CDU/CSU, Partito Popolare Europeo CONFERENZA INTERPARLAMENTARE SULL’EUROPA Sessione sulla Politica Europea comune di difesa Berlin, 13 may 2015 Una politica Europea comune di difesa ha bisogno di una visione condivisa degli scenari e dei rischi. Scenari L’Europa è oggi circondata da diversi fronti di conflitto, convenzionali e non convenzionali, presenti o potenziali. Questi conflitti condizionano la sicurezza e la stabilità dell’intero Continente. In Europa, l’opinione pubblica presenta livelli differenti di consapevolezza e percezioni diverse rispetto a quanto sta accadendo, in funzione delle situazioni geografiche, storiche, sociali e culturali. Dobbiamo aiutare i nostri cittadini a convergere verso un sentire comune. I due fronti principali sono ben noti: quello orientale e quello meridionale. Il primo ruota principalmente attorno al conflitto tra Russia e Ucraina ma vede anche situazioni instabili nella regione caucasica: Georgia, Armenia e Azerbaijan. Il fronte meridionale è molto vasto e va dal Medio Oriente al Nord Africa. Un nuovo tema si pone alla nostra attenzione, anche se esso non rappresenta un problema in questo momento, ma che potrebbe diventare, in un futuro non lontano, potenzialmente critico. Mi riferisco alla regione Artica, la cui importanza strategica va crescendo anche a causa della riduzione dei ghiacci. Il controllo delle sue enormi risorse naturali e il fatto che esso stia diventando la via preferita di comunicazione commerciale tra il Nord Europa e l’estremo Oriente danno alla Russia una ulteriore possibilità di giocare un ruolo strategico fondamentale, compensando così la sua riduzione di importanza rispetto al mercato energetico europeo. E, da ultimo, non possiamo trascurare una quarta area critica, geograficamente interna all’Europa ma con forti collegamenti con la Russia: i Balcani Occidentali, dove permangono situazioni di conflitto irrisolte. Minacce e nemici Una situazione così complessa si realizza per la prima volta nella storia recente dell’Europa, generando nuove sfide per il Continente. Minacce e nemici sono molto diversi, e questo fatto aumenta il grado di complessità del contesto. Il fronte orientale è molto vicino a noi, e il rischio di attacchi diretti a Paesi europei è elevato. Abbiamo un solo avversario, la Russia, un interlocutore potente e scaltro, ma non così lontano dal nostro modo di pensare. Ciò ci dà possibilità di prevedere i suoi comportamenti e di negoziare possibili soluzioni, per quanto ciò non sia certo semplice. La situazione sul fronte sud potrebbe apparirci più distante dal cuore dell’Europa, ma è molto più complicata quanto a interlocutori e contesti geografici, sociali e culturali. La complessità di rapporti tra le parti in causa rende molto meno prevedibili comportamenti e strategie; gli interessi contrastanti, le lotte tra gruppi etnici, i contrasti tra religioni e tra poteri economici generano condizioni di instabilità politica. L’instabilità, a sua volta, rappresenta il contesto ideale per lo sviluppo e l’espansione dei radicalismi e del terrorismo. L’intero confine meridionale dell’Europa è direttamente interessato da queste dinamiche, che coinvolgono principalmente la Siria, l’Iraq, Israele e Palestina, la Libia, ma anche lo Yemen e la regione sud sahariana. In questo contesto così articolato, la mia prima conclusione è che, per elaborare una efficace politica comune di difesa, l’Europa non deve fare il grande errore di considerare una situazione più pericolosa di altre. Le minacce all’Europa sono globali, la risposta dell’Europa deve essere altrettanto globale. Medio Oriente e Libia non sono un problema solo per il Mediterraneo, l’Ucraina non è un problema solo per l’Europa orientale. Oltre agli aspetti geopolitici, dobbiamo considerare con attenzione le caratteristiche dei conflitti moderni. La guerra ibrida (hybrid warfare) e la guerra cibernetica (cyber warfare) impiegano strumenti nuovi, utilizzando contemporaneamente mezzi convenzionali e non convenzionali. Solo per indicare alcuni aspetti che caratterizzano questi nuovi tipi di conflitto, possiamo ricordare il ruolo della propaganda, enormemente amplificato dal web, la pirateria informatica, il fatto che i conflitti si scatenano in tempo di pace, cioè senza formali dichiarazioni di guerra, l’uso dei terroristi e dei civili armati, le guerre fatte da non-stati, come Da’esh (ISIS). Queste caratteristiche impongono di ammodernare e migliorare strategie e sistemi di difesa, e ciò costituisce un elemento di grande importanza che deve essere tenuto in grande considerazione nel disegno di una politica comune di difesa. I politici e i parlamentari non sempre comprendono la complessità di fenomeni come la guerra ibrida, e anche l’opinione pubblica dovrebbe essere consapevole del fatto che il nemico può arrivare non solo da fronti diversi ma anche con modalità imprevedibili. Cosa l’Europa non può fare, cosa può e deve fare. Un Sistema comune di difesa ha quindi bisogno di una visione condivisa di