Marco Albrizio
Elementi compositivi costanti nei movimenti estremi
delle Sonate per pianoforte di Wolfgang Amadeus Mozart:
aspetti analitici e problemi di datazione
Le diciotto Sonate per pianoforte di Mozart furono composte nel periodo compreso tra il 1774
ed il 1789, in un momento storico di consolidamento e di sviluppo della Sonata per pianoforte nella
sua articolazione interna e nei rapporti strutturali di ogni singolo movimento [Pestelli 1991, 116-118],
e rappresentano una sintesi delle esperienze compositive dello stesso Mozart in relazione ad altre
forme e ad altri generi [Pestelli 1991, 148]. Inevitabilmente l’indagine critica e analitica su questo
repertorio è vastissima. I diversi studi presenti su questo argomento in senso generale puntano di
solito verso una lettura diacronica dell’evoluzione della scrittura sonatistica mozartiana [Mila 1963;
Rosen 1979; Abert 1984; Carli Ballola-Parenti 1990; Irving 1997]; altri, decisamente più capillari,
privilegiano l’analisi di alcuni stilemi presenti in modo costante in alcune Sonate [Burde 1969;
Eiseman 1991; Laufer 1991; Brugge 1993] mentre più rari [Eppstein 1980] sono quelli che concentrano la loro attenzione sui riferimenti esterni di scrittura operistica e sinfonica rispetto a quella squisitamente pianistica.
Il punto di partenza del presente studio nasce dalla personale esperienza esecutiva derivata
dall’incisione dell’integrale delle Sonate in oggetto [Albrizio 1991], che inevitabilmente pone non
pochi problemi interpretativi legati sia alla strutturazione di una logica di coesione all’interno dei
movimenti, sia alla volontà di considerare il pianoforte uno strumento dotato di eclettiche potenzialità
espressive non legate esclusivamente al proprio timbro. L’obiettivo analitico generato da tale
esperienza si è tradotto nella focalizzazione e nel confronto di determinati elementi compositivi costanti
presenti nei movimenti estremi delle Sonate, individuati sulla base di due principali tipologie: le
costanti interne, comprendenti gli aspetti formali e di scrittura pianistica; le costanti esterne, comprendenti alcuni stilemi di riferimento lessicali e di genere diversi da quelli strettamente pianistici. Questa
duplice divisione di approccio si rende necessaria in virtù della presenza di un materiale interno
fortemente eterogeneo, la cui appartenenza a generi diversi da quello delle Sonate per pianoforte
stricto sensu comporta l’utilizzo di una metodologia in grado di determinare con chiarezza eventuali
rimandi di carattere intertestuale. Naturalmente gli elementi compositivi di varia provenienza non sono
ravvisabili nelle Sonate con lo stesso coefficiente di ridondanza: Mozart compone combinando il
materiale a sua disposizione in vari modi, per cui potremo trovarci di fronte a stilemi o a procedimenti
presenti in un certo numero di Sonate e non in altre. La presente indagine svolge quindi una ricerca
trasversale all’interno del corpus delle Sonate, evidenziando elementi che possono costituire volta per
volta dei punti di riferimento di un linguaggio appartenente, come vedremo, a tutte le forme espressive
contemporanee al compositore. Inoltre, assumeremo come riferimento storico il fatto che l’ordine
cronologico di composizione delle Sonate è strettamente legato ad un ordine geografico di spostamento di Mozart, per cui il corpus stesso delle Sonate si può empiricamente dividere in quattro gruppi così
delineati: il primo, comprendente le prime sei Sonate composte tra il 1774 ed il 1775 fra Salisburgo e
Monaco (KV 279-284); il secondo, che comprende le due Sonate scritte a Mannheim nel 1777 (KV
309 e 311) e quella scritta a Parigi nel 1778 (KV 310); il terzo, quello delle quattro Sonate scritte tra
Salisburgo e Vienna tra il 1780 ed il 1783 (KV 330-333) e l’ultimo, il quarto, che raggruppa le Sonate
scritte a Vienna dal 1784 al 1789 (KV 457-576). [Irving 1991]
1. Le costanti interne
1.1 Generalità
Le costanti interne sono costituite dalle costanti formali legate alle strutture interne dei
movimenti estremi che si manifestano con una certa ridondanza nel corpus delle Sonate. Brevemente,
per quanto concerne l’aspetto legato squisitamente all’analisi formale, va subito detto che non vi sono
variazioni della macrostruttura sonatistica: Mozart compone sempre Sonate in tre movimenti, di cui il
primo è un Allegro nello stile della forma-sonata, il secondo in forma-sonata, forma-lied o di danza
(minuetto o polonaise) ed il terzo in forma-sonata, rondò o rondò-sonata (vedi tab. 1). Uniche
variazioni di rilievo rispetto (in corsivo nella stessa tabella) a questa tipologia sono rappresentate dalla
Sonata KV 282, dove il primo movimento è in tempo Adagio anziché Allegro (sempre nello stile della
forma-sonata) e dalle Sonate KV 284 e KV 331, uniche sonate in cui Mozart inserisce come
movimento rispettivamente finale ed iniziale la tipologia del tema con variazioni. Per quanto riguarda
invece l’analisi della struttura del primo movimento in forma-sonata, si ravvisano solo due casi di
deviazione dalla (o utilizzazione della) norma: l’Allegro KV 311, dove la Ripresa presenta i due temi
fondamentali in ordine invertito, e l’Allegro della Sonata KV 533, dove la dialettica tipica della formasonata è portata da due a tre temi [Carli Ballola-Parenti 1990, 272].
Tabella 1
Sonata
KV 279
I movimento
Allegro / forma-sonata / 2 temi
II movimento
Andante / forma-sonata
KV 280
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Adagio / forma-sonata
KV 281
KV 282
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Adagio / forma-sonata / 2 temi
Andante amoroso / forma-sonata
Minuetto I e II
KV 283
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Andante / forma-sonata
KV 284
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Rondeau en polonaise / rondò variato
KV 309
Allegro con spirito / forma-sonata /
2 temi
Allegro con spirito / forma-sonata /
2 temi in ordine invertito nella
ripresa
Allegro maestoso / forma-sonata /
2 temi
Andante un poco Adagio/
Lied tripartito con Ripresa
Andante con espressione /
Movimento lento-Rondò
Allegretto grazioso /
rondò-sonata
Allegro / rondò-sonata
Andante cantabile con espressione /
forma-sonata
Presto / rondò-sonata
KV 333
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Andante cantabile / Lied tripartito
con Ripresa
Minuetto con Trio
Adagio / forma-sonata senza
sviluppo
Andante cantabile / forma-sonata
Allegretto / forma-sonata
KV 331
KV 332
Allegro moderato / forma-sonata /
2 temi
Tema e variazioni
Allegro / forma-sonata / 2 temi
KV 457
KV 570
KV 576
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Allegro / forma-sonata / 2 temi
Adagio / Lied tripartito con
Ripresa
Andante / forma-sonata
Andante / Lied tripartito con
Ripresa
Rondò
Adagio / Lied tripartito con
Ripresa
Allegro assai / rondò-sonata
KV 533
KV 545
Molto Allegro / forma-sonata / 2
temi
Allegro / forma-sonata / 3 temi
Allegro / forma-sonata / 2 temi
KV 311
KV 310
KV 330
III movimento
Allegro / forma-sonata / 2
temi
Presto / forma-sonata / 2
temi
Allegro/ rondò-sonata
Allegro / forma-sonata / 2
temi
Presto / forma-sonata / 2
temi
Tema e variazioni
Allegretto / Rondò
Allegro assai / forma-sonata
Allegretto grazioso / rondòsonata
Allegretto / rondò-sonata
Allegretto / Rondò
Allegretto / Rondò
Allegretto / rondò-sonata
In questa prima parte dello studio, concernente l’analisi delle costanti compositive all’interno
delle Sonate mozartiane, anziché considerare il prevedibile percorso armonico presente tra il primo ed
il secondo gruppo tematico, è preferibile focalizzare l’attenzione su due aspetti presenti all’interno
della sezione di sviluppo. Il primo, su cui esiste un saggio di David Eiseman [1991], riguarda il punto
di arrivo tonale (la meta armonica), vale a dire il punto più lontano di allontanamento rispetto alla
tonalità d’impianto, tale da denotare un cambio di direzione armonica da un moto centrifugo ad un
moto centripeto. Il secondo, che deriva da un mio personale rilevamento analitico, riguarda il tipo di
discontinuità rilevabile tra la coda dell’Esposizione e l’inizio dello Sviluppo, consistente perlopiù
nell’uso dell’accordo di dominante minore e nella modifica del materiale motivico.
1.2 La meta armonica
Eiseman individua due entità come meta armonica dello sviluppo: la dominante del VI grado
della tonalità d’impianto [(D)Tp] e l’accordo del VI grado [Tp], o del IV [S], maggiore o minore, in
sua sostituzione. Nelle sonate in tonalità maggiore egli verifica l’utilizzo della dominante del VI grado
in sette sonate, del VI in altre quattro e del IV in una, il che darebbe adito a pensare di trovarci di
fronte ad un percorso armonico abbastanza consueto nell’elaborazione dello sviluppo. Viene logico
pensare, in termini di analisi funzionale, che Mozart abbia presente come punto di arrivo centrifugo la
tonalità della tonica parallela (da cui la tonicizzazione temporanea o meno del VI grado in oggetto), cui
si sostituisce o si aggiunge quella della sottodominante minore. Vanno però comunque puntualizzati
alcuni dati. In primo luogo, la classificazione di Eiseman viene svolta su un numero di Sonate
inferiore al corpus totale (diciassette anziché diciotto) prendendo in considerazione un arco cronologico di composizione che non tiene conto del fatto che la gittata compositiva delle prime sei Sonate parte
dal 1774 e non dal 1775 come da lui affermato, avendo Mozart utilizzato, per le suddette Sonate, del
materiale risalente al 1774 [Abert 1984, 360 nota 49]. In secondo luogo (cosa ancor più importante da
evidenziare), Eiseman considera l’unico caso di meta armonica condotta al IV grado quello presente
nel I movimento della Sonata KV 545, dove però la zona della sottodominante da lui individuata, non
si trova all’interno dello Sviluppo, ma coincide con l’inizio della Ripresa. La contraddizione di tale
ipotesi risiede però nel fatto che se, per definizione, la meta armonica costituisce il punto di arrivo
tonale dove inizia il moto armonico che riporta il discorso musicale verso la tonica, non si vede dove,
in caso di coincidenza con la stessa Ripresa, possa iniziare il vettore di ritorno all’interno dello
Sviluppo. In realtà, seguendo invece un criterio di analisi comparata dei percorsi armonici compresi
nelle sezioni di Sviluppo (e non oltre) all’interno del corpus delle diciotto Sonate, rileviamo l’utilizzo
del IV grado come meta armonica in sostituzione della tonica parallela nelle due Sonate scritte in
tonalità minore, le Sonate KV 310 e KV 457. Ravvisiamo oltre a ciò, anche se con una certa difficoltà
di determinazione, l’unico caso di utilizzo dell’accordo di sottodominante parallela (il II grado), a
scopo di sostituzione dell’accordo sul VI grado, nella Sonata KV 282.
