AA. 2012-2013
SP 2013
Prof. Uberto MOTTA
Seminario di letteratura moderna
La Lettera a Cristina di Lorena di Galileo
(venerdì 8-10h, MIS 4126)
Jean Dietz Moss, Galileo’s Letter to Christina: Some
Rhetorical Considerations, «Renaissance Quarterly»,
36/4 (1983), pp. 547-576
Jean Dietz Moss, The Interplay of Science
and Rhetoric in Seventeenth Century Italy,
«Rhetorica», 7/1 (1989), pp. 23-43.
A. Battistini, Introduzione a Galilei, 1989
Da un punto di vista retorico l’assenza di un accertamento oggettivo,
promesso e non offerto, comporta l’insuccesso della cosiddetta prova
logica, che si riflette negativamente sull’ethos della personalità di
Galileo, la cui immagine, da quella di probo ricercatore della verità,
minaccia di convertirsi in millantatore costretto alle petizioni di
principio. E infine coinvolge la prova emotiva, perché l’intrusione nel
settore della teologia suscitò conflitti e gelosie di competenze,
alimentando la coalizione antigalileiana che da qualche tempo veniva
organizzandosi.
La responsabilità di avere costretto al silenzio Galileo ricade
sull’intolleranza degli ambienti più conservatori della Chiesa; non va
però taciuto che in qualche occasione lo scienziato, rapito dalla sua
stessa foga dialettica, fornì ai nemici, sempre più numerosi, l’esca più
infiammabile con cui attizzare la repressione contro il suo liberale
pensiero.
Calendario delle lezioni
1)
2)
3)
4)
5)
22 febbraio
1 marzo
8 marzo
15 marzo
22 marzo
29 marzo: Venerdì Santo
5 aprile: vacanze di Pasqua
6) GIOVEDÌ 11 aprile, 17-19h (recupero del 26 aprile) MIS 3013
7) 12 aprile
8) 19 aprile
26 aprile: lezione sospesa – recupero: 11 aprile
9) 3 maggio
10 maggio: festa (giovedì è l’Ascensione)
10) 17 maggio
11) 24 maggio
12) 31 maggio
Bibliografia I. Testi
G. Galilei, Lettere, a cura di Erminia Ardissino,
Roma, Carocci, 2008.
G. Galilei, Lettera a Cristina di Lorena, a cura di
Franco Motta, Genova, Marietti, 2000.
G. Galilei, Scienza e religione. Scritti copernicani, a
cura di M. Bucciantini e M. Camerota, Roma,
Donzelli, 2009.
G. Galilei, Lettera a Cristina di Lorena, ed. critica a
cura di Ottavio Besomi, Roma-Padova, Antenore,
2012.
Bibliografia II. Letteratura critica primaria
A. Battistini, Introduzione a Galilei, Roma-Bari, Laterza, 1989.
A. Battistini, Galileo e i Gesuiti. Miti letterari e retorica della scienza,
Milano, Vita e Pensiero, 2000.
M. Pesce, L’ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia
cristiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005.
La prosa di Galileo. La lingua, la retorica, la scienza, a cura di M. Di
Giandomenico e P. Guaragnella, Lecce, Argo, 2006.
L. Guerrini, Galileo e la polemica anticopernicana a Firenze, Firenze,
Polistampa, 2009.
A. Damanti, Libertas philosophandi. Teologia e filosofia nella lettera
alla Granduchessa Cristina di Lorena di Galileo Galilei, Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura, 2010 (pp. 399-473: ed. commentata del testo).
E. Ardissino, Galileo. La scrittura dell’esperienza. Studi sulle lettere,
Pisa, ETS, 2010.
A. Battistini, Galileo, Bologna, Il Mulino, 2011.
Bibliografia III. Letteratura critica secondaria
M. D’Addio, Il caso Galilei. Processo, scienza, verità,
Roma, Studium 1993.
M. Bucciantini, Contro Galileo. Alle origini dell’«affaire»,
Firenze, Olschki, 1995.
G. Baffetti, Retorica e scienza. Cultura gesuitica e
Seicento italiano, Bologna, CLUEB, 1997.
M. Camerota, Galileo Galilei e la cultura scientifica
nell’età della Controriforma, Roma, Salerno, 2004.
E. Bellini, Stili di pensiero nel Seicento italiano. Galileo, i
Lincei, i Barberini, Pisa, ETS, 2009.
