Capitolo 1
Introduzione alla macroeconomia
Giuseppe Celi 2005
Piano della lezione
 Che cos’è la macroeconomia
 Macroeconomia e microeconomia
 Presentazione delle sei variabili chiave
 La situazione macroeconomica attuale: USA,
EU, Giappone ed economie emergenti
Giuseppe Celi 2005
Perché è importante lo studio della
macroeconomia?
 Alfabetizzazione culturale
 Interesse personale
 Responsabilità civica
Giuseppe Celi 2005
Che cos’è la macroeconomia?

La macroeconomia si occupa delle relazioni tra le
variabili economiche aggregate. Tali relazioni
determinano l’andamento del sistema economico
nel suo complesso.

I temi principali della macroeconomia:
la crescita del sistema economico nel lungo periodo,
le fluttuazioni della produzione, la disoccupazione,
l’inflazione, i tassi di cambio, la bilancia dei
pagamenti, etc.
Giuseppe Celi 2005
Crescita economica di lungo
periodo
 FIGURA 1.2
Crescita economica di lungo
periodo: Svezia e Argentina,
1900-2000. All’inizio del XX
secolo, l’Argentina era più
ricca – e vedeva davanti a
sé un futuro più roseo –
rispetto alla Svezia. Ma le
politiche economiche, in
prevalenza inappropriate per
la crescita di lungo periodo,
hanno lasciato l’Argentina
assai indietro rispetto alla
Svezia.
Giuseppe Celi 2005
Fluttuazioni della produzione e
ciclo economico
 FIGURA 1.3
Il ciclo economico
statunitense: fluttuazioni
della produzione totale (del
PIL reale) rispetto alla
tendenza della crescita di
lungo periodo. Negli Stati
Uniti, dal 1960 in poi, le
fluttuazioni del ciclo
economico hanno fatto
fluttuare il livello di
produzione fino all’4% al di
sopra e fino all’ 8% al di
sotto del livello tendenziale
del PIL reale.
Giuseppe Celi 2005
Macroeconomia e microeconomia
 Come si è detto, la macroeconomia studia
l’andamento delle variabili aggregate. Per esempio:


Produzione dell’intera economia (=prodotto
aggregato)
Prezzo medio di tutti i beni (=livello generale dei
prezzi)
 La microeconomia studia invece produzione e prezzi
nei singoli mercati
Giuseppe Celi 2005
Macroeconomia e microeconomia
Giuseppe Celi 2005
La misurazione del sistema economico.
Le sei variabili chiave
Sei indicatori economici chiave permettono di
inquadrare lo stato del sistema
macroeconomico:
 PIL
 Tasso di disoccupazione
 Tasso di inflazione
 Tasso di interesse
 Livello del mercato azionario
 Tasso di cambio
Giuseppe Celi 2005
Il PIL reale
 La misurazione del prodotto aggregato è il PIL reale: prodotto




interno lordo in termini reali
La qualificazione “reale” implica che la misura del PIL è corretta
per tener conto delle variazioni nel livello generale dei prezzi
La qualificazione “interno” sta a significare che l’attività
economica presa in considerazione è quella che si svolge entro
i confini geografici, indipendentemente dalla residenza degli
agenti economici
La qualificazione “lordo” segnala che si sta prendendo in
considerazione la produzione che riguarda: sia la sostituzione di
beni di investimento usurati sia i nuovi beni di investimento che
vanno ad accrescere lo stock di capitale
Il PIL include: i beni di consumo, i beni di investimento (beni
strumentali, edifici, infrastrutture che accrescono la capacità
produttiva del paese) e gli acquisti pubblici
Giuseppe Celi 2005
Il PIL reale per lavoratore
 Se il PIL reale è diviso per il numero degli occupati, otteniamo un indice
sintetico del benessere materiale della nazione:
 p 0 qt
N
dove il numeratore rappresenta il valore a prezzi costanti della
produzione aggregata di beni e servizi finali (il PIL reale, appunto) e il
denominatore rappresenta il numero degli occupati totali
 Il PIL reale per lavoratore è un indice imperfetto perché non fornisce
nessuna informazione sulla distribuzione del reddito. Ma è il miglior
indice generalmente disponibile

