopo 56 anni!
Confessò che ai primi di maggio del 1901, mentre in contrada Albanello erano intenti a raccogliere le pere,
furono avvicinati da Rosario Bufalino, che da qualche mese s’era dato alla macchia, dopo essere scappato dal
carcere di Serradifalco, ed era attivamente ricercato. Il Bufalino con fare minaccioso consegnò loro una pistola
che necessitava di una riparazione e li “pregò vivamente” di fargliela ritrovare, in gran segreto, riparata e
funzionante, nel posto da lui indicato. Cosa potevano fare i “due poveretti” se non ubbidire all’intimidazione?
La pistola fu riparata e fatta trovare al latitante come stabilito.
Il resto è cronaca: Il 16 maggio seguì il ferimento dell’avvocato Antonino Morreale, fu accusato ed arrestato
l’allora sindaco Federico Caico, subito scarcerato perché estraneo al fatto (ne parla Louise Hamilton nel suo
libro), seguirono le scorrerie del Bufalino.
Finchè, nella notte tra il 28 e 29 ottobre venne sorpreso dalla forza pubblica ed ucciso
in un conflitto a fuoco.
E’ ovvio che loro nessuna colpa avevano per quanto successo,
né per quella maledetta riparazione “estorta” con minacce.
Del resto basta scorrere il “Libro Mastro” per vedere quante volte,
ROSARIO BUFALINO
in tempi non sospetti, avevano riparato pistole e fucili al povero
Bufalino.
Ma quel fatto pesò molto alla loro coscienza al punto da renderlo un segreto incoffessabile!
Quello che resta della “Putìa”.
La vecchia incudine della “putia”
….e la vecchia morsa
Il compasso costruito il 28-03-1908
e siglato C.F.M.
(Calogero Federico Messana)
La forgia ed a sinistra il vecchio mantice
Bastone animato, regalo di Don Cesare Caico, gelosamente custodito da mio nonno.
E’ una bellissima lama di Toledo, finemente cesellata, con incisa in rilievo la frase:
“Non ti fidar di me se il cor ti manca”.
La custodia ed il manico sono in cuoio
Orologio
omaggio della famiglia Caico
8 febbraio 1898 - Terminato n. 1 animolo per cogliere il filo per noi - Arcolaio, arnese fatto di stecche in
cerchio sul quale s’adatta la matassa (marredda) da dipanare (dal greco: ‘anèmos = vento )
Attrezzi rimasti
Giare utilizzate per contenere l’olio e le olive
Vecchio “squadro” da agrimensore (moderno teodolite)
appartenuto al trisavolo Volpe Giuliano, agrimensore
La bilancia del loro negozio
Il libro si presenta in buono stato
Dorso in pelle
Copertina in cartone colorato in rosso
1891
Ligato da me stesso Messana Calogero addì 15 giugno 1891
e tutto il lavoro marcato nei mesi indietro è stato copiato da un altro libro M.C.
Nota esplicativa, come incipit:
Il segno di croce -X- è di essere pagato = dove non è il detto segno di -X- voldire che non è pagato!
Da notare che i Caico NON pagavano “quasi” MAI
Messana Rosalia - n. 1 ferrata - un vestito terminato
N. 4 gattoni - rotoli 89
in tutto Lire 30
Fanala di Bompensiere e Montedoro
Capitale per fare n. 10 fanala (Totale = 215,00 Capitale = 76,30 Guadagno = 138,70)
N. 2 mazzaroli di vricciali , Miccichè Vincenzo
Mantione Salvatore - n. 1 pirciaturi a tinaglia per mercare i pecori all’orecchio Lire 2,50
pagato con carni Lire 2,25
N. 1 runca nuova fatta a padre Fiorella
S. Fiocchi Miccichè G.ppe n. 1 stirraturi ovale
Augello Alessandro n. 1 appinnaglia nuova e 2 perni
Fine del Libro Mastro
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Libro mastro Messana