L. Guerrini, Galileo e gli aristotelici. Storia di una disputa,
Roma, Carocci, 2010.
Struttura del seminario
1) 22 febbraio, Lezione introduttiva
2) 1 marzo, Lezione introduttiva
3) 8 marzo, Lezione introduttiva
4) 15 marzo, Le osservazioni astronomiche: lettere 1609-10 (Lettere 2008,
pp. 68-86)
5) 22 marzo, La nuova scienza: lettere 1610-11 (Lettere 2008, pp. 87-110)
6) 11 aprile, Galileo e i Lincei: lettere 1611-1613 (Lettere 2008, pp. 111-126)
7) 12 aprile, Le lettere copernicane I: 1613 (Lettera a Benedetto, pdf in
Gestens)
8) 19 aprile, Le lettere copernicane II: 1615 (Lettere a Piero Dini, pdf in
Gestens)
9) 3 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 1-12 ed. Besomi 2012
10) 17 maggio, La lettera a Cristina di Lorena II: §§ 13-27 ed. Besomi 2012
11) 24 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 28-41 ed. Besomi 2012
12) 31 maggio, Scienza e fede: lettere 1615-1616 (Lettere 2008, pp. 127-145)
Consegne
• Blocchi di lettere (15 marzo, 22 marzo, 11 aprile, 22 maggio)
contestualizzazione biografica; identità dei corrispondenti; varietà o
omogeneità dei contenuti; puntualizzazione dei temi principali; varietà o
omogeneità sul piano linguistico, retorico e stilistico.
• Un testo (a B. Castelli: 12 aprile) o due testi (a P. Dini: 19 aprile)
Continuità e/o discontinuità tematica rispetto alle lettere precedenti;
identificazione della struttura argomentativa del testo; distinzione fra temi
principali e secondari; analisi linguistica e stilistica.
• Un frammento dell’ep. a Cristina (3 maggio, 17 maggio, 24
maggio)
meticolosa analisi della lingua e dello stile, identificando fonti implicite,
citazioni esplicite e figure retoriche; valutazione della coerenza interna e
dell’impianto logico del testo; verifica degli obiettivi perseguiti dall’autore;
rilevazione delle novità sul piano concettuale e tematico rispetto alle lettere
precedenti.
G. Galilei, Enimma, in La Sfinge, 1643
Mostro son io più strano e più diforme
che l’arpía, la sirena o la chimera;
né in terra, in aria, in acqua è alcuna fiera,
ch’abbia di membra così varie forme;
parte a parte non ho che sia conforme,
più che s’una sia bianca e l’altra nera;
spesso di cacciator dietro ho una schiera,
che de’ miei piè van rintracciando l’orme.
Nelle tenebre oscure è il mio soggiorno,
che se dall’ombre al chiaro lume passo,
tosto l’alma da me sen fugge, come
sen fugge il sogno all’apparir del giorno,
e le mie membra disunite lasso,
e l’esser perdo con la vita, e il nome.
R. Bellarmino, Lettera a P. A. Foscarini
12.IV.1615 (in OG, XII, 171)
(1) Dico che quando ci fusse vera demostratione che il Sole stia nel
centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la
terra, ma la terra circonda il sole allhora bisogneria andar con molta
consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e piú
tosto dire che non l'intendiamo che dire che sia falso quello che si
dimostra. (2) Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che
non mi sia mostrata: né è l'istesso dimostrare che supposto ch'il Sole
stia nel centro e la Terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare
che in verità il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo; perché la prima
dimostratione credo che ci possa essere, ma della seconda ho
grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura
Santa esposta da' Santi Padri. (3) Aggiungo che quello che scrisse:
Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc.[Eccl. I 5], fu
Salomone, il quale non solo parlò ispirato da Dio, ma fu huomo sopra
tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella
cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l'hebbe da Dio;
onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla
verità dimostrata o che si potesse dimostrare.
G. Galilei, Lettera a Matteo Carosi,
24.V.1610 (in OG, X, 357-358)
Questi, che parlano, doveriano (per fare il
giuoco del pari) mettersi come ho fatto io, cioè
scrivere, e non commettere le parole al vento.
Qua ancora si aspettavano 25 che mi volevano
scrivere contro; ma finalmente sin hora non si è
veduto altro che una scrittura del Cheplero,
Mattematico Cesareo, in confirmazione di tutto
quello che ho scritto io, senza pur repugnare a
un iota.
