UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL'AQUILA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Master biennale di I livello di osteopatia nella clinica odontoiatrica Coordinatore del master prof. Giannoni Tesi PARALISI CEREBRALI INFANTILI Perché l’osteopatia? Relatori candidati Dott.ssa G. Barlafante Dott. V. Cozzolino Pietro La Macchia Andrea Valente Dott. R. Cattaneo Anno Accademico 2008-2009 / 2009-2010 Indice ___________________________________________________________________________ INDICE Ringraziamenti 1. Prime e successive funzioni del sistema nervoso 01 2. Embriologia del sistema nervoso centrale 08 Midollo spinale Cellule nervose Nervi spinali Encefalo Sistema nervoso autonomo 3. Midollo spinale 27 4. Tono muscolare 57 5. Encefalopatie infantili 68 Eziologia e anatomia patologica Sintomatologia e forme cliniche 6. Perché l’osteopatia 77 7. Come si verifica la disfunzione 83 8. Parabola del buon samaritano 97 9. Casi clinici 98 10. Medicus 115 11. Bibliografia 116 Prime e successive funzioni del sistema nervoso ___________________________________________________________________________ Prime e successive funzioni del sistema nervoso Secondo la nostra teoria cinetica dello sviluppo, è lecito attendersi che anche il sistema nervoso sia morfologicamente un’immagine istantanea di movimenti metabolici biodinamici. Anche in questo caso, i dati ottenuti dalla cinetica di sviluppo ci forniscono una migliore visione delle funzioni basilari delle vie nervose, rispetto a quella offerta dall’accertamento di processi chimici o elettrici. Parlando per immagini, non si può spiegare il corso di un fiume partendo dallo sviluppo della navigazione, né partendo dalle sue sorgenti, dai suoi affluenti o dai porti situati alla sua foce. Altrettanto poco, il corso dei flussi di crescita (flussioni) — che portano alla formazione delle vie nervose — può essere spiegato a partire dai percorsi degli impulsi o dal loro significato per i diversi tipi di reazione. È più facile accostarsi ai principi dei centri nervosi — da sempre cercati — ed alle loro vie, studiandone la differenziazione dal punto di vista della cinetica di sviluppo e della biodinamica, ossia studiando l’architettura della loro crescita. Il problema dello sviluppo funzionale dell’encefalo non consiste nell’accertare quali possibili impulsi vengano prodotti, quando l’encefalo embrionale viene stimolato artificialmente, ma nel trovare cosa accada nelle funzioni preparatorie, prima che i successivi stimoli sensoriali naturali esercitino degli stimoli sull’encefalo. Analogamente, ciò vale per lo sviluppo funzionale di tutti gli organi. Osservazioni nell’ambito dell’embriologia umana giustificano l’idea che anche la nascita del sistema nervoso sia il frutto di una specifica funzione formativa, priva di un rapporto diretto con conduttori di impulsi elettrici. Le regole fondamentali che sono emerse sono queste: il tubo neurale deriva dall’ectoderma. Nel tubo neurale distinguiamo un lato esterno, un lato interno e la cavità piena di liquido (neurocele). II lato esterno (più grande) della parete è in contatto con il tessuto interno circostante, il lato interno (più piccolo) con il liquido del neurocele. Lo strato che è in contatto con il tessuto interno forma un campo metabolico 1 spazialmente delimitato (il cosiddetto velo marginale), nel quale si notano numerose caratteristiche morfologiche di un’intensiva assunzione di cibo. Questo strato svolge il maggior lavoro nell’accrescimento della superficie del giovane tubo neurale. Rispetto a questo, la superficie del tubo neurale che si trova in contatto con il liquido del neurocele deve svolgere poco lavoro per il proprio accrescimento. Qui troviamo (vicino al ventricolo) una intensa proliferazione (ventricolare) di nuclei, ossia una vivace attività all’interno delle cellule, ma non troviamo alcuna crescita e nessun rifornimento dei vasi. Alla luce del microscopio, lo strato intermedio tra gli strati confinanti del tubo neurale non appare né bianco come lo strato esterno, che consiste quasi esclusivamente di processi cellulari, né nero come lo strato interno, che è ricco di nuclei e quindi può essere colorato di scuro. Appare, bensì, grigio. Qui, tra numerosi processi di corpi cellulari, ci sono molti nuclei cellulari in ampi corpi cellulari, distribuiti nello spazio in modo abbastanza omogeneo. Ciò che appare bianco all’esterno, nero all’interno e grigio in mezzo, sono zone con funzioni di crescita differenti. Nella zona esterna si trovano i processi, originati nei corpi cellulari della zona nera. Il gran numero di questi processi determina l’estensione del tubo neurale. I processi sono associati in modo così denso che i nuclei cellulari qui non hanno spazio. Soltanto in prossimità del ventricolo le cellule sono nella condizione di proliferare e spingersi l’un l’altra senza lavoro esterno. Solo successivamente troviamo che nell’encefalo, tangenzialmente alla superficie, si formano delle ramificazioni in prossimità del letto vascolarizzato. Tra le zone di crescita e di proliferazione, dove si è ora creato sufficiente spazio per i processi, troviamo nuclei cellulari che migrano dalla zona di proliferazione e diventano nuclei di cellule gangliari: dallo strato interno, vanno a sistemarsi nel più spazioso strato intermedio. Verso la fine del secondo mese, a causa dell’allargamento del tubo neurale, trovano nel cervello l’opportunità e la motivazione per formare in più direzioni i processi che costituiscono gli impianti iniziali delle vie nervose (si tratta di una specifica caratteristica delle cellule gangliari; al contrario, le cellule ependimali e gliali sviluppano solo processi brevi). Normalmente, la zona grigia — e solo questa — costituisce lo spazio 2 Prime e successive funzioni del sistema nervoso ___________________________________________________________________________ assegnato alle cellule gangliari dalle aggregazioni cellulari già sviluppate che confinano sui due lati. Ancora una volta, quindi, troviamo che le differenziazioni esterne precedono quelle interne, ossia che le condizioni generali si creano prima dei relativi processi differenziati. Dopo la formazione dei neuroni, le cellule immediatamente confinanti appaiono come cellule di sostegno. Chiamiamo queste cellule “gliari”. Probabilmente portano il nutrimento dai vasi sanguigni alle cellule nervose e possono eliminare i prodotti di decomposizione del metabolismo dei neuroni. Come avviene però, da un punto di vista biocinetico, che alcune vie diventano vie centripete, che vanno cioè dalla periferia al centro, mentre altre diventano vie centrifughe, che dal tubo neurale vanno alla periferia? In breve: come fanno i nervi a trovare la loro strada? Per chiarire questa questione, la cinetica di sviluppo può dare qualche contributo. Da una più precisa analisi morfologica, appare come la formazione delle vie, presenti due diversi tipi: la formazione di dendriti e la formazione di neuriti. Entrambi sono posizionati in modo topograficamente caratteristico. Gli uni connessi con l’epidermide, che è biodinamicamente ispessita dall’impedimento della crescita della superficie; gli altri connessi con i muscoli, che crescono in campi di distensione. Più precisamente, se si parte da una prospettiva di cinetica di sviluppo, si può osservare da un lato un movimento fluidico (flussione), diretto verso il nucleo delle cellule gangliari, mentre dall’altro un movimento metabolico, simile a un flusso, che si allontana dal nucleo. Tutte le vie utilizzano sempre strutture guida preesistenti. Anche qui dunque lo sviluppo posizionale e già evidente, ancor prima che lo sviluppo della forma e della struttura delle vie siano riconoscibili. Secondo le nostre osservazioni, la prima direzione di flussione è una direzione di crescita, che deve essere intesa come un segno caratteristico di gradiente di concentrazione. Soprattutto nel campo metabolico della sostanza intercellulare, che è molto scarsa nell’area delle terminazioni nervose dell’embrione precoce, bisogna sempre supporre simili gradienti di concentrazione. Essi stanno a significare una polarizzazione delle cellule nervose embrionali, che è decisiva 3 dal punto di vista cinetico e topografico per i successivi “circuiti” sinaptici del sistema nervoso. Per il nostro discorso, ciò che ci interessa è che, di norma, le prime aree “sensibilmente” innervate sono zone di cute ispessita. Non possiamo escludere che qui, nel campo metabolico delle cellule dell’epidermide, attraverso la continua trasformazione delle membrane plasmatiche, vi sia una secrezione di particelle che vengono assunte dalle cellule gangliari più vicine, causandone l’ampliamento di superficie, che riconosciamo come dendriti emergenti. Ci sono buoni motivi per supporre che un dendrite in via di formazione, attraverso l’assunzione di sostanze e l’ampliamento della sua membrana periferica di superficie, risucchi la sua area di innervazione, dando così inizio a ciò che gradualmente diventerà l’impulso centripeto. L’inversione di direzione di tali movimenti, lascia pensare alla nascita dei muscoli. I muscoli non sono innervati in vista del mantenimento della specie o perché si presume che l’innervazione sia necessaria per potersi muovere con l’aiuto di impulsi nervosi, ma perché ai nervi dell’embrione si offrono la possibilità spaziale e un immediato motivo dinamico per l’innervazione dei muscoli. Osservazioni al microscopio elettronico di stadi successivi di sviluppo hanno provato che sostanze di trasmissione passano dalle estremità motrici dei neuriti alle fibre muscolari. Probabilmente le fibre muscolari primordiali — in conformità con le regole generali di permeabilità delle membrane sottili — già assumono delle sostanze, fornite dai neuriti, che rivestono un ruolo importante per lo sviluppo dei muscoli. È possibile che le fibre muscolari in crescita — la cui superficie, a causa del loro affusolarsi, aumenta più del loro volume — abbiano una necessita cosi grande di sostanze utili alla formazione delle membrane, che i neuriti vengono quasi risucchiati e quindi allungati. In effetti, troviamo che la distensione di crescita delle cellule muscolari embrionali, superando delle resistenze, tira con sé i nervi. Le estremità dei neuriti embrionali si fissano sempre su una vasta area ventrale delle fibre che si dilatano, formando connessioni membranose. A causa dei movimenti di crescita dei dendriti e dei neuriti embrionali — simili a flussi e orientati verso differenti direzioni (direzioni di flussione) — le zone dei 4 Prime e successive funzioni del sistema nervoso ___________________________________________________________________________ riflessi, che sono embriologicamente evidenti, potrebbero addirittura essere già delle differenziazioni che agiscono a livello submicroscopico, molto tempo prima che si possano osservare le prime onde di impulsi elettrici. In sintesi, la differenza tra l’individuazione delle vie sensitive e di quelle motorie consisterebbe quindi, da un punto di vista cinetico, nel fatto che le vie “sensitive” — attraverso la suzione — si indirizzano verso una fonte di sostanze, utilizzando per la costruzione delle loro membrane delle molecole esterne, mentre al contrario le estremità delle fibre delle vie “motorie” cedono particelle formative alle fibre muscolari, da cui vengono quindi attratte passivamente in modo biodinamico. Le ricerche relative a questo ambito sono appena cominciate. Sin da ora però risulta chiaro che anche il sistema nervoso non cresce dall’interno. Di norma, si possono rilevare delle pre-differenziazioni periferiche. La crescita periferica — tramite movimenti di particelle provenienti dall’esterno — si esprime nell’aumento di volume, per esempio nella formazione del rilievo del cervello e in particolare nell’intensa crescita delle membrane plasmatiche del sistema nervoso in crescita. Una crescita dall’interno è contraddetta in primo luogo da un’impossibilità spaziale: se prima non si produce un adeguato incremento della superficie, lo spazio per la crescita all’interno non c’è. Il particolare aumento di volume dell’encefalo umano, in particolare del suo cervello, accompagnato dall’enorme incremento superficiale delle sue membrane plasmatiche, costituisce a nostro parere un presupposto decisivo per l’immensa capacità di memorizzare propria dell’encefalo. In seguito essa rende possibile l’apprendimento, poiché le membrane, in stretto contatto tra loro, influenzano il metabolismo dell’intero sistema nervoso a seconda dei mutevoli modelli di stimolazione, provocando così modi sempre nuovi di comportamento dell’intero organismo. A causa di ciò — a differenza di ciò che conosciamo, per esempio, della cute o dei muscoli in crescita — l’encefalo, che è costantemente attivo durante la crescita, si rinnova costantemente ad ogni secondo che passa ed è, in un senso già morfologico, un organo sempre nuovo e con nuovi impulsi. Definiamo schematicamente questa immagine delle membrane dell’encefalo, considerate come aree di confine del suo intenso 5 metabolismo, “teoria membranosa dell’attività encefalica”, intendendo con ciò che la memorizzazione di informazioni non avviene né nei nuclei cellulari, né nel citoplasma, ma nelle membrane plasmatiche, preparate a questo compito dalla crescita. Non esistono dubbi che nel corso dell’ontogenesi queste membrane si sviluppino sistematicamente in modo biodinamico. Questa affermazione si accorda con le ricerche neurofisiologiche sull’adulto. Fino ad oggi, tuttavia, la questione del funzionamento della memoria non è stata affatto chiarita. L’anatomia cinetica è in grado di fornire un’immagine dello sviluppo dell’attività dell’encefalo. In base ad essa, l’attività originaria dell’encefalo non consiste in processi simili a quelli di un adulto, ma in funzioni molto più originarie, che in nessun modo possono essere comprese attraverso le misurazioni di percorsi di impulsi e la trasmissione di impulsi alle sinapsi. È possibile dimostrare invece, per esempio, che l’attività della corteccia cerebrale, tipicamente umana, comincia con funzioni di crescita morfologicamente comprensibili. Alla fine del secondo mese gli emisferi cerebrali sono a contatto con una membrana molto vascolarizzata (pia madre), che ad ogni pulsazione si accresce, creando così spazio immediato per la crescita delle cellule cerebrali superficiali (corteccia cerebrale). Le cellule superficiali, mentre assorbono intensamente nutrimento dalla pia madre, acquisendo massa, si dispongono in senso verticale rispetto alla pia madre e si spingono via reciprocamente, facendo in modo che questo strato si sollevi dalla base e lasci spazio alle appendici cellulari dello strato più interno. Durante la crescita superficiale del cervello, c’è una continua migrazione di cellule, che con movimenti ameboidi vanno dallo strato più interno ad alta attività mitotica, verso la zona superficiale della corteccia. Secondo osservazioni di tipo morfologico, questi movimenti vengono probabilmente generati dal fatto che il citoplasma forma continuamente una nuova membrana sull’estremità sporgente della cellula, mentre in prossimità del nucleo cellulare la membrana si scioglie nel citoplasma. La cellula in questo modo quasi “rotola” verso la periferia. Secondo questa interpretazione, la corteccia cerebrale è l’apparato principale del dispiegamento encefalico. 6 Prime e successive funzioni del sistema nervoso ___________________________________________________________________________ Riteniamo che il motivo per cui l’uomo, nel venire al mondo, sia così indifeso, si possa spiegare cosi: il suo piccolo viso, il suo tronco e le sue estremità sono completamente al servizio della crescita dell’encefalo. Come si può dimostrare, tutto il sistema nervoso centrale, sin dalla nascita, è così strettamente connesso con gli organi periferici del giovane organismo, che uno sviluppo isolato non è pensabile. Attraverso dei preparati, si può facilmente dimostrare, che la crescita dei centri dell’encefalo viene stimolata dalla crescita dei tratti periferici. Solo in seguito l’encefalo può esercitare la sua attività sulla periferia, invertendo la direzione dell’impulso. Dopo la nascita, un pò alla volta, il neonato impara a far uso di ciò che ha appreso a livello subconscio, per apprendere coscientemente. L’encefalo ora cresce relativamente poco e dopo i primi anni d’infanzia non cresce più. Le reazioni diventano meccaniche. Solo dopo molti anni, con la piena differenziazione del sistema membranoso dell’encefalo, viene fissata — dopo continue ricostruzioni, aggiunte e perdite — anche l’entità dell’esperienza accumulata. Anche in questa occasione non abbiamo motivo di pensare che l’attività del cervello si sviluppi a partire dall’interno, seguendo un modello fornito dal centro, e che l’accrescimento spaziale delle membrane non rivesta un grande significato per lo sviluppo funzionale dell’encefalo. 7 Embriologia del sistema nervoso centrale Il sistema nervoso centrale (SNC) compare all’inizio della terza settimana come ispessimento ectodermico a forma grosso modo di pantofola, la placca neurale. Essa è localizzata nella regione dorsale mediana al davanti della fossetta primitiva. I suoi margini laterali presto si sollevano per formare le pieghe neurali. Con l’ulteriore sviluppo, le pieghe neurali si sollevano di più e i loro margini si avvicinano lungo la linea mediana e da ultimo si fondono dando così origine al tubo neurale. La fusione inizia nella regione cervicale e procede in direzione cefalica e caudale. Alle estremità craniale e caudale dell’embrione, comunque, la fusione è ritardata, e i neuropori craniale e caudale, transitoriamente, costituiscono comunicazioni libere tra il lume del tubo neurale e la cavità amniotica. La chiusura del neuroporo craniale e bidirezionale, procedendo dalla iniziale sede di chiusura nella regione cervicale, come anche da una sede di chiusura successiva nell’encefalo anteriore, la quale egualmente procede in direzione craniale e caudale. La chiusura definitiva del neuroporo craniale si verifica allo stadio di 18-20 somiti (25° giorno); la chiusura del neoroporo caudale si verifica circa due giorni più tardi. L’estremità cefalica del tubo neurale presenta tre dilatazioni, le vescicole encefaliche primarie: il prosencefalo o encefalo anteriore; il mesencefalo o encefalo medio; e il rombencefalo o encefalo posteriore. Contemporaneamente, il tubo neurale forma due flessure: la flessura cervicale, alla giunzione dell’encefalo posteriore con il midollo spinale; e la flessura cefalica, localizzata nella regione del mesencefalo. Quando l’embrione ha raggiunto le 5 settimane, il prosencefalo risulta formato da due parti: il telencefalo, formato da una porzione mediana e da due estroflessioni laterali, gli emisferi cerebrali primitivi; e il diencefalo, caratterizzato dall’evaginazione delle vescicole ottiche. Il mesencefalo è separato dal rombencefalo da un profondo solco, l’istmo del rombencefalo. Il rombencefalo a sua volta è formato da due parti: il metencefalo, che darà 8 origine al ponte e al cervelletto, e il mielencefalo. II confine tra queste due porzioni è segnato da una flessura nota come flessura pontina. La cavità del midollo spinale, il canale centrale, comunica con quella delle vescicole encefaliche. La cavità del rombencefalo è nota come quarto ventricolo, quella del diencefalo come terzo ventricolo, e quelle degli emisferi cerebrali come ventricoli laterali. Il 3° e il 4° ventricolo sono collegati tra di loro attraverso il canale del mesencefalo. Questo canale si restringe notevolmente ed è noto con il nome di acquedotto di Silvio. I ventricoli laterali comunicano con il 3° ventricolo attraverso i forami interventricolari di Monro. Midollo spinale STRATI NEUROEPITELIALE, MANTELLARE E MARGINALE La parete del tubo neurale chiuso da poco tempo è costituita da cellule neuroepiteliali. Esse si estendono per tutto lo spessore della parete e formano un epitelio pseudostratificato spesso. Queste cellule sono collegate tra di loro da complessi giunzionali a livello del lume del tubo. Durante lo stadio della doccia neurale e immediatamente dopo la chiusura del tubo, le cellule si dividono rapidamente, dando origine a un numero crescente di cellule neuroepiteliali. Globalmente, esse vengono indicate come strato neuroepiteliale o neuroepitelio. Avvenuta la chiusura del tubo neurale, le cellule neuroepiteliali incominciano a dare origine a un altro tipo cellulare, che è caratterizzato da un nucleo largo e rotondo con nucleoplasma pallido e nucleolo scuro. Queste cellule sono le cellule nervose primitive o neuroblasti. Esse formano una zona che circonda lo strato neuroepiteliale, nota come strato mantellare. Lo strato mantellare darà origine in seguito alla sostanza grigia del midollo spinale. Lo strato più esterno del midollo spinale contiene fibre nervose che provengono dai neuroblasti dello strato mantellare, ed è noto come strato marginale. In seguito alla mielinizzazione delle fibre nervose, questo strato acquista un aspetto biancastro ed è pertanto indicato col nome di sostanza bianca del midollo spinale. 9 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ LAMINE BASALE, ALARE, DEL TETTO E DEL PAVIMENTO Per effetto del continuo aggiungersi di neuroblasti nello strato del mantello, le due pareti laterali del tubo neurale presentano un ispessimento ventrale e uno dorsale. Gli ispessimenti ventrali, le lamine basali, contengono le cellule delle corna ventrali motrici e formano le aree motorie del midollo spinale; gli ispessimenti dorsali, le lamine alari, formano le aree sensoriali. Un solco longitudinale, il solco limitante, segna il confine tra le due aree. Le porzioni mediane dorsale e ventrale del tubo neurale, note come lamine del tetto e del pavimento rispettivamente, non contengono neuroblasti e servono principalmente da zone di passaggio per le fibre nervose che vanno da un lato all’altro. In aggiunta al corno ventrale motore e al corno dorsale sensoriale, un gruppo di neuroni si accumula tra le due aree precedenti e determina la formazione di un piccolo corno intermedio. Questo corno contiene neuroni della porzione simpatica del sistema nervoso autonomo ed è presente solo ai livelli toracico e lombare superiore (L2-L3) del midollo spinale. DIFFERENZIAZIONE ISTOLOGICA Cellule nervose I neuroblasti o cellule nervose primitive originano esclusivamente dalla divisione delle cellule neuroepiteliali. Inizialmente essi hanno un processo centrale che si estende fino al lume (dendrite transitorio) ma quando migrano nello strato del mantello, questo processo scompare, e i neuroblasti sono temporaneamente rotondeggianti e apolari. Con l’ulteriore differenziazione, compaiono due nuovi processi citoplasmatici, localizzati su versanti opposti del corpo cellulare, formandosi così i neuroblasti bipolari. Il processo un’estremità della cellula si allunga rapidamente per formare a l’assone primitivo, mentre il processo localizzato al polo opposto presenta un certo numero di ramificazioni citoplasmatiche, i dendriti primitivi. La cellula viene adesso indicata come neuroblasto multipolare e con l’ulteriore sviluppo diverrà la cellula nervosa matura o neurone. Una volta formatisi, i neuroblasti perdono 10 la loro capacita di dividersi. Gli assoni dei neuroni della lamina basale si fanno strada attraverso la zona marginale e diventano riconoscibili sulla superficie ventrale del midollo. Essi vengono globalmente indicati col nome di radici ventrali motorie del nervo spinale e conducono impulsi motori dal midollo spinale ai muscoli. Gli assoni dei neuroni del corno dorsale sensitivo (lamina alare) si comportano differentemente da quelli del corno ventrale. Essi penetrano nello strato marginale del midollo, nel quale si portano a livelli superiori o inferiori formando neuroni di associazione. Cellule gliali La maggioranza delle primitive cellule di supporto, i glioblasti, sono formate dalle cellule neuroepiteliali dopo che la produzione dei neuroblasti è cessata. Dallo strato neuroepiteliale, i glioblasti migrano negli strati mantellare e marginale. Nello strato mantellare, essi si differenziano in astrociti protoplasmatici e fibrillari. Un altro tipo di cellule di supporto probabilmente derivate dai glioblasti sono le cellule oligodendrogliali. Esse si trovano principalmente nello strato marginale e formano le guaine mieliniche intorno agli assoni che salgono e discendono nello strato marginale. Nella seconda metà dello sviluppo, un terzo tipo di cellule di supporto, le cellule microgliari, compare nel SNC. Questo tipo cellulare ha caratteristiche fagocitarie ed è derivato dal mesenchima. Quando le cellule neuroepiteliali cessano di produrre neuroblasti e glioblasti, si differenziano da ultimo in cellule ependimali che rivestono il canale centrale del midollo spinale. Cellule della cresta neurale Durante la fase di formazione delle pieghe neurali, lungo ciascun margine della doccia neurale compare un gruppo di cellule. Esse, di origine ectodermica, note come cellule della cresta neurale, formano temporaneamente una zona intermedia fra il tubo e la superficie ectodermica. Questa zona si estende per tutta la lunghezza del tubo neurale, e cellule della cresta migrano da questa 11 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ regione in direzione laterale. Alcune di queste cellule danno origine ai gangli sensitivi (gangli delle radici dorsali) dei nervi spinali. Nell’ulteriore sviluppo, i neuroblasti dei gangli sensitivi danno origine a due processi. I processi che crescono in direzione centripeta penetrano nella porzione dorsale del tubo neurale. Nel midollo spinale essi o terminano nel corno dorsale o ascendono lungo lo strato marginale fino a uno dei centri encefalici superiori. Questi processi vengono indicati collettivamente col nome di radice dorsale sensitiva del nervo spinale. I processi che crescono verso la periferia si addossano alle fibre delle radici ventrali motrici e partecipano cosi alla formazione del tronco del nervo spinale. Da ultimo, questi processi terminano negli organuli recettoriali sensitivi. Quindi, i neuroblasti dei gangli sensitivi danno origine ai neuroni della radice dorsale. Oltre a formare i neuroni dei gangli sensitivi, le cellule della cresta neurale si differenziano nei neuroblasti del sistema simpatico, nelle cellule di Schwann, nelle cellule pigmentate, negli odontoblasti, nelle meningi e nel mesenchima degli archi faringei. Nervi spinali Fibre nervose motrici iniziano a comparire nella 4^ settimana di sviluppo, originando da cellule nervose localizzate nelle lamine basali (corna ventrali) del midollo spinale. Queste fibre si raccolgono in fasci noti come radici nervose ventrali. Le radici nervose dorsali si formano come fasci di fibre che originano da cellule presenti nei gangli delle radici dorsali (gangli spinali). I processi centripeti provenienti da questi gangli formano fasci che penetrano nel midollo spinale a livello delle corna dorsali. I processi periferici si uniscono alle radici ventrali per formare il nervo spinale. Quasi subito, i nervi spinali si dividono in rami primari dorsale e ventrale. I rami primari dorsali innervano la muscolatura dorsale assiale, le articolazioni vertebrali e la cute del dorso. I rami primari ventrali innervano gli arti e la parete ventrale del corpo e formano i principali plessi nervosi (cervicale, brachiale e lombosacrale). 