Università degli Studi di Siena DIPARTIMENTO DI SCIENZE AMBIENTALI Sezione di Ecologia Via Mattioli, 4, 53100 Siena, Italy Tel. + 39 0577 232832 Fax. + 39 0577 232930 VOLUME IV° GESTIONE DELLA FAUNA ITTICA E DELLA PESCA Coordinamento scientifico: Prof. Claudio Leonzio Esecutori della ricerca: Dott. Querci Giacomo Dott. Radi Marco Dott. Bonaretti Roberto Dott.ssa Laficara Simona Dott. Bernardini Tommaso INDICE 1. Distretti Zoogeografici pag. 2 2. Le presenze ittiofaunistiche autoctone ed analisi dell’origine di quelle alloctone in Provincia di Pisa pag. 4 3. Proposta di classificazione dei corsi d’acqua pag. 9 4. I corsi d’acqua di particolare pregio pag. 12 5. Tutela della fauna Ittica: alcune proposte gestionali pag. 13 5.1 Il problema dei ripopolamenti ciprinicoli 5.1.1 Ripopolamenti con esemplari autoctoni di Luccio (Esox lucius) pag. 14 pag. 14 6. Criteri di identificazione e gestione delle Zone di Protezione pag. 15 7. I Ripopolamenti - Generalità e metodologie pag. 17 7.1 Metodologie di ripopolamento pag. 19 7.1.1 Ripopolamenti con uova pag. 19 7.1.2 Ripopolamenti con larve e con avannotti pag. 19 7.1.3 Ripopolamenti con novellame pag. 20 7.1.4 Ripopolamento con soggetti adulti o riproduttori pag. 20 7.1.5 Ripopolamenti a Salmonidi: un modello pag. 21 8. Proposte per la gestione dei ripopolamenti a Salmonidi pag. 23 8.1 Modalità di immissione degli avannotti pag. 24 8.2 Istituzione di Zone di Protezione per l’accrescimento di avannotti pag. 25 8.3 Proposte per la gestione delle popolazioni salmonicole in Provincia di Pisa pag. 26 9. La salvaguardia degli ecosistemi acquatici pag. 28 10. La Classificazione delle acque come strumento di tutela della fauna ittica pag. 29 11. Istituzione di strutture di tutela/fruizione della fauna ittica pag. 31 12. Ipotesi di regolazione del prelievo alieutico pag. 34 13. Conclusioni pag. 37 14. Bibliografia pag. 39 1 1. Distretti Zoogeografici Negli anni, numerose sono state le iniziative di specialisti in biologia dell’evoluzione volte a chiarire la collocazione delle specie ittiche presenti in Italia, rispetto al contesto zoogeografico europeo. Già Berg (1932) riconosceva, secondo una tesi condivisa anche da Arbocco (1966), una provincia mediterranea, all’interno della quale distingueva un distretto rodano/padano ed un distretto italo/greco. Recentemente, Gandolfi e Zerunian (1987) hanno proposto una provincia italica suddivisa in due sottoprovince, quella padano-veneta e quella italico-peninsulare. Secondo Bianco (1987), l’Italia è stata divisa in due distretti ittiogeografici principali: quello "Tosco-Laziale", che occupa larga parte della regione (31 bacini idrografici), rappresentato dai fiumi che sfociano nel mar Tirreno e quello “Padano-Veneto”, il quale comprende i bacini adriatici dall’Isonzo in Friuli al Vomano in Abruzzo (Fig.1). Gli elementi endemici del distretto ToscoLaziale sono essenzialmente quattro: il ghiozzo dell’Arno (Padogobius nigricans), il cavedano di ruscello (Leuciscus lucumonis), la rovella (Rutilus rubilio) e il barbo appenninico (Barbus tyberinus). A queste si aggiungono altre specie in comune con l’altro distretto; ad esempio il cavedano comune (Leuciscus cephalus) e il vairone (Leuciscus souffia), ed altre a più ampia ripartizione (specie diadrome come la trota e la lampreda). Alcuni endemismi e nuclei autoctoni sono riusciti a salvarsi dalle immissioni di fauna alloctona, soprattutto nei piccoli corsi d’acqua perenni delle aree collinari e pedemontane dell’Ombrone. Tuttavia sia il cavedano di ruscello che la rovella, due endemismi tosco-laziali, sono in progressiva diminuzione soprattutto a causa della competizione con gli alloctoni massivamente introdotti fino a qualche anno fa. A seguito dell’attività antropica, inoltre, si è verificato il passaggio di specie da un distretto all’altro (transfaunazione), per lo più da quello padano-veneto verso quello tosco-laziale, in origine caratterizzato da un minor numero di taxa. Tutte le specie autoctone, nei distretti di appartenenza, devono essere oggetto di adeguata tutela, perché, negli ultimi anni, si è assistito ad una continua riduzione del loro areale, anche a seguito dell’introduzione di specie alloctone. Per quanto riguarda invece le specie transfaunate, in particolare dall’area padano-veneta a quella tosco-laziale, è importante sottolineare che molte di queste sono ormai divenute parte integrante delle comunità ittiche toscane. In alcuni casi, si tratta di introduzioni avvenute agli inizi del 1900, come nel caso del barbo comune (Barbus plebejus). Molte specie hanno quindi avuto modo di colonizzare una vasta area del territorio regionale. Si ritiene dunque opportuno provvedere ugualmente alla loro tutela anche se, in origine, non erano presenti in tutto il territorio regionale. 2 Elenchi delle specie ittiche autoctone (AU) più rappresentative dell’area Z1, delle sub-aree Z2.1 e Z2.2 (nell’ambito del Distretto padano-veneto Dpv) e dell’area Z3 (Distretto tosco-laziale Dtl). Distretto padano-veneto (Dpv) PERTINENZA APPENNINICA Distretto tosco-laziale (Dtl -Z3) Z1 PERTINENZA ALPINA (Z1.1, Z1.2 e Z1.3) Z2.1 versante padano Z2.2 versante adriatico Anguilla Anguilla Anguilla Anguilla Vairone Vairone Vairone Cavedano etrusco Cavedano Cavedano Cavedano Vairone Scardola Scardola Scardola Cavedano Barbo Barbo Barbo Scardola Gobione Gobione Gobione Barbo tiberino Lasca Lasca Lasca Luccio Ghiozzo padano Ghiozzo padano Ghiozzo padano Rovella Triotto Triotto Triotto Ghiozzo di ruscello Alborella Alborella Barbo canino Barbo canino Savetta Cobite Cobite Luccio Trota macrostigma Luccio Trota marmorata Temolo Scazzone Fig. 1 (da Forneris et.al., 2006 modificato) 3 2. Le presenze ittiofaunistiche autoctone ed analisi dell’origine di quelle alloctone in Provincia di Pisa Con l’elaborazione dei dati ottenuti dai campionamenti effettuati sia nelle stazioni che nei “saggi”, è ora possibile avere un quadro di sintesi della presenza di specie autoctone ed alloctone in Provincia di Pisa. La tabella che segue (Tab.1), mette a confronto i dati storici bibliografici con le attuali presenze ittiofaunistiche. Specie segnalata da Scotti nel 1898 Anguilla vulgaris (anguilla) Mugyl cephalus (muggine) Labrax lupus (spigola) Cyprinus carpio (carpa) Tinca vulgaris (tinca) Barbus caninus* (barbo canino) Barbus plebeius* ( barbo) Barbus fluviatilis * Alburnus alborella (alborella) *** Scardinus erythrophtalmus (scardola) Leuciscus aula (triotto) *** Squalius cavedanus (cavedano) Telestes multicellus (vairone) *** Blennius vulgaris (cagnetto) Leuciscus rubella (rovella) *** Salmo fario (trota) Esox lucius (luccio) Alosa finta (cheppia) Petromyzon fluviatilis (lampreda di fiume) Petromyzon planeri Bloch (lampreda) Petromyzon marinus (lampreda di mare) Gobius avernensis (ghiozzo) Gasterosteus aculeatus (Spinarello) Arcipenser sturio (storione) Bacino/fiume Bacino dell’Arno, Serchio, padule di Bientina e Fucecchio Arno Arno Arno, paduli di Bientina e Fucecchio Serchio, Bacino dell’Arno, paludi di Bientina e Fucecchio, Bacino toscano (fiumi tra l’Arno e il Tevere) Rinvenuto in questo studio SI SI NO SI NO Serchio, Arno, Bacino toscano SI Arno, Bacino toscano Serchio, Arno, Padule Bientina e Fucecchio Serchio; Arno Serchio; Arno, Bacino toscano Bacino dell’Arno e del Serchio, acque di montagna (in genere) Arno Arno, Bacino toscano Arno, Serchio, Bacino toscano Arno, Serchio, padule Bientina e Fucecchio, lago di Massaciuccoli Arno Arno , Serchio Arno Arno Arno, bacino Toscano Arno Arno SI SI NO SI SI NO SI SI SI NO NO NO NO NO NO NO Tab. 1 Confronto tra le specie ittiche presenti nel 1898 in Provincia di Pisa e quelle rinvenute durante questa ricerca * Probabilmente la citazione è inesatta e si tratta di B. plebeius mentre i più piccoli che il Dei descrive sono esemplari di caninus Val. o meridionalis Riss.(Scotti,1898). *** “….il nome dialettale di “lasca” col quale, nella Toscana e nella Romagna, si designano il Triotto, l’Alborella e questa specie (Vairone) non mi permette di pronunziarmi con sicurezza” (Scotti, 1898) 4 Se esaminiamo le specie rinvenute in Provincia di Pisa, notiamo principalmente la mancanza della tinca, della spigola, del ghiozzo di ruscello, oltre che delle lamprede, dello spinarello e dello storione. Al contrario sono state invece rinvenute specie “estranee” provenienti da altri bacini idrografici. Tralasciano la ovvia assenza dello storione, relativamente alle specie muggine (ad eccezione dell’unico individuo catturato durante l’esecuzione di un saggio) e spigola, trattandosi di individui catturabili in acqua salmastra, è evidente l’impossibilità di campionamento tramite l’elettropresca, sia per la enorme dimensione della foce dell’ Arno, che per l’altissima conducibilità elettrica delle acque. Entrambe le specie comunque sono comunemente presenti nelle acque salmastre della Provincia, così come si hanno notizie di sporadiche catture con retoni di lamprede di mare. L’assenza più “preoccupante” riguarda la tinca (Tinca tinca), storicamente presente nelle acque della Provincia di Pisa e soggetta in passato a periodici ripopolamenti. Come riportato nella Tabella 25 (Volume I°) sono stati immessi mediamente oltre 82.000 esemplari l’anno di tale specie, almeno fino dagli anni 60. La situazione attuale, purtroppo, riassume in modo emblematico quello che in genere è accaduto agli ecosistemi acquatici. Infatti poiché la maggior parte delle specie di pesci hanno bisogno nel loro periodo riproduttivo di un ambiente lotico con ben specifiche caratteristiche fisiologiche e morfologiche, le opere di canalizzazione e di cementificazione dei corsi d’acqua hanno di fatto sconvolto completamente l’alveo stesso eliminando la granulometria dal fondo, alterando la profondità del corso e eliminando tutta quella serie di rapide e pozze che ne caratterizzavano l’andamento stesso. Anche le ripulitura delle sponde, fino a qualche anno fa eseguita con criteri esclusivamente ingegneristici ha causato una frammentazione degli areali e di conseguenza la perdita di patrimonio genetico e di diversità biologica. Evidente è quindi il caso della tinca, la cui rarefazione dipende dal tipo di deposizione fitofila e che pertanto ha necessità di ambienti ricchi di specie erbacee, o quanto meno di una ricchezza di fitoessenze che ne permettono l’alimentazione e la ovodeposizione. Ciò dimostra che intervenire solo con ripopolamenti, senza intervenire sulle cause che hanno ridotto la popolazione di una specie animale, non può aumentare la consistenza della popolazione. E’ altrettanto vero però, che in assenza totale di individui, pur in presenza di condizioni ecologiche favorevoli, occorre intervenire con ripopolamenti e altri interventi gestionali (misura minima di cattura, periodo di divieto di pesca coincidente con il periodo di frega, limite massimo di catture) per poter riottenere una popolazione strutturata che possa automantenersi o comunque essere “parzialmente aiutata” ad automantenersi con ripopolamenti mirati. La presenza dello spinarello (Gastreosteus aculeatus) nel bacino dell’Arno, segnalata da Scotti (1898), non è stata verificata in questa ricerca, in quanto oltre a non averla riscontrata nei 5 campionamenti, non si hanno notizie sulla presenza di questa specie nelle acque della Toscana in tempi recenti. Per quanto riguarda la cheppia (Alosa fallax) invece è nota la sua presenza nel periodo primaverile durante la risalita nei fiumi della Toscana. Relativamente al ghiozzo di ruscello (Padogobius nigricans) occorre rilevare che la specie è in regressione in tutte le