IL MONDO CAPOVOLTO Come diceva don Bosco, l’educazione deve mirare a formare “bravi cristiani e onesti cittadini” Insieme per il bene comune La sfida della partecipazione contro luoghi comuni come “non tocca a me!” di Giulio ALBANESE I l Natale è ormai alle porte e un po’ tutti, istintivamente, vorremmo che i problemi – quelli del nostro povero mondo e dell’Italia in particolare - si risolvessero quanto prima. Basti pensare alla chiusura di molte imprese in Ciociaria o al fenomeno della disoccupazione giovanile, per non parlare delle difficoltà economiche che incontrano molte famiglie nella quotidianità. Purtroppo, dobbiamo ammettere che nessuno dispone di una bacchetta magica per compiere chissà quale incantesimo. È per questo motivo che forse, mai come oggi, è necessario riflettere sulle proprie responsabilità, senza stare alla finestra a guardare. D’altronde, in Italia, siamo abituati a pensare che c’è sempre qualcuno – poco importa che si tratti del politico di turno o di chissà quale altro personaggio assiso nella stanza dei bottoni – che si occuperà dei problemi della collettività. Cari lettori, sono 150 anni e anche più che il “sistema-Paese” funziona in questo modo, col risultato che il cittadino stesso pare abbia smarrito la nozione di “Bene Comune”. In effetti, l’anima della democrazia rappresentativa è la delega, mentre il cuore della sussidiarietà è la corresponsabilità. Ed è proprio il deficit di sussidiarietà che ha prodotto disastri nel nostro Paese. L’Italia, in effetti, è nata come Stato fortemente accentrato, calando una coltre amministrativa e istituzionale sulla ricca varietà di autonomie preesistenti nel nostro Paese. E dire che l’articolo 5 della Costituzione afferma che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali. Da lì è partito, oltre sessant’anni fa, un percorso che ha portato l’Italia nel 2001 a iscrivere nella propria Costituzione una norma, articolo 118 quarto comma, che ha dato inizio ad un nuovo corso che in tempi di crisi è davvero rilevante. Un’operazione di ribaltamento, per così dire, dell’impostazione secondo la quale il monopolio dell’interesse pubblico deve essere nelle mani delle istituzioni, cioè di coloro che sono in cima alla piramide (politici, pubblici amministratori…). In questa norma si dice che Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Ecco che allora possiamo finalmente dire che esiste un modo per esprimere il proprio senso di cittadinanza che fino a poco tempo fa sembrava essere irrealizzabile. Si è cioè preso coscienza nel dettato costituzionale che le persone sono portatrici non solo di bisogni, ma anche di capacità le quali, se messe a disposizione della comunità, possono contribuire decisamente a rispondere, insieme con le amministrazioni pubbliche, alle istanze collettive. Si tratta pertanto di prendere coscienza dell’importanza dell’azione dei singoli come inesauribile risorsa che può incidere fattivamente sul corso degli eventi e sul miglioramento della vita. Naturalmente, accanto ai soggetti (i cittadini) bisogna sempre ricordare l’importanza degli oggetti (cioè i beni comuni). Ma in un Paese come l’Italia, dove vi è culturalmente una visione verticistica delle relazioni per cui si tende istintivamente a delegare la gestione della “Res Publica” a chi comanda, cosa bisogna superare per passare dalle parole ai fatti? L’indifferenza. Con quali strumenti? Quelli dell’informazione, mostrando che è normale - come dovrebbe esserlo - agire per il bene comune e che spesso lo si fa già senza saperlo. Dunque non è utopia, perché utopos vuol dire nessun luogo. Infatti, il luogo della cittadinanza attiva esiste, anche se stenta ad essere riconosciuto. Se si parla di beni pubblici è più facile essere portati a pensare “tanto tocca a qualcun altro”. Promuovendo, invece, la cura dei beni comuni non solo nel pubblico, ma anche nelle realtà aziendali e a fianco delle istituzioni, la sfida della partecipazione sarà vinta, senza che possa sembrare un atto eroico. L’attivarsi di singoli cittadini fa sì, infatti, che vi possano essere delle situazioni in cui l’interesse personale è assai rilevante, come per i commer- cianti che si prendono cura della strada su cui si affacciano i propri esercizi commerciali, con vantaggi per tutti e in primo luogo per sé stessi. In altri casi, la sussidiarietà, intesa proprio come corresponsabilità, diventa strategica per le imprese, rispetto al bene comune aziendale. Altre volte, invece, l’interesse personale è minimo, mentre prevale quello generale, come nelle esperienze di volontariato su scala nazionale o nell’ambito della cooperazione per lo sviluppo dei popoli, aderendo in prima persona ad iniziative solidali. In questo caso, si afferma una cittadinanza planetaria che nell’epoca della globalizzazione non guasta. La sfida, naturalmente, riguarda anche la nostra realtà ecclesiale che ha, come termine di riferimento, una dottrina sociale, ispirata al Vangelo. Come diceva Don Bosco, l’educazione deve mirare a formare “bravi cristiani e onesti cittadini”. Anno XIV, n. 10 - Dicembre 2013 mensile della comunità Ecclesiale N. di registrazione 276 del 7.2.2000 presso il Tribunale di Frosinone. DIRETTORE RESPONSABILE: Domenico Pompili DIRETTORE: Raffaele Tarice IN REDAZIONE: Claudia Fantini Per inviare articoli: Claudia Fantini Via Sanità, 22 03011 Alatri - Tel. 348.3002082 e-mail: [email protected] RESPONSABILE DISTRIBUZIONE Bruno Calicchia AMMINISTRATORE Giovanni Straccamore HANNO COLLABORATO: Giulio Albanese, Chiara Campoli, Maria Grazia Costantini, Pierino Giacomi, Giorgio Alessandro Pacetti EDITORE Diocesi di Anagni-Alatri FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA Tipografia Editrice Frusinate srl Frosinone ANNO XIV N. 10 DICEMBRE 2013 Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone - Spedito