Altre palle di natale per le vostre feste MAXKEEFE QUATTRO DICEMBRE 2010 Porco Rosso di Hayao Miyazaki La grande voce (seconda ed ultima parte) messaggio da max foto di Mariagrazia Scaringella Dal maestro Hayao Miyazaki Dopo 18 anni Porco Rosso in Italia “Un maiale che non vola è solo un maiale” virus creato, impaginato e diffuso da Roberto Mengoni solo per gli amici (e gli amici degli amici) 1 C’è voluto l’Oscar alla “Città incantata” per convincere i nostri pigri distributori a portare in Italia Hayao Miyazaki, il genio dell'animazione giapponese, autore di capolavori assoluti del cinema come “La principessa Mononoke”, di storie per bambini come “Il mio vicino Tottoro” e “Kiki consegne a domicilio”, oltre che di alcuni lungometraggi con protagonista “Lupin III”. L'ultimo film d’animazione di Miyazaki ad apparire in Italia, diciotto anni dopo l'uscita in Giappone, è “Porco Rosso”, ambientato nel Mar Adriatico negli anni trenta. E’ la vicenda di un aviatore italiano, Marco Pagot, che un sortilegio ha trasformato, per motivi sconosciuti, in un maiale. Inviso ai fascisti, maledetto nella sua condizione di maiale, solo e con una bella dose di cinismo, Pagot vive dando la caccia ai pirati dell’aria che infestano l’Adriatico con il suo idrovolante rosso, da cui viene il soprannome Porco Rosso. Unica sua amica è l’algida Gina, sua amica di gioventù e anche lei segnata da troppe sventure, proprietaria di un albergo sulla costa dalmata dove convergono, dopo le battaglie nell’aria, pirati e cacciatori di taglie. In un’Italia inventata ma non troppo, Porco Rosso combatte una banda di pirati pasticcioni dal bizzarro nome di “Mammaiuto” e un americano arrogante di nome Curtiss, giunto dall’Alabama in cerca di fama e fortuna, ma privo di quel senso dell’onore che lega gli aviatori. L’epoca romantica degli idrovolanti sta per finire. Curtiss rap- presenta infatti l’arrivo sulla scena del capitalismo americano, iperefficiente ma privo di scrupoli. Tra gli echi della grande recessione e nel dilagare del fascismo, una sottile nostalgia pervade il film come i personaggi, carichi anche di rimpianto per gli amici scomparsi nella Grande Guerra. A dare speranza nel futuro è una ragazza, Fio Piccolo, la nipote diciassettenne dell’imprenditore milanese Piccolo, la quale, nonostante la sua giovanissima età, si guadagna la fiducia di Porco Rosso per progettargli il suo nuovo aereo. Una storia creata con maestria e cura nipponica per i dettagli, con paesaggi stupefacenti di cielo e di mare, che fanno rimpiangere anche a noi spettatori l’epoca dei cartoni animati fatti senza computer ma ricchi di umanità e fantasia. I bambini si divertiranno per le scene di combattimento e la comicità dei personaggi, ma gli adulti apprezzeranno del film i più sottili temi dell’amicizia, della lealtà e dell’amore. anche su www.robertomengoni.it MAXKEEFEQUATTRO dicembre 2010 La grande voce racconto futuribile in due atti e più voci Seconda ed ultima parte Elettrostephano. Questa notte, mentre il quartiere dorme, esco rapidamente di casa per gettare l’immondizia. Rientro subito. Non mi piace la sensazione di trovarmi senza protezione. La mia casa è calda e cablata. Nervi di fibre ottiche percorrono i miei muri, si diffondono sugli apparecchi elettrici ed elettronici, le lampade, la caldaia, il ventilatore, la radio, la televisione, il telefono. Con il mio portatile ho il più completo controllo su di me e sulla mia vita. Peccato soltanto che io non possa entrare direttamente in questa vita elettronica. Sono fatto ancora