Stendhal: Alcune opere precedenti al Rosso e il nero
- Storia dell’arte: Histoire del peinture en Italie (scritto 18131815, ed. 1817)
- Biografie: Vie de Haydn, de Mozart e de Métastase (ed. 1815);
Vie de Rossini (ed. 1823)
- Memorie di viaggio: Rome, Naples et Florence (ed. 1917,
prima volta in cui usa lo pseudonimo Stendhal); Promenades
dans Rome (1828-29, ed. 1829)
- Trattato sull’amore: De l’amour (1919-22, ed. 1922)
- Saggistica e critica letteraria: Racine et Shakespeare (ed. 1823
& 1825)
- Un solo romanzo: Armance (1826-27, ed. ago. 1827)
Stendhal: La genesi del Rosso e il nero
Fine 1829: Stendhal si trova in viaggio nel sud della Francia, e
qui legge il resoconto di un processo nella “Gazette des
Tribunaux”:
 Si tratta di un fatto di sangue avvenuto a Brangues, una
cittadina nel dip. dell’Isère;
 L’imputato si chiama Antoine Berthet, un figlio di artigiano,
ex seminarista, che viene assunto come precettore in una casa di
ricchi borghesi; e qui, a quanto pare, diventa l’amante della
padrona di casa;
 In seguito a una serie di avvenimenti, spara un colpo di pistola
all’ex amante, nella chiesa della cittadina, durante una funzione
religiosa;
 Riconosciuto colpevole, viene condannato a morte e
ghigliottinato a Grenoble il 23 febbraio 1828.
Stendhal: La genesi del Rosso e il nero
In questo periodo, Stendhal sta vivendo una tormentata storia
d’amore con la cugina di Delacroix, Alberthe de Rubempré.
 In dicembre, rientrato a Parigi, scopre che la donna lo ha
tradito con un suo amico (il barone de Mareste)
 Inizia a scrivere un romanzo, Julien (titolo provvisorio)
 Il libro viene scritto di getto in pochissimo tempo, e nei
primi mesi del 1830 è pronto per la pubblicazione
 Esce nel novembre 1830 con il titolo: Il rosso e il nero.
Cronaca del XIX secolo
Stendhal: La genesi del Rosso e il nero
Stendhal, Lettera del 29 ott. 1832 al Conte Salvagnoli
“Una cosa farà stupire il lettore. Questo non è un romanzo.
Tutto ciò che vi si racconta è realmente accaduto nel 1826 nei
dintorni di Rennes. In quella città l’eroe è stato giustiziato per
aver tirato due colpi di pistola contro la sua prima amante, dei
cui figli era stato precettore, e che, con una sua lettera, gli
aveva impedito di sposare la sua seconda amante, una ragazza
molto ricca. S[tendhal] non ha inventato nulla”.
Erich Auerbach, Mimesis.
Il realismo nella letteratura occidentale (1946)
“Stendhal nei suoi scritti realistici descriveva soprattutto la realtà
che gli si faceva incontro: ‘Je prends au hasard ce qui se trouve sur
ma route’, dice egli [nei Ricordi d’Egotismo]. Questo metodo, già
noto a Montaigne, è il migliore per sottrarsi all’arbitrio delle
proprie costruzioni e per abbandonarsi alla realtà quale ci è posta
dinanzi. Ma la realtà in cui egli s’imbatteva era tale da non potersi
rappresentare senza un continuo riferimento ai mutamenti violenti
dell’immediato passato e senza tentar presagi sugli imminenti
mutamenti del futuro; tutte le figure e tutte le azioni umane
appaiono nella sua opera su un mutevole sfondo storico, politico e
sociale. […] Stendhal è il fondatore di quel moderno realismo serio
che non può rappresentare l’uomo se non incluso entro una realtà
politica e sociale ed economica continuamente evolventesi, come
accade oggi in qualunque romanzo o film” (230-31).
