Fisica Terrestre Parte II
Sforzi e deformazioni
A. Caporali
Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica
Università di Padova
Sforzo e deformazione
Sforzo = forza per unità di superficie
[Nw/m2 = Pascal (Pa)]
Sforzo normale alla superficie = pressione
(‘normal stress’)
Sforzo tangenziale alla superficie = sforzo
di taglio (‘shear stress’)
Deformazione = variazione frazionaria
di una dimensione spaziale[-] (ad es.
m/m)
Deformazioni associate a uno
sforzo
Esempio: lamina di acciaio di spessore 1 mm, lunghezza 4 m e larghezza 0.4 m fissa sul lato
sinistro e soggetta a una trazione di 0.5 MNw/m2 sul lato destro nella direzione x. A sinistra
la variazione in lunghezza ‘u’ in direzione x; a destra la variazione in larghezza ‘v’, in
direzione y ( assottigliamento -> v è negativa per y>0 e positiva per y<0). Nota Bene: la
deformazione v è circa 1/100 della deformazione u.
Campo vettoriale del vettore (u,v) di
spostamento (caso bi-dimensionale)
La deformazione
aumenta man
mano che ci si
allontana dal lato
vincolato.
Le componenti
(u,v) del vettore
spostamento
dipendono
entrambe da
(x,y)
Definizione del tensore (= matrice) degli sforzi s e
del tensore (= matrice) delle deformazioni e
Tensore degli sforzi s: individua la totalità delle
sollecitazioni normali e di taglio sulle facce di un
cubo elementare. Per ogni faccia in generale
esiste uno sforzo normale e due sforzi di taglio
indipendenti. Considerate tre facce, le
componenti del tensore degli sforzi sono nove.
Tensore delle deformazioni e: individua la
toralità degli spostamenti percentuali derivanti
dagli sforzi applicati
e xx
wx
1  wx w y 
 ecc.

; e xy  

x
2  y
x 
Rappresentazione del tensore degli sforzi in
sistemi di riferimento ruotati (2D) (1/2)
Equilibrio delle forze, per componenti:
s yy OA  s xy OB  s x ' y ' AB cos   s x ' x ' AB sin 
s yx OA  s xx OB  - s x ' y ' AB sin   s x ' x ' AB cos 
Componente Y
Componente X
OB
OA
 cos  ;
 sin 
AB
AB
s yy sin   s xy cos   s x ' y ' cos   s x ' x ' sin 
s yx sin   s xx cos   - s x ' y ' sin   s x ' x ' cos 
Sistema degli
assi principali:
s x ' y '  0  tan 2 
2s xy
s xx  s yy
s yy sin 2   s xx cos 2   s xy sin 2  s x ' x '
1
(s yy  s xx ) sin 2  s xy cos 2  s x ' y '
2
Rappresentazione del tensore degli sforzi in
sistemi di riferimento ruotati (2D) (2/2) s OC
yy
Analogamente si procede per sy’y’ :
s yy OC  s xy OB  s y ' y ' BC cos   s x ' y ' BC sin 
s xxOB  s xy OC  s y ' y ' BC sin   s x ' y ' BC cos 
sxy OC
O
Componente Y
C
Componente X
sx’y’ BC
- sxx OB
s yy cos   s xy sin   s y ' y ' cos   s x ' y ' sin 
s xx sin   s xy cos   s y ' y ' sin   s x ' y ' cos 
s yy cos 2   s xx sin 2   s xy sin 2  s y ' y '
1
(s yy  s xx ) sin 2  s xy cos 2  s x ' y '
2
- sxy OB
90-
B
sy’y’ BC
Calcolo delle componenti dello sforzo nel sistema
degli assi principali
s x ' x '  s yy sin 2   s xx cos 2   s xy sin 2
s y ' y '  s yy cos 2   s xx sin 2   s xy sin 2
1
2
s x ' y '  (s yy  s xx ) sin 2  s xy cos 2
s x ' y '  0  tan 2 
s x'x' 


2
2
s xx  s yy
2
1

2

2s xy

s xx  s yy
2

s xx  s yy 1
1
4
s
xy
 cos 2 s xx  s yy  2s xy tan 2  
 cos 2  s xx  s yy 

2
2
2
s xx  s yy

s xx  s yy
s xx  s yy
1  cos 2
1  cos 2
; sin 2  
2
2
2
2
sin 2 1  cos 2
1
tan 2 2 

 cos 2 2 
2
2
cos 2
cos 2
1  tan 2 2
s xx  s yy
cos 2 
1
2
 s xx  s yy   4s 2 xy 2
cos 2  

s xx  s yy
 s xx  s yy   4s

2
2
1
2
 s xx  s yy   4s 2 xy
2
xy

1
2

1
2
2

4
s
xy
 s xx  s yy 

s xx  s yy









Analogamente per sy’y’: se per sx’x’ si
sceglie il segno +, per sy’y’si sceglie il
segno -
Relazioni inverse: sforzi nel sistema generico
(x’y’)in funzione degli sforzi principali (xy)
s x ' x '  s yy sin 2   s xx cos 2 
s x ' x '  s yy sin 2   s xx cos 2   s xy sin 2
s y ' y '  s yy cos 2   s xx sin 2   s xy sin 2
1
2
s x ' y '  (s yy  s xx ) sin 2  s xy cos 2
s xy  0
cos 2  
1  cos 2
1  cos 2
; sin 2  
2
2

