2007]
FARFALLE NELL’EGEO
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DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA DALLA COLLEZIONE CIOGNI DI SIENA
SCOPERTI A CASALTA *
Giulio Paolucci
Abstract
The author re-examines archive documents on the excavations in the necropolis of Casalta (AR) between 1701 and
1707. He identifies a bucchero chalice and an olla decorated “a cilindretto”, already in the collection Ciogni in Siena, with two vases in the Museum of Leida.
Sono passati trenta anni da quando Mauro Cristofani, nel catalogo che accompagnava una mostra sulle origini di Siena, rese noto un gruppo di
disegni di oggetti pertinenti alla collezione senese di Girolamo Ciogni 1. Le notizie edite in quella
sede derivavano dallo spoglio delle carte raccolte
dall’erudito G. Pecci, il quale sottolineava come la
raccolta si fosse costituita a seguito di scoperte avvenute tra il 1700 e il 1707 in alcuni terreni di proprietà della famiglia, ubicati in località Casalta in
Val di Chiana, avvertendo che: “la mobilia fu venduta alla subasta sicché le apposte reliquie dei Toscani non so in quali mani siano andate”. Alcuni
degli oggetti erano stati pubblicati anche dal Gori
nel suo Museum Etruscum 2.
I materiali scoperti dal Ciogni comprendevano
due vasi di bucchero con fregi a cilindretto: un calice scoperto nel 1700 (tav. LI, a) e un’olla con coperchio rinvenuta sette anni più tardi (tav. L, a). Altro vasellame dello stesso genere presentava invece
decorazioni a stampo, come una grande oinochoe
con animali alati sulla spalla e un’altra con baccellatura rilevata (tav. L, b). La collezione raccoglieva
anche calici, scodelle su piede e un’olla liscia con
coperchio (tav. LI, a); negli scavi del 1701 era stato
inoltre recuperato un interessante unguentario plastico configurato a lepre morta (tav. LI, a).
Da sepolture più tarde, messe in luce nel 1702,
proveniva un frammento di kylix attica a figure
rosse decorata all’esterno con figure affrontate e in
conversazione, uno specchio di bronzo con decorazione fitomorfa alla base del disco e un frammento
di urna cineraria con defunto in seminudità eroica.
Un’altra tomba, ritrovata cinque anni dopo, conteneva quattro urne di travertino a cassa liscia e coperchio displuviato (tav. LI, a).
Nonostante che già al tempo del Pecci i materiali venissero considerati dispersi, alcuni di essi erano
ancora conservati a Siena, dove poté vederli nel 1826
il colonnello Jean Emile Humbert (1771-1839), il quale, dopo aver partecipato a ricerche archeologiche
presso Cartagine 3, intraprese alcuni viaggi nell’antica Etruria rivolti all’acquisto di materiali da destinare al Rijksmuseum van Oudheden di Leida 4.
Nel 1826 il colonnello visitò Cortona, dove,
per conto del Re Willem I, poté assicurare al museo olandese l’importante collezione Corazzi 5, che
comprendeva circa 500 oggetti.
A Volterra acquistò alcune urne scoperte nel
1743, mentre un altro gruppo di ossuari in pietra,
scavati a Pienza nel 1779 e già editi dal Lanzi, venne
scelto nella collezione del vescovo Clemente Santi, insieme a quattro urne rinvenute a Castelnuovo
dell’Abate 6.
* Colgo l’occasione per ringraziare sentitamente il Dr. Ruurd Halbertsma del National Museum of Antiquities di Leida, per
l’invio di notizie di archivio, fotografie e il permesso di pubblicazione in questa sede.
1
Siena 1979, p. 167 ss.
2
Gori 1737-43, II, tav. XV.
3
Halbertsma 2003, p. 71 ss.
4
Halbertsma 1996.
5
Halbertsma 2003, p. 93 ss.; sulla collezione cfr. Bocci Pacini, Zamarchi Grassi 1984, p. 129 ss.; Fragai 1997, p. 137 ss.
6
Sulle urne da Volterra cfr. Van der Merr 1975, p. 75 ss.; Halbertsma 2003, p. 89 ss.; per quelle da Pienza Lanzi 1789, p. 373
ss.; Van der Meer 1977, p. 64; CIE 1118-1125; per gli ossuari da Castelnuovo dell’Abate Lanzi 1789, p. 368 s.; Van der Meer
1977, p. 65; CIE 305-311.
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GIULIO PAOLUCCI
Due anni più tardi lo Humbert si recò ad Arezzo a visitare la collezione Bacci 7 e qui ritornò nel
1829, quando ebbe modo di raggiungere anche Firenze, Chiusi e Sarteano. In queste due ultime località vide la collezione di antichità posseduta dal
Paolozzi 8, poi la raccolta Borselli e infine quello che
rimaneva presso Brandimarte Fanelli 9, frutto degli
scavi condotti nella necropoli di Solaia. Quest’ultima risultava già allora quasi completamente dispersa a seguito della donazione al Granduca di
Toscana, alla Fraternita dei Laici di Arezzo e della
vendita al capitano Sozzi di Chiusi 10. Dei materiali
provenienti da Sarteano, ancora presenti sul mercato delle antichità, poté assicurare al museo di Leida
un bel canopo maschile con braccia mobili 11.
