IMPIANTO DEL VIGNETO Irrigazione R.Genovesi L’irrigazione del vigneto, in climi nei quali le precipitazioni arrivano a coprire una parte rilevante dei fabbisogni idrici delle piante, può assumere il significato di irrigazione complementare: che seppur non sempre necessaria, o necessaria per brevi periodi, consente di stabilizzare le rese in termini qualitativi, attenuando la dipendenza qualitativa dei mosti dall’andamento climatico. L’irrigazione del primo anno è poi importante nei vigneti microirrigati, nei quali la localizzazione delle aree bagnate, condiziona in taluni casi (terreni sciolti) la forma e la concentrazione degli apparati radicali delle piante. In questi casi , onde evitare una futura scarsa efficienza delle radici è quindi consigliabile irrigare, evitando però l’irrigazione provvisoria a pioggia per periodi prolungati, in quanto essi svilupperebbero i loro apparati radicali in posizione diversa da quella conseguente all’uso dell’impianto microirriguo definitivo. Quale tipologia impiantistica adottare Dalle numerose prove sperimentali condotte dal CER sul vigneto si può senza dubbio affermare che la microirrigazione sia la tipologia irrigua preferibile, per le peculiarità che la contraddistinguono: 1) Localizzazione dell’acqua vicino alla pianta: a) Distribuzione di acqua e fertilizzante in posizione ottimale rispetto alle radici della pianta, b) Bagnatura parziale della superficie del terreno, con riduzione delle perdite d’acqua per evaporazione dal suolo e dello sviluppo delle malerbe c) Assenza di contatto tra parti aeree ed acqua con riduzione dello sviluppo di funghi parassiti d) Ingresso in campo di macchine per le operazioni colturali anche durante o subito dopo l’irrigazione, e) Riduzione dell’effetto del vento sulle perdite d’acqua e sulla omogeneità di bagnatura. 2) Alta frequenza delle irrigazioni, a) Mantenimento nel terreno del giusto grado di umidità per la coltura, b) Utilizzo di fonti idriche di modesta portata, c) penetrazione dell’acqua anche nei terreni più impermeabili. 3) Bassa pressione di esercizio, con notevoli risparmi sui costi di pompaggio Per contro la tipologia descritta presenta degli inconvenienti che vanno tenuti in grande considerazione all’atto dell’impianto del vigneto, diversamente, gli effetti dannosi si protrarranno per tutta la durata dell’impianto. 1) In primo luogo gli erogatori (sia gocciolatori che spruzzatori) sono tutti caratterizzati da piccoli fori di passaggio dell’acqua e tendono, quindi, ad intasarsi. E’ dunque assolutamente necessario filtrare adeguatamente l’acqua. 2) Occorre, poi, in base al tipo di terreno, stabilire il numero di erogatori e la loro posizione. In terreni molto sciolti, a causa della rapida infiltrazione dell’acqua al di sotto dell’apparato radicale delle piante, occorreranno erogatori molto vicini tra di loro, viceversa in terreni argillosi essi potranno essere più distanti. In casi estremi (numero troppo alto di gocciolatori necessari) sarà, in ogni caso, preferibile adottare gli spruzzatori in grado di bagnare una superficie più ampia 3) Ogni pianta è strettamente dipendente per l’acqua dall’erogatore, se questo fornisce quantitativi sbagliati la pianta ne soffre. Pertanto la scelta dell’erogatore è importantissima all’atto dell’impianto del vigneto. Ciò significa scegliere la categoria di erogatori più adatta e, tra queste, il modello di erogatore che ha le migliori prestazioni tecnologiche; quest’ultima scelta è tra le più difficile per cui si raccomanda il produttore di documentarsi sui test tecnologici effettuati sui vari modelli e che per questioni di spazio non verranno trattati in questa sede Quale erogatore scegliere In commercio esistono numerosi tipi di microerogatori, in viticoltura è importante puntare soprattutto su materiali robusti destinati a durare nel tempo, in funzione della durata del vigneto. Gocciolatori Si tratta di erogatori in cui l’acqua passa all’interno di una serie di passaggi assai stretti per questo le portate erogate sono piuttosto