Come risulta dalla tabella 2, la presenza del percorso armonico indicato da Eiseman all’interno
dello sviluppo risulta in ben 16 Sonate (con le sole esclusioni quindi della KV 283 e della KV 331,
quella con il Tema e variazioni come primo movimento). In tal senso si potrebbe definire lo sviluppo
del primo movimento delle sonate mozartiane una grande cadenza alla dominante attraverso le funzioni
di tonica parallela o di sottodominante.
Tabella 2
Sonata
Tonalità
KV 279
KV 280
KV 281
Do maggiore
Fa maggiore
Sib maggiore
KV 282
KV 283
KV 284
KV 309
KV 311
KV 310
KV 330
KV 331
KV 332
Mib maggiore
Sol maggiore
Re maggiore
Do maggiore
Re maggiore
La minore
Do maggiore
La maggiore
Fa maggiore
KV 333
KV 457
KV 533
KV 545
KV 570
KV 576
Sib maggiore
Do minore
Fa maggiore
Do maggiore
Sib maggiore
Re maggiore
Punto di arrivo tonale (meta armonica)
dello Sviluppo nei primi movimenti
(D)
Tp
(D)
Tp
t
(DD)v Tp
(D) Sp
D
(D) Tp
(D) Tp
(D) Tp
(D) s
(D) Tp
Tema e variazioni
t
(DD)v Tp
(D) Tp
(D) s
(D) Tp
(D) Tp
(D) Tp
(D) Tp
1.3 La cesura tra Esposizione e Sviluppo
Il secondo aspetto da analizzare, come accennato in precedenza, riguarda la concezione
dell’inizio dello Sviluppo come momento di forte cesura rispetto alla Coda dell’Esposizione. Ciò si
realizza in tre modi: per funzione armonica, per cambio ritmico-motivico e per uso del primo tema
nella tonalità della Coda dell’Esposizione, così come illustrato nella tabella 3.
Tabella 3: Effetto di contrasto tra Coda dell’Esposizione e inizio dello Sviluppo
Sonata
KV 279
KV 284
KV 309
KV 311
KV 533
KV 545
KV 576
KV 570
KV 457
KV 282
a) Per funzione armonica
Accordo usato all’inizio dello Sviluppo
Dominante minore
Dominante minore
Dominante minore
Dominante minore
Dominante minore
Dominante minore
Dominante minore
Dominante della tonalità in relazione di terza minore
Dominante della Sottodominante minore
Dominante della tonalità parallela della sottodominante
Materiale tematico utilizzato
Tema I
Materiale tematico nuovo
Tema I
Materiale di Coda Esposizione
Tema I
Materiale di Coda Esposizione
Materiale di Coda Esposizione
Transizione
Tema I
Tema I variato
Sonata
KV 280
KV 283
KV 330
KV 332
KV 281
Sonata
KV 333
KV 310
Materiale tematico
Nuovo
Nuovo
Nuovo
Nuovo
Nuovo
b) Per cambio ritmico-motivico
Ritmo
Più lento
Più lento
Più lento
Più lento
Uguale
c) Per l’uso del Tema I nella tonalità della Coda dell’Esposizione
Tema I
Tema I alla Dominante
Tema I alla relativa maggiore
a) La funzione armonica
Il primo procedimento (tab. 3a) riguarda l’utilizzo di funzioni armoniche contrastanti tra la fine
dell’Esposizione (dove si raggiunge la tonalità della Dominante) e l’inizio dello Sviluppo, in grado di
veicolare un deciso cambio di connotazione espressiva. La funzione armonica usata a tale scopo risulta
essere in sette Sonate su diciotto la dominante minore, quattro volte all’interno delle prime otto (KV
279, 284, 309, 311) e tre volte all’interno delle ultime quattro (KV 533, 545 e 576), con ciò saltando a
piè pari il periodo parigino ed il primo periodo viennese (Sonate composte dal 1778 al 1785). Mozart
usa questa procedura sempre per introdurre un repentino cambiamento di espressione in grado di
spiazzare totalmente l’ascoltatore, e questo non solo grazie all’inversione di polarità maggiore-minore
(come nel caso delle Sonata KV 545, es. 1),
Es. 1: Sonata KV 545, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo.
ma anche grazie all’improvvisa ripresentazione del primo tema (come nel caso delle Sonate KV 279 e
309, ess. 2 e 3) che, di fatto, si presenta come un notevole elemento di rinforzo del cambio connotativo.
Es. 2: Sonata KV 279, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo
Es. 3: Sonata KV 309, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo
La modifica della connotazione espressiva viene poi sostenuta da altri aspetti della scrittura
compositiva. Anticipando brevemente una particolarità appartenente alle costanti esterne, assistiamo
nel caso della Sonata KV 279 ad un passaggio brusco verso una configurazione tipica di un tutti
orchestrale, veicolato da un seppur momentaneo ispessimento della voce superiore (da una linea
solistica ad un accordo) e da una parziale modifica dell’articolazione fraseologica rispetto a quanto
udito nella coda dell’Esposizione. Ad esempio nella Sonata KV 279, mentre nelle ultime due battute
della coda l’articolazione consiste in una frase di 2/4 seguita da quattro figure di 1/4, l’inizio dello
Sviluppo presenta l’alternanza (rafforzata anche dal continuo cambio di registro) di frasi di 1/4
concluse dal battere successivo con frasi di 2/4 precedute da un levare.
Per quanto riguarda le altre tre Sonate, delle sette soggette a questo procedimento, va precisato
che l’effetto cercato dal compositore si avvale questa volta del senso di “sinistra” attesa creata
attraverso una scarnificazione della scrittura compositiva che indirizza la proiezione percettiva
dell’ascoltatore verso un evento futuro drammaticamente più rilevante. Nella Sonata KV 533 (es. 4) il
proporre all’inizio dello Sviluppo il primo tema in tonalità minore prima al soprano (batt. 102) e poi al
basso (batt. 108) rispettando quasi la procedura imitativa di un’invenzione bachiana,
Es. 4: Sonata KV 533, I mov., inizio Sviluppo
prelude ad un successivo episodio più concitato, costruito sull’imitazione ravvicinata del secondo tema
(quasi come uno stretto di fuga, bb. 125-139) e contraddistinto da una dinamica marcata con
l'indicazione sforzando e forte (es. 5).
Es. 5: Sonata KV 533, I mov., bb. 123-139
Anche nello Sviluppo della Sonata KV 576 Mozart (es. 6) ripropone il disegno melodico in
6/8 con cui si chiude l’Esposizione, con la polarità di modo invertita. Alla creazione di un clima di
attesa, segue subito la sua risoluzione con la riproposizione dello stesso disegno connotato da una
dinamica in forte come in un tutti orchestrale, che introduce ancora una volta un procedimento
imitativo, ovvero la ricomparsa del primo tema, contrappuntato a se stesso (batt. 62 e 63).
Es. 6: Sonata KV 576, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo
L’inizio dello Sviluppo della Sonata KV 311 (es. 7) presenta un’interessante particolarità:
anche qui la ripresentazione dell’ultima idea melodica udita nella Coda dell’Esposizione è sottoposta al
consueto cambio di polarità armonica, ma l’accordo di dominante minore si percepisce subito come
veicolo cadenzale di funzione sottodominantica rispetto alla tonalità di Sottodominante parallela (nel
caso di questa Sonata in tonalità di re maggiore, mi minore) che si raggiunge immediatamente dopo.
Tuttavia, nonostante l’esigua durata di una battuta della semifrase in oggetto, siamo di fronte anche qui
allo stesso procedimento armonico. Che Mozart faccia durare poco la percezione di dominante minore
come tonalità a sé stante e decida di impiegarla subito come accordo di transizione, è una questione di
economia di percorso per ottenere, anche qui, una modulazione che crei l’impressione di un cambio di
connotazione.
Es. 7: Sonata KV 311, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo
Esaminiamo ora gli altri casi di contrasto tra la Coda dell’Esposizione e l’inizio dello Sviluppo
ottenuto con un cambio di funzione armonica non legato all’uso della dominante minore, comprendenti le Sonate KV 282, 457 e 570. Nella Sonata KV 457 (es. 8) l’effetto di antitesi è ottenuto presentando il primo tema all’inizio dello Sviluppo nella tonalità della dominante relativa alla tonalità della
sottodominante minore, utilizzando come veicolo di tale effetto una scrittura rappresentata dal
consueto ispessimento riferibile ad un’ipotetica trascrizione per pianoforte di un tutti orchestrale.
Es. 8: Sonata Kv 457, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo.
Anche all’inizio dello Sviluppo nella Sonata KV 570 sono utilizzati degli accordi “orchestrali”,
ma poiché in questo caso ciò non presenta una discontinuità con quanto udito nella Coda dell’Esposizione, Mozart ottiene l’effetto di contrasto grazie all’introduzione di una tonalità in relazione di terza
maggiore rispetto alla tonalità del secondo gruppo tematico, nella fattispecie re bemolle maggiore
rispetto a fa maggiore.
Nell’ultima Sonata da analizzare all’interno di questa tipologia, la Sonata KV 282, ci troviamo
di fronte ad un’elaborazione decisamente più complessa. Qui Mozart inizia lo Sviluppo (es. 9) con
l’incipit del primo tema sottoposto ad un processo di diminuzione ritmica, in grado di generare
successivamente una sincope che sorregge un salto di ottava in valori di semiminime, seguito da un
disegno melodico discendente per terze in crome.