Stendhal: Il conflitto con la realtà
Erich Auerbach, Mimesis: “La società che lo circondava divenne
per lui un problema, la consapevolezza d’esser diverso dagli
altri, fino allora sentita spensieratamente e con orgoglio, gli
s’imponeva ora come una necessità urgente con cui fare i conti, e
come la forma stessa della sua esistenza. Il realismo letterario di
Stendhal nacque dal suo disagio entro il mondo postnapoleonico,
dalla coscienza di non appartenervi e di non avervi un posto”
(227-28).
Stendhal: Il conflitto con la realtà
Annotazione del 4 gen. 1821: “È necessario che
l’immaginazione apprenda i diritti di ferro della realtà”.
René Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca (1962)
“Don Chisciotte ha rinunciato, in favore di Amadigi, alla
prerogativa fondamentale dell’individuo: non sceglie più gli
oggetti del suo desiderio, ma è Amadigi che deve scegliere per
lui. Il discepolo si precipita verso gli oggetti che gli indica, o che
sembra indicargli, il modello di ogni cavalleria. Chiameremo
questo modello il mediatore del desiderio. […] Nella maggior
parte delle opere di finzione, i personaggi desiderano in modo
più semplice di Don Chisciotte. Non c’è il mediatore, ma ci sono
solo il soggetto e l’oggetto […] il desiderio è sempre spontaneo.
Può sempre essere rappresentato da una semplice linea retta che
collega il soggetto e l’oggetto. / La linea retta è presente, nel
desiderio di Don Chisciotte, ma non è l’essenziale. Al di sopra di
questa linea, c’è il mediatore che si irraggia al tempo stesso
verso il soggetto e verso l’oggetto. La metafora spaziale che
esprime questa triplice relazione è evidentemente il triangolo”
Mediatore
(Amadigi)
Soggetto
(Don Chisciotte)
Oggetto
(Gloria cavalleresca)
Schema del desiderio triangolare
René Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca (1962)
“Il desiderio secondo l’Altro si ritrova nei romanzi di Flaubert.
Emma Bovary desidera attraverso le eroine romantiche di cui è
piena la sua immaginazione. Le opere mediocri che ha divorato
durante la sua adolescenza hanno distrutto in lei qualunque
spontaneità”.
René Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca (1962)
“Un terzo romanziere, Stendhal, insiste allo stesso modo sul
ruolo della suggestione e dell’imitazione nella personalità dei
suoi eroi. Mathilde de la Mole prende i suoi modelli dalla storia
della sua famiglia. Julien Sorel imita Napoleone. Il Memoriale di
Sant’Elena e i Bollettini della Grande Armata rimpiazzano i
romanzi cavallereschi e le stravaganze romantiche. […] La storia
qui non è che una forma di letteratura; suggerisce a tutti questi
personaggi stendhaliani dei sentimenti, e soprattutto dei desideri,
che essi non proverebbero spontaneamente. […] Stendhal
designa con il termine vanità tutte queste forme di ‘copia’, di
‘imitazione’. Il vanitoso non può tirare fuori i propri desideri da
se stesso; li prende in prestito da qualcun altro. Il vanitoso è
quindi fratello di Don Chisciotte e di Emma Bovary. E in
Stendhal ritroviamo il desiderio triangolare” (18-19).
Mediatore
(Napoleone)
(Antenati)
Soggetto
(Julien)
(Mathilde)
Oggetto
(Successo, Seduzione, Scalata sociale)
(Vita eroica e appassionata)
Vanità
Franco Moretti, Il romanzo di formazione (1987)
“Una vita esemplare […] è alla radice dell’immaginazione
ottocentesca. Il generale Bonaparte, il soldato della rivoluzione,
il liberatore che antepone il merito al censo e l’entusiasmo al
calcolo – l’imperatore Napoleone, l’unto del pontefice, il despota
che tratta gli uomini come strumenti e fa tacere la pubblica
opinione. Sarà ovvio, ma senza Napoleone anche la storia
letteraria sarebbe stata tutt’altra, perché non avremmo avuto
l’eroe romanzesco che domina un intero secolo: l’eroe
ambizioso, dinamico, ambiguo. Ambiguo, soprattutto: duplice,
diviso, contraddittorio, e proprio per questo sentito come
esemplare. Egli è il rappresentante naturale di un’epoca in cui
l’esistenza diviene davvero […] ‘problematica’” (84).
