Il giorno della memoria
DITTATURA
IDEOLOGIA
RAZZISTA
GENOCIDIO
TOTALITARISMO
Riassunto cronologico
La Germania è sconvolta da attentati terroristici e
1919-23 tentativi insurrezionali causati da gravi tensioni sociali
e dalla disastrosa situazione economica
1923
Il partito nazista tenta un colpo di stato. Viene
arrestato Hitler che in carcere scrive il Mein Kampf
1932
Alle elezioni il partito nazista si dimostra il più forte.
1933
Il presidente Hindenburg nomina Hitler cancelliere. I
nazisti incendiano il Parlamento e incolpano i comunisti.
1934
Notte dei lunghi coltelli. Hitler diventa Führer e capo
dello stato dando vita ad un regime totalitario.
1935
Con le leggi di Norimberga gli Ebrei vengono privati
della cittadinanza tedesca e di quasi tutti i diritti civili.
1938
Notte dei cristalli: in tutta la Germania vengono
compiute violenze contro gli Ebrei.
Il Mein Kampf e le aberrazioni del nazismo
Nel Mein Kampf, testo guida dell’ideologia nazista, si possono
individuare i fondamenti del pensiero e dell’azione di Hitler:
negli ebrei sono concentrati tutti i
mali della società
l’ebreo trama contro la nazione
tedesca e cerca di soffocarla
dall’ebraismo
nascono
le
ideologie dannose
la nazione tedesca umiliata e
martoriata potrà risollevarsi solo
affidandosi a un capo assoluto
la razza tedesca, la razza ariana,
è l’unica pura e deve combattere
con ogni mezzo per conservare
questa situazione di assoluta
«Il mio movimento è basato su una
perfezione
concezione razzista del mondo. Lo stato
la Germania è troppo compressa
ha il fondamento nell’esistenza di una
nelle proprie frontiere
razza superiore civiltà. Nel caso in cui la
razza ariana, portatrice di civiltà, scomparisse, non sussisterebbe più alcuna
civiltà […]. Gli ebrei diventano fenomeni di decomposizione di popoli e razze,
distruttori della civiltà umana»
Le leggi di Norimberga
Legge per la cittadinanza del Reich (15 settembre 1935).
Articolo 1
1. È cittadino dello Stato colui che fa parte della comunità protettiva del Reich
tedesco, con il quale ha dei legami che lo impegnano in maniera particolare
[…].
Articolo 2
1. Cittadino del Reich è soltanto l’appartenente allo Stato di sangue tedesco o
affine il quale con il suo comportamento dia prova di essere disposto ad
adottare e servire fedelmente il popolo e il Reich tedesco.
2. Il diritto alla cittadinanza del Reich viene ottenuto attraverso la concessione
del titolo di cittadino del Reich.
3. Il cittadino del Reich è e il solo depositario dei pieni diritti politici a norma
di legge […].
Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco (15 settembre 1935).
Articolo 1
1. Sono proibiti i matrimoni tra Ebrei e cittadini dello Stato di sangue tedesco
o affine. I matrimoni già celebrati sono nulli se celebrati all’estero per sfuggire
a questa legge.
Articolo 2
1. Sono proibiti i rapporti extramatrimoniali tra Ebrei e cittadini di sangue
tedesco o affine […].
Lo sterminio sistematico del popolo ebreo
I metodi di
eliminazione
Inizialmente Hitler aveva progettato il trasferimento in
massa di tutti gli Ebrei nell’isola del Madagascar. Nei primi
mesi di guerra diede ordine che gli Ebrei venissero eliminati
da speciali distaccamenti delle SS e della Gestapo
I campi di
Successivamente il Führer delineò un altro piano di
concentramento annientamento noto come soluzione finale e che prevedeva
l’eliminazione fisica: per realizzarla gli Ebrei vennero
deportati nei Lager alla cui costruzione si era proceduto
prevalentemente in Germania e in Polonia
Le camere a gas All’interno dei campi avveniva una prima selezione. Gli
uomini e le donne in buona salute erano avviati ai lavori
forzati. Gli altri, considerati inabili al lavoro, venivano uccisi
nelle camere a gas
La shoah
Si calcola che nel mondo siano stati annientati circa sei
milioni di Ebrei. Questo sterminio viene definito Shoah
Mappa dei principali lager tedeschi
Riassunto cronologico
1925
Mussolini preannuncia la fine di ogni opposizione. Il
potere legislativo viene affidato al governo e al suo
capo.
