Direttissima allo Jagerhorn, 3970 m- Parete NE - Gruppo del Monte Rosa
22 ottobre 2010
Daniele Nardi
Ferdinando Rollando
Giovanni Pagnoncelli
23 ottobre ore 8:30, Bivacco Città di Gallarate , in attesa dell’elicottero
950 m - 60° su neve - 70/80° con tratti a 90° su ghiaccio,
diversi tiri di misto fino a M5 con passaggi in roccia di V+ (5c),
una ventina di tiri di corda, 1 chiodo lasciato dopo il terzo grande risalto di ghiaccio.
12 ore. Difficoltà complessiva TD+
se qualcuno dovesse aver già salito questa linea, ci auguriamo che l’abbia chiamata “Direttissima”
All’ultimo punto di sosta, una decina di metri sotto la forcella che è qualche metro più alta del bivacco e qualche metro
più bassa della vetta, Daniele trema con le gambe e fa sbattere l’una contro l’altra le viti da ghiaccio, mentre recupera
la corda. Sono le sette di sera ed è dal mattino alle quattro in punto, quando sono usciti dal bivacco Belloni a 2510 m,
che prendono freddo senza accorgersene. Il vento che si è alzato da metà pomeriggio non ha disturbato la concentrazione di Giovanni, Nando e Daniele: un solo pensiero: uscire dalla parete, raggiungere la vetta dello Jägerhorn dove
c’è il Bivacco Città di Gallarate, una scatoletta di lamiera che è il primo obiettivo. La nuova via che sale direttissima
allo Jägerhorn è un bel sogno e un bel modo per arrivare al bivacco dove bere, mangiare e dormire, nel sacco a pelo e
sotto le coperte.
A fine settembre Giovanni, mentre sta giocando con le piccozze sul ghiacciaio del Belvedere, scopre una linea, una
lacrima di ghiaccio che verticalmente scende dalla vetta dello Jagerhorn. La poca neve rende distinta e chiara la linea
appoggiata sullo scuro gneiss del Monte Rosa.
Giovanni propone il progetto a Nando e a Daniele che non si conoscono. La squadra è fatta e la decisione è presa: prendere al volo una finestra di quarantott’ore ore tra i venti tempestosi e l’arrivo di una perturbazione.
Partenza da Macugnaga, desolata come ogni autunno, ed arrivo al bivacco Belloni. Prima di dormire, salgono a studiare
se c’è un’alternativa al macchinoso accesso al ghiacciaio indicato nella guida dei Monti d’Italia. Non c’è. Con due sole
lampade frontali (una dimenticata in auto insieme ad altre cose), per due ore seguono Nando che fa finta di fare la
guida sulle montagne di casa sua, salendo e scendendo sui secondi e terzi gradi verglassati, trovando qualche ometto
e poi finalmente il ghiacciaio. Il ghiacciaio doveva essere un giusto riposo, ma nel buio più totale (la luna è tramontata
da un pezzo), si trovano a dover passare ponti di neve incredibili e aleatori e a entrare e uscire da baratri incredibili.
Con un lungo giro a sinistra avrebbero potuto evitare il tutto, ma questo lo vedranno solo di giorno e dall’alto. Con pazienza, istinto e fortuna, senza perdere troppo tempo arrivano all’attacco con il primo bagliore di quella che sarà una
lunga giornata. La salita comincia dove l’altimetro segna qualche metro oltre i tremila, quasi mille metri sotto la vetta.
E’ andato tutto bene nonostante le paure di Giovanni (la neve), le paure di Nando (le pietre), le paure di Daniele (inconfessate) e una parete così costantemente ripida. Alcuni tratti di neve inconsistente su placche di roccia hanno richiesto
una dose in più di fatica e di pazienza.
La sicura a spalla, l’arrampicata in conserva: è su questi terreni che si formano le vere amicizie e le cordate. Senza una
parola, si è creato l’affiatamento perfetto e ognuno ha dato il suo e diviso decisioni e compiti, per se stesso, come per
il gruppo.
Daniele, Giovanni e Nando sono saliti senza esitazioni e senza problemi. Per questo non definiscono estrema la via, solo
molto difficile e anche un po’ di più. Alla discesa ci penseranno dopo una notte di riposo, ma dopo aver ben dormito al
caldo, non hanno ripreso la sensibilità di alcune dita dei piedi e decidono di chiamare i soccorsi. Nando, il più colpito e il
più anziano non sa ancora che la parestesia delle dita dei piedi non è l’inizio della necrosi, della morte dei tessuti, ma è
un danno (facilmente riparabile) dei nervi che sono nelle dita. Lo imparerà, insieme a Giovanni, al CTO di Torino, dove
un’ambulanza li porterà, dopo che un elicottero li aveva posati prima a Macugnaga e poi al Pronto Soccorso di Borgosesia. Daniele che ha visto di ben peggio sui suoi piedi, recupera l’auto e aspetta sereno (mangiando) a Borgosesia.
23 ottobre ore 8:30, Bivacco Città di Gallarate , in attesa dell’elicottero
23 ottobre ore 8:30, Bivacco Città di Gallarate , in attesa dell’elicottero
La vialicottero
23 ottobre ore 8:30, Bivacco Città di Gallarate , in attesa dell’elicottero
da Macugnaga: l’ombra qui a sinistra è un camino di una casa
per chi volesse ripeterla:
la Direttissima allo Jägerhorn risale l’evidente colatoio che dalla vetta scende sul Ghiacciaio del Piccolo Fillar. È l’unica
via logica di salita della Parete NE, principale parete dello Jägerhorn, delimitata dal crestone dello Jägerrucken (E), salito nel 1867 (it. 226d Guida dei Monti d’Italia - Monte Rosa) e dalla cresta NE (it. 226c), salita nel 1965.
Si attacca dal Ghiacciaio del Piccolo Fillar e si attraversa nel mezzo la parete con tre grandi risalti di ghiaccio, intervallati
da diversi saltini e tratti di collegamento di nevai ripidi. Il secondo risalto è stato salito in uscita su misto difficile, per la
poca consistenza del ghiaccio, sempre ottimo negli altri tratti verticali. La parte terminale, meno ripida, si è svolta su
tiri di misto e neve inconsistente. L’uscita all’intaglio fra le due punte, per gli ultimi 100 m, si è svolta sullo Jägerrucken.
Sono state utilizzate 9 viti da ghiaccio, diversi chiodi da roccia, friends e nuts su roccia difficile da proteggere. Non ci
sono state scariche di sassi e distacchi di neve accumulata dal vento
Scarica

Parete NE - Gruppo del Monte Rosa 22 ottobre 2010