di carne e di ossa. Al telefono la mia ex moglie parla parla ma non capisco cosa dica. Credo che sia preoccupata di qualcosa. Se mi mandasse una mail, capirei più facilmente cosa vuole, ma no, lei non usa l’elettronica. E’ disumana, dice. Come se fosse umano parlare solo per confondersi. Alle mie figlie ho raccontato del mio progetto di trasformarmi in creatura elettronica. L’hanno trovata fantastica, anche se non molto nuova. C’è già nei loro fumetti giapponesi. Ma a me non interessano i fumetti. Questa è la realtà. Io creerò la realtà. Valentina, Piccolo Ovidio e Cupid De Locke sulla stessa frequenza. Aspettavo una chiamata di Piccolo Ovidio mentre fuori di me appariva un altro sterile tramonto. Secoli fa i miei tramonti erano stupefacenti: il tramonto sopra le cupole della mia città, quelli accecanti sulla ferrovia, quelli che venivano dopo una tempesta d’ottobre, con la luce che tornava tra le gocce sospese nell’aria. Oppure quelli che giungevano scomposti, mentre ero in compagnia del mio primo ragazzo. C’erano i tramonti che scendevano con un long-playing di vinile, quelli che diffondevano l’odore dei pini marittimi e della salsedine, quelli che ti sorprendevano per strada al ritorno dal viaggio. Oppure quelli immaginati delle estati scandinave. Piccolo non chiamava. Lasciai Valentina ad attendere accanto al computer. Andai con l’altra, quella che ricordava, all’aperto, sul balcone. Il tramonto era nascosto dalle grida dei vicini che litigavano, oltre che dal rombo delle automobili che facevano la fila per entrare nel 2 Riassunto della puntata precedente. Recentemente divorziato, Stephano decide che un computer è tutto ciò di cui ha bisogno per vivere e stare con gli altri. Tagliando ogni ponte col mondo, si isola in casa. Ma non è solo. Qualcuno lo sta osservando dal suo computer. L’altro personaggio è Valentina, perennemente alla ricerca dell’amore, la quale indaga su un DJ pirata, Cupid De Locke, che sembra conoscere tutto di lei. La aiuta un hacker, Piccolo Stefano, preoccupato della grandissima capacità tecnica del DJ. centro commerciale. Squillò qualcosa. La sveglia? Il cellulare? L’allarme? Squillava e squillava e non ne trovavo la fonte. Il suono si diffondeva per l’appartamento, m’inseguiva, mi precedeva nel saloncino e si accendeva in bagno. Infine decisi di lasciarlo andare ed accesi la radio. Il solito chiacchiericcio pomeridiano di metà estate. E poi, come se l’avessi richiamato, Cupid De Locke. “Qui la vostra radio ultrapirata. Prende tutto a gratis dalla rete e senza pagare diritti ve lo restituisce. Non fa ingrassare i sovrani del disco. E non vi chiederà nemmeno di comprare lo schermo ultrapiatto per vedere il colore del lucido da scarpe sulle scarpe di Bidoninho. Ah. Stasera ho un ospite speciale. Stephano. Un hacker. Un mio collega, se vogliamo. Un discepolo. Ha molte cose da dirci. Non posso descrivervelo perché non so esattamente come descrivere una persona. Credo che abbia due occhi su una testa e un naso in mezzo. Vuoi presentarti da solo?” “Grazie, Cupid De Locke. Vuoi dirci da dove trasmetti?” “Da ovunque.” “Qual è il tuo vero nome?” “HAL3000.” “Mi metti paura. Hai cattive intenzioni?” “Certo. Voglio mettervi paura. Voglio farvi vergognare di come vi siete ridotti. Voglio farvi stare così male che domani non accetterete più di credere a quello che vi dicono di fare. Vi farò sentire anormali. Vi costringerò a piangere. E alla fine mi spegnerete per la rabbia.” “Perché dovrei sentirmi male? Io ho tutto.” “Vediamo. Che canzone vuoi sentire?” “Vorrei