acque della toscana e risente della competizione con il ghiozzo padano (Padogobius martensi). Anche in questa ricerca è stato rinvenuto solo il ghiozzo padano. Come riportato nel Piano Ittico Regionale per quanto riguarda le specie transfaunate, in particolare dall’area padano-veneta a quella tosco-laziale, è importante sottolineare che molte di queste sono ormai divenute parte integrante delle comunità ittiche toscane. In alcuni casi si tratta di introduzioni avvenute agli inizi del 1900, come nel caso del barbo comune (Barbus plebejius). Molte specie quindi hanno avuto modo di colonizzare una vasta area del territorio regionale. Si ritiene dunque opportuno provvedere ugualmente alla loro tutela anche se, in origine, non erano presenti. Queste specie rivestono inoltre una grande importanza ai fini della attività alieutica . Il Regolamento di attuazione della LR 7/2005(Decreto Pres. Giunta Reg. n. 54/R del 22/08/05) prevede d’altra parte già forme di tutela per alcune di queste specie come il barbo comune o il persico reale. Infine è importante sottolineare che alcune specie del distretto padano-veneto sono attualmente in fase di regressione e come tale risulta importante la loro tutela sul territorio regionale, anche se non originariamente presenti. Tra queste specie, riscontrate anche durante tale ricerca, si ricorda la lasca (Chondrostoma genei), il barbo padano (Barbus plebejus), il gobione (Gobio gobio), il ghiozzo padano (Padogobius martensi). Come riportato nel precedente paragrafo, l’analisi delle tabelle descritte ci consente di comprendere quando sono iniziati o terminati certi fenomeni di transfaunazione. Se negli anni ‘60 venivano effettuati ripopolamenti con barbi, tinche e carpe, probabilmente con materiale autoctono (inteso come prodotto con pesci dei bacini idrici toscani) prodotto dallo Stabilimento Ittiogenico di Pisa o dal Consorzio Obbligatorio di Tutela della Pesca, ente che ha funzionato fino ai primi anni ’70, i problemi gravi di transfaunazione sono iniziati successivamente negli anni ’70, con il passaggio di competenze in materia di pesca alle Regioni. Questo ha comportato che le Province effettuassero l’approvvigionamento di materiale da ripopolamento presso aziende private, tramite aste pubbliche che, come tali, privilegiavano il costo del pesce rispetto ad altri parametri quali la qualità e la provenienza geografica. Di conseguenza nel 1978 chiuse il Consorzio Obbligatorio Tutela Pesca della Regione Toscana e cominciarono in quegli anni gli approvvigionamenti presso ditte private. 6 Infatti già nel 1972 iniziarono i ripopolamenti con “miscellanea” di pesce bianco misto, proveniente, come sopra ricordato dal bacino del Po e quindi sono comparsi nelle acque della Provincia di Pisa la lasca, la savetta, il pigo, il triotto, il gobione, il ghiozzo padano ed altre, e tutti i pesci che, a loro volta, erano stati in qualche modo transfaunati nel Po dal Danubio, quali pesci gatto, persici sole, carassi. Le ditte che partecipavano alle aste per i ripopolamenti, nell’ottica di ridurre ulteriormente i costi, avevano iniziato anche ad approvvigionarsi di pesce dai paesi dell’est, per cui sono comparsi prima nel Po, e poi progressivamente in tutta Italia, specie tipiche del bacino Danubiano (breme, aspi, carpe erbivore ecc.) o di altre nazioni (barbo spagnolo ecc.), alterando in modo assai marcato l’originaria distribuzione delle specie ittiche autoctone. In Tab. 2 sono elencate le 38 specie ittiche rinvenute in Provincia di Pisa durante questo lavoro (al fine di redigere una lista esauriente, oltre alle stazioni di campionamento ed i saggi sono risultati utili tutti i dati dei questionari rivolti ai pescatori sportivi e le attività di monitoraggio sui campi gara presenti nel fiume Arno e Serchio). Di queste, 13 sono autoctone, mentre le restanti 25 (la maggior parte catturate in Arno) sono specie esotiche o appartenenti al distretto Padano-Veneto. Fra i crostacei decapodi sono presenti il granchio di fiume (Potamon fluviatile), il gamberetto d’acqua dolce (Palemonetes antennarius), entrambi autoctoni, ed il gambero della Louisiana (Procambarus Clarkii), di origine sud-americana. Anche se per il barbo canino (Barbus meridionalis caninus) l’attribuzione al distretto Tosco-Laziale è ancora controversa, riteniamo che le popolazioni rinvenute debbano comunque essere prese in debita considerazione con azioni volte alla sua tutela. Fra quelle di più alto valore naturalistico e meritevoli di particolare tutela ricordiamo il barbo tiberino (Barbus tyberinus), il barbo canino (Barbus meridionalis caninus), il cavedano etrusco (Leuciscus lucumonis), la rovella (Rutilus rubilio), la trota macrostigma (Salmo (trutta) macrostigma), e la tinca (Tinca tinca). Nel prossimo paragrafo saranno menzionati quei corsi d’acqua dove sono state rinvenute le specie ittiche autoctone e/o endemismi e per i quali sono necessari appositi programmi di conservazione. 7 Famiglia Specie Nome comune Siluridae Salmonidae Poecilidae Percidae Mugilidae Serranidae Anguilla anguilla Alosa fallax Abramis brama Alburnus alburnus Barbus plebejus Barbus tyberinus Barbus caninus Carassius carassius Carassius auratus Cyprinus carpio Ctenopharyngodon idellus Gobio gobio Leuciscus cephalus Leuciscus lucumonis Leuciscus souffia Rutilus rubilio Scardinius erythrophthalmus Chondrostoma genei Chondrostoma soetta Pseudorasbora parva Rutilus pigus Tinca tinca Cobitis taenia Esox lucius Lepomis gibbosus Micropterus salmoides Salmo (trutta) trutta Salmo(trutta) macrostigma Padogobius martensi Ameiurus melas Ictalurus punctatus Clarias gareipinus Silurus glanis Oncorhynchus mykiss Gambusia holbrooki Stizostedion lucioperca Mugil cephalus Dicentrarchus labrax Anguilla Cheppia Abramide o Breme Alborella Barbo padano* Barbo tiberino Barbo canino Carassio comune Carassio dorato Carpa* Carpa erbivora Gobione Cavedano Cavedano etrusco Vairone Rovella Scardola Lasca Savetta Pseudorasbora Pigo Tinca Cobite Luccio Persico sole Persico trota* Trota fario Trota macrostigma Ghiozzo padano Pesce gatto comune Pesce gatto punteggiato Pesce gatto africano Siluro Trota iridea* Gambusia* Sandra o lucioperca Cefalo o muggine Spigola o branzino Potamidae Potamon fluviatile Granchio di fiume Cambaridae Procambarus clarkii Paleomonidae Palaemonetes antennarius Anguillidae Clupeidae Cyprinidae Cobitidae Esocidae Centrarchidae Salmonidae Gobidae Ictaluridae Gambero rosso della Louisiana Gamberetto d’acqua dolce Distretto geografico di appartenenza Bacino Atlantico e Mediterraneo Tosco - Laziale Europa centrale Padano - Veneto Padano – Veneto Tosco - Laziale Padano – Veneto/Tosco-Laziale ** Asia orientale Asia orientale Europa centrale ed orientale Russia e Cina orientale Padano - Veneto paleartica Tosco - Laziale Tosco - Laziale e Padano -Veneto Tosco - Laziale Padano - Veneto Padano - Veneto Padano - Veneto Asia orientale Bacino del Danubio Tosco - Laziale Padano - Veneto Tosco - Laziale America settentrionale America Tosco - Laziale e Padano -Veneto Tosco - Laziale Padano - Veneto America settentrionale America settentrionale Africa settentrionale Asia centrale America America meridionale e Messico Euroasiatico Bacino Atlantico e Mediterraneo Tosco - Laziale Mediterraneo centrale ed occidentale America meridionale Mediterraneo centrale ed occidentale Tab. 2 Specie ittiche e crostacei decapodi presenti in Provincia di Pisa con relativi distretti geografici di appartenenza. In verde sono segnate quelle autoctone, in rosso quelle alloctone. * secondo il PIR – REGIONE TOSCANA queste specie, introdotte in parte da tempo e in parte per esigenze alieutiche sono da considerare come facenti parte del patrimonio ittiofaunistico regionale ** L’appartenenza del barbo canino esclusivamente al distretto Padano-Veneto è ancora in discussione 8 3. Proposta di classificazione dei corsi d’acqua Nelle tabelle che seguono (Tab.3,4,5,6,7) viene presentata la classificazione dei corsi d'acqua dei bacini ai fini dell'esercizio della pesca sportiva. Nella prima colonna viene indicato il corso d'acqua, nella seconda la classificazione attualmente vigente e nella terza la classificazione proposta, ottenuta mediante l'applicazione dei parametri sopra trattati. L’ultima tabella (Tab.8) si riferisce ai valori dell’Indice di Salmonicolità calcolato per alcune stazioni di campionamento. Per il calcolo dell’indice, il V.S. della Rovella è 40 come il barbo; il valore è stato attribuito tenendo conto quello delle altre specie individuate dal CRIP. n.b. Le specie ubiquitarie, quali l’anguilla, sono state escluse dal computo. CLASSIFICAZIONE DEI CORSI D’ACQUA DELLA PROVINCIA DI PISA (per ogni corso d’acqua devono intendersi i relativi affluenti anche se non espressamente citati) TAB.3 - BACINO DEL FIUME ARNO corso d’acqua Classificazione attuale delle acque pubbliche Proposta di classificazione delle acque pubbliche aumento(+), diminuzione (-) o conferma (=) delle zone a salmonidi e/o a ciprinidi Fiume Arno zona a ciprinidi dal confine di Provincia al ponte del villaggio C.E.P., in località Barbaricina zona a salmastre dal suddetto ponte alla foce zona a ciprinidi dal confine di Provincia al ponte del villaggio C.E.P., in località Barbaricina zona a salmastre dal suddetto ponte alla foce zona a ciprinidi e salmastre = Torrente Sterza zona a ciprinidi zona a ciprinidi Fiume Era Torrente Zambra di Calci Rio Gentivola zona a Salmonidi dalle origini fino alla confluenza con il torrente Sterza zona a Ciprinidi dalla confluenza con il torrente Sterza fino allo sbocco del fiume Arno zona a Salmonidi dalle origini fino all'abitato di Calci zona Ciprinidi da detto abitato fino allo sbocco nel fiume Arno Non classificato zona a ciprinidi = zona a salmondi zona a ciprinidi zona a ciprinidi + zona a salmonidi + zona a ciprinidi - zona a salmonidi zona a salmonidi zona a salmonidi + 9 Torrente Egola zona a ciprinidi zona a ciprinidi zona a ciprinidi = Torrente Roglio zona a ciprinidi zona a ciprinidi zona a ciprinidi = Torrente Strolla Non classificato zona a ciprinidi zona a ciprinidi + Torrente Tora Non classificato zona a ciprinidi zona a ciprinidi + Torrente Era Viva zona a salmonidi zona a ciprinidi zona a salmonidi zona a ciprinidi + TAB.4 - BACINO DEL FIUME CECINA corso d’acqua Classificazione attuale delle acque pubbliche Proposta di classificazione delle acque pubbliche aumento(+), diminuzione (-) o conferma (=) delle zone a salmonidi e/o a ciprinidi Fiume Cecina zona a ciprinidi per il percorso interessante la provincia di Pisa zona a ciprinidi Torrente Trossa zona a salmonidi dalle sorgenti fino alla località Molino delle Valli zona a ciprinidi da detta località fino allo sbocco nel fiume Cecina zona a salmonidi Torrente Pavone zona a salmonidi zona a salmonidi zona a salmonidi = Torrente Possera Non classificato zona a salmonidi zona a salmonidi + Torrente Sterza (Canneto) zona a salmonidi dalle origini fino all'abitato di Monteverdi zona a ciprinidi da detto abitato fino alla confluenza con il fiume Cecina zona a ciprinidi Torrente Ritasso zona a salmonidi zona a ciprinidi zona a ciprinidi = zona a salmondi + zona a ciprinidi - zona a salmonidi zona a ciprinidi + zona a salmonidi zona a ciprinidi + 10 Botro Rivivo zona a salmonidi zona a salmonidi zona a salmonidi = Torrente Rescone zona a salmonidi zona a salmonidi zona a salmonidi = Torrente Sterza (Caselli) zona a salmonidi zona a ciprinidi zona a salmonidi zona a ciprinidi + TAB.5 - BACINO DEL FIUME FINE corso d’acqua Classificazione attuale delle acque pubbliche Proposta di classificazione