1926
Vengono emanate le Leggi fascistissime che
aboliscono le libertà civili e sciolgono i partiti e i
sindacati.
1929
Concordato tra Stato e Chiesa: viene riconosciuto
lo Stato della Città del Vaticano; la religione cattolica
viene insegnata nelle scuole; il matrimonio religioso
assume anche valore civile.
1936
L’alleanza tra l’Italia e la Germania venne formalizzata
nel cosiddetto Asse Roma-Berlino
1938
Viene pubblicato il Manifesto della razza in cui si
afferma non solo che le razze esistono, ma che una tra
esse è superiore, quella ariana.
Il manifesto della razza
Il 15 luglio 1938 su tutti i quotidiani italiani comparve il documento noto
come Manifesto degli scienziati razzisti, firmato da dieci docenti
universitari, che poneva le basi teoriche del razzismo fascista. Era costituito
da dieci paragrafi i cui titoli da soli bastano a rendere l’orrore e la mancanza
di scientificità.
Le razze umane esistono
Esistono grandi e piccole razze
Il concetto di razza è un concetto biologico
La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana
Esiste ormai una pura razza italiana
È tempo che gli italiani si proclamino razzisti
Gli Ebrei non appartengono alla razza italiana
I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli
italiani non devono essere alterati in nessun modo
La vergogna delle leggi razziali
Regio decreto-legge 7 settembre 1938-XVI, n.1381
Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri
Art.1
Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli
stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti
dell’Egeo.
Art.2
Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è
nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa
da quella ebraica.
Art.3
Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei
posteriormente al 1° gennaio 1919 s’intendono ad ogni effetto revocate.
Art.4
Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decretolegge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo e che vi abbiano
iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il
territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell’Egeo, entro sei mesi dalla
data di pubblicazione del presente decreto.
Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto
saranno espulsi dal Regno a norma dell’art. 150 del testo unico delle leggi di P.S.,
previa l’applicazione delle pene stabilite dalla legge.
I provvedimenti legislativi contro gli ebrei furono elaborati dal governo
dittatoriale del Regno d’Italia presieduto da Benito Mussolini, furono
approvati all’unanimità dalla Camera e a larghissima maggioranza dal
senato, furono controfirmati dal re Vittorio Emanuele III
La legislazione antiebraica ebbe per oggetto una parte dei cittadini dello
Stato identificata sulla base di caratteristiche aprioristiche
La normativa antiebraica definì le proprie vittime non come ebrei, ossia
persone con determinate caratterizzazioni religiose, culturali, ma come
appartenenti alla razza ebraica, ossia portatori di caratteri materiali
ereditari ineliminabili
Alcune delle disposizioni antiebraiche italiane furono, al momento in
cui vennero varate, maggiormente persecutorie di quelle vigenti in
Germania
Dal punto di vista fascista essa fu voluta come una riforma progressiva
e non come un fatto soggetto ad essere rimesso in discussione
L’abrogazione di qualsiasi legge che fa distinzione contro qualsiasi
persona in base a razza, colore o fede fu decretata il 12 luglio 1943 dagli
alleati e costituì una delle loro condizioni armistiziali
La persecuzione degli ebrei in Italia
Roma: la strage
nel ghetto
Dopo l’8 settembre 1943 la soluzione finale
venne praticata anche contro i cittadini di
origine ebraica. Il rastrellamento più numeroso
avvenne nel ghetto di Roma ed è un esempio
tipico del metodo usato dai nazisti: dei 1023
deportati solo 17 ritornarono
La Risiera di
San Sabba
In Italia l’unico campo di concentramento che
svolse anche la funzione di campo di sterminio
fu la risiera di San Sabba (Trieste) dove
morirono 3.000 persone
Il tragico
bilancio
Gli Ebrei italiani deportati e uccisi nei campi di
sterminio furono circa 9.000.
Le vittime dello sterminio
In questa tabella è riportato il numero degli Ebrei vittime dello sterminio,
con l’indicazione della percentuale di uccisi rispetto alla totalità di
residenti nei singoli Paesi
PAESE
EBREI UCCISI
PERCENTUALE SULLA
POPOLAZIONE EBRAICA
POLONIA
3.000.000
90
URSS
700.000
?