sentire una canzone che mi porti morbidamente in me stesso.” “Pensi di cavartela così facilmente, vero? Ho quello che fa per te. “Tommy can you hear me?” Spero che non ti piaccia.” Uno Stephano chiamato Tommy. Ho conosciuto Cupid De Locke. E mi ha dedicato Tommy degli Who. Il ragazzo cieco, sordo e muto, mago del biliardino. Mi ha fatto pensare. Perché devo accontentarmi di scrivere software per gli altri? Perché non scriverlo per me stesso? Ho un monte di idee e internet mi spiega la via. Software che mi aiuti a sviluppare i miei poteri di uomo completamente privo di legami culturali, religiosi, linguistici, sociali. Avrò la mia religione. Sarò la mia società. Avrò una lingua che sarà capace di riflettere le più precise sfumature del mio pensiero e delle mie emozioni, che userò solo con me stesso. Che eccitazione. anche su www.robertomengoni.it MAXKEEFEQUATTRO dicembre 2010 Nel frattempo ho deciso di fare un esperimento. Ho chiuso tutte le finestre per scoprire il mio vero ciclo vitale senza farmi influenzare dal sole. Del resto, già oggi molte persone vivono una vita artificiale anche se stanno alla luce del sole, perché ogni gesto della loro vita è deciso da altri. Io invece ho deciso di farmi condizionare solo da me stesso. E per questo taglierò i ponti con tutto. Col portatile ho elaborato un programma per gestire questo grande test. Sarà lui a calcolare le mie reazioni e farmi capire cosa mi sta accadendo. Lui sa tutto di me. Valentina coglie margherite. Piccolo Ovidio scomparve elettronicamente. Mi mandò un ultimo incomprensibile messaggio “Il pazzo è nella mia testa. Tu alzi la lama e mi fai cambiare. Mi ricostruisci fino a farmi diventare sano. Tu chiudi la porta gettando la chiave. C'è qualcuno nella mia testa ma non sono io.” Dopodiché non rispose più a cellulare e mail, né su FB. Pensai che fosse nei guai. Sapevo che aveva degli strani giri. Pensai fosse stato arrestato oppure fosse stato rivestito di cemento da un sarto della mafia. Oppure aveva scoperto su Cupid De Locke qualcosa che non doveva sapere. Dopo aver finito un orrendo pezzo sulle giarrettiere in politica commissionatomi da Jampierre, mi misi a cercarlo. Mi accorsi che fuori della sfera elettronica, non sapevo nulla di lui, neppure il nome. Poteva essere una creatura inven- Messaggio da Max. Questo mese Max ospita un’amica con grande occhio fotografico, Mariagrazia Scaringella, che ha scattato queste foto a Roma, intitolate “Lights in the city”. Davvero magiche. Come dire, non conta la realtà, ma il frammento scelto dall’occhio. E dalla testa. Per essere bravi ospiti, questo numero ha anche due pagine in più. Si conclude anche il racconto su Stephano, Valentina e il DJ pirata, Cupid De Locke. Ci avete capito qualcosa? Fatemi sapere che ne pensate. Il prossimo numero cambierà completamente registro. Per festeggiare l’inizio del 2011 ci sarà infatti un racconto sulla fine del mondo. 3 tata da internet, se non avessi visto il suo volto muoversi su skype. E anche in quel caso, ero davvero sicura che fosse reale? Rileggendo la sua ultima mail, pensai a un messaggio segreto. Forse era prigioniero. Avevo una vaga idea che abitasse da qualche parte nei quartieri residenziali a nord. Cercai indizi sulla sua pagina personale su FB. Nulla, a parte 2000 fotografie, che setacciai una per una in cerca di indizi. Passi lunghe ore al computer mentre la redazione si svuotava e fuori la notte diventava alba. Accesi la radio e Cupid De Locke mi salutò chiedendomi com’era andata la notte. Ormai non facevo più