Es. 9: Sonata KV 282, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo
L’effetto di contrasto ritmico-motivico è qui accentuato dalla funzione armonica sottostante, un
accordo di settima diminuita (caso unico in tutto il corpus delle Sonate) della dominante del secondo
gruppo tematico che, risolve, appunto, sulla sua dominante, ovvero nella tonalità di fa maggiore. In
questo caso l’effetto è duplice: rispetto all’Esposizione, l’ascoltatore percepisce subito una discontinuità sia nella variazione ritmico-melodica cui è sottoposto il primo tema, sia ancor di più la sensazione di un’instabilità armonica provocata dalla settima diminuita nel basso, che proietta il disegno
stesso verso una modulazione improvvisa in grado di generare un discorso musicale nuovo.
b) Il cambio ritmico-motivico
Nelle Sonate per pianoforte di Mozart una forte cesura tra Esposizione e Sviluppo può essere
creata da un totale cambio motivico. Questa seconda tipologia, presente in cinque Sonate su diciotto
(si veda la tab. 3b) si realizza con l’inserzione di una nuova idea tematica, contraddistinta da un
modulo fraseologico e ritmico completamente diverso in grado di iniziare ex novo il percorso di
elaborazione tematica presente nello Sviluppo. Nel corso dei primi movimenti di quattro Sonate (KV
280, 283, 330 e 332) la nuova sezione si presenta con un andamento più lento rispetto alle rispettive
Code (considerate nel loro segmento finale) mentre solo nel caso della Sonata KV 281 l’inizio dello
Sviluppo mantiene la stessa configurazione ritmica della Coda (es. 10), dovuta alla reiterazione di
veloci quartine di biscrome nel basso di sostegno.
Es. 10: Sonata KV 281, I mov., fine Esposizione-inizio Sviluppo.
c) Il primo tema nella tonalità della coda dell’Esposizione
La terza ed ultima procedura da analizzare per esaurire il corpus delle Sonate in merito
all'opposizione tra Esposizione e Sviluppo, si riscontra in sole due Sonate, con ciò constatando il fatto
di trovarci di fronte al gruppo più piccolo di quelli finora considerati. Qui Mozart ottiene un effetto di
contrasto leggermente più attenuato rispetto a quello delle categorie precedenti mediante l’utilizzo del
primo tema proposto nella tonalità raggiunta nella coda dell’Esposizione. Nella Sonata KV 310,
l’unica di questo gruppo scritta in tonalità minore, il senso di antitesi è dato dalla riproposizione del
primo tema nella tonalità della relativa maggiore, che, di fatto, assume così una connotazione più
luminosa rispetto a quella tragica presente nell’Esposizione. Nell’altra Sonata, la KV 333, Mozart
inizia lo Sviluppo con il primo tema nella tonalità della Dominante che assume in sé valenza di
contrasto per il fatto di presentarsi in una diversa fisionomia armonica rispetto alla sua apparizione
iniziale nella tonalità della tonica. D’altronde, se questo tipo di procedimento mirato ad ottenere un
effetto drammatico mediante il cambiamento di tonalità era già presente in gran parte nelle Sonate per
clavicembalo scritte da Domenico Scarlatti in Spagna nel secondo quarto del XVIII secolo [Rosen
1979, 48], va altresì precisato che nella Sonata KV 333 la riapparizione del primo tema avviene a
seguito di una coda dell’Esposizione composta da una cadenza di quattro misure fortemente affermativa dal punto di vista tonale, ma assolutamente convenzionale se analizzato sotto l’aspetto contenutistico [Rosen 1979, 81]. Stabilita l’estrema “convenzionalità” di tale coda, Mozart poteva permettersi di
ottenere un effetto di contrasto semplicemente mediante la riproposizione del primo tema nella tonalità
della Dominante, senza introdurre altri parametri.
2. Le costanti esterne
2.1 Generalità
Il problema della presenza di tipi di scrittura appartenenti a generi diversi nelle Sonate per
pianoforte di Mozart coinvolge necessariamente un discorso di carattere intertestuale già svolto da
diversi autori nell’ambito più generale degli studi sullo stile classico. Il punto di riferimento è
costituito dai lavori di Leonard G. Ratner e Kofi Agawu, che hanno elaborato distintamente e in
periodi diversi una griglia analitica in grado di operare una decodifica più sistematica nell’attribuzione
di questo o quel genere all’interno del repertorio dello stile classico viennese. Ratner, nel testo del
1980, illustra la relazione esistente tra la musica ed altri mezzi di espressione in termini di influssi
reciproci tra immagini, gesti, parole e sintassi musicale al fine di accrescerne le possibilità coloristiche
e di contenuto. In tal senso il compositore del Settecento avrebbe avuto un ampio spettro di materiale
referenziale a disposizione, in grado di costituire un linguaggio compreso da esecutori ed ascoltatori e
codificato negli scritti teorici coevi o immediatamente successivi. Ci si riferisce, ad esempio, agli scritti
di Johann Mattheson [1739] e di Heinrich Koch [1802], dove è possibile trovare indicazioni sull’uso
compositivo di stilemi retorici, teoria degli “affetti”, modalità di esecuzione, stili caratteristici e
relazioni di generi. Ed è proprio da questo linguaggio polivalente che nasce la teoria dei topics,
elementi intesi come argomenti di discorso in seno a tale linguaggio, in grado di essere incorporati in
un brano musicale sia come tipologie (perlopiù danze, come minuetto, polonaise, gavotta, etc.), sia
come stili (figure eterogenee interne come musica militare e da caccia, stile brillante, cantabile, etc.).
Rielaborando il concetto espresso da Ratner, Kofi Agawu in Playing with signs del 1991
individua 27 topics (ouverture alla francese, stile severo, cantabile, brillante, etc.) che costituiscono
tuttavia solo un punto di partenza, in quanto il numero può ampliarsi man mano che ne vengono
riconosciuti altri. Essi vengono indicati in riferimento a segni stilistici esterni all’opera, la cui analisi
rientra in quella che Agawu stesso definisce "semiosi estroversiva", cioè eso-semantica. Al contrario,
l’analisi armonica fa riferimento alle strutture interne dell’opera, e fa quindi parte della cosiddetta
"semiosi introversiva", cioè endo-semantica. Per Agawu i topics sono dei veri e propri segni musicali,
formati da un significante (un certo tipo di disposizione delle strutture musicali) e da un significato,
rappresentato da unità stilistiche convenzionali. Essi rappresentano, nel senso espresso dal celebre
linguista e semiologo Roland Barthes [1974, 196-197], quello che potrebbe essere definito un
"sistema semiotico di secondo ordine", poiché essi prendono un segno musicale (ad esempio lo stile
severo), lo svuotano in parte del significato di origine e poi lo riempiono di un nuovo significato,
collocandolo in un nuovo contesto, come ad esempio in un punto particolare di una sonata per
pianoforte. Nel nuovo contesto il segno assumerebbe la valenza di una "figura stilistica" riconoscibile
dall’ascoltatore esperto, che si troverebbe quindi nella posizione di decodificare continuamente i
possibili riferimenti intertestuali presenti nelle varie opere.
Proprio in merito all’inserimento di moduli eterogenei all’interno della scrittura delle Sonate
per pianoforte di Mozart, circa 11 anni dopo il suo lavoro sullo stile classico, Ratner ha elaborato nel
1991 un saggio apparso su Early Music al cui interno, analizzando solo l’Esposizione del primo
movimento della Sonata KV 284, vengono individuate delle cellule specifiche basate sia sui topics
prima citati, sia (ed è questa la novità rilevante rispetto al lavoro di Agawu) ad un’ideale attribuzione
orchestrale facendo riferimento a stilemi utilizzati dallo stesso Mozart nelle sue composizioni per
orchestra. Questa volta, il rimando intertestuale non è riferito solo a categorie extramusicali di ordine
stilistico o a categorie intramusicali di ordine armonico, ma sottolinea precise connotazioni di scrittura
presenti in generi diversi da quello strettamente pianistico, quali il sinfonico, l’operistico e il solistico
con l’orchestra. Potremmo affermare che in questo caso il "sistema semiotico di secondo grado" non
veicola un rimando di carattere connotativo, bensì una serie di citazioni che si riferiscono in particolar
modo a precise tipologie di scrittura, con ciò puntando ad un sistema segnico trasversale rispetto alle
due categorie citate di semiosi intra ed extramusicale, dove le caratteristiche di raggruppamento, di
disposizione e di conduzione dei suoni secondo i generi di appartenenza sono gli archetipi lessicali in
grado di costituire un universo possibile di relazione. Nella fattispecie, questa tipologia estremamente
variegata di scrittura presente nelle Sonate mozartiane – definibile come “scrittura bivalente” in
relazione al fatto di poter essere considerabile non soltanto come una scrittura pianistica stricto sensu
– genera un effetto sonoro orchestrale, di “quasi trascrizione” secondo la definizione di Hans Eppstein
[1991], in cui si tenta di riprodurre, nella scrittura pianistica, alcuni effetti strumentali idiomatici,
prevalentemente di archi o di fiati. Ratner fa corrispondere tali effetti a determinati passaggi pianistici,
ma non specifica il criterio con cui oggettivamente è costruita tale correlazione tranne che per il fatto
che tali correlazioni nascono per contrasto o per giustapposizione di masse sonore diverse per densità
di scrittura e/o di registro. Esaminando l’esempio tratto dal saggio di Ratner, si può tentare di
individuare meglio le modalità di queste attribuzioni (es. 11).
Es. 11: Ratner 1991, 617-618
Iniziamo dai moduli riferiti all’orchestra compresa nella sua integrità: l’unisono orchestrale,
indicato nell’esempio con “orchestral unison as a concerto tutti”, che corrisponde alla scrittura
eseguita dalle due mani a distanza di ottava o di doppia ottava, e il tutti orchestrale, “orchestral tutti
concitato”, caratterizzato nella mano destra non solo dalle ottave spezzate ma anche dalle semicrome.