Secondo quel concetto ottocentesco di voler rappresentare nel museo tutte le produzioni di una
cultura antica, il colonnello Humbert acquistò per
le raccolte di Leida anche alcuni vasi di bucchero,
tra questi scelse, nel suo soggiorno senese 12, un calice decorato a cilindretto e un’olla con coperchio
ornata con la stessa tecnica. Sulla base dei disegni
conservati nelle carte Pecci e editi dal Cristofani
è possibile identificare i due vasi passati a Leida
con quelli scoperti a Casalta. Il calice 13 è ornato
sulla vasca con un motivo a cilindretto con dodici
figure: due uomini affrontati e gesticolanti di cui
quello a destra tiene un bastone ricurvo, un uomo
nudo verso sinistra, un uomo e una donna affrontati seguiti da due donne e un uomo affrontato ad
un’altra donna, dietro è una figura femminile e un
uomo con una lancia (tav. LI, b). Il fregio non tro-
[RdA 31
va confronto nella serie chiusina identificata a suo
tempo dalla Scalia, ma sembra solo latamente assimilabile al motivo XXXVI 14. Dal punto di vista
morfologico il calice si differenzia dalla corrente
produzione chiusina per la presenza di un anello
plastico a metà dello stelo, assai meno comune rispetto alla decorazione con linee orizzontali incise.
Confronti sono possibili con esemplari dalla tomba
1 del tumulo dei Morelli di Chianciano, datata al
580-570 a.C.15, e con un calice al Museo Archeologico di Firenze proveniente da Pozzuolo con analoga cronologia 16. Analogamente ad un gruppo di
frammenti della stessa classe provenienti da Sinalunga 17, si tratta verosimilmente di un manufatto
uscito da una bottega operante nella Val di Chiana
e influenzata dalla produzione chiusina.
Ugualmente interessante appare l’olla 18 da Casalta che, secondo un costume funerario ormai documentato in altre località della Valdichiana, come
Sinalunga 19 e Cortona 20, poteva aver contenuto
all’interno un ossuario fittile 21. Il coperchio è decorato con bottoni plastici e alcuni cerchi incisi disposti intorno alla presa, mentre l’olla presenta orlo
ingrossato e arrotondato, corpo rastremato verso il
basso e piede a profilo convesso (tav. LII, a, c). Sulla spalla, tra linee orizzontali, si sviluppa un fregio
zoomorfo: due sfingi, di cui la prima con le braccia,
una chimera, due sfingi e un felino (?) seduto. Inferiormente è un motivo a linguette (tav. LII, b).
Il motivo a cilindretto, che aveva attirato già l’attenzione del Donati, limitatamente alla presenza
della sfinge con le braccia 22, non sembra altrimen-
Sulla collezione Bacci cfr. Bocci Pacini, Zamarchi Grassi 1986, p. 129 ss.
Sulla coll. Paolozzi cfr. Barni, Paolucci 1985, p. 22; Paolucci 2005, p. 101 ss.
9
Sugli scavi del Fanelli e la sua raccolta di antichità cfr. Sarteano 1989, p. 15 ss.; Marzi 1993, p. 97 ss.
10
BullInst 1829, p. 14.
11
Gempeler 1974, p. 104, n. 95, taf. 29; Van deer Meer 1976, con datazione eccessivamente bassa.
12
L’acquisto potrebbe essere avvenuto nel 1826 o nell’anno successivo.
13
Inv. H III R 2. Alt. 13; diam. 14 cm.
14
Scalia 1968, p. 384 s.
15
Paolucci, Rastrelli 2006, p. 64, nn. 18-27; con motivo a cilindretto XXX della Scalia 1968, p. 382.
16
N. inv. 78076; con un fregio a cilindretto scarsamente documentato (Paolucci 2002, p. 168, fig. 11). La forma ritorna anche
su esemplari con decorazione a linguette attestati in area chiusina e in area orvietana cfr. Capponi, Ortenzi 2006, p. 231.
17
Paolucci 1996, p. 55, nota 79, fig. 37. Una produzione di buccheri a cilindretto andrà assegnata sicuramente a Cortona, almeno
a giudicare dai due piattelli su piede ornati all’interno della vasca con un motivo zoomorfo (Cortona 1992, p. 42 nn. 18-19).
18
Inv. H III R 1. Alt. 49; con coperchio 66; diam. 41 cm.
19
Rastrelli 1993, p. 120; la studiosa pensa che dentro la grande olla di bucchero fosse conservato parte del corredo, mentre
più verosimilmente questa doveva contenere il pregiato ossuario di bronzo cfr. Iozzo, Galli 2003, p. 56, fig. 80.
20
Bruschetti, Giulierini 2008, p. 169, tomba 4 del Circolo I del Sodo.
21
Il costume è noto anche nella necropoli di Tolle in tombe a tramezzo particolarmente ricche; anche se l’esemplare più fastoso è documentato nella tomba della Pania, dove l’ossuario in bronzo, avvolto con una stoffa e munito di una testa lignea con
occhi in osso, era collocato entro una grande situla di bronzo (Minetti 2000, p. 34).
22
Donati 1979, p. 53, n. 4, tav. XV, 3-4.