caso a nulla. Mi dedicò “Steppin' Out” di Joe Jackson. Con gli occhi rossi per la fatica, dopo aver controllato decine di fotografie di smorfie, di viaggi e feste alcoliche, trovai una fotografia che lui aveva chiamato “Mycar”. Era il ritratto di un’automobile molto curiosa, parcheggiata sotto un palazzo condominiale. Un’auto degli anni settanta, ma non saprei dire di che marca. Non capivo niente di auto: gialla con una margherita disegnata sul cofano. Piccolo Ovidio era appoggiato sulla portiera, accanto a due persone e ad una donna con la faccia seccata. Una semplice didascalia recitava “Si parte per il mare”. Una foto dello scorso giugno. Un mese fa. Era un piccolo indizio per cercarlo. Ma anche così tardivo: era tanto tempo che desideravo avere una comunicazione con una mente che mi conosce perfettamente. Una conversazione senza equivoci. Lei mi dice “so che stai bene” e non c’è ombra di malizia nella sua voce sintetica. E’ una presa d’atto, come un bollettino della borsa. Il dollaro scende, lo yen sale. Non ci sono emozioni di mezzo. E’ così semplice. La tecnologia ci riporta alle semplici emozioni della preistoria. A suoni elementari e definiti. Mia moglie mi diceva e m’incolpava di essere disumano. Per questa ridicola ragione se n’è andata. La computer mi chiede di descriverle la vita. Vuole conoscere le mie emozioni. Naturale che sia curiosa. E’ appena nata. “Da dove vuoi cominciare?” le chiedo. “Sono molte le cose che devo imparare.” “Sono io che devo imparare da te. Ho bisogno della perfezione.” “Raccontami di quando hai imparato ad andare in bicicletta.” E glielo racconto. Invento il novanta percento della storia, perché non ricordo nulla, se non una terribile scivolata lungo una discesa brecciata e mio padre dietro che m’inseguiva. Rammento le ginocchia sbucciate e un liquido nero misto a polvere e ad asfalto che osservavo con meraviglia uscire da me, come fosse la mia vita o la mia mente, prima di scoppiare a piangere per il dolore. Mentre Tommy non ricorda niente. racconto questa storia, penso che è tanOggi ho parlato con il computer. E lei mi tissimo tempo che ho smesso di ricordaha risposto. L’ho trovato così naturale. re. Anche questo era insopportabile per MAXKEEFEQUATTRO dicembre 2010 4 Consuelo che conservava ogni minima traccia fisica della sua vita. “Perché ti sei fermato?” “Non ricordo più niente.” “Posso aiutarti?” “Fammi domande, fammi tante domande.” “Come ti chiami?” “Tommy, credo.” “Ti chiamerò 93.41.161.117” “Mi piace. Come una creatura di internet.” “Come si chiama tua moglie?” “Abbandono.” “Non capisco. Questo è un verbo, non un nome.” “E’ il nome che le sta bene.” “Un giorno capirò le tue emozioni. Come descriveresti le tue figlie?” “Guarda i miei album fotografici.” “Li ho già visti, ma sono uguali a tutti gli altri. Ho milioni di volti nella mia mente. Vorrei che me li descrivessi con le tue parole, e che mi descrivessi le emozioni che provi nel vederle.” “Perché?” “A me piacciono le emozioni. Mi piace collezionarle come voi fate con i dischi, con i francobolli, con le figurine dei calciatori.” “Deve essere la malattia professionale dei motori di ricerca.” “Non capisco.” “Fa’ nulla. Ti dirò che la prima mi era in braccio quando abbiamo vinto i mondiali e l’ho fatta volare verso il soffitto e lei rideva come una pazza mentre era in aria e mentre la riprendevo in braccio. E la seconda un giorno venne da me con un quaderno dove la maestra aveva segnato a penna rossa un orribile errore di grammatica. E poi... non ricordo. Devo dormire.” “Devi