György Lukács, La polemica tra Balzac e Stendhal
“[Stendhal] condensa i tratti caratteristici delle singole epoche
nelle biografie dei personaggi di un dato tipo. (Nel Rosso e il
nero fa rivivere la restaurazione, nella Certosa di Parma
l’assolutismo dei piccoli stati italiani, in Lucien Leuwen la
monarchia di luglio). […] Nel destino di questi eroi deve
rispecchiarsi la meschinità, la turpe abiezione di tutta l’epoca: di
un’epoca, in cui per i grandi e puri discendenti degli eroici
periodi della borghesia, della rivoluzione e dell’era napoleonica,
non c’è più posto”.
Peter Brooks, Trame (1984)
“La parola ‘mostro’ […] evoca una serie di riferimenti ai vari
momenti in cui Julien si vede come il plebeo in rivolta,
l’usurpatore, l’ipocrita, il seduttore, […] colui che, mostro
com’è, viola e contesta l’ordine costituito, le classificazioni e le
regole esistenti” (72).
“Questa parola (‘mostro’) ricorre in non poche occasioni nel
testo. In particolare viene usata per stigmatizzare l’ingratitudine,
specie verso figure dotate di autorità paterna, oppure per indicare
trasgressioni di natura erotica, o usurpazioni, conflitti di classe
[…]. Il mostro è dunque il fuori posto, l’abnorme,
l’inclassificabile, il trasgressivo, il seduttivo, il desiderante”
(87).
Christopher Prendergast, The Order of Mimesis: Balzac,
Stendhal, Nerval, Flaubert (1986)
“I momenti decisivi del romanzo sono, precisamente, momenti
a-tipici. In effetti, […] si potrebbe dire che la massa di materiale
strettamente ‘mimetico’ in Le Rouge et le Noir (la
rappresentazione della realtà sociale contemporanea attraverso
una serie di tipi interconnessi: i borghesi di Verrières, gli
aristocratici del salotto de la Mole) esista soprattutto per
evidenziare, per contrasto, le azioni e le esperienze che
sovvertono i modelli di ‘realtà’ illustrati e incarnati da questi
diversi tipi sociali. Ovviamente, tali azioni sono sopratutto
trasgressioni dei codici morali, stimolate da impulsi e desideri
proibiti o non riconosciuti da questa società: il delitto di Julien,
l’adulterio di Louise, la passione di Mathilde. […]
Christopher Prendergast, The Order of Mimesis: Balzac,
Stendhal, Nerval, Flaubert (1986)
Julien non solo offende, ma anche sorprende la sua società, e le
due cose sono profondamente interconnesse. Di qui,
l’importanza nel testo del motivo dell’imprévu, il modo in cui
Julien […] ripetutamente elude e disturba il ‘sistema di
probabilità interiorizzato’ degli altri personaggi, ai quali appare
di conseguenza […] come singulier: strano, non collocabile,
infinitamente più complesso e misterioso del semplice stereotipo
dell’ambizioso parvenu” (124).
Il romanzo di formazione
Coordinate storico-letterarie, alcuni esempi:
• Germania (Bildungsroman): Christoph Martin Wieland,
Agathon (1766); Goethe, Gli anni di apprendistato di Wilhelm
Meister (1795-96)
• Francia: Stendhal, Il rosso e il nero (1830); Balzac, Illusioni
perdute (1837-43); Flaubert, L’educazione sentimentale (1869)
• Inghilterra: Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio (1813);
Charlotte Brontë, Jane Eyre (1847); Dickens, David Copperfield
(1849-50), Grandi speranze (1860); George Eliot, Il mulino sulla
Floss (1860)
• Italia: Ippolito Nievo, Le Confessioni d’un italiano (1867
postumo)
Il romanzo di formazione
1) Romanzo dell’”uomo in divenire”
Michail Bachtin, L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze
umane: “Accanto a questo tipo dominante ce n’è un altro […]
che dà l’immagine dell’uomo in divenire. In opposizione
all’unità statica qui si dà l’unità dinamica dell’immagine
dell’eroe. […] Il tempo s’immette nell’interno dell’uomo,
penetra nella sua immagine, mutando sostanzialmente il
significato di tutti i momenti del suo destino e della sua vita.