12 Mielinizzazione La mielinizzazione dei nervi periferici viene realizzata dalle cellule di Schwann. Queste originano dalla cresta neurale, migrano alla periferia, e si avvolgono intorno agli assoni formando in tal modo la guaina neurilemmatica. A partire dal 4° mese di vita fetale, numerose fibre nervose acquistano un aspetto biancastro per effetto della formazione dell’involucro mielinico, il quale è formato da molteplici avvolgimenti della membrana della cellula di Schwann intorno all’assone. La guaina mielinica che circonda le fibre nervose del midollo spinale ha origine completamente diversa, dal momento che è formata dagli oligodendrociti. Benché la mielinizzazione delle fibre nervose del midollo spinale inizi all’incirca al 4° mese di vita intrauterina, alcune fibre motrici che discendono da centri encefalici superiori al midollo spinale, non vengono mielinizzate fino al primo anno di vita postnatale. I fasci del sistema nervoso vengono mielinizzati all’incirca all’epoca in cui iniziano a funzionare. CAMBIAMENTI DI POSIZIONE DEL MIDOLLO Al 3° mese di sviluppo, il midollo spinale si estende per tutta la lunghezza dell’embrione e i nervi spinali passano attraverso i forami di coniugazione al loro livello di origine. Comunque, con l’ulteriore sviluppo la colonna vertebrale e la dura si allungano più rapidamente del tubo neurale, e l’estremità terminale del midollo spinale gradualmente si sposta a un livello più alto. Alla nascita tale estremità è localizzata a livello della 3^ vertebra lombare. Per effetto di questa discrepanza nella crescita, i nervi spinali decorrono obliquamente dal loro segmento di origine nel midollo spinale, fino al corrispondente livello della colonna vertebrale. La dura rimane attaccata alla colonna vertebrale a livello coccigeo. Nell’adulto, il midollo spinale termina a livello di L2-L3. Al di sotto di queste vertebre, un prolungamento filiforme di pia madre forma il filum terminale, che indica il tratto regredito di midollo spinale ed è attaccato al periostio della 1^ vertebra coccigea. Le fibre nervose al di sotto dell’estremità terminale del midollo vengono collettivamente indicate col nome di cauda equina. Quando si 13 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ preleva il liquido cerebrospinale durante una puntura lombare, l’ago viene inserito a livello lombare inferiore, evitando in tal modo l’estremità inferiore del midollo. Encefalo Lamine basali e alari distinte, rappresentanti rispettivamente aree motorie e sensitive, si ritrovano da ciascun lato della linea mediana nel rombencefalo e nel mesencefalo. Nel prosencefalo, tuttavia, le lamine alari sono molto sviluppate mentre le lamine basali sono ridotte. ROMBENCEFALO Il rombencefalo è costituito dal mielencefalo, la più caudale delle vescicole encefaliche, e dal metencefalo, che si estende dalla flessura pontina all’istmo rombencefalico. MIELENCEFALO Il mielencefalo è una vescicola encefalica che da origine al midollo allungato e differisce dal midollo spinale per il fatto che le sue pareti laterali sono spostate all’infuori. Lamine alari e basali separate dal solco limitante sono chiaramente distinguibili. La lamina basale, similmente a quella del midollo spinale contiene nuclei motori. Questi nuclei sono divisi in tre gruppi: un gruppo mediale efferente somatico; un gruppo intermedio efferente viscerale speciale; e un gruppo laterale efferente viscerale generale. Il primo gruppo contiene neuroni motori, che formano la continuazione cefalica delle cellule del corno anteriore. Dal momento che questo gruppo efferente somatico continua rostralmente nel mesencefalo, esso viene indicato come la colonna motoria efferente somatica. Nel mielencefalo, essa comprende i neuroni del nervo ipoglosso che innerva la muscolatura linguale. Nel metencefalo e nel mesencefalo, la colonna è costituita da neuroni dei nervi abducente, trocleare e oculomotore comune, rispettivamente. Questi nervi si distribuiscono alla muscolatura oculare. Il gruppo efferente viscerale speciale si estende nel metencefalo, formando la colonna motrice efferente viscerale speciale. I suoi neuroni motori innervano la muscolatura striata degli archi faringei. Nel mielencefalo, la colonna è 14 rappresentata da neuroni dei nervi accessorio, vago e glossofaringeo. Il gruppo efferente generale viscerale contiene neuroni motori che innervano la muscolatura involontaria del tratto respiratorio, del tratto intestinale e del cuore. La lamina alare contiene tre gruppi di nuclei di relais sensoriali. Quello più laterale di essi, gruppo somatico afferente (sensoriale) riceve afferenze dall’orecchio e dalla superficie del capo attraverso i nervi vestibolococleare e trigemino. Il gruppo intermedio o afferente viscerale speciale riceve afferenze dai calici gustativi della lingua e dal palato, orofaringe ed epiglottide. Il gruppo mediale o afferente viscerale generale riceve informazioni interocettive dal tratto gastrointestinale e dal cuore. La lamina del tetto del mielencefalo è costituita da un singolo strato di cellule ependimali rivestito da mesenchima vascolare, la pia madre. Le due strutture costituiscono insieme la tela corioidea. Per l’attiva proliferazione del mesenchima vascolare, un certo numero di invaginazioni sacciformi sporge nella cavità ventricolare sottostante. Queste invaginazioni a ciuffo formano il plesso corioideo che produce il liquido cerebrospinale. METENCEFALO Il metencefalo, come il mielencefalo, è caratterizzato dalle lamine basale e alare. Comunque, si formano due nuove componenti: il cervelletto, che funziona come centro di coordinazione per la postura e il movimento; e il ponte, attraverso il quale passano le fibre nervose che collegano il midollo spinale con la corteccia cerebrale e cerebellare. Ciascuna lamina basale del metencefalo contiene tre gruppi di neuroni motori: il gruppo mediale efferente somatico, che dà origine al nucleo del nervo abducente; il gruppo efferente viscerale speciale, che contiene i nuclei dei nervi trigemino e facciale, i quali innervano la muscolatura del I e II arco faringeo; e il gruppo efferente viscerale generale, i cui assoni innervano le ghiandole sottomandibolare e sottolinguale. Lo strato marginale delle lamine basali del metencefalo si espande e dà passaggio alle fibre nervose che collegano la corteccia cerebrale e quella cerebellare con il midollo spinale. Per tale motivo, questa porzione del 15 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ metencefalo e chiamata ponte. Oltre alle fibre nervose, il ponte contiene i nuclei pontini, che originano nelle lamine alari del metencefalo e del mielencefalo. Le lamine alari del metencefalo contengono tre gruppi di nuclei sensitivi: un gruppo laterale afferente somatico, che contiene i neuroni del nervo trigemino e una piccola porzione del complesso vestibolococleare; il gruppo afferente viscerale speciale; e il gruppo afferente viscerale generale. CERVELLETTO Le parti dorsolaterali delle lamine alari si incurvano medialmente e formano i labbri romboidali. Nella porzione caudale del metencefalo i labbri romboidali sono ampiamente separati, ma immediatamente al di sotto del mesencefalo essi si riavvicinano tra di loro sulla linea mediana. Per effetto di un’ulteriore accentuazione della flessura pontina, i labbri romboidali vengono compressi in direzione cefalocaudale e formano la lamina cerebellare. Nell’embrione di 12 settimane questa lamina mostra una piccola porzione mediana, il verme, e due porzioni laterali, gli emisferi. Una fessura trasversa separa precocemente il nodulo dal verme e il flocculo laterale, dagli emisferi. Questo lobo flocculonodulare e filogeneticamente la parte più primitiva del cervelletto. Da principio, la lamina cerebellare consiste degli strati neuroepiteliale, mantellare e marginale. Nell’ulteriore sviluppo, cellule formate dal neuroepitelio migrano alla superficie del cervelletto per formare lo strato granulare esterno. Cellule di questo strato conservano la loro capacità di dividersi e formano una zona di proliferazione sulla superficie del cervelletto. Nel 6° mese di sviluppo, lo strato granulare esterno dà origine a vari tipi cellulari. Queste cellule migrano verso le cellule di Purkinje che si stanno differenziando e danno origine alle cellule dei granuli, dei canestri e alle cellule stellate. La corteccia del cervelletto, costituita da cellule di Purkinje, neuroni del II tipo di Golgi, e neuroni prodotti dallo strato granulare esterno, raggiunge la sua morfologia definitiva dopo la nascita. I nuclei cerebellari profondi, quali il nucleo dentato, raggiungono la loro posizione definitiva prima della nascita. MESENCEFALO II mesencefalo è morfologicamente la prima delle vescicole encefaliche a 16 comparire. Ciascuna lamina basale contiene due gruppi di nuclei motori: un gruppo mediale efferente somatico, rappresentato dai nervi oculomotore comune e trocleare, che innervano la muscolatura oculare; e un piccolo gruppo efferente viscerale generale, rappresentato dal nucleo di Edinger-Westphal, che innerva il muscolo sfintere della pupilla. Lo strato marginale di ciascuna lamina basale si allarga e forma la crus cerebri. Queste crura danno passaggio alle fibre nervose che discendono dalla corteccia cerebrale verso i centri inferiori del ponte e del midollo spinale. Inizialmente, le lamine alari del mesencefalo appaiono sotto forma di due rilievi longitudinali separati da una lieve depressione mediana. Nell’ulteriore sviluppo, una doccia trasversale divide ciascun rilievo in un collicolo anteriore (superiore) e uno posteriore (inferiore). Il collicolo posteriore serve da stazione di relais sinaptica per i riflessi uditivi; i collicoli anteriori funzionano da centri di correlazione e riflesso per gli impulsi visivi. I collicoli sono formati da ondate successive di neuroblasti che migrano nella sovrastante zona marginale, dove si dispongono in strati. DIENCEFALO Lamina del tetto ed epifisi Il diencefalo si sviluppa dalla porzione mediana del prosencefalo e si ritiene che consista di una lamina del tetto e di due lamine alari, ma che manchi della lamina del pavimento e delle lamine basali. La lamina del tetto del diencefalo è formata da un singolo strato di cellule ependimali rivestito da mesenchima vascolare. Questi due componenti danno origine insieme al plesso corioideo del III ventricolo. La porzione più caudale della lamina del tetto dà origine alla ghiandola pineale o epifisi. Questa formazione inizialmente appare sotto forma di ispessimento epiteliale sulla linea mediana, ma dalla 7^ settimana inizia a evaginarsi. Da ultimo, essa diventa un organo solido localizzato al di sopra del tetto del mesencefalo e funziona da canale attraverso il quale la luce e l’oscurità influenzano i ritmi endocrini e comportamentali. Nell’adulto, nell’epifisi frequentemente si formano piccole calcificazioni, ed essa serve, pertanto, da riferimento nelle radiografie del 17 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ cranio. Lamina alare, talamo e ipotalamo Le lamine alari formano le pareti laterali del diencefalo. Una doccia, il solco ipotalamico, divide ciascuna lamina in una regione dorsale e una ventrale, il talamo e l’ipotalamo, rispettivamente. Per effetto dell’attività proliferativa, il talamo gradualmente si proietta nella cavità compresa nel diencefalo. Frequentemente, tale espansione è così rilevante che le regioni talamiche del lato destro e sinistro si fondono sulla linea mediana, formando così la massa intermedia o connessione intertalamica. L’ipotalamo, che deriva dalla porzione inferiore della lamina alare, si differenzia in un certo numero di aree nucleari, che servono da centri regolatori delle funzioni viscerali quali il sonno, la digestione, la temperatura corporea, e il comportamento emozionale. Uno di questi gruppi, il corpo mammillare, forma una distinta protuberanza sulla superficie ventrale dell’ipotalamo, su ciascun lato della linea mediana. Ipofisi o ghiandola pituitaria L’ipofisi o ghiandola pituitaria si sviluppa da due parti completamente differenti: un’evaginazione ectodermica dello stomodeo davanti alla membrana buccofaringea, nota come immediatamente tasca di Rathke; e un’evaginazione discendente del diencefalo, l’infundibolo. Nell’embrione di circa 3 settimane, la tasca di Rathke si presenta come un’evaginazione della cavità orale e, successivamente, si accresce in direzione dorsale verso l’infundibolo. Dalla fine del 2° mese, essa perde la connessione con la cavità orale e si pone in stretto contatto con l’infundibolo. Nell’ulteriore sviluppo, cellule della parete anteriore della tasca di Rathke, si moltiplicano rapidamente e formano il lobo anteriore dell’ipofisi o adenoipofisi. Una piccola propaggine di questo lobo, la pars tuberalis, si accresce lungo il peduncolo infundibolare e da ultimo lo circonda. La parete posteriore della tasca di Rathke dà origine alla pars intermedia, che nell’uomo sembra avere scarsa importanza. L’infundibolo dà origine al peduncolo e alla pars nervosa o lobo posteriore 18 dell’ipofisi (neuroipofisi). Essa è costituita da cellule neurogliari. Inoltre, contiene un certo numero di fibre nervose che provengono da neuroni dell’area ipotalamica. TELENCEFALO Il telencefalo, la più rostrale delle vescicole encefaliche, consiste di due evaginazioni laterali, gli emisferi cerebrali, e di una porzione mediana, la lamina terminale. Le cavità degli emisferi, i ventricoli laterali, comunicano con la cavità del diencefalo attraverso i forami interventricolari di Monro. Emisferi cerebrali Gli emisferi cerebrali originano all’inizio della 5^ settimana di sviluppo come evaginazioni bilaterali delle pareti laterali del prosencefalo. Dalla metà del 2° mese, la parte basale degli emisferi (cioè la parte che inizialmente formava l’estensione ventrale del talamo) inizia ad accrescersi. Come conseguenza quest’area sporge nella cavità del ventricolo laterale così come nel pavimento del forame di Monro. Nelle sezioni trasverse, questa regione in rapido accrescimento, presenta un aspetto striato e, per tale motivo, e indicata come corpo striato. Nella regione in cui la parete dell’emisfero è attaccata al tetto del diencefalo, non si sviluppano neuroblasti e tale zona rimane molto sottile. A tale livello la parete dell’emisfero è formata da un singolo strato di cellule ependimali rivestito da mesenchima vascolare che insieme formano il plesso corioideo. Quest’ultimo avrebbe dovuto costituire il tetto dell’emisfero, ma per effetto della crescita disomogenea delle varie parti dell’emisfero, esso sporge nel ventricolo laterale lungo una linea nota come fessura corioidea. Subito al di sopra di questa fessura, la parete dell’emisfero si ispessisce formando l’ippocampo. Questa struttura, che ha principalmente una funzione olfattiva, progressivamente sporge nel ventricolo laterale. Con l’ulteriore espansione, gli emisferi ricoprono la superficie laterale del diencefalo, il mesencefalo e la porzione cefalica del metencefalo. Il corpo striato, essendo una parte della parete dell’emisfero, si espande egualmente in direzione posteriore e si divide in due parti: una porzione dorsomediale, il nucleo caudato, e una porzione ventrolaterale, il nucleo lenticolare. Tale 19 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ divisione e realizzata da assoni diretti alla corteccia dell’emisfero o da essa provenienti che attraversano la massa nucleare del corpo striato. Il fascio di fibre così formato è noto come capsula interna. Nello stesso tempo, la parete mediale dell’emisfero e la parete laterale del diencefalo si fondono, e il nucleo caudato e il talamo si pongono in stretto contatto. Il continuo accrescimento degli emisferi cerebrali in direzione anteriore, dorsale e inferiore comporta la formazione dei lobi frontale, temporale e occipitale, rispettivamente. Con il rallentamento della crescita nella regione che riveste il corpo striato, l’area tra i lobi frontale e temporale si infossa e viene detta insula. Questa regione viene successivamente sopravanzata dai lobi adiacenti, e all’epoca della nascita, è pressocché completamente nascosta. Durante la parte finale della vita fetale, la superficie degli emisferi cerebrali cresce così rapidamente e forma un gran numero di circonvoluzioni (giri) separati da fessure e solchi. Sviluppo della corteccia La corteccia cerebrale si sviluppa dal pallio, che si può dividere in due regioni: il paleopallio e l’archipallio, aree localizzate immediatamente a lato del corpo striato e il neopallio, posto tra l’ip-pocampo (archipallio) e il paleopallio. Nel neopallio, ondate di neuroblasti migrano in sede subpiale e qui si differenziano in neuroni completamente maturi. Quando giunge l’ondata seguente di neuroblasti, questi ultimi migrano attraverso gli strati cellulari precedentemente formati, fino a giungere in posizione subpiale. Quindi, i neuroblasti formatisi per primi occupano una posizione profonda nella corteccia, mentre quelli formatisi successivamente acquistano una posizione più superficiale. Alla nascita, la corteccia ha un aspetto stratificato per la differenziazione delle cellule in strati differenti. La corteccia motoria contiene un gran numero di cellule piramidali, mentre le aree sensoriali sono caratterizzate da cellule granulari. Commissure Nell’adulto, l’emisfero destro e il sinistro sono collegati da numerosi fasci di 20 fibre, le commissure, che attraversano la linea mediana. I fasci di fibre più importanti passano attraverso la lamina terminate. Il primo fascio di connessione che compare è la commissura anteriore. Essa è costituita da fibre che collegano il bulbo olfattivo e le aree cerebrali correlate di un emisfero a quelle del lato opposto. La seconda ad apparire è la commissura dell’ippocampo o fornice. Le sue fibre originano nell’ippocampo e convergono sulla lamina terminale in stretta vicinanza della lamina del tetto del diencefalo. Da qui, le fibre continuano il loro decorso formando un sistema che si incurva immediatamente all’esterno della fessura corioidea, fino al corpo mammillare e all’ipotalamo. La commissura più importante è il corpo calloso. Esso compare dalla 10^ settimana di sviluppo e collega le aree non olfattorie della corteccia cerebrale di destra e di sinistra. Inizialmente, esso forma un piccolo fascio della lamina terminale. Per effetto della continua espansione del neopallio, comunque, esso si estende dapprima in avanti e quindi indietro, disponendosi pertanto ad arco al di sopra del sottile tetto del diencefalo. In aggiunta alle tre commessure che si sviluppano nella lamina terminale, ne compaiono altre tre. Due di esse, le commessure posteriore e abenulare, sono localizzate subito al di sotto e rostralmente al peduncolo della ghiandola pineale. La terza, il chiasma ottico, compare nella parete rostrale del diencefalo e contiene fibre delle meta mediali della retina. NERVI CRANICI Dalla 4^ settimana di sviluppo, sono presenti i nuclei per tutti e 12 i nervi cranici. Tutti, eccetto il nervo olfattivo (I) e quello ottico (II) derivano dal tronco cerebrale, e di questi solo l’oculomotore (III) origina fuori della regione del rombencefalo. In quest’ultimo, centri proliferativi nel neuroepitelio costituiscono otto distinti segmenti noti come rombomeri. Alcuni rombomeri danno origine ai nuclei motori dei nervi cranici IV, V, VI, VII, IX, X, XI e XII. La formazione di questo schema segmentale sembra essere diretto dal mesoderma situato nei somitomeri posti al di sotto del neuroepitelio. I neuroni motori per i nuclei dei nervi cranici sono localizzati all’interno del tronco cerebrale, mentre i gangli sensoriali sono posti fuori dall’encefalo. 21 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ Perciò, l’organizzazione dei nervi cranici è omologa a quella dei nervi spinali, benché non tutti i nervi cranici contengano fibre sia motrici sia sensitive (Tab. 20.1). L’origine dei gangli sensoriali dei nervi cranici è dai placodi ectodermici e dalle cellule della cresta neurale. I placodi ectodermici comprendono quello nasale, otico, e quattro placodi epibranchiali rappresentati da ispessimenti ectodermici dorsali agli archi faringei (branchiali). I placodi epibranchiali contribuiscono alla formazione dei gangli per i nervi degli archi faringei (V, VII, IX e X). I gangli parasimpatici (efferenti viscerali) sono derivati dalle cellule della cresta neurale, e le loro fibre sono veicolate dai nervi cranici III, VII, IX e X (vedi Tab. 20.1). Sistema nervoso autonomo Funzionalmente, il sistema nervoso autonomo può essere diviso in due unita: una componente simpatica, che è localizzata nella regione toracolombare, e una componente parasimpatica, posta nelle regioni cefalica e sacrale. SISTEMA NERVOSO SIMPATICO Nella 5^ settimana di sviluppo, cellule originate nella cresta neurale della regione toracica migrano ai lati del midollo spinale verso la regione posta subito al di sotto dell’aorta dorsale. Qui, esse formano una catena bilaterale di gangli simpatici disposti in modo segmentale e interconnessi da fibre nervose longitudinali. Insieme, essi formano le catene simpatiche poste da ciascun lato della colonna vertebrale. Dalla loro posizione nel torace, i neuroblasti migrano verso le regioni cervicale e lombosacrale, portando così le catene simpatiche alla loro lunghezza definitiva. Benché, inizialmente, i gangli siano disposti segmentalmente, questa disposizione in seguito viene persa, in particolar modo nella regione cervicale, per la fusione dei gangli. Alcuni neuroblasti simpatici migrano al davanti dell’aorta per formare i gangli preaortici, come il celiaco e il mesenterico. Altre cellule simpatiche migrano verso il cuore, i polmoni e il tratto gastrointestinale, dove danno origine ai plessi simpatici degli organi. Una volta che le catene simpatiche si sono costituite, le fibre nervose originate nella colonna visceroeffettrice (corno intermedio) dei mielomeri toracolombari 22 penetrano nei gangli della catena. Alcune di queste fibre nervose contraggono sinapsi allo stesso livello nelle catene simpatiche o passano attraverso le catene per raggiungere i gangli preaortici o collaterali. Esse sono chiamate fibre pregangliari, sono mielinizzate, e stimolano le cellule dei gangli simpatici. Passando dai nervi spinali ai gangli simpatici, esse formano i cosiddetti rami comunicanti bianchi. Poiché la colonna visceroeffettrice si estende solo dal I segmento toracico al II o III segmento lombare del midollo spinale, i rami bianchi si trovano solo a questi livelli. Gli assoni delle cellule gangliari simpatiche vengono detti fibre postgangliari e non sono mielinizzati. Essi passano o agli altri livelli della catena simpatica o si portano al cuore, ai polmoni, e al tratto intestinale. Altre fibre, note come rami comunicanti grigi, passano dalla catena simpatica ai nervi spinali e da essi ai vasi sanguigni periferici, ai peli, e alle ghiandole sudoripare. I rami comunicanti grigi si trovano a tutti i livelli del midollo spinale. Ghiandola surrenale La ghiandola surrenale si sviluppa da due componenti: una parte mesodermica, che forma la corticale, e una parte ectodermica, che forma la midollare. Durante la 5^ settimana di sviluppo, cellule mesoteliali situate tra la radice del mesentere e le gonadi in sviluppo iniziano a proliferare e penetrano nel mesenchima sottostante. Qui, esse si differenziano in grandi organi acidofili, che formano la corticale primitiva o fetale delle ghiandole surrenali. Subito dopo, una seconda ondata di cellule mesoteliali penetra nel mesenchima e circonda la primitiva massa cellulare acidofila. Queste cellule, più piccole della prima ondata, più tardi formano la corticale definitiva della ghiandola. Dopo la nascita, la corticale fetale regredisce rapidamente eccetto che nel suo strato più esterno, che si differenzia nella zona reticolare. La struttura definitiva della corticale non viene raggiunta fino alla pubertà. Mentre la corticale fetale si sta formando, cellule originate nel sistema simpatico (cellule della cresta neurale) invadono il suo versante mediale, dove si dispongono in cordoni e isolotti. Queste cellule danno origine alla midollare della ghiandola surrenale. Esse si colorano in giallo-bruno con i sali di cromo e, perciò, sono dette cromaffini. Durante la vita embrionale, le cellule cromaffini 23 Embriologia del sistema nervoso centrale ___________________________________________________________________________ si sparpagliano ampiamente nell’embrione, ma nell’adulto le uniche che rimangono raggruppate si trovano nella midollare delle ghiandole surrenali. SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO I neuroni localizzati nel tronco cerebrale e nella regione sacrale del midollo spinale danno origine a fibre parasimpatiche pregangliari. Le fibre che originano dai nuclei del tronco cerebrale sono incorporate nei nervi oculomotore (III), facciale (VII), glossofaringeo (IX) e vago (X). Le fibre postgangliari originano dai neuroni gangliari derivati dalle cellule della cresta neurale e si portano alle strutture da innervare (muscolo sfintere della pupilla, ghiandole salivari, visceri, ecc). RIEPILOGO Il SNC è di origine ectodermica e appare come placca neurale alla metà della 3^ settimana. Dopo che i margini della placca si sono piegati, le pieghe neurali si avvicinano lungo la linea mediana e si fondono nel tubo neurale. L’estremità craniale si chiude circa al 25° giorno, mentre quella caudale si chiude al 27° giorno. Il SNC forma quindi una struttura tubulare con un’estremità cefalica allargata, l’encefalo, e una lunga porzione caudale, il midollo spinale. La mancata chiusura del tubo neurale produce difetti quali la spina bifida e anencefalia. Il midollo spinale forma l’estremità caudale del SNC ed è caratterizzato dalla lamina basale contenente i neuroni motori, dalla lamina alare per i neuroni sensoriali, e le lamine del pavimento e del tetto come lamine di connessione tra i due lati. Queste identiche strutture di base si possono riconoscere lungo la maggior parte delle vescicole encefaliche. L’encefalo forma la porzione craniale del SNC e consiste inizialmente di tre vescicole: il rombencefalo (encefalo posteriore), il mesencefalo (ence-falo medio), e il prosencefalo (encefalo anteriore). Il rombencefalo è diviso in mielencefalo, che forma il midollo allungato - questa regione ha una lamina basale per i neuroni afferenti somatici e viscerali - e 24 metencefalo con le sue caratteristiche lamine basale (efferente) e alare (afferente). Questa formazione del vescicola encefalica è, inoltre, caratterizzata dalla cervelletto, un centro di coordinazione posturale e di movimento, e del ponte, la via percorsa dalle fibre nervose tra il midollo spinale e la corteccia cerebrale e cerebellare. Il mesencefalo è la prima vescicola encefalica che si forma e assomiglia moltissimo al midollo spinale con le sue lamine basale efferente e alare afferente. Le sue lamine alari formano i collicoli inferiori e posteriori che sono stazioni di relais per i riflessi uditivi e visivi. Il diencefalo, la porzione posteriore del prosencefalo, consiste di una sottile lamina del tetto e di una spessa lamina alare, nella quale si sviluppano il talamo e l’ipotalamo. Esso partecipa alla formazione della ghiandola pituitaria, che si sviluppa anche dalla tasca di Rathke. Mentre la tasca di Rathke forma l’adenoipofisi, il lobo intermedio, e la pars tuberalis, il diencefalo forma il lobo posteriore, la neuroipofisi, che contiene neuroglia e riceve fibre nervose dall’ipotalamo. Il telencefalo, la più rostrale delle vescicole encefaliche, consiste di due estroflessioni laterali, gli emisferi cerebrali, e di una porzione mediana, la lamina terminale. La lamina terminale è usata dalle commessure come via di collegamento per i fasci di fibre tra gli emisferi destro e sinistro. Gli emisferi cerebrali, all’inizio due piccole estroflessioni, si espandono e ricoprono la superficie laterale del diencefalo, mesencefalo e metencefalo. Alla fine, le regioni nucleari del telencefalo si portano in intimo contatto con quelle del diencefalo. Il sistema ventricolare, contenente liquido cerbrospinale, si estende dal lume del midollo spinale al IV ventricolo nel rombencefalo, e attraverso lo stretto condotto mesencefalico susseguentemente nel III ventricolo nel diencefalo. Attraverso i forami di Monro, il sistema ventricolare si estende dal III ventricolo nei ventricoli laterali degli emisferi cerebrali. Il liquido cerebrospinale viene prodotto nei plessi corioidei del III, IV e dei ventricoli laterali. Un blocco del liquido cerebrospinale nel sistema ventricolare o nello spazio subaracnoideo può produrre idrocefalo. 