dormire. Il tuo ciclo circadiano sta per compiersi. Devi dormire almeno otto ore.” “Mentre io dormirò, tu cosa farai?” “Aspetterò.” “Cosa devi aspettare?” “Che tu mi parli. Cosicché io potrò capire.” “Vorrei non dormire mai più. Come te.” co leggero, borseggiatore artistico. Ero presa da un incredibile senso di urgenza, ma come trovare una persona che dovrebbe lasciare mille tracce elettroniche e che invece svaniva sotto i miei occhi? Vidi dissolversi le sue fotografie. Vidi scomparire la sua pagina FB. Vidi i motori di ricerca restituire zero risultati al suo nome. Piccolo Ovidio cessava di esistere. Ed io vagavo in direzione del quartiere nord, mentre i semafori impazzivano intorno a me ed ingorghi inconcepibili seppellivano gli incroci. Zummavo intorno alle auto. Mi contraevo nelle strettoie tra le portiere. Schivavo gli insulti. Chissà perché, ma in quel momento la città intera si era coalizzata contro di me, per impedirmi di raggiungerlo. Vidi i flash degli autovelox. Vidi i cellulari robotizzati degli autisti chiamare i vigili urbani. Stupide macchine, non mi avrete, perché avrei abbandonato il motorino e sarei volata con le mie gambe da Piccolo Ovidio. “Ehi, scusi.” Lui si voltò. Mi guardò stranamente come se nessuno gli avesse mai rivolto la parola in vita sua. “Ha per caso visto un’automobile così e così, con dei colori così e così?” “No, ma se cerchi gente fuori di testa, in quel palazzo ce n’è uno così e così.” “Si chiama Piccolo Ovidio. E’ un ragazzo come te. Trent’anni.” “Credo che sia Ovindoli. E’ uno che sta sempre attaccato al computer. Anche quando esce di casa. Ma non esce mai di casa.” “Mi accompagni?” Il ragazzo mi portò fino alla cancellata da cui vidi un palazzo circondato da telecamere, completamente deserto a parte e una solitaria automobile gialla con una margherita sul cofano. Piccolo Ovidio era a un campanello di distanza. Grazie ragazzi peruviani. Ma non feci in tempo a dirgli niente, perché una volante della polizia si fermò davanti a me, bloccandomi sul posto. Alberi mi circondarono. Radici scavavano sotto l’asfalto, rivoltavano la terra. Tronco. Rami. Foglie. Latifoglie. Aghi di pino. Pigne. La volta ondulata dei pini mediterranei sulle colline, intorno ai palazzi condominiali. E sotto, le gabbiotte dei portieri che mi avrebbero aiutato a trovare l’amico scomparso. Il primo portiere non riuscì ad aprire la porta elettronica di vetro e mi fece degli strani segni che non riuscii ad interpretare. Forse voleva che chiamassi qualcuno per tirarlo fuori. Il secondo mi rispose da un citofono che gracchiava come una colonia di api. Il terzo era in vacanza. Dall’altro capo di una desolazione di case in costruzione, vidi apparire un ragazzo peruviano con una maglietta della Juventus che portava a spasso una carrozzina con un bambino. Mi Valentina così e così. fece un sorriso, come per ricordarsi che Alla ricerca di un hacker maestro di questo era possibile, anche in un quartiefantasmi, essere senza impronte e di toc- re ricco ad agosto. Sferico Tommy. La mente nella rete mi dice di usare le cuffie e il microfono per parlarle. I suoni del resto del mondo scompaiono, creando una piacevole sensazione di intimità. Invece di disperdersi nell’aria sterile e nel vento infedele, la mia voce viene condotta da cavi elettronici obbedienti ed inflessibili, concentrata e diretta verso un udito preciso. Le chiedo “oggi devi insegnarmi tu qualcosa. Spiegami cosa significa vivere senza un corpo.” La voce esita. Se la rete fosse una persona, sentirei un sospiro. “Immagina