delle acque pubbliche aumento(+), diminuzione (-) o conferma (=) delle zone a salmonidi e/o a ciprinidi Fiume Fine zona a ciprinidi zona a ciprinidi zona a ciprinidi = Torrente Marmolaio zona a ciprinidi zona a ciprinidi zona a ciprinidi = TAB.6 - BACINO DEL FIUME CORNIA corso d’acqua Classificazione attuale delle acque pubbliche Proposta di classificazione delle acque pubbliche Fiume Cornia zona a salmonidi zona a ciprinidi aumento(+), diminuzione (-) o conferma (=) delle zone a salmonidi e/o a ciprinidi zona a salmonidi zona a ciprinidi + TAB.7 - BACINO DEL FIUME SERCHIO corso d’acqua Classificazione attuale delle acque pubbliche Proposta di classificazione delle acque pubbliche aumento(+), diminuzione (-) o conferma (=) delle zone a salmonidi e/o a ciprinidi Fiume Serchio zona a ciprinidi dal confine di Provincia fino al ponte sulla S.S.1 Aurelia, in località La BarcaMigliarino zona a salmastre dal suddetto ponte alla foce zona a ciprinidi dal confine di Provincia fino al ponte sulla S.S.1 Aurelia, in località La BarcaMigliarino zona a salmastre dal suddetto ponte alla foce zona a ciprinidi e salmastre = 11 Indice di salmonicolità Torrente Trossa 44 Torrente Pavone 50 Torrente Zambra 76 Rio Gentivola 56 Torrente Possera 57 Botro Rivivo 90 Torrente Marmolaio 46 Torrente Rescone 90 Corso d’acqua Tab. 8 Indice di Salmonicolità calcolato per alcune stazioni di campionamento 4. I corsi d’acqua di particolare pregio I campionamenti condotti per la realizzazione di questa ricerca, hanno permesso di acquisire una notevole quantità di informazioni non solo sulla fauna ittica, ma anche sullo stato di conservazione degli ambienti acquatici oggetto di indagine. In questo modo è stato possibile individuare alcuni corsi d'acqua che per la loro buona od elevata naturalità, costituiscono ambienti di particolare pregio, che meritano di essere attentamente tutelati e gestiti. Tali corsi d'acqua possiedono almeno due delle seguenti caratteristiche: ELEVATA QUALITÀ BIOLOGICA INTERMEDIA TRA LA I E LA II (CORRISPONDENTE ALLA I CLASSE O AD UNA SITUAZIONE CLASSE DI QUALITÀ, IN BASE ALL'APPLICAZIONE DELL'INDICE BIOTICO ESTESO); CONSIDEREVOLE INTEGRITÀ DELL'AMBIENTE FLUVIALE E RIPARIO INTERMEDIO TRA IL I E IL II (EQUIVALENTE AL I O LIVELLO DI FUNZIONALITÀ, FACENDO RIFERIMENTO AL CALCOLO DELL'INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE); FAUNA ITTICA INTEGRA, VALE A DIRE COSTITUITA DA SOLE SPECIE AUTOCTONE, O SCARSAMENTE COMPROMESSA (EQUIVALENTE A VALORI DEL COEFFICIENTE DI INTEGRITÀ FAUNISTICA ≥0.8); Per quanto riguarda il bacino del Fiume Cecina i corsi d'acqua che si segnalano per la buona od elevata naturalità sono: 12 • Torrente Trossa: II classe di qualità e I livello di funzionalità fluviale; fauna ittica scarsamente compromessa. • Torrente Pavone: I classe di qualità; fauna ittica integra. • Torrente Possera: I classe di qualità; fauna ittica integra. • Torrente Sterza (Monterfufoli – Caselli): I classe di qualità; fauna ittica integra. • Botro Rivivo: I classe di qualità; fauna ittica integra. • Torrente Ritasso: I classe di qualità; fauna ittica integra. Nel bacino del Fiume Arno, emerge una scadente qualità ambientale per quasi tutti i corsi d’acqua indagati; tuttavia, quello che si caratterizza per la sua maggiore naturalità è il seguente: • Torrente Strolla: I classe di qualità; fauna ittica integra. Per quanto riguarda il torrente Zambra di Calci ed il Rio Gentivola di Buti, anche se i risultati sulla fauna macrobentonica hanno mostrato leggeri livelli di alterazione probabilmente dovuti a coliformi fecali che si riversano negli stessi, proponiamo delle azioni di monitoraggio sullo stato qualitativo delle acque; le popolazioni di trota fario residenti con più classi di età, dimostrano comunque che sono ambienti con una buona naturalità e condizioni chimico-fisiche idonee alla vita di specie ittiche d’acqua fredda come i salmonidi. La buona od elevata qualità ambientale riscontrata in tutti i corsi d'acqua sopracitati dipende in larga misura dal fatto che quasi tutti attraversano aree per lo più boscate e poco antropizzate. Tali corsi d'acqua, quindi, rappresentano aree di rilevante interesse faunistico, che necessitano di essere attentamente tutelate. Per far questo è auspicabile l'istituzione lungo tali corsi d'acqua di Zone di protezione e/o Zone a regolamento specifico ai sensi della normativa vigente in materia di pesca sportiva, in modo tale da gestire razionalmente l'attività alieutica, proteggendo al tempo stesso le specie ittiche non tutelate dalla L.R. 56/2000. Così facendo questi corsi d'acqua potranno essere usati per la realizzazione di opere di ripristino del popolamento ittico autoctono e/o per la reintroduzione di specie native estinte in altri corsi d'acqua del medesimo bacino. Oltre a questo è necessario effettuare periodici monitoraggi e controlli sulla qualità delle acque e dell'ambiente ripario, nonché sullo stato di conservazione della fauna ittica, al fine di prevenire possibili situazioni di degrado. 5. Tutela della fauna Ittica: alcune proposte gestionali Nei precedenti paragrafi è stato evidenziato come l’effettuazione di ripopolamenti mirati solo al soddisfacimento dell’interesse alieutico e sportivo, senza considerare gli impatti sulla fauna 13 ittica, abbia prodotto un cambiamento delle comunità ittiche dei corsi d’acqua della Provincia di Pisa. Queste attività, se ritenute necessarie di concerto con Enti di Ricerca quali Universita’, devono essere effettuate con modalità compatibili con l’ecosistema. Nei paragrafi seguenti verranno illustrate le modalità di gestione dei ripopolamenti ciprinicoli e salmonicoli. 5.1 Il problema dei ripopolamenti ciprinicoli Le specie ciprinicole hanno in genere una grande capacità riproduttiva e, se l’ambiente fluviale non è inquinato, sono sufficienti l’istituzione del divieto di pesca di tali specie durante il loro periodo di frega. Qualora ci fosse la necessità di ripristinare una popolazione ciprinicola, (ad esempio per una grave moria da inquinamento o prosciugamento di un corso d’acqua) occorre considerare che non è possibile trovare in commercio materiale proveniente dai bacini tosco-laziali. Per evitare quindi gli errori degli anni ‘70 e ’80, occorre puntare per la maggior parte delle specie ciprinicole (barbi, cavedani, rovelle, vaironi) alla gestione delle Zone di Protezione. Tali Zone, oltre ad irradiare fauna ittica a monte e a valle dai propri confini, possono essere utilizzate, analogamente a quanto avviene nella gestione faunistico-venatoria, come Zone di Cattura per ripopolare, in caso di necessità, i corsi d’acqua dello stesso bacino idrografico, attivando tra l’altro una “gestione sociale della pesca” nello spirito della vigente legge Regionale. Per quanto riguarda invece la carpa e la tinca , oltre alla gestione delle Zone di protezione, è possibile anche l’acquisto di materiale proveniente dai laghi di Chiusi e Trasimeno. Relativamente alla tinca, come già evidenziato nel paragrafo 1., prima di effettuare ripopolamenti deve essere valutata prioritarimente l’idoneità del corso d’acqua alla riproduzione di questa specie che ha necessità di ambienti ricchi di specie erbacee, o quanto meno di una ricchezza di fitoessenze che ne permettono l’alimentazione e la ovodeposizione. Per questa specie quindi occorrerebbero dei progetti mirati per poterla reimmettere con successo nelle acque della Provincia. 5.1.1 Ripopolamenti con esemplari autoctoni di Luccio (Esox lucius) Il luccio (Esox Lucius) è da sempre storicamente presente nelle acque della Provincia di Pisa (Scotti, 1898). Durante questa ricerca è stato rinvenuto nel “saggio” effettuato nel Canale demaniale di Ripafratta. Il campionamento di tale specie, tramite elettrosorditore spallabile risulta difficile a causa della quantità di acqua presente nelle zone dove in genere vive (canali di pianura con profondità superiori a 2 m ricchi di vegetazione sommersa). Non è stato quindi possibile stabilire densità e biomassa della specie nelle stazioni. Comunque nel corso d’acqua sopramenzionato la quantità di ciprinidi catturata nel campionamento, sembrerebbe adeguata al mantenimento di una presenza del 14 luccio. Qualora emerga la necessità di effettuare ripopolamenti della suddetta specie si possono seguire le seguenti “linee guida”: • il luccio è un predatore ittiofago, per cui occorre, prima di ogni pratica di ripopolamento verificare la consistenza della popolazione ciprinicola presente con il doppio obiettivo di tutelare la stessa, e di garantire allo stesso tempo adeguate risorse trofiche alla specie reintrodotta. Se ad esempio in un canale esistesse una popolazione di tinca o di rovella molto ridotta occorre valutare bene le conseguenze di una tale immissione. Infatti in assenza di prede consone non disdegna rane, piccoli mammiferi, giovani uccelli acquatici e il cannibalismo, per cui è importante, anche per limitare questi effetti che ci siano risorse trofiche sufficienti; • verificare la adeguatezza ecologica del corso d’acqua alla specie in esame, ricordando che predilige le acque con vegetazione sommersa. Le femmine, che raggiungono la maturità sessuale intorno ai 3-4 anni di età, depongono le uova all'inizio della stagione primaverile, in zone ricche di vegetazione, aderiscono alle piante acquatiche fino alla schiusa, quando le larve permangono attaccate agli steli vegetali per mezzo di un organo adesivo del capo e in pochi giorni assorbono completamente il sacco vitellino. E’un predatore di altri pesci, caccia restando immobile fra le piante acquatiche in attesa che la preda si avvicini; • immettere solo soggetti giovanili (luccetti al massimo di 15-20 cm) che offrono i migliori risultati in termini di ambientamento e quindi di resa finale, provenienti da bacini del Distretto Tosco-Laziale (ad esempio dal lago di Chiusi o dal Lago Trasimeno ove esiste un impianto di produzione di tale specie); • se la popolazione ciprinicola non è abbondante è possibile immettere quale specie di accompagnamento alborelle provenienti dai sopracitati laghi; • e’ consigliato istituire una Zona di Protezione ove effettuare tali pratiche di ripopolamento; successivamente all’immissione, verificare periodicamente l’acclimatazione e l’eventuale successo riproduttivo tramite campagne di indagine con pesca elettrica e con personale qualificato. 6. Criteri di identificazione e gestione delle Zone di Protezione Lo strumento di tutela principale previsto dalla vigente Legge Regionale è quello della istituzione delle Zone di Protezione, con il fine di “tutela delle risorse ittiche e di riequilibrio biologico dei corpi idrici”. Le Zone possono anche essere usate come “Zone di cattura” di fauna ittica di qualità da immettere in altri corsi d’acqua dello stesso reticolo idrografico. 