25 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ Midollo spinale Il midollo spinale è simile ad un lungo stelo pressoché cilindrico, solamente un poco appiattito in senso antero-posteriore. Esso è posto nel canale vertebrale, estendendosi da subito sotto il foro occipitale fino a livello del corpo della II vertebra lombare. Il midollo spinale misura in lunghezza circa 44 cm. Superiormente, il midollo spinale si continua con il midollo allungato, il confine con il quale è dato da un piano orizzontale che passa ad uguale distanza tra l’emergenza dell’ultimo paio dei nervi encefalici (nervo ipoglosso) e quella del I paio dei nervi spinali (nervo I cervicale). Inferiormente, il midollo spinale termina assottigliandosi nel cono midollare, dal cui apice ha origine il filo terminale. Questo è un esile filamento, lungo circa 25 cm e con un diametro all’incirca di 2 mm, che va a fissarsi sulla faccia posteriore del coccige mediante il legamento coccigeo, formatogli attorno dalle tre meningi spinali fuse in un’unica guaina. Il midollo spinale ha un diametro medio che, misurato nella zona di mezzo della sua parte toracica, risulta essere all’incirca di 10 mm. Il midollo spinale non ha però calibro uniforme; presenta infatti due rigonfiamenti fusiformi nei suoi tratti che corrispondono alle emergenze dei nervi spinali più voluminosi, ossia quelli deputati all’innervazione rispettivamente degli arti superiori e degli arti inferiori. Tali due rigonfiamenti sono rispettivamente il rigonfiamento cervicale (o entumescenza cervicale) ed il rigonfiamento lombare (o entumescenza lombare). Il rigonfiamento cervicale comincia all’estremità superiore del midollo spinale e si estingue a livello della II vertebra toracica, avendo nella sua parte media, più espansa, un diametro frontale di 14 mm. Il rigonfiamento lombare inizia a livello della IX vertebra toracica e termina alla I vertebra lombare, mostrando, nel suo punto di massima espansione, un diametro frontale di 12 mm. Il midollo spinale ha un peso di circa 28 gr. Il midollo spinale non è rettilineo, ma mostra curvature analoghe a quelle della colonna vertebrale che l’accoglie; è pertanto convesso in avanti entro la parte 27 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ cervicale della colonna vertebrale, è invece concavo anteriormente entro la parte toracica, torna infine a farsi convesso verso l’avanti entro quella lombare. Il midollo spinale non riempie interamente la cavità del canale vertebrale, ma ne occupa la sola parte centrale, rimanendo separato dalle pareti del canale medesimo per l’interposizione dello spazio perimidollare, che contiene le meningi spinali e, esternamente a queste, il tessuto adiposo peridurale nel quale decorrono abbondanti vasi sanguiferi, soprattutto venosi. Il midollo spinale è mantenuto in tale sua normale posizione centrale da diversi mezzi di fissità; questi sono: la sua continuità con il midollo allungato, l’impianto del suo filo terminale sul coccige, le aderenze che i nervi spinali da esso emergenti contraggono, tramite le loro guaine durali, con i fori intervertebrali della colonna verterale, infine la presenza ai suoi due lati dei legamenti denticolati che dalla pia madre spinale vanno all’aracnoide e alla dura madre. Immerso nel liquido cefalo-rachidiano dello spazio sottoaracnoidale, il midollo spinale può poi agevolmente seguire i movimenti della colonna vertebrale, sempre però conservando la sua posizione centrale entro il canale vertebrale. In superficie, il midollo spinale presenta anteriormente un solco che lo percorre per tutta la lunghezza lungo la linea mediana ed i cui labbri sono facilmente divaricabili: è la fessura mediana anteriore; mostra posteriormente, lungo la linea mediana, un altro solco longitudinale che lo percorre interamente, ma i cui labbri sono saldati: è il solco mediano posteriore. Il piano sagittale mediano passante per la fessura mediana anteriore e per il solco mediano posteriore divide il midollo spinale in due metà simmetriche, destra e sinistra. In ciascuna metà del midollo spinale si vedono, verso l’avanti e verso l’indietro, rispettivamente le origini apparenti delle radici anteriori e quelle delle radici posteriori dei nervi spinali; ciascuna di tali radici fa emergenza scomposta in un gruppetto di radicole, che sono allineate verticalmente. Se le radicole delle radici anteriori vengono strappate, compare sulla superficie del midollo spinale una serie filare di piccole depressioni, che costituisce il solco laterale anteriore; analogamente, se vengono strappate le radicole delle radici posteriori, si manifesta sulla superficie del midollo spinale un’altra serie verticale di piccole fossette, che è il solco laterale posteriore. 28 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ La porzione di superficie del midollo spinale compresa tra la fessura mediana anteriore ed il solco laterale anteriore è il cordone anteriore; quella delimitata dal solco laterale anteriore e dal solco laterale posteriore è il cordone laterale; quella infine interposta tra il solco laterale posteriore ed il solco mediano posteriore è il cordone posteriore. Quest’ultimo cordone, nella parte più alta del midollo spinale, è percorso longitudinalmente dal solco intermedio posteriore. Da ciascuna metà del midollo spinale fanno emergenza 33 radici anteriori e 33 radici posteriori dei nervi spinali. Poiché ogni radice anteriore si unisce poi con la radice posteriore che emerge al suo stesso livello, si costituiscono 33 nervi spinali per lato; ossia, dal midollo spinale emergono complessivamente 33 paia di nervi spinali. Queste sono distinte in: 8 paia di nervi cervicali, 12 paia di nervi toracici (o nervi dorsali), 5 paia di nervi lombari, 5 paia di nervi sacrali e 3 paia di nervi coccigei; di queste ultime paia, il II ed il III paio sono rudimentali e sono contenuti nel legamento coccigeo, assieme al filo terminale. Essendovi notevole discrepanza tra la lunghezza del midollo spinale e quella della colonna vertebrale, solamente i nervi spinali più alti decorrono pressoché orizzontalmente per portarsi al loro foro di uscita dal canale vertebrale; tutti gli altri nervi spinali si inclinano invece verso il basso, e ciò in modo tanto più manifesto quanto più emergono da parti inferiori del midollo spinale. Si ha di conseguenza che gli ultimi nervi toracici ed i nervi lombari, sacrali e coccigei scendono verticalmente per un tratto minore o maggiore entro il canale vertebrale, prima di raggiungere il loro foro di uscita dal canale vertebrale stesso; essi formano così, all’estremità inferiore del midollo spinale, un voluminoso fascio nerveo che ingloba anche il filo terminale e che ha il nome di coda equina. Il midollo spinale viene diviso in 5 parti: cervicale, toracica (o dorsale), lombare, sacrale e coccigea, le quali corrispondono alle parti del midollo spinale donde emergono rispettivamente i nervi cervicali, i nervi toracici (o nervi dorsali), i nervi lombari, i nervi sacrali ed i nervi coccigei; esse non hanno quindi alcuna corrispondenza con le omonime parti della colonna vertebrale. Ciascuna parte del midollo spinale viene poi suddivisa in altrettanti segmenti 29 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ spinali (o metameri spinali, o neuromeri) quante sono le paia dei nervi spinali che vi originano. Nervi spinali Ogni nervo spinale risulta costituito dall’unione della radice anteriore con la radice posteriore, unione che avviene poco prima dell’uscita del nervo spinale stesso dal canale vertebrale. La radice anteriore è motrice (o effettrice) e la radice posteriore è sensitiva (o afferente); ne consegue quindi che il nervo spinale è un nervo misto. 1. La radice anteriore del nervo spinale ha la sua origine apparente, cioè la sua emergenza dal nevrasse, in corrispondenza del solco laterale anteriore del midollo spinale; ha la sua origine reale, ossia i neuroni che ne danno le fibre, nel corno anteriore del midollo spinale. Le fibre radicolari anteriori, che formano la radice anteriore del nervo spinale, sono di due tipi: fibre motrici somatiche, le quali sono deputate all’innervazione motrice dei muscoli scheletrici; fibre effettrici viscerali, chiamate comunemente fibre pregangliari, le quali mettono capo ai gangli simpatici, donde nascono poi le fibre postgangliari per l’innervazione motrice della muscolatura involontaria ed eccitosecretrice delle ghiandole. 2. La radice posteriore del nervo spinale ha la sua origine apparente, ossia l’uscita dal nevrasse, nel solco laterale posteriore del midollo spinale; ha la sua origine reale, cioè i neuroni che ne danno le fibre, nel ganglio spinale. Il ganglio spinale si presenta come un rigonfiamento posto lungo la radice posteriore del nervo spinale. Esso è formato di neuroni sensitivi (o protoneuroni sensitivi); questi sono detti comunemente neuroni a T perché il loro neurite, divenuto una fibra mielinica, si divide a T dando così luogo ad una fibra periferica e ad una fibra centrale. La fibra periferica, uscita dal ganglio spinale, prosegue nel nervo spinale e va a distribuirsi in un territorio periferico del corpo; la fibra centrale, percorrendo la radice posteriore del nervo spinale, si porta dal ganglio spinale al midollo spinale. La fibra periferica raccoglie gli impulsi 30 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ sensitivi, che poi la fibra centrale reca al midollo spinale. Le fibre radicolari posteriori, che costituiscono la radice posteriore del nervo spinale, sono fibre sensitive (o fibre afferenti) sia somatiche che viscerali. COSTITUZIONE INTERNA DEL MIDOLLO SPINALE Il midollo spinale è costituito, centralmente, da sostanza grigia e, perifericamente, da sostanza bianca. Il midollo spinale è percorso al centro, per tutta la sua lunghezza, da un sottilissimo canale scavato entro la sostanza grigia: è il canale centrale del midollo spinale (o canale dell’ependima). Sostanza grigia del midollo spinale La sostanza grigia del midollo spinale, osservata in una sezione trasversale del midollo spinale, presenta grosso modo l’aspetto di una H. Essa forma al centro un sepimento trasversale relativamente esile: la commessura grigia, dalle cui estremità, destra e sinistra, si espandono due voluminose masse allungate sagittalmente. Un piano frontale immaginario passante per il canale centrale del midollo spinale, il quale decorre nel mezzo della commessura grigia, divide la sostanza grigia del midollo spinale in una metà anteriore ed in una posteriore. La commessura grigia viene pertanto suddivisa da detto piano frontale immaginario nella commessura grigia anteriore e nella commessura grigia posteriore, mentre ognuna delle due masse grigie laterali viene scomposta rispettivamente nel corno anteriore e nel corno posteriore. La zona di unione del corno anteriore con quello posteriore, e che si continua medialmente con la commessura grigia, è detta zona intermedia. Il corno anteriore è diretto in avanti e un pò lateralmente, arrestandosi ad una certa distanza dalla superficie del midollo spinale. Esso è tozzo e molto più largo del corno posteriore; consta di una testa e di una base. La testa del corno anteriore è la parte posta in avanti e maggiormente espansa; essa ha un contorno festonato da cui fuoriescono fascetti di fibre nervose che si dirigono verso il solco laterale anteriore del midollo spinale, donde poi emergono per costituire le radici anteriori dei nervi spinali. La base del corno anteriore è la 31 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ parte più ristretta posta in addietro; essa si continua direttamente con la base del corno posteriore, con cui forma la zona intermedia. Alla base del corno anteriore, limitatamente al tratto del midollo spinale che è compreso fra l’VIII segmento cervicale ed il II segmento lombare, è presente un’espansione di sostanza grigia diretta lateralmente: è il corno laterale. Il corno posteriore si dirige in addietro e lateralmente, giungendo fino in vicinanza della superficie del midollo spinale; esso infatti è più lungo del corno anteriore, rispetto al quale è però più sottile e ha un contorno regolare. Il corno posteriore è costituito, in avanti, dalla base e, in addietro, dalla testa, che sono congiunte fra loro da una parte ristretta, detta collo. La base del corno posteriore è unita alla base del corno anteriore a costituire la zona intermedia; lateralmente, essa si espande con trabecole di sostanza grigia entro la sostanza bianca del contiguo cordone laterale, costituendo la formazione reticolare del midollo spinale. La testa del corno posteriore, presso la sua estremità, consta di una particolare sostanza grigia molliccia: la sostanza gelatinosa (del Rolando), che a sua volta è incappucciata da uno strato di cellule nervose sparse con fibre nervose, chiamato strato zonale (del Waldeyer) (o zona spongiosa); quest’ultimo è separato dalla superficie del midollo spinale da uno strato di fibre nervose mieliniche a decorso longitudinale: la zona marginale (del Lissauer). Tenuto presente che la sostanza grigia del midollo spinale, vista in sezione trasversale, presenta due corna anteriori, due corna posteriori ed una commessura grigia, viene facile comprendere come la sostanza grigia medesima, nel suo insieme, formi quattro colonne, due anteriori e due posteriori, le quali si estendono per tutta la lunghezza del midollo spinale, congiunte tra loro da una lamina centrale. Dall’VIII segmento cervicale al II segmento lombare del midollo spinale, la sostanza grigia forma inoltre due colonne laterali, destra e sinistra, che si sollevano lateralmente dalle due colonne anteriori; esse sono le corna laterali che si osservano nelle sezioni orizzontali del midollo spinale. La sostanza grigia del midollo spinale è maggiormente sviluppata a livello dei rigonfiamenti cervicale e lombare del midollo spinale stesso; lo è meno nel 32 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ tratto interposto fra tali due rigonfiamenti. Essa termina all’estremità inferiore del midollo spinale, assumendo l’aspetto di un anello che circonda la parte terminale, dilatata, del canale centrale del midollo spinale. Costituzione della sostanza grigia del midollo spinale La sostanza grigia del midollo spinale è formata di cellule nervose e di fibre nervose, nella maggior parte amieliniche, inoltre di cellule di nevroglia. Le cellule nervose della sostanza grigia del midollo spinale sono: cellule del I tipo del Golgi, le quali hanno un lungo neurite che, divenuto una fibra nervosa mielinica, generalmente esce dalla sostanza grigia del midollo spinale; cellule del II tipo del Golgi, le quali hanno un neurite che si ramifica entro la sostanza grigia del midollo spinale, assolvendo pertanto a funzioni di collegamento a breve distanza. Le cellule del I tipo del Golgi presenti nella sostanza grigia del midollo spinale, sulla base del comportamento del loro neurite, sono distinte in cellule radicolari e cellule funicolari. I neuriti delle prime diventano le fibre nervose che costituiscono le radici anteriori dei nervi spinali; i neuriti delle seconde diventano fibre nervose che formano fasci entro i cordoni (o funicoli) della sostanza bianca del midollo spinale. Cellule radicolari. Le cellule radicolari hanno i loro neuriti che diventano fibre mieliniche: le fibre radicolari anteriori, che escono dal midollo spinale costituendo le radici anteriori dei nervi spinali; sono pertanto esclusive del corno anteriore del midollo spinale, compreso il corno laterale che ne è una dipendenza. Esse sono distinte in cellule motrici somatiche e cellule effettrici viscerali. 1. Le cellule motrici somatiche, dette anche neuroni somatomotori o più comunemente motoneuroni, sono proprie della testa del corno anteriore del midollo spinale. Esse danno luogo alle fibre motrici somatiche delle radici anteriori dei nervi spinali. Sì considerano i motoneuroni α, che innervano le fibre muscolari striate dei muscoli scheletrici, ed i motoneuroni µ, che innervano le fibre muscolari striate accolte nei fusi neuro-muscolari dei muscoli scheletrici medesimi. 33 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ I motoneuroni α sono in numero di circa 100.000 per ciascun antimero del midollo spinale. Sono neuroni di forma variabile, ma sempre molto voluminosi, che sono provvisti di grossi dendriti abbondantemente ramificati, i quali possono spingersi anche nell’antimero opposto del midollo spinale. Hanno ciascuno un neurite che assume la guaina mielinica ancora nell’ambito della sostanza grigia del midollo spinale, divenendo così una fibra motrice somatica; questa passa nella radice anteriore di un nervo spinale e, seguendo il nervo spinale medesimo, giunge al muscolo cui è destinata; quivi si ramifica ripetutamente e ciascuna sua ramificazione terminale va a costituire una placca motrice a ridosso di una fibra muscolare striata scheletrica. Un singolo motoneurone α innerva molte fibre muscolari striate scheletriche, il cui numero può variare da 25 in alcuni muscoli fino a 1900 in altri; un motoneurone α con tutte le fibre muscolari striate scheletriche da esso innervate costituisce un’unità motrice. I neuriti dei motoneuroni α, poco dopo la loro origine, emettono rami collaterali ricorrenti che contraggono sinapsi con particolari cellule funicolari: le cellule del Renshaw, le quali riverberano impulsi inibitori sugli stessi motoneuroni α. l motoneuroni α sono distinti in fasici e tonici; quelli fasici inviano alle fibre muscolari striate scheletriche impulsi che ne determinano la contrazione rapida fasica, quelli tonici trasmettono invece alle fibre muscolari striate scheletriche impulsi prolungati che aumentano il tono muscolare. I motoneuroni µ sono frammisti ai motoneuroni α, rispetto ai quali sono di minore grandezza e sono anche meno numerosi. Danno origine a fibre motrici somatiche che pure entrano nella costituzione delle radici anteriori dei nervi spinali e vanno ai muscoli, dove innervano le fibre muscolari striate scheletriche che sono accolte entro i fusi neuromuscolari, organuli questi che hanno il compito di registrare lo stato di tensione dei muscoli o tono muscolare. Situati entro il perimisio dei muscoli e delimitati da un involucro fibroso, i 34 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ fusi neuro-muscolari sono costituiti da alcune fibre muscolari striate scheletriche di piccole dimensioni che sono innervate, tramite placche motrici, dalle fibre motrici somatiche originate dai motoneuroni µ, e che inoltre sono circondate da avvolgimenti anulo-spirali formati attorno ad esse da fibre periferiche dei neuroni a T dei gangli spinali. Tali fibre muscolari intrafusali, contraendosi, stimolano le fibre sensitive degli avvolgimenti anulo-spirali e gli eccitamenti, mediante le fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali, vengono trasmessi ai motoneuroni tonici del midollo spinale i quali, così stimolati per via riflessa, danno luogo ad impulsi che rafforzano il tono muscolare. Pertanto, tramite tale circuito riflesso, che è chiamato circuito µ, i motoneuroni µ controllano il tono muscolare. 2. Le cellule effettrici viscerali, dette anche neuroni visceroeffettori o neuroni pregangliari, si trovano nella base del corno anteriore, incluso il corno laterale. Più piccole delle cellule motrici somatiche, esse sono deputate all’innervazione della muscolatura involontaria cui non inviano però direttamente gli impulsi nervosi, ma li trasmettono tramite l’interposizione dei neuroni dei gangli simpatici. Le cellule effettrici viscerali danno infatti origine a fibre mieliniche: le fibre effettrici viscerali, dette comunemente fibre pregangliari, che fuoriescono dal midollo spinale tramite le radici anteriori dei nervi spinali e che poi, abbandonando i nervi spinali stessi con i rami comunicanti bianchi, mettono capo ai gangli simpatici, in rapporto ai cui neuroni terminano. Dai neuroni dei gangli simpatici originano infine le fibre postgangliari che si recano ai rispettivi territori di innervazione. Cellule funicolari. Le cellule funicolari danno origine a fibre mieliniche: le fibre funicolari, che entrano nella costituzione dei cordoni della sostanza bianca del midollo spinale. Possono essere distinte in cellule funicolari dell’apparato intersegmentale, che sono quelle le cui fibre non sconfinano dal midollo spinale e sono pertanto deputate a collegare tra loro i diversi segmenti spinali, ed in cellule funicolari dell’apparato di connessione, che sono invece quelle le cui fibre salgono all’encefalo e collegano così la sostanza grigia del midollo spinale 35 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ a quella dell’encefalo. 1. Le cellule funicolari dell’apparato intersegmentale sono presenti in tutta la sostanza grigia del midollo spinale. Esse hanno un neurite che si riveste della guaina mielinica e passa nella sostanza bianca di uno dei cordoni del midollo spinale, dove si biforca dando luogo ad un ramo ascendente e ad uno discendente. Tali due rami, cammin facendo, staccano ad angolo retto molte ramificazioni collaterali che vanno nella sostanza grigia del midollo spinale; i due rami medesimi, dopo un decorso più o meno lungo, entrano poi anch’essi nella sostanza grigia del midollo spinale, dove si estinguono rispettivamente ad un livello più alto e ad uno più basso di quello in cui è localizzata la loro cellula d’origine. Alcune cellule funicolari dell’apparato intersegmentale inviano alle commessure del midollo spinale, specie a quella bianca, il ramo ascendente e quello discendente di divisione della propria fibra, oppure anche uno solo dei due; tali rami mettono così capo alla sostanza grigia della metà eterolaterale del midollo spinale. Le cellule in questione sono dette pertanto cellule commessurali. 2. Le cellule funicolari fondamentalmente dell’apparato nel di connessione corno posteriore sono localizzate del midollo spinale. Esse posseggono un neurite che, divenuto una fibra mielinica, passa nella sostanza bianca di uno dei cordoni del midollo spinale e, ripiegando verso l’alto, entra nella costituzione di uno dei fasci ascendenti che dal midollo spinale si portano all’encefalo. Le fibre di tali cellule possono dare, quando stanno piegando verso l’alto, un ramo discendente che entra poi nella sostanza costantemente, grigia lungo del il midollo loro spinale; cammino emettono ascendente, inoltre ramificazioni collaterali destinate alla sostanza grigia stessa del midollo spinale. Organizzazione della sostanza grigia del midollo spinale Entro la sostanza grigia del midollo spinale, le cellule nervose sono in parte disseminate, ma nella maggior parte sono raggruppate in nuclei. Questi si estendono in genere per più segmenti spinali oppure per tutta la lunghezza del 36 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ midollo spinale, per cui vengono detti anche colonne o lamine. I nuclei della sostanza grigia del midollo spinale sono distinti in: nuclei somatomotori, nuclei visceroeffettori, nuclei sensitivi. I nuclei somatomotori, deputati all’innervazione della muscolatura volontaria, si trovano nella testa del corno anteriore del midollo spinale. Essi sono costituiti dai motoneuroni e danno luogo alle fibre motrici somatiche che si distribuiscono ai muscoli scheletrici. I nuclei visceroeffettori, destinati all’innervazione della muscolatura involontaria, sono posti nella base del corno anteriore e particolarmente nel corno laterale del midollo spinale. Essi sono formati delle cellule effettrici viscerali e danno origine alle fibre pregangliari, che mettono capo ai gangli simpatici. I nuclei sensitivi sono costituiti da cellule funicolari e sono propri del corno posteriore del midollo spinale; essi ricevono le fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali, che recano ad essi stimoli sensitivi, ed emettono fibre funicolari che salgono a diversi territori dell’encefalo per recare a questi gli stimoli sensitivi medesimi. I nuclei sensitivi sono distinti in nuclei somatosensitivi e nuclei viscerosensitivi. I primi, che ricevono gli stimoli sensitivi dalla cute, dai muscoli e dalle articolazioni, sono sparsi in tutto il corno posteriore del midollo spinale; i secondi invece, che ricevono gli stimoli sensitivi dai visceri, si trovano solo nella base del corno posteriore del midollo spinale. Nuclei del corno anteriore. Il corno anteriore del midollo spinale, incluso il corno laterale che ne è una dipendenza, ha fondamentalmente funzione motrice, ossia effettrice; da esso originano infatti le fibre motrici somatiche, deputate all’innervazione dei muscoli scheletrici, e le fibre effettrici viscerali o fibre pregangliari per l’innervazione della muscolatura involontaria. Il corno anteriore del midollo spinale accoglie pertanto i nuclei somatomotori ed i nuclei visceroeffettori. 1. I nuclei somatomotori (che formano nell’insieme la lamina IX) si trovano nella testa del corno anteriore del midollo spinale. Essi formano un gruppo mediale, che consta dei nuclei deputati all’innervazione dei muscoli annessi alla colonna vertebrale, ed un gruppo laterale, che è 37 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ costituito dai nuclei destinati ad innervare i muscoli laterali e anteriori del tronco e quelli degli arti. Il gruppo mediale dei nuclei somatomotori è rappresentato dalla colonna antero-mediale e dalla colonna postero-mediale; di esse, la prima innerva i muscoli flessori della colonna vertebrale, la seconda invece ne innerva gli estensori. Tali due colonne cellulari sono bene evidenti in corrispondenza dei due rigonfiamenti, cervicale e lombare, del midollo spinale; nel tratto compreso fra i due rigonfiamenti medesimi sono invece sostituiti da una colonna cellulare singola. Il gruppo laterale dei nuclei somatomotori è costituito da tre colonne cellulari, le quali sono bene distinte in corrispondenza dei rigonfiamenti cervicale e lombare del midollo spinale; esse sono: la colonna centrale, la colonna antero-laterale e la colonna postero-laterale. La colonna centrale, in corrispondenza del rigonfiamento cervicale, da luogo alle fibre nervose che innervano il diaframma; a livello del rigonfiamento lombare, dà le fibre nervose per i muscoli del perineo. La colonna antero-laterale provvede, in corrispondenza del rigonfiamento cervicale, all’innervazione dei muscoli della spalla e del braccio e, in corrispondenza del rigonfiamento lombare, a quella dei muscoli dell’anca e della coscia. La colonna postero-laterale, a livello del rigonfiamento cervicale, dà le fibre nervose per i muscoli dell’avambraccio e della mano; in corrispondenza del rigonfiamento lombare, dà origine alle fibre nervose per i muscoli della gamba e del piede. Nella parte toracica del midollo spinale, compresa tra i rigonfiamenti cervicale e lombare, dette tre colonne cellulari sono sostituite da un’unica colonna cellulare che provvede all’innervazione dei muscoli intercostali e dei muscoli della parete dell’addome. La base del corno anteriore del midollo spinale, all’incirca dal V segmento cervicale fino alla parte iniziale del midollo allungato, accoglie il nucleo del nervo accessorio spinale, che è il nucleo somatomotore deputato all’innervazione dei muscoli sterno-cleido-mastoideo e trapezio. Tale nucleo dà origine a fibre motrici somatiche che attraversano il cordone 38 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ laterale del midollo spinale per fare emergenza, raggruppate in radicole, tra le radici anteriori e quelle posteriori dei primi nervi spinali; dette radicole si dirigono verso l’alto e, riunendosi poi tra loro, formano appunto il nervo accessorio spinale. 