ROMANIA
270.000
50
UNGHERIA
180.000
50
GERMANIA
130.000
36
PAESI BASSI
100.000
75
FRANCIA
75.000
25
JUGOSLAVIA
60.000
60
GRECIA
60.000
75
BELGIO
24.000
60
ITALIA
9.000
20
Tacere è proibito, parlare è impossibile
Per i superstiti del lager raccontare è stata una necessità, una
priorità assoluta, ma non certo facile. Dalle letture, infatti,
emerge che raccontare quel dramma spaventoso significa
entrare in una contraddizione spaventosa che Elie Wiesel
enuncia così: «Tacere è proibito, parlare è impossibile».
Bisogna, cioè, conservare la memoria di quegli eventi,
impedire che vengano cancellati dal tempo, ma trovare le
parole per dire tanta violenza, tanta disumanità, è forse
impossibile. Le parole dello scrittore, del testimone, non
sono mai sufficienti, si fermano sempre un passo al di qua
dell’incredibile, lasciando al lettore il compito di
comprendere fino in fondo con quale angoscia, con quale
sofferenza con quale sentimento, milioni di uomini, donne e
bambini, hanno dovuto subire quel processo di
annientamento dell’umano.
P. Levi: un sopravvissuto
ad Auschwitz
«Per mia fortuna sono stato deportato
ad Auschwitz solo nel 1944, e cioè dopo
che il governo tedesco, data la
crescente scarsità di manodopera,
aveva stabilito di allungare la vita media
dei prigionieri da eliminarsi». A questa e
a molte altre circostanze relativamente
fortunate lo scrittore attribuisce la
propria salvezza: «Non si tratta di forza,
ma di fortuna: non si può vincere con le
proprie forze un lager. Sono stato
fortunato. Per essere stato chimico, per
avere incontrato un muratore che mi
dava da mangiare, per avere superato
le difficoltà del linguaggio; non mi sono
mai ammalato; mi sono ammalato una
volta sola, alla fine, e anche questa è
stata una fortuna, perché ho evitato
l’evacuazione del lager: gli altri, i sani,
sono morti tutti, perché sono stati
rideportati
verso
Buchenwald
e
Mathausen, in pieno inverno».
Lo scrittore considera il lager la
sua vera università, un’esperienza
che incide profondamente sulle
sue convinzioni e dove gli pare di
avere imparato i fatti degli
uomini: «Sono diventato ebreo in
Auschwitz.
La
coscienza
di
sentirmi diverso mi è stata
imposta. Qualcuno senza nessuna
ragione stabilì che io ero diverso e
inferiore: per naturale reazione io
mi sentii in quegli anni diverso e
superiore».
L’urgenza di raccontare
“Se questo è un uomo” è un libro di ricordi e un eccezionale documento
storico. Ma è anche una meditazione sul comportamento dell’uomo
osservato in una condizione estrema di assoluta miseria, di viltà e di
ferocia: di qui il valore morale e universale del libro. La pacatezza del
racconto conferisce tanto più valore a una denuncia scritta non per
vendetta, ma a memoria futura, perché nessuno possa dimenticare in
quale abisso di orrori può precipitare l’uomo. Lo stesso Levi ha spiegato
che il libro «è nato fin dai primi giorni di lager per il bisogno
irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi ed è stato
scritto per soddisfare a questo bisogno; in primo luogo quindi a scopo di
liberazione interiore».
Nel libro si possono pertanto individuare quattro motivazioni alla
scrittura:
documentare un’esperienza estrema
mostrare anche per prevenire le peggiori conseguenze della xenofobia
meditare sul comportamento umano in condizioni eccezionali
raccontare per liberarsi dall’ossessione
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi e alzandovi
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfascia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi
Un racconto retto da un intenso desiderio di capire
Il libro si propone come racconto commentato e unisce all’esposizione dei
fatti l’interpretazione personale dell’autore-testimone, animato da un intenso
desiderio di capire, che è causa non ultima della sua resistenza:
«Ricordo di aver vissuto il mio
primo anno di Auschwitz in una
condizione di spirito eccezionalmente
viva. Non ho mai smesso di registrare
il mondo e gli uomini intorno a
me, tanto da serbarne ancora
oggi un’immagine incredibilmente
dettagliata.
Avevo un desiderio intenso di capire,
ero costantemente invaso da una
curiosità che ad alcuni è parsa
addirittura
cinica,
quella
del
naturalista che si trova trasportato in
un ambiente mostruoso ma nuovo,
mostruosamente nuovo».
Il carattere autobiografico della vicenda
Se questo è un uomo narra la prigionia di Primo Levi dal
momento dell’arresto e del trasferimento ad Auschwitz fino
alla liberazione che coincide con l’arrivo dei soldati russi.