15 Per poter avere a disposizione del materiale ittico di qualità, è opportuno identificare le risorse disponibili per ogni reticolo idrografico selezionando quei tratti di fiume che rispondano alle seguenti caratteristiche: - ospitino solo specie autoctone. Se comunque sono presenti specie non autoctone, il rilascio del materiale catturato dovrà essere effettuato nello stesso bacino idrografico; - siano ad alta produttività soprattutto per le specie ciprinicole di maggiore interesse (barbo e cavedano) e abbiano nel loro tratto sia zone di frega che zone rifugio; - siano di facile accesso e controllo. Essendo zone protette è indispensabile che l’attività di vigilanza vi possa essere svolta senza difficoltà; - le loro caratteristiche fisiche (profondità, larghezza dell’alveo, portata) e un accesso facilitato ai mezzi a motore, consentano una facile attività di cattura e di trasporto del materiale catturato; - siano “accettate” dai pescatori e dalle loro Associazioni, nel senso che trattandosi di zone ad alta produttività, è molto probabile che esista anche un forte interesse a praticarvi pesca sportiva. Una volta identificate le Zone di Protezione (per questo saranno necessari ulteriori studi e confronti con le Associazioni interessate), è possibile pianificare una serie di interventi per la cattura e l’immissione dei pesci. A solo titolo di esempio, senza pretendere in questa fase di dare indirizzi gestionali completi, per salvaguardare la capacità produttiva della Zona, è consigliabile dividerla idealmente in due parti e catturarvi ad anni alterni, così da mantenere sempre almeno il 50% della popolazione ittica presente. La popolazione non catturata servirà per ripopolare in modo naturale l’area selezionata, così da consentire il prelievo anche per gli anni successivi. Da considerare anche che i tratti a monte e a valle delle Zone di Protezione beneficieranno di un irradiamento naturale dei pesci e non necessiteranno in genere di interventi di ripopolamento, purchè non esistano ostacoli alla libera circolazione del pesce. In questo modo potranno essere ripopolati tratti di corsi d’acqua con riproduttori selvatici, che potranno riprodurvisi ed aumentare ulteriormente la presenza di pesce. Le catture vanno effettuate tra marzo e aprile, prima dell’inizio del periodo riproduttivo. Il metodo di cattura può variare in funzione della tipologia della zona: se questa lo consente può essere utilizzato l’elettrostorditore, altrimenti possono essere utilizzate reti o nasse. Ai sensi dell’articolo 12 comma 3 del “Regolamento di attuazione della L.R. 7/2007” “ possono essere effettuate catture per esigenze di ripopolamento” . Inoltre il comma 4 dello stesso articolo 16 prevede la possibilità di fare delle convenzioni con soggetti pubblici o privati per la gestione di tali zone. E’ evidente quindi che le Associazioni dei pescatori possono gestire anche ai fini di ripopolamento tali Zone e nelle varie fasi possono avvalersi della collaborazione di singoli pescatori volontari. Alcune esperienze analoghe effettuate in Provincia di Siena, hanno permesso di soddisfare esigenze di ripopolamento con materiale selvatico, dimostrando la validità del sistema. Tra l’altro, durante le fasi di cattura, è possibile anche sopprimere le specie alloctone (carassio, persico sole, pesce gatto ecc.) eventualmente riscontrate per ridurne la presenza al suo interno, e migliorare così la popolazione ittica residente, evitando al contempo l’ulteriore diffusione delle stesse in altri fiumi. 7. I Ripopolamenti - Generalità e metodologie Il ripopolamento viene definito come un rilascio intenzionale di organismi acquatici in fiumi laghi o bacini artificiali con l’obiettivo di utilizzare la produttività biologica naturale di quegli ambienti acquatici (Auteri et. al., 1995). Un ripopolamento può essere fatto per introdurre uno stadio del ciclo biologico di una specie, soppresso dall’intervento antropico (per esempio immissione di riproduttori) o carente per cause naturali (immissione di avannotti per scarsa riproduzione naturale e/o intervento antropico sui riproduttori), oppure per aiutare le popolazioni che subiscono notevoli pressioni ambientali o piscatorie per avvicinare le loro biomasse al massimo sostenibile dall’ambiente. I ripopolamenti possono essere finalizzati solo alla pesca sportiva, con l’immissione di materiale “pronta pesca”, oppure si può usare il ripopolamento quale mezzo per introdurre nell’ambiente individui di un ceppo con caratteristiche genetiche migliori di quello presente, o per una reintroduzione di una specie presente in passato ma oggi estinta. Al contrario si può usare il ripopolamento per l’immissione di una nuova specie secondo certi scopi più o meno utili o opportuni (per esempio immissione di specie predatrici di larve di zanzara per il controllo della stessa, specie di interesse esclusivamente piscatorio, specie per foraggio di altre specie predatrici da sostenere ecc.). Come si vede, i motivi per i quali si interviene con i ripopolamenti sono molteplici e per poter valutare bene l’impatto sull’ambiente che tali interventi possono avere, è necessario che tali azioni siano programmate e avvengano con adeguati supporti tecnici e scientifici. Prima di pianificare e procedere ad un ripopolamento, è opportuno chiedersi se questo potrà migliorare la situazione della specie o aumentare l’entità delle catture e quali effetti potrà avere sulle altre specie di pesci o sull’ambiente. E’ sempre necessario verificare che la località nella quale si 17 effettua l’immissione sia idonea allo scopo (condizioni ecologiche idonee alla specie e allo stadio biologico dei soggetti immessi, spazio sufficiente, competizione con altri soggetti già presenti, predazione ecc.). Per quantificare l’entità dell’immissione, data l’importanza dei fenomeni “densità-dipendenti” soprattutto nella mortalità giovanile, è necessario considerare l’eventuale preesistenza in situ di individui prodotti dalla riproduzione naturale (vedi paragrafo “Ripopolamenti a salmonidi: un modello”). Ad esempio,se in un corso d’acqua con buona qualità delle acque è presente una popolazione di pesci caratterizzata da individui di taglia medio-piccola, significa che vi è un’alta pressione di pesca, per cui sono troppo pochi i pesci che raggiungono la taglia di prima maturità sessuale e di conseguenza non vi è una popolazione naturale. In questi casi si può intervenire con una azione di ripopolamento adeguata che immette stadi giovanili per compensare la mancata produttività naturale e ricostruire così la struttura della popolazione. In questo caso l’obbiettivo deve essere quello di avere una popolazione ben strutturata, con una buona rappresentazione di tutte le classi di età e un numero di esemplari adulti che riesca anche a riprodursi naturalmente, oltre che, dal punto di vista della pesca sportiva, garantire un certo numero di esemplari adulti da prelevare. Una popolazione vergine si definisce ben strutturata quando è composta da un grande numero di individui nati nell’ultimo anno (classe 0+) insieme ai sopravvissuti delle nascite degli anni precedenti (classi 1+ e 2+) in numero man mano decrescente e di un numero inferiore di riproduttori adulti (classi 3+ 4+ e seguenti) (Auteri et. al., 1995). Occorre considerare che l’incremento quantitativo di una specie o più specie ittiche a seguito di ripopolamento, non comporta necessariamente un aumento della biomassa ittica e del pescato. Questo dipende dal fatto che ogni corso d’acqua produce una determinata quantità di nutrimento in grado di alimentare solo un certo numero di esemplari e, se viene immessa una quantità eccessiva di pesce, la stessa risorsa alimentare verrebbe divisa tra più individui, con probabili fenomeni di denutrizione, malattie e mortalità per cui gli effetti del ripopolamento perderebbero di efficacia in breve periodo. In poche parole si deve ripopolare solo quando è tecnicamente necessario e in misura adeguata alla capacità recettiva del corso d’acqua. Innanzitutto si deve valutare sempre il grado di riproduzione naturale della specie, perché in certi casi questa può essere sufficiente a massimizzare l’occupazione dell’ambiente. Ad esempio nel tratto medio e finale di un corso d’acqua sono presenti specie di ciprinidi molto prolifiche che assicurano ogni anno un elevato numero di nascite. Per queste specie come, per il Luccio e i per i Percidi, pochi riproduttori sono sufficienti a garantire una adeguata riproduzione naturale. Per queste specie è in genere sufficiente tutelare alcuni habitat (Zone di frega, Zone di protezione) per avere una grande riproduzione naturale. Al contrario, per specie caratterizzate da 18 bassa fecondità, come i salmonidi, il ripopolamento è diventato pressoché la regola, perché il numero dei riproduttori non è quasi mai sufficiente a garantire la popolazione né lo sforzo di pesca, tranne in alcune zone protette. 7.1 Metodologie di ripopolamento Di seguito si riporta una sintesi dei metodi e delle tecniche più usate descritte da Auteri et. al. (1995) nella Carta Ittica della Regionale di primo livello: 7.1.1 Ripopolamenti con uova Tale pratica è quasi esclusiva per i salmonidi. E’ indispensabile che le uova abbiano raggiunto lo stadi di formazione dell’embrione, così che possano essere trasportate senza subire danni. Le “scatole Vibert” (piccoli contenitori forati contenenti 1000-1500 uova), vanno collocate nei ruscelli e torrenti non eccessivamente impetuosi con fondo ghiaioso o sassoso, che non subiscano piene o torbide eccessive. Essi vanno sistemate in anse dove la corrente è moderata e ricoperti in parte con pietre per assicurarli al fondo. Da preferire zone con acque poco profonde, per ridurre la predazione da parte di pesci. Vantaggi: semplicità di trasporto, migliore ambientamento dei pesci nati in ambiente naturale. Svantaggi: esposizione a piene e torbide, predazione da parte di vaironi, anguille, sanguisughe, uccelli, malattie delle uova (saprolegna); Le percentuali di schiusa e sopravvivenza sono variabili in funzione del sito scelto e delle condizioni meteo (assenza di predatori, di piene), spesso rientrano nei pochi punti percentuali di successo di una “frega” naturale, essendo gli embrioni sottoposti a una più o meno forte selezione ambientale. 7.1.2 Ripopolamenti con larve e con avannotti E’ usato sia per il ripopolamento dei salmonidi che di altre specie (carpa, tinca, luccio, pesce persico e altre). Per la trota vengono usate larve che hanno quasi completato il riassorbimento del sacco vitellino, così che il pesciolino possa nuotare liberamente. E’ preferibile, in termini di percentuale di sopravvivenza, far ricorso ad individui più sviluppati di 2-3 mesi di età per i motivi di seguito esposti (vedi capitolo “Proposte per la gestione dei ripopolamenti a salmonidi”). Le zone da scegliere per la “semina” sono quelle dove non esistono 19 predatori. In ogni caso le immissioni devono essere effettuate lontano da pozze o buche profonde. Vantaggi: Buona resistenza, migliore in quelli più sviluppati, maggior difesa dai predatori, periodo di semina (in tarda primavera) con acque ricche di nutrimento, facilità di trasporto, costo contenuto. I vantaggi si manifestano però se la semina viene distribuita lungo tutto il corso d’acqua, con bassa densità di immissione. Con opportune tecniche di semina la sopravvivenza ad un anno varia dal 10 al 30%. Svantaggi: predazione (soprattutto in caso di semine troppo a valle) piene improvvise, successo legato moltissimo al modo di semina (ben distribuita o concentrata). 