7
8
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DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA DALLA COLLEZIONE CIOGNI DI SIENA
ti documentato. I fregi con animali reali e fantastici ottenuti a cilindretto, dopo una prima manifestazione all’inizio dell’ultimo quarto del VII sec.
a.C. su alcuni esemplari di altissima qualità e in
corredi molto ricchi, ricompaiono in area chiusina
nella produzione della fine del secolo e diventano
più comuni nei primi decenni di quello successivo 23, quando il repertorio morfologico adotta anche forme derivate da esperienze dell’artigianato
artistico greco-orientale, come ad esempio il calice
biansato documentato a Chiusi, nel territorio chiusino e a Cortona 24. La presenza dell’elemento decorativo a linguette invece offre scarse indicazioni
cronologiche, poiché rimane in uso fino al volgere
del VI sec. a.C.25, anche se la massima diffusione
sembra concentrata nel secondo quarto del secolo,
in un ambito territoriale vasto. Questo tipo di ornamentazione risulta impiegato soprattutto sui calici 26, mentre appare meno comune su forme chiuse come le anfore 27. Verosimilmente l’esemplare da
Casalta ha costituito il prototipo per la produzione
di grandi olle con coperchio, ornate con teste plastiche umane sulla spalla, come quella proveniente
dalla tomba di Aducello presso Sinalunga 28. L’accertata provenienza di questi due vasi dalla necropoli di Casalta testimonia da una parte l’alta antichità dell’insediamento etrusco nella Val di Chiana,
che andrà fatto risalire all’orientalizzante recente e
dall’altra, la ricchezza di alcune famiglie insediate in quest’area, che nei decenni immediatamente
successivi potranno far scolpire la grande statuacinerario conservata al British Museum, recuperata nella stessa necropoli 29. La floridezza dell’abitato
connesso a questo sepolcreto è documentata ancora
nei secoli successivi, come evidenziano i materiali recuperati sia negli scavi Ciogni dei primi anni
del Settecento sia in quelli praticati nel 1841 30, che
porteranno al rinvenimento di interessanti esemplari di ceramiche attiche ed etrusche figurate 31.
Alcune prime considerazioni in Paolucci 2007, p. 86 s.
Cortona 1992, p. 41 n. 16.
25
Paolucci, Rastrelli 1999, p. 85, II.8.
26
In ultimo cfr. Capponi, Ortenzi 2006, p. 231.
27
Paolucci, Rastrelli 2006, p. 66, 1.3 con bibliografia.
28
Una immagine in Iozzo, Galli 2003, p. 57 fig. 80.
29
Mangani 1991, p. 64, fig. 2; per la datazione al 560 a.C. ca. Hus 1961, p. 268, nota 1.
30
Cherici 1989, p. 11 ss.
31
Sulla situazione di quest’area nel V sec. a.C. cfr. Maggiani 1990, p. 30 s.
23
24
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GIULIO PAOLUCCI
[RdA 31
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2007]
GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI
197
GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI
Giulio Paolucci
Abstract
This study, based on investigations carried out in archives, proposes a recostruction of the archaeological discoveries
in the territory of S. Casciano Bagni. The history of the investigations, between 1845 and 1877, is based on a document written by the canonical Manciati. He also possessed a rich numismatic archaeological collection.
Nel rinnovato interesse per le ricerche di antiquaria si inserisce il presente contributo dedicato
al territorio di S. Casciano Bagni, ubicato all’estremo sud della Toscana 1, finora sempre trascurato
da indagini di questo tipo. Lo studio deriva dal reperimento nell’Archivio Vescovile di Chiusi, ormai
avvenuto oltre venti anni or sono, di una relazione
manoscritta riguardante gli scavi archeologici condotti in questa zona dal canonico Francesco Manciati, tra il 1845 e il 1877 2.
Presso S. Casciano Bagni ampie vestigia di epoca romana erano state segnalate già nel 1585 da
parte del canonico Andrea Schiavetti, il quale in
un’operetta dedicata alle acque minerali cassianesi
menzionò il ritrovamento della dedica con invocazione ad Aesculapius e Hygieia dell’avanzato II- primi decenni III sec. a.C. 3, e presso il fosso del bagno
Doccia, una statua acefala, copia romana della Venere di Doidalsas, mutila delle braccia, delle gambe e della testa (tav. LIII, b). Nell’Aggiunto sulle antichità trovate l’anno 1585, lo stesso Schiavetti ricordò
la scoperta, avvenuta nel mese di febbraio, vicino
al Bagno Grande, di “bellissimi acquedotti e molti
fondamenti di pietre travertine quadrate et grandi, quali denotano fabbriche di palazzi, di bellissimi bagni, tra quali vi era una cortina di muraglia
fortissima e nella cortina cinque canali con cinque
teste di leoni grandi e ben scolpiti” 4. Nella stessa
zona era stata rinvenuta anche la dedica ad Apollo
offerta da individui vincolati a personaggi di rango senatorio 5.
Quasi due secoli più tardi Annibale Bastiani, medico presso S. Casciano Bagni 6, pubblicò un nuovo studio sulle acque che sgorgano presso questa
località, ricordando che “nelle immediate adiacenze del Bagno della Ficoncella e del Bagno Grande
furono ritrovate e tuttora ritrovansi in coltivar terreni, acquedotti di piombo e di lavoro quadro, colonne intiere, rotte, alcune lisce, altre scannellate.
Piedistalli e capitelli, tutto del più polito travertino
lavorato a foggia dorica, ionica corintia architettura. Oltre a ciò furono scoperti alcuni frammenti riquadrati di marmo bianco e venato fatti di lamine
sottili, i quali sembra servissero a lavori di mosaico. Presso il Bagno Grande scorgonsi le vestigia di
antichi edifizi, lavorate con maggior munificienza,
con fortissime muraglie a reticolato e i pavimenti
stessi erano fatti alcuni a calcestruzzo e altri a mosaico con piccolissimi cubi di marmo e selce ancora.
Dalle medesime rovine sonosi avuti alcuni idoletti di metallo con la patera sulla destra e fra questi
si trovò un Bacco in piccola figura sedente con dei
Il territorio di S. Casciano Bagni è compreso nella Carta d’Italia IGM al 25.000 F. 129 I SO (Radicofani); 129 SE (S. Casciano
Bagni); 129 II NO (S. Giovanni delle Contee); 129 II NE (Proceno); 130 IV SO (Ficulle).
