AA. 2012-2013 SP 2013 Prof. Uberto MOTTA Seminario di letteratura moderna La Lettera a Cristina di Lorena di Galileo (venerdì 8-10h, MIS 4126) Jean Dietz Moss, Galileo’s Letter to Christina: Some Rhetorical Considerations, «Renaissance Quarterly», 36/4 (1983), pp. 547-576 Jean Dietz Moss, The Interplay of Science and Rhetoric in Seventeenth Century Italy, «Rhetorica», 7/1 (1989), pp. 23-43. A. Battistini, Introduzione a Galilei, 1989 Da un punto di vista retorico l’assenza di un accertamento oggettivo, promesso e non offerto, comporta l’insuccesso della cosiddetta prova logica, che si riflette negativamente sull’ethos della personalità di Galileo, la cui immagine, da quella di probo ricercatore della verità, minaccia di convertirsi in millantatore costretto alle petizioni di principio. E infine coinvolge la prova emotiva, perché l’intrusione nel settore della teologia suscitò conflitti e gelosie di competenze, alimentando la coalizione antigalileiana che da qualche tempo veniva organizzandosi. La responsabilità di avere costretto al silenzio Galileo ricade sull’intolleranza degli ambienti più conservatori della Chiesa; non va però taciuto che in qualche occasione lo scienziato, rapito dalla sua stessa foga dialettica, fornì ai nemici, sempre più numerosi, l’esca più infiammabile con cui attizzare la repressione contro il suo liberale pensiero. Calendario delle lezioni 1) 2) 3) 4) 5) 22 febbraio 1 marzo 8 marzo 15 marzo 22 marzo 29 marzo: Venerdì Santo 5 aprile: vacanze di Pasqua 6) GIOVEDÌ 11 aprile, 17-19h (recupero del 26 aprile) MIS 3013 7) 12 aprile 8) 19 aprile 26 aprile: lezione sospesa – recupero: 11 aprile 9) 3 maggio 10 maggio: festa (giovedì è l’Ascensione) 10) 17 maggio 11) 24 maggio 12) 31 maggio Bibliografia I. Testi G. Galilei, Lettere, a cura di Erminia Ardissino, Roma, Carocci, 2008. G. Galilei, Lettera a Cristina di Lorena, a cura di Franco Motta, Genova, Marietti, 2000. G. Galilei, Scienza e religione. Scritti copernicani, a cura di M. Bucciantini e M. Camerota, Roma, Donzelli, 2009. G. Galilei, Lettera a Cristina di Lorena, ed. critica a cura di Ottavio Besomi, Roma-Padova, Antenore, 2012. Bibliografia II. Letteratura critica primaria A. Battistini, Introduzione a Galilei, Roma-Bari, Laterza, 1989. A. Battistini, Galileo e i Gesuiti. Miti letterari e retorica della scienza, Milano, Vita e Pensiero, 2000. M. Pesce, L’ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia cristiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005. La prosa di Galileo. La lingua, la retorica, la scienza, a cura di M. Di Giandomenico e P. Guaragnella, Lecce, Argo, 2006. L. Guerrini, Galileo e la polemica anticopernicana a Firenze, Firenze, Polistampa, 2009. A. Damanti, Libertas philosophandi. Teologia e filosofia nella lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena di Galileo Galilei, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2010 (pp. 399-473: ed. commentata del testo). E. Ardissino, Galileo. La scrittura dell’esperienza. Studi sulle lettere, Pisa, ETS, 2010. A. Battistini, Galileo, Bologna, Il Mulino, 2011. Bibliografia III. Letteratura critica secondaria M. D’Addio, Il caso Galilei. Processo, scienza, verità, Roma, Studium 1993. M. Bucciantini, Contro Galileo. Alle origini dell’«affaire», Firenze, Olschki, 1995. G. Baffetti, Retorica e scienza. Cultura gesuitica e Seicento italiano, Bologna, CLUEB, 1997. M. Camerota, Galileo Galilei e la cultura scientifica nell’età della Controriforma, Roma, Salerno, 2004. E. Bellini, Stili di pensiero nel Seicento italiano. Galileo, i Lincei, i Barberini, Pisa, ETS, 2009. L. Guerrini, Galileo e gli aristotelici. Storia di una disputa, Roma, Carocci, 2010. Struttura del seminario 1) 22 febbraio, Lezione introduttiva 2) 1 marzo, Lezione introduttiva 