7.1.3 Ripopolamenti con novellame Questa pratica offre buone possibilità di successo. Infatti, sia che si tratti di ciprinidi che di salmonidi, gli individui impiegati sono sufficientemente sviluppati per ambientarsi e trovare il necessario nutrimento. La percentuale di sopravvivenza,ad un anno dall’immissione, in condizioni operative ed ambientali favorevoli con trotelle 6-9 cm è stata superiore al 20% e con trotelle 9-12 cm in certi casi oltre il 50%. I risultati sono però subordinati ad una immissione ben distribuita, effettuata non oltre il mese di settembre, in modo che le trotelle abbiano ancora a disposizione risorse alimentari e si possano ambientare prima dell’inverno. Vantaggi: minore predazione, minore mortalità, possibilità di ripopolare tratti più a valle dove sono presenti esemplari adulti. Svantaggi: costi elevati. (Considerando il rapporto costi/ benefici tra semine tardo primaverili con avannotti di 2-3 mesi e estive/autunnali con trotelle, è più conveniente l’uso degli avannotti più sviluppati) 7.1.4 Ripopolamento con soggetti adulti o riproduttori Si può parlare di ripopolamenti con riproduttori solo se si utilizzano soggetti adulti di provenienza selvatica, sia ciprinidi che salmonidi, catturati in certe zone dello stesso bacino idrografico. A tale pratica si ricorre quando si vuole potenziare la riproduzione naturale in certe aree di frega e i risultati ottenuti in genere sono molto buoni. Il ripopolamento con materiale adulto di origine allevativa invece viene fatto e serve solo per altri scopi. Tale pratica è utilizzata in occasione di gare di pesca alla trota e gran parte dei soggetti vengono quasi immediatamente prelevati, oppure tali immissioni avvengono alcuni giorni prima dell’apertura della pesca alla trota, per garantire un prelievo certo ai pescatori. In 20 certi casi vengono utilizzati soggetti adulti per creare, in breve tempo, una popolazione in “Zone a Regolamento Specifico” di nuova costituzione, per poi passare a ripopolamenti con forme giovanili, in attesa che le stesse raggiungano una certa taglia. Questa forma di ripopolamento risponde solo all’obiettivo di soddisfare esigenze di pesca immediata. Sarebbe opportuno limitare tali immissioni solo in zone dove ci sia basso impatto con le popolazioni ittiche selvatiche presenti o dove queste sono quasi assenti (ad esempio in tratti che in estate vanno in secca che potrebbero essere usati per pescare trote durante il periodo primaverile) Vantaggi : immediata pescabilità del pesce, immediato impatto sulle altre specie ma limitato nel tempo Svantaggi: impatto non sempre valutabile con l’ecosistema del fiume, possibilità di trasmissione di malattie alla popolazione selvatica, competizione alimentare, costi elevati. 7.1.5 Ripopolamenti a Salmonidi: un modello Ai fini di una corretta gestione della acque a salmonidi, sarebbe necessario conoscere a fondo la struttura della popolazione residente di trote, la produttività annua e la capacità portante del corso d’acqua, intesa come la biomassa in equilibrio di un’area non sottoposta al prelievo di pesca, cioè la biomassa massima che l’ambiente può sopportare in condizioni di equilibrio naturale. Il Consorzio Regionale di Idrobiologia e Pesca (CRIP), in vari studi ha proposto vari modelli di calcolo per la produttività teorica di un corso d’acqua, della capacità portante e per il calcolo delle quantità da immettere con ripopolamento( Auteri et. al. 1988, 1993). Studiando popolazioni di trota fario in aree protette, il Consorzio è riuscito a stimare la capacità portante dei corsi d’acqua appenninici. Secondo il modello proposto per i corsi d’acqua della Toscana, la capacità portante va considerata essere compresa tra i 200 e i 250 kg/ha (superficie calcolata nel periodo di magra più accentuata). Ovviamente per corsi d’acqua situati ad altitudini minori la biomassa per ettaro aumenta all’aumentare della temperatura. E’ noto infatti che esiste una relazione diretta tra le temperature, l’accrescimento individuale e la biomassa (Auteri et al., 1993). Simulazioni popolazionistiche condotte dal CRIP (Auteri et. al., 1993) hanno consentito di calcolare per un corso d’acqua teorico avente una superficie di un ettaro la seguente struttura e dinamica della popolazione presente: biomassa iniziale: 200 kg mortalità naturale: 145 kg reclutamento: 35 kg esemplari sopravvissuti: 55 kg 19.000 individui 13.000 indivudui 13.000 6.000 individui 21 crescita: 20 kg popolazione finale (35 + 55 +20) = 110 kg La produttività teorica è quindi di 110 kg/anno. Secondo il CRIP in questo corso d’acqua la biomassa ottimale è di 110 kg/ha e la massima cattura sostenibile è di 130 kg/ha. GENNAIO LUGLIO Lunghezza Numero Lunghezza Numero Anni Kg Anni Kg Cm Individui Cm Individui 0+ 0,3 25.000 1 0+ 6,8 13.720 10 1+ 7,4 7.530 34 1+ 12,9 4.132 55 2+ 13,4 2.268 63 2+ 18,2 1.245 60 3+ 18,6 683 51 3+ 22,7 375 40 4+ 23,1 206 30 4+ 26,6 113 21 5+ 26,9 62 14 5+ 29,9 34 9 6+ 30,2 19 6 6+ 32,8 10 4 7+ 33,0 6 2 7+ 35,2 3 1 TOTALI (gennaio) TOTALI 35.773 201 (luglio) 19.633 201 Tab. 9 Simulazione popolazionistica di una struttura di popolazione vergine e stabile di trota fario (da Auteri et al.,1993, modificato) Analizzando nel dettaglio la simulazione proposta dal CRIP (Tab. 9), si nota che il numero di avannotti nati a gennaio è di 25.000 che diventano 13.700 a luglio (classe 0+) e che la biomassa di trotelle di oltre un anno di età (classe 1+) di 7-12 cm di lunghezza è di 34 kg /ha pari a circa 7500 individui . Questi valori (circa 20.000 avannotti/ha o 35 kg/ha (7500) trotelle) su suggerimento dello stesso CRIP, possono essere assunti come valori massimi di individui giovanili da immettere per ogni ettaro di corso d’acqua qualora sia assente la riproduzione naturale in presenza di una biomassa stabile di 110 kg/ha. In presenza di popolazioni che hanno un certo reclutamento naturale (riproduzione), è necessario conoscere la dimensione e la struttura di popolazione presente. Infatti se il materiale immesso sommato a quello presente e ai fenomeni di crescita individuale supera la capacità portante del torrente (200-250 kg/ha ) si instaurano fenomeni di competizione tra la popolazione. 22 8. Proposte per la gestione dei ripopolamenti a Salmonidi Per le acque della Provincia di Pisa, tra le varie forme e metodi di ripopolamento sopra descritti, al fine di ricostruire delle popolazioni in equilibrio con l’ambiente, ben strutturate, che abbiano almeno una teorica possibilità di riproduzione naturale, con rapporto costi/benefici adeguato e che diano anche delle soddisfazioni adeguate dal punto di vista della pesca sportiva, la semina di avannotti è quella che offre i risultati migliori. Anche l’utilizzo delle scatole Vibert può aiutare a creare una popolazione apparentemente “selvatica”, ma la resa in termini quantitativi di tale metodo si è dimostrata, con varie esperienze, molto limitata. Le uova embrionale possono essere infatti attaccate da funghi quali la saprolegna (basta che un uovo sia attaccato che l’epidemia si diffonde rapidamente a quelle in contatto e così via), gli avannotti nati vengono predati da vaironi anguille, bisce ecc. o possono essere trascinati via da piene. La semina di trotelle 9-12 cm in autunno espone i pesci, ormai abituati in allevamento al mangime ad una dieta molto povera, viste le condizioni trofiche del corso d’acqua. Per migliorare il risultato del ripopolamento è consigliabile effettuare il ripopolamento con trotelle nei primi giorni del mese di settembre. Le semine di trote adulte “pronta pesca” hanno lo scopo di soddisfare immediatamente le esigenze dei pescatori sportivi, ma in genere non ricostituiscono una popolazione di trote in equilibrio con l’ambiente e ben strutturata. Una volta prelevati tutti i pesci (cosa abbastanza frequente, vista l’assenza quasi totale di rusticità o di forme di difesa delle trote di allevamento) il torrente rimane senza trote, limitando in genere la pesca solo al periodo immediatamente seguente l’immissione. Esperienze e studi indicano che il metodo più efficace ed anche più economico per ripopolare un torrente a salmonidi, è quello di utilizzare avannotti possibilmente di almeno 90 giorni di età (un avannotto di trota fario costa circa un centesimo di euro), secondo le densità massime indicate dal CRIP (20.000 avannotti /ha). Gli avannotti, dopo i 90 giorni riescono a salire in superficie per nutrirsi, mentre quelli di età minore tendono a rimanere sul fondo. Vi è quindi una maggiore possibilità alimentare verso le prede dell’intera colonna d’acqua. Infatti verso gli 80-90 giorni il comportamento dell’avannotto ( riscontrabile anche in allevamento) cambia: non si limita più a predare sul fondo ma utilizza per l’alimentazione tutta la colonna d’acqua a disposizione fino in superficie. L’allevatore stesso riconosce dalla risalita verso la superficie il momento migliore per l’immissione. Inoltre la dimensione della bocca cresce all’aumentare delle dimensioni corporee (Radi 1995), per cui aumenta la “gamma” di prede di mole progressivamente maggiore. 23 Il soggetto è anche più grosso di quasi il 50% in lunghezza (2 cm a 60 gg. / 4 cm a 100 gg.) resiste meglio agli stress ambientali e all’eventuale digiuno dovuto al cambiamento di dieta, avendo maggiori “scorte” energetiche (zuccheri come il glicogeno nel muscolo e nel fegato, e grassi). Considerando il periodo di schiusa delle uova di trota, l’età di 90 giorni viene raggiunta in genere nel corso del mese di aprile, quando le risorse trofiche del torrente e le temperature sono ottimali. Semine di avannotti “tardivi” (effettuate a fine aprile) possono dare sopravvivenze medie del 2030% ad un anno dalla immissione. Tali risultati sono però subordinati dal metodo di semina (semina ben distribuita lungo tutto il tratto ). 8.1 Modalità di immissione degli avannotti In genere gli avannotti sono trasportati in sacchi di politene con acqua e ossigeno. Raggiunto il luogo di semina la prima cosa da eseguire è immergere il sacco nell’acqua in modo che l’acqua contenuta raggiunga la stessa temperatura di quella del torrente. Questo al fine di evitare uno shock termico ai pesciolini, che potrebbe essere anche fatale. Dopo circa 15 minuti, è possibile aprire il sacco ed aggiungere un po’ d’acqua fresca. Per trasportare gli avannotti lungo il torrente può essere usato un secchio. Molto efficace si dimostra l’uso di un innaffiatoio che consente di immettere piccole quantità di pesci nelle zone volute. Questi andranno seminati in aree con acqua bassa che presentano comunque dei rifugi, lontano dalle buche più profonde dove possono essere presenti altre trote adulte o altri pesci che li potrebbero predare. L’operatore addetto alla semina dovrà trasportare gli avannotti, avendo cura di cambiare o aggiungere spesso l’acqua nel recipiente. La cosa più importante è una distribuzione lungo tutto il tratto interessato. Infatti se la densità degli avannotti immessi è eccessiva, la crescita e la sopravvivenza degli stessi sono compromesse. Di seguito un esempio di calcolo per la realizzazione di un ripopolamento tipo: larghezza media del corso d’acqua : 2,5 metri lunghezza del tratto da ripopolare: 1000 metri superficie: 2.500 m² densità di semina: 2 avannotti/m² (20.0000 avannotti/ha) quantità da immettere: 5000 avannotti per 1 km di torrente Per ricostruire una popolazione ben strutturata di trote in un corso d’acqua in cui la stessa è molto rarefatta, o dove vengono effettuati solo ripopolamenti pronta pesca, le immissioni di avannotti vanno effettuate annualmente almeno per i primi tre anni. Al termine del terzo anno, si 24 troveranno nel torrente soggetti che hanno raggiunto la taglia minima di cattura prevista dalla attuale Legge Regionale sulla pesca (22 cm). Successivamente per lo stesso corso d’acqua, in assenza di dati certi sul prelievo e/o sulla consistenza della popolazione, possono essere effettuati ripopolamenti ad anni alterni, o, in presenza di un elevato sforzo di pesca, anche tutti gli anni, secondo i criteri e la metodologia sopra riportata. I risultati di tale metodo di ripopolamento vengono quindi raggiunti dopo alcuni anni. Nel frattempo, qualora emerga il problema del soddisfacimento delle esigenze immediate di pesca, potranno essere effettuati ripopolamenti “mirati” con esemplari “pronta pesca” in zone più a valle, ripopolamenti che potranno via via diminuire man mano che le giovani trote abbiano raggiunto taglie idonee per la cattura. 