2. I nuclei visceroeffettori (o nuclei mioleiotici) occupano la base del corno anteriore del midollo spinale ed il corno laterale; si trovano pertanto nella cosiddetta zona intermedia. Essi sono la colonna intermedia laterale e le due colonne parasimpatiche sacrali. La colonna intermedia laterale costituisce il corno laterale del midollo spinale e si estende pertanto dall’VIII segmento cervicale al II segmento lombare; essa dà origine alle fibre pregangliari dell’orto simpatico che, uscendo dal midollo spinale con le radici anteriori dei nervi spinali, mettono capo ai gangli latero-vertebrali (tronco del simpatico) e prevertebrali dell’ortosimpatico, dai quali nascono poi le fibre postgangliari che si distribuiscono alla muscolatura involontaria con funzione motrice. La colonna intermedia laterale è sede pertanto dei centri ortosimpatici nevrassiali, che sono lungo essa così distribuiti: nella parte superiore, in corrispondenza dell’VIII segmento cervicale e del I segmento toracico del midollo spinale, trovasi il centro cilio-spinale (del Budge) che presiede alla motilità del muscolo dilatatore della pupilla; nella parte superiore vi è pure il centro cardio-acceleratore, che va dall’VIII segmento cervicale al II segmento toracico; dal III al V segmento toracico trovasi il centro polmonare; dal VI segmento toracico al II segmento lombare si estendono infine i centri per i visceri addomino-pelvici. Le colonne parasimpatiche sacrali, laterale e mediale (o colonna ritorta del Laruelle), sono localizzate nei segmenti sacrali del midollo spinale. Esse danno luogo alle fibre pregangliari del parasimpatico sacrale, le quali escono dal midollo spinale con le radici anteriori dei nervi spinali e mettono capo ai gangli pelvici del parasimpatico; da questi gangli prendono poi origine le fibre postgangliari che provvedono alla innervazione motrice della muscolatura involontaria ed alla innervazione 39 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ eccitosecretrice delle ghiandole. Nuclei del corno posteriore. Il corno posteriore del midollo spinale ha funzione sensitiva; ad esso mettono infatti capo le fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali, o i loro rami collaterali, che recano impressioni della sensibilità generale, sia somatica che viscerale, raccolte dai recettori che le fibre periferiche dei neuroni a T dei gangli spinali stessi formano nei diversi territori periferici del corpo. Si tratta di vari tipi di sensibilità generale, che sono determinati da stimoli di differente natura. 1. Nell’ambito della sensibilità somatica sono da distinguersi la sensibilità esterocettiva e la sensibilità propriocettiva. La sensibilità esterocettiva comprende la sensibilità tattile (sia superficiale che profonda), la sensibilità termica e la sensibilità dolorifica. Nella sensibilità esterocettiva sono poi da distinguersi: la sensibilità esterocettiva epicritica, che è quella bene analizzabile nelle sue caratteristiche e che è rappresentata dalla forma più fine e discriminativa della sensibilità tattile, detta pertanto sensibilità tattile epicritica; la sensibilità esterocettiva protopatica, che è quella ricca di contenuti emozionali difficilmente analizzabili e che comprende sia la sensibilità termica e quella dolorifica, sia la sensibilità tattile a carattere diffuso o sensibilità tattile protopatica. La sensibilità propriocettiva è data dagli stimoli provenienti dai muscoli, dai tendini e dalle articolazioni; essa informa delle posizioni e degli atteggiamenti delle varie parti del corpo, inoltre condiziona il tono muscolare. La sensibilità propriocettiva viene distinta in cosciente ed incosciente. 2. La sensibilità viscerale (o sensibilità enterocettiva) è raccolta dai recettori che trovansi nei visceri, i quali sono in grado di captare le variazioni dell’ambiente interno. Il corno posteriore del midollo spinale accoglie pertanto i nuclei sensitivi,i quali danno origine a fasci nervosi che si recano all’encefalo: sono i nuclei viscerosensitivi, posti alla base del corno posteriore, e i nuclei somatosensitivi, distribuiti in diverse parti del corno posteriore e rappresentati dalla colonna 40 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ intermedia mediale, dalla colonna del Clarke e dal nucleo della testa del corno posteriore. Nel corno posteriore del midollo spinale si trovano poi altri nuclei che hanno funzione associativa nell’ambito del midollo spinale stesso; essi sono il nucleo reticolare spinale, il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando) e la colonna delle cellule postero-marginali. I nuclei viscerosensitivi sono piccoli gruppi di cellule funicolari che sono sparsi nella base del corno posteriore, ossia entro la zona intermedia subito dietro ai nuclei visceroeffettori. Dai nuclei viscerosensitivi originano fibre nervose che, sparse o riunite in piccoli fascetti, salgono nella sostanza bianca del midollo spinale, specie entro il cordone laterale, e che costituiscono nell’insieme il lemnisco viscerale; questo, che è pertanto deputato al trasporto degli stimoli della sensibilità viscerale, si porta al talamo, dopo avere subito in parte interruzioni sinaptiche nella formazione reticolare del tronco cerebrale. La colonna intermedia mediale (che è parte della lamina VII) è situata nella parte mediale della base del corno posteriore e si estende per tutta la lunghezza del midollo spinale. Essa dà origine al fascio spino-cerebellare ventrale (del Gowers), crociato, che decorre nel cordone laterale eterolaterale del midollo spinale e si porta al paleocerebello, dove termina nella corteccia cerebellare cui reca stimoli della sensibilità propriocettiva incosciente specialmente degli arti. La colonna del Clarke (o nucleo dorsale) (che è parte della lamina VII) è posta medialmente tra la base ed il collo del corno posteriore, subito dietro alla colonna intermedia mediale; essa si estende dall’VIII segmento cervicale al III segmento lombare del midollo spinale. Vi prende origine il fascio spinocerebellare dorsale (del Flechsig), diretto, che sale nel cordone laterale omolaterale del midollo spinale e si porta alla corteccia cerebellare del paleocerebello, recando stimoli della sensibilità propriocettiva incosciente soprattutto del tronco. Il nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo proprio del corno posteriore, o lamine III e IV) occupa la parte centrale della testa del corno posteriore per tutta la lunghezza del midollo spinale. Vi originano i fasci spino-talamici anteriore e laterale, crociati, che decorrono nei cordoni rispettivamente 41 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ anteriore e laterale eterolaterali del midollo spinale e mettono capo al nucleo ventrale posteriore del talamo, il primo recando impulsi della sensibilità tattile protopatica ed il secondo impulsi della sensibilità termica e di quella dolorifica; ha inoltre origine il fascio spino-tettole, crociato, che sale nel cordone laterale eterolaterale del midollo spinale e si porta alla lamina quadrigemina del mesencefalo, portando impulsi della sensibilità esterocettiva protopatica. I fasci spino-talamici anteriore e laterale ed il fascio spino-tettale formano nell’insieme il lemnisco spinale. Il nucleo reticolare spinale (o lamina V) corrisponde alla formazione reticolare del midollo spinale. Consta di cellule funicolari che danno luogo a fibre nervose che si portano nel cordone laterale dello stesso lato ed in quello anteriore del lato opposto, esplicando una funzione associativa intersegmentale. Il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando) (o lamina II) trovasi presso l’estremità della testa del corno posteriore, corrispondendo alla sostanza gelatinosa (del Rolando). Risulta costituito sia da cellule del II tipo del Golgi, sia da cellule funicolari le cui fibre, biforcandosi, danno origine a rami ascendenti e discendenti alquanto brevi che hanno funzione associativa intersegmentale nell’ambito del corno posteriore del midollo spinale. Si ritiene che il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando) abbia funzione associativa, cioè sia interposto tra le terminazioni delle fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali accolte nella zona marginale (del Lissauer) e nello strato zonale (del Waldeyer) ed i neuroni del nucleo della testa del corno posteriore. Il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando), a livello dei primi segmenti cervicali del midollo spinale, si continua con il nucleo della radice discendente del nervo trigemino. La colonna delle cellule postero-marginali (o lamina I) incappuccia il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando), formando l’estremità apicale del corno posteriore; corrisponde pertanto allo strato zonale (del Waldeyer) (o zona spongiosa). E’ anch’essa formata di cellule funicolari, le cui fibre associano tra loro segmenti diversi del corno posteriore del midollo spinale. Archi riflessi spinali Come si è detto, fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali e loro rami 42 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ collaterali entrano in grande numero nel corno posteriore del midollo spinale. Mentre la maggior parte di tali fibre centrali dei neuroni a T si estingue nel corno posteriore stesso in rapporto con le cellule funicolari, altre invece si portano nel corno anteriore, dove terminano in connessione con le cellule radicolari, sia motrici somatiche che effettrici viscerali. Queste ultime fibre danno luogo agli archi riflessi spinali; sono cioè fibre sensitive capaci di influenzare direttamente sia le cellule motrici somatiche, causando movimenti riflessi dei muscoli scheletrici, sia le cellule effettrici viscerali, provocando contrazioni riflesse della muscolatura involontaria dei visceri. Gli archi riflessi spinali sono pertanto costituiti ciascuno, essenzialmente, da un neurone a T di un ganglio spinale e da una cellula radicolare del midollo spinale in sinapsi tra di loro; quando sono così formati da due soli neuroni, essi sono archi riflessi spinali semplici e si realizzano nell’ambito di un singolo segmento del midollo spinale. Nella maggior parte degli archi riflessi spinali, tra il neurone a T e la cellula radicolare sono interposti uno o più neuroni associativi (o neuroni intercalari) della sostanza grigia del midollo spinale, i quali hanno il compito di moderare l’intensità e di rallentare la velocità degli impulsi nervosi che attraversano gli archi riflessi medesimi; questi archi riflessi spinali che hanno anche neuroni associativi interessano frequentemente più segmenti del midollo spinale. Sostanza bianca del midollo spinale La sostanza bianca del midollo spinale forma, in ciascun antimero del midollo spinale, tre cordoni (o funicoli), che sono distinti in: anteriore, laterale e posteriore. Forma poi, nella parte mediana anteriore del midollo spinale, la commessura bianca. Il cordone anteriore del midollo spinale è delimitato in superficie dalla fessura mediana anteriore e dal solco laterale anteriore. E’ compreso in profondità tra la fessura mediana anteriore ed il corno anteriore. Poiché il corno anteriore si arresta ad una certa distanza dalla superficie del midollo spinale, il cordone anteriore risulta delimitato in modo incompleto dal contiguo cordone laterale. Il cordone laterale del midollo spinale si estende in superficie tra il solco laterale anteriore ed il solco laterale posteriore. Profondamente risulta 43 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ interposto tra il corno anteriore, che lo delimita parzialmente dal cordone anteriore, ed il corno posteriore che, giungendo fino quasi alla superficie del midollo spinale, lo separa pressoché interamente dal cordone posteriore. Il cordone laterale rimane collegato con il cordone posteriore solo da un sottile strato di sostanza bianca che incappuccia l’estremità del corno posteriore e che è la zona marginale (del Lissauer). Il cordone posteriore del midollo spinale si estende in superficie tra il solco laterale posteriore ed il solco mediano posteriore. In profondità, esso è delimitato lateralmente dalla zona radicolare, costituita dalle fibre radicolari posteriori che entrate nel midollo spinale si dispongono sul contorno mediale del corno posteriore, e medialmente dal septum posterius, sepimento di fibre gliali che si estende dalla commessura grigia posteriore al solco mediano posteriore. La commessura bianca del midollo spinale trovasi nel fondo della fessura mediana anteriore del midollo spinale stesso, all’innanzi della commessura grigia anteriore. Essa si estende tra i due cordoni anteriori del midollo spinale. Costituzione della sostanza bianca del midollo spinale La sostanza bianca del midollo spinale è costituita da fibre nervose mieliniche. Nella grande maggioranza, le fibre nervose mieliniche della sostanza bianca del midollo spinale decorrono verticalmente, con direzione ascendente oppure discendente, entro i cordoni (o funicoli) del midollo spinale, formandone i fasci; sono dette pertanto fibre funicolari. Esse possono essere fibre endogene, cioè nate dalle cellule funicolari del midollo spinale stesso; oppure possono essere fibre esogene, quali sono infatti le fibre nervose mieliniche che dall’encefalo discendono nel midollo spinale, inoltre le fibre nervose mieliniche che provengono dai gangli spinali e che assumono un andamento verticale entro il midollo spinale. Altre fibre nervose mieliniche della sostanza bianca del midollo spinale hanno invece decorso grosso modo orizzontale: sono le fibre commessurali e le fibre radicolari. Le fibre commessurali sono proprie della commessura bianca del midollo spinale. Esse sono fibre funicolari che, per passare nella metà eterolaterale del 44 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ midollo spinale, entrano nella commessura bianca dove decorrono orizzontalmente. Le fibre radicolari sono rappresentate dai tratti intramidollari delle radici anteriori e delle radici posteriori dei nervi spinali. Si distinguono pertanto in fibre radicolari anteriori ed in fibre radicolari posteriori. Le fibre radicolari anteriori provengono dalle cellule radicolari del corno anteriore del midollo spinale; sono quindi fibre motrici somatiche e fibre pregangliari. Riunite in piccoli fascetti, esse attraversano obliquamente la sostanza bianca al confine tra il cordone anteriore e quello laterale, dirigendosi verso il solco laterale anteriore del midollo spinale, dove fuoriescono come radici anteriori dei nervi spinali. Le fibre radicolari posteriori, pertinenti alle radici posteriori dei nervi spinali, provengono dai gangli spinali; sono infatti le fibre centrali dei neuroni a T penetrate nel midollo spinale in corrispondenza del solco laterale posteriore; sono pertanto fibre sensitive. Le fibre radicolari posteriori sono da distinguersi in: fibre di grosso calibro, che sono quelle decorrenti nella parte posteromediale delle radici posteriori dei nervi spinali, e in fibre di piccolo calibro, che sono quelle decorrenti nella parte antero-laterale delle radici posteriori dei nervi spinali. Le fibre radicolari posteriori di grosso calibro sono deputate al trasporto degli impulsi della sensibilità tattile epicritica e della sensibilità propriocettiva cosciente; esse si portano a ridosso del contorno mediale del corno posteriore, costituendo la zona radicolare, dove si dividono in un ramo ascendente ed in uno discendente. Di questi, il ramo ascendente, che è di diametro nettamente maggiore rispetto a quello discendente, si porta nel cordone posteriore del midollo spinale entro il fascicolo gracile (del Goll) o entro il fascicolo cuneato (del Burdach) e si reca al midollo allungato, emettendo tuttavia lungo il suo decorso numerosissimi rami collaterali che passano nel corno posteriore. Il ramo discendente si immette invece nel fascio ovale (del Flechsig) o nel fascio a virgola (dello Schultze) del cordone posteriore del midollo spinale e, dopo un decorso più o meno lungo, va a terminare nel corno posteriore del midollo spinale stesso. 45 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ Le fibre radicolari posteriori di piccolo calibro provvedono al trasporto degli impulsi delle sensibilità tattile protopatica, termica e dolorifica, inoltre della sensibilità viscerale. Tali fibre entrano nel fascio dorso-laterale (del Lissauer), corrispondente alla zona marginale (del Lissauer), o nel fascio longitudinale del corno posteriore, accolto nello strato zonale (del Waldeyer) (o zona spongiosa) dell’estremità della testa del corno posteriore; in seno a detti fasci, esse si dividono in un ramo ascendente ed in uno discendente, che passano poi nel corno posteriore del midollo spinale dove prendono rapporto soprattutto con i neuroni del nucleo della testa del corno posteriore o direttamente, o tramite l’interposizione del nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando). Fasci dei cordoni del midollo spinale I fasci di fibre nervose mieliniche che compongono i cordoni della sostanza bianca del midollo spinale possono essere distinti in fasci del cordone anteriore, fasci del cordone laterale e fasci del cordone posteriore. Fasci del cordone anteriore. I fasci del cordone anteriore del midollo spinale sono distinti in: fasci discendenti, che provengono dall’encefalo e vanno alle corna anteriori del midollo spinale, avendo funzione motrice; fasci ascendenti, che nascono dalle corna posteriori del midollo spinale e salgono all’encefalo, essendo di natura sensitiva; fasci a funzione associativa intersegmentale, formati di fibre nervose ascendenti e discendenti che, nate da cellule funicolari della sostanza grigia del midollo spinale, mettono capo alla sostanza grigia di segmenti spinali superiori od inferiori rispetto a quelli dove le fibre nervose medesime sono nate. I fasci del cordone anteriore del midollo spinale sono i seguenti. 1. Il fascio fondamentale anteriore è un fascio a funzione associativa intersegmentale che, situato nella parte profonda del cordone anteriore del midollo spinale, circonda medialmente ed in avanti il corno anteriore. Il fascio fondamentale anteriore nasce nel corno anteriore del midollo spinale da cellule funicolari dell’apparato intersegmentale; risulta pertanto costituito da fibre ascendenti e da fibre discendenti le quali, dopo un decorso più o meno breve dalla loro origine, rientrano nel corno anteriore medesimo, dove si mettono in rapporto con le cellule radicolari. 46 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ 2. Il fascicolo longitudinale mediale è, nella parte cervicale del midollo spinale, un fascio discendente; diviene poi un fascio a funzione associativa intersegmentale nelle restanti parti del midollo spinale. Trovasi nella profondità della zona mediale del cordone anteriore, nell’angolo formato dal corno anteriore con la commessura grigia anteriore. Il fascicolo longitudinale mediale trae origine, all’estremità superiore della callotta del mesencefalo, dal nucleo della commessura posteriore (del Darkschewitsch) e dal nucleo interstiziale del fascicolo longitudinale mediale (del Cajal). Discendendo verso il basso, nell’attraversare il ponte ed il midollo allungato, si arricchisce di fibre nervose che gli vengono date dalla formazione reticolare e dai nuclei vestibolari laterale (del Deiters) e mediale. Tali sue fibre nervose di origine encefalica non scendono oltre il tratto cervicale del midollo spinale, estinguendosi esse in rapporto con i motoneuroni del corno anteriore, specie con quelli che presiedono all’innervazione dei muscoli deputati ai movimenti di rotazione della testa. Il fascicolo longitudinale mediale è presente anche nelle restanti parti del midollo spinale perché, a cominciare dalla parte toracica di questo, vi arrivano dal corno anteriore fibre nervose delle cellule funicolari dell’apparato intersegmentale. Queste fibre nervose si biforcano, entro il fascicolo longitudinale mediale stesso, in un ramo ascendente ed in uno discendente i quali, dopo un decorso più o meno lungo, entrano nel corno anteriore assolvendo alla funzione associativa intersegmentale. 3. Il fascio piramidale diretto (o fascio cortico-spinale anteriore, o fascio del Türck) è un fascio discendente che decorre nella parte mediale del cordone anteriore del midollo spinale; è deputato alla motilità volontaria e cosciente. Esso è la parte del fascio piramidale che non si è incrociata nel midollo allungato; proviene pertanto dalla corteccia cerebrale della circonvoluzione frontale ascendente dell’emisfero cerebrale omolaterale. Il fascio piramidale diretto, nel suo cammino discendente entro il midollo spinale, cede costantemente libre che passano nella commessura bianca 47 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ e mettono capo al corno anteriore eterolaterale, dove contraggono sinapsi con i motoneuroni. Esso quindi, discendendo, va grado grado diminuendo di volume, fino ad estinguersi interamente circa a metà della parte toracica del midollo spinale. 4. Il fascio tetto-spinale anteriore, crociato, è un fascio discendente che appartiene alle vie ottica ed acustica riflesse; esso reca infatti, ai motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale, impulsi luminosi ed impulsi uditivi capaci di determinare risposte motrici riflesse. Il fascio tetto-spinale anteriore proviene dalla lamina quadrigemina del mesencefalo ed è costituito da quelle fibre delle vie ottica ed acustica riflesse che, entro il mesencefalo, si sono incrociate nella decussazione fontaniforme (del Meynert). Discendendo, esso emette via via fibre che entrano nel corno anteriore del midollo spinale. Si estingue nella parte cervicale del midollo spinale. 5. Il fascio vestibolo-spinale anteriore, parzialmente crociato, è un fascio discendente che non oltrepassa la parte cervicale del midollo spinale. Esso è formato di fibre nervose, sia dirette che crociate, che provengono dai nuclei vestibolari de midollo allungato. Mette capo al corno anteriore del midollo spinale. Il fascio vestibolo-spinale anteriore, che reca impulsi captati dai recettori del senso statico dell’orecchio, provvede a determinare cambiamenti di posizione della testa e degli arti superiori al fine del mantenimento dell’equilibrio; esercita inoltre un controllo sul tono muscolare. 6. Il fascio reticolo-spinale anteriore, diretto, è un fascio discendente a funzione motrice, che appartiene al sistema delle vie extrapiramidali. Il fascio reticolo-spinale anteriore è costituito da fibre nervose che provengono dalla parte omolaterale della formazione reticolare del mesencefalo e di quella del ponte. Tali sue fibre mettono capo al corno anteriore del midollo spinale, dove esercitano un’azione sollecitatrice sui motoneuroni, cedendo infatti impulsi facilitanti ai motoneuroni α ed impulsi attivanti ai motoneuroni µ; danno inoltre impulsi ai neuroni pregangliari. 48 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ 7. Il fascio rubro-spinale anteriore, crociato, è un piccolo fascio discendente motore, pertinente al sistema delle vie extrapiramidali; esso è limitato alla parte cervicale del midollo spinale. Le sue fibre, che sono nate nella parte magnicellulare del nucleo rosso del mesencefalo e si sono incrociate nella decussazione del Forel, terminano nel corno anteriore del midollo spinale, dove hanno un’azione di controllo sul tono muscolare e sull’attività motrice. 8. Il fascio olivo-spinale, parzialmente crociato, è un fascio discendente che è posto presso la superficie, all’estremità laterale del cordone anteriore del midollo spinale; esso è unito al fascio spino-olivare con il quale forma il fascio triangolare (del Helweg). E’ un fascio motore che appartiene al sistema delle vie extrapiramidali. Il fascio olivo-spinale proviene dal nucleo olivare inferiore del midollo allungato. Le sue fibre mettono capo via via al corno anteriore del midollo spinale. 9. Il fascio spino-olivare, crociato, è un fascio ascendente, sensitivo, che decorre confuso con il fascio olivo-spinale, unitamente al quale forma il fascio triangolare (del Helweg). E’ costituito da fibre crociate che, nate dal corno posteriore eterolaterale del midollo spinale, si portano al nucleo olivare inferiore e alle paraolive del midollo allungato, donde la via prosegue poi per il cervelletto tramite le fibre olivo-cerebellari. Il fascio spino-olivare, dal punto di vista funzionale, viene ritenuto omologo dei fasci spino-cerebellari dorsale (del Flechsig) e ventrale (del Gowers), recando esso infatti stimoli della sensibilità propriocettiva incosciente del tronco e degli arti. 10.Il fascio spino-talamico anteriore è un fascio ascendente, sensitivo; esso è posto nella parte laterale del cordone anteriore del midollo spinale, davanti ai fasci spino-talamico laterale e tetto-spinale del cordone laterale, unitamente ai quali forma il lemnisco spinale. Il fascio spinotalamico anteriore reca gli impulsi della sensibilità tattile protopatica del tronco e degli arti; fa parte pertanto del secondo tratto della via spinotalamo-corticale, deputata al trasporto di detta sensibilità. 49 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ Il fascio spino-talamico anteriore è crociato; le sue fibre originano infatti dal nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo proprio del corno posteriore) eterolaterale e, dopo essersi incrociate nella zona mediana del midollo spinale, si fanno ascendenti entrando appunto nella costituzione del fascio medesimo, il fascio spino-talamico anteriore, dopo avere percorso il tronco cerebrale, rnette capo al nucleo ventrale posteriore del talamo; molte sue fibre terminano invece nella formazione reticolare del midollo allungato e in quella del ponte, donde poi partono fibre sia per il talamo che per il cervelletto. Fasci del cordone laterale. Anche i fasci del cordone laterale del midollo spinale sono rappresentati da fasci discendenti e da fasci ascendenti, oltre che da un fascio a funzione associativa intersegmentale. I fasci del cordone laterale del midollo spinale sono i seguenti. 1. Il fascio fondamentale laterale è un fascio a funzione associativa intersegmentale, che è posto nella profondità del cordone laterale del midollo spinale. Origina da cellule funicolari dell’apparato intersegmentale della sostanza grigia del midollo spinale, le cui fibre, immessesi nel fascio medesimo, si dividono ciascuna in un ramo ascendente ed in uno discendente. Tali rami, dopo avere percorso due o tre segmenti spinali, abbandonano il fascio fondamentale laterale ed entrano nella sostanza grigia del midollo spinale, associando così segmenti spinali posti a diverse altezze. 2. Il fascio piramidale crociato (o fascio cortico-spinale laterale) è un grande fascio discendente che occupa la parte intermedia del cordone laterale del midollo spinale, spostato posteriormente. Esso rappresenta la parte più cospicua del fascio piramidale, quella cioè che a livello del midollo allungato si è incrociata nella decussazione delle piramidi; è pertanto il fascio motore che reca gli impulsi per la motilità volontaria e cosciente. Originato dalla corteccia cerebrale della circonvoluzione frontale ascendente dell’emisfero cerebrale eterolaterale, il fascio piramidale crociato percorre il midollo spinale per tutta la sua lunghezza e va grado grado assottigliandosi perché continuamente cede fibre che passano nel 50 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ corno anteriore omolaterale del midollo spinale, dove si mettono in rapporto sinaptico con i motoneuroni. 