basse: 2, 4 o 8 l/h. Le pressioni minime d’esercizio si aggirano normalmente tra 1 e 1,5 atmosfere. In funzione del tipo d’installazione i gocciolatori si definiscono “on line” quando sono montati in derivazione, (inserire foto di gocciolatore in primo piano) ed “in line” quando sono installati lungo la tubazione. I primi sono adatti ad essere inseriti su tubazioni sospese (frutticoltura), i secondi sono più adatti ad essere installati su linee poggiate sul terreno. I gocciolatori possono avere due comportamenti rispetto alla pressione. I gocciolatori comuni cambiano la loro portata al cambiare della pressione; di conseguenza non sono impiegabili in linee molto lunghe, perché la differenza di pressione lungo la tubazione renderebbe le loro portate molto differenti tra inizio e fine linea, e quindi diversi i volumi irrigui distribuiti sulle piante. Su linee in pendenza (terreni collinari), i gocciolatori comuni sono quindi sconsigliabili per la differenza di pressione tra la parte alta e bassa del campo. Viceversa, i gocciolatori autocompensanti, hanno la caratteristica di mantenere costante la loro portata al variare della pressione. Si possono impiegare in linee molto lunghe, in terreni in pendenza, in impianti molto grandi. In queste situazioni è quindi possibile ottenere una buona omogeneità delle portate tra gli erogatori e quindi dare un volume irriguo molto simile a tutte le piante. Ali gocciolanti Si definiscono ali gocciolanti tubazioni in materiale plastico al cui interno si trova un gocciolatore; tale innovazione ha reso possibile di mantenere il tubo intero permettendo la meccanizzazione dell’irrigazione a goccia. Le ali gocciolanti possono perciò essere stese in campo e riavvolte da aspi raccoglitori senza il pericolo di rotture di tratte di tubazione. A seconda dello spessore del tubo le ali gocciolanti possono essere rigide, semirigide o flosce. La classificazione della consistenza dei materiali è espressa in mil, unità di misura che corrisponde a 0.025 mm. Ad esempio un tubo di 8 mil ha uno spessore di 0.2 mm. Più alto è lo spessore del tubo più elevato è il costo del materiale e la sua durata nel tempo, e viceversa. Naturalmente i tubi sottili richiedono basse pressioni, altrimenti si rompono. Le ali gocciolanti integrali si trovano in commercio con erogatori comuni od autocompensanti di portata variabile da 0.5 a 8 l/h, posti a tutte le distanze desiderate. Irrigazione a goccia interrata Questa tipologia microirrigua prevede che sia l’ala gocciolante integrale che le manichette possano essere posate ad una certa profondità nel terreno, dando luogo ad una specie di subirrigazione. Tale tecnica nota con il nome di SDI (subsurface drip irrigation) permette di ridurre le perdite d’acqua per evaporazione dal terreno, e di localizzare ancora più efficacemente i concimi distribuiti con la fertirrigazione, senza provocare intralcio alle lavorazioni poiché il materiale può essere interrato fino a 50 cm di profondità. Ovviamente nei vigneti la posa è molto più superficiale, circa 30 cm, e va effettuata poco dopo la messa situ degli astoni; va rilevato però che vi sono stati casi in cui le radici delle piante in crescita hanno schiacciato le tubazioni impedendo la circolazione dell’acqua. Ciò indica che l’adozione di tale tecnica vada valutata in base sia al tipo di terreno che al tipo di portinnesto: sconsigliabili quelli troppo vigorosi, dotati di radici che tendono ad approfondirsi. Le analisi economiche dimostrano però un maggior costo dovuto all’interramento delle ali rispetto alla loro posa sul terreno fuori terra, che nei nostri climi non si giustifica in termini di risparmio idrico che deriva dall’annullamento delle perdite per evaporazione diretta. Strumentazione necessaria All’atto dell’acquisto dell’impianto microirriguo vanno puntualizzati due aspetti: 1. in precedenza si è più volte accennato alla facilità con cui i microerogatori si intasano, pertanto il filtraggio è un operazione indispensabile per avere un impianto efficiente. Il costo dei filtri è sempre piuttosto oneroso, tuttavia non vanno fatte economie sulla strumentazione necessaria, diversamente si rischia l’intasamento di tutti gli erogatori e la loro conseguente sostituzione. 