2
Archivio Vescovile, Chiusi, Sez. B, 107, IX, 4, Memorie sulle escavazioni eseguite in S. Casciano dal canonico Francesco Manciati
Olivieri. La relazione venne inviata al canonico Giovanni Brogi, uno dei più attivi ricercatori-mercanti operante a Chiusi nella
seconda metà del XIX secolo. Il manoscritto contiene anche la notizia dei primi scavi effettuati dallo stesso canonico Manciati presso la località Sillene a Chianciano, dove vennero ritrovati alcuni frammenti di bronzo pertinenti al famoso donario con
crescente lunare (Paolucci 1988, p. 116 s.; sui materiali da Sillene in ultimo Bonamici 2003, p. 45 ss.).
3
CIL XI 2092; Pack 1988, p. 34 e nota 141; p. 52 e note 291-292.
4
Schiavetti 1585, p. 1 s.
5
CIL XI 2094; Pack 1988, p. 34 e nota 141; p. 52 e nota 290.
6
Il Bastiani era figlio di Jacopo Filippo che nel 1733 aveva edito un volumetto dedicato alle acque di S. Casciano, in cui accennava anche ai ruderi romani visibili ai suoi tempi (J. F. Bastiani, De’ Bagni di S. Casciano. Opera medica, Montefiascone 1733).
1
198
GIULIO PAOLUCCI
grappoli di uva in mano e nel grembo. Ivi sonosi
raccolte medaglie dell’alto e basso Impero con alcune consolari e imperatorie più celebri, altre di
metallo di piccola e mezza grandezza e altre piccole d’argento greche e consolari” 7. Queste monete, insieme ai bronzetti e ad alcune urne cinerarie
erano state raccolte dal Bastiani e formavano il suo
“piccolo e patrio Museo Cassianense”, di cui purtroppo non rimane più niente.
Nella prima metà del Novecento il territorio di
S. Casciano Bagni fu oggetto di una rapida trattazione da parte di Bianchi Bandinelli 8, che riassumeva la letteratura precedente e in particolare quella ottocentesca. Poco dopo seguì l’edizione di una
scoperta fortuita avvenuta presso Celle sul Rigo nel
1935 9. In anni molto più recenti sono state pubblicate alcune tegole iscritte provenienti dalla grande
necropoli di epoca ellenistica scoperta in località
Balena 10. Nel 1986, infine, a seguito di indagini di
superficie in località Le Macchie, è stato possibile
individuare una tomba a ziro distrutta, contenente
frammenti di vasellame d’impasto e un affibbiaglio di bronzo orientalizzante 11 e a breve distanza in direzione di S. Casciano Bagni, è stato identificato un insediamento con industria litica par­
ticolarmente abbondante.
In una situazione come quella che è stata appena descritta, caratterizzata dalla mancanza di notizie precise concernenti i ritrovamenti archeologici
effettuati in passato e in attesa di una moderna ricerca sistematica di superficie, che permetta di definire la dinamica dell’insediamento storico del territorio di S. Casciano Bagni, è evidente l’importanza
del manoscritto Manciati tanto da trascrivere integralmente il testo.
“I non pochi, ne comuni ritrovati Etruschi nel
Poggio Priore a Castel rotto, dal 1834 fino al 1866,
produssero nel relatore un trasporto per tali oggetti
e conseguentemente per farvi indagini. Atteso che
[RdA 31
li impegni del proprio stato non gli permettevano
gran libertà stare assente dal Paese, così non tanto fuori di patria, ma anche in patria, vi si dedicò
come rileverà appresso.
1845 – Cappuccini – Nel campo sotto le mura
della clausura che guarda a Tramontana, chiamato
dal sign. Canonico Bologna, assisté allo scavo di
piccolo deposito etrusco contenente vasetti rozzi e
di fino bucchero in gran parte infranti.
1854 – maggio – Bagni, Campo della Madonna
– Ottenne il permesso dal detto canonico Bologna
di scavare in detto stabile ove fu rinvenuto un antico bagno con molti tubi di stagno e gran quantità
di marmette da piantito di varie specie e forme e
pezzi di tavoletta di materia cristallina color varia
ed anelletti color d’oro. In quest’epoca scoprì una
cantonata di muro etrusco esistente sulla sponda
del fosso delle Doccie detto della Testa, alla distanza di detto fabbricato, andando verso tramontana,
canne circa 22.
1857 – Murate – Per commissine del medesimo
Sig. Canonico Bologna eseguii piccole scavazioni
nel campo sotto il piccolo prato che guarda a ponente, ove furono ritrovati vari quadroncelli di terra cotta e pezzi di cristallo ben grosso, greggio da
un lato ed arrotondato dall’altro. Queste lastre mi
dettero cenno poter contenere incisioni ad ornato.
1866 – Doccie – Ottenuto dalla famglia Bologna
il permesso di eseguire escavazioni nei di lei beni,
nel febbraio ne attivai alcune nella vigna che guarda ponente sotto le Doccie dette della Testa, ove
dal (sic) coltivatori, nei tempi precedenti, di tratto in tratto, si trovavano piccoli oggetti d’oro, statuette di Bronzo, pietrine di corniola con incisioni
e monete dell’antico impero romano. Dai miei lavori dovetti conoscere essere questo luogo servito
per i sepolcri e quindi per gli antichi Bagni Etruschi. Della esistenza di questi ne fanno fede le vasche dirute formate con doppi calcestruzzi, travertini, cornici di marmo fino forestiero ben lavorate
Bastiani 1770.