Attualmente (2000) negli USA il reddito reale per lavoratore è pari a
65.000$
Giuseppe Celi 2005
PIL reale per lavoratore negli USA
 FIGURA 1.4
Negli Stati
Uniti, il PIL
reale per
lavoratore
(misurato con
dollari del
1992) si è
quintuplicato
dal 1890 a
oggi.
Giuseppe Celi 2005
Il tasso di disoccupazione
 Il tasso di disoccupazione viene misurato come rapporto tra il
numero di disoccupati e la forza lavoro (quest’ultima data dalla
somma tra il numero degli occupati e il numero dei disoccupati).
disoccupati
u
FL
 Il numero di disoccupati viene rilevato dagli istituti di statistica
dei vari paesi attraverso un rilevamento casuale tra le famiglie,
normalmente su base trimestrale. Sono considerati disoccupati
gli individui che hanno cercato attivamente un lavoro negli ultimi
3 mesi (1 mese negli USA).
Giuseppe Celi 2005
Tipi di disoccupazione
Disoccupazione frizionale. E’ quella disoccupazione ritenuta fisiologica
per il funzionamento regolare del sistema economico, al pari delle
scorte delle imprese. I disoccupati, infatti, sono assimilabili a scorte di
lavoratori in cerca di occupazione, mentre i posti vacanti delle imprese
sono assimilabili a scorte di posti di lavoro in cerca di lavoratori
Disoccupazione ciclica. E’ determinata dalle fasi recessive del ciclo
economico. Può raggiungere livelli elevati quando la depressione
dell’attività economica permane a lungo. E’ un male per l’economia e
occorrono politiche macroeconomiche sia dal lato della domanda che
dell’offerta per ridurla.
Disoccupazione strutturale. E’ determinata da cambiamenti strutturali
che intervengono nel sistema economico: shock tecnologici oppure
mutamenti della struttura produttiva indotti dalla specializzazione
internazionale. Si tratta di una disoccupazione di lunga durata.
Giuseppe Celi 2005
Tasso di disoccupazione negli USA
 FIGURA 1.5
Negli Stati Uniti, dalla
Seconda guerra mondiale in
poi, il più alto tasso di
disoccupazione, pari a quasi
il 10%, fu raggiunto nel
1982. Prima della Seconda
guerra mondiale, i picchi di
disoccupazione furono molto
più alti, in particolare durante
la Grande Depressione negli
anni Trenta del secolo
scorso.
Giuseppe Celi 2005
Il tasso di inflazione
 Il tasso di inflazione è il terzo indicatore economico chiave e
rappresenta una misura della crescita del livello generale dei
prezzi.
 Un tasso di inflazione molto elevato (come nei casi di
iperinflazione) è considerato un male per l’economia. Questo
perché il meccanismo dei prezzi, come segnalazione per
un’allocazione ottimale delle risorse, smette di funzionare
efficacemente in presenza di alta inflazione generando,
pertanto, ingenti danni economici. Per esempio, quando
l’inflazione è alta, non è possibile effettuare calcoli precisi per
effettuare investimenti e questa circostanza si riflette
negativamente sulla crescita dell’economia.
 Una riduzione del tasso di crescita dei prezzi è detta
disinflazione mentre una riduzione del livello generale dei
prezzi è detta deflazione
Giuseppe Celi 2005
Tasso di inflazione negli USA
 FIGURA 1.6
Inflazione negli
Stati Uniti. Negli
Stati Uniti,
prima del 1970,
i periodi in cui il
tasso di
inflazione
superò il 5%
furono confinati
alle grandi
guerre.
Giuseppe Celi 2005
Il tasso di interesse

Il tasso di interesse è la variabile chiave per la distribuzione del potere di
acquisto nel tempo

Il tasso di interesse nominale è espresso in termini monetari. Il tasso di
interesse reale è espresso in termini di beni e servizi e tiene conto dell’effetto
dell’inflazione

Il tasso di interesse reale a lungo termine è la principale determinante del livello
degli investimenti e quindi dell’accumulazione di capitale e della crescita futura

Esiste un’intera struttura dei tassi di interesse e non 1 solo tasso di interesse. La
struttura dei tassi di interesse è rappresentata dalla curva dei rendimenti che
mostra il divario tra tassi di interesse a lungo e a breve termine.