2. Uno dei punti di forza per contenere i costi di esercizio degli impianti microirrigui è il loro impiego per la distribuzione di fertilizzanti (fertirrigazione), pertanto è consigliabile individuare la strumentazione più adatta ed equipaggiarne il proprio impianto fin da subito. Soprattutto è bene tenere conto dell’energia necessaria per alimentare gli apparecchi per l’iniezione del fertilizzante nelle tubazioni che portano acqua, nel momento in cui si dimensiona l’impianto di pompaggio. Ciò eviterà di non avere la pressione sufficiente. I filtri I principali modelli di filtri presenti sul mercato sono i filtri idrocicloni, quelli a graniglia o a sabbia, a rete (calza), a dischi lamellari. L’impiego dell’uno o dell’altro tipo dipende soprattutto dal tipo d’acqua, non escludendo con ciò accoppiamenti: idrociclone + rete; graniglia + rete; idrociclone + graniglia + rete. Idrociclone I filtri idrocicloni o separatori centrifughi di sabbia, vengono impiegati per togliere la sabbia, e altre particelle più pesanti dell’acqua. Normalmente viene impiegato per le acque provenienti da pozzo. Il principio di funzionamento è basato sulla forza centrifuga, generata dalla forma ad imbuto del filtro, che agendo sull’acqua trascina le impurità grossolane lungo le pareti stesse infine nel recipiente di raccolta. L’acqua pulita viene sospinta in alto verso l’uscita. Il lavaggio del recipiente di raccolta viene eseguito aprendo la saracinesca del contenitore. La perdita di pressione, dovuta alla forza centrifuga, è molto bassa. Il filtro idrociclone è realizzato in acciaio zincato, con le pareti interne completamente rivestite di materiale epossidico (resina antilogorante) che attenua l’abrasione. Le dimensioni del filtro aumentano all’aumentare della quantità d’acqua da filtrare. Filtro a sabbia o graniglia Il filtro a graniglia prende il nome dall’elemento filtrante, costituito da ghiaietto spaccato o elementi di quarzo, di pezzatura variabile in base alla necessità di filtrazione. E’ indicato per acque a cielo aperto. L’acqua penetra nel serbatoio contenente la graniglia da un’apertura situata in sommità e rivolta verso l’alto. L’acqua si distribuisce, così, in maniera omogenea sulla superficie della graniglia e, attraversandone gli strati, viene pulita da alghe, terra e altre particelle grossolane. Le impurità trattenute si accumulano nello strato di graniglia, limitandone l’azione filtrante. Per pulire il filtro è necessario invertire il flusso dell’acqua (controlavaggio), usando come bocca d’entrata quella da cui l’acqua esce, mentre l’acqua sporca esce all’esterno da un apposito passaggio. Questa operazione viene effettuata manualmente, ogni 2-3 irrigazioni, oppure può essere automatizzata collegando elettricamente le saracinesche che regolano il flusso dell’acqua. Il filtro ha forma cilindrica. Lo strato filtrante non deve essere particolarmente alto, ma bensì largo, perché l’azione filtrante è più efficace quando l’acqua si distribuisce su di una superficie ampia. Il materiale filtrante deve avere la superficie ruvida per trattenere meglio le impurità. L’acqua compie un lavoro per attraversare lo strato filtrante, per cui il manometro posto in entrata indica una pressione sempre maggiore di quello posto all’uscita del filtro. La perdita di pressione così misurata va da 3 a 8 atmosfere; quando questi valori vengono superati vuol dire che il filtro si è intasato ed è quindi necessario effettuare un controlavaggio del filtro. Le dimensioni del filtro sono determinate dalla portata dell’acqua da trattare e dalla quantità di solidi in sospensione da eliminare. Filtro a rete Questo tipo di filtro può essere impiegato da solo, ma più frequentemente viene accoppiato, dopo un filtro a graniglia o idrociclone. E’ indicato per acque a cielo aperto. Il