Cristologia
Introduzione: il prologo della lettera
agli Ebrei
• «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte
e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo
del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per
mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio,
che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua
sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua
parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si
è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli, ed è
diventato tanto superiore agli angeli quanto più
eccellente del loro è il nome che ha ereditato» (1, 1-4).
• le due dimensioni fondamentali dell’automanifestazione di Dio in
Gesù Cristo:
• dimensione storico-escatologica (“in questi tempi che sono gli
ultimi”)
• dimensione cosmico/antropologica (“per mezzo del quale ha fatto
anche il mondo”)
• Il cristocentrismo: il dinamismo dell’agire-parlare di Dio è orientato e
centrato sul Verbo fatto carne, centro e fine della storia
• la rivelazione cristiana si gioca in modo particolare sul piano della
storia (quale luogo del manifestarsi più autentico di Dio) e nella
figura di Gesù Cristo (mediatore della creazione e incarnazione di
Dio nella storia), l’uomo che la Chiesa confessa essere Dio
La cristologia: una definizione
• “cristologia” significa discorso (logos) su Cristo
• «la cristologia è essenzialmente un discorso di fede su Gesù di
Nazaret confessato ed annunciato come Cristo, cioè come salvezza e
speranza dell’uomo e del mondo, da parte di una Chiesa che proprio
in questa fede ed in questo annuncio missionario trova la sua
identità ed il suo scopo di esistere»
• Alcuni aspetti della definizione
– rapporto tra storia (Gesù di Nazaret) e fede (il Cristo)
– La Chiesa quale luogo di questa confessione: non ha senso elaborare
una cristologia, cioè un discorso su Gesù di Nazaret, a prescindere dalla
Chiesa.
– Se la cristologia è la confessione della fede della Chiesa di Gesù di
Nazaret come Cristo, Dio fatto uomo per la salvezza, l’oggetto di questa
disciplina è Gesù e tutto quello che possiamo sapere della sua vita,
dall’inizio fino al suo compimento.
• la decisività di una questione: l’accesso storico alla realtà dell’uomo
•
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•
Gesù di Nazaret
la plausibilità della fede in Gesù richiede una verifica sul piano della
ragione storica per assicurare la storicità delle sue parole, dei suoi
gesti, dei segni che ha compiuto e dell’evento decisivo della
risurrezione
questo non vuol dire ridurre il cristianesimo e la figura del rivelatore
solo a ciò che è storicamente accertabile in maniera sicura
l’accesso autentico alla realtà di Cristo è quello che accade
nell’orizzonte della fede che, se da un lato è irriducibile al solo dato
della storia, dall’altro non si dà senza il dato acquisito sul piano della
storia
Perciò: possiamo essere storicamente certi di Gesù? Che cosa
possiamo accertare con i criteri della scienza storica su di lui?
La ricerca storica su Gesù: la prima
fase (Old Quest): 1778-1906
• Pubblicazione da parte del filosofo G.E. Lessing nel 1778 dei frammenti di
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H.S. Reimarus. In particolare nel settimo si afferma che i racconti di
risurrezione sarebbero stati invenzioni prodotte dalla fede: i discepoli dopo
la crocifissione e morte del loro maestro, dinanzi al crollo di tutte le
speranze che egli aveva suscitato, decidono di rubare il cadavere e
inventare la storia della risurrezione
Inizia la stagione delle Vite di Gesù
L’intento: riportare Gesù nel suo vero tempo, liberarlo dalla coltre teologica
e dogmatica ricostruendo la sua biografia senza riferirsi ai miracoli da lui
compiuti (giudicati non storici) e seguendo un taglio psicologico
Il metodo: ci si basava sulla critica letteraria delle fonti; si cercavano fonti
neutrali e il più vicino possibile ai fatti riportati, sottoponendo il tutto ad una
critica razionalista che anzitutto escludeva i miracoli
La particolare fortuna del vangelo di Marco che in quanto più antico (e
breve) era considerato meno intriso di teologia e più affidabile sul piano
storico
La crisi della prima ricerca
• Non si giustifica e spiega né il motivo della morte in croce di Gesù come “re
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dei Giudei”, né la continuazione della sua missione nella chiesa
Martin Kähler (1892): i vangeli non “biografie di Gesù” ma “Racconti della
passione con una estesa introduzione”
William Wrede (1901): partendo dalla considerazione che tutto il racconto
marciano è attraversato da alcune tematiche ricorrenti – quali la proibizione
di rivelare l’identità di Gesù o di divulgare alcuni miracoli più grandi, l’idea
delle parabole come linguaggio oscuro poi spiegato ai discepoli in disparte,
o la sconcertante inintelligenza dei discepoli conclude che si tratta di un
unico schema di carattere teologico mirante a sottolineare che la vera
identità di Gesù non potrà essere compresa durante la sua vita terrena ma
solo con la Pasqua.