il 25 Novembre 2013 - www.diocesianagnialatri.it a l l ’ii n t e r n o . . . FOTO NOTIZIA Avvento: Dio viene e si fa presente! E noi? Pag. 3 Speciale Lettera Pastorale 2013 Pagg. 6-7 Grande festa per don Pierluigi Nardi Pag. 8 Filippine - novembre 2013 F orse andrò un po’ controcorrente, ma io preferisco il presepe napoletano. Più è grande, più è meglio. Più è incasinato, più è bello. Il presepe napoletano è pura teatralità, e mescolando sacro e profano arriva a rappresentare ogni arte quotidiana e a dare forma a piazze, vie, vicoli e palazzi. È la confusione della realtà che sposa l’accumulo della decorazione barocca. Gesù nasce ancora nella grotta, ma questa non è più isolata e silenziosa. È diventata una piccola stalla incastrata e schiacciata da una città incontrollabile e chiassosa, brulicante di vita e di movimento. Conseguenza di tutto questo è che spesso la natività è sì al centro della scena, ma assolutamente indistinguibile, se non con qualche attimo di ricerca. Perché il cristianesimo è vivo, a differenza di un paganesimo morto e in rovina, come lo sono le vestigia degli antichi templi greco-romani che fanno da sfondo o che spesso sono di- PRIMO PIANO GESÙ NASCE NELL’OGGI I moderni anacronismi del presepe napoletano ventati pascoli per le greggi. Non è un caso allora che sia stato questo tipo di presepe ad uscire dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle case e nei palazzi. Certo, bisognava essere ricchi per potersi permettere un presepe, ma era già cominciata la corsa a realizzare presepi sempre più grandi e sempre più ricchi di dettagli scenografici. Col tempo anche i personaggi si caratterizzarono, e divennero simboli di una cultura e una religiosità popolare, a volte ingenua, ma sempre autentica. Trovano posto nel presepe anche personaggi popolari come i nani, le locandiere, i mer- canti, i fornai, ma anche ciechi e zoppi. Ci deve essere sempre il “dormiente”, il pastore che sarà svegliato dall’angelo che annuncia la nascita del Salvatore. Poi non possono mancare il panettiere e il vinaio, che hanno il compito di preparare il pane e il vino che serviranno per l’Ultima Cena. Così come anche il pescatore che mostra il chiaro simbolo cristologico. Altro personaggio che non può mancare è la zingara, che predice il futuro, e che porta un cesto di arnesi di ferro, usati per forgiare i chiodi della passione. E in un mondo “moderno” non può mancare il peccato della meretrice, antitesi della Vergine e posta esattamente all’opposto del presepe, spesso davanti all’osteria. Ma i veri personaggi chiave del presepe napoletano sono i tre Re Magi, accompagnati dai loro seguiti. Provengono da tre continenti diversi (Europa, Africa e Asia) in groppa a tre animali diversi (cavallo, dromedario ed elefante), e portano tre doni diversi (oro, incenso e mirra). Ma il presepe è una rappresentazione della realtà, della vita e della società, anche se del ‘700. Ci sono chiese e monasteri, croci e monaci, perché il presepe sta solo a indicarci che Gesù nasce nell’oggi. Anche oggi. Raffaele TARICE 2 100 NOTIZIE UN ANNO CON L’AZIONE CATTOLICA GLI APPUNTAMENTI 1 dicembre 2013 INCONTRO OPERATORI PASTORALI CON VESCOVO – Centro Pastorale, Fiuggi ore 16.30 - 18.30 7 Dicembre 2013 ad Anagni in cattedrale - Veglia AC “Ecco il nostro sì” 8 Dicembre 2013 Festa Adesione AC nelle parrocchie 10 gennaio 2014 Equipe diocesana ACR e Giovani + MSAC ore 21 Fiuggi 13 Gennaio 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi 18 gennaio 2014 Consiglio Diocesano AC ore 9.30 Fiuggi 8 Febbraio 2014 Giornata unitaria/diocesana per la Pace 22-23 Febbraio 2014 Assemblea Diocesana elettiva 9 marzo 2014 INCONTRO OPERATORI PASTORALI CON VESCOVO – Centro Pastorale, Fiuggi ore 16.30 – 18.30 14/15/16 Marzo 2014 Esercizi spirituali con PG e CDV per giovani e adulti e per EDUCATORI AC (giovani e adulti) 28 Aprile 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi 26 Maggio 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi 2 giugno 2014 Festa Diocesana Famiglia AC 14 Giugno 2014 Equipe diocesana Adulti “serata insieme” Luglio - Agosto 2014 attività estive (campi - scuola ACR, giovanissimi, esperienze estive per giovani, Vacanza Formativa, campi-scuola famiglie) Dicembre 100 NOTIZIE 2013 Buon Natale e Felice Anno Nuovo A pranzo con il Vescovo Monsignor Lorenzo Loppa a pranzo presso il Centro Sociale anziani di Alatri. La giornata è stata allietata dalle note di un concerto, un “coro a cappella”. LABORATORIO FORMAZIONE Quest’anno la proposta formativa del laboratorio ci realizzerà da Gennaio a Giugno 2014. Essa sarà realizzata direttamente nelle parrocchie che lo richiederanno tramite i facilitatori dell’equipe diocesana. Attenzione particolare sarà posta alla formazione dei nuovi responsabili associativi, parrocchiali e diocesani. GRUPPO GIOVANI DIOCESANO Sarà riproposta l’esperienza del gruppo giovani diocesano guidato da Marco e Pia. Le date saranno comunicate in seguito. MSAC Quest’anno saranno gettate le basi per la sensibilizzazione e il lancio della proposta del Movimento Studenti dell’Azione Cattolica in alcuni istituti superiori della nostra diocesi. NUOVI GRUPPI ACG E ADULTI Nascita di nuovi gruppi giovanissimi/giovani e adulti. Formazione degli “nuovi” animatori GRUPPI FAMIGLIE Continua l’attività formativa dei diversi gruppi famiglie AC coordinati dalla coppia cooptata diocesana. Durante l’anno saranno proposti momenti di formazione ed incontro a livello diocesano. Formazione di nuove coppie animatrici per la nascita di nuovi gruppi famiglie. PARROCCHIE “LONTANE” Si sta costituendo un’equipe missionaria di giovani e adulti che sono disponibili a raggiungere e farsi prossimi delle realtà associative parrocchiali lontane dal centro diocesano oppure nuove a livello associativo. COLLABORAZIONI Tutti i settori e i