Questo tipo di romanzo può essere designato nel senso più
generale come romanzo del divenire dell’uomo” (208).
Il romanzo di formazione
1) Romanzo dell’”uomo in divenire”
Michail Bachtin, Estetica e romanzo: “A questo [cioè al romanzo
in cui compare un eroe già formato, che vive una serie di
avventure e deve superare una serie di prove] il nuovo romanzo
contrappone il divenire dell’uomo, da una parte, e una certa
duplicità, la non integrità dell’uomo vivo, la mescolanza di bene
e di male, di forza e di debolezza, dall’altra. La vita con i suoi
eventi non serve più da pietra di paragone e da mezzo di prova
dell’eroe bell’e pronto […]: adesso la vita coi suoi eventi,
illuminata dall’idea di formazione, si svela come esperienza del
protagonista, come scuola, come ambiente, che per la prima
volta modellano e formano il carattere del protagonista e la sua
concezione del mondo” (200).
Il romanzo di formazione
2) Tra “poesia del cuore” e “prosa della vita reale”
Hegel, Estetica (1836-38): “Una delle collisioni più comuni e
più adatte per il romanzo è il conflitto della poesia del cuore con
la prosa contrastante dei rapporti e l’accidentalità delle
circostanze esterne” (II,1223).
“Come individui con i loro fini soggettivi dell’amore,
dell’onore, dell’ambizione e con i loro ideali di un mondo
migliore, [gli eroi dei romanzi moderni] stanno di contro a
quest’ordine sussistente ed alla prosa della realtà che pone loro
difficoltà da ogni parte […]”.
Il romanzo di formazione
2) Tra “poesia del cuore” e “prosa della vita reale”
“Questi nuovi cavalieri [li definisce così perché li considera
incarnazioni moderne degli eroi cavallereschi, in un contesto
storico completamente cambiato] sono in particolare dei giovani
che devono scontrarsi con il corso del mondo, il quale si realizza al
posto dei loro ideali, e che ritengono una disgrazia che vi siano
famiglia, società civile, Stato, leggi, professioni ecc., perché queste
sostanziali relazioni della vita si oppongono crudelmente con le
loro barriere agli ideali e al diritto infinito del cuore. Si tratta
dunque di aprire una breccia in quest’ordine delle cose, di mutare il
mondo, oopure di tagliarsi a suo dispetto per lo meno una fetta di
cielo sulla terra […]. Ma queste lotte nel mondo moderno non sono
altro che l’apprendistato, l’educazione dell’individuo alla realtà
esistente, ed acquistano così il loro vero senso” (I,663-54).
Il romanzo di formazione
3) Il problema della “socializzazione”
Hegel, Estetica: “Infatti la fine di tale apprendistato consiste nel
fatto che il soggetto mette giudizio, tende a fondersi, insieme con
i suoi desideri e opinioni, con i rapporti sussistenti e la loro
razionalità, si inserisce nella concatenazione del mondo e vi
acquista un posto adeguato. Per quanto uno possa essere venuto
a lite con il mondo ed esserne stato respinto, alla fine per lo più
trova la fanciulla adatta e un posto qualsiasi, si sposa e diviene
un filisteo come gli altri: la donna si occupa del governo della
casa, i figli non mancano, la moglie adorata che prima era
l’unica, un angelo, si comporta più o meno come tutte le altre,
l’impiego dà fatica e noia, il matrimonio le croci domestiche, e
insomma subentra, come d’uso, l’amaro risveglio” (I,664).
Il romanzo di formazione
3) Il problema della “socializzazione”
F. Jameson, L’inconscio politico (1981): “Il singolo testo
narrativo, o la singola struttura formale, deve essere compresa
come risoluzione immaginaria di una contraddizione reale” (84).