3) 8 marzo, Lezione introduttiva 4) 15 marzo, Le osservazioni astronomiche: lettere 1609-10 (Lettere 2008, pp. 68-86) 5) 22 marzo, La nuova scienza: lettere 1610-11 (Lettere 2008, pp. 87-110) 6) 11 aprile, Galileo e i Lincei: lettere 1611-1613 (Lettere 2008, pp. 111-126) 7) 12 aprile, Le lettere copernicane I: 1613 (Lettera a Benedetto, pdf in Gestens) 8) 19 aprile, Le lettere copernicane II: 1615 (Lettere a Piero Dini, pdf in Gestens) 9) 3 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 1-12 ed. Besomi 2012 10) 17 maggio, La lettera a Cristina di Lorena II: §§ 13-27 ed. Besomi 2012 11) 24 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 28-41 ed. Besomi 2012 12) 31 maggio, Scienza e fede: lettere 1615-1616 (Lettere 2008, pp. 127-145) Consegne • Blocchi di lettere (15 marzo, 22 marzo, 11 aprile, 22 maggio) contestualizzazione biografica; identità dei corrispondenti; varietà o omogeneità dei contenuti; puntualizzazione dei temi principali; varietà o omogeneità sul piano linguistico, retorico e stilistico. • Un testo (a B. Castelli: 12 aprile) o due testi (a P. Dini: 19 aprile) Continuità e/o discontinuità tematica rispetto alle lettere precedenti; identificazione della struttura argomentativa del testo; distinzione fra temi principali e secondari; analisi linguistica e stilistica. • Un frammento dell’ep. a Cristina (3 maggio, 17 maggio, 24 maggio) meticolosa analisi della lingua e dello stile, identificando fonti implicite, citazioni esplicite e figure retoriche; valutazione della coerenza interna e dell’impianto logico del testo; verifica degli obiettivi perseguiti dall’autore; rilevazione delle novità sul piano concettuale e tematico rispetto alle lettere precedenti. G. Galilei, Enimma, in La Sfinge, 1643 Mostro son io più strano e più diforme che l’arpía, la sirena o la chimera; né in terra, in aria, in acqua è alcuna fiera, ch’abbia di membra così varie forme; parte a parte non ho che sia conforme, più che s’una sia bianca e l’altra nera; spesso di cacciator dietro ho una schiera, che de’ miei piè van rintracciando l’orme. Nelle tenebre oscure è il mio soggiorno, che se dall’ombre al chiaro lume passo, tosto l’alma da me sen fugge, come sen fugge il sogno all’apparir del giorno, e le mie membra disunite lasso, e l’esser perdo con la vita, e il nome. R. Bellarmino, Lettera a P. A. Foscarini 12.IV.1615 (in OG, XII, 171) (1) Dico che quando ci fusse vera demostratione che il Sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e piú tosto dire che non l'intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. (2) Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata: né è l'istesso dimostrare che supposto ch'il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo; perché la prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della seconda ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa esposta da' Santi Padri. (3) Aggiungo che quello che scrisse: Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc.[Eccl. I 5], fu Salomone, il quale non solo parlò ispirato da Dio, ma fu huomo sopra tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l'hebbe da Dio; onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimostrare. G. Galilei, Lettera a Matteo Carosi, 24.V.1610 (in OG, X, 357-358) Questi, che parlano, doveriano (per fare il giuoco del pari) mettersi come ho fatto io, cioè scrivere, e non commettere le parole al vento. Qua ancora si aspettavano 25 che mi volevano scrivere contro; ma finalmente sin hora non si è veduto altro che una scrittura del Cheplero, Mattematico Cesareo, in confirmazione di tutto quello che ho scritto io, senza pur repugnare a un iota. G. Galilei, Lettera a Johann Kepler 19.VIII.1610 (in OG, X, 422-423) A Pisa, a Firenze, a Bologna, a Venezia, a Padova, molti, o