gruppi AC sono chiamati a collaborare con gli Uffici Pastorali (uff. catechistico, uff. caritas, uff. liturgico, PG, CVD, uff. famiglia, uff. pastorale sociale, uff. comunicazione…), corresponsabili dell’attività pastorale della diocesi. L ’AA G E N D A DICEMBRE Domenica 1 dicembre Fiuggi, Centro Pastorale, ore 16,30 INCONTRO UNITARIO DEGLI ANIMATORI PASTORALI Presieduto dal Vescovo Martedì 24 dicembre Anagni, Cattedrale, ore 23.30 S. MESSA DI MEZZANOTTE Presiede il Vescovo Domenica 8 DICEMBRE Anagni, Cattedrale, ore 11.30 PONTIFICALE DELL’IMMACOLATA Presieduto dal Vescovo Mercoledì 25 dicembre Anagni, Cattedrale, ore 11.30 PONTIFICALE DEL VESCOVO Giovedì 19 DICEMBRE Guarcino, casa Suore Agostiniane, ore 9.00 TERZO GIOVEDI’ DEL CLERO Lectio divina di Natale Martedì 31 dicembre Anagni, Cattedrale, ore 18.00 TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO Presieduto dal Vescovo Anno XIV Numero 10 S LA CATTEDRA e esiste una stagione straordinaria dell’Anno liturgico e della vita della Chiesa, questa è sicuramente l’Avvento. Tenuto conto della riforma liturgica del Vaticano II e soprattutto dei testi biblici, esso si presenta come il periodo più curato e riuscito di tutto il ciclo delle celebrazioni della chiesa. Dalle origini incerte e discusse, sicuramente tardive (dal IV al VI secolo), l’Avvento risplende come tempo-modello di tutta l’esistenza cristiana che viene messa sotto il segno dell’attesa nel clima della speranza. Il suo inizio per noi cristiani è come Capodanno. C’è l’entusiasmo dell’avvio, lo slancio di ogni impresa che comincia, il misto di curiosità, timore, spirito di avventura che accompagna ogni partenza. C’è, soprattutto, la sicurezza e la gioia di ritrovare il Natale. L’Avvento, come ci ricorda la parola stessa (“Adventus” = venuta) mette a tema tutto il mistero della venuta del Signore nella storia fino al suo concludersi nel compimento. Storicamente il termine “Avvento” fu riferito, dapprima, alla venuta di Gesù nella carne. Quasi subito lo stesso termine passò ad indicare anche il tempo della preparazione al Natale, il tempo dell’attesa. Qui è necessario un rapido chiarimento sulla concezione di liturgia, che non è solo memoria soggettiva di fatti accaduti, ma celebrazione attuale del mistero pasquale di Cristo e della nostra salvezza. La liturgia è me- DEL VESCOVO AVVENTO: Dio viene e si fa presente! E noi? moria, presenza del mistero, attesa del compimento. Celebrare significa vivere il mistero e vivere un momento attuale della sua efficacia salvifica. Avvento significa, allora, non soltanto ricordare la venuta di Gesù nella storia a Natale e l’attesa che l’ha preceduta, ma vivere continuamente l’attesa vigilante di fronte alla sua venuta attuale, nella prospettiva dell’incontro ultimo con Lui alla fine della storia e al termine della nostra esistenza. L’attesa nostra, dunque, non si nutre di ricordi, ma è atteggiamento che ci rende presenti e accorti alla logica di senso, di grazia e di misericordia seminata sui nostri passi all’interno 3 dei giorni che ci vengono donati. L’Avvento, allora, è tempo-modello dell’esistenza cristiana come attesa operosa e vigilante … Un maestro della fede come S. Bernardo afferma: “Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca, infatti, tra le altre due che sono manifeste … Nella prima venuta egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria. Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu la nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riparo e consolazione” (S. Bernardo, Sermo V De Adventu, 1-3). L’Avvento ricorda la dimensione storica della salvezza che ha avuto la chiave di volta nell’Incarnazione (Avvento natalizio). L’Avvento è anche il tempo in cui viene fortemente evidenziata la dimensione escatologica del mistero cristiano. Chiediamo sempre nel “Padre nostro” che venga il Regno di Dio. La nostra esistenza è sospesa tra le due grandi venute di Cristo: siamo protesi verso il compimento e il “Giorno del Signore” (Avvento escatologico). Ecco perché tanti testi della liturgia (cfr ad esempio la messa della I^ domenica di Avvento) gettano uno sguardo sulla fine della storia. Potremmo dire: si comincia continua a pag. 4 4 LA CATTEDRA DEL VESCOVO Dicembre 2013 continua da pag. 3 dalla fine! L’Avvento inoltre ha una forte connotazione missionaria. La salvezza di Dio in Gesù Cristo è a disposizione di tutti gli uomini. Cristo è venuto per venire nel cuore di ognuno! E ogni uomo davanti al Dio che viene - che spiana le montagne, colma le valli, fa fiorire il deserto, trasforma le armi in strumenti pacifici (cfr le visioni di Isaia nella prima lettura della domenica) – è auspicabile che garantisca apertura e disponibilità con la conversione. La spiritualità dell’Avvento, che si nutre di un’attesa vigilante e gioiosa e si sostanzia di speranza forte e paziente anche e soprattutto nell’ora della prova, trova nella conversione continua la strada maestra della giustizia e della gioia perché procura l’incontro con il Signore. La stagione dell’Avvento educa la nostra speranza in un periodo in cui la geografia della disperazione si fa sempre più vasta per i problemi che conosciamo e, soprattutto, per la crisi, il cui lato più evidente è quello economico, ma che è di ordine soprattutto morale, spirituale, culturale. È crisi sulla visione dell’uomo, su chi sia l’uomo e su che cosa significhi essere uomo. È crisi perché, come ci ricorda Papa Francesco, si sta facendo strada la cultura dello “scarto” e avanzano tanti nemici del vero umanesimo che, oltre ai valori della giustizia e della libertà, è fondato su un’esistenza filiale e, dunque, fraterna! In questo cammino di educazione alla affidabile e paziente speranza veniamo presi per mano dai Maestri dell’attesa: Isaia, Giovanni Battista, Maria Santissima, S. Giuseppe. Le letture