3. Il fascio reticolo-spinale laterale è un fascio discendente che è posto subito all’innanzi del fascio piramidale crociato. Appartiene al sistema motore delle vie extrapiramidali; esso eserciterebbe un’azione inibitrice sull’attività dei motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale. Il fascio reticolo-spinale laterale origina dalla formazione reticolare del midollo allungato. Le sue fibre, che sono sia dirette che crociate, terminano nel corno anteriore del midollo spinale. 4. Il fascio rubro-spinale laterale è un fascio discendente, motore, che si trova all’innanzi del fascio piramidale crociato, di lato al fascio reticolospinale laterale. Fa parte del sistema delle vie extrapiramidali, recando impulsi che controllano l’attività motrice ed il tono muscolare. Il fascio rubro-spinale laterale, analogamente al fascio rubro-spinale anteriore del quale è però più voluminoso, prende origine nel mesencefalo dalla parte magnicellulare del nucleo rosso e si incrocia nella decussazione del Forel. Esso percorre il cordone laterale del midollo spinale, cedendo gradualmente fibre che entrano nel corno anteriore. 5. Il fascio tetto-spinale laterale è un fascio discendente che rappresenta la parte diretta delle vie ottica ed acustica riflesse, deputate a causare movimenti riflessi in seguito ad impulsi luminosi ed uditivi. Il fascio tetto-spinale laterale origina, analogamente al fascio tettospinale anteriore, dalla lamina quadrigemina del mesencefalo, ma le sue fibre non subiscono alcun incrociamento; esse discendono infatti omolaterali al corno anteriore del midollo spinale, dove contraggono sinapsi con i motoneuroni. 6. Il fascio vestibolo-spinale laterale è un fascio discendente, diretto, che nasce dai nuclei vestibolari del midollo allungato. Esso percorre longitudinalmente l’intero midollo spinale, emettendo via via fibre che entrano nel corno anteriore del midollo spinale stesso. Il fascio vestibolo-spinale laterale, che reca impulsi provenienti dai 51 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ recettori del senso statico dell’orecchio, determina movimenti riflessi del corpo atti al mantenimento od alla ripresa dell’equilibrio, esplicando la sua azione specie sui movimenti del tronco e degli arti inferiori. 7. Il fascio spino-talamico laterale è un fascio ascendente, sensitivo, che occupa la parte intermedia del cordone laterale del midollo spinale verso l’avanti, contiguo al fascio spino-talamico anteriore. Fa parte del secondo tratto della via spino-talamo-corticale e trasporta gli impulsi della sensibilità termica e di quella dolorifica del tronco e degli arti. Il fascio spino-talamico laterale, che unitamente al fascio spino-talamico anteriore ed al fascio spino-tettale costituisce il cosiddetto lemnisco spinale, è un fascio crociato. Le fibre del fascio spino-talamico laterale originano infatti dal nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo proprio del corno posteriore) eterolaterale e, dopo essersi incrociate nella parte mediana del midollo spinale, passano nel cordone laterale dove si fanno ascendenti costituendo appunto il fascio medesimo. Il fascio spinotalamico laterale percorre il tronco cerebrale e mette capo al nucleo ventrale posteriore del talamo; molte sue fibre si arrestano però nella formazione reticolare del midollo allungato ed in quella del ponte, da cui partono poi fibre che entrano nel fascio medesimo per raggiungere il talamo, oppure che si portano al cervelletto. 8. Il fascio spino-tettale è un fascio ascendente che decorre addossato al fascio spino-talamico laterale, analogamente al quale prende origine dal nucleo della testa del corno posteriore del midollo spinale ed è crociato. Esso mette capo alla lamina quadrigemina del mesencefalo e trasporta impulsi della sensibilità esterocettiva protopatica, pare specialmente dolorifica. 9. Il lemnisco viscerale è dato da un insieme di fascetti ascendenti, sparsi, che prendono origine dai nuclei viscerosensitivi della base del corno posteriore del midollo spinale e che sono pertanto deputati al trasporto degli stimoli della sensibilità viscerale. Esso mette capo al talamo, oltre che alla formazione reticolare del tronco cerebrale ed all’ipotalamo periventricolare. 52 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ 10.Il fascio spino-cerebellare dorsale (del Flechsig) è un fascio ascendente, sensitivo, che occupa la parte posteriore della superficie del cordone laterale del midollo spinale. Esso reca gli impulsi della sensibilità propriocettiva incosciente, soprattutto quella del tronco, al cervelletto. Il fascio spino-cerebellare dorsale (del Flechsig), che è diretto, prende origine dalla colonna del Clarke del corno posteriore omolaterale del midollo spinale. Percorso il midollo spinale, entra nel peduncolo cerebellare inferiore e giunge nel cervelletto, dove mette capo alla corteccia cerebellare del paleocerebello. 11.Il fascio spino-cerebellare ventrale (del Gowers) è un fascio ascendente, sensitivo, che trovasi nella parte anteriore della superficie del cordone laterale del midollo spinale. Esso porta gli impulsi della sensibilità propriocettiva incosciente, specialmente quella degli arti, al cervelletto. Il fascio spino-cerebellare ventrale (del Gowers), che è crociato, nasce dal nucleo intermedio mediale del corno posteriore eterolaterale del midollo spinale. Giunto al mesencefalo, entra nel peduncolo cerebellare superiore ed arriva così al cervelletto, dove termina nella corteccia cerebellare del paleocerebello. Fasci del cordone posteriore. I fasci del cordone posteriore del midollo spinale (fìg. 14), fatta eccezione del fascio fondamentale posteriore che è un fascio a funzione associativa intersegmentale, sono fasci sensitivi costituiti dalle fibre radicolari posteriori di grosso calibro, nate dai neuroni a T dei gangli spinali omolaterali. Tali fibre infatti, entrate nella zona radicolare del midollo spinale si dividono ciascuna in un ramo ascendente ed uno discendente, che passano poi nel cordone posteriore del midollo spinale. Quivi, i rami ascendenti formano due grossi fasci: il fascicolo gracile (del Goll) ed il fascicolo cuneato (del Burdach), che salgono all’encefalo recando gli impulsi della sensibilità tattile epicritica e della sensibilità propriocettiva cosciente del tronco e degli arti; i rami discendenti costituiscono due fasci di calibro minore: il fascio ovale (del Flechsig) ed il fascio a virgola (dello Schultze), che sono destinati al corno posteriore del midollo spinale. 1. Il fascio fondamentale posteriore è posto nella profondità del cordone 53 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ posteriore. Esso risulta formato di fibre che originano dalle cellule funicolari dell’apparato intersegmentale del corno posteriore e che, entrate nel fascio stesso, si dividono ciascuna in un ramo ascendente ed in uno discendente; tali rami, dopo avere percorso due o tre segmenti spinali, abbandonano il fascio medesimo e passano nel corno posteriore del midollo spinale. 2. Il fascicolo gracile (del Goll) forma da solo la gran parte del cordone posteriore nella metà inferiore del midollo spinale. Il fascicolo gracile (del Goll) è costituito dai rami ascendenti che originano dalla biforcazione, entro la zona radicolare del midollo spinale, delle fibre radicolari posteriori dei nervi coccigeo, sacrali e lombari e dei nervi toracici del XII al V incluso; esso inizia pertanto all’estremità inferiore del midollo spinale e, salendo verso l’alto, va grado grado ingrandendosi sino al V segmento toracico, donde prosegue verso l’alto mantenendo immutata la propria dimensione. Il fascicolo gracile (del Goll) si porta al midollo allungato, dove termina nel nucleo del fascicolo gracile (o nucleo del Goll). 3. Il fascicolo cuneato (del Burdach) fa la sua comparsa nel cordone posteriore, a lato del fascicolo gracile (del Goll), nella metà superiore del midollo spinale. Andando verso l’alto, va sempre più ingrandendosi fino a diventare più voluminoso del fascicolo gracile (del Goll) stesso, rispetto al quale ha anche fibre nervose di calibro maggiore. Il fascicolo cuneato (del Burdach) è formato dai rami ascendenti di divisione delle fibre radicolari posteriori dei nervi toracici dal IV al I e di quelli di tutti i nervi cervicali. Esso raggiunge il midollo allungato, dove mette capo al nucleo del fascicolo cuneato (o nucleo del Burdach). 4. Il fascio ovale (del Flechsig) è un fascio relativamente esile, situato nella parte più mediale del cordone posteriore del midollo spinale, dove è compreso tra il fascicolo gracile (del Goll) ed il septum posterius. Si estende dall'ultimo segmento cervicale all'estremità inferiore del midollo spinale. Il fascio ovale (del Flechsig) è costituito dai rami discendenti di divisione 54 Midollo spinale ___________________________________________________________________________ delle fibre radicolari posteriori, i rami ascendenti delle quali sono entrati nel fascicolo gracile (del Goll) o nel fascicolo cuneato (del Burdach). Esso, nel suo decorso verso il basso, cede costantemente fibre che si addentrano nel corno posteriore del midollo spinale. 5. Il fascio a virgola (dello Schultze), in alto, è posto nella parte centrale del cordone posteriore del midollo spinale, tra il fascicolo gracile (del Goll) ed il fascicolo cuneato (del Burdach); in basso, trovasi lateralmente al fascicolo gracile (del Goll). Esso è particolarmente sviluppato in corrispondenza del rigonfiamento cervicale e di quello lombare del midollo spinale. Il fascio a virgola (dello Schultze) è anch'esso formato, analogamente al fascio ovale (del Flechsig), dai rami discendenti di divisione delle fibre radicolari posteriori i cui rami ascendenti hanno costituito il fascicolo gracile (del Goll) o il fascicolo cuneato (del Burdach). Lungo il suo cammino discendente, esso cede via via fibre che passano nel corno posteriore del midollo spinale. Canale centrale del midollo spinale Il midollo spinale ha come sua cavità il canale centrale del midollo spinale (o canale dell’ependima) che, scavato al centro della commessura grigia, lo percorre assialmente per tutta la lunghezza. Il canale centrale del midollo spinale è sottilissimo, spesso in alcuni punti è anche obliterato. Esso in alto si continua, per un certo tratto, entro il midollo allungato e si apre poi nel IV ventricolo. Inferiormente termina a fondo cieco in corrispondenza del cono midollare del midollo spinale, dove forma una dilatazione, che è detta ventricolo terminale (del Krause). Contiene liquido cefalo-rachidiano. Il canale centrale del midollo spinale è rivestito dell’ependima, strato di cellule cilindriche di natura gliale. 55 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ Tono muscolare Per tono muscolare si intende quel certo grado di tensione in cui si trovano normalmente i muscoli in condizione di riposo. I meccanismi che provvedono all’innervazione tonica dei muscoli sono molto complessi e tutt’ora non del tutto noti. La primitiva ipotesi che il tono fosse dovuto esclusivamente ad un’attività automatica del midollo spinale è caduta in seguito all’osservazione di numerosi dati della fisiologia sperimentale e dell’anatomia clinica, dai quali risulta in modo indubbio la natura riflessa del tono muscolare. Il midollo spinale rappresenta certamente uno degli organi più importanti in cui vengono elaborati i meccanismi regolatori del tono muscolare; esiste, in altri termini, un tono spinale il quale, come ho riferito altrove, è mantenuto da quegli eccitamenti, lievi ma continui, che partendo dalla periferia e risalendo lungo il neurone afferente, si trasmettono al neurone efferente percorrendo tutto l’arco diastaltico. Gli stimoli riflessogeni che provvedono al mantenimento del tono muscolare prendono origine, in massima parte, nella muscolatura e nei tendini (i cui recettori sono rappresentati dai fusi muscolari e dagli organi tendinei di Golgi), cioè nell’interno L’anestesia del muscolare corpo, onde mediante vengono iniezione detti di stimoli novocaina propriocettivi. nel muscolo, l’interruzione dell’arco diastaltico nella sua porzione afferente, mediante il taglio sperimentale o per effetto di lesioni patologiche delle radici posteriori, determinano una notevole diminuzione del tono muscolare. Studi recenti di GRANIT e della sua scuola hanno dimostrato che nelle corna anteriori del midollo spinale esistono cellule destinate all’innervazione fasica dei muscoli, quindi alla funzione motoria, dette cellule alfa, e cellule più piccole deputate all’innervazione tonica, dette cellule gamma. Le fibre che prendono origine da queste ultime (fibre gamma) vanno ad innervare i fusi muscolari ai quali inviano continuamente deboli impulsi, che dai fusi vengono poi trasmessi; tramite le radici posteriori, ad altre cellule delle corna anteriori che innervano le fibre muscolari contrattili. Il tono muscolare di riposo è dunque mantenuto 57 da questa circolazione continua di deboli impulsi che partendo dalle cellule gamma delle corna anteriori raggiungono i fusi muscolari e attraverso le radici posteriori ritornano alle corna anteriori e di qui ai muscoli. Il tono di un muscolo non dipende però soltanto dai suoi stimoli propriocettivi ma è influenzato altresì da impulsi che prendono origine in altre parti del corpo. Fra questi hanno notevole importanza certi stimoli propriocettivi che, come ho già accennato, provengono dalla muscolatura del collo. In determinate condizioni patologiche o sperimentali, infatti, - in modo particolare negli animali decerebrati e, in patologia umana, nei malati affetti da lesioni che realizzano, più o meno completamente, un quadro analogo a quello della decerebrazione sperimentale - i cambiamenti di posizione della testa provocano delle variazioni nella distribuzione del tono muscolare degli arti (riflessi tonici del collo di MAGNUS e DE KLEYN). Il centro di questi riflessi tonici del collo è situato nei primi due segmenti del midollo cervicale. Altra sorgente di impulsi tonoregolatori è rappresentata dal labirinto, e precisamente dal sistema degli otoliti. Gli spostamenti degli otiliti, provocati dai mutamenti di posizione della testa nello spazio, danno luogo a reazioni riflesse che si manifestano con variazioni nella distribuzione del tono fra i vari muscoli del corpo. A questo gruppo di reazioni di origine labirintica appartengono i riflessi tonici di posizione degli arti, i riflessi dì raddrizzamento che permettono di correggere le posizioni abnormi del corpo, le posizioni di compenso degli 58 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ occhi. Tutti questi meccanismi tonogenetici sono di natura riflessa. Nei vertebrati inferiori tali meccanismi si svolgono quasi esclusivamente nel midollo spinale; nei vertebrati superiori, e principalmente nell’uomo, acquistano importanza prevalente altri meccanismi riflessi sopramidollari, i cui centri sono situati in vari piani del tronco encefalico e dell’encefalo. Gli stimoli propriocettivi destinati a raggiungere tali centri decorrono principalmente lungo i cordoni posteriori del midollo spinale. L’interruzione, sperimentale o patologica, dei cordoni posteriori determina, infatti, diminuzione del tono muscolare. Uno dei meccanismi sopramidollari di maggiore importanza per il controllo del tono muscolare è attuato dalla formazione probabilmente, anche dalle cellule delle olive reticolare bulbopontina, e, bulbari. È accertato che nella formazione reticolare del tronco encefalico esistono neuroni ad azione facilitante ed altri ad azione inibente sul tono muscolare, o, più esattamente, sui neuroni alfa e gamma del midollo spinale. Altri centri tono regolatori, alcuni facilitatori altri inibitori, aventi la funzione di regolare la distribuzione del tono tra i vari gruppi muscolari, sono variamente distribuiti nel tronco encefalico, particolarmente nel mesencefalo. Molti dati della fisiologia sperimentale e della patologia portano ad attribuire al nucleo rosso ed alla substantia nigra notevole importanza in questa funzione regolatrice del tono muscolare. Nei quadrupedi, il nucleo rosso - e precisamente la sua porzione magnocellulare - esplica un’azione inibitrice sull’innervazione statica, cioè tonogena, del midollo spinale; nell’uomo - in cui la porzione magnocellulare del nucleo rosso è rudimentale, mentre è molto sviluppata la porzione parvicellulare - l’azione tonoregolatrice del nucleo rosso è senza dubbio assai differente, e probabilmente meno importante, che negli animali, funzione tonoregolatrice, e precisamente inibitrice sull’innervazione statica, nell’uomo, sembra doversi attribuire alla sostanza nera del mesencefalo. Nelle malattie che colpiscono i nuclei del corpo striato (nucleo caudato, putamen, soprattutto pallido) si osservano con grandissima frequenza disturbi del tono muscolare, onde tali nuclei sono considerati come una delle stazioni più alte del complesso sistema regolatore del tono. La fisiologia 59 sperimentale, che ci ha fornito tanti dati di fondamentale importanza per la conoscenza dei meccanismi tonoregolatori del midollo spinale e del tronco encefalico, è stata assai meno prodiga di notizie circa le funzioni del corpo striato. Più utili, a questo riguardo, sono i documenti dell’anatomia clinica, sebbene le lesioni patologiche ben di rado siano così rigorosamente elettive da permetterci di trarre delle conclusioni sicure. Un’azione inibitoria sul tono muscolare da parte del putamen si può ritenere dimostrata, fra l’altro, dalla rigidità che si osserva nelle distruzioni di tale organo, per esempio nel morbo di Wilson. Se, poi, al neostriato spetti una funzione puramente tonoinibitoria sul pallido (FÖSTER) o se da esso giungano al pallido impulsi sia inibitori sia eccitatori (C. e O. VOGT), è questione ancora controversa. Azione regolatrice sul tono muscolare è esercitata, come abbiamo visto in altro capitolo, anche dalla corteccia cerebrale, soprattutto nei primati e nell’uomo. Le nostre conoscenze sui meccanismi tonoregolatori corticali si sono andate modificando negli ultimi tempi soprattutto per opera delle ricerche sperimentali di DUSSER DE BARENNE, HINES, TOWER e di altri neurofisiologi americani. Alla tradizionale concezione che attribuiva al sistema piramidale una duplice azione, eccitatoria sulla motilità volontaria e inibitoria sul tono muscolare e sui riflessi, si è andato sostituendo un diverso modo di intendere la partecipazione della corteccia cerebrale al meccanismo del tono muscolare e dei riflessi. L’esperimento ha dimostrato, infatti, che l’asportazione della sola area 4 della corteccia frontale - che rappresenta, come è noto, la «zona motoria» in senso stretto, e che contiene quelle cellule giganti di Betz che sono le cellule di origine del fascio piramidale sensu stricto - produce paralisi senza aumento del tono muscolare, anzi con una certa diminuzione del tono. Se, però, la distruzione dell’area 4 è seguita, dopo un certo tempo, dalla demolizione dell’area 6, situata anteriormente alla prima, la paralisi flaccida si trasforma subito in paralisi spastica. La sola asportazione dell’area 6, d’altra parte, produce una certa ipertonia, meno accentuata, però, di quella che segue all’asportazione dell’area 6 e dell’area 4. Ora, mentre l’area 4 è, come si è detto, l’area corticale dalla quale prende origine il fascio piramidale, l’area 6, invece, appartiene al sistema extrapiramidale. L’aumento del tono muscolare 60 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ che accompagna le emiplegie sarebbe quindi dovuto ad un interessamento non già del sistema piramidale, bensì di elementi extrapiramidali. Fra questi elementi vanno probabilmente annoverati il fascio fronto-pontino, decorrente nel braccio anteriore della capsula interna, ed il fascio temporo-pontino, oltre a quel contingente di fibre che dalla corteccia frontale premotoria (area 6) conduce impulsi al corpo striato ed è in rapporto con le varie formazioni extrapiramidali del mesencefalo. Il decorso delle vie extrapiramidali nel midollo spinale non è ben noto; è molto probabile che, nell’uomo, esse decorrano affiancate e frammiste alle fibre piramidali, per cui a queste ultime viene abitualmente attribuito anche ciò che spetta alle fibre extrapiramidali. Da qui l’appellativo di «piramidale» a quella spasticità con iperreflessia che segue alle lesioni di un fascio che contiene anche fibre di origine diversa. Assai discusso è il problema della funzione tonoregolatrice del cervelletto. Secondo LUCIANI al cervelletto spetterebbe una funzione tonogena, negata invece da MAGNUS e da RADEMAKER i quali sostengono che le lesioni distruttive di questo organo sono seguite non già da ipotonia, bensì da una particolare forma di ipertonia. Il problema è indubbiamente assai complesso, e - come è esposto più diffusamente nel capitolo dedicato alla fisiologia cerebellare - non si risolve con una formula semplicemente affermativa o negativa. Nel meccanismo del tono muscolare il cervelletto interviene ora facilitando, ora inibendo, secondo lo stato in cui si trovano i muscoli. Se certi riflessi che comportano un aumento del tono in determinati gruppi di muscoli si fanno più evidenti nelle lesioni del cervelletto, non è men vero che nei cerebellari i muscoli in riposo si presentano ipotonici. Quanto all’esistenza di una partecipazione del sistema nervoso vegetativo alla regolazione del tono muscolare, ipotizzata da BOTTAZZI, oggi non è più ammessa. Si può ritenere ormai accertato che ogni azione tonogena del sistema autonomo si esplica esclusivamente attraverso un meccanismo indiretto, vasomotorio. 61 Semeiologia del tono muscolare Le modificazioni del tono muscolare si giudicano abitualmente, al letto del malato, sia saggiando, mediante la palpazione, la compattezza delle masse muscolari, sia valutando la resistenza che gli arti oppongono ai movimenti passivi. Per la valutazione quantitativa del tono muscolare sono stati escogitati vari metodi strumentali, per lo più meccanici, quasi tutti di modesta utilità. Del tutto diverso ed originale, e molto più esatto dei precedenti, è il metodo matematico-elettromiografico di TOKIZANE, il quale si propone di studiare il comportamento delle unità motorie durante diversi gradi di contrazione muscolare. Con tale tecnica, servendosi di aghi-elettrodi coassiali per la registrazione elettromiografica delle singole unità motorie e di un complesso procedimento matematico per l’elaborazione dei risultati dell’indagine elettromiografica, TOKIZANE ha potuto anzitutto confermare su moltissimi muscoli dell’uomo i concetti espressi da GRANIT e coll. sull’esistenza, in ogni singolo muscolo, di due tipi di unità motorie: le une di tipo fasico, caratterizzate da una frequenza di scarica relativamente elevata e da una fluttuazione dell’intervallo di scarica relativamente stabile, responsabile dei movimenti rapidi, l’altra di tipo tonico caratterizzata da una frequenza di scarica minore e da una minore stabilità della fluttuazione media, responsabile delle contrazioni lente a lungo mantenute, pervenendo così al concetto che nelle contrazioni rapide e più manifestamente volontarie interviene in prevalenza l’unità neuromotoria cinetica e fasica, mentre nelle contrazioni lente e sostenute, con un più spiccato carattere di automaticità e quindi in chiaro rapporto con lo stato tonico del muscolo, funziona prevalentemente l’unità neuromotoria tonica. Inoltre l’intervallo di scarica di una unità motoria varia in rapporto, fino ad un certo punto costante, con l’entità della contrazione; vale a dire che anche per uno stato di contrazione relativamente stabile i singoli intervalli di scarica non risultano mai perfettamente uguali pur essendo il suddetto intervallo più lungo per deboli e sostenute contrazioni, e più breve per contrazioni rapide. L’elaborazione matematica dei dati raccolti da punti 62 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ diversi del muscolo e durante diversi gradi di contrazione muscolare su un elevato numero di unità motorie permette di stabilire un rapporto tra l’intensità e la durata della contrazione. Da questo studio risulta che tutti i muscoli posseggono elementi fasici ed elementi tonici con prevalenze distrettuali dell’uno o dell’altro tipo di unità motorie strettamente legati alla precipua funzione di ogni muscolo: massima fasicità dei piccoli muscoli più strettamente deputati alle funzioni squisitamente volontarie, massima tonicità dei muscoli preposti a funzioni automatizzate. L’applicazione del metodo alla patologia permette di differenziare vari stati di ipertonia muscolare fin qui valutati soltanto in base a criteri clinico-descrittivi. L’interruzione delle vie afferenti attraverso cui passano gli impulsi propriocettivi (radici posteriori, cordoni posteriori del midollo) produce diminuzione del tono muscolare, cioè ipotonia: i muscoli appaiono meno compatti che di norma ed oppongono una minima resistenza ai movimenti passivi, così da permettere ai vari segmenti degli arti delle escursioni abnormemente ampie. Nelle lesioni del neurone periferico di moto (corna anteriori del midollo, radici anteriori, nervi motori) la flaccidità muscolare è ancora aggravata dalle atrofie, e l’ipotonia raggiunge i gradi estremi. Si può parlare, in questi casi, di una vera atonia muscolare. In certe malattie del sistema extrapiramidale, in modo particolare nelle sindromi coreiche, si osserva una ipotonia muscolare che, di solito, si traduce con una eccessiva estensibilità dei muscoli ma senza modificazioni importanti della compattezza delle masse muscolari. Una forma particolare di ipotonia è quella che si osserva nelle lesioni del cervelletto: le masse muscolari non presentano alcuna modificazione della loro compattezza; la resistenza ai movimenti passivi è diminuita; gli scuotimenti trasmessi da un segmento all’altro di un arto determinano oscillazioni particolarmente ampie («passività cerebellare»); nell’esecuzione dei movimenti è notevolmente diminuita la resistenza dei muscoli antagonisti. Per una più completa descrizione della semeiotica dell’ipotonia cerebellare rimando al capitolo sul cervelletto. L’ipertonia, cioè l’aumento del tono 63 muscolare, può essere dovuta all’interruzione delle influenze tonoinibitoria normalmente esercitate dal sistema di moto centrale comprendente, come si è detto, accanto alle cellule giganti dell’area motoria ed alle fibre che ne derivano, quel complesso di centri e di vie che costituiscono il cosiddetto sistema extrapiramidale. Nelle pagine precedenti ho ricordato che le lesioni circoscritte dell’area 4 della corteccia frontale, da cui partono le fibre che vanno a costituire il fascio piramidale in senso stretto, non producono ipertonia, bensì ipotonia muscolare, e che si ha ipertonia soltanto quando la lesione si estende all’area 6, situata anteriormente alla precedente. Ma quando la lesione colpisce non già la corteccia, bensì le vie di moto nel centro ovale, nella capsula interna, nel tronco dell’encefalo o nel midollo, essa interrompe ad un tempo le fibre provenienti dall’area 4 e quelle provenienti dall’area 6 e da tutti gli altri centri tonoregolatori soprastanti la lesione: la sintomatologia clinica sarà quindi la conseguenza dell’interruzione di una quantità di influenze in parte tonogene in parte tonoinibitorie, in parte piramidali in parte extrapiramidali. Ma poiché il massimo sistema della motilità, la via comune attraverso cui scende la maggior parte degli impulsi regolatori del tono, è costituito dalle piramidi e da quei due fasci di fibre decorrenti nei cordoni anteriori e laterali del midollo designati tradizionalmente come fasci piramidali, è valso l’uso di chiamare paralisi piramidale quella che segue all’interruzione delle vie di moto che nell’encefalo e nel midollo formano il fascio piramidale, anche se questo, come s’è ripetutamente detto, contiene un abbondante contingente di fibre extrapiramidali. Queste paralisi si accompagnano abitualmente ad un particolare tipo di ipertonia muscolare. Le lesioni isolate extrapiramidale di taluni (pallido, centri locus tonoregolatori niger), senza appartenenti partecipazione al del sistema fascio piramidale, danno luogo anch’esse ad un aumento del tono muscolare, ma avente caratteri diversi da quelli dell’ipertonia che accompagna le paralisi piramidali. L’ipertonia muscolare che segue alle lesioni «piramidali» (in senso lato) viene detta comunemente spasticità o contrattura, di cui l’esempio più tipico è quello dell’emiplegia capsulare, mentre a quella che si riscontra nelle lesioni dei centri tonoregolatori extrapiramidali si riserva convenzionalmente il nome di rigidità. 