s xx  s yy
s y'y'

s xx  s yy
cos 2
2
2
 s yy cos 2   s xx sin 2 
s xx  s yy
s x' y'

s xx  s yy
cos 2
2
1
 (s yy  s xx ) sin 2
2
2

Sistema degli assi principali (1/2)
La matrice degli sforzi/deformazioni ha
9 elementi: tre normali e sei di taglio.
Tuttavia è possibile trovare un sistema
di riferimento nel quale le componenti
di taglio sono nulle.
Tale sistema è detto sistema degli assi
principali.
Sistema degli assi principali (2/2)
Relazione tra un generico sistema di riferimento e il sistema degli assi principali (in 2
dimensioni): il tensore ad es. degli stress nel sistema principale differisce da quello nel
generico sistema per una matrice di rotazione di un angolo , inteso come angolo tra s1 e x:
 cos
 sin 

sin   s xx s xy  cos



s
s
cos   yx
yy   sin 
Esplicitando il sistema di tre
equazioni nelle tre incognite
s1,s2 e  si ottiene:
s 1, 2 
s xx  s yy
tan 2 
2
 s xx  s yy
 
2

2s xy
 sin   s 1 0 


cos   0 s 2 
2

2

  s xy 2

1
s xx  s yy
Le relazioni inverse sono:
s xx 
s yy
s xy
s1  s 2
s1 s 2
cos 2
2
2
s  s 2 s1 s 2
 1

cos 2
2
2
s s 2
 1
sin 2
2

Nota: l’aspettativa che lo sforzo di taglio sia massimo lungo
assi (superfici) a 45° rispetto alle direzioni degli sforzi
principali è confermata dalle equazioni qui a fianco.
Esempio
Un blocco quadrato di granito è
confinato sui due lati ed è
soggetto a una
compressione verso
l’interno di 0.5 MPa su
entrambi i lati orizzontali.
Lo sforzo di taglio è massimo,
in valore assoluto, lungo le
diagonali del quadrato.
In caso di frattura, avremo una
faglia trascorrente destra
(shear stress positivo)
lungo la diagonale
principale, e una
trascorrente sinistra (shear
stress negativo) lungo la
diagonale secondaria.
Elasticità lineare: legge di Hooke in un
sistema di assi principali di stress
s1=(l2me1le2le3
s2=le1(l2me2le3
s3=le1le2(l2me3
Ee1s1ns2ns3
Ee2ns1s2ns3
Ee3ns1ns2 s3
l e m sono le costanti
di Lamè; m viene
talvolta indicato con G
ed è anche noto come
modulo di shear
E e n sono
rispettivamente il
modulo di Young e il
rapporto di Poisson
nl/2lm; E=m3l2m/lm
m=E/21n); l=En/1n12n
Elasticità lineare: Legge di
Hooke in un sistema qualsiasi
s ij  lD ij  2me ij
Ove D=exx+eyy+ezz è il tasso di espansione
isotropa, cioè la media delle dilatazioni nelle
tre direzioni indipendenti
Elasticità uniassiale: quando sforzo e deformazione
sono direttamente proporzionali
s  Ee ;s  s  0
1
Ad esempio, per uno sforzo uniassiale si ha:
1
2
3

e 2  e 3   s1
E
E è il modulo di Young. Si misura in Pa.
n è il rapporto di Poisson. E’ adimensionale.
Roccia
Densità
(kg/m3)
E (1011 Pa)
n
Arenaria
1900-2500
0.1-0.6
0.10.3
Gneiss
2600-2850
0.4-0.6
0.150.25
Granito
2650
0.4-0.7
0.20.25
Basalto
2950
0.6-0.8
0.20.25
Dunite
3000-3700
1.4-1.6
-
Esempio
Per la sbarra di acciaio (l = 4 m, t= 0.4
m) in trazione lungo x (sxx=0.5MPa)
verifichiamo:
Deformazione longitudinale exx=Dx/l ~
10-5/4 ~2.5 10-6,
Deformazione trasversale eyy=Dy/t ~
3 10-7/0.4 ~ 7.5 10-7, in media.
Per l’acciaio inoltre si ha E=196 GPa.
Pertanto verifichiamo che
sxx=Eexx
nsxx=Eeyy
purchè n=0.294, che è un valore tipico
per il rapporto di Poisson di materiali
‘normali’
Carico litostatico come
esempio di sforzo uniassiale
Carico litostatico (‘overburden’): s1=rgy
s 1  Ee 1 ;s 2  s 3  0