mio Keplero, hanno visto, ma tutti tacciono ed esitano. In effetti, la maggior parte di loro non riconosce quale pianeta né Giove né Marte, e, a stento, appena distingue la luna. Un tale, a Venezia, inveiva contro di me, vantandosi di sapere con certezza che le mie stelle, da lui osservate più volte intorno a Giove, non erano pianeti, in quanto le scorgeva sempre in compagnia di Giove, e, o tutte o in parte, talora lo seguivano e talora lo precedevano. Che cosa fare? Si deve ridere come Democrito o piangere come Eraclito? Sono disposto, caro Keplero, a ridere della straordinaria stoltezza del volgo. Ma che mi dici dei filosofi primari di questa università, i quali, con l’ostinazione del serpente, mai, per quanto mille volte mi mettessi a loro disposizione, vollero osservare i pianeti, la Luna ed il cannocchiale? […] Invero, questo genere di uomini ritiene che la filosofia sia un libro come l’Eneide e l’Odissea, e che la verità debba cercarsi non nel mondo reale o nella natura, ma (uso le loro parole) nel confronto dei testi. Paolo Gualdo, Lettera a G. Galilei, 6 maggio 1611 (in OG, XI, pp. 100-101) Ho sentito grandissimo contento nel leggere li molti honori e gratissime accoglienze fatte in quella gran Corte alla meritevolissima sua persona; sì che m'imagino che sarà ritornata alla patria carica di gratie humane e divine, onde è bene il dovere che ne participi anco con gli amici e servitori suoi. […] Che la terra giri, sinhora non ho trovato nè filosofo nè astrologo che si voglia sottoscrivere all'opinione di V. S., e molto meno lo vorrano fare i theologi: pensi adunque bene, prima che asseverantemente publichi questa sua opinione per vera, poichè molte cose si possono dire per modo di disputa, che non è bene asseverarle per vere, massime quando s'ha l'opinione universale di tutti contra, imbibita, si può dire, ab orbe condito. Perdonami V. S., perchè il gran zelo ch'io ho della sua reputatione mi fa parlare in questo modo. A me par che gloria s'habbia acquistata con l'osservanza nella luna, ne i quattro Pianeti, e cose simili, senza pigliar a difendere cosa tanto contraria all'intelligenza e capacità de gli huomini, essendo pochissimi quelli che sappiano che cosa voglia dire l'osservanza de' segni et aspetti celesti. F. Cesi, Lettera a F. Stelluti, 17.VII.1604 (in Il carteggio Linceo, 1996, p. 140) Vivo solitario et da heremita, riserrato di continuo nella mia cella, fuggo ogni conversazione di profani, et anco ogni vano piacere, attendo alli studii col maggior fervor ch'abbia mai fatto; i miei maestri sono per lo più i libri [...] Odio la corte et i corteggiani, come la peste, sendo tutti traditori, non mi fido di nissuno, non mi piglio pensiero di niente, mi rido de matti come Heraclito. Il pensier mio fisso sempre al util de' Lincei et de l'Academia, et castigar li nimici in modo che se ne sentano. Insomma, col corpo fingo di dormire, l'animo veglia più che mai. Son, GALILEO, tuoi pregi or sì possenti, che da la face del notturno orrore spuntan, per seggio di tua gloria, fuore ben cento Olimpi ad onorarti intenti. E qualor co' tuoi vetri industre il tenti, s'inchinan l'alte spere a tuo favore; e per far vie più chiaro il tuo valore, nascon a mille a mille orbi lucenti. L'apportator del giorno anch' ei comparte prodigo il lume a te, ch'il fura intanto del suo bel volto a la più chiara parte. Così di macchie asperso il puro manto tu primier ce l'additi; e con tal arte fregi d'immortal luce il tuo gran vanto. F. Stelluti, sonetto, in Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari, 1616 (OG, V, 92) v. 1, tuoi pregi e sì possenti: nelle Rime di Tasso v. 2, notturno orrore: GL 8,20 v. 5, industre e il tenti: nelle Rime di Tasso v. 6, alte spere: MC 4, 676 v. 7: GL 5, 11 v. 8, a mille a mille: Inf. 