Bianchi Bandinelli 1925, c. 381 ss.; in particolare si sofferma sugli scavi di F. Sozzi in località Castel Rotto effettuati nel 1837
e nel 1838 cfr. BullInst 1837, p. 194 ss.; BullInst 1839, p. 50 ss. Lo stesso autore, due anni più tardi, nella Carta Archeologica,
menziona gli stessi ritrovamenti, oltre a quelli avvenuti a Palazzone e a Montefreddo. Vengono ricordati presso S. Casciano
i resti di edifici romani ad uso termale, iscrizioni, frammenti di colonne e una replica in marmo della Venere di Doidalsas.
Quest’ultima era stata ritrovata nel fosso del Bagno Doccia dopo la metà del XVI secolo (Schiavetti 1585, p. 1 s.) e nello stesso periodo vennero ritrovate anche le iscrizioni CIL XI, 2092 e 2094 entrambe fatte murare presso le terme moderne. Più tardi
venne recuperata un’altra epigrafe latina CIL XI 2093.
9
Minto 1936, p. 400 s.
10
Tamburini 1979, p. 287 ss.
11
Paolucci 1988a, p. 159.
7
8
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GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI
non che un pezzo di capitello di marmo di colonna maestrevolmente scolpito e salde muraglie come
la cantonata etrusca già notata nell’appunto precedente. Venni assicurato dell’esistenza dei Sepolcri e
delle ossa umane coperte dai soliti tegoli, dai molti frantumi di vasellami antichi Etrusco-Romani e
della fabbrica di Arezzo, giallognoli, con figure in
riporto a basso rilievo, frantumi, lamine di antico
cristallo e dal (sic) altri depositi fortificati da piccoli muri laterali coperti con lastre tufacee ed uno
di questi, di non piccola lunghezza e profondità,
pieno di frantumi di vasi di varie specie e segnatamente di tazze verniciate della fabbrica di Volterra
con alcuni piccoli pesi di pietra, senza aver combinato cosa alcuna di pregio.
Campo della Madonna dei Bagni di proprietà Chiercioni. – Vi feci qualche osservazione e riscontrai l’esistenza di molti sepolcri a tegole, alcuni con marca di fabbrica “Vestino”, piccoli vasi
rozzi di terracotta e lumi comprovanti povertà di
condizione.
Doccie Nuove. Nella vigna verso ponente, una
volta Giuliani oggi Bologna, fatte le mie osservazioni nell’occasione che fu aperta una forma da viti, si
riscontrò l’esistenza qui pur anco degli antichi Bagni
per molti muri e frammenti di fino marmo levigato,
scorniciato, ornati di stucco, pezzi di mosaico.
Bagno di Lotino, nella vigna sotto il podere che
verge da mezzodì a ponente, verificai l’esistenza di
varie fabbriche di Bagni antichi e, tra gli altri, combinai un bagnino molto ben conservato, impiantito
a calcestruzzo e mustaccioli a spina di terracotta,
specialmente le pareti con scialbo ben levigato e colorito celeste acceso. Molti frammenti sparsi di marmetta e pezzi di mosaico. Oltre alle fabbriche dei
Bagni, di un’epoca a questi anteriori, si trovano dei
sepolcri con integolati con marca di fabbrica, sassi,
pezzi di lamiera di cristallo e pezzetti di vaso con
bassorilievi della fabbrica di Arezzo.
Linea Podere – Sul poggetto sopra al podere,
andando verso mezzogiorno, esistono dei sepolcri,
ma di povera condizione; in uno che era stato devastato anteriormente, si trovarono rottami di vasi
rozzi e alcuni fini giallognoli con riporti sopra notati della fabbrica di Arezzo.
Mossa Poggellini – In prossimità di Campo Lungo, sceso appena il poggio detto della Croce, nel declivo che guarda ponente, in addietro vi fu escavato
un deposito con due urne cinerarie, una di pietra
tufacea, altra di composto ed alcuni vasetti di terracotta e qualche piccolo vasetto di vetro colorato.
Io però non verificai se non i frantumi.
199
Macchia podere – A metà della costa macchiosa,
sotto il detto Podere volto a mezzogiorno, verificai
l’esistenza di qualche sepolcro stato già scavato con
frantumi di vasi di Bucchero e di coccio colorati e
figurati di buona vetrina.
Nella via sopra Monte Loro altro piccolo deposito con frantumi di Bucchero.
Costa Sellaia – Sopra la via che conduce al Podere della Macchia, sopra a Costa Sellaia, in una cava
di pietra, a levante rinvenni un deposito in parte
già scavato. Rinvenni frantumi di rozzi vasi, qualche vasetto di bronzo e piccolo vasettino di vetro
colorato non comune, ma spezzato.
Anno 1867 – Canutella – Dal punto sopra indicato, girando le radici del poggio verso mezzogiorno,
rinvenni un vuoto artificiale di forma quadrilunga
del diametro di braccia tre sorretto all’interno da
muro a secco, che aveva servito per uso di sepolcro; ma non vi rinvenni che ossa e frantumi di urna
di composto calcareo e residui di coccio dipinti, di
buona vetrina. Rilevai chiaramente che in tempo
posteriore era stato convertito in fornello per calce. Da questo, salendo più verso la cima a metà del
pendio più verso levante, trovo altro vuoto artificiale per mezzo di mura a secco, fino alla profondità
di braccia due e mezzo, lungo tre, che andava pur
a chiudere superiormente la volta, ma rotta in antico per derubare, e così ripieno di terra con molti
frantumi di vasi di bucchero neri, quattro lance di
ferro, item due stili, circa quattro cadaveri, parte
di un bacchetto da calza, un fusaiolo, due pendenti tutti di vetro colorato e piccolo filo d’oro, o sia
orecchino a spina sfuggito agli antichi predatori dei
sepolcri. Questo sepolcro può congetturarsi essere
appartenuto a famiglia ricca.