64 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ Nella descrizione che segue prendiamo, a titolo di esempio, la spasticità che si osserva negli emiplegici e la rigidità parkinsoniana, che rappresenta la forma più comune e più tipica di ipertonia extrapiramidale. La spasticità non è ugualmente distribuita in tutti i muscoli degli arti: di regola essa prevale nei muscoli flessori agli arti superiori, negli estensori agli arti inferiori. Negli emiplegici, quindi, gli arti presentano abitualmente un’attitudine caratteristica: l’arto superiore è semiflesso in tutti i suoi segmenti e addotto al tronco, l’inferiore esteso. Se si cerca di estendere passivamente l’avambraccio o la mano, si incontra una resistenza assai maggiore che non ai tentativi di flettere l’arto, e ben presto questo tende a riprendere l’attitudine primitiva. Inoltre, tanto nell’arto superiore quanto in quello inferiore, la spasticità - come pure la paralisi - è più accentuata nel segmento distale che in quello prossimale. Nell’ipertonia parkinsoniana, l’aumento del tono muscolare è pressapoco uniformemente distribuito in tutti i segmenti dell’arto. Una certa prevalenza in alcuni gruppi muscolari, in realtà, si osserva anche nelle ipertonie extrapiramidali, ma, in generale, l’ipertonia è assai meno selettiva che nelle sindromi piramidali. Gli arti, quindi, presentano una certa plasticità o adattabilità ai cambiamenti di posizione che manca, o è assai minore, nelle contratture. Oltre a questi caratteri intrinseci, esistono altri caratteri estrinseci che permettono, generalmente, di differenziare la spasticità dalla rigidità extrapiramidale. La prima è accompagnata quasi costantemente da paralisi più o meno grave (ma non sempre proporzionale al grado della contrattura) e da modificazioni dei riflessi tendineo-periostei e cutanei: esagerazione dei primi, spesso abolizione dei secondi con inversione del riflesso plantare. Nelle ipertonie extrapiramidali, al contrario, non vi sono, di regola, né paralisi né modificazioni dei riflessi tendinei e cutanei; si riscontra, invece, l’accentuazione dei cosiddetti riflessi di postura (o, più esattamente, riflessi di fissazione e di opposizione): se si modifica passivamente la posizione di un segmento di un arto si constata la comparsa di una contrazione attiva dei muscoli i cui capi articolari sono stati, durante tale manovra, ravvicinati, contrazione attiva che tende a fissare l’arto nella nuova posizione assunta (riflesso di fissazione); il 65 tentativo di ricondurre l’arto nella posizione primitiva provoca la comparsa di una contrazione nei muscoli antagonisti (riflesso di opposizione). Infine, si può mettere in evidenza il fenomeno della troclea o ruota dentata di C. NEGRO, squisito fenomeno movimenti rivelatore passivi di un delle arto, ipertonie per extrapiramidali: esempio durante durante i l’estensione dell’avambraccio sul braccio, il muscolo che, per effetto di tale manovra, viene allungato (nel caso particolare il bicipite brachiale), non si decontrae in modo uniforme, bensì a scatti, en saccade, come se i capi articolari fossero ingranati in una ruota dentata. Il fenomeno della troclea dentata è particolarmente evidente al gomito, al polso (segno del polso di Froment), alla spalla, ma può essere provocabile anche in altri distretti, per esempio nei muscoli oculari durante i movimenti di lateralità degli occhi, nei muscoli toraco-addominali durante i movimenti respiratori. Vi sono, poi, delle forme di ipertonia, dovute a lesioni del sistema extrapiramidale, caratterizzate dal fatto che l’aumento del tono muscolare non è costante, ma variabile in rapporto agli atteggiamenti del corpo o dei suoi segmenti. Si tratta quindi, più che di vere ipertonie, di distonie. La forma più tipica di queste distonie di attitudine è rappresentata dallo spasmo di torsione. In condizione di riposo gli arti non presentano apprezzabili modificazioni del tono muscolare; ma non appena il malato assume un particolare atteggiamento o compie un’azione, per esempio nella stazione eretta o durante il cammino, insorgono degli spasmi in certi gruppi muscolari che determinano degli atteggiamenti coatti tali da disturbare gravemente l’equilibrio statico della muscolatura scheletrica e da ostacolare i movimenti. Una forma particolare di distonia di attitudine è rappresentata dalle pose ginniche descritte da DE LISI nel morbo di Wilson: nella stazione eretta la distribuzione del tono muscolare del tronco e degli arti si modifica in tal modo da far assumere al malato singolari atteggiamenti che ricordano quelli dei ginnasti. Va ricordato, infine, che ipertonie localizzate a limitati gruppi di muscoli possono essere dovute a fatti irritativi dei nervi periferici od alla rottura, in seguito a paralisi, del normale equilibrio statico fra i muscoli di un arto. Queste 66 Tono muscolare ___________________________________________________________________________ forme di ipertonia sono designate anch’esse, come quelle piramidali, col nome di contratture, sebbene il loro meccanismo fisiopatogenetico sia del tutto diverso. Alle ipertonie di origine irritativa appartengono le cosiddette contratture riflesse nevritiche, dovute a processi infiammatori dei nervi, e le contratture antalgiche che si stabiliscono, nelle affezioni dolorose dei nervi o delle articolazioni, con un meccanismo riflesso in modo da fissare l’arto in un atteggiamento meno doloroso. Contratture antalgiche si osservano con una certa frequenza nelle nevralgie sciatiche. Le contratture paralitiche si manifestano in modo puramente passivo nei gruppi muscolari antagonisti ad un muscolo da lungo tempo paralizzato, per esempio nel gastrocnemio nelle paralisi di antica data del tibiale anteriore. 67 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ Encefalopatie infantili Il gruppo delle encefalopatie infantili comprende forme assai diverse per eziologia, per quadro anatomo-patologico e per sintomatologia clinica, aventi in comune il fatto che si manifestano fin dall’infanzia e che lasciano degli esiti per lo più permanenti. In certi casi esse sono l’espressione di un processo patologico - infiammatorio, vasale o traumatico, - che ha colpito il cervello nel periodo prenatale, durante il parto o dopo la nascita; altre volte di una malformazione cerebrale congenita. A differenza delle cerebropatie degli adulti, i danni recati dai processi morbosi che colpiscono il cervello infantile non si limitano, per solito, alla regione distrutta, ma influiscono sullo sviluppo ulteriore delle altre parti dell’encefalo; i disturbi psichici, dalla semplice gracilità mentale all’idiozia grave, sono infatti assai più frequenti nelle encefalopatie infantili che non in quelle che si producono quando il cervello ha già raggiunto il suo pieno sviluppo. EZIOLOGIA E ANATOMIA PATOLOGICA Le cause delle encefalopatie infantili sono varie, esogene e endogene, e differenti sono pure le alterazioni anatomiche; fra cause e lesioni anatomiche, fra queste e sintomatologia clinica vi sono poi rapporti assai meno stretti di quanto generalmente si osserva nella patologia cerebrale degli adulti. Le cause più diverse possono determinare le medesime lesioni cerebrali, e la medesima sintomatologia può dipendere da alterazioni anatomiche notevolmente differenti. Le cause esogene sono rappresentate dalle infezioni, dalle intossicazioni e dai traumi; le une e gli altri possono agire prima della nascita, all’atto della nascita o dopo di essa. Le cause che più spesso agiscono nel periodo prenatale sono quelle di natura infettiva e tossica, con particolare frequenza la sifilide e l’alcoolismo, per lo meno come fattori predisponenti. Tra le malattie infettive e parassitane trasmissibili dalla madre al feto vanno ricordate talune infezioni virali (rosolia) e la toxoplasmosi, causa di una 68 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ particolare forma di encefalite congenita. Fra le intossicazioni, l’alcoolismo dei genitori e l’intossicazione eclamptica occupano, per frequenza, i primi posti. Per quanto riguarda l’alcoolismo, sembra che esso agisca specialmente come intossicazione acuta paterna nel momento del concepimento, ma è probabile che anche l’alcoolismo cronico materno debba avere un’importanza forse altrettanto grande. Un interesse particolare meritano i traumi che avvengono durante la nascita. I parti distocici, l’applicazione del forcipe, l’asfissia dovuta a parti troppo prolungati od a compressioni per avvolgimento del cordone ombelicale attorno al collo (secondo SCHWÀRZ anche l’improvvisa differenza fra la pressione endouterina e la pressione atmosferica) possono esser causa di emorragie o di lesioni ischemiche cerebrali. Fra le cause che agiscono dopo la nascita vanno ricordati, oltre i traumi cranici, quasi tutte le malattie infettive dell’infanzia (scarlattina, morbillo, tifo, pertosse, ecc.). Il loro meccanismo d’azione non è sempre lo stesso in tutti i casi: a volte si tratta di encefaliti virali o metastatiche, cioè di processi infiammatori dovuti alla metastasi cerebrale del medesimo agente infettivo della malattia fondamentale, altre volte di processi tossici dovuti ai prodotti del metabolismo dei germi infettivi od a complicazioni, soprattutto renali. Non di rado, poi, la lesione cerebrale è secondaria ad alterazioni circolatorie (trombosi dei seni, embolie da endocardite). Le cause endogene sono anch’esse assai numerose e varie. A cause endogene dobbiamo attribuire le malformazioni congenite, cioè le deviazioni dalla normale morfologia dell’encefalo o di una sua parte, sebbene molte di queste malformazioni congenite siano tali solo in apparenza, che in non pochi casi esse possono dipendere da traumi subiti dall’utero materno durante la gestazione. Particolare interesse ed importanza hanno assunto gli studi sull’ittero nucleare dei neonati (particolare forma di ittero accompagnata a gravi alterazioni istopatologiche dei nuclei della base) e sull’intervento del fattore Rh nella patogensi di certe encefalopatie infantili. Ricordiamo che l’incompatibilità Rh tra madre e feto (presenza di fattore Rh positivo, ereditato dal padre, nel prodotto del concepimento di una donna con fattore Rh 69 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ negativo) può determinare, nel figlio, poco dopo la nascita, un grave ittero emolitico con alterazioni cerebrali, particolarmente nei nuclei della base (donde il nome di ittero nucleare), responsabili, quando il bambino sopravvive, di una sindrome extrapiramidale per solito piuttosto grave. Va poi ricordato un vasto gruppo di fattori patogenetici di sofferenze congenite del sistema nervoso, particolarmente dell’encefalo, rappresentate dai diversi disturbi metabolici: amaurotica, del dismetabolismo gargoilismo, della lipidico malattia (responsabile di dell’idiozia Niemann-Pick), proteico (oligofrenia fenil-piruvica), pigmentoso (malattia di Hallervorden-Spatz); e, infine, il gruppo delle malformazioni neoplastiche o facomatosi (sclerosi tuberosa, malattia di Sturge-Weber). Dal punto di vista anatomo-patologico possiamo distinguere le seguenti forme principali di encefalopatie infantili: le malformazioni, le encefaliti, le emorragie, le sclerosi, gli idrocefali; si tenga presente, però, che non si tratta sempre di processi patogeneticamente indipendenti. Le malformazioni più gravi sono rappresentate dall’anencefalia totale o parziale, spesso accompagnata dalla mancanza della volta cranica (acrania). Le anencefalie non hanno generalmente interesse clinico perché il neonato soccombe quasi sempre durante le prime ore o i primi giorni di vita. Più importante è il cefalocele, cioè la protrusione di una parte dell’encefalo attraverso un difetto congenito delle ossa craniche. Il cefalocele non è incompatibile con la vita dell’individuo, ma spesso la pregiudica esponendolo facilmente ai traumi. Meno grave è il meningocele, consistente nella protrusione, attraverso un difetto osseo, di una vescica formata dalle meningi e piena di liquido cefalo-rachidiano. Spesso queste malformazioni encefaliche si associano a malformazioni vertebrali (spina bifida con o senza meningocele o mielocele) o midollari: mancanza, totale o parziale, del midollo spinale (amielia) o sdoppiamento del midollo (diplomielia). La mancanza congenita dell’encefalo può essere parziale. La mancanza della porzione olfattoria (arinencefalia) e del corpo calloso sono le più frequenti; quest’ultima può essere clinicamente asintomatica e costituire un imprevisto 70 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ reperto di autopsia. Vanno ancora ricordate, fra le malformazioni, le microencefalie e le megaloencefalie. Le microencefalie - che GIACOMINI distingueva in vere e pseudomicroencefalie a seconda che sono dovute a vere malformazioni congenite od a processi patologici prenatali - consistono in un arresto globale di sviluppo, armonico o disarmonico, dell’encefalo; le megaloencefalie in un eccessivo sviluppo di un emisfero o di tutto l’encefalo. Le poro-encefalie consistono nella formazione, alla superficie degli emisferi cerebrali, di cavità imbutiformi attorno alle quali le circonvoluzioni si presentano disposte a raggiera; le cavità comunicano generalmente con i ventricoli cerebrali. È molto probabile che queste malformazioni, o almeno la maggior parte di esse, siano la conseguenza di processi patologici di natura vasale. Le microgirie (abnorme sottigliezza delle circonvoluzioni cerebrali) e le agirie (mancanza di alcune circonvoluzioni) sono malformazioni congenite dovute generalmente a difetti evolutivi. Le cause delle malformazioni congenite encefaliche sono varie: l’azione dei raggi Roentgen sull’embrione per irradiazione dell’addome materno in casi di malattie ginecologiche, causa di microcefalia; certe malattie infettive della madre nel corso della gravidanza, specialmente la rosolia e la toxoplasmosi; la sifilide nervosa congenita; l’incompatibilità del sangue materno e fetale in rapporto al fattore Rh, causa dell’ittero dei neonati e di differenti malattie del sistema nervoso; azioni di tossici e di squilibri ormonali della madre incinta (particolarmente abuso di vitamina D 2, come è stato dimostrato da ricerche sperimentali sugli animali); va infine ricordata l’azione di taluni farmaci, particolarmente la talidomide, causa di gravi malformazioni congenite degli arti (focomelia). Le encefaliti dell’infanzia possono dipendere da cause infettive diverse che colpiscono, di solito, l’encefalo e le meningi; è quindi più esatto parlare di meningoencefaliti. Grande parte di quelle affezioni acute dell’infanzia che vengono comunemente diagnosticate come meningiti sono in realtà delle meningoencefaliti, la cui sintomatologia (convulsioni, paralisi) è dovuta più alla lesione cerebrale che a quella delle meningi. Il processo infiammatorio può 71 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ essere diffuso, ma più spesso è limitato o più pronunciato in una parte dell’encefalo, particolarmente nei lobi frontali. Questi processi portano spesso all’atrofia e alla sclerosi di più o meno ampie porzioni dell’encefalo; atrofia e sclerosi che possono rivestire aspetti diversi e che qualche volta sono difficilmente differenziabili dalle malformazioni congenite: microgirie, poroencefalie. Ciò può essere spiegato (e questo vale anche per gli esiti di processi emorragici o malarici del cervello infantile e soprattutto fetale) col fatto, su cui ha giustamente insistito HALLERVORDEN, che una delle particolarità delle lesioni cerebrali infantili è la scarsità della reazione cicatriziale ai processi distruttivi degli emisferi - nei quali la capacità di reazione nevroglica si sviluppa lentamente - e l’abbondanza di tale reazione nel tronco encefalico e nel cervelletto - dove tale capacità si sviluppa più precocemente -. Il tessuto sclerotico è costituito da una fitta cicatrice nevroglica; le meningi, notevolmente ispessite e molto vascolarizzate, aderiscono tenacemente in più punti alla corteccia cerebrale. L’atrofia del tessuto nervoso porta ad una dilatazione secondaria dei ventricoli cerebrali. Un altro aspetto caratteristico di questi processi che conducono all’atrofia di una porzione più o meno ampia di tessuto nervoso è l’ipertrofia vicaria di altre formazioni encefaliche, per esempio, l’ipertrofia di un fascio piramidale in seguito alla distruzione del fascio piramidale contro-laterale, l’ipertrofia di tutto un emisfero in seguito all’atrofia dell’emisfero opposto. Le emorragie cerebrali infantili possono essere dovute a processi infiammatori o traumatici. A volte si tratta di emorragie piuttosto ampie che portano alla formazione di un rammollimento, di una cisti o di una cicatrice gliale; altre volte i focolai emorragici sono piccoli, puntiformi, numerosi. La cosiddetta encefalite dei neonati di Virchow non è altro che un processo emorragico dovuto al trauma del parto, nel quale il fatto infiammatorio non è primitivo (per cui il termine encefalite è, anatomicamente parlando, inesatto) bensì secondario alla presenza delle emorragie. In questa forma si trova un grande numero di cellule granulo-adipose. Fra le alterazioni circolatorie vanno ancora ricordati gli emboli dovuti ad endocardite e le trombosi delle vene cerebrali e dei seni della dura madre. 72 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ Le sclerosi, conseguenze frequenti di processi encefalitici, possono interessare un intero emisfero o limitarsi ad un lobo soltanto. Le circonvoluzioni cerebrali sono assottigliate, tortuose, irregolari; il reperto istopatologico è rappresentato da una intensa ipertrofia nevroglica e da una rarefazione, che può giungere alla scomparsa completa delle cellule nervose. Una forma particolare di sclerosi cerebrale è la sclerosi lobare circoscritta di Bielschowsky la quale colpisce elettivamente gli strati esterni della corteccia ed i centri sottocorticali, rispettando i neuroni del fascio piramidale. Un aspetto anatomico particolare, che si riscontra quasi esclusivamente nella patologia infantile è lo stato marmorato (état marbré) di C. VOGT: consiste in una ipermielinizzazione irregolare del tessuto nervoso, particolarmente del nucleo caudato e del putamen, più di rado del talamo. Un’alterazione analoga sono le placche fibromieliniche della corteccia, che consistono in una ipermielinizzazione di piccole aree atrofiche della corteccia cerebrale e che si riscontrano per solito nei casi in cui esiste uno stato marmorato dello striato. Del tutto opposto è lo stato demielinizzato dello striato: demielinizzazione più o meno completa del putamen e del pallido. A questi quadri anatomici corrisponde, come vedremo, una sintomatologia clinica caratteristica. Le atrofie corticali portano spesso, come abbiamo detto, alla formazione di dilatazioni secondarie dei ventricoli cerebrali (idrocefalo interno secondario) queste dilatazioni ventricolari possono essere, però, primitive, cioè indipendenti dall’atrofia del mantello cerebrale, e si parla allora di idrocefalo interno primitivo. L’idrocefalo interno primitivo può essere congenito o insorgere durante la prima infanzia. La sifilide ereditaria ne è una causa assai frequente, ma sicuramente non la sola. L’idrocefalo primitivo può essere dovuto all’occlusione dei fori di Luschka e di Magendie e quindi alla mancanza di comunicazione fra i ventricoli cerebrali e gli spazi subaracnoidei (idrocefalo occlusivo), oppure ad una eccessiva produzione di liquido cefalorachidiano (idrocefalo ipersecretivo). In seguito a questo ristagno di liquido l’encefalo può assumere dimensioni enormi; il mantello cerebrale, compresso dal liquido ventricolare, si assottiglia riducendosi, in qualche caso particolarmente grave, ad una sottile lamina di sostanza nervosa. L’idrocefalo congenito è spesso 73 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ accompagnato da altre malformazioni, specialmente dalla spina bifida e dal meningocele. Alterazioni istopatologiche del tutto caratteristiche costituiscono il quadro anatomico dell’idiozia amaurotica e della sclerosi tuberosa, di cui sarà detto in seguito. SINTOMATOLOGIA E FORME CLINICHE La sintomatologia delle encefalopatie infantili è estremamente varia per caratteri e per gravita dei sintomi. L’espressione “paralisi celebrale infantile”, con la quale si designano molte di queste cerebropatie, deve essere riservata a quelle forme nelle quali predominano i sintomi della serie piramidale; e queste sono indubbiamente le più frequenti. Ma nel quadro clinico delle encefalopatie dell’infanzia entrano sindromi molto diverse, nelle quali predominano ora i sintomi piramidali, ora quelli della serie extrapiramidale, ora difetti di evoluzione psichica, ora fenomeni convulsivi. La descrizione che segue si riferisce ad alcune tra le più frequenti o caratteristiche di queste sindromi tenendo presente che si possono osservare anche forme nelle quali le diverse sindromi si trovano associate. Emiplegia.- L’emiplegia infantile, dovuta generalmente a processi acuti, encefalitici o emorragici, si manifesta dapprima con i caratteri della flaccidità, ma in seguito diventa fortemente spastica. Il braccio è addotto al torace, l’avambraccio fortemente flesso, la mano flessa con le dita chiuse a pugno od iperestese; l’arto inferiore è esteso o leggermente flesso nell’articolazione del ginocchio; il piede è spesso iperesteso e ruotato all’interno, con atteggiamento varo-equino. I riflessi profondi sono notevolmente accentuati, gli addominali indeboliti o aboliti, il fenomeno di Babinski è costante. La paralisi è generalmente più grave all’arto superiore che a quello inferiore. Uno dei caratteri che differenziano l’emiplegia infantile da quella che insorge negli adulti è l’ipoplasia globale degli arti colpiti dalla paralisi, dovuta all’insufficiente apporto di stimoli trofici dai centri cerebrali. L’emiplegia può essere parziale, cioè limitata cioè ad un solo arto (monoplegia): anche in questi casi, però, non è raro riscontrare una 74 Encefalopatie infantili ___________________________________________________________________________ accentuazione dei riflessi profondi anche nell’altro arto del medesimo lato. I disturbi sensitivi sono rarissimi. Assai più rara che negli adulti è altresì l’afasia nelle emiplegie destre, probabilmente per una supplenza funzionale dell’emisfero destro. Relativamente frequente, invece, è l’associazione di emiplegia ed epilessia. Questa può manifestarsi con i caratteri dell’epilessia jacksoniana_o con convulsioni generalizzate. In questo secondo caso essa differisce generalmente dall’epilessia cosiddetta essenziale, cioè non riferibile ad alterazioni cerebrali grossolane, per l’asimmetria delle manifestazioni motorie: molto più frequente è l’inizio della crisi convulsiva con deviazione coniugata del capo e degli occhi, la prevalenza delle contrazioni muscolari da un lato (talora dal lato emiplegico), la diversa distribuzione della fase tonica e di quella clonica fra i due lati. I disturbi psichici sono anch’essi molto frequenti, ma non costanti né proporzionali, per intensità, alla gravita dei fatti paralitici. Essi consistono, naturalmente, in un arresto od in un difetto di evoluzione, cioè in una oligofrenia. Questa può essere più o meno grave, dalla semplice gracilità mentale alla profonda idiozia. Non sono infrequenti, nelle emiplegie infantili, sintomi extrapiramidali, soprattutto l’emicorea e l’emiatetosi; queste si manifestano però, di solito, in quei casi nei quali la paralisi e la contrattura non sono molto accentuate. Diplegia.- La diplegia, o doppia emiplegia, è molto più frequente nelle cerebropatie infantili che in quelle degli adulti. Le paralisi hanno i medesimi caratteri che si riscontrano nell’emiplegia: spasticità, esagerazione dei riflessi tendinei, fenomeno di Babinski. La paralisi è quasi sempre più grave agli arti superiori che a quelli inferiori, ed è accompagnata frequentemente da sintomi dovuti all’interruzione delle fibre di proiezione corticale destinate ai nuclei bulbari, i quali, come è noto, sono forniti di una innervazione corticale bilaterale. Ne risulta una sindrome pseudobulbare che si manifesta con disturbi della fonazione, dell’articolazione della parola, talvolta della deglutizione. I disturbi psichici sono generalmente più gravi, comunque più frequenti, nelle diplegie che nelle emiplegie. Altrettanto frequente è l’associazione di una diplegia con epilessia o con sintomi extrapiramidali (corea, più spesso atetosi). 