principio di filtrazione è basato sulla presenza di una rete con maglia a fori larghi e di una rete con fori più piccoli, funzionanti in contemporanea. L’acqua entra all’interno del filtro attraverso la cartuccia che porta le reti e che trattiene le impurità, uscendo all’esterno del filtro, pulita. L’intasamento si rileva dalla differenza, superiore al normale, tra la pressione misurata dal manometro in entrata del filtro e quello misurata in quello in uscita. Normalmente la differenza di pressione tra i due manometri è pari a 2-4 atmosfere; ciò è causato dalla resistenza opposta dalle reti al passaggio dell’acqua. E’ bene comunque, sostituire le reti alla fine di ogni campagna irrigua. Il filtro a rete è costituito da un contenitore, generalmente in acciaio zincato o in plastica, di forma cilindrica chiuso da un coperchio ermetico, al cui interno trovano alloggio una o più reti a maglie fini. Le dimensioni del filtro sono in funzione della portata idrica da trattare, mentre la dimensione delle maglie della rete dipende dalla qualità dell’acqua da trattare ed è espressa in mesh (numero di fili della maglia per pollice2). Filtro a dischi lamellari Questo tipo di filtro ha l’elemento filtrante costituito da lamelle circolari di materiale plastico ruvido, per meglio trattenere le impurità dell’acqua che le attraversa. Il livello d’intasamento è misurabile dalla differenza di pressione tra il manometro posto in entrata del filtro e quello in uscita. Tale differenza normalmente è di circa 1-3 atmosfere. Il lavaggio del filtro è molto semplice, basta svitare il coperchio, rimuovere il bullone o la molla che comprime i dischi e sciacquarli (attualmente sono commercializzati anche modelli che effettuano tale operazione automaticamente). Il filtro a dischi lamellari è costituito da un corpo in plastica molto resistente contenente un elevato numero di lamelle rugose, che compresse una sull’altra per mezzo di una molla o di un bullone formano un’efficace superficie filtrante. Le lamelle sono di diversi colori, e ad uno colore corrisponde un grado di filtrazione diverso, variabile da 40 a 200 mesh. Le apparecchiature per la fertirrigazione La fertirrigazione è quella tecnica che permette l’apporto degli elementi minerali alle colture unitamente all’acqua d’irrigazione. Ciò avviene utilizzando gli impianti microirrigui, con una notevole precisione nella distribuzione del concime sia come tempestività di intervento che come quantità erogata. Attraverso questo efficace strumento di dosaggio dell’alimentazione è consentito alle colture di esprimere al meglio le proprie potenzialità, riuscendo quasi a pilotarne lo sviluppo e la qualità delle produzioni, soprattutto in terreni facilmente dilavabili in cui per effetto dell’irrigazione viene ad essere rapidamente alterata la fertilità del terreno. I fertirrigatori Le apparecchiature utilizzate per la distribuzione dei nutrienti si dividono in due grandi gruppi: le attrezzature che sfruttano l’energia dell’acqua e quelle che sfruttano proprie fonti di energia. Al primo gruppo appartengono i fertirrigatori, i quali utilizzando la capacità idraulica dell’impianto non necessitano di fonti di energia esterna. Essi richiedono un’elevata pressione di funzionamento: l’impianto deve disporre a valle del filtro di una pressione oscillante dai 2 ai 4 Bar (1 Bar corrisponde a circa 1 atmosfera oppure a 10 metri di colonna d’acqua). In base al metodo di distribuzione si distinguono i seguenti modelli. A pressione differenziale (miscelatori) Consiste in un grosso recipiente di acciaio zincato contenente il concime a cui vengono collegati, rispettivamente, un tubo in entrata che scioglie il concime e uno in uscita che ne trascina una certa quantità nell’impianto; l’impianto presenta una strozzatura che permette l’aspirazione della soluzione contenuta nel recipiente. Il tempo di svuotamento del serbatoio dipende dalla capacità del serbatoio stesso e dalla depressione creata dalla strozzatura, mentre la quantità di acqua che attraversa