8.2 Istituzione di Zone di Protezione per l’accrescimento di avannotti Al fine di migliorare la sopravvivenza degli avannotti immessi e per produrre trotelle da ripopolamento di una certa dimensione (10-14 cm) dotate di una “rusticità” e “selvaticità” adeguate, è possibile istituire “Zone di Protezione” per l’accrescimento degli avannotti. Tali Zone andrebbero collocate in piccoli affluenti di aste principali classificate a salmonidi o possono essere collocate anche in corsi d’acqua che abbiano caratteristiche chimico fisiche idonee all’accrescimento (temperatura, ph, pendenza, ossigeno disciolto) e che possibilmente non ospitino salmonidi. Se invece fossero presenti trote adulte, sarebbe auspicabile una loro preventiva cattura e spostamento nelle zone di pesca. La gestione di tali zone dovrebbe prevedere una immissione di avannotti tra aprile e maggio e una ricattura delle trotelle tramite elettropesca, nei primi mesi dell’anno successivo. Il materiale potrà opportunamente trasportato e immesso nei tratti ritenuti idonei. Ideali allo scopo, oltre ai vari affluenti delle aste principali classificate “a salmonidi”, potrebbero essere anche dei piccoli corsi d’acqua che pur essendo classificati “a ciprinidi”, ospitano trote nella loro porzione superiore o che presentano caratteristiche chimico fisiche particolarmente idonee all’accrescimento degli avannotti. Torrenti di collina che ricadono nella “zona a ciprinidi reofili”, dove abbondano vaironi e barbi o nella “zona a trota inferiore”, avendo acque più ricche di nutrienti della “zona a trota superiore” e avendo una temperatura media leggermente più alta, consentono una maggiore velocità di accrescimento degli avannotti stessi. La popolazione ciprinicola presente, in genere di pregio (vaironi, barbi tiberini, barbi canini) verrebbe così protetta dalla istituzione di una “Zona di Protezione” e non risentirebbe in alcun modo della presenza di trote adulte, in quanto la ricattura annuale delle trotelle impedisce alle stesse, nella maggior parte dei casi, di raggiungere taglie di una certa dimensione e riduce quindi al 25 minimo la predazione sia degli avannotti, aumentandone quindi la sopravvivenza, sia dell’altra fauna presente. Tali attività dovrebbe vedere coinvolti nelle attività gestionali di semina e di ricattura, oltre alla Provincia, i pescatori e le loro Associazioni che parteciperebbero così direttamente alla gestione delle acque. 8.3 Proposte per la gestione delle popolazioni salmonicole in Provincia di Pisa Nelle acque della Provincia di Pisa non esistono popolazioni “autoctone” di salmonidi, come avviene del resto nella maggior parte dei corsi d’acqua della Regione Toscana e dell’ Italia, ma esistono nuclei costituiti da soggetti di origine allevativa rinselvatichiti (e in genere di “ceppo atlantico”: Torrente Zambra di Calci, Torrente Pavone, Botro Rivivo) che si riproducono autonomamente in maniera più o meno efficace; popolazioni che si automantengono, dunque, affiancate a quelle che si riproducono ma hanno bisogno di periodici interventi di ripopolamento per riuscire a sopportare lo “sforzo di pesca”. In tale situazione sono possibili 3 strategie di intervento ognuna destinata a certe aree, con lo scopo di raggiungere obiettivi diversi: 1) la prima strategia è quella di effettuare, con cadenza annuale o biennale, ripopolamenti con novellame, nei corsi d’acqua classificati a salmonidi, secondo le modalità descritte nei paragrafi precedenti. Tale strategia comporta l’impiego di limitate risorse economiche e, invece, di adeguate risorse umane disposte a trasportare gli avannotti risalendo a piedi i torrenti; questa attività, che si basa per la buona riuscita sul coinvolgimento diretto di volontari delle associazioni dei pescatori, può essere rivolta a potenziare, prevalentemente a fini alieutici, i piccoli corsi d’acqua a vocazione salmonicola di alta collina e di montagna. Una evoluzione di questa strategia potrebbe essere la realizzazione delle “Zone di protezione” da collocare nei tratti più a monte del corso d’acqua idonei alla riproduzione e all’accrescimento degli avannotti . La ”Zona di Protezione”, successivamente, potrebbe essere utilizzata per l’accrescimento degli avannotti. Anche in questo caso occorrono dei volontari per semina degli avannotti, per la cattura delle trotelle dopo almeno 6 mesi dall’immissione, e per la semina nei corsi d’acqua. Nelle acque della Provincia di Pisa potrebbero essere costituite le seguenti “Zone di Protezione”: Torrente Pavone: a Valle del ponte per Castelnuovo Val di Cecina con una estensione di 1.500 m. Torrente Possera: nella sua parte prossima alle sorgenti. 26 Torrente Trossa: dalla confluenza con il Fosso delle Acque Calde a valle per circa 2000 m fino all’incontro con il Fosso di Linari. Torrente Rescone: per tale corso d’acqua potrebbe essere istituita una ZP dalle sorgenti fino a 400 m a valle del ponte sulla strada per il Castello di Fosini; poiché il tratto fluviale interessato dall’eventuale ZP ricade in Provincia di Siena, tale zona andrà proposta e concordata con l’Amministrazione di questa Provincia 2) la seconda strategia è quella di realizzare “Zone a Regolamento Specifico”, là dove le condizioni ecologiche del corso d’acqua e soprattutto le condizioni “sociali” lo consentono. In poche parole le ZRS dovranno essere realizzate ove esiste un consenso sociale e soprattutto partecipativo alla gestione delle stesse. Se possibile in tali aree dovrebbe essere presente un “Incubatoio di valle” per gestire in modo conservazionistico la popolazione di trote presenti. Qualora invece non esista una popolazione che si automantiene, l’incubatoio di valle potrebbe svolgere inizialmente la funzione di “schiuditoio” di uova embrionale acquistate da un allevamento, in attesa che si instauri nel torrente una popolazione rinselvatichita, che consenta la cattura di riproduttoti e quindi le pratiche di fecondazione artificiale. Un esempio, sopra citato, di una ZRS con incubatoio di valle è quella sul torrente Zambra. A Calci si sono verificate infatti tutte le condizioni necessarie e sufficienti per la nascita di una ZRS: situazione ecologica favorevole con popolazione di trota selvatica, presenza di una associazione di pescatori che ha voluto fortemente la gestione del corso d’acqua, presenza di un incubatoio di valle, studio pianificazione progettazione della Zona da parte di esperti dell’Università di Siena. Un torrente idoneo, dal punto di vista ecologico, per la istituzione di una ZRS potrebbe essere il Pavone. Tale torrente attraversa una valle bellissima dal punto di vista paesaggistico e la realizzazione di una ZRS ben gestita, pubblicizzata tramite internet, potrebbe avere delle interessanti ricadute economiche sul turismo ambientale e di qualità. Purtuttavia, in assenza di una Associazione che voglia e possa gestire efficacemente tale Zona, non risulta possibile realizzare tale progetto. In attesa che si creino le condizioni sarebbe auspicabile comunque un programma di ripopolamenti a salmonidi secondo i criteri sopra citati. 3) La terza strategia riguarda l’individuazione di Aree di eccellenza in cui reintrodurre la trota macrostigma mediterranea (Salmo (trutta) macrostigma) attraverso progetti specifici che prevedano: l’allontanamento della eventuale popolazione di trote presenti di origine 27 allevativa e di ceppo atlantico, l’immissione controllata e monitorata nel tempo di trota macrostigma, la realizzazione di Zone di Protezione e, se esistono le condizioni, la realizzazione di un incubatoio di valle e istituzione di una zona di pesca “No Kill”. 9. La salvaguardia degli ecosistemi acquatici La salvaguardia dell’integrità degli ecosistemi acquatici è l’obbiettivo primario per tutelare la fauna ittica presente nei corsi d’acqua. Oggigiorno esistono dei metodi, accettati anche in sede Comunitaria, per la sorveglianza dei corsi d’acqua al fine di monitorare lo stato di salute degli stessi. Tali metodi utilizzano indicatori biologici. Il più diffuso di questi è l’Extended Biotic Index (IBE) . Il controllo periodico di questo indicatore può portare alla verifica di un mutamento ambientale in corso. Infatti sotto la pressione di un evento inquinante si ha la scomparsa di specie di macroinvertebrati più sensibili e una variazione dell’IBE. Inoltre sono previste delle precise analisi chimico-fisiche delle acque per verificare se le stesse siano oggetto di qualche forma di inquinamento. Tali analisi in Toscana sono demandate all’ARPAT (Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana), che ha l’obbligo di effettuare controlli periodici sulle acque. Le azioni di monitoraggio e controllo servono quindi per misurare lo stato di salute, ma spesso occorre intervenire per sanare situazioni di degrado del corso d’acqua. Purtroppo sempre più spesso assistiamo alla rettifica delle sponde degli alvei fluviali, alla cementificazione delle rive, interventi effettuati con lo scopo di cercare di regimare meglio il flusso delle acque, ma che purtroppo in genere raggiungono lo scopo opposto. Infatti la rettifica del corso d’acqua e la cementificazione delle rive aumenta la velocità dell’acqua e, in caso di piene, i risultati possono essere addirittura devastanti. Inoltre la rettifica delle rive utilizzando gabbioni di rete e pietre o realizzando argini in cemento, priva di rifugi le specie ittiche e riparali, provocando danni notevoli al delicato ecosistema di un corso d’acqua. Un ruolo importante per la sorveglianza e la difesa dei corsi d’acqua può essere svolto dai pescatori sportivi e dalle loro Associazioni. I pescatori possono agire come vere e proprie “sentinelle” per segnalare alle autorità competenti ogni intervento sui corsi d’acqua che possa mettere a rischio l’ecosistema. Inoltre il coinvolgimento degli stessi nelle attività gestionali (ripopolamenti, vigilanza, gestione delle Zone a Regolamento Specifico, catture di riproduttori ecc.) fa aumentare la sensibilità dei singoli e delle Associazioni, sulla necessaria tutela del corso d’acqua dove sono stati spesi tempo, energie e risorse. 28 E’ evidente quindi, che ogni scelta gestionale che coinvolga un numero crescente di persone è uno strumento per aumentare la tutela ambientale e quindi della fauna ittica. 