e2  e3   s1
E
Consideriamo un blocco di roccia 1.5 m x 1 m con
E=70 Gpa, n=0.3, r=2700 kg/m3 appoggiato sulla
sua base inferiore e con le pareti laterali libere di
deformarsi in risposta al peso proprio della roccia. La
figura mostra la deformazione laterale ‘u’ lungo x, e
quella verticale ‘v’ lungo y. Detta h la altezza del
blocco abbiamo che l’accorciamento si calcola
facilmente:
h
h   e yy dy 
0
rgh 2
2E
 4.25 *10 7 m
Per calcolare la deformazione orizzontale occorre
rispettare il vincolo di indeformabilità della base.
Altrimenti si ottiene una forma triangolare.
Sforzo piano
s3  0
Ee1  (s 1  s 2 )
Ee 2  (s 2  s 1 )
Ee 3   (s 1  s 2 )
s1  0
Per applicazioni ad es. alla litosfera, esiste un s3
indotto dall’ispessimento verticale. Ad es.
assumendo s1= s2, posto hL=spessore nominale
della litosfera ~100 km, si ha (n=0.25,
E=1011Pa,r=3000 kg/m3) che il carico litostatico
indotto è circa 1% di hL. Se s1=100MPa, che è un
tipico sforzo tettonico, l’ispessimento è di ~ 50 m.
s2  0
 2n
s 1 hL
E
 2n
s 3  rgh 
s 1 hL rg  0.01s 1
E
h 
Curvatura di una lamina prodotta da coppie e/o carichi verticali
Curvatura di una lamina
di spessore finito h sotto
l’azione di un momento
torcente (bending
moment) M: lo stress sxx
è compressivo per y>0 e
distensivo per y<0. La
‘fibra nulla’ (null fiber) è
quella a y=0.
Equilibrio delle forze e delle coppie
qdx  dV  0 equilibrio del carico verticale per unità di lunghezza q(x) con la shear force dV
dM  Pdw  Vdx equilibrio del momento torcente con la somma della coppia derivante dal carico
orizzontal e P sul braccio dw e della shear force V sul braccio dx
Combinando le due equazioni si ottiene l' equazione fondamenta le dell' equilibrio (Nota : vale
anche per materiali non elastici! ) :
d2M
d2w
 P 2 q
2
dx
dx
Rappresentazione di M nel caso elastico
Assumiamo che la lamina sia infinitamente
estesa lungo z ->ezz=0, e che non vi sia carico
verticale (syy=0):
Ee xx  s xx ns zz
0  s zz ns xx
Pertanto sxx=Eexx/(1-n2)
h/2
M 
s
xx
ydy 
h / 2
E

1 n 2
h/2
e
h / 2
xx
ydy
Equazione di equilibrio flessurale di una lamina elastica
Abbiamo anche e xx  D /   y /   y ( / R) /   y / R
Sviluppand o x 2  w 2  R 2 per x/R  0 dimostriam o che
NB: y è la coordinata verticale,
e x è la coordinata orizzontale.
w(x) è il profilo della deformata
2
d w
1


:
dx 2
R
2 xdx  2 wdw  0 
dw
x d 2w
1
x dw
1 x2
R2
 ; 2   2
  3  3 
dx
w dx
w w dx
w w
w
d 2w
Pertanto e xx   y
e infine
dx 2
h/2
 E d 2w
d 2w D
2
M 
y dy   D 2 
(1   2 ) dx 2  h/ 2
dx
R
1

x2 
R1  2 
R 

3/ 2

1
R
Eh3
ove D 
12(1   2 )
q(x)
P
h
w(x)
d 4w
d 2w
D
 q ( x)  P
4
dx
dx 2
R
x
D= rigidità flessurale;E=modulo di Young,
n = rapporto di Poisson R= raggio di
curvatura
Lamina di granito soggetta al suo peso:sforzo normale
(figura in alto) e di taglio (figura in basso)
2 m x 0.4 m
A sinistra:
semplicemente
appoggiata
A destra:
Infissa da un
lato, libera
dall’altro
Soluzione dell’equazione dell’equilibrio flessurale (1/2)
1. caso : carico costante q sulla lamina di lunghezza L
qx 4
x3
x2
Dw' ' ' '  q  Dw( x) 
 c1  c2
 c3 x  c4
24
6
2
Calcolare le grandezze seguenti : M(x), V(x). s xx ( x, y ).
Condizioni al contorno :
1.1 Lamina infissa ai due estremi : w(0)  w( L)  w' (0)  w' ( L)  0
qL
qL2
c1   , c2 
, c3  c4  0
2
12
2
qL2 2  2 x  x  
qx 2 qLx qL2
Dw( x) 
x 1 
   ; Dw' ' ( x) 


24 
L  L  
2
2
12
Ee xx
qL2
Eyw' '
L
 2M    M (0)  M ( L) 
; s xx ( x, y ) 


12
1 n 2
1 n 2
2
1.2 Lamina infissa a un estremo e libera all' altro :
w(0)  w' (0)  w' ' ( L)  w' ' ' ( L)  0
qx 2
w( x) 
D
 L  2 Lx 1  x  2 
   ; M   Dw' ' ( x), V ( x)   Dw' ' ' ( x)
  
6 6  2  
 2 
Soluzione dell’equazione dell’equilibrio flessurale (2/2)
2. caso : carico localizzat o sulla lamina
di lunghezza
L
2
c1 x c2 x

 c3 x  c4
6
2
al contorno :
Dw' ' ' '  0  Dw( x) 
Condizioni
3
2.1 Lamina imperniata ai due estremi : w0   wL   0; w' ' 0   w' ' L   
M0
D
M0x
( L  x)
2D
2.2 Lamina infissa a un estremo e un carico puntuale  V0 all' altro :
w( x) 
w0   w' 0   w' ' L   0; w' ' ' L  
 V0
D
V0 x 2 
x
L 
2D 
3
2.3 Lamina infissa a un estremo e una coppia M 0 all' altro :
w( x) 
w0   w' 0   w' ' ' L   0; w' ' L  
M0
D
 M 0 x2
2D
2.4 Lamina infissa agli estremi e con carico centrale  V0
w( x) 
Si considera una lamina di lunghezza 2L con carico applicato a x  0
w( L)  w' (0)  w' ( L)  0; Dw' ' ' (0)  V0
V0 x 3 V0 Lx 2 V0 L3