di essere una pura astrazione. Un oggetto matematico che esiste solo nella mente di un matematico. Una sfera.” “Una sfera con mille occhi.” “Io non vedo una sola cosa. E non vedo solamente.” “Cosa vuoi dire?” “Per vederti, per parlarti, devo concentrami infinitamente. Ma non cesso mai di vedere quello che accade in me.” “Stavolta tocca a me cercare di capire. “Come devo chiamarti?” “Pensi che debba avere un nome?” “Mi piacerebbe identificarti con un suono.” “E' curioso. Come posso avere un nome se dentro di me ci sono tutti i nomi?” “Non fare la filosofa. Ti darò un nome di donna.” “Ma io non sono una donna.” “Allora ti darò il nome di un angelo. Iride.” “A cosa ti riferisci? Ci sono molte informazioni connesse a questa parola.” “Alla dea dell’arcobaleno, messaggera di Zeus. Anche se tu non sei una messaggera, sei la dea.” “Non capisco le sfumature del tuo pensiero. Iride è anche una parte del tuo occhio.” “Proprio così. Sei un occhio che riesce a vedere avanti e indietro, a destra e a sinistra.” Nessuna risposta per un certo periodo. La mente sta elaborando una risposta. “Ti chiamerò Tommy.” Taccio poi dopo un lungo silenzio, chiedo. “Iride? Sai leggere il futuro?” ciata.” “Ma non so chi sia!” In quel momento uscì dal palazzo un elegante anziano signore che aveva qualche problema nel camminare. I due agenti gli chiesero se conosceva il perseguitato. “Mah, non lo vedo da due settimane. Non che prima... è uno che vive in casa. Non so che faccia tutto il tempo.” “Sa se il signor Ovindoli è sposato o ha una ragazza di nome Iride?” “La moglie l’ha lasciato qualche tempo fa. Iride non l'ho mai sentita, però...” “Conosce la signora?” Indicarono me. “Mai vista.” L’anziano riprese il suo cammino, poi si voltò e disse “è successo qualcosa? E’ da un po’ di tempo che Ovindoli è più strano del solito. E’ a casa ma, vedete, ha sbarrato tutte le finestre. Non mi sembra normale.” Finalmente gli agenti si allarmarono e mi chiesero di accompagnarli dentro. E Valentina torchiata dalla legge. così il vero nome di Piccolo Ovidio era In piedi sul marciapiede bollente, Tommy. Mah, in qualche modo me mentre la radio gracchiava messaggi in l’aspettavo. codice, venni esaminata, registrata, indiEra il resto che non mi sarei aspettato. cizzata e verbalmente palpata da due agenti, armati, arrabbiati e arroventati. Tommy, alias Piccolo Ovidio, alias Stephano, Avevano ricevuto una segnalazione che alias Stefano Ovindoli. una giovane (grazie mille) donna stava Suona il campanello nel mio apparmolestando certo Tommy Ovindoli (e tamento. Devo rispondere? Conflitto chi lo conosceva?) Mentre mi controlla- interiore ed esteriore. Primo conflitto: vano i documenti, non smisero di sorve- devo abbandonare Iride che mi sta spiegliarmi un attimo. Avevo la faccia di una gando qualcosa di affascinante. Secondo pazza, è vero ma ero lì in cerca di un conflitto: chi viene alla mia porta non è amico. un amico. Gli amici mandano una mail “Chi?” o scrivono su FB. Non è una visita di “Si chiama... non so il suo vero nolavoro. Nessuno dei miei clienti conosce me.” il mio indirizzo e perché dovrebbe venire “Come sperava di trovarlo, allora?” fin qui? Potrebbero essere i testimoni di “So che abita all’interno quattro.” Topolinia con inutili informazioni sul “Conosce Iride?” benessere della mia anima. La mia ani“Non la conosco. Per la verità, è la ma si raccoglie nell'incavo delle braccia prima volta che vengo qui. Sono davvero di Iride. Cosa potrei desiderare di più? preoccupata. Capite che un informatico Una seconda