G. Galilei, Lettera a Johann Kepler
19.VIII.1610 (in OG, X, 422-423)
A Pisa, a Firenze, a Bologna, a Venezia, a Padova, molti, o mio Keplero,
hanno visto, ma tutti tacciono ed esitano. In effetti, la maggior parte di
loro non riconosce quale pianeta né Giove né Marte, e, a stento, appena
distingue la luna. Un tale, a Venezia, inveiva contro di me, vantandosi di
sapere con certezza che le mie stelle, da lui osservate più volte intorno a
Giove, non erano pianeti, in quanto le scorgeva sempre in compagnia di
Giove, e, o tutte o in parte, talora lo seguivano e talora lo precedevano.
Che cosa fare? Si deve ridere come Democrito o piangere come
Eraclito? Sono disposto, caro Keplero, a ridere della straordinaria
stoltezza del volgo. Ma che mi dici dei filosofi primari di questa
università, i quali, con l’ostinazione del serpente, mai, per quanto mille
volte mi mettessi a loro disposizione, vollero osservare i pianeti, la Luna
ed il cannocchiale? […] Invero, questo genere di uomini ritiene che la
filosofia sia un libro come l’Eneide e l’Odissea, e che la verità debba
cercarsi non nel mondo reale o nella natura, ma (uso le loro parole) nel
confronto dei testi.
Paolo Gualdo, Lettera a G. Galilei,
6 maggio 1611 (in OG, XI, pp. 100-101)
Ho sentito grandissimo contento nel leggere li molti honori e
gratissime accoglienze fatte in quella gran Corte alla meritevolissima
sua persona; sì che m'imagino che sarà ritornata alla patria carica di
gratie humane e divine, onde è bene il dovere che ne participi anco
con gli amici e servitori suoi. […]
Che la terra giri, sinhora non ho trovato nè filosofo nè astrologo che si
voglia sottoscrivere all'opinione di V. S., e molto meno lo vorrano fare i
theologi: pensi adunque bene, prima che asseverantemente publichi
questa sua opinione per vera, poichè molte cose si possono dire per
modo di disputa, che non è bene asseverarle per vere, massime
quando s'ha l'opinione universale di tutti contra, imbibita, si può dire,
ab orbe condito. Perdonami V. S., perchè il gran zelo ch'io ho della sua
reputatione mi fa parlare in questo modo. A me par che gloria s'habbia
acquistata con l'osservanza nella luna, ne i quattro Pianeti, e cose
simili, senza pigliar a difendere cosa tanto contraria all'intelligenza e
capacità de gli huomini, essendo pochissimi quelli che sappiano che
cosa voglia dire l'osservanza de' segni et aspetti celesti.
F. Cesi, Lettera a F. Stelluti, 17.VII.1604
(in Il carteggio Linceo, 1996, p. 140)
Vivo solitario et da heremita, riserrato di continuo
nella mia cella, fuggo ogni conversazione di profani,
et anco ogni vano piacere, attendo alli studii col
maggior fervor ch'abbia mai fatto; i miei maestri
sono per lo più i libri [...] Odio la corte et i
corteggiani, come la peste, sendo tutti traditori,
non mi fido di nissuno, non mi piglio pensiero di
niente, mi rido de matti come Heraclito. Il pensier
mio fisso sempre al util de' Lincei et de l'Academia,
et castigar li nimici in modo che se ne sentano.
Insomma, col corpo fingo di dormire, l'animo veglia
più che mai.
Son, GALILEO, tuoi pregi or sì possenti,
che da la face del notturno orrore
spuntan, per seggio di tua gloria, fuore
ben cento Olimpi ad onorarti intenti.
E qualor co' tuoi vetri industre il tenti,
s'inchinan l'alte spere a tuo favore;
e per far vie più chiaro il tuo valore,
nascon a mille a mille orbi lucenti.
L'apportator del giorno anch' ei comparte
prodigo il lume a te, ch'il fura intanto
del suo bel volto a la più chiara parte.
Così di macchie asperso il puro manto
tu primier ce l'additi; e con tal arte
fregi d'immortal luce il tuo gran vanto.