Con colpi d’arco, “coups d’archets” vengono denominati accordi arpeggiati dalla nota più grave a
quella più acuta, mentre per quanto riguarda la linea del basso abbiamo tre tipi di scrittura: il basso
cupo, “murky bass”, composto dalla reiterazione di un’ottava spezzata che insiste nel registro basso, il
basso ostinato, “trommel-bass”, diverso dal precedente solo per l’insistenza sulla stessa nota anziché
di due a distanza di ottava e il basso tipo-ciaccona, “chaconne-type”, delineato da una linea melodica
discendente. Un altro termine squisitamente orchestrale è rappresentato dalla "fanfara" con cui si
indica un tipo di scrittura nel registro medio-acuto basata su arpeggi spezzati di triadi perfette maggiori
o minori, legate idealmente alla coeva prassi esecutiva degli ottoni, mentre Tutti-solo rappresenta una
scrittura a valenza mista in cui, a breve distanza (nell’esempio di Ratner all’interno della stessa battuta)
un effetto di massa sonora ottenuto con ottave spezzate (come indicato in “orchestral tutti; concitato”)
si contrappone ad una linea melodica solistica potenzialmente riferibile ad uno strumento singolo. Ora,
considerando che i topics di matrice connotativa o ritmica, come marcia, rubato e recitativo obbligato,
sono descritti dalla loro stessa denominazione, ne rimangono due da definire, quello di "brilliant
style", corrispondente ad una generale tipologia di scrittura di carattere virtuosistico, e quello di
"singing style", di definizione più problematica. Ratner, nel suo studio sullo Stile Classico [1980, 19],
dà una definizione di questo termine legata ad una «musica di vena lirica, in tempo moderato e
caratterizzato da una linea melodica cantabile con valori melodici lenti all’interno di un ambito
abbastanza ristretto». Nel saggio sulla Sonata KV 284 [1991, 619], tale definizione viene esemplificata da passaggi sostanzialmente omogenei, riferiti:
- ad una linea melodica cantabile legata senza basso (b. 22);
- ad una linea melodica accompagnata da un basso fissato su una nota (bb. 9-10);
- ad una serie di linee melodiche (bb. 4-6, 9-12, 41 e 44) suscettibili di un’ipotetica orchestrazione riferita a coppie di strumenti a fiato per peculiarità di fraseggio, per essere scritte a
distanza di terza e sesta e per essere collocate in un registro medio acuto.
Naturalmente noi potremmo continuare su questa linea e rendere l’elenco di Ratner ancora più
specialistico, ma ciò che ora ci interessa sottolineare è questo: stabilita la presenza di moduli squisitamente pianistici e di moduli potenzialmente orchestrali, ci si chiede con quale coefficiente di ridondanza siano stati uniti da Mozart all’interno dei movimenti, unitamente a quale siano i loro punti di
riferimento strutturale.
L’ipotesi proposta è quindi la seguente: Mozart compone le sue Sonate per pianoforte
utilizzando moduli di scrittura che propongono spesso delle correlazioni tra il primo movimento
(l’Allegro in forma-sonata) e la scrittura per orchestra utilizzata nelle sinfonie, tra il secondo
movimento (in forma-sonata o in forma-lied) e la scrittura operistica ed infine tra il terzo movimento
(Rondò o rondò-sonata) e la scrittura dei concerti per strumento solista ed orchestra. Rimandando alla
mia tesi di laurea [Albrizio 2003] per una esposizione esaustiva delle tre tipologie, in questa sede mi
limiterò a evidenziare solamente le correlazioni dei movimenti estremi, in quanto in questi è maggiore
il potenziale di ambiguità che si può generare per l’uso combinato di stilemi pianistici e orchestrali.
2.2 Correlazioni tra i movimenti finali delle Sonate e quelli dei Concerti per pianoforte e orchestra
Nella tabella 4 sono stati descritte le due possibili tipologie di scrittura rilevate nei movimenti
finali delle Sonate in relazione a possibili riferimenti idiomatici tipici del concerto per pianoforte e
orchestra. Nella seconda colonna sono indicati i procedimenti compositivi utilizzati negli episodi
iniziali al fine di ottenere un effetto dialogico che può evocare la contrapposizione tra le due entità
sonore. Nella terza colonna è invece indicata la presenza di cadenze (potenziali o reali) con funzione
affine a quelle dei concerti solistici
Tabella 4
Sonata
Episodi iniziali: stilemi riguardanti il procedimento dialogico tra pf. e orchestra
con riferimento alle relative battute e alla fraseologia
KV 279
KV 280
KV 281
KV 282
Cambio registro bb. 1-8: a(4) + a’(4) [all’8ava inferiore]
Cambio registro a(8) + a’(8) [all’8ava inferiore]
Sonorità evocante vc. e cb. a(4) + a(4) [aggiunta ottave alla m.s.]
Scrittura potenzialmente differenziata (elementi pf. + elementi orch.) a(8) + b
(6) [altro disegno con basso albertino]
Scrittura potenzialmente differenziata (elementi pf. + elementi orch.) a(8)
[con trommel-bass] + b(8) [figurazione più articolata]
KV 283
KV 284
KV 309
KV 310
KV 311
KV 330
KV 331
KV 332
KV 333
Sonorità evocante vc. e cb. a(8) + a’(7 + 3). + b(4) [aggiunta ottave alla m.s.]
Struttura a sezioni con rit. centrale a(8+8+4) + b(8) [altro disegno della m.s.]
Struttura a sezioni a(4 + 4[cambio disegno della m.s. + aggiunta ottave])
Cambio accompagnamento a(8 ) + a’(7) [aggiunta arpeggi al basso]
Struttura a sezioni con rit. a( 8, con rit.) + b(16, con rit.) + c(8, con rit.)
Nucleo tematico potenzialmente Solo-Tutti a(3) [solo] + b(3) [Tutti]
Cambio accompagnamento a(8) + a(8) [aggiunta basso albertino]
KV 457
Cambio registro a(8) + a(8) [all’8ava inferiore]
KV 533
KV 545
KV 570
KV 576
Presenza di una possibile Cadenza solistica
Cadenza (b. 43)
Cadenza (b. 173)
Cadenza (bb.
171-198)
Cadenza (bb.
228-244 )
Cadenza (bb.
143-169)
Struttura a sezioni con rit. a(8, con rit.) + b(4) [basso albertino]
Struttura a sezioni con rit. a(22, con rit.) + b(8, con rit.) + c(12, con rit.)
Cambio accompagnamento a(8 ). + a(8) [disegno m.s. più concitato]
Il primo dato di partenza è rappresentato dall’inserzione, in cinque Sonate (KV 281, 311, 333,
457 e 533), di cadenze vere e proprie, tipiche del concerto per pianoforte ed orchestra, arrivando
addirittura nella Sonata KV 333 alla specificazione della dicitura “Cadenza in tempo” dopo un
episodio tipicamente orchestrale che si conclude su un accordo di quarta e sesta (es. 12).
Es. 12: Sonata KV 333, III mov., bb. 169-175.
A questo dato vanno aggiunti una serie di indizi pertinenti l’ipotesi prima avanzata: sempre per
quanto concerne il terzo movimento, anche all’interno delle Sonate che non contengono una Cadenza,
si ravvisa spesso una struttura dialogica tra stilemi pianistici ed orchestrali tipica della costruzione
fraseologica dei movimenti finali dei Concerti mozartiani per pianoforte ed orchestra. Questi ultimi,
come illustrato nella tabella 5 dove sono presi in considerazione, come esempio, gli episodi di
apertura, presentano inizialmente una strutturazione simmetrica per cui spesso (11 Concerti su 19
esaminati) all’esposizione del materiale tematico da parte del pianoforte, in genere di 8 battute, segue la
riproposizione del medesimo materiale da parte dell’orchestra (o, viceversa, come nel caso dei
Concerti KV 467 e KV 449).
Tabella 5. Episodi iniziali dei movimenti finali dei Concerti per pianoforte e orchestra
Concerto
KV 246
KV 271
KV 413
KV 414
KV 415
KV 449
KV 450
KV 451
KV 453
KV 456
KV 459
KV 466
KV 467
I episodio
pf., a(8)
pf., a(8 + 8 + 4 + 8 +
6)
archi, a(8)
archi, a(8)
pf., a(8)
archi, a(8)
pf.+archi, a(8)
orch., a(8, con rit.)
orch., a(8, con rit.)
pf., a(8)
pf., a(8)
pf., a(4 + 8 +2)
orch., a(8)
II episodio
orch., a (8)
orch., a1(8 + 8 + 4)
orch. (Tutti), a(8)
orch. (Tutti), b(8 + 4)
orch., a(8)
orch. (Tutti), a(8)
orch. (Tutti), a(8)
orch., b(8 con rit.+4)
orch., b(8 con rit.)
orch., a(8 + 2)
orch. a(8)
orch., a1(8 + 8 +2)
orch., b(8)
III episodio
IV episodio
orch., b+ a (16)
pf., c(8 + 8)
pf.,c(8)
orch., b(8 + 8)
pf., a(8)
pf.,c(8)
pf. a1(8 con rit.)
pf. b1(8 con rit.)
pf., a(8)
KV 482
KV 488
KV 491
pf +archi, a(8)
pf., a(8)
orch., a(8, con rit.)
orch.(Tutti), a(8)
orch., a(8)
orch., b(8, con rit.)
KV 503
KV 537
KV 595
orch., a(8 + 8)
pf., a(8)
pf., a(8)
orch., b(8 + 8)
orch., a(8)
orch., a(8)
pf.,a1(8, con rit.)
pf., c(6 + 4 + 8)
orch., b(6)
pf., b1(8, con
rit.)
pf., b(6)
Ciò crea un effetto definibile di “riproposizione variata” ottenuta differenziando densità,
volume e timbro sonoro in modo tale da innescare nell’ascoltatore una percezione dialogica tra le due
entità di riferimento. Nei movimenti finali delle Sonate mozartiane ritroviamo con una notevole
frequenza la stessa tipologia di costruzione simmetrica delle frasi iniziali ottenuta con mezzi diversi.
Tra questi, il più affine al modello dialogico del concerto per pianoforte ed orchestra è quello che
consiste nella reiterazione del tema principale con il cambio della scrittura collegato ad un ispessimento
sonoro nel registro medio-grave, atto a suggerire un tipo di scrittura orchestrale con violoncelli e
contrabbassi. Questa tipologia è esemplificata prendendo in considerazione l’inizio dell’ultimo
movimento del Concerto KV 595 (es. 13) e confrontandolo con quello del rispettivo movimento della
Sonata KV 281 (Es. 14).
Es. 13: Concerto KV 595, III mov., bb. 1-16.