10. La Classificazione delle acque come strumento di tutela della fauna ittica Per quanto riguarda la pesca sportiva e i prelievo alieutico, la Legge Regionale 7/20054 ha espresso la volontà di tutelare e salvaguardare gli ecosistemi acquatici, disciplinando i prelievi alieutici, con l’obbiettivo di conservazione, incremento e riequilibrio delle popolazioni ittiche, per assicurarne la corretta fruibilità e giungere ad un utilizzo integrato delle risorse ittico-piscatorie da parte dei cittadini, in un ottica di sviluppo e valorizzazione degli ambienti montani, anche attraverso l’istituzione di Zone a Regolamento Specifico (Art. 10 del Regolamento di attuazione). L’articolo 9 della suddetta legge pone come primario adempimento delle Province la realizzazione di un “Piano Ittico”. Tale Piano, è lo strumento con il quale la Provincia assume le iniziative atte ad assicurare la conservazione e l’incremento del patrimonio ittico e promuove le opportune iniziative per lo sviluppo delle conoscenze ecologiche e biologiche , gli interventi di salvaguardia, la misura dei prelievi e la divisione in Zone Ittiche dei Corpi idrici. Il Piano prevede quindi di acquisire le opportune conoscenze ecologiche e biologiche della rete idrica provinciale attraverso la redazione di una “Carta delle vocazioni Ittiche” così da poter suddividere corpi idrici in “Zone Ittiche”. Lo scopo di tali conoscenze è quello di valutare le potenzialità ittiche e la loro integrata possibilità di utilizzazione. E’ evidente che tutte queste previsioni di legge dovranno essere applicate dall’Ente Locale Gestore (Provincia) che dovrà, sulla base delle conoscenze acquisite dalla redazione delle Carte Ittiche, sentite le Associazioni dei Pescatori Sportivi, deliberare in merito. Anche la classificazione delle acque a salmonidi o ciprinidi può essere uno strumento che l’Ente gestore può utilizzare per aumentare o diminuire la tutela di certe specie ittiche. Infatti, dal punto di vista della tutela, può avere importanza rilevante ottenere una classificazione di alcuni corsi d’acqua utilizzando un metodo meno rigido rispetto a quello normalmente utilizzato per la realizzazione della Carta Ittica provinciale. Questo potrebbe essere possibile perché, nei corsi d’acqua della Provincia di Pisa, la zona di transizione tra la “Zona a trota Inferiore” e tra la “Zona a ciprinidi reofili” è molto ampia e la definizione del confine tra le due zone può essere utile per ottenere un aumento o una diminuzione della salvaguardia di alcune specie ittiche. In tali zone vi è infatti la contemporanea presenza di trote (in misura ovviamente minore rispetto alla zona più a monte) e ciprinidi (in misura maggiore scendendo verso valle). 29 Tali zone di transizione si trovano in genere in aree complessivamente integre e di elevato interesse naturalistico – piscatorio che è opportuno salvaguardare (Auteri et. al. , 1995). Se a tali aree si facessero applicare le norme previste dalla legge Regionale 7/2005 per le acque a salmonidi, e quindi venissero classificate “Zona a salmonidi”, verrebbero tutelati questi stessi, ma il beneficiario principale diverrebbe la fauna ciprinicola autoctona presente. Infatti queste norme, che prevedono l’uso di una sola canna con un solo amo, il divieto dell’uso del bigattino (larva di mosca carnaria) e la sua detenzione, il divieto di pasturazione, e impongono divieto assoluto di pesca dalla prima domenica di ottobre all’ultimo sabato di febbraio, di fatto impediscono o limitano molto la pesca ai ciprinidi autoctoni pregiati quali il vairone, il barbo tiberino, il barbo canino, il ghiozzo, il cavedano di ruscello. Viceversa, nelle acque a ciprinidi possono essere utilizzate tre canne con due ami per pescatore, può essere usato il bigattino, è consentita la pasturazione, può essere usata la bilancia con lato di 1,5 metri e la mazzacchera. Per aumentare ulteriormente la tutela delle specie ciprinicole autoctone, a valle delle zone suddette, potrebbero realizzarsi, qualora ricorrano i presupposti tecnici e “politici”, anche delle “Zone di Protezione” da cui prelevare esemplari per ricostruire il patrimonio ittico di corsi d’acqua appartenenti alla stessa tipologia ittica ma più impoveriti. Ovviamente, anche se tali zone venissero classificate “a salmonidi” i ripopolamenti con avannotti, dovranno essere limitati alle zone più a monte prossime alle sorgenti. Un esempio tipico in cui la scelta dell’Ente Gestore, al fine di aumentare la tutela di tutte le specie ittiche presenti, può andare oltre la “classificazione” riscontrata con i dati delle stazioni di campionamento e proposta dalla “Carta Ittica”, potrebbe riguardare la definitiva classificazione del torrente Pavone. Per questo corso d’acqua, alla luce dei risultati delle stazioni di campionamento, si può identificare sicuramente una “Zona a salmonidi” fino al ponte per Montecastelli ed una Zona di transizione/zona a trota inferiore/ciprinidi reofili fino all’immissione nel fiume Cecina, in quanto l’indice di salmonicolità calcolato a valle del Ponte è risultato più basso. Il CRIP (1988) aveva segnalato infatti che a valle del ponte di Montecastelli l’attidunine “salmonicola” progressivamente diminuendo e l’indice ABACO confermava una Zona di transizione/ciprinidi reofili. Sottolineiamo il fatto che anche in questo tratto vengono pescate trote ed esemplari salmonicoli sono stati rinvenuti anche nel “saggio” effettuato subito a valle del ponte stesso. Inoltre, se si prendessero in esame solo i parametri fisico chimici fondamentali (temperatura, pH, ossigeno disciolto), quelli biologici (I.B.E.) e la pendenza, questi potrebbero consentire la conferma della precedente classificazione provinciale (salmonidi) per l’intero percorso; per evitare un impatto pesante sulle popolazioni ciprinicole di pregio e sulle trote presenti, proponiamo 30 dunque di classificare l’intero tratto del T. Pavone “Zona a salmonidi”, avendo cura però di non effettuare ripopolamenti sia con avannotti/trotelle che con trote adulte nelle zone a valle del ponte di Montecastelli. Anche per i torrenti Cornia ed Era Viva, pur essendo classificati a seguito del presente studio Zona a Ciprinidi (reofili) , potrebbe essere applicata la classificazione “a salmonidi” nel loro tratto prossimo alle sorgenti, sia per tutelare le trote eventualmente presenti, ma soprattutto per tutelare la fauna ittica ciprinicola di pregio. In Particolare per il torrente Cornia, tale classificazione renderebbe superfluo l’attuale divieto di pesca, istituito, su richiesta del comune di Castelnuovo Val di Cecina dal I° gennaio all’ultima domenica di febbraio, dalle sorgenti alla confluenza del borro del Guado, probabilmente per tutelare salmonidi immessi e/o presenti naturalmente. 11. Istituzione di strutture di tutela/fruizione della fauna ittica Ai fini della tutela della fauna Ittica, oltre a prevedere e regolamentare i tempi e i modi di pesca sulle singole specie, la Legge Regionale prevede anche l’individuazione di Zone di Protezione (art. 12 del Regolamento di Attuazione comma 2) da istituire “prioritariamente in ambienti carenti di risorse ittiche, per favorire la riproduzione naturale, lo sviluppo e l’ambientamento di soggetti eventualmente immessi” con lo scopo (art.12 comma 1) “di tutela delle risorse ittiche e di riequilibrio biologico dei corpi idrici”ittiche autoctone più pregiate” (vedi precedente capitolo “Zone di Protezione”). Inoltre è prevista anche l’individuazione di zone di frega (art. 11) dove vietare la pesca nei periodi riproduttivi delle varie specie ittiche da tutelare. La necessità e gli scopi della istituzione di “Zone di Protezione” sono già stati discussi nei paragrafi precedenti. E’ sufficiente quindi ricordare che il coinvolgimento dei pescatori nella definizione e gestione di tali zone è un ulteriore strumento di tutela della fauna ittica. Inoltre, se con la gestione delle Zone di Protezione venisse superata la necessità di ricorrere all’acquisto di “pesce bianco misto” per ripopolamento, si raggiungerebbe un ulteriore traguardo per la difesa della fauna ittica, soprattutto di quella autoctona. Per la tutela delle popolazioni ittiche e per consentirne una razionale fruizione alieutica, la legge Regionale prevede la costituzione di “Zone a Regolamento Specifico” (Art. 10 del Regolamento) “ al fine della promozione dei valori della pesca e della cultura dell’acqua, nonché del concorso allo sviluppo delle aree rurali circostanti” La creazione di queste zone dovrà essere preceduta da uno studio tecnico socio-economico eseguito sulla zona interessata e sui relativi bacini di utenza (Auteri et. al.,1988). 31 L’area dovrà essere gestita dagli Enti locali competenti per territorio (Comuni, Comunità montane) direttamente o tramite convenzione con le Associazioni dei pescatori. Gli obbiettivi della gestione dell’Area a Regolamento Specifico saranno quindi il soddisfacimento della domanda di pesca sportiva, compatibilmente alla disponibilità delle risorse ittiche del corso d’acqua, e la tutela delle stesse. L’individuazione di zone particolarmente pregiate poste a monte dell’area, da adibire a Zona di Protezione, potrà efficacemente integrare il piano di gestione. Le Aree a Regolamento Specifico dovranno essere caratterizzate dalla possibilità di accedere agevolmente alla zona e dalla facilità di movimento all’interno di essa, mediante la creazione di sentieri controllabili per consentire la necessaria sorveglianza. L’articolo 10 del citato regolamento disciplina la gestione delle zone individuando i seguenti aspetti fondamentali: - modalità di accesso garantita a tutti i richiedenti nel rispetto delle limitazioni sul numero massimo giornaliero consentito; - limite massimo dei capi per ogni giornata di pesca (tale limite può essere zero, in caso di zona “no - kill”); - misure di sorveglianza adeguate. Un esempio di tutela di fauna ittica di pregio quale quella salmonicola, potrebbe essere la realizzazione, di Zone a Regolamento Specifico sia a prelievo controllato che “No Kill”, integrate da una “Zona di Protezione” a divieto di pesca situata a monte, da usare come riserva biogenetica della specie. La progettazione di una tale area coniugherebbe la esigenza di tutela di una specie a rischio di estinzione, con la possibilità di una pesca sportiva di qualità e “conservazionistica”, in cui i pescatori saranno potranno essere coinvolti nella gestione della zona e nelle necessarie attività di sorveglianza. La realizzazione dell’area potrebbe essere accompagnata dalla istituzione di un incubatoio di valle, dove produrre avannotti di trota, ottenuti dalla cattura incruenta dei riproduttori dalla zona di protezione, per integrare la riproduzione naturale del salmonide. In Provincia di Pisa, dopo uno studio particolareggiato dell’ecosistema acquatico, è stata realizzata Z.R.S. a Calci, sul torrente Zambra, che ha portato alla stesura di un Piano di Gestione completo e particolareggiato. Tale Piano può essere preso ad esempio per future iniziative analoghe in altri bacini della provincia. Di seguito una sintesi del progetto che si articola nelle seguenti fasi: • Indagini preliminari sull’ecosistema mirate a verificare: 1) l’idoneità dei corsi d’acqua ad ospitare popolazioni salmonicole; 32 2) la convivenza di queste con popolazioni con altre specie (in particolare rovella e anguilla); 3) la capacità delle popolazioni di trote ad “automantenersi”, avendo regolato il proprio ciclo biologico con le caratteristiche idrologiche dei corsi d’acqua , al punto che, sopratutto nella attuale Zona di Protezione del torrente Zambra, la popolazione mostra un notevole successo riproduttivo. • Obiettivi generali del progetto: 1) ricostruzione della comunità ittica a valle delle zone di accrescimento avannotti (zone di protezione) ed eventuale piano di ripopolamento; 2) avviamento dell’incubatoio di valle presente nel comune di Buti; 3) la riqualificazione del fiume, delle sponde e delle aree limitrofe; 4) la promozione della pesca sportiva nelle sue forme più evolute e conservative (diffusione della pratica del No Kill o ZRS a prelievo regolamentato/programmato); 5) le attività di monitoraggio e di ricerca applicata; 6) le attività di educazione ambientale; 7) la promozione turistica del territorio; 8) gestione dell’ARS avente come scopo di rendere fruibile in modo “compatibile” tale risorsa ittica ai pescatori sportivi e tutelare nel tempo le popolazioni naturali. • Definizione del Piano di Gestione dell’ARS, così articolato: 1) istituzione della Zona di protezione, della Zona “No Kill” e della Zona a prelievo controllato; 2) regolamentazione dell’accesso alle Zone di pesca e prenotazione dei permessi di pesca tramite sito internet, telefono o in loco; 3) calcolo del,prelievo “sostenibile” e calcolo delle eventuali immissioni di avannotti prodotti dall’incubatoio di valle; 4) gestione della ZP ai fini della cattura dei riproduttori e riproduzione artificiale; 5) gestione dell’incubatoio di valle; 6) gestione delle Zone di pesca e vigilanza; 7) monitoraggi periodici mirati alla verifica della consistenza popolazionistica delle trote nelle varie zone; 8) eventuale piano di ripopolamento. 