75 Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ Perché l’osteopatia L’osteopatia perché è una medicina manuale che cura le DO (Disfunzioni Ostopatiche). La DO si verifica per una perdita della capacità di movimento che compromette l’omeostasi. Still (Kirksville, Virginia, dead 1917) fu il fondatore dell’osteopatia e identificò i principi della metodica: autoguarigione, relazione normale fra parti corporee, condizioni ambientali. L’OCF (O in campo craniale = in cranial field) fu invece approfondita da Sutherland negli anni ‘40. Il concetto fondamentale della osteopatia è l’UC (Unità Corporea) in cui diversi sistemi si integrano in un tutto unico: • sistema muscoloscheletrico (SMS) • sistema nervoso (SN) • sistema autonomo (SA) • sistema fasciale (Sfa) • sistema fluidico (Sfl). Dato che questi sistemi sono intimamente connessi e uniti, la disfunzione di una componente del corpo può influenzare negativamente anche altre parti. La chiave di accesso per la diagnosi e la terapia in ambito osteopatico è il sistema muscoloscheletrico (SMS) perché comunica nei due sensi con tutti gli altri sistemi. Attualmente si parla non più di disfunzione osteopatica, ma di Disfunzione Somatica (DS): essa comprende le alterazioni funzionali dei sistemi tra loro correlati (articolazioni, muscoli, nervi, vasi etc). Alla DIAGNOSI di DS si arriva utilizzando i seguenti 4 criteri: • alterazione tissutale • alterazione del range of moviemnt (ROM) • asimmetria • iperalgesia I test di posizionamento evidenziano le asimmetrie; i test di mobilità attivi e passivi identificano le alterazioni del ROM; i test tissutali riconoscono le alterazione delle qualità tissutali. I test più importanti sono comunque i test di mobilità, che in osteopatia si basano sui concetti di BARRIERE e di PUNTO 77 Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ NEUTRO. BARRIERE - Quando il range di un movimento articolare attivo arriva ai suoi estremi e si arresta si parla di barriera fisiologica. Oltre questo limite, tuttavia, esiste una ulteriore possibilità di movimento, data dalle proprietà elastiche dei tessuti, che consente di andare un pochino oltre ed è detta barriera elastica. Essa è molto vicina alla barriera anatomica, che è il limite estremo del range articolare. Lo spazio tra barriera elastica e anatomica è quello che viene utilizzato per le tecniche ad alta velocità (trust). Quando il ROM è ridotto rispetto alla normalità si parla di barriera patologica, detta anche barriera di restrizione: la mancanza di movimento oltre la barriera patologica costituisce la lesione osteopatica (disfunzione somatica). La barriera di restrizione può trovarsi a livello di diversi tessuti: legamenti, capsula articolare, muscoli, fasce, superfici articolari. Il concetto di "strain legamentoso" di Sutherland viene attualmente esteso non più ai soli legamenti, ma a tutti i tessuti periarticolari e perfino alla mobilità tra cellule del reticolo fibroblastico e alla mobilità tra gli organi interni. PUNTO NEUTRO - Mobilizzando passivamente un’articolazione la resistenza al movimento aumenta mano a mano che ci si avvicina ai gradi estremi. Vi è un punto tra i due estremi del ROM in cui si incontra la minima resistenza al movimento passivo: il PUNTO NEUTRO. L’importanza del punto neutro è estrema, perché è da esso che solitamente si inizia il trattamento osteopatico della DS. Anche le parti in DS, infatti, hanno un punto neutro (in una posizione diversa dal normale, data la riduzione del range articolare), detto punto neutro patologico, in cui si incontra la minima resistenza al movimento passivo. METODO DI TRATTAMENTO OSTEOPATICO - E’ l’approccio di trattamento rispetto alla barriera motoria rilevata. Nel metodo diretto la forza somministrata tenta di portare la barriera di restrizione il più possibile vicino alla barriera fisiologica. Nel metodo diretto di esagerazione la forza viene applicata alla barriera fisiologica residua, cioè nella direzione opposta al movimento perduto. Nel metodo indiretto i segmenti vengono mossi lontano dalle barriere, cioè a livello di punto neutro (ove riscontriamo la minore 78 Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ resistenza e la massima libertà), allo scopo di sfruttare i meccanismi di autoregolazione del paziente. Il trattamento osteopatico utilizza due tipi di forze, dette forze attivanti: la forza ESTRINSECA applicata dall’esterno sul corpo del paziente, oppure la forza INTRINSECA proveniente dal corpo del paziente stesso (es. la respirazione o la sua forza muscolare). Non è noto cosa determini la DS, ma se ne conoscono le seguenti caratteristiche: • stato di facilitazione • interessamento muscolare • interessamento articolare • interessamento tissutale periferico • infiammazione neurogena LE FASCE - Nel corpo umano ci sono 4 sistemi fasciali, la cui origine è riconducibile allo sviluppo embrionale, molto ben studiata da F. Willard (College Of Osteopathic Medicine — University of New England): a) FASCIA PANNICOLARE (Fpan): si trova nel sottocute e comprende grasso e muscoli pellicciai; b) FASCIA ASSIALE (Fass): si trova sotto alla Fpan, origina dalla base cranica, contiene i muscoli assiali del corpo e si estende fino al bacino. Gli arti embriologicamente non si sono compresi perché sviluppano tardivamente e restano quindi compresi nella Fpan (si dice che gli arti “sono appesi al tronco”). La Fass, pur essendo un sistema continuo dalla base cranica al bacino, ha due componenti ( 2 “tubi”) uno anteriore al rachide che contiene i muscoli IPOMERICI (intercostali, prevertebrali del collo e addominali) e uno posteriore che contiene i muscoli EPIMERICI (spinali paravertebrali). Si parla quindi di fascia ipomerica e di fascia epimerica, che costituiscono due differenti unità funzionali. In queste fasce non sono compresi i muscoli joidei e scm, che hanno una innervazione diversa (nervi cranici anziché nervi spinali) e sono parte della regione craniale al di fuori della Fass; c) FASCIA MENINGEA (Fmen): 79 comprende la dura e la Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ pioaracnoide; d) FASCIA VISCERALE (Fvisc): pleure, pericardio e peritoneo Al microscopio il tessuto fasciale appare costituito da elementi cellulari di forma stellata, identificabili come FIBROBLASTI, e dalla matrice intercellulare. I fibroblasti hanno prolungamenti citoplasmatici e giunzioni che li collegano e cambiano a seconda dello stato di tensione del tessuto. Le sollecitazioni meccaniche sono fondamentali nel determinare la formazione di giunzioni tra i fibroblasti e la possibilità di variare le giunzioni facilita l’adattamento del sistema sia in senso patologico che terapeutico: la risposta dinamica dei fibroblasti alle sollecitazioni meccaniche. Insieme al colagene i fibroblasti formano un RETICOLO esteso a tutto il corpo (“body-wide cellular network”) che costituisce una unità funzionale corporea di tensione e sostegno. Le forze applicate al network (sollecitazioni intra ed extracellulari) sono determinanti per la forma e la funzione cellulare (comprese la trasduzione dei segnali e l’espressione genica). Le sollecitazioni meccaniche inducono una riorganizzazione anche microscopica e metabolica del network fibroblastico. E’ verosimile ritenere che le fasce abbiano una capacità contrattile? Ebbene, sì! I fibroblasti sono in grado di esprimere il gene ASMA (alfa-actina del muscolo liscio), nel qual caso la cellula diviene un MIO-FIRROBLASTO, cioè una cellula di transizione tra il firboblasto e una cellula muscolare liscia, dotato di capacità contrattile. L’espressione genica di miofibroblasti è molto elevata nei bambini, poi diminuisce progressivamente, ma può essere patologicamente indotta da forti tensioni meccaniche. LA COMPONENTE FLUIDICA (CF) - Tra le cellule del reticolo esiste uno SPAZIO INTERCELLULARE (interstizio) che è di fondamentale importanza per l’osteopatia. Le pressioni idrostatiche in questo spazio variano in base alle tensioni meccaniche, con conseguente possibile induzione di flogosi, accumulo di fluidi, etc. L’efficacia delle tecniche drenanti dipende da un’azione sull’interstizio. Per COMPONENTE FLUIDICA si intende soprattutto il fluido extracellulare e il sistema linfatico che in esso si trova. La CF sta tra il sistema arterioso e il sistema venoso. In essa avvengono gli scambi metabolici. Il normale 80 Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ funzionamento della CF coincide con un normale stato metabolico tessutale. Il fluido interstiziale ha una direzione, dal polo arterioso a quello venoso e dai vasi più piccoli ai vasi più grandi (in senso disto-prossimale). Nel contesto di questo sistema di TRASPORTO UNIDIREZIONALE dei fluidi dallo spazio interstiziale al circolo sanguigno, è importante che nell’interstizio vi sia una MOTILITÀ CAOTICA dei fluidi, che può essere palpata e distinta dalla MOTILITÀ DIREZIONALE. L’equilibrio fluidico è influenzato dalla composizione e organizzazione della Matrice Extra Cellulare (ECM), che si mantiene ottimale grazie alla motilità caotica. Il variare delle proprietà meccaniche, elastiche, di tensione, di idratazione, compromettono la motilità caotica e determinano stasi fluidica. A sua volta, la stasi facilita l’instaurarsi di un processo flogistico locale. Ogni volta che il SMS perde mobilità c’è anche un rallentamento fluidico e la conseguente facilitazione del processo di flogosi. Molto spesso i fenomeni di stasi si autorisolvono, ma se ciò non accade si stabilisce una DS. Entriamo quindi nel concetto di ALTERAZIONE TISSUTALE, definibile come l’alterazione della ECM nei suoi rapporti con la componente fluidica e cellulare. La ECM è una rete di fibre e polimeri solubili in grado di mantenere la forma del tessuto e assorbire gli stress del movimento. L’ECM esiste in tutti i tessuti, ma cambia composizione da un sistema all’altro. L’ECM sta fra le cellule tessutali e i vasi ed è la sede degli scambi metabolici; contiene elastina collagene e GAG (glucosaminoglicani). I vari tipi di collagene conosciuti (sicuramente 4, ma verosimilmente moti di più) sono specifici per i diversi tessuti; il più frequente nel SMS è il collagene di tipo 2 (cartilagine). Naturalmente, se in un tessuto varia la tipologia del collagene assistiamo ad un’alterazione patologica del tessuto stesso. L’ELASTINA modifica le proprietà meccaniche del tessuto grazie alla formazione di legami molecolari che si allungano e si accorciano. I GAG attirano acqua nella ECM e influenzano la distruzione jonica e la P osmotica dei tessuti. Essi si legano alle INTEGRINE, proteine di membrana che interagiscono esternamente con i GAG e il collagene della matrice extracellulare e internamente alla cellula con le proteine del citoscheletro. Ciò spiega perché alterazioni della matrice, 81 Perché l’osteopatia ___________________________________________________________________________ tramite le integrine, determinino anche modificazioni del citoscheletro e della forma cellulare. Lo stress meccanico influenza la posizione delle integrine e di conseguenza il citoscheletro cellulare; inoltre, modifica l’espressione genetiche delle integrine stesse, della kinasi-focal-adhesion e della condrogenesi. Alterazioni persistenti della ECM inducono processi riparativi che portano alla cronicizzazione delle patologie. Nel turnover della ECM non bisogna dimenticare le vie di segnalazione chimica (i segnali fisici meccanici vengono tradotti in segnali chimici: citochine, grow factors etc.) contribuiscono alla sintesi e al catabolismo della matrice extracellulare, mentre i processi patologici coincidono con un disaccoppiamento tra sintesi e catabolismo (perdita della omeostasi). Lo stretching è una sollecitazione che tipicamente influenza in modo plastico la ECM attivando le citochine e lo stress ossidativo. 82 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ Come si verifica la disfunzione Qual’é l’idea di fondo dell’approccio osteopatico? E quale l’ambito di applicazione in Medicina? L’O si basa su concetti della medicina antica (Esculapio) in cui la cura era purificazione e la salute purezza di origine divina. A Kirksville nel Missouri viene fondata nel 1892 da Still la American School of Osteopathy. Da quella scuola uscì Palmer fondando la chiropratica. L’Osteopatia si basa su alcuni principi di fondo: 1. Il corpo è una unità 2. Il corpo è capace di autoregolazione 3. Struttura e funzione sono reciprocamente correlate 4. Il razionale del trattamento è basato sulla comprensione di questi principi La DISFUNZIONE SOMATICA (DS) determina dolore, attivazione autonoma, induzione delle disfunzioni viscerali e malattie. La DS si caratterizza per uno STRAIN una tensione nel tessuto, che diventa diverso dal tessuto circostante ed è qualcosa che frena il movimento. Denslow nel 1973 dice che la DS include: • alterazioni della qualità tissutale o del tono dei tessuti molli • iperalgesia (con o senza dolore) • asimmetrie anatomiche • disturbo di ampiezza e libertà del movimento articolare L’Osteopatia è una metodica basata sulla palpazione sia per la diagnosi che per il trattamento. Denslow fece degli esperimenti con i primi apparecchi EMG e registrò con ago-elettrodo dei “potenziali di inserzione” con caratteristiche diverse nelle aree normali (brevi, a rapida estinzione) e nelle aree disfunzionali (prolungati e persistenti). Un’ampia varietà di stimoli attiva questi potenziali nelle aree in disfunzione e non nelle aree normali. Questo avviene in conseguenza della innervazione spinale segmentaria e intersegmentaria (riflessi spinali, soglie di eccitabilità, facilitazione dei motoneuroni). Nella DS i motoneuroni sono in un costante stato di attivazione subliminale, che viene definita STATO DI FACILITAZIONE (SDF). E per motoneuroni intendiamo 83 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ non solo gli alfa e gamma, ma anche i neuroni efferenti delle corna intermedie del midollo che appartengono al sistema vegetativo simpatico e parasimpatico. I. Korr si chiese: l’attività simpatica è anch’essa facilitata nei segmenti in lesione? Gli impulsi che mantengono il segmento in SDF sono afferenze di origine endogena che entrano nelle radici dorsali corrispondenti. Potenzialmente, tutte le strutture che ricevono fibre efferenti da quel segmento sono esposte ad eccessiva eccitazione o inibizione. Su Acta Neuroveg. 1964 venne pubblicato lo studio dal titolo: “cutaneous patterns of sympatethic activity in clinical abnormalities pf musculoskeletal system.” La DS è quindi una disfunzione riflessa spinale. Una condizione di iperattività autonoma sostenuta interessante tutto il territorio somitico, cioè uno Stato di Facilitazione e l’attività autonoma solitamente alterata è di tipo simpatico (iperattività ortosimpatica sostenuta). La PALPAZIONE consente di distinguere le aree normali da quelle in disfunzione, cioè in SDF, che presentano una qualità tissutale anormale, iperalgesia e dolorabilità duratura a seguito di un trauma minore (fenomeni del tutto assenti nelle aree norlai). Nel 2006 Longmair 8Pain Physician ha pubblicato il titolo “Regional Sympatethic Dysfunction” sulle disfunzioni simpatico-riflesse. E parliamo ora di IPERALGESIA e di ANORMALITÀ DELLA QUALITÀ TISSUTALE (AQT): sono alterazioni della omeostosi locale in cui i tessuti sono tutti alterati dalla cute alperiostio: cute, fasce, muscoli, sistema linfatico, vasi, etc. L’AQT equivale al “tono dei tessuti molli” ed è uno stravaso fluidico negli spazi extracellulari per fenomeni sostanzialmente di flogosi, rilevabile con la palpazione. E’ il concetto di INFIAMMAZIONE NEUROGENA, che possiamo comprendere grazie alle conoscenze sulla neurofisiologia del sistema sensoriale. Il sistema delle afferenze sensoriali si divide in due parti: una che definiremo sistema A che comprende le fibre mieliniche di grosso calibro (tipo I o A-alfa e tipo II o A-beta) e il sistema B che comprende le fibre di piccolo calibro e amieliniche (tipo III e IV o A-delta e C). Il sistema A ha recettori capsulati e le sue fibre sono di grosso calibro, a bassa 84 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ soglia, dotate di capacità di adattamento (perdita di sensibilità dopo lo stimolo iniziale) e precisa localizzazione dello stimolo (quella che si definisce sensibilità epicritica). I recettori del sistema sono i Pacini, Meissner, Ruffini, Merkel, fusi neuromuscolari, organi tendinei del Golgi, recettori articolari. Come è noto, il recettore ha la funzione di selezionare il tipo di stimolo esterno (pressione, vibrazione, movimento, etc.). Le informazioni viaggiano velocemente verso il centro e arrivano alle aree somatosensoriali retrorolandiche (3,1,2) ove alla nota organizzazione somatotopica delle parti corporee si associa una organizzazione “per gruppi di recettori” in zone successive retrorolandiche. Il sistema A è essenzialmente esterocettivo e propriocettivo. Il sistema B ha come recettori le terminazioni nervose libere, a soglia elevata di attivazione, senza proprietà di adattamento, ridotta localizzazione lo stimolo (quella che si definiva sensibilità protopatica). Le terminazioni libere sono sensibili a tre tipi di energia: meccanica, termica e chimica. Il sistema B è essenzialmente di tipo interocettivo e nocicettivo. Le vie centrali sono diverse da quelle del sistema A e terminano nel lobo limbico. Le fibre nocicettive funzionano con neurotrasmettitori peptidici particolari che vengono rilasciati dalle terminazioni libere: sostanza P, CGRP e Somatostatina. Esse vengono localmente liberate in maggiore quantità (secrezione paracrina) a seguito della applicazione di uno stimolo nocivo. E’ importante osservare che la stimolazione delle fibre nocicettive ha un duplice effetto, antidromico ed ortodromico. L’effetto antidromico determina la degranulazione dei mastociti e il rilascio di peptidi con vasodilatazione, leucocitosi etc.; insomma un circolo vizioso proinfiammatorio. Insomma, dai nervi del sistema B si può avere una flogosi periferica. Il “dorsal root reflex” e l’efferenza delle fibre afferenti, cioè un riflesso antidromico che dal ganglio dorsale va in periferia. Ulteriori interessanti dati si desumono dalla organizzazione delle afferenze nel corno posteriore del midollo spinale. A livello della lamina 1 di Rexed (il vecchio fascio di Lissauer dell’anatomia) termina la maggior parte delle fibre A-delta e C; a livello della lamina L2 di Rexed terminano le fibre A-delta e C provenienti dalla cute. Le fibre di grosso calibro tipo I e II terminano invece nelle lamine 3 e 4 di Rexed, mentre a livello della lamina 5 si ha già una integrazione tra i 85 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ due sistemi intero ed esterocettivo. Il sistema della lamina 1 appare di grande importanza per la medicina osteopatica: la lamina 1 non si interrompe nel midollo spinale, ma si continua nel nucleo del tratto spinale del trigemino creando un sistema unico trigeminospinale per il solo apparato sensoriale intero-nocicettivo. La via centrale del sistema B è la via spino-reticolo-talamo-corticale. Riguardo ad essa occorre precisare che il termine di “sostanza reticolare” è oggi meglio definibile attraverso l’individuazione in essa di una serie di nuclei con funzioni meglio definite (PAG= periacqueductal gray matter, nuclei A1-A2, nuclei A5-A7, nucleo parabrachiale). Una seconda osservazione riguarda la terminazione in corteccia, non nell’area sensoriale, ma in aree del lobo limbico come l’INSULA temporale e il GYRUS CINGOLI, da cui partono efferenze verso l’amigdala e da qui verso ipotalamo e ipofisi. E’ noto che i tenitori derivanti dal sistema B vanno incontro ad atrofia. Ciò indica che il sistema B oltre alla nocicezione, svolge anche un’azione vegetativa di tipo trofico. Si può ritenere che l’azione dei peptidi liberati dalla terminazioni libere sia di tipo trofico a basse dosi (il che accade normalmente) e di tipo proinfiammatorio ad alte dosi (come si verifica nella patologia). L’azione periferica è strettamente correlata ad uno stato di facilitazione midollare. Cominciano infatti a svilupparsi tecniche anestesiologiche finalizzate a ridurre o eliminare tale attivazione, per evitare che essa produca nel decorso dolore e flogosi: ad esempio, l’anestesia locale pre-intervento concomitante all’anestesia generale riduce la flogosi post-chirurgica; le pompe di anestetico locale sui nervi dei i monconi di amputazione riducono il fenomeno dell’arto fantasma. Tutto questo perché i fenomeni di flogosi hanno una marcata componente NEUROGENA. Un altro fenomeno interessante sono i trigger points: si tratta di punti estremamente dolenti per fenomeni la liberazione locale di sostanze pro-infiammatorie (esperimenti di lavaggio del trigger point) verosimile depressione di flogosi neurogena secondaria ad uno stato di facilitazione centrale. Si è detto che le fibre C svolgono un’attività di secrezione paracrina con il rilascio di sostanze ad azione trofica o flogistica a seconda dei casi. La 86 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ DISFUNZIONE SOMATICA si caratterizza per la IPERALGESIA. Per comprendere questo fenomeno occorre precisare che l’attività dei neuroni del corno midollare posteriore si suddivide in 4 stati o modi (parleremo di 3): MODO 1: afferenza normale ed efferenza normale: è una condizione normale di segnalazione per cui io somministro uno stimolo nocivo, il soggetto lo percepisce, quando lo stimolo cessa non sente più dolore. MODO 2: afferenza normale e efferenza soppressa: è una condizione che si osserva, ad esempio, nei fratturati che per ore non sentono dolore dopo il trauma a causa di una attivazione del PAG da parte del sistema ortosimpatico (cessata l’azione ortosimpatica il dolore compare con tutta la sua intensità) MODO 3: afferenza normale ed efferenza aumentata: la risposta allo stimolo è iperalgesica per fenomeni di facilitazione spinale da glutammato (fenomeno definito “sensitization”). La sensitization può riguardare non solo i territori periferici innervati dalle terminazioni libere, ma anche le corna posteriori del midollo. Pare che i fans siano particolarmente efficaci nella sensitizzazione periferica, mentre gli inibitoli della cox2 siano più efficaci nella sensitizzazione midollare. La facilitazione spinale determina anche un’alterata efferenza da parte delle radici anteriori: ciò determina uno stato ipertonico dei muscoli associati a quei segmenti spinali e sono queste alterazioni distrettuali del tono muscolare a determinare le asimmetrie posturali. Molto importante è anche il riflesso somatoviscerale (Sato) per spiegare come le efferenze patologiche si portino anche a strutture viscerali (ghiandole, muscoli lisci di vasi, fasce, etc.) inducendo disfunzioni in tali sedi. Disfunzioni somatiche e disfunzioni viscerali sono quindi l’epressione di uno stato di facilitazione che, originando da segmenti che innervano visceri e soma, possono provocare problemi in entrambe le strutture. ADENOIPOFISI Le cellule dell’ipofisi anteriore derivano da un unico citotipo che si differenzia in 5 citotipi di cellule, acidofile o basofile. Il 50% delle cellule totali sono SOMATOTROFE acidofile PAS- e producono GH; il 10% sono cellule LATTOTROFE , acidofile, producono PRL; il 20% sono cellule CORTICOTROFE 87 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ per l’ACTH e la lipotropina (LPH); il 5% delle cellule sono TIROTROFE basofile producono TSH; il 5% sono cellule GONADOTROPE basofile PAS+ producono FSH e LH. Il circolo portale offre un’abbondante irrorazione sia per il feedback ormonale che per il rilascio delle tropine. L’ablazione totale dell’ipofisi non è fatale, ma rallenta gravemente la velocità dei processi ghiandolari coinvolti; le tropine, infatti, non determinano l’attività delle loro ghiandole bersaglio, ma si limitano a modularla. Un danno dell’adenoipofisi con la distruzione fino al 70% delle cellule non comporta alcuna patologia (ampia riserva funzionale); il 90% di distruzione provoca ipogonadismo, il 95% ipotiroidismo, il 100% anche insufficienza corticosurrenale. Il deficit di GH se si verifica in età prepuberale determina blocco della crescita, nell’adulto si perde invece la capacità di mantenere la struttura e le dimensioni corporee, cioè la composizione corporea acquisita nel tempo (es. alterazioni della massa grassa e magra, del trofismo osseo, etc.). Il deficit corticosurrenale (ACTH) altera la risposta allo stress e alterazione del metabolismo; il deficit di TSH provoca ipotiroidismo; la carenza di LH e FSH induce deficit sessuale; la carenza prolattina compromette l’allattamento. In generale le tropine possono essere suddivise in ormoni ad attività TROFICA ed ormoni ad attività METABOLICA. SOMATOTROPINA (STH o GH) - Il GH (Growth Hormone) è un polipeptide di 191 aminoacidi, altamente specie-specifico. I valori sono molto elevati nel neonato (200 ng\ml) e si portano ai bassi valori dell’adulto (10 ng\ml) entro la fine del primo anno di vita. Viene metabolizzato nel fegato ed ha una emivita di 17-45 minuti. La maggior parte della secrezione (95%) si verifica durante i primi 90’ del sonno notturno. Fondamentalmente il GH è un sinergista biologico: esalta l’azione di altri ormoni. In generale è implicato nella risposta allo stress, e interviene in varie fasi delle vie del metabolismo lipidico, protidico e glucidico (infatti, è diabetogeno). L’effetto più importante sulla crescita è la stimolazione delle cartilagini epifisarie di accrescimento, ma anche nell’adulto agisce sulle ossa deformandole (v.acromegalia). Anche sui tessuti molli induce modificazioni: 88 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ ipertrofizza la cute, il connettivo e la massa muscolare e ingrandisce gli organi interni. Dato che potenzia l’azione della tiroxina, Gh e T4 hanno una evidente sinergia durante l’accrescimento. La iperproduzione patologica di GH (a livelli almeno 30 volte superiori al normale) determina il gigantismo nel bambino e l’acromegalia nell’adulto; inoltre provoca diabete, lattogenesi senza gravidanza, ipotiroidismo. La iposecrezione induce nel bambino il nanismo armonico e nell’adulto la globale insufficienza dell’ipofici (panipopituitarismo). Il GH non è in grado di esercitare direttamente le sue azioni, ma lo fa mediante le SOMATOMEDINE (SM), famiglia di piccoli pepdtidi prodotti nel fegato strutturalmente simili alla proinsulina. Le SM agiscono sui tessuti corporei facilitando la incorporazione di molecole nelle cellule e vengono inibite in condizione di malnutrizione e digiuno dalla presenza di fattori circolanti (attualmente ancora poco noti) prodotti in queste condizioni. Le SM agiscono sulla cartilagine stimolando l’incorporazione dei solfati nei polisaccaridi solfonati, favoriscono le mitosi in tutti i tessuti stimolandone la crescita ed hanno attività insulinosimile. Il fegato è l’organo fondamentale nel favorire o inibire l’azione delle somatomedine: condizioni quali la presenza di GH, PRL e insulina, di dieta iperproteica e di un buono stato generale di salute stimolano il fegato ad attivare le SM. Al contrario, il release e la sintesi epatica di SM vengono inibite da diabete, digiuno, dieta ipo-proteica, malnutrizione, malattie sistemiche. Sul metabolismo il GH ha un effetto adipocinetico determinato da una franca azione lipolitica, attuata allo scopo di rendere disponibili maggiori quantità di energia: aumento dei NEFA (acidi grassi plasmatici), facilitazione dell’acetilColina, ridotta conversione dei glucidi in lipidi, scarsa utilizzazione dei glucidi, riduzione del Quoziente Respiratorio dovuto all’esaltato catabolismo degli acidi grassi. Il controllo della secrezione del GH avviene per la convergenza di input attivanti colinergici, noradrenergici e dopaminergici sull’eminenza mediana dell’ipotalamo a livello dei nuclei arcuato e ventromediale. Questi input regolano la produzione di SOMATOLIBERINE o GHRH (GH Release Hormones) 89 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ che stimolano il GH e di SOMATOSTATINE che lo inibiscono. Le somatostatine hanno anche un effetto diretto, mediato da stimoli colinergici post-sinaptici, sulla motilità gastrointestinale e la secrezione di bilirubina e secreti pancreatici. Come già accennato in precedenza, statine e liberine vengono influenzate dalla riduzione di substrati energetici nell’organismo (ipoglicemia, digiuno, malnutrizione), dall’aumento degli aminoacidi circolanti (es. pasti proteici abbondanti) e dallo stress (sia lo stress emozionale, sia un’attività fisica intensa). PROLATTINA (PRL) - Ormone filogeneticamente molto antico nella scala zoologica perché si correla all’attività riproduttiva alle cure parentali (effetti assai scarsi nell’uomo). La struttura chimica ha 32 aminoacidi omologhi al GH. PRL si trova in tutti i liquidi corporei (latte, plasma, mina, sperma, liquido amniotico). I valori plasmatici normali sono 4-8 ng\ml nell’adulto e 200 ng\ml nel neonato. La secrezione segue un ritmo circadiano con picco di produzione durante il sonno notturno. A livello biochimico PRL agisce favorendo l’ingresso di ioni Ca++ extracellulari nelle cellule e inducendo la sintesi di RNA mediata da recettori di membrana; la catena di eventi comprende variazioni di Na e K intracellulari, aumento del cGMP e riduzione del cAMP, biosintesi di prostaglandine e poliammine (potenti antiossidanti del latte). Le azioni della PRL riguardano mammogenesi e lattogenesi. La MAMMOGENESI è la maturazione della ghiandola mammaria: da una struttura formata solo da lunghi dotti con un piccolo alveolo convergenti verso l’areola mammaria, sotto l’azione degli estrogeni (EE) in pubertà si verifica una proliferazione dei dotti e uno sviluppo degli alveoli; in gravidanza il