Albert Schweitzer: si può redarre una vita di Gesù solo sullo sfondo di una
visione apocalittica di matrice giudaica. Nel tentativo di “modernizzare”
Gesù gli studiosi non hanno tenuto conto del fatto che la sua vicenda non è
ricostruibile in modo neutro ma solo a partire dal carattere escatologico,
sullo sfondo dell’apocalittica giudaica
La seconda fase (New Quest)
• Rudolf Bultmann (1884-1976) con la sua teologia kerigmatica, la
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critica delle forme e il progetto della demitizzazione
tutto il materiale evangelico è permeato dalla fede cristiana
prima di essere messo per iscritto è stato utilizzato oralmente non
per esigenze di tipo storiografico ma per le molteplici esigenze della
fede e della vita delle comunità cristiane
Questa destinazione “non storica” del materiale rendeva impossibile
raggiungere la vera storia di Gesù o il ricostruire la sua personalità
in senso psicologico
Sbarrato l’accesso al Gesù storico, si proclama la sua irrilevanza per
la teologia cristiana
Il Gesù storico non può essere oggetto della fede cristologica:
mentre il primo parla di regno di Dio, nella fede ci si riferisce al
valore salvifico della morte di Gesù e alla sua risurrezione
• “Quello che Bultmann nega recisamente è che il Gesù prepasquale
possa avere una qualsiasi rilevanza in ordine alla fede. Questa è
suscitata in noi unicamente dal kerigma pasquale, dalla predicazione
apostolica. Vero è che il kerygma […] continua pur sempre a
presupporre un riferimento a Gesù crocifisso: riferimento che però,
secondo Bultmann, sarebbe solo al nudo fatto della (esistenza e)
morte di croce, il Dass: il che, non il chi o il come, non la maniera in
cui Gesù l’ha vissuta o il senso che le ha attribuito”
• La prospettiva di Bultmann
– in positivo ha avuto il merito di sottolineare la natura dei vangeli come
raccolta delle tradizioni su Gesù
– e una più piena inserzione di Gesù nell’ambiente ebraico,
– ma la discontinuità assoluta di Gesù con la comunità cristiana
– e lo scetticismo storico di origine luterano restano i due grandi limiti di
Bultmann
• La conferenza di Ernst Käsemann, discepolo di Bultmann, dal titolo
Il problema del Gesù storico (1953).
• Käsemann denunciava il pericolo di ridurre il Cristo della fede ad un
mito, sradicato dalla storia e di scavare un fossato fra il kerygma e il
Gesù storico
• il problema lasciato irrisolto da Bultmann: se ciò che contava era
solo il Cristo della fede, che bisogno c’era di scrivere i vangeli?
• poiché già il kerygma conteneva il ricordo del Gesù terreno,
occorreva rilevare la continuità e il rapporto fra Gesù della storia e
Cristo della fede riconoscendo la cristologia implicita delle parole e
dei gesti di Gesù
• Senza il riferimento alla vicenda terrena di Gesù è il kerygma stesso
a svuotarsi e vanificarsi, in quanto il Signore glorioso non ha più
volto, mentre invece il suo volto è quello del Nazareno.
La terza ricerca sul Gesù Storico
(Third Quest): dal 1975 ad oggi
• Muove da tre critiche alla New Quest
– l’eccessiva importanza data alla storia delle forme con
la conseguente enfatizzazione dell’analisi di “storia
della tradizione” dei detti di Gesù
– l’esagerata dissomiglianza fra ambiente giudaico e
quello della chiesa primitiva conseguente ad un Gesù
isolato se non contrapposto al suo ambiente di origine
– l’enfasi posta sulla teologia kerygmatica come criterio
per il recupero del Gesù storico.