I tassi di interesse a lungo termine sono più alti di quelli a breve termine.
Quando i tassi di interesse a lungo termine sono più bassi di quelli a breve la
curva dei rendimenti è negativa e segnala la possibilità che l’economia stia
per cadere in recessione
Giuseppe Celi 2005
Curva dei rendimenti
Rendimento
i(%)
1
Scadenza : anno
Giuseppe Celi 2005
10
Tassi di interesse reali negli USA,
1960-2000
 Negli USA, a partire dalla
disinflazione di Volcker
all’inizio degli anni Ottanta, i
tassi di interesse reali
risultarono notevolmente più
alti di quanto fossero negli anni
‘70 e persino negli anni ‘60.
Anche la curva dei rendimenti
fu relativamente ripida. Questo
significa che il divario tra i tassi
di interesse a lungo termine
(come il tasso di interesse sui
Buoni del Tesoro a 10 anni) e i
tassi di interesse a breve
termine (come il tasso di
interesse sui Buoni del Tesoro a
3 mesi) aumentò.
Giuseppe Celi 2005
Il mercato azionario
 Il quinto indicatore chiave è il livello del mercato azionario, ossia un indice
delle aspettative sull’andamento futuro dell’economia.
 Quando il livello del mercato azionario è alto, gli agenti si aspetteranno
maggiori profitti, crescita elevata e bassa disoccupazione
 Tale variabile è un indice sintetico di una serie di fattori che condizionano gli
investimenti (ottimismo, profitti attesi, tassi di interesse reali)
 Un indice che rispecchia le performance dell’intero mercato azionario USA è
l’indice S&P 500 (principale società di rating dei titoli obbligazionari).Un
indice ampio come lo S&P è migliore di un indice più ristretto come il DowJones
 Negli USA negli ultimi 100 anni un’azione è stata scambiata in media a circa
15 volte l’utile per azione degli ultimi 12 mesi (trailing earnings per share).
(La regola del valore pari a 15 volte l’utile rappresenta soltanto una media).
Giuseppe Celi 2005
Prezzo reale degli indici azionari
 Negli anni recenti, i prezzi reali
degli indici azionari hanno
superato ampiamente la loro
valutazione convenzionale
standard di 15 volte l’utile. Gli
economisti si chiedono se questo
fenomeno sia dovuto: (a) a una
mania speculativa irrazionale, (b)
a un aumento della tolleranza
verso il rischio, (c) oppure alle
aspettative di una crescita
economica rapida nel futuro da
parte degli investitori
Giuseppe Celi 2005
Il tasso di cambio
 L’ultima variabile chiave da considerare è il tasso di cambio.
 Il tasso di cambio nominale è il prezzo al quale le valute di
differenti paesi possono essere scambiate l’una con l’altra.

Il tasso di cambio reale è il prezzo al quale i beni e i servizi
prodotti in differenti paesi vengono scambiati l’uno con l’altro
 Il mercato delle valute è il mercato internazionale nel quale ogni
valuta si scambia con un’altra. Il prezzo che si forma in questo
mercato è il tasso di cambio nominale o semplicemente
cambio
 Variazioni del tasso di cambio incidono sulla competitività del
paese e, attraverso le ragioni di scambio, sul costo della vita
Giuseppe Celi 2005
Il tasso di cambio reale degli USA
Giuseppe Celi 2005
La situazione macroeconomica attuale:
USA
 Negli anni ’90 l’economia statunitense ha registrato una crescita
rilevante. Alcuni ritengono che le politiche di contenimento del
deficit di bilancio adottate da Clinton abbiano innescato la
ripresa della crescita e della produttività. Ma fattori altrettanto
importanti sono stati: la riduzione delle barriere al commercio
internazionale e la diffusione delle tecnologie informatiche (ICT)
 Recessione con l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001.
Questo determinò uno shock negativo alla fiducia dei
consumatori e delle imprese che rinviarono i loro piani di
investimento. L’economia americana perse 900.000 posti di
lavoro in seguito allo shock
 La Federal Reserve era preoccupata di non essere in grado di
poter ridurre i tassi di interesse a livelli tali da stimolare i piani di
investimento delle imprese.
 Il declino dell’attività economica fu qualificato come recessione
Giuseppe Celi 2005
Politiche di superamento della recessione

Riduzioni ampie e prolungate dei tassi di interesse produssero i loro effetti : il tasso di
interesse nominale a tre mesi del mercato azionario) che era stato pari al 6.74% all’anno nel
2000 fu portato all’1.73% all’anno nel 2001

Riduzione delle imposte che fece aumentare il reddito disponibile e fece aumentare i
consumi (ma che, insieme all’aumento della spesa militare, determinò un’erosione del
surplus di bilancio)

Incremento della spesa pubblica G per la difesa e la sicurezza che impresse un ulteriore
impulso alla domanda (ma vista con timore dopo il rientro del deficit dell’amministrazione
precedente)

Introduzione di dazi sull’importazione di acciaio che faceva temere un arresto nel
processo di integrazione economica mondiale

Le aspettative del pubblico che la politica di riduzione dei tassi di interesse da parte della
FR sarebbe stata durevole e prolungata impresse ulteriore fiducia e non innescò aspettative
di inflazione.

-
Gli effetti di queste politiche sono state:
Aumento della fiducia dei consumatori
Aumento della fiducia delle imprese
Deprezzamento del dollaro che ha stimolato le esportazioni di merci americane
Giuseppe Celi 2005
I dati più recenti dell’economia USA

Attualmente l'economia americana continua a espandersi a ritmi sostenuti. Sulla
base dei dati provvisori della contabilità nazionale, nel secondo semestre del
2004 il PIL è cresciuto a un tasso di poco inferiore al 4% su base annua.
Nell’intero anno, è cresciuto del 4,5 %.