Doccie del Signor Giacomo Bologna – (Marzo)
– Nella vigna a mezzogiorno che confina con detta
fabbrica rinvenni ad una certa profondità un antico
bagno e, demolendole il fondo con approfondarmi
di più ne trovo un altro piano, ma già riempito si
macerie e segnatamente di molti pezzi di scialbo di
una calce particolare, contenenti però svariatissimi
ornati e cornici a basso rilievo.
Campo di Sant’Antonio, confinante a ponente
con i bagni di detto nome rinvenni a piccola profondità un piccolo anfiteatro con mura forti e ben
intonacate, avente in mezzo un mozo di colonna
con base, tutto di travertino, come accessorio ornamento degli antichi bagni.
Campo della Madonna (aprile) – Sotto la strada
del Sig. Vincenzo Bologna, ove altra volta nel 1854
era stato trovato un bagno marmoreo e più ver-
200
GIULIO PAOLUCCI
so ponente, oltre a degli integolati, già avulsi, rinvenni una fossa quadrilunga confinata da tramontana. Deposito già devastatissimo etrusco-romano
con molti frantumi di vasi anco della fabbrica di
Arezzo, vetro, moneta della famiglia Salira e nel
fondo una musiera di bronzo da cavalli, sfuggita
agli antichi scavatori e due spille da capelli, di avorio.
Palazzo de Bagni. 1877 (luglio) – Nel terreno
contiguo al Palazzo dei Bagni, detto dei Medici, un
tempo, tra levante e mezzogiorno, uliveto e vigna
e alla distanza dalla fabbrica metri 8, due vasche
da bagni tramezzate nelle ultime estremità da blocchi riquadrati di travertino, già ripiene a sassi, con
molte fine e svariate marmette, frammenti di statua
di marmo ed una mano di finissimo marmo, lavoro squisito. Si cessò tanto più che le vasche erano
traversate dal filaro delle viti.
Vigna della Madonna sopra la chiesa dei Bagni.
– 1877 (ottobre). In questo terreno era stata trovata
nel marzo, una gamba ben finita di idolo di bronzo ed io mi recai in prio nei pracioni rimpetto alla
chiesa verso levante e piuttosto vicini alla siepe superiore e trovai vasche da Bagni, al solito ripiene intersecate da travertini riquadrati, né proseguii perché non ci trovavo che sassi e macerie, che avevano
servito a riempirci vuoti.
Vigna della Madonna dei Bagni. – 1877 (27 novembre). Nel secondo e terzo pracione, partendo
dalla chiesa verso tramontana dirigendosi circa la
metà della vigna, esiste un bagno, o gran conserva,
della lunghezza di braccia 12, larga 6 e profonda
3, con l’immissario nella parte semicircolare, è di
terracotta, a cassetta, in fondo, oltre il muro a contrafforte, vi sono blocchi di travertino riquadrati
e l’emissario è parimente accennato dal travertino
[RdA 31
ben solido bucato. Il piantito ha in fondo un massicciato di sassi e calce, quindi uno spino a mattoni
e quadroni ben disposto e finalmente sopra questi
quattro dita di calcestruzzo. Nel centro del banco vi
è come una strada che si eleva nel mezzo e scende
alle estremità, ugualmente spinata a quadroni ed
i travertini della estremità angolare, che formano
due alti scaloni. Il tutto ho trovato ripieno di terra
e sassacci. Vi furono impiegate opere dieci, ma non
si vuotò totalmente” 12.
L’interesse per le antichità derivò al Manciati
dalla partecipazione alle ricerche effettuate in alcuni possedimenti della sua famiglia presso Castel
Rotto 13, dove il capitano Federigo Sozzi di Chiusi
aveva scavato tra il 1837 e il 1838 un gruppo di tombe con corredi particolarmente cospicui. In quella
occasione, nella prima camera ipogea, furono recuperati una patera baccellata, un candelabro recante sulla sommità un elemento fitomorfo, numerosi
frammenti di altri utensili in bronzo, un’anfora vinaria e parti di altre ceramiche. La seconda tomba
restituì un cratere attico recentemente rintracciato
al British Museum e già facente parte della collezione Pizzati 14, datato alla metà del V sec. a.C., e
un vaso a figure nere con scena dionisiaca. “La resultanza di altri sepolcri scoperti a poca distanza
furono un bel vaso con undici figure, un candelabro della più elegante forma, un cippo ed altro
che non mi è dato descrivere perché toccati in parte alla proprietaria del fondo” 15. Questi oggetti, rimasti alla Manciati, vennero acquistati dal capitano
Sozzi nel 1838, che ne dette immediata comunicazione all’Instituto di Corrispondenza Archeologica
e la descrizione fu pubblicata nel Bullettino 16. Si
trattava di un’anfora a figure nere con partenza sul
carro su un lato e Dioniso fra due menadi sull’al-
Dopo le ricerche del canonico Manciati altre scoperte avvennero in località Colle Lungo, dove nel 1889 fu scavata da tal
Giuseppe Fastelli un’urna cineraria con scena di combattimento, venduta a Firenze; in loc. Corno furono recuperate alcune
antichità romane, un bronzetto e una moneta di Nerone; in loc. Gattineto Bianchi Bandinelli segnalò la scoperta nel 1926 di
numerosi frammenti di bucchero, ceramica a vernice nera, sigillata italica e vasellame acromo (Bianchi Bandinelli 1927, p.