bibliche della Domenica quest’anno ci aiutano in maniera particolarmente efficace. Nella seconda domenica di Avvento c’è di confor- se dalle sue attese. Rinuncia al suo programma di vita familiare per accogliere il progetto e la promessa di Dio. Rinuncia al suo futuro per abbracciare l’avvento di Dio e la imprevedibilità dello Spirito. Nel concludere queste brevi note sull’Avvento, non posso fare a meno di sottolineare le prime let- to l’Immacolata. Con il suo silenzio luminoso, il suo atteggiamento di disponibile ascolto, la sua straordinaria capacità di ricevere ci ricorda che “niente è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Dio ha bisogno di creature come Maria, non ingombrate dalle cose né da sé stesse. Nella quarta domenica saremo presi per mano da S. Giuseppe con la sua sofferta e piena accoglienza di un Dio che sorprende e gli chiede di accogliere Maria e Gesù come persone molto diver- ture della Domenica, con i “sogni” di un altro maestro della speranza che è Isaia. “Camminiamo nella luce del Signore” (Is 2,5): è il segnale della partenza che ci invia il profeta per ritrovare la passione e lo slancio nell’annuncio del Vangelo e “sognare” /realizzare una realtà diversa da quella che ci circonda (1^ domenica). “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse …” (Is 11,1): da un ceppo inaridito si fa una dichiarazione di speranza. C’è la possibilità di progettare un futuro diverso, sorprendente, garantito dalla presenza di Dio. Anche un ceppo, reso arido da troppi peccati e infedeltà, è percorso da una linfa perenne: la promessa di Dio (2^ domenica). “Si rallegrino il deserto e la terra arida …” (Is 35,1): l’inno alla gioia per il ritorno degli esuli in patria da Babilonia proclama che Dio è fedele e mantiene la sua promessa. La “gloria” del Signore è presente anche e soprattutto nel cammino tormentato e nelle difficoltà in cui ci dibattiamo. La meta è lontana, ma il futuro è già iniziato (3^ domenica). “Il Signore stesso vi darà un segno” (Is 7,14): la promessa di Dio si realizza, ma molto oltre le attese immediate degli uomini. Il progetto di Dio si realizza e viene incontro ai nostri desideri e alle nostre speranze con l’Emanuele (4^ domenica). L’Avvento di quest’anno, soprattutto con i testi di Isaia, ci aiuta a “sognare” e ci impone il sogno come dovere. Qualcuno potrebbe dire: “Troppo bello per essere vero”. Bisogna, però, subito aggiungere: “Troppo bello per non essere vero”. Molti di noi cristiani dormono per non affrontare la realtà. Soltanto il sogno permette di immaginare una realtà diversa e, con l’aiuto di Dio, attuabile. Paradossalmente è il sogno che ci sveglia e ci mette in piedi! Buon Avvento! + Lorenzo, vescovo Anno XIV Numero 10 VITA DI COMUNITA Alatri - 10 Novembre , 5 Anagni - 5 Novembre Giornata del In ricordo di Ringraziamento Mons. Luigi Belolli per i frutti della terra vescovo emerito Presso la parrocchia Maria SS. Rosario Un omaggio delle Confraternite della Diocesi a cura di Patrizia, Giovanna, Nadia e Emanuela per il Gruppo di Animazione liturgica di Giorgio Alessandro PACETTI O gni anno, quasi alla conclusione del ciclo liturgico la Chiesa celebra la “Giornata del Ringraziamento per i frutti della Terra”. Iniziata nel 1951 per iniziativa della Coldiretti la giornata del Ringraziamento è un’occasione di rendere lode al Padre fonte di ogni bene, per i doni che ci offre. E’ inoltre un momento di riflessione sull’importanza che ancora ha, anche nella nostra società oramai quasi post-industriale, il lavoro della terra. Il tema guida di quest’anno era “Giovani protagonisti nell’agricoltura”, giovani che “hanno scelto di restare nella loro terra per lavorare i campi, con dignità e qualità, per fare della loro campagna un vero giardino. Sentiamo che questa vocazione rinnova l’intera società, perché il ritorno alla terra cambia radicalmente un paese e produce benessere per tutti, ravviva la luce negli occhi degli anziani, che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle istituzioni”. (dal Messaggio dei Vescovi). Viviamo in una parrocchia di campagna, dove la coltivazione dei campi, anche se non è più la principale fonte di reddito, è sentita come componente importante nella vita delle persone e come gruppo di animazione liturgica, insieme al nostro parroco don Luca Fanfarillo, abbiamo pensato di valorizzare e recuperare questa tradizione. Lo abbiamo fatto curando in modo più attento due aspetti: la decorazione dell’altare, cogliendo la ricchezza di colori e frutti che la bella stagione dell’autunno ci offre e la processione dell’offertorio. In questo momento abbiamo coinvolto quattro “anziani agricoltori” che hanno portato in dono pane, olio,vino e frutta . M emori dell’intenso e proficuo Episcopato di Mons. Luigi Belloli nella nostra Diocesi il Coordinamento diocesano delle Confraternite della Diocesi Anagni-Alatri ha programmato un omaggio e un ricordo nella preghiera per la ricorrenza del suo ritorno alla casa del Padre avvenuta due anni fa invitando tutte le consorelle e i confratelli iscritti, insieme a tutta la popolazione, a ricordare con affetto filiale Martedì 5 novembre Mons. Luigi Belloli che nel volto di ogni fedele “ha visto sempre il volto di Cristo” e ha promulgato -prima del termine del suo episcopato- il nuovo Statuto Quadro diocesano delle Confraternite. Il vescovo Luigi è stato il “padre” della neonata chiesa di AnagniAlatri che era stata fondata, dopo la morte di Mons. Florenzani, con un decreto di unificazione del 30 Settembre 1986, emesso dalla San- ta Sede con il quale veniva privata alla popolazione alatrense la loro sede vescovile secolare. Il primo obiettivo di Mons. Belloli fu quello di guidare la transizione, senza danni, riconoscendo le peculiarità di ciascuna realtà, spingendo verso una convergenza le trasformazioni sociali e culturali che incalzavano, che richiedevano risposte decise e non confuse. Lungo gli undici anni del suo intero episcopato (19881999) in terra ciociara, il vescovo Belloli, ambrosiano di origine, fu sempre attento a leggere i segni dei tempi, in particolare a mostrare che lo sviluppo richiede una nuova e più profonda forma di saggezza, di cui il Vangelo è la strada da percorrere insieme. Non solo! Il Vescovo Belloli ogni anno nel giorno della festa di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti teneva il tradizionale incontro con i giornalisti della Diocesi Anagni-Alatri. 