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Falling Skies: Famiglia postapocalittica
Falling Skies narra le avventure postapocalittiche di Tom Mason e famiglia, un insegnante di
storia che si ritrova a combattere per i propri affetti e la propria specie"
Giovanni Bonaiti Pedroni
Si è da poco conclusa la seconda stagione, eppure già è in produzione per il 2013 la terza
serie di Falling Skies, serie americana prodotta dalla Dreamworks di Stevan Spielberg e
distribuita negli USA sulla rete via cavo TNT, divenuta nel giro di breve tempo un prodotto
televisivo alquanto discusso (nel bene e nel male) nell’annata 2011-12. Con una media
spettatori USA di 5,9 milioni di media, Falling Skies nasce con la pretesa di presentarsi come
un prodotto sci-fi altamente innovativo, mischiando il tema tanto caro a Spielberg degli alieni
con un vero e proprio family drama caratterizzato da elementi d’innovazione. L’esperimento, si
vedrà, ha successo solamente in parte, pur divenendo uno show comunque sia di successo e
che vanta un buon seguito di telespettatori.
La storia è ambientata in un ipotetico presente post-apocalittico: la Terra è stata invasa da
pochi mesi da una misteriosa razza aliena, denominata Skitter, che ha distrutto le principali
città, ucciso milioni di persone e, soprattutto, ridotto in schiavitù gran parte dei giovani terrestri
attraverso un “impianto”, un essere vivente che si fonde con la colonna vertebrale degli esseri
umani, che ha il potere di rendere le persone completamente soggetti agli Skitter. Le orribili
creature a sei zampe sono scortate dai Mech, dei robot giganti di star warsiana memoria, delle
vere e proprie armi di distruzione di massa al servizio degli Skitter.
Il protagonista delle vicende di Falling Skies è Tom Mason, un professore universitario di storia
che diventa, grazie al proprio amore per la libertà e all’istinto di sopravvivenza, uno dei
principali combattenti della Seconda Massachussetts, uno dei pochi gruppi di umani
sopravvissuti, una vera e propria resistenza. Attorno a Tom trovano poi spazio Hal, Mat e Ben, i
tre figli, che divengono insieme a lui la spina dorsale dell’intera struttura narrativa. È la famiglia
di Tom la vera protagonista dell’intera serie, andando ad identificare spesso e volentieri le
proprie azioni con quelle dell’intera squadra di sopravvissuti. Ogni puntata si snoda attraverso
lotte per la sopravvivenza e speranze, in una serie interminabile di eventi più o meno dolorosi.
In particolare, la figura di Ben è quella più tormentata, in quanto ragazzo sottoposto al
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trattamento dell’impianto, che, nonostante sia stato liberato dalla creatura aliena ospite grazie
all’intervento del padre, ne viene contagiato, acquisendo particolari poteri che lo rendono di
fatto umano solo per metà.
Come si accennava in precedenza, Falling Skies cerca di battere un tema da sempre molto
caro a Spielberg: la presenza sulla Terra degli alieni, che in questo caso va a coniugarsi con
un’altra tematica fortemente sentita dal regista americano: la centralità degli affetti familiari. Un
recente tentativo è stato il poco fortunato Terra Nova (non a caso, sempre della stessa
produzione), prodotto azzardato, in quanto vera e propria serie kolossal dal punto di vista
economico, ma che ben poco aveva da offrire a livello di plot. Il punto di partenza di Falling
Skies sembra essere a prima vista lo stesso: alla famiglia di profughi di Terra Nova si
sostituisce la famiglia di “nuovi nativi” - come essi stessi amano definirsi -. La prima
impressione potrebbe far venire in mente un vero e proprio family dramma, semplicemente
corredato di elementi alieni e la presenza di un universo più grosso di quel che potremmo
immaginarci. In realtà, però, questa è solo la prima impressione. Tom Mason (interpretato dal
mitico Noah Wyle, il dott. Carter di ER) gioca però qualche carta in più, cercando di
fidelizzare lo spettatore attraverso l’introduzione di due elementi nuovi, completamente
esterni al genere fantascientifico, che ne fanno la differenza: l’idea di cultura e di
integrazione umana.