il serbatoio è regolata dall’intensità della depressione. Con miscelatore a eiettore (tubi di Venturi) Questo fertirrigatore consta di un apparecchio che produce una depressione, ottenuta inserendo su di un tronco di condotta una depressione, ottenuta inserendo su di un tronco di condotta una strozzatura fissa a forma di clessidra orizzontale e di un by pass di collegamento tra il tratto antecedente la strozzatura e quello successivo. La depressione consente l’aspirazione del fertilizzante da un recipiente aperto, la cui intensità è determinata dalla portata e quindi dalle dimensioni del tubo Venturi. Con pompe a iniezione Consiste in una pompa idraulica a stantuffo azionata dalla pressione idraulica dell’impianto irriguo. La quantità di soluzione iniettata è in funzione delle pulsazioni dello stantuffo, azionato a sua volta dalla pressione di esercizio dell’impianto irriguo. Elettropompe dosatrici Le attrezzature per la distribuzione di concimi che utilizzano fonti energetiche proprie sono rappresentate dalle elettropompe dosatrici. Si tratta di vere e proprie elettropompe dotate di contenitori e di apparecchiature per l’iniezione delle più svariate sostanze chimiche nelle reti irrigue. Sono dotate frequentemente di meccanismi per l’automazione. Aspetti progettuali della fertirrigazione Dall’esame delle attrezzature elencate emerge l’importanza decisiva dell’energia di alimentazione. Nel caso dei fertirrigatori è evidente che l’impianto irriguo deve essere in grado di soddisfare le richieste energetiche dell’attrezzatura fertirrigua. Le attrezzature che non hanno meccanismi di pompaggio, quali miscelatori e tubo Venturi, funzionano sulla base di una depressione all’interno dell’impianto; in altre parole la pressione presente nel tratto di impianto a monte dell’attrezzatura fertirrigua è superiore a quella presente nel tratto a valle. L’energia dispersa viene impiegata per aspirare il fertilizzante da un recipiente ed iniettarlo nelle tubazioni e ha un valore variabile dal 30% al 60% dell’energia disponibile, in funzione della quantità di fertilizzante iniettato nell’unità di tempo; più concime si inietta e maggiore è l’energia dispersa. Per fare un esempio pratico, se l’impianto è dotato di una pressione pari a 1 atmosfera, la perdita di pressione in seguito all’intervento fertirriguo sarà pari a 0,3 atmosfere; l’energia residua per il funzionamento degli erogatori sarà dunque di 0,7 atmosfere. La pompa a iniezione è viceversa dotata di un proprio meccanismo di pompaggio, che è alimentato a sua volta dalla pompa che serve l’intero impianto irriguo; per funzionare essa necessita di almeno 0.8 atmosfere e all’aumentare della quantità di concime può assorbire fino a 7 atmosfere. Le elettropompe dosatrici, al contrario, funzionando con l’energia elettrica, non richiedono particolari accorgimenti progettuali, se si eccettua la presenza dell’energia stessa nel punto dove l’attrezzatura va installata. Un altro aspetto da non sottovalutare è la precisione nell’iniezione del concime nelle linee irrigue, che è prerogativa delle pompe, sia iniettrici che dosatrici. Le altre due strumentazioni considerate, miscelatore e tubi di Venturi, per la tecnica di iniezione adottata risultano più imprecise. La mobilità delle attrezzature può essere un ulteriore argomento di confronto. Sotto questo aspetto miscelatore e tubi di Venturi sono apparecchiature quasi statiche, poiché necessitano per essere installate di un sezionamento della tubazione sulla quale operano. Le pompe iniettrici sono molto più mobili poiché richiedono minori strutture fisse, mentre per le elettropompe dosatrici si deve considerare la necessità di disporre sempre dell’energia elettrica di alimentazione. Tra le attrezzature illustrate vi sono notevoli differenze: le più economiche sono senz’altro rappresentate da miscelatori e tubi di Venturi, sui cui costi gioca tuttavia un ruolo importante la raccorderia necessaria. Le pompe hanno invece costi superiori, soprattutto nel caso delle elettropompe.