3 1 0 2 e l a r o t s a P a r e t t e L e Special Iniziare alla Fede: dono e compito di una comunità adulta “La passione per il Vangelo” «C arissimi, il Vangelo è nato da un’immensa passione ed è stato affidato a degli “appassionati” per la causa del Regno. Qualunque sia il compito che svolgiamo nella Chiesa, è indispensabile che abbiamo e manifestiamo una vera, straordinaria, incontestabile passione per Dio e per gli uomini che Egli ama». Così comincia la lettera pastorale 2013 di Mons. Lorenzo Loppa, intitolata “LA PASSIONE PER IL VANGELO. Iniziare alla Fede: dono e compito di una comunità adulta”, di cui proponiamo ampi stralci. Il progetto di Gesù «Gesù si rivela come uno che annuncia un progetto alla luce del quale agisce. Questo progetto è il Regno di Dio a cui Egli consacra tutta la sua esistenza e il suo essere con vigore, costanza e senza ripensamenti. (…) Però, osservando attentamente quanto Gesù fece e insegnò, possiamo constatare come il Regno di Dio non sia qualcosa che riguardi Dio (…) è il Regno di Dio per gli uomini, specialmente per i più bisognosi e degni di attenzione, per un loro futuro di vita e di pienezza. Il Regno di Dio proclamato da Gesù come imminente consiste in una nuova situazione di vita e di felicità per tutti. (…) Gesù ha affidato la responsabilità dell’annuncio della vita per tutti e la missione di sconfiggere la morte ai suoi discepoli». In cammino con le Chiese che sono in Italia È importante collocare il «nostro cammino di Chiesa all’interno del comune itinerario che stanno percorrendo tutte le Diocesi italiane nel Decennio di “Educare alla vita nuova del Vangelo”. Nel primo segmento del Decennio abbiamo fati convergere la nostra attenzione su “la cura delle radici”, con un impegno più deciso e puntuale sulla pastorale battesimale». Educare alla vita buona del Vangelo: seconda tappa «Il Convegno di Fiuggi del giugno scorso (“Iniziare in parrocchia” 27/29 giugno) ha aperto la seconda tappa del nostro itinerario decennale: quella che riguarda il cammino di fede dei ragazzi (7-14 anni) e il completamento della Iniziazione cristiana in parrocchia. (…) Già ne Il sogno del discepolo (2004) potevo constatare come i segni della crisi del modello di comunicazione della fede - soprattutto a ragazzi, adolescenti e giovani - stessero, e al presente, stiano, sotto gli occhi di tutti. (…) La situazione impone un ripensamento e un cambiamento nella prassi ordinaria di trasmissione della fede». Iniziare alla fede, missione di una comunità adulta «Due realtà sarà soprattutto urgente ripensare e riprogettare: i cammini di formazione alla fede di ragazzi/adolescenti e gli itinerari di formazione degli Animatori, soprattutto dei Catechisti. Un passo importante da compiere, allora, sarà quello di ispirare sempre di più il processo di Iniziazione alla fede ad una logica catecumenale, con il primato dell’evangelizzazione e del primo annuncio, con il coinvolgimento delle famiglie, degli adulti e d tutta la comunità cristiana, con un’apertura a tutte le dimensioni della vita di fede, che deve essere non soltanto annunciata e accolta, ma anche celebrata e vissuta. Mi affretto ad aggiungere che anche un cammino perfetto di iniziazione, secondo il modello descritto, non può garantire in alcun modo l’efficacia e l’autenticità del “divenire cristiani” se gli adulti, gli Animatori e i Catechisti non cambiano mentalità mediante una formazione adeguata e se, soprattutto, continua a non essere coinvolta la famiglia e l’intera comunità cristiana. Siamo davanti, allora, ad un nuovo triennio con un primo fondamentale passo da compiere: far crescere la maturità di fede delle nostre comunità». badisco, la Lectio sulla Parola della Domenica. L’Anno liturgico è un itinerario di fede e di vita. Con sapienza la Chiesa ci prende per mano e, nell’arco di tre anni, ci mette davanti, alla Domenica, una parte congrua, sostanzialmente completa, altamente significativa delle S. Scritture. La Lectio Divina non può essere assente da nessuna comunità cristiana». La Mistagogia: introduzione al Mistero «La Mistagogia ci introduce al Mistero. (…) Un altro spazio di crescita per una fede adulta è la Mistagogia, cioè l’essere introdotti al Mistero celebrandolo in modo tale che poi si viva. “Mystagoghein” in greco greco significa “guidare al Mistero”». Vivere le Domeniche “insieme” «Un terzo fattore di crescita e di maturazione per la fede di tutti è la custodia e la valorizzazione della Domenica. (…) Riscopriamo “le Domeniche insieme”, con più coraggio, osando di più, reagendo a mille obiezioni, magari attuando delle sinergie con le parrocchie vicine o con le comunità religiose che abbiamo la fortuna di avere sul territorio». Il Consiglio pastorale, luogo di incontro e di crescita «Un ulteriore e decisivo spazio di crescita per una fede che vuol diventare adulta è il Consiglio pastorale parrocchiale o interparrocchiale». È «un segno espressivo della comunione ecclesiale, un luogo di incontro e di crescita che rappresenta l’intera comunità. (…) Il Consiglio pastorale è un’esperienza che dà forma concreta alla comunione. È un luogo in cui ci si allena e si cresce nel discernimento, nell’ascolto, nel confronto». La comunità cristiana, terra