Nel Concerto, la frase musicale del tema di otto battute esposta dal pianoforte solo, contraddistinta con la lettera "a", viene ripetuta simmetricamente dall’orchestra (frase "b" dell’Es. 13) con un
ispessimento sonoro costruito secondo diversi livelli: raddoppio del tema all’8° inferiore dei violini II;
trasformazione dell’arpeggio spezzato della m.s. in accordi ribattuti dei fiati; rafforzamento dell’unità
metrica con viole, violoncelli e contrabbassi.
Nell’Es. 14 sono invece riportate le prime 8 battute del terzo movimento della Sonata KV 281,
indicando con "a" e "b" le due semifrasi che vanno confrontate con le corrispondenti del Concerto KV
595. Sebbene le proporzioni si dimezzino – essendo tutto compreso in un periodo di otto battute, con
antecedente e conseguente di quattro battute ciascuno – l’effetto di contrasto è evidente. Nella seconda
semifrase il principio dialogico è ottenuto secondo diversi procedimenti: diminuzione della voce
superiore; estensione del registro al basso, in quanto nella seconda semifrase le ottave eseguite dalla
mano sinistra provengono dalla trasformazione dei bicordi della prima semifrase, quasi ad individuare
degli strumenti gravi; incremento della scansione ritmica del basso.
Es. 14: Sonata KV 281, III mov., bb. 1-9.
Proseguendo la nostra analisi sull’ipotetica dialogicità tra pianoforte ed orchestra insita nel
processo di contrapposizione di masse sonore, riscontriamo ancora tre procedimenti all’interno dei
movimenti finali delle Sonate mozartiane:
1) il cambio di registro. Se come abbiamo visto precedentemente la diversificazione di scrittura
nella ripetizione del medesimo materiale genera un effetto di virtuale attribuzione ad entità
sonore diverse, possiamo annoverare tra i procedimenti utilizzati a tale scopo anche il cambio
di registro. Si intende indicare con ciò non una semplice ripresentazione del tema in una voce
differente, ma la riproposizione dell’intero passaggio collocato in una zona diversa della
tastiera con la volontà di ottenere un timbro diverso così come accadrebbe per l’orchestra. Nei
movimenti finali delle Sonate KV 279 (es. 15), 280 e 457, Mozart traspone non solo lo stesso
segmento tematico iniziale all’ottava inferiore, ma anche l’accompagnamento (mantenendo così
la stessa distanza in relazione alla melodia), suggerendo con ciò la volontà di creare una varietà
generalizzata di ordine timbrico.
Es. 15: Sonata KV 279, I mov., bb. 1-10.
Ovviamente, il riproporre un frammento motivico in un registro di altezze diverso non è solo
uno stilema prettamente orchestrale,ma anche squisitamente pianistico. Quello che qui ci
interessa segnalare è la presenza di questo procedimento in apertura del movimento finale, a
suffragio di un’ipotetica intenzione mozartiana di riferimento ad un genere diverso, idonea a
suscitare, nell’ascoltatore, un approccio auditivo in grado di poter evocare proprio l’inizio del
terzo movimento di un possibile Concerto per pianoforte ed orchestra.
2) il cambio dell’accompagnamento. In questo caso, rilevato nelle Sonate KV 330 (es. 16), 333 e
576, la medesima frase iniziale di otto battute viene riproposta con una diminuzione del
disegno della mano sinistra in un registro più grave, la cui articolazione ritmica più mossa
determina una concitazione che contrasta decisamente con la prima esposizione dell’elemento
melodico reiterato.
Es. 16: Sonata KV 330, III mov., bb.1-15.
3) La scrittura modulare a sezioni. Tale procedimento consiste nell’attribuzione più specifica di
moduli orchestrali e moduli pianistici a sezioni diverse ben circoscritte all’interno del brano.
Analizzando i Concerti per pianoforte ed orchestra, ravvisiamo in tre di essi (KV 451, 453 e
491) la presenza di una struttura iniziale comprendente tre sezioni di otto battute ciascuna, che
vengono affidate specificatamente all’orchestra nelle prime due parti, delimitate da un
ritornello, e al pianoforte solista nella terza, con materiale tematico diverso o variato. Spostandoci ora sul versante delle Sonate per pianoforte, notiamo lo stesso tipo di organizzazione della
forma all’interno di due Sonate, la KV 331 e la KV 570, anche se con un ordine diverso della
disposizione delle sezioni. Nella prima, ad esempio, il movimento finale (il celeberrimo
Allegretto “alla turca”) si presenta con una chiarissima divisione interna in sezioni ritornellate
di cui la terza (bb. 24-32, es. 17a), la sesta, la nona (es. 17b) e la coda finale sono riconducibili
ad una potenziale "orchestrazione" (in considerazione, tra l’altro, dell’insistenza del modulo di
note ribattute al basso che Ratner aveva definito trommel-bass), mentre le altre sezioni
presentano una scrittura più squisitamente pianistica, chiaramente più brillante per articolazione
e vivacità ritmica.
Es. 17a: Sonata KV 331, III mov., bb. 25-32, terza sezione (uguale alla sesta).
Es. 17b: Sonata KV 331, III mov., bb. 88-96, nona sezione e inizio coda.
All’interno di questa casistica possono essere inseriti anche i movimenti finali delle Sonate KV
545 e 310. Nella prima, la sezione ritornellata è una sola, quella iniziale, di otto battute (es. 18),
contraddistinta da un incipit tematico basato su terze staccate che contrasta con la scrittura più
articolata della frase successiva, di fatto, anche in questo caso, più facilmente attribuibile ad un’esecuzione al pianoforte grazie anche all’inserzione di un basso albertino che ne accentua l’animazione
ritmica.
Es. 18: Sonata KV 545, III mov., bb. 1-16.
Più problematica, invece, la valutazione in questo senso dell’ultimo movimento della Sonata
KV 310. Qui, la sezione con il ritornello si trova a metà del brano (bb. 143 e sgg.), ma la sua tipologia
di scrittura basata su un disegno melodico dolce e scorrevole sorretto da un basso albertino (Es. 19a),
Es. 19a: Sonata KV 310, III mov., bb. 143-158
contrasta decisamente con il resto del brano, costruito su un nucleo tematico inquieto (Es. 19b),
Es. 19b: Sonata KV 310, III mov., bb.1-8
il cui cambiamento di spessore sonoro dovuto al passaggio nel registro grave suggerisce anche
stavolta l’intervento di masse sonore attribuibili a entità diverse (Es. 22c).
Es. 19c: Sonata KV 310, III mov., bb.64-71.
Per quanto riguarda i movimenti finali delle Sonate che non sono state menzionate nelle
categorie finora descritte, va espressa comunque un’ultima considerazione di carattere analitico.
Escludendo da questo discorso la Sonata KV 284 per la presenza di un Tema con variazioni come
movimento finale, rimangono tre Sonate (KV 282, 283 e 332) dove le correlazioni con stilemi presenti
nei concerti per pianoforte ed orchestra sono visibili nell’attribuzione degli stessi a frasi diverse o a
sezioni ben differenziate all’interno del movimento anche se non contraddistinte da ritornelli. Tra
queste, va segnalata indubbiamente come la più indicativa di questa tendenza la Sonata KV 332, in
quanto già il primo nucleo tematico dell’Allegro assai finale (es. 20) presenta una divisione al suo
interno tra una figurazione brillante tipicamente pianistica ed una serie di ottave spezzate, il cui
assemblaggio era stato indicato da Ratner proprio utilizzando il termine tutti-solo.
Es. 20: Sonata KV 332, III mov., bb.1-7.
2.3 Correlazioni tra i movimenti iniziali delle Sonate e quelli delle Sinfonie
Mentre nei movimenti finali delle Sonate per pianoforte, Mozart riesce spesso a darci
l’impressione di scrivere le frasi per due entità sonore diverse grazie alla contrapposizione di masse
sonore, nei primi movimenti delle Sonate si può ipotizzare la presenza di stilemi legati al linguaggio
orchestrale presente nelle sinfonie. Ratner [1980, 135] aveva già segnalato questo aspetto dello stile
mozartiano, ripartendo i casi rilevati in tre tipologie: stile di concerto (Sonate KV 279, 309 e 457),
stile della serenata per archi (Sonate KV 281, 282, 330, 332, 333 e 576) e stile della sinfonia d'opera
(Sonate KV 284 e 311). Ma ciò che risalta ad un esame analitico condotto applicando ulteriormente le
categorie di Ratner presenti nel suo successivo studio sulle Sonate, è l’utilizzo della “scrittura
bivalente” nei due principali gruppi tematici. Ciò accade in undici delle diciotto Sonate (KV 279, 280
[Es.24], 282, 284, 309, 311, 310, 332, 457, 570, 576, come illustrato nella Tabella 7), ma la
rilevazione sembra essere più determinante se si tiene conto del fatto che delle Sonate rimanenti una è
stata concepita con un chiaro intento didattico (KV 545) e una presenta un Tema con variazioni come
primo movimento (KV 331).
Tabella 6. Elementi della “scrittura bivalente” nei temi principali dei primi movimenti
Sonate
KV 279
KV 280
KV 281
KV 282
KV 283
KV 284
KV 309
KV 311
KV 310
KV 330
KV 331
KV 332
KV 333
KV 457
KV 533
KV 545
KV 570
KV 576
Primo tema
b.1, coups d’archets, Tutti; bb. 1-4, brilliant style; [stile
di concerto]
b.1, m.d., coups d’archets, Tutti; bb. 3-6, m.s., trommelbass, m.d., singing style; (Es. 24)
[stile della serenata per archi] b. 3, coups d’archets;
bb. 1-3, singing style; [stile della serenata per archi]
bb. 1-3, orchestral unison as a concerto tutti; [stile della
sinfonia d'opera]
bb. 1-2, orchestral unison as a concerto tutti [stile di
concerto]
b.1, coups d’archets ,Tutti; [Stile della Sinfonia per opera
italiana]
bb. 1-5, Tutti (m.s., trommel-bass);
Secondo tema
bb. 27 e 31, ottave al basso (sonorità evocante l’intervento di v.celli e contrabbassi)
bb. 22-25, md., singing style, m.s., chaconne-type bass
bb. 33-42, m.d., march, m.s., basso albertino
bb. 24-27, march; bb. 28-31, singing style
bb. 23-26, m.d., brilliant style, m.s.,
trommel bass;
[stile della serenata per archi]
bb. 1-4, m.d., legature tipiche del cambio d’arcata, [Badura-Skoda 1980, 72] m.s., basso albertino; [stile della
serenata per archi]
[stile della serenata per archi]
bb. 1-2 e 5-6, orchestral unison as a concerto tutti; bb.