9). Presso Montefreddo sono state messe in luce a più riprese tombe etrusche con urne cinerarie e altre scoperte sono avvenute anche presso Palazzone, che si vanno ad aggiungere a quelle segnalate dal Maggi nel 1831 (Bianchi Bandinelli 1927,
p. 9) e a Ponte a Rigo, dove da notizie orali non altrimenti controllabili, furono recuperati frammenti di lastre architettoniche.
13
Nella stessa località era una cappella devozionale di proprietà della famiglia Manciati, dove Francesco scoprì di avere la vocazione al sacerdozio e che nel 1849 volle dedicata a S. Vincenzo Ferreri. Il canonico con decreto vescovile del
22 febbraio 1877 venne nominato Arciprete di S. Casciano Bagni, in precedenza era stato parroco alla Ripa di S. Casciano.
14
Reusser 2006, p. 322 ss.
15
Sozzi F., in BullInst 1837, p. 196.
16
Sozzi F., in BullInst 1839, p. 50 ss.
12
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GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI
tro; di un’anfora munita di coperchio, decorata a
fregio continuo con undici atleti – lottatori, pugili, discoboli – e di una kylix del Gruppo Clusium
con Dioniso e menade. Di notevole qualità apparivano anche i bronzi: tre candelabri, uno dei quali con figura di discobolo; una cista con piccole figure virili alla sommità dei piedi ferini, un foculo
di forma rotonda, alcuni strigili e una testa di bovino con anello di sospensione. Infine il Sozzi ricordò che nel dromos dell’ultima tomba scavata nel
1838 giacevano numerosi frammenti vascolari, tra
cui un piattello del tipo spurinas, e un cippo frammentario di pietra fetida ornato su ogni lato da tre
figure, identificabile con uno passato al Museo di
Berlino 17, per interessamento del Gerhard. Venne
ritrovata anche un’olla a campana iscritta, anch’essa acceduta al museo tedesco 18.
La relazione di Francesco Manciati permette di
riconoscere nelle località (tav. LIII, a) Cappuccini,
presso i poderi Macchia, Monteloro, Costa Sellaia
e Canutella, aree cimiteriali etrusche arcaiche e sub
arcaiche, dove fu possibile recuperare vasellame di
bucchero e in alcuni casi ceramiche attiche figurate, che si vanno ad aggiungere alle ricche sepolture
scavate a più riprese presso Castel Rotto e menzionate sopra. Nella stessa località è indicata una frequentazione anche in età più tarda comprovata da
un’olla cineraria iscritta, altre tombe di quest’epoca
sono documentate presso il podere Mossa, Gattineto, Montefreddo, Collelungo, Celle sul Rigo, Balena
e verosimilmente a Palazzone. Aree di culto dovrebbero riconoscersi sulla base dei ritrovamenti a Ponte a Rigo e in località Corno, in quest’ultima zona
la frequentazione sembra perdurare anche in epoca
successiva, così come nelle immediate vicinanze di
S. Casciano Bagni. Qui si concentrano quasi tutte le
testimonianze di età romana e forse anche ellenistica, connesse allo sfruttamento delle sorgenti salutari
di acqua calda che vi sgorgano abbondanti.
Presso lussuosi edifici termali, ampliati e abbelliti in età imperiale, per i quali la scultura raffigurante la Venere di Doidalsas costituisce una prova
sicura, dovevano sorgere anche luoghi cultuali e
forse modeste aree cimiteriali.
201
***
Il canonico Manciati possedeva anche una collezione di circa 400 antichità, della quale pubblicò
un inventario a stampa 19 l’anno precedente alla sua
morte, avvenuta il 26 aprile 1889. Da questo è possibile constatare che la raccolta, formata attraverso
ricerche archeologiche e acquisti, comprendeva un
canopo, due urne di pietra fetida liscia e un cippo
frammentario ornato con bassorilievi, alcune urne
fittili di epoca ellenistica decorate con il fratricidio
tebano e una con la lotta fra un guerriero e un grifone. Numeroso era anche il vasellame di bucchero
consistente in anfore, oinochoai, kantharoi, una grande hydria decorata con figure di sfingi, vassoi biansati e foculi con piccoli vasetti di corredo, mentre
scarsamente rappresentati risultavano gli esemplari con decorazione a cilindretto: un piatto su piede
con le solite scene di processione e un calice. Ampiamente documentata era la ceramica figurata di
produzione attica, comprendente due anfore a figure nere rispettivamente con scena di combattimento
e con danzatori e una kylix decorata ad occhioni.
Numerose le coppe a figure rosse con satiri, cavalieri, e gare atletiche, alcuni skyphoi attici con figura di civetta e un’anfora con la partenza di Achille. I vasi di maggior pregio della raccolta Manciati
erano una hydria a figure nere con il mito di Filomela e Procne e un’anfora con la raffigurazione di
un toro dotato di un solo corno, interpretato come
Acheloo, segnalate nel 1868 all’Instituto di Corrispondenza Archeologica dal canonico Mazzetti di
Chiusi e rese note dallo Schlie 20.
La ceramica etrusca era rappresentata da alcuni
esemplari etrusco-corinzi, da un’anfora con sfingi a
figure nere e da altro vasellame con decorazioni a
fasce. Poco numerosi risultavano i bronzi, tra cui si
segnalava un foculo frammentario su ruote, alcuni
specchi e diversi kyathoi.