di fraternità e di relazione «Prima, comunque, di tutto ciò esiste l’esigenza che la Chiesa, la comunità cristiana concretamente, oltre che Sposa, sia veramente Madre, una comunità adulta generante». Mettere in gioco la vivacità della nostra fede e la nostra capacità di sperare «È necessaria una ripresa di slancio dell’evangelizzazione. È come se fossimo la generazione dei primi cristiani. Siamo i primi cristiani del nostro tempo. La spinta missionaria delle nostre comunità deve esser più libera, più gratuita, più motivata che nel passato, più gioiosa. (…) Certamente, dalla preparazione dei fidanzati al matrimonio (…) ad una pastorale familiare incisiva e costante prima, durante e, soprattutto, dopo il Battesimo potremo avere il dono di nuclei familiari più attenti, disponibili e responsabili nella trasmissione della fede». Così il vescovo sottolinea «alcuni fattori e spazi di crescita a disposizione di tutti, per un una formazione permanente in vista della maturità della fede». La Lectio Divina Il primo fattore di crescita è la Lectio Divina, cioè la lettura della Bibbia nello Spirito di Dio. Dopo la celebrazione eucaristica domenicale, il punto più alto di incontro con il Mistero per ogni adulto è il confronto, la riflessione e la preghiera sulle S. Scritture, in modo particolare sulle pagine bibliche della Domenica. È questo l’impegno più importante di un parroco (o altro sacerdote che lavora in parrocchia) con gli Animatori parrocchiali (e con gli adulti in genere) dopo la presidenza della eucaristia domenicale. Lo “spazio” della Lectio Divina non può mancare in nessuna parrocchia; e, ri- Chi è adulto nella fede? «È opinione comune che la persona adulta sia uno che pensi con la sua testa e faccia delle scelte motivate. L’adulto nella fede è uno che vive di Gesù Cristo (Gal 2,2), che sa guardare alla vita dalla parte del Mistero che l’attraversa. È una persona che non si considera arrivata. In possesso di un forte senso di appartenenza alla Chiesa, dimostra anche una buona capacità di costruire relazioni positive con gli altri, rispettando tutti e dialogando costruttivamente con ciascuno. È sempre disponibile a curare la propria formazione e a collaborare con le altre figure educative della comunità cristiana. La maturità di fede, inoltre, presuppone la responsabilità e la capacità di discernimento, cioè l’attitudine a decifrare l’appello che emerge da ogni situazione. L’adulto “significativo”, capace di essere un punto di riferimento per ragazzi, adolescenti e giovani è uno che sa accogliere il loro grido (la loro richiesta di aiuto, spesso silenziosa o “scomposta”), e sa trasformarlo in “invocazione” perché si aprano al Mistero di cui sono seminati i nostri passi. L’adulto che può prendere per mano ragazzi e giovani è uno che annuncia il Vangelo come gesto d’amore, regalando loro parte congrua del proprio tempo e una dose più che discreta di attenzione. È soprattutto una persona che comunica un’esperienza personale in maniera coinvolgente: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46)». 8 VITA DI COMUNITA , Dicembre 2013 Torre Cajetani - 12 Ottobre Grande festa per don Pierluigi Nardi Nuovo parroco di S. Maria Assunta di Pierino GIACOMI È stata davvero una bella festa quella che ha accompagnato l’ingresso del nuovo Parroco, don Pierluigi Nardi nella Parrocchia di S. Maria Assunta in Torre Cajetani, sabato 12 ottobre. La Banda di Torre Cajetani ha creato un clima di gioia, di festa e di solennità. Molti sacerdoti si sono avvicendati, infatti, dopo il periodo di permanenza stabile di diversi anni di don Bruno Veglianti e di don Marcello Coretti. Nel novembre del 2007, dopo don Cristoforo D’Amico, Parroco dell’Immacolata Concezione in località Collelavena (Alatri) e di Torre Cajetani, il Vescovo Lorenzo Loppa mi volle affidare la direzione dell’Ufficio Catechistico Diocesano e la cura pastorale delle Parrocchie di Torre Cajetani, di Trivigliano oltre quella di S. Maria del Colle in Fiuggi, affiancandomi due Padri della Congregazione di S. Vincenzo de’ Paoli, entrambi operanti nella Comunità in Dialogo di Trivigliano: padre Roberto e padre Onofrio, rispettivamente per Torre e per Trivigliano. Dopo un anno e mezzo, però, padre Roberto è dovuto rientrare in Messico, mentre padre Onofrio è stato richiamato dal suo Provinciale, dopo circa tre anni del suo prezioso servizio pastorale, per una nuova e urgente attività ministeriale in Puglia. La gente, di tanto in tanto mi chiedeva: “Eh, don Pierì, ma noi, un prete tutto nostro, non ce lo meritiamo? Siamo proprio così cattivi?”. Allora li rassicuravo dicendo di pregare ancora di più per le vocazioni sacerdotali, perché così anche Torre avrebbe avuto un Parroco tutto suo, a tempo pieno. Devo dire che a Torre ho trovato una bellissima tradizione di preghiera quotidiana in particolare per le vocazioni e, nella recita quotidiana del Rosario, aggiungono sempre: “Dona santi sacerdoti, ferventi religiosi e sante famiglie alla tua Chiesa!”