SCALETTA EVENTO MUSICALE IMMAGINE Foto locandina Foto locandina Foto locandina Amore che vieni Don Raffaè Ballata dell’ eroe Il testamento di Tito Un chimico Geordie Creuza de ma Anime salve Il pescatore Foto locandina (+I.C.S. De Andrè) La canzone dell’amore perduto PRESENTAZIONE Buonasera a tutti Saluto del Preside Presentazione cantautore Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Saluto del Preside Introduzione AUTORE Patrizia Meraviglia Giacomo Paiano Stefano Beghi Stefano Beghi G. Paiano G. Paiano S. Beghi P. Meraviglia P. Meraviglia Sergio Leondi Sergio Leondi Stefano Beghi De Marco De Marco Buonasera a tutti! Perché Fabrizio De Andrè è così amato ed apprezzato da molti dei presenti? E’ l’idea che mi ha colpito quando, curiosando in rete, ho letto uno dei tanti commenti, che si esprimeva così : “ Ho 20 anni, De Andrè non l’ho mai conosciuto, ma per me ascoltare le sue canzoni è stata una scoperta. Posso dire che lui mi ha cambiato la vita..” Che cosa c’è dietro questo cantautore che ha lasciato un segno anche in chi non l’ha direttamente conosciuto? Il nostro concerto vuole aiutarci a tenere aperta questa domanda: ognuna delle persone che salirà , come me, a turno sul palco ha provato a paragonare la propria sensibilità, la propria esperienza e la propria umanità con uno dei testi del vasto repertorio di De Andrè e vi proporrà le suggestioni interpretative che ne sono scaturite: di qui il senso del titolo che ho scelto per questo evento musicale. Esso infine è il frutto della collaborazione e del patrocinio di varie persone che hanno dato il proprio apporto per realizzarlo: i docenti che gestiscono la Biblioteca dei 3 Istituti dell’Omniconprensivo: l’Istituto industriale “ Enrico Mattei”, il Tecnico commerciale “Piero della Francesca” ed il Liceo “Primo Levi “; l ‘ Istituto omnicomprensivo “F. De Andrè” di Peschiera Borromeo, l’ assessore alla cultura del nostro Comune, sig. Carriero, che ha aderito con entusiasmo all’ idea di patrocinare l’evento, ed infine il nostro sponsor , l’azienda Fabricatore, sempre sensibile alle iniziative culturali del territorio . Ma il vero ideatore della nostra serata, colui che più di tutti l’ ha voluta, è un grande appassionato di Fabrizio- Faber, è il mio Capo d’ Istituto, che invito a salire sul palco. PRESENTAZIONE DEL CANTAUTORE In un’intervista di molti anni fa un giornalista chiese a Fabrizio De Andrè, già famoso e maturo, “Lei si sente un poeta?”. Senza scomporsi, con il suo stile piano e impeccabile, con la sua voce dal timbro basso e caldo, accennando a un sorriso, De Andrè rispose: “Guardi, fino ai vent’anni siamo tutti poeti. Dopo quell’età solo i poeti veri o gli stupidi. Io preferisco essere un cantautore”. De Andrè è riconosciuto come uno dei più grandi cantautori della canzone italiana; ha composto brani che appartengono ormai da tempo alla tradizione della storia della musica e dell’Italia tout court degli ultimi quarant’anni. Il mondo descritto da De Andrè è il mondo degli ultimi, degli emarginati, degli umili o degli infelici. È popolato da soldati caduti in battaglia, prostitute, suicidi, prigionieri, drogati, amanti infelici, delusi e illusi, figure popolari o personaggi meschini. È il mondo dei perseguitati dalla storia, dei pellerossa, degli zingari. E per tutti lo sguardo di De Andrè è uno sguardo pieno di pietà, di compassione, di umanità. Sappiamo dalla sua biografia che nel dopoguerra De Andrè si recava in un quartiere di Genova per portare cibo ai macilenti gatti randagi. Questo aneddoto è emblematico dell’atteggiamento del cantautore genovese, la sua attenzione per i più deboli o i più sfortunati, così come della sua volontà di comprensione e di riscatto. I vinti di De Andrè possono ricordare i personaggi del Verga “travolti dalla fiumana” della vita. Il realismo delle immagini, a volte la crudezza del linguaggio, la “verità” delle situazioni