- Complessità della terza ricerca
I guadagni storico-teologici apportati dalla
versione “moderata” della third quest
• l’interesse al contesto storico-sociale da cui emergerebbe la
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•
possibilità di scorgere la continuità fra il circolo pre-pasquale dei
discepoli e il cristianesimo post-pasquale
l’insistenza sull’ebraicità di Gesù, la cui predicazione consisterebbe
nella creazione di un movimento di rinnovamento interno al
giudaismo, il che contribuirebbe, nella luce della continuità fra storia
e kerygma, a giustificare la connotazione giudeo-cristiana della
Chiesa nascente
la collocazione dei fatti e detti di Gesù in un quadro storico più
ampio sia della vicenda gesuana che dell’ambiente storico in cui
visse, piuttosto che discutere singolarmente la loro autenticità
una maggiore fiducia nell’affidabilità storica dei vangeli canonici,
delle fonti non canoniche e delle fonti extrabibliche e quindi un certo
ottimismo nel ricostruire un resoconto plausibile del ministero di
Gesù e della sua persona
l’attenzione all’ambito culturale ellenistico-pagano
Testimonianze extra-bibliche su
Gesù
• dal punto di vista strettamente storico, le testimonianze
•
su Gesù sono poche e se fugano del tutto l’idea di un
Gesù figura mitica o leggendaria (al pari di un Gilgames
o di un Prometeo), non ci dicono tuttavia un gran che di
essenziale
«quando cerchiamo affermazioni su Gesù in scritti non
canonici del I o del II sec. d.C., restiamo quanto meno
sconcertati per la mancanza di riferimenti. […] Questo
semplicemente ci rammenta che Gesù fu un ebreo
marginale, che guidò un movimento marginale di un
immenso impero romano» (Meier)
Testimonianze extra bibliche
giudaiche
• Il Testimonium Flavianum: la testimonianza di Flavio Giuseppe (37-
100)
• «In quel tempo apparve Gesù, un uomo saggio, se pure si può
chiamarlo uomo. Infatti fu operatore di fatti sorprendenti, un
maestro di persone che accoglievano la verità con piacere. E si
guadagnò un seguito tra molti giudei e tra molti di origine greca.
Egli era il Messia. E quando Pilato, per un’accusa portata dai nostri
capi, lo condannò alla croce, quelli che lo avevano amato
precedentemente non smisero di farlo. Infatti, apparve loro il terzo
giorno nuovamente vivo, proprio come i divini profeti avevano detto
su di lui queste e innumerevoli altre cose prodigiose. E fino ad oggi,
la tribù dei cristiani, che da lui prende il nome, non è scomparsa»
(Le antichità giudaiche)
• le attestazioni della tradizione rabbinica e della Toledot Jeshu (Libro
delle genealogie di Gesù) che rappresenta una rinarrazione ebraica
di epoca medievale della storia di Gesù
Le testimonianze romane: Tacito
(56/57-118)
Nel libro XV degli Annali, descrivendo l’incendio di Roma appiccato da Nerone nel 64, Tacito in
poche parole offre precise coordinate cronologiche e spaziali della morte di Gesù
•
I cristiani un gruppo «odiato per i suoi abominevoli crimini (flagitia). Il loro nome viene da Cristo,
il quale durante il regno di Tiberio, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato. Repressa
per breve tempo, la rovinosa superstizione riprese di nuovo forza, non solo in Giudea, il paese in
cui ebbe origine questo male, ma anche nella città di Roma, in cui converge da ogni parte del
mondo ed è ferventemente coltivata ogni sorta di pratica orrenda e vergognosa»
• Tacito compie Tre affermazioni fondamentali su Gesù:
– fissa il tempo della morte di Cristo: durante il regno dell’imperatore Tiberio (1437 dC) e il governatorato di Ponzio Pilato (26-36 dC);
– afferma che la morte di Cristo fu dovuta ad un’esecuzione decisa dal
governatore romano della Giudea, lasciando intendere che sia stata una
crocifissione, trattandosi di un ebreo giustiziato in Giudea da un governatore
romano;
– l’uccisione di questo Cristo soppresse il pericoloso movimento religioso dei
cristiani per un breve periodo, ma esso rapidamente riprese forza dapprima in
Giudea quindi fino a Roma.