12, 73 (e Rvf 53, 64 e 55, 7) v. 9, comparte (:parte:arte): Inf. 19, 12 v. 11, suo bel volto: Par. 5, 70 (e Rvf 207, 37) v. 12, asperso: GL 13, 54 v. 14, immortal luce: nelle Rime di Tasso G. Galilei, Lettera a F. Cesi, 5.I.1613 (in OG, XI, 461) È stato in Firenze un goffo dicitore, che si è rimesso a detestar la mobilità della terra; ma questo buon huomo ha tanta pratica sopra l'autor di questa dottrina, che e' lo nomina l'Ipernico. Hor veda V. E. dove e da chi viene trabalzata la povera filosofia. N. Lorini, Lettera a G. Galilei 5.XI.1616 (in OG, XI, 427) Potrà V. S. molto Ill. dal' effetto conoscere, come il sospetto che io la mattina de' Morti fussi per entrare a favellar in materia di filosofia contro di veruno, fu in tutto falso e senza veruno fondamento nè vero nè verisimile, poi che io non sono punto uscito del mio filo e proposito, e non solo non ho mai sognato di voler entrare in simil cosa, ma mai ho io profferito parola […]. Ben è vero che, non per disputare, ma per non parere uno ceppo morto, sendo da altri cominciato il ragionamento, ho detto due parole per esser vivo, e detto, come dico, che quella opinione di quel'Ipernico, o come si chiami, apparisce che osti alla Divina Scrittura. Ma a me poco monta, chè ho altri fini, e mi basta che non si dia occasione di creder quello che noi non siam[o]; perchè confido che tutta la nostra nobiltà sia ottimamente cattolica. C. Conti, Lettera a G. Galilei, 7.VII.1612 (in OG, XI, 354-355) Le questione mosse da V. S. nel suo libro sono molto belle et curiose, fondate in assai ferme ragione et esperienze certe: però, come sono le cose nove, non vi mancaranno impugnatori, quali spero serviranno solo a fare più chiaro l'ingegno di V. S., et la verità più certa. In quanto poi a quello che me rechiede, se la Scrittura Sacra favorisca a' principii de Aristotele intorno la constitutione dell'universo; se V. S. parla dell'incorrottibilità del cielo, come pare che accenni nella sua, dicendo scoprirse ogni giorno nove cose nel cielo, le respondo non essere dubbio alcuno che la Scrittura non favorisce ad Aristotele, anzi più tosto alla sentenza contraria, sì che fu comune opinione de' Padri che il cielo fosse corruttibile. […] Quanto poi al moto della terra et del sole, si trova che de due moti della terra puol essere questione: l'uno de' quali è retto, et fassi dalla mutatione del centro della gravità; et chi ponesse tal moto, non dirrebbe cosa alcuna contro la Scrittura […]. L'altro moto è circolare, sì che il cielo stii fermo et a noi appare moversi per il moto della terra, come a' naviganti appare moversi il lido; et questa fu opinione di Pittagorici, seguitata poi dal Copernico, dal Calcagnino et altri, et questa pare meno conforme alla Scrittura: perchè, se bene quei luoghi dove se dice che la terra stii stabile et ferma, si possono intendere della perpetuità della terra, come notò Lorino nel luogo citato, nondimeno, dove si dice che il sole giri et i cieli si movono, non puole havere altra interpretatione la Scrittura, se non che parli conforme al comun modo del volgo; il qual modo d'interpretare, senza gran necessità non non si deve ammettere. Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari • 1611: Welser riceve dal gesuita tedesco Christoph Scheiner, professore di matematica e lingua ebraica a Ingolstadt, tre lettere (in latino) su nuovi fenomeni osservati in prossimità del sole. • 1611: Welser ne dà notizia a Johann Faber, a Roma, che ne riferisce a Galileo. • 1612: le tre lettere di Scheiner sono pubblicate su iniziativa dello stesso Welser con il titolo Tres epistolae de maculis solaribus (Scheiner pubblica inoltre: De maculis solaribus et stellis circa Iovem errantibus accuratior disquisitio). • 1612 (4 maggio, 14 agosto, 1 dicembre): Galileo scrive a Welser tre lettere di risposta. • 1613: le tre lettere di Galileo a Welser sono riunite in un volume, pubblicato a cura dell’Accademia dei Lincei, e intitolato Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari. Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari: Struttura del seminario 1) 22 febbraio, Lezione introduttiva 2) 1 marzo, Lezione introduttiva 3) 8 marzo, Lezione introduttiva 4) 15 marzo, Le osservazioni astronomiche: lettere 1609-10 (Lettere 2008, pp. 68-86) 5) 22 marzo, La nuova scienza: lettere 1610-11 (Lettere 2008, pp. 87-110) 6) 11 aprile, Galileo e i Lincei: lettere 1611-1613 (Lettere 2008, pp. 111-126) 7) 12 aprile, Le lettere copernicane I: 1613 (Lettera a Benedetto, pdf in Gestens) 8) 12 aprile, La lettera a M. Welser del 4.V. 1612, poi in Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari 8) 19 aprile, Le lettere copernicane II: 1615 (Lettere a Piero Dini, pdf in Gestens) 9) 3 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 1-12 ed. Besomi 2012 10) 17 maggio, La lettera a Cristina di Lorena II: §§ 13-27 ed. Besomi 2012 11) 24 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 28-41 ed. Besomi 2012 12) 31 maggio, Scienza e fede: lettere 1615-1616 (Lettere 2008, pp. 127-145) G. Sagredo, Lettera a M. Welser 4.IV.1614 (in OG, XII, pp. 45-46): 1 Io son gentil huomo Venetiano, nè spesi mai nome di litterato; portai ben affetto e tenni sempre la protetione de' litterati: nè attendo avantaggiar le mie fortune, acquistarmi lodi o riputatione, dalla fama della intelligenza della filosofia et matematica, ma piutosto dalla integrità et buona administratione de' magistrati et nel governo della Republica, al quale nella mia gioventù mi applicai, seguendo la consuetudine de' miei maggiori, che tutti in quello si sono invecchiati et consumati. Versano i miei studii circa la cognitione di quelle cose, che come christiano devo a Dio, come cittadino alla patria, come nobile alla mia casa, come sotiabile agli amici, et come galanthuomo et vero filosofo a me stesso. Spendo il mio tempo in servire a Dio et alla patria, et essendo libero dalla cura famigliare ne consumo buona parte nella conversatione, servitio e sodisfattione degli amici, e tutto il resto lo dedico alle commodità et gusti miei; et se tal volta mi do alla speculatione delle scienze, non credi già V. S. che io mi prosumi concorrere co' professori di quelle, e tanto meno garrire con loro, ma solo per ricreare il mio animo, indagando liberamente, sciolto da ogni obligatione et affetto, la verità di alcuna propositione che sia di mio gusto. G. Sagredo, Lettera a M. Welser 4.IV.1614 (in OG, XII, pp. 45-46): 2 Mi duole solamente che per questa occasione dispiacevole mi si convenga scrivere a V. S. et parlare in tal modo di amico, sicome credo, amato e stimato molto da lei: ma non si meravigli se io, per questa volta et in questo caso, non posso concorrere con l'affetto et voler suo, poichè, sicome debbo lodare l'amicitia et la stima che ella fa di lui per haver sempre dimostrato seco buona dottrina et usato termini civili, così parmi meritar scusa se essendo egli stato meco in tutto contrario, habbia in me partorito effetto diverso. Appelle [pseudonimo dello scienziato C. Scheiner] si è acceso contro di me, perchè non ho approbata la sua dottrina; et pur bastava che col dimostrarla m'havesse convinto, et in quanto egli si è forzato far questo, io non ne ricevo disgusto: ma la maniera, lo sprezzo et il mal modo usato in questo suo mal fondato tentativo, congionto con lo essersi dicchiarito incapace del mio quesito et con la falsità della sua conclusione, mi ha certo in qualche parte conturbato. B. Castelli, Lettera a G. Galilei 14.XII.1613 (in OG, XI, 606) V. S. deve prima sapere che alla tavola il Boscaglia susurrò