3-4 e 7-8, singing style; [Stile del Concerto]
bb. 41-48, singing style;
bb. 1-4, orchestral unison as a concerto tutti; legature
tipiche del cambio d’arcata [Badura-Skoda 1980, 71].
bb. 1-2 e 5-6, orchestral unison as a concerto tutti; [Stile
della serenata per archi]
bb. 41-48, m.s., stesso disegno melodico
del primo tema
bb. 42-45, singing style;
bb. 36-43, m.d., singing style, m.s., basso
albertino
Es. 21: Sonata KV 280, I mov., bb. 1-5.
Comunque, al di là del dato squisitamente numerico, vanno sviluppate alcune considerazioni di
carattere stilistico: Mozart non utilizza le categorie orchestrali descritte da Ratner allo stesso modo in
ogni Sonata; ad esempio, l’evidenza della massa sonora in apertura di movimento tipica del tutti
orchestrale, è usata in quattro Sonate (KV 280, 284, 311 e 310), di cui due successive al 1777 (KV
311 e 310), anno in cui Mozart venne a contatto con l’orchestra di Mannheim. Si tenga conto, tra
l’altro, che la prima Sinfonia da lui scritta a Parigi l’anno successivo, la Sinfonia n. 31 K 297 in re
maggiore, presenta un inizio costituito da un tutti orchestrale e forse ciò ci rende legittimo ipotizzare
che tale procedimento si presenta come una “immagine sonora” dell’esperienza avuta a Mannheim
impressa nella mente del compositore. D’altronde, a riprova dell’estrema peculiarità di questo stilema
all’interno del linguaggio sinfonico mozartiano, va puntualizzato il fatto che analizzando le 20 sinfonie
composte da Mozart tra il 1773 ed il 1788, si nota l’utilizzo del tutti orchestrale in apertura di
movimento in ben nove Sinfonie (KV 162, 181, 182, 184, 199, 202, 319, 338 e 551), mentre il
procedimento legato all’impiego dell’unisono orchestrale nella stessa posizione, è rilevabile in altre
nove Sinfonie (KV 182, 183, 200, 297, 318, 385, 425, 504 e 543), di cui tre (le ultime) nell’introduzione al primo movimento. Sembra quasi che Mozart abbia diviso equamente anche nelle Sonate
per pianoforte questi due stilemi fortemente caratterizzanti il senso orchestrale, visto che l’impiego
dell’unisono orchestrale è presente all’inizio di altre quattro Sonate (KV 309, 457, 570, 576).
In questo senso rileviamo, ad esempio, un’affinità presente tra l’inizio della Sonata KV 309,
come abbiamo visto scritta nel 1777 sotto l’influsso dell’orchestra di Mannheim, e quello della
Sinfonia Jupiter KV 551, composta da Mozart molti anni dopo, nel 1788. All’interno del gruppo
tematico di apertura rileviamo lo stesso procedimento di costruzione della struttura sonora: nella
Sinfonia (es. 22), l’antecedente e il conseguente alternano un incisivo disegno melodico di due battute
eseguite da un unisono orchestrale in forte (contraddistinto dalla lettera "a"), ad una linea melodica più
dolce in piano, sempre di due battute, affidata ai soli archi ("b"). Questo primo periodo di otto battute
(a-b-a-b) precede le frasi successive eseguite da tutta l’orchestra in forte, contraddistinte in partitura
dalla lettera "c".
Es. 22: Sinfonia KV 551, I mov., bb. 1-16.
Se ora analizziamo il primo movimento della Sonata KV 309 (es. 23), vediamo che Mozart
propone un tema principale costituito da due frasi iniziali di due più cinque battute; mentre le prime
due battute, contraddistinte anche qui dalla lettera "a", sono costruite su un disegno in forte eseguito
dalle due mani all’unisono di marcata incisività, le seguenti cinque battute, segnate con "b", sono in
piano e mostrano un andamento più pacato. E anche stavolta, alla successiva riproposizione dei due
segmenti a e b, Mozart fa seguire una fragorosa frase in forte con delle ottave e dei bicordi della mano
destra, evocanti una sonorità orchestrale (lettera "c" nell’esempio).
Es. 23: Sonata KV 309, I mov., bb. 1-22.
Anche in questo caso, l’intuizione della scrittura per orchestra presenta un notevole parallelismo rispetto a quella per pianoforte, e questo aspetto storico sembra essere altamente significativo per
quello che riguarda le osmosi di scrittura all’interno delle Sonate per pianoforte, a testimonianza
dell’incredibile incrocio di generi concentrati nella penna del compositore salisburghese.
3. L'analisi, l'interpretazione e la datazione delle Sonate KV 330-333
3.1 Analisi e interpretazione
La disamina condotta attraverso le costanti interne, riferite alla scrittura concernente le loro
leggi di coesione formale, e quelle esterne riferite all’osmosi di generi diversi presenti nel loro codice
genetico, è stata svolta sia per sviluppare una loro possibile interpretazione sulla base delle loro
strutture, sia per studiarne il loro possibile decorso stilistico. Per quanto riguarda la direttrice
interpretativa si potrebbe costituire un’idea possibile di esecuzione pianistica condotta su basi
analitiche, come il codice deontologico di ogni atto interpretativo dovrebbe contemplare. Nella
fattispecie, la conoscenza delle costanti interne qui descritte potrebbe far tenere presente durante
l’esecuzione sia il filo rosso dei percorsi armonici dello Sviluppo (con ciò avendo facoltà di direzionarne la tensione interna), sia il tipo di diffrazione connotativa sottesa al suo ingresso dopo
l’Esposizione. Dall’altro versante, quello delle costanti esterne, le correlazioni tra generi diversi
potrebbero invece diventare il punto di partenza di un’immagine sonora diversa da quella strettamente
pianistica. Ad esempio, nel terzo movimento della Sonata KV 457, la cadenza a piacere delle bb.
228-243 può avere per riferimento la cadenza solistica all’interno di un concerto per pianoforte e
orchestra, e ciò potrebbe rendere l’esecutore più consapevole del rientro del virtuale tutti a b. 248 (es.
24).
Es. 24, Sonata KV 457, III mov., bb. 244-250.
Più complesso è invece il discorso riguardante la direttrice storica. In questo caso, si potrebbe
generare un processo di revisione della cronologia delle Sonate mozartiane per quanto riguarda il
gruppo delle Sonate KV 330-333, ma a questo punto converrà affrontare tale argomento in modo più
sistematico per tentare di darne una chiarificazione potenzialmente esaustiva.
La cronologia delle Sonate KV 330-333
Converrà brevemente ricordare che per quanto riguarda la cronologia delle Sonate, esiste un
problema relativo alla datazione del gruppo formato dalle Sonate KV 330-333, soggetto ad una prima
attribuzione temporale nel 1778 a Parigi da parte di alcuni musicologi, quali Köchel, Einstein,
Wyzewa e Saint-Foix. Gli studi successivi al 1970 condotti sui manoscritti autografi dimostrarono
però l’impossibilità di tale datazione. Da una parte, Wolfgang Plath nella sua ricerca sugli sviluppi
della calligrafia mozartiana, sostenne che il gruppo KV 330-332 fu composto non prima del 1780,
mentre la Sonata KV 333 poteva essere collocata tra gli anni 1783-1784. Dall’altra Alan Tyson,
analizzando la filigrana, la forma e il numero dei pentagrammi stampati negli autografi mozartiani,
dimostrò che tutte e quattro le Sonate non furono composte su un tipo di carta francese; le prime tre
infatti, furono scritte su fogli a dieci pentagrammi, tipiche del formato presente a Salisburgo, mentre
l’ultima, la KV 333, fu composta su fogli assolutamente inusuali per Mozart, vale a dire su fogli a
ventiquattro righi, divisi in due parti da dodici mediante uno spazio tra il dodicesimo ed il tredicesimo
rigo, sicuramente acquistati a Steyr, vicino a Linz, nel 1783, al ritorno verso Vienna dal suo viaggio a
Salisburgo. Se quindi appare risolto il problema relativo alla datazione di quest’ultima Sonata, rimane
parzialmente aperto quello relativo alla datazione delle prime tre, in quanto il fatto di essere state scritte
su fogli di provenienza salisburghese non risolve conseguentemente il problema relativo al luogo e
alla data del loro concepimento. A questo proposito, Plath, Tyson e Irving sono concordi nel
collocarle nella stessa fascia temporale della Sonata KV 333, ovvero alla fine del 1783, in quanto
composte da Mozart durante il suo ritorno a Vienna con una prospettiva prevalentemente didattica,
suffragata dal fatto che nei loro autografi la mano destra è annotata in chiave di soprano, tipica dei
manuali di contrappunto dell’epoca e quindi più rappresentanti dei modelli di composizione teorici ad
uso degli studenti, piuttosto che dei brani pianistici da concerto [Irving 1991, 67].
La condensazione motivica
Ai fini della confutazione della cronologia riguardante il gruppo di Sonate KV 330-332 prima
esposta, oltre ai dati emersi nel corso dell’analisi delle costanti interne ed esterne svolte nei paragrafi
precedenti, si renderanno necessari quelli relativi ad un’altra costante, questa volta operativa,
riguardanti quella che definiremo come la “condensazione motivica”, ovvero la presenza del procedi-
mento di imitazione a vari livelli, dal cambio di registro alla scrittura tipica dello stretto di fuga.
L’analisi di questo aspetto nei movimenti estremi all’interno delle Sonate, ci fornisce alcuni dati di
immediata evidenza.
Il primo, è il rilevamento della collocazione del procedimento imitativo quasi sempre in due
punti fondamentali: nello Sviluppo e all’inizio della Ripresa (anche se con minore frequenza, vedi tab.
7). Visto che tali punti coincidono con i momenti chiave del processo di drammatizzazione prima del
ritorno alla tonica e della reinterpretazione drammatica dell’Esposizione [Rosen 1971, 82], ciò ha
sicuramente a che vedere con l’esplicitazione di un momento di importante tensione espressiva.