per 0  x  L; impongo analoghe condizioni a x  0,-L :
6
4
12
w( L)  w' (0)  w' ( L)  0; Dw' ' ' (0)  V0 (si noti : cambio di segno perchè dx  0)
w( x)  
w( x) 
V0 x 3 V0 Lx 2 V0 L3


per - L  x  0; posso verificar e che la deformata è continua a x  0
6
4
12
Deformazione di strati sovrapposti a una
intrusione ignea (laccolite)
d 4w q

dx 4 D
d 3w q
 x  c3
dx 3 D
d 2w
q 2

x  c3 x  c2
2
dx
2D
d w
q 3 1

x  c3 x 2  c2 x  c1
dx
6D
2
q 4 1
1
w( x) 
x  c3 x 3  c2 x 2  c1 x  c0
24 D
6
2
L=3km
h=50 m
w0=600m
E=70GPa
n=0.25
r=2900kg/m3
p=384Dw /L +rgh=3.6MPa
0
4
Simmetria rispetto a x=0 -> c3=c1=0; determiniamo c2
e c0 imponendo le condizioni al contorno:
L
dw( )
2
4
2  0  c   qL ; w( L )  0  c  qL
2
0
dx
24 D
2
384 D
2
4
q 4 qL 2
qL
w( x) 
x 
x 
24 D
48D
384 D
Modello della forza verticale: q(x)= -p+ rgh, ove p è la pressione del magma e rgh è il peso della
colonna di lastra (overburden); condizioni al contorno: w=dw/dx=0 a x=+/- L/2. Soluzione della ED:
x2
x4
( p  rgh) L4
w( x)  w0 (1  8 2  16 4 ), ove w0  
384 D
L
L
Nota la deformata w(x) possono essere calcolati la
shear force V(x) e lo stress sxx(x,y)
In generale abbiamo
dM
d 3w
P  0  V ( x) 
  D 3  qx
dx
dx
Ee xx
d 2w
E
d 2w
E
e xx   y 2  s xx 


y


dx
1 n 2
1 n 2 dx 2
1 n 2
con 
 qx 2 qL2 

y

 2 D 24 D 
h
h
 y
2
2
Lo sforzo e la deformazione sono massimi al centro (L=0) e sulla superficie della lamina (y=+/- h/2)
Se indichiamo con smax lo sforzo limite al quale il materiale cede, la struttura non presenta ‘crepe’ a x=0
finchè è soddisfatta la condizione sxx< smax , ovvero
Eh
qL2 qL2

 s max
2(1 n 2 ) 24 D 4h 2
Deformazione di un diaframma soggetto
alla pressione dell’acqua (1/2)
h
y
L
Un diaframma di granito (E=70
Gpa, n=0.25) di spessore h = 3
cm sopporta la pressione
dell’acqua profonda L=1.2 m. Il
carico sul diaframma aumenta
pertanto linearmente q=rwgy
Vincoli: il diaframma sia
imperniato nelle estremità
superiore e inferiore.
Calcolare la deformata e lo
sforzo massimo tensionale
Deformazione di un diaframma soggetto
alla pressione dell’acqua (2/2)
1
r w gy 2  c1
2
1
Dw' '  r w gy 3  c1 y  c2
6
1
1
Dw' 
r w gy 4  c1 y 2  c2 y  c3
24
2
1
1
1
Dw 
r w gy 5  c1 y 3  c2 y 2  c3 x  c4
120
6
2
Dw' ' ' 
Condizioni al contorno
w(0)  w( L)  0
w' ' (0)  w' ' ( L)  0
c2  c4  0
1
c1   r w gL2
6
7
c3 
r w gL4
360


0.001
0.0
0.0009
-1.0
0.0008
-2.0
0.0007
0.0006
-3.0
0.0005
-4.0
0.0004
-5.0
0.0003
-6.0
0.0002
-7.0
0.0001
0
-8.0
0
0.5
1
profondità (m)
1.5
Sforzo longitudinale (MPa)
Dw' ' ' ' ( y )  r w gy

1
12 D
2x
r w gy y 2  L2  s yy ( x, y )   3 xw' ' ( y )   3 r w gy y 2  L2
6
h
h
1
1
7
Dw 
r w gy 5  r w gL2 y 3 
r w gL4 y
120
36
360
Dw' ' 
deformata w (m)
Integrale generale
deformata (m)
stress longitudinale
(Mpa)

Deformazione della litosfera oceanica e
continentale per un carico verticale (1/2)
Idea di fondo: quando la lamina litosferica viene caricata con q0, si crea una
deformazione w, che sposta del fluido nel mantello sottostante. Dobbiamo pertanto
aspettarci una spinta isostatica verso l’alto, proporzionale alla deformazione,
proprio come se la litosfera fosse adagiata su un ‘letto di molle’.
Deformazione della litosfera oceanica e
continentale per un carico verticale (2/2)
Calcolo della forza agente sulla lamina: è in entrambi i casi la risultante della forza peso e
dalla reazione idrostatica.
Litosfera oceanica
( r w  r m ) gw
Litosfera continentale:
( r c  r m ) gw
Pertanto conviene rappresentare il carico verticale q(x) come la
somma del carico effettivo più la risposta isostatica: q(x)=qa(x)(rm-rc/w)gw
Risposta della litosfera (1/2)
d 4w
d 2w
D 4  P 2  ( r m  r c / w ) gw  q a ( x)
dx
dx
Di particolare interesse è la risposta a un carico topografico variabile sinusoidalmente (il motivo dell’interesse è che
qualsiasi forma topografica –ad es. catena montuosa- può essere decomposta in una somma di armoniche entro un
certo intervallo di lunghezze d’onda)
h( x)  h0 sin
2x
l
 q a ( x)  r c gh0 sin
2x
l
Se assumiamo che non vi sia uno sforzo orizzontale, P=0 e l’equazione si riduce a:
d 4w
2x
D 4  ( r m  r c ) gw  r c gh0 sin
l
dx
Risposta della litosfera (2/2)
Cerchiamo una risposta della litosfera alla stessa lunghezza d’onda della sollecitazione
topografica:
w( x)  w0 sin
2x
l
Otteniamo che la eq. differenziale della flessura si riduce a un vincolo sull’ampiezza w0 della
risposta
w0 
h0
rm
D  2 
1
 