Anzitutto il concetto di cultura: il protagonista è un professore di storia e questo non è un caso.
È incredibile osservare Tom che durante la preparazione agli attacchi alieni arringa i compagni
impartendo loro lezioni sulla Guerra d’Indipendenza americana, non a caso citata molte volte
per l’evidentissimo parallelo. La lotta contro gli alieni viene a prendere le sembianze di una
storia americana che torna a ripetersi. A volte il professore viene bonariamente desiro persino
dai propri figli, che conoscono ormai le sue “lezioni” a memoria, ma che non per questo
rinnegano l’importanza della storia e cultura da cui scaturiscono. Il vivere dei sopravvissuti
diviene così un continuo ribilanciarsi tra passato e futuro, tra valori ideali a cui rifarsi (il mito
delle origini!) e speranza di un avvenire migliore.
Vi è poi un secondo fondamentale concetto, quello dell’integrazione umana: spesso e volentieri
ci si sofferma molto sulla vita dei sopravvissuti, lasciando sullo sfondo gli attacchi e le fughe,
che divengono un semplice espediente narrativo per il proseguo della storia. Se con il concetto
di cultura prevalgono passato e futuro, qui emerge in tutta la sua forza il concetto di presente: il
rapporto tra le persone, il loro senso di fratellanza e di sacrificio sono messi al centro. Non viene
quasi mai posta al centro l’azione violenta contro gli alieni, ma un ricco mosaico della nuova
società, che, nella difficoltà, sa ritrovare un senso forte di integrazione, muovendosi come un
gregge unitario e lasciando perdere le proprie differenze a favore delle somiglianze. In tutto
questo la famiglia di Tom diviene il vessillo, il simbolo di questo senso nuovo di intendere
l’umanità, che diviene una grande famiglia. Il vero nodo centrale di discussione di questo
telefilm, punto di forza e debolezza allo stesso punto.
Come si diceva però all’inizio, infatti, Falling Skies riesce nella propria mission solamente in
parte, andando ad impantanarsi proprio all’interno del proprio punto di forza: la famiglia. Se
infatti Tom e i figli rappresentano il fulcro dell’intera narrazione, in quanto portatori di cultura ed
umanità, dall’altra risulta piuttosto improponibile che il centro di tutta la Seconda
Massachussets sia la loro famiglia, a discapito del resto dei sopravvissuti. È palese - almeno
all’inizio - l’assenza di un cast di spessore oltre i Mason, come se il resto fosse semplicemente
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un’estensione del clan. Le persone vanno e vengono. Muoiono, sopravvivono, lottano. Ma è
difficile sentirsi empatici con dei personaggi che risultano troppo spesso piatti e poco presenti
sul lungo andare della narrazione. È come se, in maniera molto innaturale, tutta l’umanità, con
la sua voglia vitale, si trovasse impastata in alcuni ruoli che, paradossalmente, rendono questi
combattenti per la libertà degli schiavi della storia. La famiglia cambia il suo volto per sempre e
diviene la famiglia post-apocalittica. Un’entità che condensa in sé passato, presente e futuro.
Un ritorno all’idea originaria di clan, di popolo omogeneo, che però rischia, per il futuro, di
divenire nuova dittatura, narrativa e metanarrativa. Un rischio che però è accettabile, davanti
all’insieme di elementi sottolineati che fanno senz’altro di questa serie un prodotto di ottima
realizzazione, sebbene – lo si conceda – con qualche pecca all’interno del proprio plot. Ma
forse è proprio questo che piace al pubblico: il ritorno dell’eroe indomito - un mito per certi versi
senza fine -. Un modello universale a cui ispirarsi e che permetta di avere, per una volta tanto,
una certezza nella vita. Figura allo stesso tempo di forza e debolezza per l’essere umano.
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