Tabella 7. Utilizzo di procedimenti imitativi
Sonate
KV 279
KV 280
KV 281
KV 282
KV 283
KV 284
KV 309
KV 311
KV 310
KV 330
KV 331
KV 332
KV 333
KV 457
KV 533
KV 545
KV 570
KV 576
I movimento
Sviluppo, bb. 45-47
Ripresa (II tema), bb. 117-120
Sviluppo, bb. 58-61, 63-65, 67-69 e Ripresa, bb.
82-93
Ripresa (II tema), bb. 127-136
Sviluppo, bb. 40-41 e 43-45
Sviluppo, bb. 58-61, 63-65, 67-69; Ripresa, bb. 82-93
III movimento
Sviluppo, bb. 57-68
Sviluppo, bb. 90-98
Episodio centrale, bb. 60-62
Sviluppo, bb. 48-55
Esposizione (II tema), bb. 56-63
Variazioni VIII e IX
Episodio centrale, bb. 119-133
Ripresa, bb. 203-210
Tema I, bb. 5-8
II Tema, bb. 36-38, 41-43, 170-173,
175-177
Coda Esposizione, bb. 71-73; Sviluppo, bb. 75-78;
83-88; Ripresa, bb. 118-120; Coda, bb. 168-172
Esposizione (I tema, bb. 1-15; bb. 33-36; II tema, bb.
49-57; 57-62; III tema, bb. 66-75), Sviluppo, bb.
103-112; 116-119; 125-136; Ripresa (I tema, bb.
146-158; II tema, bb. 168-184; III tema, bb. 193-201)
Sviluppo, bb.37-40; Ripresa, bb. 46-53
Sviluppo (bb. 101-117)
Esposizione (ponte modulante, bb. 27-34), Sviluppo
(bb. 62-68; 69-77; 81-96), Ripresa (109-117; 137-144)
Ripresa, bb. 191-193
Cadenza, bb. 152-160
bb. 28-32; 40-44
bb. 45-52
bb. 34-40; 103-111; 125-130
Il secondo è che Mozart utilizza questo modulo compositivo in tutte le Sonate tranne che in tre,
la didattica KV 330, l’“anomala” KV 331 (per la presenza di un Tema e variazioni come movimento
iniziale) e la KV 333. Tuttavia, indipendentemente dalle ragioni sottese a questa limitazione d’uso,
rileviamo per contro una sua consistente presenza soprattutto nelle Sonate del periodo viennese, ed in
particolare conseguentemente alla riscoperta dell’universo bachiano avvenuta nel 1782 grazie alla
frequentazione del barone van Swieten [Carli Ballola-Parenti 1990, 178]. Tale stilema si esplica
soprattutto nei primi movimenti delle Sonate in oggetto, con esempi che vanno dallo Sviluppo
dell’Allegro KV 576 (es. 25, bb. 107-118), al secondo tema dell’Allegro KV 570, costruito mediante
la sovrapposizione di un nucleo di note ribattute rispetto al primo tema, che si presenta con due battute
di anticipo nel registro grave, affidato alla mano sinistra (es. mus. 29, bb. 41-46).
Es. 25, Sonata KV 576, I mov., bb. 107-118.
Es. 26, Sonata KV 570, I mov., bb. 41-46.
Ed ancora, dal “furore polifonico” [Carli Ballola-Parenti 1991, 272] del primo movimento
della Sonata KV 533 – dove il terzo tema è contrappuntato al secondo nello Sviluppo, fino a
sovrapporsi a se stesso – al Molto Allegro della Sonata KV 457, dove giunge a comprimere le entrate
dei temi come in uno stretto di fuga, tanto che il primo gruppo tematico (es. 27),
Es. 27, Sonata KV 457, I mov., Tema I
presenta delle entrate ravvicinate che iniziano alla fine dell’Esposizione (es. 28),
Es. 28, Sonata KV 457, I mov., fine Esposizione
si intensificano progressivamente nella Ripresa, come nella successione degli stretti nella fuga (es.
29),
Es. 29, Sonata KV 457, I mov., Ripresa
mentre nella Coda si riallontanano (es. 30).
Es. 30, Sonata KV 457, I mov., coda.
Ora, ai fini della nostra revisione storica riguardante il gruppo di Sonate KV 330-332, non ci
resta che sommare i dati provenienti da quest’ultimo rilievo formale a quelli delle costanti precedenti,
tentando al tempo stesso di individuare un "movente" storico in grado di giustificare una nuova
configurazione cronologica delle Sonate stesse.
Il movente storico e strutturale: una nuova cronologia delle Sonate KV 330-332
Il 26 settembre 1778, dopo sei mesi di soggiorno dai risultati molto inferiori alle attese, Mozart
lascia Parigi per tornare a Salisburgo, dove il padre ha trovato il modo di riottenere per lui l’incarico
stabile di Konzertmeister. Nella città natale, il compositore salisburghese ritorna alle insoddisfazioni di
sempre, per la scarsità delle lezioni, il basso livello dell’orchestra di corte e la mentalità ristretta in
ambito musicale dell’arcivescovo Colloredo. Ma nell’estate del 1780 giunge da Monaco un’importante commissione dal nuovo sovrano Karl Theodor, concernente la composizione di un’opera seria
per il carnevale 1781, su libretto dell’abate Giovan Battista Varesco, dal titolo Idomeneo, re di Creta.
Il 5 novembre 1780 Mozart è già a Monaco per seguire l’allestimento dell’opera, la cui prima ha luogo
il 29 gennaio 1781, con un grande successo. Per l’Idomeneo, Colloredo aveva concesso al compositore sei settimane di permesso, che erano nel frattempo abbondantemente scadute, e trovandosi
l’arcivescovo da tempo a Vienna per la morte dell’imperatrice Maria Teresa, ordinò a Mozart, il 12
marzo, di recarsi immediatamente a Vienna per le celebrazioni dell’ascesa al trono dell’imperatore
Giuseppe II, con l’idea di esibire il suo Konzertmeister nei ricevimenti che dava nella sua residenza
viennese. «A Mozart non dispiaceva l’idea di un soggiorno nella capitale, anche perché pensava di
poter dare dei concerti propri e di farsi conoscere sempre di più.»[Carli Ballola-Parenti 1991, 69]
Tuttavia,
“l’arcivescovo vuol gestire i tempi e i modi della presenza di Mozart a Vienna, disponendo
a suo piacimento del musicista; questi, da parte sua, vorrebbe sfruttare questa nuova
occasione per farsi conoscere dall’aristocrazia e ottenere un’udienza dall’imperatore
Giuseppe II. Soltanto una volta il musicista riesce a sottrarsi alla gravosa tutela, partecipando ad un concerto di beneficenza: al Teatro di Porta Carinzia (3 aprile 1781) dirige e suona,
con grande successo, una propria sinfonia e un concerto per pianoforte ed orchestra. Il
conflitto tocca il culmine quando giunge da Colloredo l’ordine, esteso a tutti i musicisti, di
ripartire per Salisburgo. A questo punto l’artista decide di rompere ogni rapporto e di
lasciare definitivamente il servizio, scegliendo di rimanere a Vienna come libero artista, che
vive dei profitti dei concerti e delle lezioni private.“[Carli Ballola-Parenti 1991, 70].
Scrive infatti Mozart in una lettera al padre: «Ho qui a Vienna le migliori e più utili relazioni
mondane, sono benvoluto e considerato nelle famiglie più importanti, mi si tratta con tutti gli onori e
per giunta mi si paga; dovrei languire a Salisburgo per 400 fiorini?». [Bauer-Deutsch-Eibl 1962-75,
vol. III, 93-95]
A giudicare da queste testimonianze la motivazione per la composizione delle tre sonate
potrebbe allora essere non tanto l'esclusiva necessità di pezzi didattici modellati sui trattati contrappuntistici dell'epoca (l'ipotesi di Plath, Tyson e Irving) quanto la volontà di mantenere viva l'attenzione
della capitale asburgica sulla propria produzione sonatistica. Questa ipotesi può essere suffragata sia
dai dati analitici in nostro possesso, sia da alcune considerazioni di carattere filologico.
Innanzitutto gli autografi delle Sonate KV 330 e 332 portano rispettivamente, sul frontespizio,
la dicitura “Sonata I” e “Sonata III”. Essendo in possesso solamente delle pagine finali dell’autografo
della Sonata KV 331, possiamo ragionevolmente supporre che quest’ultima sia stata concepita come
“Sonata II” di questo delineato gruppo di tre sonate. Tale dicitura è fortemente sintomatica del fatto
che Mozart pensasse ad una pubblicazione di tale gruppo, oltre che ad un loro utilizzo didattico.
Anche se la destinazione didattica di un lavoro può essere sempre tenuta presente, occorre chiedersi se
effettivamente Mozart abbia scritto ben tre sonate per pianoforte, numerandole come in una serie
completa, con una straordinaria configurazione pianistica stricto sensu (soprattutto nella Sonata KV
332 a fini concertistici) solamente per farne un modello didattico. E inoltre, se già la difficoltà di lettura
del suo modo di comporre costituiva un dato di fatto per la sua potenziale utenza didattica, avrebbe
scritto in chiave di soprano per complicarne ulteriormente la decodifica? Nessun didatta di pianoforte
penserebbe di porre un coefficiente di difficoltà di lettura più alto di quanto non preveda essere in
possesso dei suoi allievi. Insomma, le Sonate sono troppo squisitamente pianistiche per essere solo un
modello compositivo, e soprattutto non furono concepite ad uso esclusivamente didattico.
Dal punto di vista analitico è interessante associare le considerazioni che svilupperemo alla
lettera spedita dal padre a Mozart il 13 agosto 1788 mentre quest’ultimo si trovava a Parigi, invitando
il figlio ad adeguarsi ad un tipo di letteratura coeva per pianoforte, basata su una scrittura facile con
idee e strutture musicali altrettanto facili:
“Scrivi qualcosa di breve, di facile e di popolare…T’immagini forse che sia cosa indegna
di te? Se così è, hai pienamente torto. Quando Bach viveva a Londra, non scriveva forse
altro che bazzecole di questo genere? Anche ciò che è leggero può essere grande, se scritto
in uno stile naturale, scorrevole e facile, e se, al tempo stesso, si basa su una solida
composizione. Tali lavori sono più difficili da comporre di tutte quelle progressioni
armoniche che la grande maggioranza del pubblico non comprende, o di quei pezzi che
hanno piacevoli melodie, ma che sono difficili da eseguire”. [Bauer-Deutsch-Eibl
1962-75, vol. II, 442-447]
Probabilmente le parole «qualcosa di breve, di facile», non rimasero indifferenti a Wolfgang: a
ben guardare, proprio le prime due Sonate del gruppo in oggetto presentano un coefficiente di
difficoltà minore rispetto a quelle precedenti. Infatti, come rilevato nella costante operativa denominata
“condensazione motivica”, notiamo proprio nelle Sonate KV 330 e 331 l’assenza di qualsiasi
passaggio in stile imitato o contrappuntistico. Inoltre, le uniche imitazioni presenti nella terza Sonata
del gruppo, la KV 332, riguardano episodi brevissimi, non superiori alle quattro battute e riguardanti,
nel primo movimento, una linea melodica semplice in tempo moderato che passa dalla mano destra alla
sinistra (es. 32, rispettivamente b. 5 e 7).