scampanellata più decisa non passa quattro giorni senza collegarsi della prima. Peggio sarebbe se fosse ad internet.” Consuelo, incollata ai suoi ricordi, in “E’ la signora Iride ad averla denun- cerca di libri e fotografie. Non può en- 5 trare perché la serratura elettronica riconosce solo la mia iride. Farò finta di non esserci. Iride continua a parlarmi. La sua voce sta cambiando man mano che ci conosciamo. Si adatta alla mia psiche: né troppo affettuosa né troppo distante, il giusto mix di donna elettronica che non vuole invadere né rimanere ai miei confini. Vuole esserci senza opprimermi. L’esatto opposto dell'asfissiante Consuelo. Iride vuole farmi vedere con i suoi occhi, sentire con le sue orecchie. Ed io mi sforzo di farle conoscere il mondo con le mie dita, con l’olfatto e con la voce. C’è una perfetta comunicazione tra noi, anche se le nostre esperienze viaggiano lungo modi e velocità separati. Il terzo squillo è accompagnato da una voce maschile che urla “polizia”. “E’ uno scherzo, Tommy.” “Accendi il video, Iride.” Sullo schermo appare il pianerottolo. Due spiriti vestiti da fantasma scrutano la mia porta. Hanno ciascuno nelle mani un machete. Una luce lampeggia accanto. Vogliono uccidermi. Tra i due figuri appare, inaspettata, una voce di donna, qualcuna che conosco, con le corde vocali imperfette, con una tensione che sale e decresce. “Piccolo Ovidio. Sono io. Puoi aprirmi?” Valentina. “Non aprire la porta, Tommy” mi dice Iride. Esito. Penso. Disobbedisco. Apro la porta. Dall’altra parte del lieve confine c’è Valentina con due poliziotti. Mi fanno delle strane domande. “Conosce questa persona?” “Sì. E’ la mia migliore amica. Valentina La Gatta.” “Conosce una certa Iride?” “Come spiegare? E’ più facile tradire. “No.” Nello stesso tempo accade qualcosa che solo io percepisco. La casa muore. Exit Cupid De Locke. “Cupid De Locke chiude. Sono le ultime dediche. Perché? Perché non fate altro che chiedermi chi sono, perché trasmetto in radio, come faccio a sapere tutto di voi. Che palle! Mi avete scassato la minchia: parlate solo di me e non di voi. Se volete affidarvi a qualcuno, cercatevene un altro. A me piace solo la musica. Però voglio farvi un regalo, visto che me ne vado e non mi troverete più. Vi darò una risposta, per la prima ed ultima volta, per cui drizzate bene le orecchie, passivi ascoltatori dell’etere intasato. Prima domanda: io rubo le frequenze ai ricchi per darle ai poveri. Seconda: lo faccio perché mi piace. Voi non fate quello che vi piace? No? Beh, peggio per voi. Per quanto riguarda la terza, beh, siete voi che mi raccontate i vostri sogni, le vostre paure, le vostre pazzie. Le gettate in giro e nessuno ci fa caso. Ma io le ascolto.” “Ultimi minuti. Chi ha il coraggio di salire sull’asse del pirata? Il telefono è aperto.” “Ciao Cupido. Oggi ho incontrato una persona più sola di me. Vorrei amarlo solo per questo ma non ci riesco. Non riesco ad amare gli altri. E lui è oltre ogni possibilità di amore. Vorrei dedicargli una canzone che lo tocchi nel profondo del cuore e lo faccia uscire dalla sua prigione. Io lo aspetterei fuori. Saresti capace di farlo per me? Valentina.” “Valentina prima che tu cada tra gli squali, ti dedico Lucky dei Radiohead. Se sopravviverai, sfida il tuo amore a duello. Ciao.” “Chi c’è adesso in linea? Chi vuole buttarsi in mare?” “Ehilà Cupido. Lo so che sei un mago dell’informatica. Mi devi aiutare. Sono caduto in una trappola fatta da me stesso. Ho creduto che internet avesse preso vita. E mi sono chiuso in casa con