e delle condizioni cantate e narrate, possono ricordare la poetica del verismo. De Andrè vi effonde il sentimento di profonda umanità e compartecipazione con il suo canto. Alla fine v’è per tutti una speranza di salvezza, o di redenzione dalla sofferenza e dal dolore. Per tutti un sentimento di condivisione della condizione umana e in qualche modo anche di riscatto che, in una visione laica, possa abbracciare l’intera umanità. AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI Gioco degli opposti, equilibrio dei contrari? Sopra alcune anfore greche erano raffigurati, ai lati diametralmente opposti, un giovane e una giovane in corsa. Chi inseguiva l’altro? Chi fuggiva? Un eterno ciclo di corsa e fuga, di ricerca e allontanamento. Così la canzone di FDE, armoniosamente strutturata in tre parti: nella prima chi fugge tornerà, nella seconda chi viene se ne andrà ma è nella terza che il cantautore ci sorprende e ci spiazza, come spesso sa fare, con la sua consapevole umanità e con il raggiungimento di una ciclica verità. DON RAFFAE’ – OVVERO CANZONE DI DENUNCIA Canzone del 1990 nata in collaborazione con Massimo Bubola e Mauro Pagani, è una denuncia sulla connivenza tra potere politico/economico e mafia Prima pagina venti notizie, ventun’ingiustizie e lo Stato che fa, si costerna, s’indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità ….., sullo strapotere della criminalità organizzata, per fortuna c’è chi mi risponde a quell’uomo sceltissimo e immenso io chiedo consenso a Don Raffaé …. Voi vi basta una mossa una voce c’ha sto Cristo ci levano ‘a croce… Teniamo anche conto che all’interno delle carceri i boss hanno sempre potuto fare il bello e il cattivo tempo – Il brigadiere “Pasquale Cafiero” è ormai un lacché del boss e non ne può più delle fetenzia degli altri detenuti e finalmente alla sera può bere ò café con Don Raffaé. Negli anni ottanta ricordiamo lo scandalo delle carceri d’oro e quello dell’immunità parlamentare sul quale si fece un referendum. Qui non c’è più decoro le carceri d’oro ma chi l’ha mai viste chissà, chiste so’ fatiscenti pe’ chisto i fetienti se tengono l’immunità. L’altra denuncia è quella della mancanza dello Stato in alcuni contesti tanto che la gente preferisce rivolgersi ai boss della criminalità per avere un lavoro o per avere giustizia. Il brigadiere infatti ha come unica speranza di miglioramento della propria condizione, quella di chiedere intercessione al boss Don Raffaè: per trovare lavoro o una casa, per ottenere giustizia, ma anche per un cappotto elegante da poter usare al matrimonio della figlia. Pe’ ste nozze vi prego Eccellenza m’ì prestasse pè fare presenza io già tengo le scarpe o ‘o gillè, gradite o Campari o volite o café. A proposito tengo ‘no frate che da 15 anni sta disoccupato, chillo ….. voi che date conforto e lavoro Eminenza vi bacio e v’imploro chillo duorme co’ a mamma e co’ me, che crema d’Arabia chè chisto café. Secondo le parole dello stesso De Andrè, «la canzone alludeva a Raffaele Cutolo» noto camorrista e fondatore della Nuova Camorra Organizzata, sebbene né lo stesso De Andrè né il coautore Massimo Bubola disponessero «di notizie di prima mano sulla sua detenzione». Anche lo stesso Cutolo pensò a una dedica alla sua persona e si premunì di scrivere al cantautore genovese per complimentarsi, meravigliandosi inoltre di come De Andrè fosse riuscito a cogliere alcuni aspetti della personalità e della vita carceraria del boss, senza avere a disposizione informazioni dettagliate. De Andrè rispose alla lettera di Cutolo per ringraziarlo, ma evitò di continuare il carteggio con il boss. Il ritornello della canzone è una citazione del brano O ccafè di Domenico Modugno. Una incisione del brano è stata realizzata in coppia con Roberto Murolo, ed una esecuzione è stata cantata dai due in occasione del Concerto del Primo Maggio del 1992. La ballata dell’eroe