F. Stelluti, sonetto, in
Istoria e dimostrazioni
intorno alle macchie
solari, 1616 (OG, V, 92)
v. 1, tuoi pregi e sì possenti:
nelle Rime di Tasso
v. 2, notturno orrore: GL 8,20
v. 5, industre e il tenti: nelle
Rime di Tasso
v. 6, alte spere: MC 4, 676
v. 7: GL 5, 11
v. 8, a mille a mille: Inf. 12, 73
(e Rvf 53, 64 e 55, 7)
v. 9, comparte (:parte:arte):
Inf. 19, 12
v. 11, suo bel volto: Par. 5, 70
(e Rvf 207, 37)
v. 12, asperso: GL 13, 54
v. 14, immortal luce: nelle
Rime di Tasso
G. Galilei, Lettera a F. Cesi,
5.I.1613 (in OG, XI, 461)
È stato in Firenze un goffo dicitore, che si è
rimesso a detestar la mobilità della terra; ma
questo buon huomo ha tanta pratica sopra
l'autor di questa dottrina, che e' lo nomina
l'Ipernico. Hor veda V. E. dove e da chi viene
trabalzata la povera filosofia.
N. Lorini, Lettera a G. Galilei
5.XI.1616 (in OG, XI, 427)
Potrà V. S. molto Ill. dal' effetto conoscere, come il sospetto
che io la mattina de' Morti fussi per entrare a favellar in
materia di filosofia contro di veruno, fu in tutto falso e senza
veruno fondamento nè vero nè verisimile, poi che io non sono
punto uscito del mio filo e proposito, e non solo non ho mai
sognato di voler entrare in simil cosa, ma mai ho io profferito
parola […]. Ben è vero che, non per disputare, ma per non
parere uno ceppo morto, sendo da altri cominciato il
ragionamento, ho detto due parole per esser vivo, e detto,
come dico, che quella opinione di quel'Ipernico, o come si
chiami, apparisce che osti alla Divina Scrittura. Ma a me poco
monta, chè ho altri fini, e mi basta che non si dia occasione di
creder quello che noi non siam[o]; perchè confido che tutta la
nostra nobiltà sia ottimamente cattolica.
C. Conti, Lettera a G. Galilei, 7.VII.1612 (in OG, XI, 354-355)
Le questione mosse da V. S. nel suo libro sono molto belle et curiose, fondate in assai
ferme ragione et esperienze certe: però, come sono le cose nove, non vi mancaranno
impugnatori, quali spero serviranno solo a fare più chiaro l'ingegno di V. S., et la verità
più certa. In quanto poi a quello che me rechiede, se la Scrittura Sacra favorisca a'
principii de Aristotele intorno la constitutione dell'universo; se V. S. parla
dell'incorrottibilità del cielo, come pare che accenni nella sua, dicendo scoprirse ogni
giorno nove cose nel cielo, le respondo non essere dubbio alcuno che la Scrittura non
favorisce ad Aristotele, anzi più tosto alla sentenza contraria, sì che fu comune
opinione de' Padri che il cielo fosse corruttibile. […] Quanto poi al moto della terra et
del sole, si trova che de due moti della terra puol essere questione: l'uno de' quali è
retto, et fassi dalla mutatione del centro della gravità; et chi ponesse tal moto, non
dirrebbe cosa alcuna contro la Scrittura […]. L'altro moto è circolare, sì che il cielo stii
fermo et a noi appare moversi per il moto della terra, come a' naviganti appare
moversi il lido; et questa fu opinione di Pittagorici, seguitata poi dal Copernico, dal
Calcagnino et altri, et questa pare meno conforme alla Scrittura: perchè, se bene quei
luoghi dove se dice che la terra stii stabile et ferma, si possono intendere della
perpetuità della terra, come notò Lorino nel luogo citato, nondimeno, dove si dice
che il sole giri et i cieli si movono, non puole havere altra interpretatione la Scrittura,
se non che parli conforme al comun modo del volgo; il qual modo d'interpretare,
senza gran necessità non non si deve ammettere.
Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari
• 1611: Welser riceve dal gesuita tedesco Christoph Scheiner,
professore di matematica e lingua ebraica a Ingolstadt, tre lettere
(in latino) su nuovi fenomeni osservati in prossimità del sole.
• 1611: Welser ne dà notizia a Johann Faber, a Roma, che ne riferisce
a Galileo.
• 1612: le tre lettere di Scheiner sono pubblicate su iniziativa dello
stesso Welser con il titolo Tres epistolae de maculis solaribus
(Scheiner pubblica inoltre: De maculis solaribus et stellis circa Iovem
errantibus accuratior disquisitio).
• 1612 (4 maggio, 14 agosto, 1 dicembre): Galileo scrive a Welser tre
lettere di risposta.
• 1613: le tre lettere di Galileo a Welser sono riunite in un volume,
pubblicato a cura dell’Accademia dei Lincei, e intitolato Istoria e
dimostrazioni intorno alle macchie solari.
Istoria e
dimostrazioni
intorno alle
macchie solari:
Struttura del seminario
1) 22 febbraio, Lezione introduttiva
2) 1 marzo, Lezione introduttiva
3) 8 marzo, Lezione introduttiva
4) 15 marzo, Le osservazioni astronomiche: lettere 1609-10 (Lettere 2008, pp.
68-86)
5) 22 marzo, La nuova scienza: lettere 1610-11 (Lettere 2008, pp. 87-110)
6) 11 aprile, Galileo e i Lincei: lettere 1611-1613 (Lettere 2008, pp. 111-126)
7) 12 aprile, Le lettere copernicane I: 1613 (Lettera a Benedetto, pdf in
Gestens)
8) 12 aprile, La lettera a M. Welser del 4.V. 1612, poi in Istoria e dimostrazioni
intorno alle macchie solari
8) 19 aprile, Le lettere copernicane II: 1615 (Lettere a Piero Dini, pdf in Gestens)
9) 3 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 1-12 ed. Besomi 2012
10) 17 maggio, La lettera a Cristina di Lorena II: §§ 13-27 ed. Besomi 2012
11) 24 maggio, La lettera a Cristina di Lorena I: §§ 28-41 ed. Besomi 2012
12) 31 maggio, Scienza e fede: lettere 1615-1616 (Lettere 2008, pp. 127-145)
G. Sagredo, Lettera a M. Welser
4.IV.1614 (in OG, XII, pp. 45-46): 1
Io son gentil huomo Venetiano, nè spesi mai nome di litterato; portai ben
affetto e tenni sempre la protetione de' litterati: nè attendo avantaggiar le
mie fortune, acquistarmi lodi o riputatione, dalla fama della intelligenza della
filosofia et matematica, ma piutosto dalla integrità et buona administratione
de' magistrati et nel governo della Republica, al quale nella mia gioventù mi
applicai, seguendo la consuetudine de' miei maggiori, che tutti in quello si
sono invecchiati et consumati. Versano i miei studii circa la cognitione di
quelle cose, che come christiano devo a Dio, come cittadino alla patria,
come nobile alla mia casa, come sotiabile agli amici, et come galanthuomo
et vero filosofo a me stesso. Spendo il mio tempo in servire a Dio et alla
patria, et essendo libero dalla cura famigliare ne consumo buona parte nella
conversatione, servitio e sodisfattione degli amici, e tutto il resto lo dedico
alle commodità et gusti miei; et se tal volta mi do alla speculatione delle
scienze, non credi già V. S. che io mi prosumi concorrere co' professori di
quelle, e tanto meno garrire con loro, ma solo per ricreare il mio animo,
indagando liberamente, sciolto da ogni obligatione et affetto, la verità di
alcuna propositione che sia di mio gusto.
G. Sagredo, Lettera a M. Welser
4.IV.1614 (in OG, XII, pp. 45-46): 2
Mi duole solamente che per questa occasione dispiacevole mi si
convenga scrivere a V. S. et parlare in tal modo di amico, sicome credo,
amato e stimato molto da lei: ma non si meravigli se io, per questa
volta et in questo caso, non posso concorrere con l'affetto et voler suo,
poichè, sicome debbo lodare l'amicitia et la stima che ella fa di lui per
haver sempre dimostrato seco buona dottrina et usato termini civili,
così parmi meritar scusa se essendo egli stato meco in tutto contrario,
habbia in me partorito effetto diverso. Appelle [pseudonimo dello
scienziato C. Scheiner] si è acceso contro di me, perchè non ho
approbata la sua dottrina; et pur bastava che col dimostrarla
m'havesse convinto, et in quanto egli si è forzato far questo, io non ne
ricevo disgusto: ma la maniera, lo sprezzo et il mal modo usato in
questo suo mal fondato tentativo, congionto con lo essersi dicchiarito
incapace del mio quesito et con la falsità della sua conclusione, mi ha
certo in qualche parte conturbato.
B. Castelli, Lettera a G. Galilei
14.XII.1613 (in OG, XI, 606)
V. S. deve prima sapere che alla tavola il Boscaglia susurrò un pezzo
all'orecchie di Madama, e concedendo per vere tutte le novità celesti
ritrovate da V. S., disse che solo il moto della terra haveva dell'incredibile e
non poteva essere, massime che la Sacra Scrittura era manifestamente
contraria a questa sentenza. Hora tornando al proposito, entro in camera di S.
A., dove si ritrovava il G. D. [Cosimo II], Madama [Cristina] e l'Arciduchessa
[Maria Maddalena de’ Medici], il Sig.r D. Antonio [de’ Medici] e D. Paolo
Giordano [Orsini], et il D. Boscaglia; e quivi Madama cominciò, dopo alcune
interrogazioni dell'esser mio, a argomentarmi contro con la Sacra Scrittura: e
così con questa occasione io, dopo haver fatte le debite proteste, cominciai a
far da teologo con tanta riputazione e maestà, che V. S. haverebbe hauto
gusto singolare di sentire. Il S.r D. Antonio m'aiutava, e mi diede animo tale,
che con tutto che la maestà dell'AA. loro fosse bastante a sbigottirmi, mi
diportai da paladino; et il Gran Duca e l'Archiduchessa erano dalla mia, et il
Sig.r D. Paolo Giordano entrò in mia difesa con un passo della Sacra Scrittura
molto a proposito. Restava solo Madama Ser., che mi contradiceva, ma con tal
maniera che io giudicai che lo facesse per sentirmi. Il Sig.r Boscaglia si restava
senza dir altro.
G. Galilei, Lettera a E. Diodati (I)
15.I. 1633 (in OG, XII, 23-25)
[1A] Se io domanderò al Fromondo [Libert Froidmont] di chi siano opera il sole, la luna,
la terra, le stelle, le loro disposizioni e movimenti, penso che mi risponderà essere
fatture di Dio; [2A] e domandato di chi sia dettatura la Scrittura Sacra, so che
risponderà essere dello Spirito Santo, cioè parimente di Dio. [1B] Il mondo dunque son
le opere, [2B] e la Scrittura son le parole, del medesimo Dio. [2C] Domandato poi se lo
Spirito Santo sia mai usato nel suo parlare di pronuntiar parole molto contrarie, in
aspetto, al vero, e fatto così per accommodarsi alla capacità del popolo, per lo più assai
rozzo e incapace, son ben certo che mi risponderà, insieme con tutti i sacri scrittori,
tale essere il costume della Scrittura, la quale in cento luoghi preferisce (per detto
rispetto) propositioni, che prese nel puro senso delle parole sarebbero non pure
heresie, ma bestemmie gravissime, facendo l' istesso Iddio soggetto all' ira, al
pentimento, alla dimenticanza etc.. Ma [1C] se io gli dimanderò se Iddio, per
accommodarsi alla capacità e opinione del medesimo vulgo, ha mai usato di mutare le
fatture sue, o pure se la natura, ministra d' Iddio inesorabile e immutabile alle opinioni
e desiderii humani, ha conservato sempre e continua di mantener suo stile circa i
movimenti, figura e dispositioni delle parti dell' universo, son certo che egli risponderà
che la luna fu sempre sferica, sebene l' universale tenne gran tempo che ella fosse
piana; et in somma dirà, nulla mutarsi giamai dalla natura per accommodare le fatture
sue alla stima e opinione degl‘huomini.
G. Galilei, Lettera a E. Diodati (II) 15.I. 1633 (in OG, XII, 23-25)
E se così è, perchè doviamo noi (per venir in cognitione delle parti del mondo)
cominciar la nostra investigazione dalla parola più tosto che dalle opere di Dio? è forse
men nobile et eccellente l' operare che il parlare? Ma, per l'opposito, lasciando il
secondo luogo alla Scrittura, quando le opere si mostrino con necessità esser diverse
da quello che suonan le parole, ciò nulla pregiudica alla Scrittura, la quale se per
accommodarsi alla capacità dell' universale ha molte volte attribuito all' istesso Dio
conditioni falsissime, perchè vorremo noi che parlando di sole o di terra si sia contenuta
sotto sì stretta legge, che, posta da banda l' incapacità del vulgo, non habbia voluto
attribuire a tali creature accidenti contrarii a quelli che sono in effetto? Quando sia vero
che il moto sia della terra e la quiete del sole, nissun detrimento patisce la Scrittura, la
quale dice quello che apparisce alla moltitudine popolare.
Io scrissi molti anni sono, nel principio de' rumori che si mossero contro al Copernico,
una assai lunga scrittura mostrando, con autorità assai de' Padri, quanto sia grande
abuso il volere in questioni naturali, valersi tanto delle Scritture Sacre, e come ottimo
consiglio sarebbe il prohibire che in tali dispute non si impegnassero le Scritture; e
quando io sia meno travagliato, ne manderò una copia a V. S.: e dico meno travagliato,
perchè hora sono in procinto d' andare a Roma, chiamato dal Santo Officio, il quale ha
già sospeso il mio Dialogo; e da buona banda intendo, i Padri Giesuiti haver fatto
impressioni in teste principalissime, che tal mio libro è esecrando e più pernitioso per
Santa Chiesa che le scritture di Lutero e di Calvino: e per ciò tengo per fermo che sarà
prohibito.
Cronologia
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21.XII.1613, lettera di Galileo a B. Castelli
21.XII.1614, predica contro Galileo di Tommaso Caccini (domenicano)
29.XII.1614, lettera di Galileo a F. Cesi
7.II.1615, lettera di Niccolò Lorini (domenicano) al card. P. C.
Sfondrati
M. Pesce, Una nuova versione della lettera di G. Galilei a B. Castelli,
«Nouvelles de la republique des lettres», 2, 1991, pp. 89-122;
Id., Le redazioni originali della lettera “copernicana” di G. Galilei a B.
Castelli, «Filologia e critica», 17, 1992, 394-417.
16.II e 23.III.1615, lettere di Galileo a mons. P. Dini
20.III.1615, viaggio a Roma di T. Caccini
febbraio-giugno 1615, lettera a Cristina di Lorena
3.III.1616, decreto di condanna delle opere copernicane e monito a
Galileo
Cosimo II de’ Medici, Lettera al card. F. M. Del Monte
28.XI.1615 (in OG, XII, 203-204)
Il Galilei […] mi ha detto che essendosi sentito aspramente pugnere da alcuni suoi
emuli, i quali lo vanno calunniando di haver nelle opere sue tenuto opinioni
erronee, s'è risoluto spontaneamente di venirsene a Roma, et me n'ha chiesto
licenza, con animo di giustificarsi da tali imputazioni et far apparir la verità et la sua
retta e pia intenzione. Io me ne son contentato molto volentieri, perchè, havendolo
sempre tenuto in concetto d'huomo da bene et che stima l'honore et la coscienza,
mi persuado che con la presenza et voce sua renderà buon conto di sè, et ribatterà
agevolmente le opposizioni che gli vengono fatte. In questa parte io stimo che egli
non habbia bisogno della mia protezzione, sì come non prenderei mai a protegere
qualsivoglia persona che pretendesse ricoprire col mio favore qualche difetto,
massimamente di religione o d'integrità di vita; ma l'accompagno solamente a V. S.
Ill.ma con questa mia lettera, acciò che ella […] si contenti di favorirlo per il giusto,
e particolarmente in haver l'occhio che egli sia udito da persone intelligenti et
discrete et che non diano orecchie a persecuzioni appassionate e maligne.
Piero Guicciardini, Lettera a Curzio Picchena
5.XII.1615 (in OG, XII, 207)
La sua dottrina, et qualche altra cosa, non dette un gusto che
sia a' Consultori et Cardinali del Santo Offizio; et fra gli altri
Bellarmino mi disse che era grande il rispetto che si doveva a
ogni cosa di coteste Serenissime Altezze, ma che se fosse stato
qua troppo, non harebbono potuto far di meno di non venire
a qualche giustificazione de' casi suoi: et dubito che qualche
cenno o avvertimento che allora egli havesse da me, perchè
era in questa casa, forse non le desse intero gusto. Io non so
se sia mutato di dottrina o d'humore: so bene che alcuni frati
di San Domenico, che han gran parte nel Santo Offizio, et altri,
gli hanno male animo addosso; et questo non è paese da
venire a disputare della luna, ne da volere, nel secolo che
corre, sostenere nè portarci dottrine nuove.
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AA. 2012-2013 SP 2013 Prof. Uberto MOTTA Seminario di