La situazione del mercato del lavoro, durante l'ultimo anno, è decisamente
migliorata: il tasso di disoccupazione è sceso di quasi un punto percentuale,
attestandosi poco sopra il 5%

Nella seconda metà del 2004 la Federal Reserve ha dato il via a un graduale
aumento dei tassi d'interesse ufficiali, portando il tasso sui fed funds dall'1,00%
dello scorso giugno al 2,50% di inizio 2005.

Due elementi destano preoccupazione. I cosiddetti deficit gemelli.
 Deficit pubblico: I ripetuti tagli fiscali e l'aumento delle spese, soprattutto per
la difesa, hanno portato a un deficit record, vicino al 4% del PIL.
 Squilibrio nei conti con l’estero: il deficit commerciale è circa il 6% del PIL e
il debito netto sull'estero ha invece superato il 25% del Pil, sollevando
sempre più dubbi sulla sua sostenibilità.
Giuseppe Celi 2005
La situazione macroeconomica attuale:
Europa
 All’indomani dell’introduzione dell’Euro, nella primavera del






2002, l’economia europea era in recessione
Alto tasso di disoccupazione (dell’8.5% )
Crescita dei prezzi al consumo a un tasso del 2.3% all’anno
La sfida per la politica economica europea: innescare la ripresa
senza provocare inflazione
Difficoltà di interpretare le azioni della BCE nella direzione
auspicata di stimolare l’economia con un’inflazione stabile
Ritardo rispetto agli USA nell’introduzione e nell’intensificazione
dell’uso delle nuove tecnologie informatiche, con ripercussioni
negative sulla crescita della produttività
Maggiore flessibilità rispetto al passato nel mercato del lavoro
dei paesi europei. Questo comporterà una riduzione della
disoccupazione in futuro?
Giuseppe Celi 2005
La situazione macroeconomica attuale:
Giappone


Da circa 10 anni, il Giappone è entrato in una profonda fase recessiva caratterizzata
da:
1) una fase di deflazione (Il livello generale dei prezzi si riduce di circa l’1% all’anno);
2) una riduzione del PIL (nel 2002 il PIL reale è diminuito di circa il 2%)

Tasso di disoccupazione molto elevato rispetto ai valori standard giapponesi
(superiore al 5.3%)

I commentatori economici ritengono che il Giappone sia di fronte a una crisi
strutturale che richiede cambiamenti profondi nel campo delle politiche atte a
ripristinare la crescita : ristrutturazione del sistema finanziario e deregolamentare
gran parte dell’economia

La politica economica della Banca centrale è considerata inefficace e si ricorda che la
riduzione del tasso di interesse nominale a valori prossimi allo zero non aiutò gli USA
a uscire dalla Grande depressione né fece aumentare gli investimenti

Come dimostrano i dati più recenti, la situazione recessiva dell’economia giapponese
perdura. Nel 2004, Il Giappone ha registrato tre trimestri consecutivi di crescita
negativa
Giuseppe Celi 2005
La situazione macroeconomica attuale:
economie emergenti

Il rapido sviluppo delle così dette economie emergenti sta rivoluzionando il quadro
dell’economia mondiale. Recentemente, l’economista americano Richard Freeman
ha parlato di “great doubling”, segnalando che nel giro di 15 anni la forza lavoro
mondiale è più che raddoppiata (dal 1985 al 2000) grazie all’inclusione nell’economia
di mercato di Cina, India e paesi dell’ex blocco sovietico

Nel 1997-1998 la grave crisi finanziaria che colpì il Sud Est Asiatico impose costi
molto elevati in termini di rallentamento della crescita delle economie emergenti

Secondo l’opinione di molti analisti, la causa che provocò la crisi furono il calo di
fiducia da parte degli investitori finanziari internazionali e la conseguente fuga di
capitali

Oggi gli investitori hanno riacquistato fiducia e hanno ripreso gli investimenti in quei
paesi. Si prevede che la Cina e l’india continueranno a crescere a tassi molto elevati
(8 e 6% rispettivamente). Si ricordi che in questi due paesi vive il 40% della
popolazione mondiale.

In realtà i fattori destabilizzanti dell’economia mondiale sono ancora presenti come
dimostra la recente crisi dell’economia argentina. In questo paese ( e nel Sud Est
asiatico e prima ancora in Messico) pare che la causa principale della fuga di capitali
sia da ricercare nella possibilità che hanno i governi di svalutare il tasso di cambio.
Giuseppe Celi 2005
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