un pezzo all'orecchie di Madama, e concedendo per vere tutte le novità celesti ritrovate da V. S., disse che solo il moto della terra haveva dell'incredibile e non poteva essere, massime che la Sacra Scrittura era manifestamente contraria a questa sentenza. Hora tornando al proposito, entro in camera di S. A., dove si ritrovava il G. D. [Cosimo II], Madama [Cristina] e l'Arciduchessa [Maria Maddalena de’ Medici], il Sig.r D. Antonio [de’ Medici] e D. Paolo Giordano [Orsini], et il D. Boscaglia; e quivi Madama cominciò, dopo alcune interrogazioni dell'esser mio, a argomentarmi contro con la Sacra Scrittura: e così con questa occasione io, dopo haver fatte le debite proteste, cominciai a far da teologo con tanta riputazione e maestà, che V. S. haverebbe hauto gusto singolare di sentire. Il S.r D. Antonio m'aiutava, e mi diede animo tale, che con tutto che la maestà dell'AA. loro fosse bastante a sbigottirmi, mi diportai da paladino; et il Gran Duca e l'Archiduchessa erano dalla mia, et il Sig.r D. Paolo Giordano entrò in mia difesa con un passo della Sacra Scrittura molto a proposito. Restava solo Madama Ser., che mi contradiceva, ma con tal maniera che io giudicai che lo facesse per sentirmi. Il Sig.r Boscaglia si restava senza dir altro. G. Galilei, Lettera a E. Diodati (I) 15.I. 1633 (in OG, XII, 23-25) [1A] Se io domanderò al Fromondo [Libert Froidmont] di chi siano opera il sole, la luna, la terra, le stelle, le loro disposizioni e movimenti, penso che mi risponderà essere fatture di Dio; [2A] e domandato di chi sia dettatura la Scrittura Sacra, so che risponderà essere dello Spirito Santo, cioè parimente di Dio. [1B] Il mondo dunque son le opere, [2B] e la Scrittura son le parole, del medesimo Dio. [2C] Domandato poi se lo Spirito Santo sia mai usato nel suo parlare di pronuntiar parole molto contrarie, in aspetto, al vero, e fatto così per accommodarsi alla capacità del popolo, per lo più assai rozzo e incapace, son ben certo che mi risponderà, insieme con tutti i sacri scrittori, tale essere il costume della Scrittura, la quale in cento luoghi preferisce (per detto rispetto) propositioni, che prese nel puro senso delle parole sarebbero non pure heresie, ma bestemmie gravissime, facendo l' istesso Iddio soggetto all' ira, al pentimento, alla dimenticanza etc.. Ma [1C] se io gli dimanderò se Iddio, per accommodarsi alla capacità e opinione del medesimo vulgo, ha mai usato di mutare le fatture sue, o pure se la natura, ministra d' Iddio inesorabile e immutabile alle opinioni e desiderii humani, ha conservato sempre e continua di mantener suo stile circa i movimenti, figura e dispositioni delle parti dell' universo, son certo che egli risponderà che la luna fu sempre sferica, sebene l' universale tenne gran tempo che ella fosse piana; et in somma dirà, nulla mutarsi giamai dalla natura per accommodare le fatture sue alla stima e opinione degl‘huomini. G. Galilei, Lettera a E. Diodati (II) 15.I. 1633 (in OG, XII, 23-25) E se così è, perchè doviamo noi (per venir in cognitione delle parti del mondo) cominciar la nostra investigazione dalla parola più tosto che dalle opere di Dio? è forse men nobile et eccellente l' operare che il parlare? Ma, per l'opposito, lasciando il secondo luogo alla Scrittura, quando le opere si mostrino con necessità esser diverse da quello che suonan le parole, ciò nulla pregiudica alla Scrittura, la quale se per accommodarsi alla capacità dell' universale ha molte volte attribuito all' istesso Dio conditioni falsissime, perchè vorremo noi che parlando di sole o di terra si sia contenuta sotto sì stretta legge, che, posta da banda l' incapacità del vulgo, non habbia voluto attribuire a tali creature accidenti contrarii a quelli che sono in effetto? Quando sia vero che il moto sia