Il romanzo di formazione
3) Il problema della “socializzazione”
Franco Moretti, Il romanzo di formazione: “Con esso [il
Bildungsroman] cerchiamo di indicare una delle più armoniose
soluzioni mai offerte a un dilemma connaturato alla civiltà
borghese moderna: il conflitto tra l’ideale dell’’autodeterminazione’ e le esigenze, altrettanto imperiose, della
‘socializzazione’. Da due secoli a questa parte, infatti, le società
occidentali hanno riconosciuto al singolo il diritto a sceglier da
sé la sua etica e la sua idea di ‘felicità’; a immaginare e
progettare in libertà il proprio destino. Diritti enunciati nei
proclami e incisi nelle costituzioni: ma non per questo
universalmente realizzabili. Perché si danno, come è ovvio,
aspirazioni in contrasto fra loro […]”
Il romanzo di formazione
3) Il problema della “socializzazione”
“Come dunque far coabitare la tensione verso l’individualità,
che è il necessario frutto di una cultura dell’autodeterminazione,
con la tensione, opposta, alla normalità, che è il portato
altrettanto inevitabile del meccanismo della socializzazione?”
(17-18).
Il romanzo di formazione
3) Il problema della “socializzazione”
“[Nel Bildungsroman] non c’è conflitto tra individualità e
socializzazione, autonomia e normalità, interiorità e
oggettivazione. La formazione dell’individuo come individuo in
sé e per sé coincide senza crepe con la sua integrazione sociale
in qualità di semplice parte di un tutto” (18).
“Autosviluppo e integrazione sono percorsi complementari e
convergenti, al cui punto d’incontro e di equilibrio si colloca
quella piena e duplice epifania del senso che è la “maturità”.
Raggiunta la quale, il racconto ha realizzato il suo scopo e può
senz’altro finire” (21).
Mathilde de la Mole
Lettera a Salvagnoli: “Nel salotto brilla la signorina de La Mole,
parigina di diciannove anni, figlia del marchese. È destinata al
giovane marchese di Croisenois, […] che ha sessantamila franchi
di rendita e sarà un giorno duca. […] Ma la signorina de La Mole
lo trova insipido. [A questo punto capita Julien] E, nella sua
immensa vanità, ella s’impunta a voler turbare il cuore di Julien.
Ma egli a sua volta, guidato dall’orgoglio, tanto sa fare che la
signorina de La Mole si mette davvero in puntiglio. […] Infine, la
signorina de La Mole, che avrà un milione di dote […]
l’orgogliosa signorina de La Mole amerà il segretario, il
domestico di suo padre! E perché? Perché Julien, a forza
d’orgoglio, s’è comportato, per puro caso, proprio nel modo che
occorreva per esasperare la vanità della signorina de La Mole.
Due o tre volte, seriamente e non per scherzo, è stato sul punto di
piantarla. Ecco il segreto per farsi amare dalle parigine del giorno
d’oggi”
“Il mio romanzo è finito”
Le Rouge et le Noir, parte II, cap. XXXIV: “Le soir, lorsqu'elle apprit
à Julien qu'il était lieutenant de hussards, sa joie fut sans bornes. On
peut se la figurer par l'ambition de toute sa vie, et par la passion qu'il
avait maintenant pour son fils. Le changement de nom le frappait
d'étonnement. ‘Après tout, pensait-il, mon roman est fini, et à moi
seul tout le mérite. J'ai su me faire aimer de ce monstre d'orgueil,
ajoutait-il en regardant Mathilde; son père ne peut vivre sans elle, et
elle sans moi’.”
Cfr. Walter Scott, Waverley (1814), cap. LX: “These reveries he was
permitted to enjoy, undisturbed by queries or interruption;--and it was
in many a winter walk by the shores of Ullswater, that he acquired a
more complete mastery of a spirit tamed by adversity than his former
experience had given him; and that he felt himself entitled to say
firmly, though perhaps with a sigh, that the romance of his life was
ended, and that its real history had now commenced. He was soon
called upon to justify his pretensions by reason and philosophy”.