Le testimonianze romane:
Plinio e Svetonio
• Plinio il Giovane, governatore del Ponto-Bitinia (111-113 d.C), parla
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•
all’imperatore Traiano dei cristiani
Nella lettera 96 del libro X delle Lettere. Riguardo ai processi che
coinvolgevano i cristiani, Plinio si chiede quale condotta tenere e
raccontando il suo modo di trattare le questioni riferisce quanto si diceva
dei cristiani
«la loro colpa o il loro errore si riduceva essenzialmente alla consuetudine di
riunirsi in un giorno determinato prima dell’alba per cantare
alternativamente fra loro un inno in onore di Cristo come se fosse un Dio e
di impegnarsi con solenne giuramento non già a compiere qualche misfatto,
ma a non commettere furti, rapine, adulteri, a non tradire la parola data, a
non rifiutare di restituire, se richiesti, una cosa ricevuta in custodia»
Svetonio nella vita dell’imperatore Claudio riferisce che l’imperatore
«espulse da Roma gli ebrei che con Chrestus come istigatore provocavano
continui tumulti (Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma
expulit)»
Plinio e Svetonio, però, non ci danno nessuna informazione sul Gesù storico
I vangeli apocrifi
• Nei vangeli apocrifi (quei documenti antichi cristiani che riportano le
parole e/o le azioni di Gesù ma che non furono accolti nel canone,
cioè nella lista dei libri considerati scrittura ispirata) incontriamo – si
tratta di frammenti sparsi prodotto in larga misura dalle
immaginazioni pie e sfrenate di alcuni cristiani del II sec.
• I “vangeli dell’infanzia”, soprattutto il Protovangelo di Giacomo e Il
vangelo dell’infanzia di Tommaso
• il primo è nulla più di un divertente guazzabuglio dei racconti
dell’infanzia di Matteo e Luca con una grande dose di folklore
novellistico che tradisce l’ignoranza delle istituzioni giudaiche ivi
descritte
• il secondo presenta Gesù come un monello ostinato e un sinistro
superbambino una sorta di Thomas Marvolo Riddle ante litteram
• la scarsità dei riferimenti impedisce che questi brevi testi possano costituire
•
•
materia sufficiente per ricostruire la figura e l’opera di Gesù di Nazaret
Pertanto le fonti che ci parlano di più e più a lungo restano gli scritti del NT
e tra questi, di fatto, i soli vangeli, poiché negli altri libri del NT – anche
negli scritti di Paolo – non si aggiunge molto sui fatti e i detti di Gesù
Dunque i vangeli sono le uniche e più importanti testimonianze sul Gesù
storico ma
• i Vangeli non sono libri storici nel senso moderno e stretto del termine
• Nei Vangeli sono stati riuniti, trasmessi e fissati per iscritto le notizie che si
•
possedevano su Gesù e questo al fine di rispondere alle esigenze della
comunità, cioè per liturgie, catechesi, predicazione missionaria,
ordinamento comunitario, esortazione ed edificazione (parenesi) dei
credenti
La loro presentazione, dall’inizio alla fine, è modellata dalla loro fede che il
crocifisso Gesù fu risuscitato da morte e tornerà nella gloria per giudicare il
mondo. Inoltre, i vangeli non intendono né pretendono offrire qualcosa di
simile ad una narrazione completa, e neanche sommaria, della vita di Gesù
• Se dunque i Vangeli non sono libri storici (come genere letterario)
ma kerygma, cioè annuncio di fede, non possiamo pensare che essi
vogliano descrivere con dovizia, quasi a mo’ di cronaca, quanto
Gesù ha detto e fatto
• i Vangeli hanno una storia complessa; ad esempio i nuclei originari
sono costituiti dai racconti della passione morte e risurrezione ai
quali successivamente venne aggiunto il resto. Il mistero pasquale,
anche in termini di ampiezza, resta il centro del Vangelo, fulcro
attorno al quale si strutturano le altre parti
• Vi è inoltre l’opera redazionale degli evangelisti e la diversa
provenienza delle comunità a cui è legato ciascun vangelo. Sono
alcuni elementi che rendono ragione anche della oggettiva diversità
fra i quattro vangeli, non solo tra i tre sinottici (Matteo, Marco e
Luca) e Giovanni, ma anche all’interno degli stessi sinottici.
Incongruenze e contraddizioni
• secondo i sinottici l’attività pubblica di Gesù dura solo un anno; per Giovanni
•
•
•
invece gli anni di ministero sono due o forse tre, dal momento che nel
vangelo si ricordano tre festività pasquali che Gesù trascorre a
Gerusalemme (cf 2,13; 6,4; 11,55) e quattro viaggi tra la Galilea e
Gerusalemme (cf 2,13; 5,1; 7,10; 12,12).