. Il Signore ha ascoltato davvero la loro preghiera! Ed ecco dopo sei anni un prete, tutto per la Comunità di Torre: don Pierluigi, solo dopo due anni dalla sua Ordinazione presbiterale, inviato dal nostro Vescovo Lorenzo come pastore per servire questa Comunità Parrocchiale. Il nostro Vescovo Lorenzo, insieme a diversi sacerdoti ha accolto don Pierluigi all’ingresso del paese, insieme alla sua famiglia e alle tante persone presenti. Il corteo si è così diretto verso la chiesa parrocchiale dove il Sindaco Letizia Elementi ha rivolto parole di grande stima nei confronti del Vescovo per questo dono fatto alla cittadinanza, di benvenuto e di incoraggiamento per don Pierluigi e di ringraziamento per don Pierino, offrendo a nome del paese una pisside a don Pierluigi e a don Pierino una pergamena. La Comunità ha accolto il nuovo Parroco con le parole di benvenuto della rappresentante la Signora Aurora cui è seguita l’offerta di un dono. La chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta gremita di fedeli: oltre la famiglia e i parenti di don Pierluigi, una nutrita rappresentanza di fedeli e amici provenienti da Trevi nel Lazio, paese di origine di don Pierluigi e da Alatri, dove ha prestato il suo primo ministero sacerdotale e la presenza massiccia della popolazione di Torre Cajetani. Il Vescovo Lorenzo nel chiedere a don Pierluigi di professare la fede, lo ha incoraggiato ad essere vicino alle persone, a cominciare dai ragazzi, e ad essere forte e perseverante nella testimonianza di fede, coraggioso nel portare avanti questo ministero pastorale affidatogli, sicuro di esserne certamente, con l’aiuto del Signore, all’altezza! FIUGGI, 16 ottobre: LA R.S.A. “NUOVA S. ELISABETTA” all’udienza del mercoledì. A tu per tu con il Santo Padre È stata una giornata davvero straordinaria quella di mercoledì 16 ottobre 2013, il bel gruppo di anziani e non, ospiti della R.S.A. ”Nuova S. Elisabetta“ di Fiuggi, ha approdato in Piazza S. Pietro per l’attesissimo incontro con il Santo Padre. Il tempo all’inizio non proprio clemente ha ceduto alle preghiere insistenti... e si è lasciato commuovere per aprirsi ad una giornata serena e soleggiata. L’ottima e strategica posizione in cui i nostri amici sono stati sistemati ha permesso di essere a tu per tu con il Santo Padre: il Papa si è fermato con ognuno di loro, come si può vedere dalla foto, per uno scambio affabile e cordiale di breve colloquio, godendo dello sguardo intenso e interessato, di commovente intesa, ricevendo amabilmente una carezza e la benedizione sulla fronte da parte del Santo Padre e, come dono, ciascuno, la corona del Santo Rosario. È stata una esperienza indimenticabile per i nostri amici, anche se, come si può immaginare, faticosa sia per la preparazione, la sveglia, il viaggio, sia per le cose da preparare, da portare... ma ne è valsa la pena, perché la gioia di questo incontro “ravvicinato” con il Papa, ha messo nel cuore una emozione e una contentezza incontenibile e una soddisfazione grandissima. Non si sapeva peraltro se fossero più commossi gli ospiti o i loro accompagnatori e dirigenti e medici. Pierino Giacomi Anno XIV Numero 10 VITA DI COMUNITA , 9 Vico nel Lazio Festa del ciao: un inizio per riflettere Essere catechisti: un impegno per la vita di Chiara CAMPOLI L’ inizio dell’anno catechistico apre le porte alle attività che si svolgeranno in parrocchia durante il nuovo anno pastorale. Non poteva che iniziare con l’ormai immancabile “Festa del ciao”, dove catechisti, bambini, ragazzi, e perché no genitori, sono pronti a giocare; e il pomeriggio trascorre all’insegna di giochi, balli e ovviamente la merenda che conclude il dolce pomeriggio. Alla conclusione di tutto, quando i bambini ci salutano e si inizia a mettere in ordine, la nostra riflessione va alle nostre tre comunità, ci si rende conto che il senso di essere “Comunità” è ancora lontano, il senso di “essere Chiesa” è un futuro, ma non il presente. A questo punto verrebbe quasi voglia di buttarsi giù, ma è questo che dovrebbe spingerci ad ini- ziare il nuovo anno catechistico con un obiettivo: mettere nel cuore di ognuno un po’ di Chiesa, dell’ “essere Chiesa”. Passando per il nostro piccolo paese i discorsi che si sentono, spesso sono un “far rimbalzare la palla”, la chiesa è compito del prete, dei catechisti, dei genitori; ma spesso siamo noi cristiani i primi a non comprendere che la chiesa è compito di ognuno, con il battesimo tutti siamo chiamati ad essere testimoni. Essere catechisti è testimoniare con la nostra persona l’essere chiesa, l’immagine che mi viene alla mente è quella della vite e dei tralci, solo seguendo Cristo ci incorporiamo alla Chiesa, diventiamo un tutt’uno. Papa Francesco in occasione del Congresso Internazionale sulla catechesi ha detto ai catechisti: “Essere catechisti, non ho detto ‘fare i catechisti’, ma ‘es- serlo’, è un impegno che coinvolge la vita.[…] Si guida all’incontro Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. ‘Essere’ catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore, necessariamente, parte da Cristo”. Il catechista necessita di una preparazione, di un cammino di fede per svolgere al meglio il compito a cui è stato chiamato. Esse- re catechista è un servizio alla comunità, ed è attraverso di essa e con l’aiuto di ogni singolo membro che si può crescere insieme. Iniziamo il cammino di questo anno con la consapevolezza di far parte di una grande famiglia che tra alti e bassi ci chiede di essere testimoni autentici e credibili. E allora … pronti a mettersi in gioco? Dicembre 10 2013 Cult Attualità L I B R I P LA VITA DI WILHELM BRASSE, IL FOTOGRAFO DI AUSCHWITZ ome il Crematorium, anche lo studio fotografico di Auschwitz era organizzato per smaltire con rapidità ed efficienza un numero elevatissimo di corpi di untermensch. Lo sgabello per la posa, un cubo di legno, veniva fatto girare su se stesso da un pedale azionato dal fotografo che così, senza allontanarsi dalla fotocamera, in pochi secondi impressionava le tre “viste” d’ordinanza: fronte, profilo e trequarti. Ma il kapò Maltz ne approfittava per un suo divertimento extra: quando l’internato accennava faticosamente ad alzarsi, con un colpo al pedale lo proiettava a terra violentemente, tra le risate degli aguzzini annoiati. Non rideva Wilhelm Brasse, il fotografo di Auschwitz. Confusamente, forse, intuiva che quello scherzo crudele, in fondo insignificante rispetto al resto, svelava la natura del compito a cui era stato assegnato: il prelievo forzoso dell’identità, tappa della degradazione che era premessa all’eliminazione. La camera oscura come anticamera della camera a gas. Brasse era