La prima volta che sentito De André è stato per caso. Era l’estate del 1965 e, con alcuni amici davanti ad un jube box, nel selezionare la canzone invece di “Sei diventata nera” è stato inserito il codice di “La guerra di Piero”. Da quel momento ho iniziato a voler ascoltare De André, quindi ho comprato LP che conteneva la canzone .. e tra le altre c’era “La ballata dell’Eroe”. Ascoltandola più volte mi sono venuti in mente i racconti di mio nonno sulla 1° guerra mondiale (aveva combattuto sul Grappa) e di mio padre. Di mio padre ho anche un diario e il passaggio che ricordo maggiormente è “Quando il 16 agosto del 1943 sono stato fatto prigioniero dagli Inglesi ho capito che mi sarei salvato”. Ma tanti non sono più tornati e di loro cosa resta? Una bella lapide su un monumento con la scritta: ……. Ai suoi eroi. Ne vediamo tanti di questi monumenti e si sperava di non doverne vedere più, o di non dover più fare celebrazioni di stato per “caduti per la libertà”. Invece la guerra è ritornata in voga e possiamo dire che Fabrizio ha scritto nel 1961 un testo attualissimo in memoria di tutti coloro che sono morti per la follia della guerra. Voglio qui ricordare i 12 morti di Nassyria, i 34 morti nell’assurda guerra in Afghanistan e altri caduti nelle guerre esistenti nel mondo. La ballata, scritta nel 1961 viene lanciata l'anno successivo da Luigi Tenco; la versione di Tenco faceva parte della colonna sonora del film La cuccagna, per la regia di Luciano Salce La canzone fu incisa nuovamente nel 1964 nella stessa sessione in cui fu incisa La guerra di Piero senza dubbio la canzone più conosciuta di De André contro la guerra. Le analogie tra le due canzoni: il tema stesso della guerra, la morte inesorabile del protagonista, il rimpianto (qui più esplicito, là sotteso) della donna rimasta sola. Al tempo stesso, però, va sottolineata una differenza rilevante: mentre Piero è inerme di fronte al nemico in quanto trova insensata la guerra e perché colto da un sentimento istintivo di fratellanza, l’eroe di questa ballata muore perché troppo lontano si spinse a cercare la verità. E di fronte alla morte, a questa stupida e orrenda morte, De André mette in rilievo l’osceno contrasto fra la retorica vacua di una patria che si gloria d’un altro eroe alla memoria e una donna che soffre per la perdita del suo uomo e che mai e poi mai potrebbe trovare consolazione all’idea che egli, sacrificando la propria vita, è assurto al rango di “eroe”. «lei che lo amava aspettava il ritorno di un soldato vivo, d'un eroe morto che ne farà? Se accanto nel letto le è rimasta la gloria d’una medaglia alla memoria». Musicalmente il brano presenta un ritmo "lento e triste". Il tema affrontato nella 'Ballata dell'eroe' (l'antimilitarismo) delinea in maniera netta e inequivocabile quella che sarà una delle caratteristiche della sua identità di artista rivoluzionario, anticonformista. I riferimenti stilistici rivelano l'influenza della canzone francese (Brassens); nella scelta della tematica antimilitarista De André precede addirittura luminosissimi nomi d'oltreoceano (Dylan, per esempio) IL TESTAMENTO DI TITO Questo bellissimo brano è inserito nel disco La buona novella, album che racconta la vita di Maria e Gesù, ispirato al Vangelo canonico e ai Vangeli apocrifi. (tra parentesi, la PFM, che già suonò con De Andrè, sta riproponendo proprio in questo anno una nuova versione dell’opera). Tito è il condannato, il ladrone “buono”, o meglio quello che si salva, accanto a Gesù in croce sul Calvario. In realtà per tutta la canzone non si pente o non si sente colpevole dei peccati commessi, dei dieci comandamenti che vengono elencati e che confessa di aver, a suo modo, infranto. O che ha interpretato in maniera personale. E allora da dove nasce la sua redenzione? Dai bellissimi versi finali, rivolti alla madre che, come Maria madre di Gesù, si trova ai piedi