33 Come si può notare, quindi, la protezione della fauna Ittica dipenderà anche dalle scelte “politiche” che faranno tutti i diretti interessati. La Carta delle Vocazioni Ittiche è quindi il primo strumento tecnico a disposizione, ma saranno le interazioni tra i soggetti che porteranno al grado di tutela ritenuto più idoneo per le acque della Provincia di Pisa. 12. Ipotesi di regolazione del prelievo alieutico Per una corretta gestione dei corsi d’acqua, è necessario conoscere le caratteristiche ecologiche dei corsi stessi, la loro struttura morfologica, il regime idrologico e la struttura delle popolazioni ittiche presenti. Con i dati raccolti ed elaborati durante questo studio, è stato possibile aumentare le conoscenze sulle popolazioni ittiche e sui corsi d’acqua, ma non è ancora possibile conoscere a fondo la dinamica di ogni singola popolazione, in quanto non sappiamo ad oggi quale sia, nell’esame dei parametri di crescita e riproduzione, la mortalità della stessa, intesa sia come mortalità naturale che come mortalità da sforzo di pesca. Manca cioè una valutazione di quanto sia lo sforzo di pesca e come questo sforzo condizioni la popolazione ittica. La conoscenza dell’entità del prelievo ittico assume importanza rilevante per poter avere degli indirizzi gestionali corretti, che vadano a soddisfare sia l’interesse dei pescatori che la tutela dell’ecosistema. In passato gli interventi gestionali si limitavano, come abbiamo visto, al ripopolamento e l’entità dello stesso dipendeva dalle disponibilità economiche delle Amministrazioni e dalle richieste delle Associazioni di pescatori che le esprimevano sulla base dell’esperienza, talvolta anche lunga e competente, di un numero in genere ristretto di associati. Altri interventi gestionali hanno riguardato il periodo di pesca, il divieto di pesca nel periodo di frega, la taglia minima di cattura, gli attrezzi da utilizzare, ma non è stato mai affrontata la misurazione dello sforzo di pesca. Per valutare il massimo livello di prelievo ittico sostenibile da un corso d’acqua, occorre conoscere una serie di parametri popolazionistici ed in particolare il tasso di mortalità (Z), costituito da due fattori: tasso di mortalità naturale (M) e tasso di mortalità dovuta alla pesca (P) (Bioprogramm,1996). In una popolazione che non ha sforzo di pesca: Z = M. In condizioni naturali, la popolazione ittica si trova in uno stato di equilibrio dinamico controllato da fattori che stimolano l’accrescimento della biomassa (temperatura, disponibilità di cibo) da fattori che invece lo inibiscono (competizione alimentare). Per conservare la biomassa ad un livello costante è quindi necessario che la quantità di pesce prelevata con la pesca (P) sia uguale 34 al tasso di accrescimento della popolazione (A) più il tasso di reclutamento, cioè di nuove nascite , ( R) meno il tasso di mortalità naturale (M) (Bioprogram, 1996): P=A+R–M E’ evidente che se lo sforzo di pesca supera questo valore, la biomassa diminuisce e per riavere una analoga biomassa e consentire allo stesso tempo la pesca con adeguata soddisfazione, occorre intervenire con i ripopolamenti. Anche a fronte di reclutamento insufficiente, come è il caso dei salmonidi in Provincia di Pisa, occorre intervenire con i ripopolamenti, se si vuole avere sia la stessa biomassa e che lo stesso sforzo di pesca. Molti autori hanno cercato di individuare un criterio per stabilire una quantità di biomassa pescabile senza intaccare la produttività della popolazione. Secondo Mann (1969) non può essere pescato più del 25% della produzione totale. In realtà però non è possibile dare un valore preciso e costante al prelievo tale che si garantisca l’automantenimento di una popolazione ittica, in quanto la capacità di crescita di una popolazione dipende da molte variabili quali il numero di riproduttori presenti, la disponibilità di cibo, la presenza di specie competitrici o predatrici, la temperatura ecc. per cui alcuni autori (Nikolski, 1974; Ricker, 1958) suggeriscono che per stabilire un livello di “catturabilità” occorra conoscere: 1. i dati di cattura relativi a più annate in modo statisticamente valido; 2. le relazioni quantitative tra condizioni idrologiche e densità della biomassa ittica; 3. la comparazione tra lo stato (quantità e qualità) della popolazione ittica prima e dopo la stagione di pesca. Per poter acquisire tali dati si potrebbe ipotizzare per prima cosa la predisposizione di un questionario, da distribuire tramite l’Associazioni dei pescatori, con il quale recepire alcune importanti informazioni sulle abitudini di pesca (quante uscite annuali), il tipo di pesca praticata e gli attrezzi usati, in quali corsi d’acqua viene prevalentemente svolta l’attività preferita e altre informazioni utili. Se il numero dei questionari rappresenta un campione statisticamente rilevante, si potrebbero così conoscere le abitudini di tutti i pescatori della provincia. In secondo luogo, per acquisire una banca dati pluriennale, sull’entità e qualità delle catture, potrebbe essere predisposto un “tesserino” da distribuire ai pescatori tramite le loro Associazioni, 35 sul quale, su base volontaria e facendo ben comprendere che la compilazione dello stesso servirà a recepire le esigenze degli interessati, dovrebbero essere annotate le uscite, le località, le catture ecc. Poiché il tesserino non è previsto dalla attuale legislazione e per evitare che l’uso dello stesso non sia vissuto come un “balzello” o un “ostacolo” alla attività di pesca, è di fondamentale importanza, per il successo dell’operazione, che tale scelta sia condivisa dagli interessati e dalle loro Associazioni che dovranno, se ritengono idoneo lo strumento, sensibilizzare i propri associati. Inizialmente in via sperimentale potrebbe essere usato il tesserino solo per alcune tipologie di pesca, ad esempio per la pesca alla trota, o del luccio o della carpa e, se l’esperienza si dimostra fattibile, estenderla alle altre. In tal modo potremo avere dati statistici significativi sullo sforzo di pesca, e sarà possibile intraprendere in maniera corretta la gestione della pesca, e tutte quelle iniziative tecniche ritenute necessarie (Zone di Protezione, Zone di frega, Zone a Regolamento Specifico, divieti, misure minime, ripopolamenti) basate su dati certi e non aleatori o soggettivi. 36 13. Conclusioni Al termine del presente studio, si può senz’altro affermare che tutti gli obbiettivi citati in premessa sono stati tutti raggiunti. In particolare l’aver identificato e messo a punto una metodologia standard per la rilevazione delle stazioni, nonché averla testata sul campo, ci consente l’utilizzo di uno strumento adeguato per la realizzazione di una parte importante del P.I.P provinciale. Del resto la bontà dei criteri di scelta delle stazioni si evince dalla analisi quantitativa e qualitativa della fauna ittica riscontrata nelle stazioni stesse. E’ evidente come, se analizziamo ad esempio i dati relativi alla stazione sul torrente Possera, notiamo che oltre ad aver rinvenuto una buona popolazione strutturata di vaironi, sono stati trovati esemplari di trota fario di più classi di età (riproduttori e esemplari giovanili), in una zona relativamente impervia non interessata per anni da ripopolamenti di alcun tipo. Questa presenza dimostra l’idoneità del Possera a sostenere l’intero ciclo vitale dei salmonidi e questo è rientrato tra i parametri utili per la classificazione delle acque prevista dalla definitiva stesura del P.I.P. La scelta della stazione si è dimostrata quindi idonea a descrivere opportunamente la fauna ittica del torrente. Analogo ragionamento vale per il torrente Pavone: tra le varie ipotesi di collocazione della stazione è stata sicuramente scelta una tra le più rappresentative, in quanto sono state trovate tutte le specie ciprinicole tipiche di un torrente di medio corso e salmonidi di più classi di età (sull’intero tratto fluviale non ci risulta che vengano effettuati ripopolamenti di alcun genere). L’utilizzo dell’ Indice Biotico Esteso(IBE), applicato in ogni singola stazione per valutare lo stato di salute del corso d’acqua, è stato uno dei parametri utilizzati per la futura dei fiumi e torrenti pisani. Anche l’applicazione dell’Indice di Funzionalità Fluviale (IFF), con la relativa definizione del Livello di Funzionalità, si è dimostrata una procedura di facile attuazione, standardizzata e descrittiva per la condizione ecologica complessiva di ogni corso d’acqua.. Le ricerche bibliografiche relative alla fauna ittica autoctona e la ricostruzione della “storia dei ripopolamenti” hanno dimostrato la loro validità per comprendere lo stato attuale delle acque pisane. Inoltre la conoscenza delle quantità immesse delle varie specie nei corsi d’acqua durante gli anni passati, può essere utile, insieme alla valutazione della capacità portante di un corso d’acqua e della biomassa presente, per determinare eventuali piani di ripopolamento specifici. Il censimento delle Zone di protezione e dei “retoni” è stato effettuato con la massima cura, consentendo di acquisire conoscenze indispensabili per la stesura definitiva del P.I.P. 37 I dati ricavati dalle attività sopradescritte, integrati con quelli “storici”, si sono dimostrati sufficienti per determinare: - stima qualitativa e quantitativa della popolazione ittica presente (per i tratti campionati con l’elettropesca, densità/m² e biomassa/m²); - individuazione delle zone ittiche (a salmonidi, di transizione, a ciprinidi ecc.); - rilevamento dei dati sulla gestione della pesca Occorrerà continuare a raccogliere tutte le informazioni utili dalle associazioni di pescatori e dalla Provincia sulla attività di pesca effettuata, analogamente a quanto effettuato per il fiume Arno e per il fiume Serchio. I dati raccolti su base pluriennale potranno fornire informazioni utili sullo “sforzo di pesca” sulle specie presenti, sulla soddisfazione dei pescatori. L’ insieme di tutte queste informazioni, a conclusione dell'intero lavoro svolto in precedenza, permetterà una ulteriore valutazione della realtà ittica della Provincia. Elaborazione dati e redazione della proposta di Piano Ittico Provinciale Dopo la realizzazione delle precedenti fasi, sono quindi disponibili tutte le informazioni necessarie per stilare, da parte della Provincia di Pisa una proposta articolata di P.I.P., nel quale saranno specificati i seguenti punti: - divisione in zone ittiche dei corpi idrici (verifica e proposte); - modalità e strumenti per la gestione dei corpi idrici, le forme di collaborazione, nonché le tipologie di convenzione con i soggetti terzi; - indicazione della misura dei prelievi per la pesca dilettantistica, sportiva e professionale relativamente a tempi, modi, specie e misure; - proposte di interventi di tutela delle risorse ittio-faunistiche e di ripristino e mantenimento degli equilibri biologici; - proposte per interventi di protezione; - individuazione confini corsi d’acqua ed eventuali proposte; 38 14. Bibliografia ARBOCCO G. (1966) – I pesci d’acqua dolce della Liguria. Ann. Mus. Civ. St. Nat. 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