Della vita infernale che vi ha vissuto, Levi descrive tutti gli
aspetti, ben consapevole del loro carattere estremo, quasi
inverosimile:
v
la demolizione di un uomo compiuta denudandolo di tutti i
suoi oggetti e privandolo del suo nome;
v
le condizioni di vita insostenibili;
v
la morte quotidiana dovuta alla fame, al freddo, alle malattie;
v
le selezioni periodiche per le camere a gas;
v
la lotta per la sopravvivenza che fa saltare ogni vincolo di
solidarietà fra i prigionieri;
v
l’abbrutimento e l’offuscarsi della sensibilità e dei ricordi.
Sul Fondo: una tragica discesa agli Inferi
Nel II capitolo intitolato Sul fondo, Levi descrive la durissima fase
iniziale della permanenza ad Auschwitz. È una sorta di discesa
agli inferi, in un mondo che non ha niente di umano, dominato
dalla prevaricazione violenta e stupida, a cui si contrappone lo
smarrimento dei nuovi schiavi, ignari di tutto e totalmente esposti
all’offesa dei padroni secondo cui l’unica cosa è obbedire.
Dopo il viaggio nel vagone merci e il disbrigo delle formalità
dell’arrivo, i prigionieri entrano nella routine quotidiana del
Lager e devono apprendere il più in fretta possibile un
regolamento complicato.
Il capitolo si articola su due piani: quello descrittivo, cioè il
racconto e quello riflessivo cioè il commento.
Il momento della riflessione è introdotto da un verbo al futuro che
descrive l’atteggiamento mentale dei prigionieri: conosciuto
l’inferno essi si sforzano di prefigurarsi un avvenire (tale sarà la
nostra vita). L’inconoscibilità del futuro riconduce però al
presente, unico tempo concesso ai deportati (eccomi dunque)
Un dramma infernale grottesco e tragico
Il capitolo può anche essere letto come una rappresentazione
grottesca e tragica in tre atti:
I ATTO:
dalla porta di fondo entra un attore (una SS) che recita
in una lingua sconosciuta a quasi tutti i presenti. Dai gesti e dai
gelidi comandi del tedesco traspare l’abitudine all’odioso
compito e il gusto della beffa crudele.
II ATTO:
comincia la tosatura che si svolge con un ritmo
incalzante. I nuovi attori sono dei prigionieri, ben riconoscibili
dalla divisa, con funzione di inservienti. La lingua da loro
parlata è il polacco.
III ATTO:
al segnale della campana sta per compiersi il terzo atto
del dramma pazzo con la doccia, la disinfestazione e la
successiva vestizione. Il movimento è di nuovo frenetico e il
finale è tragico: da uomini si vedono trasformati in pupazzi
miserabili e sordidi, uguali ai fantasmi intravisti la sera prima.
Il canto di Ulisse
Nell’estrema degradazione provocata dal Lager l’aggrapparsi
al ricordo letterario esprime il disperato tentativo di salvare
qualcosa di umano. I famosi versi Fatti non foste a viver
come bruti ma per seguire virtute e conoscenza sono per il
narratore un’illuminazione.
L’episodio dantesco suscita l’affollarsi di riflessioni e di
ricordi: è la parte spirituale dell’individuo che riaffiora e che
ha la meglio sulla riduzione dell’uomo ad animale o a cosa.
L’ostinato tentativo di ricomporre nella memoria i versi di
Dante diviene una forma di resistenza all’annientamento. Il
recupero dell’umanità si unisce inoltre al bisogno di socialità:
la letteratura serve anche a stabilire il legame con l’altro
uomo.
L’arrivo tra la folla segna la reimmersione nel quotidiano
inferno del lager ed è suggellato dall’ultimo verso
dell’episodio dantesco: infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso.
L’amico ritrovato
Il tema fondamentale è quello
dell’amicizia da intendere come
elemento importante della vita
dell’uomo, come valore universale
che deve unire le persone e deve
portarle a mettere in comune ogni
cosa, dalle proprie convinzioni ai
propri
affetti,
dall’educazione
ricevuta all’amore per gli ideali di
libertà e di rispetto reciproco.
Alla fine del libro, infatti, Hans
si
ricongiunge
spiritualmente
all’amico che aveva lasciato e quel
ritrovamento gli fa superare per un
attimo il dolore per l’esperienza
subita attraverso la morte dei suoi
genitori.