Es. 32, Sonata KV 332, I mov., bb. 1-14.
Per quanto riguarda le Sonate KV 330 e 331, la volontà di non appesantire ulteriormente il
coefficiente di difficoltà esecutiva si ravvisa anche nella loro struttura. Il Tema e variazioni KV 331
presenta un’estrinsecazione molto ridotta delle potenzialità offerte da un nucleo compositivo di siffatta
maniera, ed inoltre tutta la Sonata KV 330 si rivela «di dimensioni e d’impegno elaborativi intenzionalmente modesti nella sua scrittura lieve ma solidissima e meravigliosamente appropriata al
medium timbrico ed espressivo di un pianoforte recuperato nella sua più squisita dimensione
cameristica». [Carli Ballola-Parenti 1991, 262]. Addirittura, a ben guardare, tutto il primo movimento
è giocato sulla reiterazione variata delle frasi a gruppi di due o quattro, queste sì, concepite didatticamente. Qualche esempio, tra i molteplici in questo senso, solo per quel che riguarda l’Esposizione:
a) bb.1-2/3-4; 5-6/9-10 (es. 33);
Es. 33, Sonata KV 330, I mov., bb. 1-11.
b) bb. 19-20/23-24 (es. 34);
Es. 34, Sonata KV 330, I mov., bb. 18-26.
c) bb. 42-47/48-53; 54-55/56-57 (es. 35).
Es. 35, Sonata KV 330, I mov, bb. 39-58.
Questo non era un modello teorico, ma un sistema per far assimilare meglio ad un potenziale
allievo, dal punto di vista strettamente pianistico, una composizione dove fosse molto equilibrato il
bilanciamento tra il ritorno simmetrico del materiale musicale e la sua riproposizione variata, tenendo
presente al tempo stesso l’idea di semplicità strutturale presente nella lettera del padre prima citata.
Un altro elemento strutturalmente rilevante è costituito dalla precisa volontà, da parte di
Mozart, di sintetizzare al minimo l’excursus modulante presente nella sezione di Sviluppo in modo da
limitare ulteriormente il coefficiente di difficoltà esecutiva presente, ad esempio, in una serie più
complessa di modulazioni. [Albrizio 2003, 119]. Tale volontà si ravvisa anche a proposito del terzo
movimento, dove tutto lo Sviluppo è svolto nella sola tonalità della Dominante, con un’unica
increspatura di quattro battute nella variante minore della Tonica, consistente nell’alterazione del mi
bemolle in due registri diversi (es. 36, b. 89).
Es. 36, Sonata KV 330, III mov., bb. 84-91.
Ma la facilità non è l’unica direttiva che Mozart si pose nella composizione di queste Sonate:
per cercare di essere apprezzato in un contesto così elevato come quello viennese, gli elementi di
novità e di varietà di idee musicali potevano essere sicuramente dei parametri apprezzabili, ed allora
ecco che analizzando le tre Sonate in oggetto troviamo, a parte la ripetizione della struttura della formasonata nei movimenti iniziali e finali, una diversità di moduli formali difficilmente ravvisabili
(soprattutto nei movimenti centrali) in altri gruppi di Sonate (tab. 8).
Tabella 8. Varietà nella concezione formale del gruppo di Sonate KV 330-332
KV 330
Forma-sonata
Lied tripartito con Ripresa
Forma-sonata
KV 331
Tema con variazioni
Minuetto
Rondò
KV 332
Forma-sonata
Forma-sonata senza sviluppo
Forma-sonata
Inoltre, il materiale motivico presente nello Sviluppo di tutti i movimenti in forma-sonata si
contraddistingue sempre per essere totalmente nuovo rispetto al materiale dell’Esposizione, come nella
Sonata KV 330, oppure affiancato dai temi principali, così come nella Sonata KV 332, dove però, nel
terzo movimento, proprio la sezione tematica nuova è svolta nell’insolita tonalità della Sottodominante,
caso unico in tutto il corpus delle Sonate mozartiane [Albrizio 2003, 122-124] (es. 37).
Es. 37, Sonata KV 332, III mov., bb. 112-117.
Proprio il materiale motivico ci fornisce la facoltà di passare ad un ulteriore ordine di
argomenti: ravvisiamo una possibile affinità tra l’Allegretto Alla turca KV 331 della Sonata in la
maggiore nel suo inserto più squisitamente “ottomano” (es. 38, bb. 24-32),
Es. 38, Sonata KV 331, III mov., bb. 21-32.
e l’episodio in 2/4 all’interno del movimento finale (anch’esso un Rondò) del Concerto per violino
KV 219 del 20 dicembre 1775, scritto per il violinista Antonio Brunetti (es. 39). L’affinità presente tra
i due Rondò è ravvisabile sia nella scelta della tonalità di la nelle due polarità maggiore-minore, sia
nell’impulso ritmico, che mentre nella Sonata è affidato alla m.s. nell’inserto citato, nel Concerto inizia
dal Tutti a b. 188, ed è contraddistinto da una figurazione arpeggiata sul primo ottavo della battuta
affidata ai violoncelli, che sostiene quattro ottavi reiterati nella parte dei Violini II e delle Viole.
Es. 39, Concerto KV 219, III mov., bb. 181-196.
Guarda caso, proprio Brunetti era il violinista con cui Mozart aveva tenuto i primi concerti a
Vienna appena richiamato dall’arcivescovo Colloredo, dove presso suo padre, il vecchio principe
Rudolph Colloredo, vennero eseguiti il Rondò in do maggiore KV 373 per violino e orchestra e la
Sonata in sol maggiore per violino e pianoforte KV 373a [379], eseguita proprio da Mozart stesso e
da Brunetti. E’ possibile che il compositore salisburghese abbia inserito nella Sonata KV 331 una
reminescenza legata a due composizioni risalenti a qualche anno prima? Non lo sappiamo, ma
sicuramente, tenendo presente l’affinità appena esposta, pare molto meno probabile che tale prestito si
sia potuto verificare a ulteriori due anni di distanza, senza un movente come quello dell’incontro con il
violinista italiano nel caso del Rondò finale.
L’ipotesi di partenza legata ad una possibile revisione della cronologia delle Sonate KV
330-332, prende dunque corpo in questo modo. Mozart potrebbe aver iniziato a comporle o a
stenderle sotto forma di appunti come nel caso delle prime sei Sonate, durante la sua permanenza a
Salisburgo nel 1780, poco prima della partenza per Monaco, per poi completarle nel 1781 dopo la
rappresentazione dell’Idomeneo tra Monaco e Vienna, con l’obiettivo di farle pubblicare nella capitale
asburgica e di servirsene non solo come materiale didattico per le sue lezioni di pianoforte, ma anche
come brani da eseguire in concerto – "semplici" ma con un coefficiente molto elevato di novità in fatto
di idee tematiche, procedimenti armonici e forme compositive interne.
Un ultimo elemento a suffragio di questa ipotesi, citato anche da Tyson e da Plath, riguarda la
lettera del 9-12 giugno 1784 che Mozart scrisse al padre, in cui si riferisce alle Sonate KV 330-332
come «le Sonate per pianoforte che una volta (einmal) spedii a mia sorella, la prima in do, la seconda
in la, la terza in fa». Secondo Plath, Tyson e Irving, la spedizione delle Sonate sarebbe avvenuta alla
fine del 1783 al ritorno del viaggio compiuto con la moglie a Salisburgo, dove Mozart avrebbe iniziato
a comporre le tre Sonate, richieste successivamente dalla sorella una volta che Wolfgang fosse tornato
a Vienna. Ma visto e considerato che le tre Sonate in oggetto furono poi pubblicate da Artaria nel
1784, e che la lettera appena citata porta la data del giugno dello stesso anno, come mai Mozart si
serve della definizione temporale “una volta” per indicare un evento che, secondo la tesi dei tre
musicologi citati, sarebbe dovuto avvenire a distanza non superiore ai sei mesi? E’ molto più
plausibile, al contrario, che Mozart abbia spedito alla sorella le tre Sonate durante il primo periodo
viennese, dove proprio nel 1781 aveva necessità di produrre un cospicuo numero di composizioni per
collocarsi in sintonia con il nuovo pubblico. Nella nuova cronologia qui proposta, acquista invece più
senso la reale datazione attribuita da Plath durante il ritorno citato, passando da Linz, alla Sonata KV
333, i cui stilemi fortemente caratterizzati dal genere del concerto per pianoforte ed orchestra, presenti
nel terzo movimento, sono coerentemente scritti nella prospettiva della grande stagione compositiva di
questo genere, che si avrà proprio a partire dal 1784.
L’ultimissimo quesito – che rimarrà per ora irrisolto - riguarda l’uso della chiave di soprano,
nel pentagramma riferito alla mano destra, nell’autografo delle Sonate KV 330-332: scartata l’idea di
una destinazione puramente didattica legata peraltro al modello teorico dei trattati dell'epoca, improponibile per chi ha inciso o almeno eseguito in concerto queste tre Sonate, potrebbero profilarsi
diverse idee con cui spiegare tale uso grafico, come ad esempio un riferimento a qualche composizione contemporanea, la cui stesura prevedeva proprio l’utilizzo di detta chiave. Ci si augura, in ogni
caso, che la ricerca musicologica futura possa trovare la ragion d’essere sottesa a tale particolarità,
partendo però dalla nuova ipotesi cronologica qui esposta, che, se non altro, nasce da una considerazione analitica coadiuvata da una viva esperienza pianistica.
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Elementi compositivi costanti nei movimenti estremi