In Marco lo scontro con i farisei è posto all’inizio, visto che i farisei decidono
con gli erodiani di far morire Gesù dopo la guarigione dell’uomo dalla mano
inaridita (cf 3,6), in Giovanni è lo scontro è crescente e solo dopo la
risurrezione di Lazzaro viene decisa la sua condanna (cf Gv 11)
Nei sinottici Gesù inizia la sua attività pubblica dopo l’imprigionamento del
Battista (cf Mc 1,14), mentre in Giovanni egli ha operato avanti a Giovanni
nel medesimo periodo di tempo
Mentre per i sinottici Gesù celebra come ultima cena una cena pasquale
ebraica e muore il 15 di Nisan, per Giovanni Gesù non celebra una cena
pasquale ma una semplice cena d’addio e viene ucciso nella parasceve (cf
Gv 19,14), quando nel tempio si sgozzava l’agnello pasquale, dunque il 14
Nisan
Evitare “concordismo” e negazione
della storicità
• Il concordismo: un esagerato storicismo che attribuisce certezza
•
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storica ad ogni dettaglio narrato
La svalutazione o addirittura negazione della dimensione storica
Occorre sempre tenere unite fede e storia
L’esempio di Agostino: nel De consensu evangelistarum per
eliminare la divergenza fra Mt 5,1ss e Lc 6,17 si sostiene che il
discorso delle beatitudini iniziò sulla montagna e poi continuò
mentre Gesù scendeva verso la pianura, oppure che episodi
raccontanti in maniera diversa accaddero più volte.
Allo stesso tempo Agostino a volte precorse i moderni, come quando
esortava a distinguere fra le parole e l’intenzione di Gesù oppure a
non confondere l’ordine con cui le cose erano ricordate con l’ordine
in cui accaddero
I “criteri di storicità”
• Quanto possiamo conoscere riguardo a Gesù è strettamente legato alla
•
•
•
•
fonte evangelica
i vangeli non sono propriamente un’opera di storia, secondo i criteri del
genere letterario “storico”, poiché essi retti da un’intenzionalità kerigmatica
(senza negare loro valore storico)
ci chiediamo come distinguere nei vangeli:
– ciò che proviene da Gesù, quanto lui ha detto e fatto (primo stadio)
– da ciò che gli apostoli dopo Pasqua trasmisero, cioè la tradizione orale della
chiesa delle origini (secondo stadio) e
– da ciò che fu prodotto dal lavoro redazionale degli evangelisti che, a seconda
delle situazioni delle chiese sceglievano alcune cose, altre le sintetizzavano,
conservando il carattere di predicazione (terzo stadio)
I “criteri di storicità”: le norme che ci permettono di determinare con
sufficiente margine di certezza quale materiale provenga dal Gesù terreno
n.b.: si è certi della storicità di qualcosa quando non è ragionevole
ammettere il contrario
I 5 criteri di storicità di J.P. Meier
• Il criterio dell’imbarazzo o contraddizione: sarebbero sicuramente riconducibili a Gesù
•
•
•
•
tutte quelle parole o gesti o comportamenti che creavano imbarazzo o difficoltà alla
chiesa primitiva. Es: battesimo, il detto sulla fine del mondo
Il criterio della discontinuità. Esso «si concentra su parole o fatti di Gesù che non
possono derivare né dal giudaismo del tempo di Gesù né dalla chiesa primitiva dopo
di lui. Esempi proposti spesso sono la sua radicale proibizione di ogni giuramento (Mt
5, 34.37, ma anche Gc 5,12), il suo rigetto del digiuno volontario per i suoi discepoli
(Mc 2, 18-22 e par.) e forse la sua totale proibizione del divorzio (Mc 10, 2-12 e par;
Lc 16, 18 e par.)»
Il criterio della molteplice attestazione. Esso si concentra su quei detti o fatti di Gesù
che sono attestati in più di una fonte letteraria indipendente (Marco, fonte Q, Paolo,
Giovanni) e/o in più di una forma o genere letterario (parabola, racconto, miracolo,
aforisma). Più un motivo o un tema è presente in diverse fonti letterarie o forme
(generi) letterarie, più si può stabilire con certezza che esso si riferisce al Gesù storico
Il criterio della coerenza: sostiene che gli altri detti e fatti di Gesù che sono
congruenti con questo materiale, guadagnato con i primi tre criteri, è da ascriversi al
Gesù storico
Il criterio del rifiuto e dell’esecuzione: ci aiuta a comprendere che cosa storicamente
nei comportamenti o nelle parole di Gesù fu la ragione della forma della sua morte
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Lumsa 5.