vecchie e nuove minacce, e una politica comune di difesa richiede una forte unione politica tra i Paesi Europei. Purtroppo questa condizione è ben lontana dall’essere realizzata. Così quello che l’Europa non può fare è molto semplice: non sono maturi i tempi per la realizzazione di un sistema di difesa realmente integrato e per un esercito Europeo. Ma altre cose si possono fare. Ad esempio: • Rafforzare una visione comune di scenari e minacce, definendo il contributo specifico di ciascun Paese e le necessarie strategie di mutuo soccorso • Migliorare le sinergie tra le politiche di difesa dei diversi Stati • Garantire la interoperabilità tra i sistemi di difesa • Evitare duplicazioni Inoltre, la politica Europea di difesa deve essere integrata con le strategie della NATO, evitando sovrapposizioni di funzioni. La NATO presenta alcune caratteristiche importanti, come la capacità di assicurare gli alleati, la deterrenza nei confronti dei potenziali nemici, la rapidità nella risposta alle minacce. La NATO ha anche sviluppato, negli ultimi vent’anni, forti capacità nella lotta al terrorismo e alla pirateria, nella prevenzione dei conflitti, nella gestione dei post conflitti, nella protezione dei corridoi umanitari. Anche se non tutti i Paesi europei sono membri della NATO, l’Alleanza rappresenta un asset di essenziale importanza per tutto il Continente. La politica delle “porte aperte” che la NATO persegue dovrebbe allargare i confine dell’Alleanza a tutti gli Stati d’Europa. Le migrazioni Una attenzione speciale va riservata al tema delle migrazioni. Il fenomeno sta drammaticamente crescendo per dimensioni e complessità, sovrapponendo flussi di rifugiati politici alla immigrazione clandestina e diventando sempre più una fonte di finanziamento per il terrorismo jihadista. Si tratta di una realtà destinata a crescere ancora nei prossimi anni, a causa dell’espansione demografica e del persistere di numerosi conflitti in Medio Oriente e nel Nord Africa. Le immagini drammatiche che giungono dal mare Mediterraneo ci inducono a considerare il fenomeno migratorio unicamente come un problema di natura umanitaria. Ma, in realtà, l’immigrazione costituisce oggi una reale minaccia in termini di sicurezza per l’Europa, e va considerata a pieno titolo come una parte della politica comune di difesa. Per contenere i rischi associati alla immigrazione in Europa, la soluzione del problema non può essere lasciata all’Italia, che ha fatto uno sforzo straordinario con l’operazione Mare Nostrum, alla Spagna, alla Grecia o agli altri Paesi del Mediterraneo. I migranti arrivano nei Paesi meridionali ma si diffondono poi in tutta Europa: è un problema comune che richiede una risposta comune. Condivido pienamente la posizione e gli sforzi di Jean Claude Juncker e Federica Mogherini a riguardo della distribuzione dei migranti, argomento non popolare e di difficile gestione dal punto di vista politico, ma che non può essere evitato o rinviato. Una soluzione condivisa a questo problema va ricercata anche per minimizzare i rischi per la sicurezza europea. L’Europa dovrebbe anche incrementare ulteriormente la cooperazione con l’Africa, per contribuire alla creazione di condizioni di vita più umane e rafforzare la capacità dei governi nazionali. La strategia di prevenzione è un ulteriore elemento che va tenuto in considerazione nella politica comune di difesa. Le spese per la difesa Per molti anni, le spese per la difesa sono state considerate, da una larga parte dell’opinione pubblica, alla stregua di denaro sprecato, e la crisi globale ha rafforzato questa idea. Ma ora, dopo gli attacchi terroristici all’Europa e ai persistenti rischi che provengono da Russia, ISIS e Libia, la sicurezza è divenuta una priorità per i nostri cittadini. La sicurezza non può essere garantita solo rinforzando i nostri sistemi di difesa, ma questo è certamente un elemento fondamentale. E’ il momento per noi politici di spiegare ai nostri elettori che la libertà, i valori e la sicurezza dell’Europa non sono a costo zero. Le spese per la difesa sono investimenti per il nostro presente, e per il futuro nostro, dell’Europa e delle democrazie occidentali. Il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha spesso richiamato la necessità che tutti i membri dell’Alleanza raggiungano il 2% del PIL come livello di spesa per la difesa. Si tratta di un valore molto alto rispetto alla spesa attuale della maggior parte dei Paesi europei, ma certamente dobbiamo anzitutto fermare il progressive calo del budget e progressivamente invertire la tendenza. Dobbiamo spendere di più e meglio, aumentando gli investimenti tecnologici. Il progressivo disimpegno della politica estera degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e del Medio Oriente mette sulle nostre spalle una grande responsabilità. L’Europa deve ora costruire una solida politica estera e di difesa comune, e questo risultato contribuirà ad accelerare il processo verso una reale integrazione europea. Paolo Alli