I materiali romani provenivano per la maggior
parte dagli scavi condotti nel territorio di S. Casciano Bagni 21 e comprendevano anfore, frammenti di marmo e una lucerna di bronzo. Nella stessa
raccolta era conservata anche un’ascia in bronzo,
Paolucci 1999, p. 283.
Rix Cl. 1.1571 = CIE 2071.
19
Elenco di Oggetti Etruschi e di Monete Romane Imperiali, Consolari e Familiari, Poggibonsi 1888.
20
Schlie 1868, p. 206 ss.
21
Parte di queste antichità andarono ad incrementare la raccolta Bologna di S. Casciano Bagni, di cui purtroppo non abbiamo notizie circostanziate.
17
18
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GIULIO PAOLUCCI
della quale nel 1873 era stato inviato un disegno
al Gamurrini: “per una certa sua forma particolare
pongo pure il disegno di uno scalpello di rame recentemente avuto” 22.
L’ultima parte del catalogo era dedicata alla collezione numismatica, costituita da oltre un migliaio
di esemplari, di cui soltanto otto d’oro, in prevalenza di epoca romana, ma anche medievali, veneziane e dello Stato Pontificio. La prima notizia
di questa raccolta venne fornita al canonico Mazzetti nel 1866: “alcune monete, ma comuni che mi
sono capitate mi danno luogo a farvi uno studio
pratico se pure mi accadrà di prendere un qui pro
quo non essendo troppo ben conservate, e sarebbero Domiziano; Gordiano Pio; Antonino Pio; Tacito;
Probo; Macrino di IIa e Macrino credo di Ia grandezza che allora sarebbe rara. Nel rovescio non ha
altra iscrizione che S·C· ed una statua nuda con il
Cornucopio e forse sarà il Genio Buono. Ne possiedo altra ben conservata, senza alcuna iscrizione
avente una sfinge alata e nel rovescio il Giglio per
cui la caratterizzerei per una antica di Firenze” 23.
Altre informazioni si ricavano da una missiva di
sette anni più tardi inviata al Gamurrini: “giacché
ella si vuol compiacere alcunché delle due piccolezze che da me ricevé potrà profittare di un mio
paesano latore della presente, e tra le moltissime
imperiali che mi mancano noterò solo le comuni
[RdA 31
seguenti, Foca, Germanico, Plautilla, Marino, Eraclio, Maurizio, Balbino. Non è molto mi capitò una
Aes Rude della forma di che retro, del peso di oltre libbre due, rame anzi che no, ove sopra nella
parte greggia mi sembra possano distinguere i sei
globetti, comunque non sarà un pezzo almeno per
il peso non comune” 24.
Durante lo stesso periodo in cui si svolse l’attività del canonico Manciati furono effettuate ricerche
anche da parte del fratello Pilade 25, il quale si interessava soprattutto dei manufatti preistorici, tanto
che venne menzionato dal Pigorini come “cultore
degli studi paletnologici”, avendo individuato sul
versante meridionale della montagna di Cetona, nei
pressi di S. Casciano Bagni un rilevante insediamento con industria litica. In questa località aveva
potuto raccogliere una cospicua collezione costitui­
ta come ricordò sempre il Pigorini da “coltelli, accette, punte di freccia, oltre ad alcuni piccoli arnesi
silicei creduti ami, rinvenuti insieme con moltissime schegge e rifiuti di lavorazione di selce” 26.
Purtroppo dopo la morte del canonico la collezione di antichità venne totalmente dispersa, così
come quella costituita dal fratello Pilade, che seguì
la stessa sorte della raccolta settecentesca organizzata dal Bastiani, perdendo così una pagina importante sulla frequentazione umana e sulla storia più
antica del territorio di S. Casciano Bagni.
Nella stessa missiva veniva ricordato il fratello Pilade “restituisce distintissimi ossequi aggiungendo avere di più aumentato
la propria collezione”. Archivio Gamurrini, Arezzo, Lettera di F. Manciati a G. F. Gamurrini in data 1 novembre 1873.
23
Archivio Vescovile, Chiusi. Lettera di F. Manciati a A. Mazzetti, in data 29 marzo 1866.
24
Archivio Gamurrini, Arezzo. Lettera di F. Manciati a G. F. Gamurrini in data 1 novembre 1873.
25
Pilade Manciati ricopriva anche la carica di consigliere nella Giunta Comunale di S. Casciano Bagni.
26
Pigorini 1875, p. 180; per i ritrovamenti di epoca preistorica in questo territorio v. Grifoni Cremonesi 1971, p. 274.
22
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GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI
203
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TAV. L [RdA 31, 2007]
PAOLUCCI
- DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA ...
a)
b)
a) Olla da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979); b) Vasi di
bucchero da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979).
PAOLUCCI
- DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA...
[RdA 31, 2007]
a)
b)
a) Vasellame e urne da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979);
b) Calice di bucchero. Leida, National Museum of Antiquities (foto
museo).
TAV. LI
TAV. LII [RdA 31, 2007]
a)
PAOLUCCI
- DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA ...
b)
c)
a-c) Olla di bucchero. Leida, National Museum of Antiquities (foto museo).
PAOLUCCI
- GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI ...
[RdA 31, 2007]
a)
b)
a) Carta di distribuzione dei rinvenimenti archeologici nel territorio
di San Casciano; b) Copia romana dell’Afrodite di Doidalsas da San
Casciano (foto Museo di Chianciano).
TAV. LIII
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DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA DALLA COLLEZIONE CIOGNI