“Il mio romanzo è finito”
Tzvetan Todorov, La grammatica del racconto (in Poetica della
prosa, 1971):
“L’intreccio minimale completo consiste nel passaggio da un
equilibrio a un altro. Un racconto ideale inizia con una
situazione stabile, che una forza qualunque viene a turbare. Ne
risulta uno stato di squilibrio; mediante l’azione di una forza
diretta in senso opposto, l’equilibrio viene ristabilito; il secondo
equilibrio è simile al primo, ma i due non sono mai identici” (56)
“Il mio romanzo è finito”
Manzoni, I promessi sposi (cap. XXXIII):
[Mentre sta seguendo in parallelo le vicende di vari personaggi,
spostandosi dall’uno all’altro,] Il narratore ammette che la storia
di Renzo, “non sarebbe mai stata intralciata con [quella di don
Rodrigo], se lui non l’avesse voluto per forza; anzi si può dire di
certo che non avrebbero avuto storia né l’uno né l’altro”.
“Il mio romanzo è finito”
Peter Brooks, Trame: “La trama del racconto è una deviazione o
una trasgressione rispetto alla norma, uno stato di errore e di
irregolarità, il solo stato “raccontabile”” (p. 92)
“La trama si pone come una sorta di divergenza o devianza [...].
Perché la trama inizia (o deve dare l’illusione di iniziare) al
momento in cui la storia, [...] ubbidendo a qualche stimolo, passa
da uno stato di quiescenza a uno stato di “narrabilità”, a una
condizione di tensione, di inquietudine, che esige appunto di essere
raccontata. [...] La narrazione che segue viene mantenuta in uno
stato di tensione, come una prolungata deviazione rispetto alla
quiete della “normalità”, del non-raccontabile, finché giunge alla
quiescenza terminale della conclusione” (p. 113).
“La devianza è condizione necessaria perché la vita sia
raccontabile, e la normalità manca di qualsiasi interesse, di
qualsiasi energia” (148)
“Il mio romanzo è finito”
Franco Moretti, Il romanzo di formazione:
“[In Stendhal] La gioventù non è un tragitto teleologico che si
concluda con una superiore maturità; il senso immanente al
mondo così com’è non può essere condiviso dal protagonista né
renderlo felice; la tensione verso l’autonomia si contrappone ai
dettami della socializzazione. Se un finale convincente deve
trasmetterci una sensazione di quiete, equilibrio, integrazione
sistematica dei vari elementi di un’opera, qui essi sono ormai
così conflittuali, sdoppiati ed eterogenei da renderlo
inconcepibile. Eppure anche questi romanzi, come tutti, a un
certo punto devono finire. E allora, se non possono concludersi
all’insegna della connessione e dell’armonia – finiscano
decisamente al modo opposto. Finiscano male” (131)
Un enigma narrativo
Nota di Lucien Leuwen in cui Stendhal definisce il romanziere
“il cane del suo eroe”: “il miglior cane da caccia può solo far
passare la selvaggina a tiro del fucile del cacciatore. Se lui non
spara, il cane non può farci nulla”.
Un enigma narrativo
Brooks, Trame:
“Il colpo di pistola che Julien spara contro Madame de Rênal
[…] appare gratuito, arbitrario, per nulla motivato. Ormai
fidanzato a Mathilde de la Mole […], adorato dalla ragazza che a
sua volta è adorata dal padre, questo abile tessitore d’intrighi
[…] non dovrebbe avere alcuna difficoltà a trovare il modo di
riparare il danno arrecato alla sua reputazione dalla lettera
accusatoria di madame de Rênal. […] il modo in cui Stendhal
distrugge il suo stesso romanzo, e poi gli ‘taglia la testa’, appare
un vero e proprio scandalo” (71).
Un enigma narrativo
Gérard Genette, Verosimiglianza e motivazione: [Al tentato
omicidio] “Stendhal ha voluto deliberatemente [...] attribuire,
con il suo rifiuto di qualunque spiegazione, quell’individualità
selvaggia che costituisce l’imprevedibilità delle grandi azioni – e
delle grandi opere. L’accento di verità, a mille miglia da ogni
genere di realismo, non si separa qui dal sentimento violento di
un’arbitrarietà pienamente assunta, e che trascura di
giustificarsi” (77).
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Franco Moretti, Il romanzo di formazione