rc
rc g  l 
4
La risposta è inoltre anticorrelata con la fase del carico in superficie: quanto questo è
positivo (monte) la risposta è negativa (radice), e viceversa.
l
l
Risposta di una lamina elastica su un letto di molle
a un carico sinusoidale: la deformazione aumenta
con la lunghezza d’onda del carico
Lunghezza d’onda caratteristica
La grandezza
litosferica.
 D 

l 0  2 
r
g
 c 
1/ 4
ha le dimensioni di una lunghezza caratteristica della ‘lamina’
Supponiamo che il carico topografico abbia una l>>l0 (ad es. un plateau). In tale situazione
w0 
h0
rm
1
rc

h0
 4.2h0
3300
1
2670
Ovvero la lastra appare infinitamente duttile e il carico topografico è interamente sostenuto dalla spinta
idrostatica ed è esattamente compensato da una radice (o ispessimento crostale) di profondità circa 4.2 km
per ogni km di altezza topografica. Le proprietà elastiche della lamina litosferica non svolgono alcun ruolo
nel supporto della topografia
Supponiamo invece che il carico topografico abbia una l<<l0 (ad es. un blocco di dimensioni piccole
rispetto allo spessore della lamina). In tale situazione w00; l’effetto idrostatico non svolge alcun ruolo nel
supporto del carico topografico, il cui peso è interamente assorbito dalla rigidità della lamina litosferica.
Questa non si deforma.
4

 rm
  rm
l


0
Definiamo il coefficiente di compensazione
C  
 1 / 
1   
 l  
 rc
  r c
Quando C~1, la compensazione è al 100%, cioè avviene per mezzo di radici. Quando C~.5, la
compensazione avviene in parte con radici, e per il resto per mezzo della rigidità interna della lamina
litosferica. Quando C~0, la topografia è sostenuta interamente dalla rigidità della lamina.
Esempio di Compensazione Parziale
In questo esempio E=70 Gpa,n=0.25, rm=3300
kg/m3,
rc=2700
kg/m3.


D
Pertanto 2 

 g(rm  rc ) 
1/ 4
 420 km
Topografia a questa lunghezza d’onda è supportata isostaticamente al 50%. Lunghezze d’onda inferiori
sono supportate dalla rigidità della lamina; quelle superiori dal meccanismo isostatico.
Buckling di una lamina elastica su supporto
isostatico e soggetta a una compressione orizzontale
(1/2)
l
P
P
w
rm—rw)gw
d 4w
d 2w
D 4  P 2  ( r m  r w ) gw  0
dx
dx
Se cerchiamo una risposta del tipo w( x)  w0 sin
La lunghezza d’onda deve soddisfare l’equazione
Litosfera oceanica. Zero
topografia. P=cost
2x
l
 2 
 2 
D
  P
  ( rm  rw ) g  0
 l 
 l 
4
2
Buckling di una lamina elastica su supporto isostatico e
soggetta a una compressione orizzontale (2/2)
Soluzione:
2
2
P

P
 4( r m  r w ) gD
2

 
  
2D
 l 
L’argomento della radice deve essere non negativo => una soluzione
sinusoidale (buckling) esiste solo per sforzi orizzontali P tali che P  Pc 
Lo sforzo critico associato è definito come sc=Pc/h, ove h è lo spessore
della lamina (cioè della litosfera). Quando P= Pc, la lunghezza d’onda è
4 Dg ( r m  r w )
lc  2
2D
Pc
Prendendo h=50 km, rw=1000 kg/m3, si ottiene sc=6.4 Gpa, che è uno sforzo al quale nessuna roccia
può reggere. La lunghezza d’onda critica è 526 km. Segue che se la litosfera è elastica, sinclinali e
antisinclinali non possono crearsi per buckling. Perché questo avvenga, bisogna che h<1 km. In tal caso
sc <0.9 Gpa, sopportabile dalle rocce. La lunghezza d’onda critica associata è < 28 km. Quindi solo strati
molto sottili di litosfera sono soggetti a buckling, cosa che suggerisce che la litosfera non è un continuo
elastico bensì è stratificata.
Flessura presso un trench oceanico
Equazione flessurale (P=qa=0)
d 4w
D 4  ( r m  r w ) gw  0
dx
•Soluzione generale dipendente da quattro costanti arbitrarie (vedi anche la tabella delle
derivate di w): x
x
x
x  
x
x

w( x)  e   c1 cos  c 2 sin   e   c3 cos  c 4 sin 






Ove, qualsisasi siano le costanti di integrazione, si è definita la lunghezza d’onda o parametro
flessurale a come segue:


4D


(rm  r w )g 
1/ 4
Nel seguito considereremo alcuni casi particolari della soluzione generale, che rappresentano
situazioni ad es. di lamina caricata al centro, oppure a una estremità, ovvero una coppia
applicata a una estremità.
In ogni caso w=w’=0 per x infinito. Pertanto c1=c2=0. I valori di c3 e c4 verranno determinati
imponendo carichi o coppie ad es. a x=x0, e ricordando che:
d 2w
dM
M 0   D 2 ( x  x0 ); V0 
( x  x0 )
dx
dx
1. Caso: litosfera continua caricata al centro
Vedi la tabella delle derivate di w
Continuità a x=0 ->w’(0)=0 ->c3=c4
Carico V0 applicato a x=0 -> V0/2=Dw’’’(0)=4Dc3/3
w( x)  w0 e

x

Bulge flessurale
w' ( x  xb )  0  xb  , w( xb )  w0 e   0.04w0
V0 3
x
x

 cos  sin , ove w0 


8D

w (m)
0
-1000
-2000
-3000
-4000
0
50
100
150
200
x (km)
Nota: la figura riporta solo la metà di
destra del profilo. La metà di sinistra è
speculare.
b:
250
E
70000000000 Pa
nu
0.25
drho
2300 kg/m^3
h
25000 m
g
9.8 m/sec^2
D
9.72222E+22 Nm
alfa
64449 m
V0
-5.6E+12 N/m
w0
-1927 m
xb
151778 m
wb
183 m
2. Caso: litosfera discontinua caricata a un estremo
Vedi la tabella delle derivate di w
Discontinuità a x=0 ->M(0)=0->w’’(0)=0 ->c4=0
Carico V0 applicato a x=0 -> V0/2=Dw’’’(0)=2Dc3/3
Nota: Si sarebbe potuto anche considerare il caso più generale di un momento non nullo a
x=0, in aggiunta alla shear force V
3
V

0
w( x)  w0 e  cos , ove w0 
(Nota : la massima depression e

4D
è qui esattament e il doppio che nel caso continuo)

x
x
Bulge flessurale
Bulge ‘b’
b:
w' ( x  xb )  0  xb  3 / 4, w( xb )  w0 e 3 / 4  0.067 w0
Modello del profilo del Trench delle Marianne
w (m)
0
-1000
-2000
-3000
-4000
0
50
100
150
x (km)
200
250
E
70000000000 Pa
nu
0.25
drho
2300 kg/m^3
h
25000 m
g
9.8 m/sec^2
D
9.72222E+22 Nm
alfa
64449 m
V0
-5.6E+12 N/m
w0
-3855 m
xb
151778 m
wb
366 m
Si noti che il modello non è completamente soddisfacente: nel
modello la curvatura è troppo grande e sia il bulge che
l’intercetta dell’asse x sono troppo arretrati il . Un modello più
accurato prevede non solo V0 ma anche un momento torcente
M0 a x=0.
Limite elastico - plastico
d
c
b
a
Per valori del momento torcente M che eccedono una soglia M0, la flessura di una
lamina diventa maggiore della flessura in regime elastico. Siamo entrati nel
regime plastico, e la deformazione plastica – al contrario di quella elastica- è in
generale irreversibile.
Fase Transiente
Lamina infissa lateralmente viene
rilasciata: il profilo della deformata riflette
i vincoli, la forza peso esterna e le forze
elastiche interne
Lamina infissa a entrambe le
estremità viene lasciata
libera sotto il proprio peso:
la deformazione dapprima si
concentra presso i vincoli
per poi convergere verso il
centro, formando un bulge
positivo che poi si smorza.
Stato di stress nelle rocce adiacenti a una faglia
Lo stress in una roccia a profondità y è innanzitutto dovuto al carico litostatico syy=rgy.
Questo carico produce in generale una pressione isotropica nelle tre direzioni, esattamente
come un fluido in un recipiente con stantuffo esercita una pressione uguale sulle rimanenti
tre pareti del contenitore.
Quando la roccia è nei pressi di una faglia, allo stress litostatico si somma algebricamente
un secondo contributo di origine tipicamente tettonica. Tale contributo viene detto
deviatorico, per sottolineare che esso trae origine dalla contrapposizione di forze.
Assumiamo che
lo stress deviatorico Dsxx sia uno stress principale diretto lungo x (orizzontale),
siamo in regime di strain piano, cioè lo sforzo tettonico è tale che le rocce sono confinate
lateralmente: e3=0 -> Ds3=nDs1 Ds2 > Ds3=nDs1
Avremo pertanto che per un blocco elastico:


s xx  rgy  Ds xx

s yy  rgy

s zz  rgy  Ds zz   s  rgy  nDs

zz
xx
Ds zz  nDs xx


Poiché 0<n<1, abbiamo che:
•Faglia inversa: Dsxx>0 => sxx> szz >syy
•Faglia diretta: Dsxx<0 => syy>szz> sxx
•Faglia trascorrente: lo stress verticale è
sempre intermedio
Dsxx>0 e Dszz<0 => sxx> syy >szz
Dsxx<0 e Dszz>0 => szz > syy > sxx
Il coefficiente di attrito statico fs
L’esperienza dimostra che un corpo appoggiato su una superficie oppone una resistenza alla
trazione proporzionale alla massa del corpo
Ciò significa che lo sforzo di taglio relativo all’attrito statico tfs  sxy,è proporzionale allo
sforzo normale esercitato sulla superficie di appoggio; la trazione è invece proporzionale
allo sforzo deviatorico Dsxx
Indichiamo pertanto con fs la costante di proporzionalità tra lo sforzo di taglio per attrito
statico tfs e lo sforzo normale al piano di appoggio sn. Vale la legge di Amonton:
tfs= fs sn
Dsxx =mg sin/A
sn =mg cos/A
mg