della terra e la quiete del sole, nissun detrimento patisce la Scrittura, la quale dice quello che apparisce alla moltitudine popolare. Io scrissi molti anni sono, nel principio de' rumori che si mossero contro al Copernico, una assai lunga scrittura mostrando, con autorità assai de' Padri, quanto sia grande abuso il volere in questioni naturali, valersi tanto delle Scritture Sacre, e come ottimo consiglio sarebbe il prohibire che in tali dispute non si impegnassero le Scritture; e quando io sia meno travagliato, ne manderò una copia a V. S.: e dico meno travagliato, perchè hora sono in procinto d' andare a Roma, chiamato dal Santo Officio, il quale ha già sospeso il mio Dialogo; e da buona banda intendo, i Padri Giesuiti haver fatto impressioni in teste principalissime, che tal mio libro è esecrando e più pernitioso per Santa Chiesa che le scritture di Lutero e di Calvino: e per ciò tengo per fermo che sarà prohibito. Cronologia • • • • • • • • • 21.XII.1613, lettera di Galileo a B. Castelli 21.XII.1614, predica contro Galileo di Tommaso Caccini (domenicano) 29.XII.1614, lettera di Galileo a F. Cesi 7.II.1615, lettera di Niccolò Lorini (domenicano) al card. P. C. Sfondrati M. Pesce, Una nuova versione della lettera di G. Galilei a B. Castelli, «Nouvelles de la republique des lettres», 2, 1991, pp. 89-122; Id., Le redazioni originali della lettera “copernicana” di G. Galilei a B. Castelli, «Filologia e critica», 17, 1992, 394-417. 16.II e 23.III.1615, lettere di Galileo a mons. P. Dini 20.III.1615, viaggio a Roma di T. Caccini febbraio-giugno 1615, lettera a Cristina di Lorena 3.III.1616, decreto di condanna delle opere copernicane e monito a Galileo Cosimo II de’ Medici, Lettera al card. F. M. Del Monte 28.XI.1615 (in OG, XII, 203-204) Il Galilei […] mi ha detto che essendosi sentito aspramente pugnere da alcuni suoi emuli, i quali lo vanno calunniando di haver nelle opere sue tenuto opinioni erronee, s'è risoluto spontaneamente di venirsene a Roma, et me n'ha chiesto licenza, con animo di giustificarsi da tali imputazioni et far apparir la verità et la sua retta e pia intenzione. Io me ne son contentato molto volentieri, perchè, havendolo sempre tenuto in concetto d'huomo da bene et che stima l'honore et la coscienza, mi persuado che con la presenza et voce sua renderà buon conto di sè, et ribatterà agevolmente le opposizioni che gli vengono fatte. In questa parte io stimo che egli non habbia bisogno della mia protezzione, sì come non prenderei mai a protegere qualsivoglia persona che pretendesse ricoprire col mio favore qualche difetto, massimamente di religione o d'integrità di vita; ma l'accompagno solamente a V. S. Ill.ma con questa mia lettera, acciò che ella […] si contenti di favorirlo per il giusto, e particolarmente in haver l'occhio che egli sia udito da persone intelligenti et discrete et che non diano orecchie a persecuzioni appassionate e maligne. Piero Guicciardini, Lettera a Curzio Picchena 5.XII.1615 (in OG, XII, 207) La sua dottrina, et qualche altra cosa, non dette un gusto che sia a' Consultori et Cardinali del Santo Offizio; et fra gli altri Bellarmino mi disse che era grande il rispetto che si doveva a ogni cosa di coteste Serenissime Altezze, ma che se fosse stato qua troppo, non harebbono potuto far di meno di non venire a qualche giustificazione de' casi suoi: et dubito che qualche cenno o avvertimento che allora egli havesse da me, perchè era in questa casa, forse non le desse intero gusto. Io non so se sia mutato di dottrina o d'humore: so bene che alcuni frati di San Domenico, che han gran parte nel Santo Offizio, et altri, gli hanno male animo addosso; et questo non è paese da venire a disputare della luna, ne da volere, nel secolo che corre, sostenere nè portarci dottrine nuove.