della croce. Versi che portano il ladrone in croce a condividere la stessa morte crudele e la stessa sofferenza che vede inflitta a un uomo come lui, come noi. INTRODUZIONE AL BRANO “ UN CHIMICO” Nell’album del 1971 “ Non al denaro, non all'’amore, né al cielo” De Andrè ha ripreso liberamente il testo di alcune poesie dell’ “Antologia di Spoon River”. Al loro interno “ Un chimico “ è un brano ricco di allusioni e di suggestioni. Esso tratteggia la figura di un uomo, più precisamente di uno scienziato, appassionato al suo lavoro al punto di considerarlo l’unica sicurezza, l’unica certezza, il punto fermo della sua esistenza: “ Da chimico un giorno avevo il potere Di sposar gli elementi e di farli reagire, ma gli uomini mai mi riuscì di capire perché si combinassero attraverso l’amore affidando ad un gioco la gioia ed il dolore” Nonostante questa dichiarazione di profonda sfiducia nei confronti della possibilità dell’amore tra un uomo ed una donna, nemmeno il chimico può sottrarsi all'’incanto di questa esperienza così profondamente coinvolgente al punto che, con il senno di poi, una volta che persino la chimica l’ha tradito perché ha provocato la sua morte accidentale, conclude che “ qualcuno dirà che c’è un modo migliore” di vivere e di morire. “Primavera non bussa, lei entra sicura, come il fumo lei penetra in ogni fessura, ha le labbra di carne, i capelli di grano, che paura, che voglia che ti prenda per mano che paura, che voglia che ti porti lontano” Chi è, che cos’è l’incanto di questa donna (INDICO L’IMMAGINE) che simboleggia insieme la primavera, l’amore e la bellezza della vita? Viene da pensare che il cantautore voglia suggerire al suo pubblico, a noi di non bloccarci nel pregiudizio di ciò che crediamo già di sapere o di possedere, di non ritrarci mai per il timore di spalancare gli occhi ed il cuore per abbracciare quanto la vita e la realtà ci possono offrire. Chissà che nella mente di questo grande musicista colto non sia balenata l’immagine di Amleto che si rivolge all'’amico: “ Ci sono più cose in cielo ed in terra, Orazio, che non nella tua filosofia!” Per noi: “ Un chimico” ! INTRODUZIONE AL BRANO MUSICALE “GEORDIE” Proviamo ad immaginarci, ad inventare forse, com’è nato “ Geordie”, il singolo inciso nel 1966, nel quale De Andrè si accosta liberamente ad una tra le ballate inglesi di più antica tradizione e può scegliere tra due varianti. Nella prima, che risale addirittura alla fine del ‘500, si narra del traditore Geordie, condannato all'’impiccagione a causa di un crimine e liberato per l’appassionato intervento di sua moglie. Nella trascrizione più recente, resa famosa da Joan Baez, Geordie diventa un bracconiere le cui nobili origini non riescono a salvarlo dal capestro: “ Impiccheranno Geordie con una corda d’oro, è un privilegio raro. Rubò sei cervi nel parco del re Vendendoli per denaro” Perché il nostro cantautore preferisce la versione in cui Geordie non si salva dalla morte? E’ troppo ingiusto che Geordie muoia! Ha rubato solo sei cervi ed è troppo giovane per dire addio alla vita! “Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso, non ha vent’anni ancora cadrà l’inverno anche sopra il suo viso, potrete impiccarlo allora” Rimandate l’esecuzione! Si leva un grido corale contro l’iniquità della legge che punisce in modo davvero troppo severo un reato pur grave, il bracconaggio nelle terre reali. “ Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re Geordie potran salvare, anche se piangeran con te la legge non può cambiare” Il brano sembra concentrarsi tutto in una domanda: (scandire bene le parole) come può una legge “fare giustizia “? Quale legge, per quanto perfetta, potrà mai soddisfare l’infinita sete di giustizia propria del cuore di ogni uomo? A noi, “ Geordie”! CREUZA DE MA Umbre de muri muri de mainé dunde ne vegnì duve l'è ch'ané da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua e a muntä l'àse gh'é restou Diu u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria Ombre di facce facce di marinai da dove venite dov'è che andate da un posto dove la luna si mostra nuda e la notte ci ha puntato il coltello alla gola e a montare l'asino c'è rimasto Dio il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea alla fontana dei colombi nella casa di pietra E 'nt'a cä de pria chi ghe saià int'à cä du Dria che u nu l'è mainà gente de Lûgan facce de mandillä qui che du luassu preferiscian l'ä figge de famiggia udù de bun che ti peu ammiàle senza u gundun E nella casa di pietra chi ci sarà nella casa dell'Andrea che non è marinaio gente di Lugano facce da tagliaborse quelli che della spigola preferiscono l'ala ragazze di famiglia, odore di buono che puoi guardarle senza preservativo E a 'ste panse veue cose che daià cose da beive, cose da mangiä frittûa de pigneu giancu de Purtufin çervelle de bae 'nt'u meximu vin lasagne da fiddià ai quattru tucchi paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi ** E a queste pance vuote cosa gli darà cose da bere, cose da mangiare frittura di pesciolini, bianco di Portofino cervelli di agnello nello stesso vino lasagne da tagliare ai quattro sughi pasticcio in agrodolce di lepre di tegole E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi finché u matin crescià da puéilu rechéugge frè di ganeuffeni e dè figge bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli emigranti della risata con i chiodi negli occhi finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere fratello dei garofani e delle ragazze padrone della corda marcia d'acqua e di sale che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare ANIME SALVE Questo brano appartiene all’ultimo disco di FDE dal titolo omonimo, scritto insieme a Ivano Fossati e pubblicato nel settembre del 1996. Forse è la canzone che più risente dell’influenza musicale e testuale dell’amico collaboratore, oltre a essere cantata in coppia. Il testo non è volutamente esplicito ma è significativo dello spirito che anima il disco, spirito che spesso abbiamo ritrovato nelle opere di FDE: la difesa del valore umano e della dignità delle minoranze, degli ultimi, dei deboli, degli sconfitti, che nonostante ingiustizie e oppressioni, inganni e omologazioni, proprio per la grandiosità della propria umanità sono salvi, sono salvati. IL PESCATORE Diverse interpretazioni sono state fornite al testo della canzone. Chi è costui? È un uomo libero, è un messia, è un anarchico, è un semplice uomo che osserva la vita senza giudicare né condannare? A ognuno di noi cercare un’interpretazione personale. Ancora una volta abbiamo il riferimento alla condivisione umanamente fraterna (che non cela il riferimento all’ultima cena evangelica) di chi “versa il vino e spezza il pane” per chi ne chiede e ne ha bisogno. Senza indagare, verificare e giudicare se chi ci interroga sia un uomo buono o cattivo, onesto o disonesto, innocente o colpevole, virtuoso o assassino. È lo stesso sconosciuto a dichiararsi davanti al vecchio assopito. Che non batte ciglio alla confessione ma risponde alla richiesta. L’assassino consuma e se ne va, arrivano i gendarmi all’inseguimento ma senza altri commenti alla fine ci resta quell’indelebile immagine del “solco lungo il viso come una specie di sorriso”. LA CANZONE DELL’AMORE PERDUTO Una canzone del primo FDE sulla consapevolezza della finitezza dell’amore, sulla constatazione della fine del sentimento amoroso o del suo possibile, probabile, forse inevitabile appassire. Tutto scorre e quindi tutto finisce? In realtà ancora una volta FDE evita di cadere nel banale, nell’ovvietà e nel cinismo scontato perché più forte delle nostre pur sofferte esperienze di vita e amore, più forte è la prospettiva di una nuova chance, di una nuova possibilità, di una rinnovata speranza di amare ancora.