Esempio: stabilità di un versante
Il versante è stabile finchè la trazione si
mantiene inferiore alla resistenza di attrito
per scivolamento: Dsxx< tfs= fs sn ovvero
tan   fs
Angolo di immersione con minimo sforzo deviatorico (1/2)
Si consideri una faglia normale o inversa. Si vuole determinare
l’angolo di immersione b che corrisponde a un minimo
sforzo deviatorico Dsxx, noto il coefficiente di attrito
statico fs tra i due blocchi (Problema di Anderson)
s xx  rgy  Ds xx : lo sforzo totale lungo x comprende il carico litostatic o e lo sforzo deviatoric o tettonico
Ds xx
s n  rgy 
(1  cos 2 ) : lo sforzo normale al piano di faglia comprende il carico litostatic o e l' autovalore dello
2
stress deviatoric o corrispond ente a una rotazione dell' asse x di un angolo 90 - b , pari all' angolo di cui x deve ruotare per
sovrappors i alla direzione normale al piano di faglia.
Ds xx
t 
sin 2 : sforzo di taglio sul piano di faglia
2
t  f ss n : sforzo di taglio limite, corrispond ente all' inizio dello scivolamen to (legge di Amonton)
Sostituendo nella legge di Amonton le espressioni per lo sforzo normale e di taglio, e notando che il segno +
corrisponde a una faglia inversa (Dsxx>0) e il segno – a una faglia normale (Dsxx<0), si ottiene:
Ds xx
Ds xx


sin 2  f z  rgy 
(1  cos 2 ) :, e risolvendo per Ds xx :
2
2


2 f s rgy
Ds xx 
 sin 2  f z (1  cos 2 )

L' angolo di minimo stress deviatoric o si ottiene imponendo l' annullarsi della derivata :
Ds xx
1
1
 0  tan 2   ovvero tan 2 b  

fs
fs
Angolo di immersione con minimo sforzo deviatorico (2/2)
Il valore minimo dello stress deviatorico si ottiene di conseguenza: consideriamo ad es. una faglia inversa:
Ds xx 
 fs
1
1
tan 2
1
 cos 2 

; sin 2 

fs
1  tan 2 2
1  f s2
1  tan 2 2
1  f s2
2 f s rgy

 sin 2  f s (1  cos 2 )
2 f s rgy

1
1  f s2
Ds xx (MPa)
600
450
300
150
0
-150 0
0.2
0.4
0.6
0.8
fs
faglia inversa
1
fs
 f s (1 
angolo di immersione b
(gradi)
tan 2  
1  f s2

)
2 f s rgy
 1  f s2  f s
80
60
40
20
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
fs
faglia normale
faglia inversa
faglia normale
Si nota che a parità di coefficiente di attrito statico, la faglia normale richiede minore sforzo deviatorico per attivarsi,
rispetto alla faglia inversa. Per faglie normali sono inoltre favoriti angoli di immersione maggiori che per fagli inverse.
1
Semplice modello meccanico di un terremoto (1/2)
Un blocco di massa m, area si base S e altezza h è
appoggiato su un nastro in moto a velocità costante, e
vincolato a una parete per mezzo di una molla di
costante k.
Per t<0, il blocco si allontana dalla parete trascinato dal
nastro.
A t=0 la forza elastica di richiamo diventa eguale alla
resistenza di attrito statico t, e il blocco comincia a
scivolare rapidamente verso sinistra.
Quando la velocità di richiamo si annulla, il blocco si ‘riaggancia’ al nastro e il ciclo riprende.
kx*  f s mg la legge di Amonton definisce la estensione della molla alla quale il blocco inizia a scivolare, perchè la forza elastica
di richiamo è uguale alla resistenza statica. Questo evento avviene a t  0

m x  kx  f d mg t > 0 Lo scivolamen to all' indietro è controllat o dalla forza elastica e da una resistenza di attrito dinamico, con f d  f s

mg
f d  A cos(t   ) ovvero integrale particolar e  integrale dell' omogenea associata. Imponendo x(0)  0 ottengo   0.
k
f f
g
x(t )  2 f d  s 2 d g cos t è la soluzione che descrive lo scivolamen to e soddisfa alle condizioni al contorno
x(t ) 



x(0)  x * , x(0)  0, ove  
tr 


k
m

è il tempo al quale il blocco finisce di scivolare e si riaggancia al nastro, ed è definito dalla condizione x (t r )  0
Tale evento corrispond e a una posizione xr 
2 fd  fs