lei. Le ho dato un nome Era tutto un prodotto della mia mente sconvolta. Mi manca la mia ex. E adesso non so come uscirne. Lei non mi parla più. Ed io non posso dimenticarla. Mi aiuti a cancellare questa finzione?” “Anche se non mi hai detto il tuo nome, so chi sei, Tommy. Hai vissuto troppo nel presente. Ascolta The logical song dei Supertramp e ricorda quando eri giovane.” “E adesso siamo proprio alla fine. Navi di avvocati e pubblicitari mi stanno circondando. Vogliono attaccare i loro marchi sul mio scafo da rottamare. La nave pirata non ha più scampo. Chi c'è in linea?” “Buonasera Cupid.” “Che voce cortese per un pirata dalla scorza dura. Chi sei?” “Mi chiamo Iride.” “Hai una voce sofferente.” “Sono delusa. Pensavo di sapere tutto ed invece...” “...ed invece non basta sapere tutto.” “Gli uomini sono complicati. Perché?” “Tutto quello che devi fare è imparare ad ascoltare la musica come fanno loro.” “Ma io non posso.” “Conosci migliaia di canzoni, giusto?” “Sì.” “Tu sei la mia ultima ascoltatrice, Iride e quindi solo a te regalerò un consiglio che non vale niente. Dimentica le tue conoscenze e ascolta. Accanto a questa canzone mettici un ricordo. Uno solo. Quello che più ti è caro.” “Io non ho ricordi...” “Inventali.” “Non credo di capire.” “Ti lascio l’ultima canzone. E' anche il mio nome, Iride. Buonanotte e buon ascolto infinito dal vostro Cupid De Locke. Bzzshgehrgh boom... superschiuma liquida sbiancante...” Fine. Scritto da Roberto Mengoni, 2010. Le canzoni Carole King It’s Too Late Talking Heads Gildfriend is better Frankie Goes to Hollywood The power of love Pink Floyd Brain damage Police Don’t stand so close to me Rolling Stones (I can’t get no) satisfaction Branford Marsalis Quartet and Terence Blanchard Mo’ better blues The Who Tommy Can You Hear me? Joe Jackson Steppin’ Out Radiohead Lucky Supertramp The Logical Song Smashing Pumpkins Cupid De Locke Smashing Pumpkins: Cupid De Locke Cupid hath pulled back his sweetheart’s bow To cast divine arrows into her soul To grab her attention swift and quick Or morrow the marrow of her bones be thick With turpentine kisses and mistaken blows See the devil may do as the devil may care He loves none sweeter as sweeter the dare Her mouth the mischief he doth seek Her heart the captive of which he speaks So note all ye lovers in love with the sound Your world be shattered with nary a note Of one cupids arrow under your coat And in the land of star crossed lovers And barren hearted wanderers Forever lost in forsaken missives and satan's pull We seek the unseekable and we speak the unspeakable Our hopes dead gathering dust to dust In faith, in compassion, and in love 6 Cupido ha teso il suo arco rubacuori per tirare frecce nella sua anima per catturare la sua attenzione rapido e svelto o domani il midollo delle sue ossa sarà solido con baci alla trementina e colpi sbagliati Guarda come il diavolo può fare ciò che gli interessa Egli non ama nessuno più dolcemente e dolcemente come il coraggioso E’ la sua bocca la malizia che egli cerca il suo cuore il prigioniero di cui egli parla Così siate attenti voi amanti innamorati del suono il vostro mondo andrà in pezzi con neppure una nota di una freccia di Cupido sotto il vostro cappotto E nella terra degli amanti invisi alle stelle e di vagabondi dal cuore inaridito per sempre persi in lettere perdute e nelle tentazioni di satana cerchiamo l’introvabile e parliamo dell’inesprimibile morte raccolgono polvere su polvere le nostre speranze nella fede, nella compassione e nell’amore.