La morte dell’amico gli fa capire
che niente è perduto, che gli ideali
sacri dell’umanità tornano sempre
a galla dopo un periodo di
barbarie anche se per Hans
Schwarz «le ferite non sono
guarite e ogni volta che
ripensa alla Germania è come
se venissero sfregate con il
sale».
Il film si ispira al ricordo più
drammatico della mia infanzia, ha
dichiarato il regista e in effetti il
titolo reca già in sé l’emozione
centrale: l’addio all’infanzia da parte
di Julien, personaggio chiaramente
autobiografico. La crescita è racchiusa
tra due distacchi:
il commiato dalla madre alla stazione;
il commiato dall’amico e da padre
Jean, nel cortile del collegio.
Nella sequenza iniziale il bambino,
dopo
l’abbraccio
della
mamma,
rimasto
in
silenzio
accanto
al
finestrino, fissa la campagna piatta e
spoglia.
Nella sequenza finale, il protagonista segue con lo sguardo il gruppo
dei prigionieri che si allontana. E proprio alla fine in quell’arrivederci
che suona di fatto come un addio il protagonista riconoscerà in
Bonnet il fratello vero e in padre Jean il vero padre. A quel punto sarà
chiara la grande lezione che il rettore ha trasmesso ai suoi ragazzi:
L’educazione, quella vera, sta nell’insegnarvi a fare buon uso della
libertà
Schindler’s List: il sangue nero e il sangue rosso
Schindler’s List è una pellicola molto intensa, di alto valore documentario,
realizzata con il dichiarato intento di tener viva la memoria. Spielberg ha scelto di
girare il film quasi completamente in bianco e in nero: la drammaticità e l’orrore
dell’Olocausto mostrati a colori, sarebbero stati quasi inguardabili per gli
spettatori.
E poi, anche nell’immaginario collettivo,
i ritratti della seconda guerra mondiale
sono sempre in bianco e nero. Nel film,
il colore viene utilizzato soltanto in due
momenti, per il cappottino rosso di una
bambina, nella scena dell’assedio al
ghetto ebraico, e per le fiammelle delle
candele nella cerimonia del sabato, con
il preciso scopo di ricordare che nella
realtà i diretti interessati hanno vissuto
a colori, e quindi in tutta la loro
tragicità, gli eventi raccontati dal film.
Del resto Schindler’s List non è una
semplice fiction ma una storia
autentica: nell’epilogo a colori, i veri
ebrei di Schindler, ormai anziani, vanno
a deporre una pietra sulla sua tomba.
GUERNICA E LA VISIONE DELLA MORTE IN ATTO
«Guernica può dirsi l’unico quadro storico del nostro secolo. È il primo, deciso
intervento della cultura nella lotta politica: alla reazione che si esprime
distruggendo, la cultura democratica risponde per mano di Picasso»
C. G. Argan
«Con Guernica abbiamo cominciato a voler vivere, a uscire di prigione, a credere
nella pittura e a noi, a non sentirci soli, aridi, inutili, rifiutati; a capire che anche
noi pittori esistevamo in questo mondo da fare, eravamo uomini in mezzo agli
uomini, dovevamo ricevere e dare»
E. Morlotti
Chagall e il martirio del popolo ebreo
Crocefissione bianca è un urlo
di paura e di compassione per
i connazionali perseguitati. La
sinagoga infiammata, Vitebsk
distrutta, la Torah gettata a
terra, il vecchio che scappa
salvando il rotolo sacro della
legge, l’altro uomo che fugge,
lasciando la scala nel fuoco,
chiaro riferimento all’ebreo
errante, alludono al martirio
del
popolo
ebreo.
E
il
personaggio
principale
di
questa immagine carica di
dolore è Gesù di Nazareth
coperto da un mantello rituale
ebraico: egli, tuttavia non
appare come un salvatore, ma
come un ebreo martirizzato.
Con l’entrata in vigore delle
leggi
razziali
Chagall
è costretto a emigrare
e sbarca in America lo
stesso giorno dell’invasione
tedesca nel suo paese
natale. Ne Il bue scuoiato, la
tematica dell’orrore porta
l’artista a raffigurare al
posto del Cristo crocefisso
un enorme bue insanguinato
e sospeso nell’aria nello
scenario notturno di Vitebsk.
È un’immagine di terrore e
di
sangue
che
diventa
un’offerta
sacrificale
per
ristabilire un clima di pace in
un mondo appena uscito
dalla guerra. Drammatico
appare il contrasto tra
l’enorme bue tinto di rosso e
il tranquillo aspetto innevato
del paese sullo sfondo.
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nazismo - Progetto Fahrenheit