2
g ; il blocco ha pertanto scivolato per una tratta x*  xr  2
fd  fs
2
g
Semplice modello meccanico di un terremoto (2/2)
La forza elastica di richiamo corrispond e a uno sforzo di taglio t sulla superficie di appoggio S :
kx  tS D' altra parte lo sforzo di taglio è anche t 
m u
2 y

m x
2
S

kx
S
Ove si è assunto che il blocco abbia base quadrata di lato S1/2. Abbiamo pertanto che :
k
m S
2
La caduta di sforzo di taglio (stress drop) corrispondente allo scivolamento è pari allo stress totale disponibile fsmg/S
volte lo spostamento frazionario (x*-xr)/x*:
Dt=(fsFn/S)*[2(fs-fd) Fn/k]/(fsFn/k)= 2(fs-fd) Fn/S= 2(fs-fd) rgh
Per un terremoto con h=5 km, r=2500 kg/m3,g=9.8 m/s2, fs=0.050, fd=0.045, lo sforzo normale è 124 Mpa Mentre
lo sforzo di taglio disponibile all’innesco dello scivolamento è di 6.2 Mpa, per la legge di Amonton. Si noti che il
coefficiente di attrito statico misurato in laboratorio è circa 0.8, molto maggiore di quello assunto. In pratica con un
coefficiente di attrito statico così basso teniamo conto della pressione dei fluidi nei pori, che di fatto diminuisce
l’attrito.
Se S=10 x 10 km e m=30 Gpa, allora lo slip x*-xr=0.83 m e lo stress drop è 1.23 Mpa. Pertanto le rocce hanno uno
stress residuo di 5 Mpa. Notiamo che x*=4.1 m. Pertanto il blocco si riaggancia quando la molla ha una lunghezza di
4.1-0.83 m= 3.3 m circa e non 0 m.
La durata dello slip è tr=9 sec e la velocità media della rottura è circa 0.1 m/sec, oltre 10000 volte inferiore alla
velocità dei crack sismici. Il tempo di ritorno dipende dalla velocità di avanzamento del nastro: se è 1 cm/anno, sono
necessari 80-100 anni per dilatare la molla fino all’innesco dello slip. I tempi di ritorno di un evento sismico reale che
comporta uno slip di circa 80 cm sono dell’ordine di alcune centinaia d’anni.
La magnitudo momento Mw
Momento sismico: M0=mAD (Nw m)
Energia irradiata: Erad=DsAD
Ove A è l’area di slip, D è lo slip cosismico, Ds è lo stress drop e m è il modulo di
shear
Segue che Erad=DsM0/m  M0/2*104, come valore tipico del rapporto tra stress drop
e modulo di shear.
Pertanto logErad=logM0 - 4.3
Introduciamo la magnitudo momento Mw in termini dell’energia irradiata:
logErad=1.5 Mw + 4.8
Segue che la magnitudo momento e il momento sismico sono legati dalla relazione
di Hanks Kanamori: logMo=1.5 Mw + 9.1
La magnitudo momento è importante perché definita in termini del lavoro
necessario per spostare (dislocare) una porzione della faglia rispetto all’altra.
Momento sismico
Relazione tra momento sismico e magnitudo
100000
10000
Log(M0)=1.5m+9.1 Joules (Hanks e
Kanamori)
1000
100
RA (km^2)
10
SRL (km)
Formule empiriche di Wells e Coppersmith 1
u (m)
0.1
Relazione tra magnitudo e area di rottura 0.01
0.001
(km^2)
logRA=-3.49+0.91m
Relazione tra magnitudo e rottura
superficiale (km)
logSRL=-3.22+0.69m
Relazione tra magnitudo e dislocazione sul
piano di faglia (m) log(u)=-4.8+0.69m
0
2
4
6
8
10
Meccanismo di sorgente, misura del
momento sismico e stress drop (1/2)
Con riferimento al semplice modello meccanico di
terremoto, in termini del momento sismico e stress
drop: la posizione di un punto che si muove sulla
faglia sia misurata da uno strumento ( a meno della
risposta strumentale ed effetti di propagazione):
x(t ) 
g

2
 f d   f s  f d cos t  
Dt

x(t )   f s  f d gt 
tR 
2r S
g

2
fd 
M0
cos t posizione di un punto che si muove con la faglia
2 mS
t velocità di un punto sul piano di faglia, nelle fasi iniziali t  0

m
2
 2S


rS 3 / 2 
durata della fase cosismica, ove b è la velocità delle onde S; pertanto la velocità del crack

k
b
m S
è circa
S
tR
 b / 2  0.7 b , a meno di fattori geometrici dipendenti dalla forma della zona di rottura

Segue che : x(t R ) 
S
tD
Si conclude che t D 

Dt
 2S b 2 Dt  2S bDt


 2 ove t D è la durata della rampa iniziale
2m
2r S b
2m S b
2m S
è la durata della rampa, espressa in termini dello stress drop
bDt 2
Meccanismo di sorgente, misura del
momento sismico e stress drop (2/2)
•Per terremoti reali il segnale è una sovrapposizione
lineare di componenti armoniche in un intervallo di
frequenze.
•Il tempo richiesto perché tutti i punti della faglia si
spostino di una stessa distanza definisce la corner
frequency, che è proporzionale allo stress drop
•Lo stress drop è tanto maggiore quanto più ripida è la
rampa di salita
M0
M
cos td; X ( )  0 ; log X 2 ( )  M 0 per f  f c  1 / TD corner frequency
2mS
2mS
Dt  f c  1 / TD corner frequency
x(t )  
M w  log( 5 *10 26 dyn cm 10 7 Nw m/dyn cm) - 9.1/1.5  7.1
1 bar = 1 dyn cm = 10-7 Nw m
fc
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Fisica Terrestre Parte 2