un internato: polacco, non ebreo, anzi ariano, ma renitente all’arruolamento nella Wehrmacht, gli si era aperto davanti il cancello fatale, ma per lui la scritta che vi campeggiava sopra, “il lavoro rende liberi”, per una volta diceva la verità. Il suo mestiere lo salvò. In cambio lui, rischiando la vita, salvò dalla distruzione e preservò per i nostri occhi allucinati i documenti del “male assoluto”, oltre cinquantamila ritratti di sterminandi, e visioni di altri orrori. La vita di Wilhelm Brasse, il fotografo di Auschwitz, è ora narrata da Luca Crippa e Maurizio Onnis (Piemme, 336 pagine, 14,90 euro) Wilhelm Brasse, il fotografo del lager. L’uomo che documentò il male. Internato nel 1941 col numero 3444, Brasse è un privilegiato, e ne è consapevole. Per cinque anni si vede sfilare davanti i volti e i corpi dei morituri. Sa cosa succede fuori dalla baracca-studio del blocco 26 da cui evita più che può di uscire. Se non lo sapesse, glielo direbbero i volti che il suo obiettivo cattura: ebrei emaciati, prigionieri russi, zingari pesti, ragazzine quasi bambine. PORTADINI C er chiunque voglia accostarsi alla storia della chiesa di Portadini è necessario partire dal famoso evento che segnò la vita religiosa di Alatri nel XVII secolo: neanche Gino Maiello, pittore e scrittore, si sottrae a questo passaggio obbligato nello scrivere la sua “Storia della venerabile confraternita della Beata Vergine sotto il titolo della Resurrezione”, stampato da Strambi editore. Un testo agile, quello di Maiello, che ricostruisce la storia del luogo religioso: dalla primitiva còna all’odierna chiesa, attraverso le vicende legate al miracolo e alla confraternita che ha sede nella chiesetta. Il tutto procedendo dal fatto prodigioso del maggio 1619, quando un giovane, mentre giocava a bocce con alcuni amici nei pressi dell’antica edicola, accecato dall’ira perché sempre sconfitto, lanciò per la rabbia un sasso sul volto della Madonna, imprecando nei confronti di Maria. La tradizione vuole che la guancia della Vergine si gonfiasse (“se gonfiò lo ciglio...”), come se il ragazzo avesse colpito la carne. Un gesto sciagurato che fu punito con una morte repentina (qualcuno afferma che il giovane si suicidò), con il ragazzo che, non potendo essere sepolto in terra consacrata, su sotterrato in un anfratto tra le mura ciclopiche che sono nei pressi della chiesa, a 75 passi dalla stessa risalendo verso Porta San Francesco. S CURARSI CON I LIBRI i può curare il cuore spezzato con Emily Brontë e il mal d’amore con Fenoglio, l’arroganza con Jane Austen e il mal di testa con Hemingway, l’impotenza con Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati, i reumatismi con il Marcovaldo di Italo Calvino, o invece ci si può concedere un massaggio con Murakami e scoprire il romanzo perfetto per alleviare la solitudine o un forte tonico letterario per rinvigorire lo spirito. Questo suggeriscono le ricette di un libro di medicina molto speciale, un vero e proprio breviario di terapie romanzesche, antibiotici narrativi, medicamenti di carta e inchiostro, ideato e scritto da due argute e coltissime autrici inglesi e adattato per l’Italia da Fabio Stassi, autore de L’ultimo ballo di Charlot. Se letto nel momento giusto un romanzo può davvero cambiarci la vita. Queste ricette per l’anima e il corpo, scritte con passione, autorevolezza ed elegante umorismo, propongono un libro e un autore a rimedio di ogni nostro malanno, che si tratti di raffreddore o influenza, di un dito del piede annerito da un calcio maldestro o di un severo caso di malinconia. Le prescrizioni raccontano le vicende e i personaggi di innumerevoli opere, svelano aneddoti, tratteggiano biografie di scrittori illustri e misconosciuti, in un invito ad amare la letteratura che ha la convinzione di poter curare con efficacia ogni nostro acciacco. C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro Anno XIV Numero 10 tur@ 11 Attualità PERCORSI Formazione all’impegno sociale e politico. Il lavoro che non c’è. Il nostro territorio si interroga: illusione, speranza o realtà l percorso vuole fornire spunti di riflessione su un fenomeno che ci colpisce Imolto da vicino e che viene comunemente definito come la mancanza di lavoro soprattutto giovanile. La riflessione, aiutata da esperti, dovrebbe condurre alla conclusione che il lavoro, oggi, anche dalle nostre parti, è oggetto di una profonda e rapida trasformazione, che però non lo fa svanire nel nulla, ma lo fa scomparire come un fiume carsico che poi riappare altrove. Noi ci dobbiamo mettere più vicino possibile al luogo dove è presumibile che il fiume carsico del nuovo lavoro riappaia. 14 Dicembre 2013 ore 17.30 Il lavoro che non c’è... Tavola rotonda - laboratorio 18 Gennaio 2014 ore 17.30 ... Il lavoro che cambia. Potenzialità e rischi del web. Mons. Domenico Pompili - Sottosegretario della CEI 15 Febbraio 2014 ore 17.30 Quali possibilità di sviluppo a livello locale Tavola rotonda - laboratorio 22 Marzo 2014 ore 17.30 Non di solo pane.. per una nuova economia Tavola rotonda - laboratorio Le comunità cristiane sono attente al sociale e al politico Occorre essere cittadini consapevoli e attivi che sul territorio facciano la loro parte e non subiscano passivamente gli avvenimenti: la sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con sensibilità particolari, ma è compito di tutta la Chiesa. Nella visione cristiana l’uomo non si realizza da solo, ma grazie alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Si propone un luogo dove sia possibile informarsi e confrontarsi serenamente, dove sia possibile rendersi conto delle problematiche che ci circondano, dove sia possibile imparare a leggere tali realtà nel confronto, nel dialogo e nel rispetto reciproco alla luce degli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro