Caro Pacifì, ecco come noi ragazzi di Piancavallo abbiamo pensato di farti conoscere il nostro ambiente. Intanto ci presentiamo: siamo alunni della scuola media del Centro Auxologico di Piancavallo, Ospedale San Giuseppe. Dal nostro ospedale, che si trova a circa 1300 metri di altitudine, godiamo di una bellissima vista sul lago Maggiore e sulle Alpi Lepontine, in una visione d’insieme che spazia dalla Svizzera a Milano. Quando il cielo è limpido vediamo il Monte Rosa. Siamo in Piemonte, in provincia di Verbania (sigla VB), chiamata anche VCO o ancora “provincia azzurra” perché ci sono parecchi laghi, fiumi ecc. La posizione geografica ci fa sentire forse più lombardi e anche il nostro dialetto è più simile al milanese piuttosto che al torinese, o forse ancora di più ricorda il dialetto ticinese, vista la vicinanza al confine con il Canton Ticino (una trentina di chilometri). Del resto questa è l’unica somiglianza con gli Svizzeri!! Siamo qui ricoverati per diversi problemi tutti collegati alla crescita, infatti il nostro reparto è l’auxologia. Arriviamo anche da molto lontano e i primi giorni sono a volte un po’ duri perché siamo lontani da casa. Fortunatamente qui incontriamo molti amici… All’interno del Centro Auxologico possiamo frequentare la scuola con tutte le materie e quindi non perdere giorni di scuola. Le aule si trovano al piano terra dove noi ci rechiamo tutte le mattine per il normale svolgimento delle lezioni. Un’attività diversa rispetto alle nostre scuole è la videoconferenza che ci fa conoscere altri amici “lontani” ma “non troppo” con cui svolgiamo molte attività ma soprattutto ci divertiamo. Ti inviamo due disegni, fatti a più mani, e poi assemblati in un unico paesaggio. Ogni ragazzo ha disegnato un albero, un fiore, un animale, che si trova intorno al nostro ospedale, per cercare di farti conoscere la bellezza del nostro ambiente nella sua varietà di colori e forme. A differenza del tuo mondo, che ci dici molto robotizzato, il nostro è ancora molto naturale e vive spontaneamente seguendo le leggi della natura: dovresti vedere come cambiano le visioni e i colori a seconda dell’avvicendarsi delle stagioni e del tempo che passa! 1 Faggio A Scoiattolo 2 Betulla B Capriolo 3 Larice C Falchetto 4 Felce D Pettirosso 5 Genziana 6 Funghi Inoltre, per le piante che più rappresentano il nostro territorio, ti abbiamo voluto raccontare alcune caratteristiche e un po’ di storia sotto forma di leggende, tradizioni e curiosità. Ora ti salutiamo, siamo contenti di averti conosciuto perché hai suscitato in noi tanta simpatia. Speriamo di restare in contatto con te e magari…chissà, di averti un giorno qui con noi per giocare insieme e per conoscerci meglio. Un abbraccio affettuoso dai ragazzi della scuola in dieta. 1 Abete Rosso E Rapace 2 Larice F usignolo 3 Felce G Picchio 4 Margherite 5 Felce 6 Funghi LA GINESTRA Secondo Plinio, le sue ceneri contenevano l’oro, credenza ispirata dal colore giallo splendente di questa pianta, simbolo del Sole e dell’Oro. La sua vistosa fioritura, fra la primavera e l’estate, festeggia la buona stagione. Secondo, invece, una leggenda siciliana è una pianta maledetta da Gesù, perché, mentre pregava nell’orto del Getsemani, cominciò a crepitare tanto rumorosamente da richiamare i soldati che poi lo arrestarono. “Tu farai sempre rumore quando brucerai” la castigò il Signore. Famosa è la Ginestra dell’omonima poesia di Leopardi, tanto che divenne pianta amata da coloro che credevano poco alle utopie politiche dell’Ottocento. IL LARICE Il larice, diversamente dalle altre conifere, ha foglie caduche ed è per i montanari simbolo di robustezza. È un albero molto elegante per la sua forma piramidale. Cresce fino al limite estremo della vegetazione arborea, anche oltre i 2500 metri di altitudine, resiste al gelo e alle intemperie ma teme la troppa umidità. È molto esigente per quanto riguarda la luce. Il suo legno, odoroso, duro, compatto e resistente agli agenti atmosferici, era impiegato per le palificazioni, per costruire baite, case e serramenti. Poiché non marcisce in acqua, i veneziani lo usavano per costruire navi, per le fondamenta di chiese e palazzi. La Felce Magico fiore del solstizio In Germania, si racconta che nella notte di Valpurga, le streghe si servono di questa pianta per rendersi invisibili. In Russia affermavano che gettandola in aria sarebbe ricaduta come una stella nel punto preciso dove si trovava un tesoro. Una leggenda tedesca dice che un cacciatore, nel giorno di San Giovanni a mezzogiorno, sparò al sole e caddero tre gocce di sangue che, raccolte in un panno bianco diventarono semi di felce. Pertanto il seme della felce viene considerato d’oro perché creduto un’emanazione dell’aureo fuoco del sole. IL FAGGIO Entrare in un bosco di faggi è come inoltrarsi in una gigantesca moschea dai tronchi come colonne, alti dai 20 ai 45 metri, di colore grigio cenere pallido e dai rami molto alti. In antichità la loro diffusione era maggiore sia in Italia sia nel resto d’Europa. La loro ombra rinfrescante è stata cantata da molti poeti, come testimonia Virgilio nelle “Bucoliche”. La corteccia dei rami, che contiene il tannino, era usata come febbrifugo, tonico e contro la dissenteria. Dal suo legno, si ricava il catrame, detto creosoto, che come potente antisettico è utilizzato nell’industria farmaceutica nella composizione di sciroppi per disinfettare i polmoni. L’infuso che si ottiene dalle foglie è terapeutico nelle affezioni bronchiali. Si narra che, una notte, un contadino udì vicino alla sua capanna, un insolito frusciare di foglie. Alzò gli occhi e si accorse che il rumore proveniva da due faggi che sembravano abbracciarsi con i loro rami. Ascoltando con attenzione udì il sussurrio di due voci umane e quale meraviglia, riconobbe le voci dei suoi anziani genitori deceduti che si lamentavano per il freddo. Infreddolito anche lui dovette rientrare in casa. Mentre si assopiva udì i due alberi camminare pesantemente intorno alla sua capanna. L’uscio si aprì ed i faggi, ripresero la forma umana. Andarono a scaldarsi al focolare. Conversando con loro, il contadino scoprì che stavano scontando una pena perché in vita non erano stati caritatevoli con i poveri. Il contadino e la moglie, il giorno seguente fecero un’offerta per i bisognosi e fecero celebrare due messe. Da allora i due faggi non si lamentarono più. La Betulla a betulla era considerata dai Celti come l’albero preposto al mese che cominciava con il solstizio d’inverno, un albero “aurorale”, il primo nella foresta nordica a mettere le foglie insieme con il sambuco. Nel Medioevo, era considerata simbolo di saggezza. Infatti, la bacchetta dei maestri di scuola era costituita da ramoscelli di betulla intrecciati. Secondo alcuni proverbi russi, questa pianta, sarebbe dotata di 4 poteri: dà luce al mondo (con i suoi rami si fanno le torce); soffoca le grida (il catrame che si ricava era spalmato sulle ruote dei carri per non farli cigolare; guarisce le malattie; ha funzione detergente (si usa nei bagni e nelle saune finlandesi per accentuare la traspirazione). Una curiosità: l’albero di Ivan. Alcuni anni fa c’era un ragazzo di nome Ivan, ricoverato a Piancavallo per perdere qualche chilo. Si narra che quando andavano in passeggiata, arrivato ad un certo punto non voleva saperne di proseguire. Si fermava sotto ad un albero di betulla ad aspettare i compagni al ritorno. Da allora, a Piancavallo, la betulla è chiamata “ l’albero di Ivan”. La Genziana Specchio del cielo Le specie di genziana sono molte ed i fiori variano dall’azzurro, al viola ed al giallo oro. La meno ammirata è la genziana crociata ma è molto importante dal punto di vista simbolico. La sua radice bianca, lunga è molto amara: è bucata in molti punti a forma di croce, da cui il nome. Per questo è diventata simbolo della Croce.