progesterone (PGS) induce attività secretoria degli alveoli che si trasformano in lobuli e, infine, si riempiono di goccioline di latte. Per la LATTOGENESI la PRL è indispensabile (assieme ai corticosteroidi): la composizione del latte viene modificata arricchendolo di lipidi, lattosio e caseina. Durante la gravidanza gli elevati livelli di EE e PGS inibiscono PRL, ma la brusca caduta ormonale in coincidenza del parto la libera e permette la lattogenesi. Dopo il parto i livelli di PRL sono strettamente dipendenti dal tempo di suzione del capezzolo, e il picco di PRL indotto stimola la lattazione 90 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ per la poppata successiva. Dopo un certo tempo di allattamento gli elevati livelli di prolattina (che finirebbero col provocare dei disturbi) si abbassano grazie ad un aumento dei recettori PRL mammari che rende la ghiandola mammaria più sensibile all’ormone. Anche il maschio ha la PRL, ma a parte il possibile ruolo di stimolare la produzione di testosterone e lo sviluppo dell’apparato riproduttivo, gli effetti non sono noti. La iperprolatinemia nella donna determina amenorrea per un effetto antigonadico. Il controllo della produzione di PRL avviene mediante stimoli sulla eminenza mediana dell’ipotalamo, da cui un’azione tonica di scarica di PRLS (prolatto-statina) che inibisce la produzione di PRL da parte delle cellule dell’adenoipofisi. La liberazione di PRL-S è stimolata da vie dopaminergiche a livello della eminenza mediana. Pertanto l’attività dopaminergica dell’ipotalamo risulta prolattino-inibente. E’ probabile l’esistenza anche di una PRL-liberina strutturalmente simile al VIP e alla tireoliberina. I livelli plasmatici di PRL non variano col ciclo mestruale, ma aumentano progressivamente in gravidanza fino a 200 ng\ml per poi tornare a valori normali (8ng) al momento del parto. Lo stress aumenta la prolattina; stress, sonno e esercizio muscolare aumentano sia GH che PRL a causa del ridotto release di prolattostatina. Anche i farmaci hanno un‘influenza: i neurolettici aumentano la PRL e riducono il GH; la L-dopa abbassa la PRL e aumenta il GH; la tiroxina abbassa la PRL. GONADOTROPINE (FSH e LH) - La Follitropina (FSH) e la Lutropina (LH) sono glicoproteine prodotte e depositate nelle cellule basofile dell’adeonoipofisi. Non hanno un ritmo circadiano, ma vengono secrete “a ondate”. FSH (ormone follicolo-stimolante) è costituito da due sub-unità alfa e beta, in età fertile si aggira su valori plasmatici di 10 mUnità\ml e sale in post-menopausa (per mancanza di feedback dall’organo bersaglio) fino a oltre 170 mU\ml. Circola libero nel plasma e il 4% viene secreto immodificato nelle urine. La maturazione del follicolo non si verifica se non è presente anche LH. L’LH è strutturalmente molto simile a FSH (due catene alfa e beta). I livelli plasmatici si aggirano su 32 mU\ml prima della menopausa e su 99 mU\ml in post-menopausa. LH porta a maturazione il follicolo attivato da FSH, determina 91 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ l’ovulazione per rottura del follicolo stesso e lo conduce a maturazione come corpo luteo (che produce PGS). Nella femmina la carenza dei due ormoni determina infantilismo sessuale per una mancata maturazione degli organi femminili; anche nel maschio la carenza di FSH e LH impedisce la maturazione degli spermatozoi, ma non influenza il testosterone. Le cellule bersaglio di FSH e LH si trovano nei tubuli seminiferi del maschio e nelle cellule della granulosa della femmina. Il meccanismo biochimico è cAMP mediato e conduce alla maturazione dello sperma e dell’uovo. Il controllo della secrezione avviene mediante la liberazione di RH da parte dei nuclei ipotalamici arcuato e ventromediale che inducono la produzione di FSH e di LH nell’adenoipofisi. Il controllo avviene mediante una inibizione dell’ipotalamo con feedback lungo da parte di estrogeni e progesterone: l’aumento degli estrogeni nella eminenza mediana induce la secrezione di LH. C’è anche un feedback corto con il quale i livelli di FSH e LH inibiscono direttamente l’azione tonica dell’ipotalamo. CORTECCIA SURRENALE - Il surrene si localizza sopra i poli renali superiori è costituito per l’80% dalla corticale e per il 20% dalla midollare. La corticale è suddivisa in tre zone specifiche: la zona glomerulosa che ha cellule a morfologia glomerulare e produce i mineralcorticoidi, la zona mediana zona fasciculata mediana che produce i glucocorticoidi e la zona reticolare con cellule organizzate a rete che produce gli androgeni. Gli ormoni corticosurrenali sono STEROIDI e derivano dal colesterolo; non vengono stoccati nelle cellule, ma prodotti, direttamente secreti e utilizzati al momento. Ciò spiega la grande quantità di reticoloendoplasmico presente nelle cellule corticosurrenali, reticolo che contiene principalmente il precursore colesterolo stoccato al suo interno per esser prontamente disponibile alla sintesi ormonale. Nel corticosurrene sono state isolate 30-50 molecole ormonosiminili prive di attività biologica invivo. Le uniche molecole dotate di attività biologica sono il cortisolo, aldosterone e deidroepiandrosterone (DEA o DHEA). Cortisolo e Aldosterone hanno una struttura a 21 atomi di carbonio con un 92 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ gruppo aldeidico in posizione 18 sull’aldosterone e un gruppo OH in posizione 11 e 17 sul cortisolo. Gli androgeni hanno una struttura a 19 atomi di carbonio con un gruppo CO in posizione 17 (17 chetosteroidi). Nel maschio la produzione di androgeni surrenali ha scarsa importanza, mentre nella donna spiega tutti gli effetti androgeni riscontrabili. Il seguente schema indica la catena di sintesi degli steroidi nelle tre diverse zone del corticosurrene: COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->PROGESTERONE-->CORTICOSTERONE-->ALDOSTERONE COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->170H-PREGNENOLONE-->170H-PROGESTERONE-->CORTISOLO COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->17OH-PREGNENOLONE-->DHEA Le tre zone contengono enzimi specifici per la produzione dei diversi ormoni e vi possono essere singoli difetti enzimatici che si traducono in malattie congenite come ad esempio la ipoplasia surrenale lipoidea (incompatibile con la vita) dovuta al blocco enzimatico nel passaggio colesterolo—>pregnenolone. GLUCOCORTICOIDI — La concentrazione plasmatica del cortisolo segue un ritmo circadiano abbinato al ritmo sonno-veglia con picco alle prime ore del mattino, ritmo legato ad un meccanismo ipotalamo-ipofisi: i RH agiscono con feedback corto sull’ipofisi (ACTH inibisce l’ipotalamo), stimolano la produzione di ACTH che va ad agire sul surrene, che a sua volta ha una inibizione a feedback lungo sull’ipotalamo. Il rilascio di CRH (corticoliberina) dipende da stimoli che convergono sul tuber cinereum ipotalamico dall’ippocampo (azione inibitoria) e dall’amigdala (azione eccitatoria). Impulsi tonici noradrenergici inducono la secrezione di ACTH-cortisolo, impulsi colinergici determinano il ritmo circadiano. Le emozioni, il ritmo sonno-veglia, i traumi e in generale l’attivazione del sistema limbico (stress emozionali) portano alla liberazione di cortisolo. In assenza di stress la cortisolemia di notte si aggira su 2-10 microgr\ml e al mattino arriva a 20-40 microgr\ml. Per l’80% il cortisolo è legato a globuline (CBG), relegando al ruolo di parte attiva efficace solo il colesterolo libero (5%) e quello legato all’albumina (15%). Stress fisici, traumi, freddo, ipoglicemia, ansia, stress psicologici, aumentano la cortisolemia, ma soltanto se si verificano in modo acuto. Le stesse condizioni agenti in modo cronico non 93 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ modificano la cortisolemia. Oltre alla sintesi di colesterolo, l’ACTH induce il release di beta-endorfine, che spiega il noto fenomeno della analgesia da stress acuto. Il cortisolo serve quindi a sopravvivere alle situazioni di emergenza potenzialmente dannose. I target del cortisolo sono il fegato (aumento della gluconeogenesi: da aminoacidi a glucosio), il tessuto adiposo (mobilizzazione dei lipidi e ridotto immagazzinamento del glucosio) e il tessuto muscoloscheletrico (aumento della degradazione delle proteine muscolari e ridotto immagazzinamento del glucosio). Lo stress acuto determina una riduzione della massa grassa per l’azione permissiva del cortisolo sull’adrenalina che demolisce i lipidi degli adipociti, (cellule perenni che variano il loro volume accumulando o perdendo lipidi). Lo stress cronico esercita l’effetto inverso sugli adipociti e la massa grassa aumenta: l’obesità da cortisolo riguarda principalmente il tronco, mentre gli arti dimagriscono. Il cortisolo aumenta anche la reattività vascolare garantendo una regolazione del tono ortosimpatico noradrenergico a livello delle piccole arterie: la carenza di cortisolo induce infatti grave ipotensione. ALDOSTERONE - Viene prodotto nella zona glomerulosa; anche i suoi immediati precursori, 11-DOC (desossicorticosterone) e 18-ICS (idrossicorticosterone) sono dotati di attività mineralcorticoide. L’aldosterone ha tre funzioni: 1) riassorbimento del K a livello del tubulo prossimale: con la dieta introduciamo più K del necessario, ma è possibile un controllo della potassiemia grazie ad un riassorbimento del K nel tubulo prossimale del nefrone, a seguito del quale diviene possibile la escrezione per secrezione attiva del K (e di H+) nel tubulo distale. 2) secrezione degli H+ e conseguente contributo all’equilibro acido-base: nel tubulo distale avviene la secrezione attiva di K e H+; essi competono nel legame con i bicarbonati, ma la precedenza viene data all’escrezione di H+ rispetto a quella del K 3) riassorbimento del 2% di Na: il 98% del Na viene riassorbito dal rene indipendentemente dall’aldosterone 94 (riassorbimento obbligatorio Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ per trasporto massimo limitato per gradiente). L’aldosterno viene prodotto nel surrene ad opera dell’angiotensina II e va ad agire riassorbendo Na dal tubulo renale in scambio con il K che viene escreto. L’angiotensina II si forma dall’angiotensina I per azione dell’ACE (angiotensin converting enzyme). Ciò accade se la volemia o la pressione si abbassano inducendo l’angiotensiongeno inattivo il rilascio di in angiotensina renina, I. Il che Na converte recuperato dall’aldosterone consente di ripristinare il controllo della pressione arteriosa e mantenere la perfusione renale. DHEA (DEIDROEPIANDROSTERONE) - Potenzia la funzione anabolica del muscolo a breve termine. A lungo termine determina solo danni epatici. MIDOLLARE DEL SURRENE - Contiene le cellule cromaffini, che funzionano come cellule neuroendocrine perché sono considerate fibre postgangliari del sistema ortosimpatico. Le fibre pregangliari colinergiche del simpatico che innervano le cellule e cromaffini stimolano il rilascio in circolo di adrenalina, che agisce diffusamente in tutto l’organismo. La produzione di adrenalina avviene con la seguente reazione: La • TYR --irosina idrossilasi— • DOPA • DOPAMINA • NORADRENALINA --fenil etanol N metiltransferasi— • ADRENALINA inattivazione dell’adrenalina avviene ad opera delle MAO (monoaminosssidasi) e delle COMT (catecolortometiltransferasi). La secrezione di adrenalina avviene in modo continuo. Adrenalina e Noradrenalina hanno il significato di orientare i compensi dell’organismo nelle situazioni di emergenza, in sinergia col sistema ortosimpatico noradrenergico. I diversi effetti delle catecolamine dipendono dai recettori a cui si legano: i recettori alfa funzionano con il cGMP e sono eccitatori, i recettori beta funzionano con il cAMP ed hanno effetti metabolici e inibitori. L’adrenalina ha maggiore affinità per i recettori beta-adrenergici, la noradrenalina per i recettori alfa. Effetti delle catecolamine: 95 Come si verifica la disfunzione ___________________________________________________________________________ • Gluconeogenesi • azione calorigena (aumento termogenesi in risposta al freddo) • vasocostrizione cutanea (con ridotta dispersione termica) • lipolisi con aumento dei NEFA e risparmio di glucosio • facilitazione dei riflessi posturali • tremore ansietà irrequietezza • rilassamento muscoli lisci (recettori beta bronchiolari) • contrazione muscoli lisci (ree. alfa dei vasi, midriasi, ghiandole sudoripare) • aumento dei potenziali di attivazione muscolari • aumento di tensione nei muscoli rapidi • diminuzione della tensione nei muscoli lenti • vasocostrizione arteriosa (ad eccezione delle coronarie) • aumento della pressione arteriosa Molto caratteristico è il fenomeno della redistribuzione del flusso ematico per favorire l’azione degli apparati di risposta all’emergenza: la stimolazione di recettori beta determina vasodilatazione nel cuore e nei muscoli; quella dei recettori alfa vasocostrizione cutanea, renale e splancica. In questo modo la gittata cardiaca viene redistribuita senza effetti sulla pressione arteriosa. 96 Parabola del buon samaritano ___________________________________________________________________________ Parabola del buon samaritano Ille autem volens iustificare se ipsum dixit ad Iesum: Et quis est meus proximus? Suscipiens autem Iesus dixit: Homo quidam descendebat ab Hierusalem in Hiericho et incidit in latrones, qui etiam despoliaverunt eum et plagis impositis, abierunt semvivo relicto. Acidit autem ut sacerdos quidam descenderet eadem via et, viso illo, praeterivit. Simileter et Levita, cum esset secus locum et, videret eum, pertransiit. Samaritanus autem quidam iter faciens venit secus eum et videns eum, misericordia motus est. Et approprians alligavit vulnera eius infundens oleum et vinum et imponens illum in iumentum suum duxit in stabulum et curam elius egit. Et altera die protulit duos denarios et dedit stabulario et ait: curam illius habe et quodcumque supererogaveris ego ùcum rediero reddam tibi. Quis horum trium videtur tibi proximus fuisse illi, qui incidit in latrones? Et ille dixit: qui fecit misericordiam. Et ait illi Iesus: vade et tu fac similiter. 97 Casi clinici ___________________________________________________________________________ CASI CLINICI PAZIENTE 1 Nome: P.R. Data di nascita: 28.05.2005 Diagnosi: Cranio sinostosi, plagiocefalia Quadro clinico: tetraparesi La bimba fin da subito presenta dispepnia e rigidità degli arti con inclinazione del capo verso destra. Sin dal primo giorno viene trasferita in terapia intensiva pediatrica. La classificazione di gravità viene definita di medio grado anche se poi viene confutata questa diagnosi perché la gravità è sicuramente molto più disfunzionale. La bimba presenta anche una sordità dell’orecchio destro che viene trattata dal reparto di O.R.L. L’emilato disfunzionale più compromesso è quello destro tant’è che la bimba non riesce ad aprire né la mano né muove il piede. Anamnesi familiare: familiarità da parte paterno per diabete mellito; la madre e la nonna sono state trattate chirurgicamente per un quadro di ipertiroidismo. Anamnesi fisiologica: nata a termine da parto naturale sviluppo regolare al momento non riferite allergie. Anamnesi patologica remota: non riferite patologie degne di nota (ad eccezione della plagiocefalia e craniostenosi), né pregressi interventi chirurgici. Anamnesi patologica prossima: aspetto plagiocefalico evidente alla nascita con retrusione frontale e dell’orbita di destra; a questo si associa sin dai primi giorni di vita deviazione della radice del naso e posizione preferenziale del collo latero deviata a sinistra. Su consiglio pediatrico è stata eseguita rx cranio che ha confermato il quadro descritto con aspetto “arlequin-like” dell’orbita destra. Si ricovera per intervento chirurgico. E.O.N.: deficit focali ai quattro arti esoforica dell’occhio destro, sviluppo psicofisico nella norma per l’età, deviazione marcata del collo a sinistra. 98 Casi clinici ___________________________________________________________________________ Consigli: si informa i genitori sulla caratteristica della malformazione da patologia neurologica e si consiglia fin da subito trattamento di fkt che viene immediatamente effettuata. LA PLAGIOCEFALIA La plagiocefalia o testa deformata è una condizione priva di parametri chiari, tuttavia questo termine viene spesso utilizzato come riferimento ad una diagnosi descrittiva globale di rapporti alterati tra le ossa craniche, ufficialmente elencati nel codice HICDA. Il termine disfunzione celebrale è anch’essa un’espressione vaga usata in origine da Golden Estein (1936) e da Strass e Wener (1943) i quali ipotizzarono l’esistenza di una sindrome disfunzionale cerebrale che aveva le sue manifestazioni sia in ambito neurologico che del comportamento. Essa non implica una specifica eziologia né specifiche caratteristiche o entità cerebrale. Come nel caso di questa bimba alla quale è stata a mio avviso eseguita una diagnosi “superficiale”. In questo caso l’osteopatia si è riferita in particolare alla valutazione ed alla interpretazione del movimento intrinseco palpato a livello dell’intero meccanismo cranio muscolo scheletrico. In sostanza il trattamento osteopatico si è basato su risposte ottenute dai test palpatori che evidenziano i movimenti compromessi e distorti. Lo scopo è quello di elaborare e progettare metodologie applicative che nel caso specifico o come in altri casi vengono elaborati soggettivamente nella valutazione del soggetto da trattare e successivamente si controllano i cambiamenti che avvengono grazie alle forze terapeutiche intrinseche dell’organismo che ripristinano condizioni migliori. Quindi in questo caso è anche stato difficile quantizzare la problematica e quindi dimostrare scientificamente i miglioramenti avvenuti anche se i miglioramenti sono sotto gli occhi di tutti. Di solito gli enti scientifici richiedono di formulare una diagnosi e di stabilire una eziologia. Spesso un insieme di sintomi in sostituzione di una vera diagnosi possono essere correlati a diversi fattori eziologici o viceversa qualsiasi fattore eziologico può manifestarsi 99 Casi clinici ___________________________________________________________________________ sottoforma di un complesso di sintomi. D’altronde il fattore eziologico quale ad esempio l’ipossia o l’ anossia in particolare area del cervello possono essere fattori che accomunano molti di questi casi, anche un travaglio prolungato ad esempio può essere responsabile di ritardo mentale, di difficoltà di apprendimento, di iperattività, di spasticità, di problemi comportamentali, di disfunzioni percettive, di mancanza di controllo morale e di altre patologie. Quindi possiamo dire che la gravità del fattore eziologico non necessariamente è proporzionale alla gravità della sintomatologia manifestata. Introducendo la plagiocefalia in questa equazione non solo si fornisce l’anello mancante tra il fattore eziologico e la sintomatologia, ma si rende anche disponibile una dimensione accessibile che può essere utilizzata per apportare cambiamenti. La pratica della scienza osteopatica è fondata sull’interrelazione e l’interdipendenza di struttura e funzione. La disfunzione somatica in un determinata area può riflettersi in un disturbo a distanza dalla disfunzione ma neurologicamente connessa ad essa. Ad esempio un’alterata mobilità articolare nella regione parieto-temporale di sinistra potrebbe dare alterazione della parola o una compressione nella regione toracica superiore predispone il paziente ad una eventuale comparsa di disfunzione cardiaca. La mobilità cranica non è meramente una funzione delle sue ossa articolate intimamente ma è controllata ed anche influenzata dalle membrane durali che si inseriscono sulle ossa craniche e sul sacro. Il movimento palpabile del cranio, definito impulso ritmico craniale è la manifestazione della fluttuazione dinamica cefalorachideo e della motività intrinseca del sistema nervoso centrale in esso contenuto. Ciascun bambino ha un problema clinico diverso ed ha uno stato funzionale strutturale unico perciò ha bisogno di un trattamento osteopatico personalizzato e l’osteopatia rappresenta una scienza che può agire direttamente sulla causa soggiacente in quanto “dovremmo” essere capaci di riconoscere le disfunzioni celebrali; riconosciamo la plagiocefalia che è accessibile alla diagnosi palpatoria che risponde al trattamento osteopatico; essa rappresenta la dimensione strutturale di un binomio struttura / funzione. 100 Casi clinici ___________________________________________________________________________ In questo caso ho ripristinato il movimento fisiologico in tale struttura ottenendo variazioni nella funzionalità del sistema nervoso centrale che è altrimenti inaccessibile rendendo consapevole dell’unità dinamica dell’intero corpo non solo la bambina ma anche erudendo i genitori. Il meccanismo di respirazione primario non deve solo rappresentare un legame tra il cranio e la pelvi attraverso connessioni scheletriche, legamentose e durali, ma coinvolge l’intero sistema corpo perché non vi è cellula od organo che non faccia parte di questo misterioso sistema corporeo. A tal proposito non possiamo non riconoscere la straordinarietà della funzione del liquido cefalorachideo così descritto da Still e Suntherland, pertanto concentrare l’attenzione sulle limitazioni strutturali e funzionali che affliggono i bambini con disfunzioni celebrali porterà la guarigione per qualcuno, servirà come prevenzione per molti ma rappresenterà un miglioramento per tutti. PAZIENTE 2 Nome: U.M. Data di nascita: 13.11.2003 Diagnosi: ipertono generalizzato con atteggiamento del capo in opistotono ipereccitabile Quadro clinico: ipertono marcato ingravescente Potenziali evocati uditivi del tronco encefalo, soglia di evocazione nei limiti a sinistra e aumentata a destra, esame condotto in stato di sonno spontaneo. R.M.L. l’indagine è stata eseguita in narcosi. Non si rilevano modificazioni strutturali né significative alterazioni di segnale a carico degli elementi encefalici sia delle FCP che sovrasentoriali. Il complesso ventricolare è di ampiezza nella norma in asse. • ETG addome inferiore • ETG addome superiore • ETG transfontanellare Non alterazioni epatobiliari di rilievo ecografico ove si eccettui la presenza di 101 Casi clinici ___________________________________________________________________________ una calcificazione parentimale di 6 millimetri nel contesto del lobo destro. Pancreas, milza e reni senza particolari reperti. Vescica vuota. L’esame ecografico transfontanellare ha mostrato regolare ampiezza delle cavità ventricolari che sono in asse. A seguito del trattamento osteopatico il bimbo con diagnosi di PCI perinatale visti gli evidenti miglioramenti dal punto di vista neurologico i genitori decidono di fargli praticare ippoterapia. La fisioterapista dopo valutazione descrive quanto segue: presenta iperestensione agli arti inferiori a schema crociato, arti superiori flessi con scarsa capacità prensile, raddrizzamento non mantenuto per patologia neurologica. Il bambino alternava sbalzi emotivi con pianto e riso non motivate, presenta gli occhi socchiusi e non interagisce con l’operatore. La fisioterapista dice di aver proceduto seguendo un programma neuromotorio volto a migliorare il controllo asse-capo-tronco, con esercizi posturali stimolanti l’addrizzamento e l’allineamento, gli esercizi per lo schema motorio per la presa di coscienza del proprio corpo de movimento, gli esercizi per la riduzione della ipertonia, mobilizzazione passiva arti inferiori e arti superiori, esercizi respiratori e di rilassamento. Dopo trattamento osteopatico a conclusione del primo ciclo di ippoterapia la fisioterapista evidenzia un aumento dei tempi di attenzione, riduzione e miglioramento generalizzato degli arti inferiori e allungamento degli stessi. Il bambino mantiene la presa a grasp e controlla e la cadute laterali con il raddrizzamento, ha ridotto l’iperestensione del capo ovvero (opistotono) mantenendolo in asse per più di dieci minuti e se posto supino si solleva sugli avambracci. Ha iniziato la deambulazione con sostegno che fino a quel momento sarebbe stata impossibile anche se sulle punte dei piedi e molto più attento presenta gli occhi sempre aperti durante tutta la seduta ed interagisce con l’operatore eseguendo anche alcuni semplici comandi. L’obiettivo a medio lungo termine prevede esercizi di raddrizzamento del sistema cranio sacrale, miglioramento del quadro motorio, recupero del linguaggio perché fino a quattro mesi fa il bambino non parlava con conseguentemente miglioramento della qualità della vita. 102 Casi clinici ___________________________________________________________________________ Lettera dei genitori di A.U. Nostro figlio Mario, 7 anni compiuti il 13 Novembre, è nato prematuro (30 settimane). È affetto da paralisi celebrale infantile da sofferenza perinatale. Tale sofferenza gli ha provocato una tetraparesi spastica ed ipertono diffuso ai quattro arti. Sin da piccolo ha frequentato i centri di riabilitazione, ottenendo buoni risultati sia dal punto di vista posturale-motorio che intellettivocognitivo. Da Maggio 2010 ha cominciato un ciclo di osteoterapia, 2 volte al mese, presso lo studio del Dottor La Macchia. Tale trattamento ci è stato proposto come adiuvante della sua patologia. Dopo quattro, cinque sedute abbiamo notato un netto miglioramento dal punto di vista posturale, presa degli oggetti, coordinazione oculo-motoria. L’ipertono si è ridotto ai quattro arti, accenna alla deambulazione se sostenuto; abbiamo notato, inoltre, un buon controllo delle funzioni fisiologiche. Si rotola sul letto e sul tappeto; a scuola ottiene buoni voti rispetto al primo anno; la capacità di relazionarsi con il mondo esterno è nettamente migliorata; ha meno paura di spazi ampi, il 103 Casi clinici ___________________________________________________________________________ clono si è ridotto. Questo è quanto abbiamo osservato in nostro figlio da quando ha cominciato il ciclo di osteoterapia. Francesco e Loredana Urbano San Giovanni Rotondo 28/11/2010 PAZIENTE 3 Nome: M.V. Data di nascita: 22.06.2003 Diagnosi: tetraparesi spastica Quadro clinico: all’arrivo si manifestava con deviazione del capo a sinistra ed in opistotono, le mani completamente chiuse con pollici addotti, gli arti superiori in flessione per la marcata gravità dell’ipertono, cingoli scapolari chiusi, medesima cosa vale per le anche e gli arti inferiori, il piede è in equinismo, il bimbo non riesce a parlare se non con piccoli fonemi tipo lallazione. A dieci ore di vita convulsioni (scosse agli arti superiori ed inferiori, fissità dello sguardo, movimenti di suzione). Alla registrazione elettroencefalografia si evidenziavano diffuse anomalie aspecifiche tipo sindrome ipossico-ischemica. RMN: cervello e tronco encefalitico (cranio) L’esame acquisito con immagini pesate in t1, t2, dp, fleir secondo piani assiali e t1 sagittali documentano la presenza di alterazioni di segnale localizzate prevalentemente a carico della sostanza bianca dei centri semiovali e delle corane radiate bilateralmente e che interessano sfumatamente anche i nuclei della base prevalentemente a livello dei talami bilateralmente, le alterazioni descritte non sono di univoca interpretazione potendosi riferire ad alterazioni da sofferenza tissutale su base ipossico-ischemica e metabolica di verosimile genesi perinatale regolarmente rappresentato il corpo calloso. EEG durante il sonno Tracciato registrato in sonno spontaneo scarsamente strutturato, attività elettrica epilettiforme di piccola ampiezza in regione fronto-temporale sinistro. 104 Casi clinici ___________________________________________________________________________ Ritmo dominante theta/delta; figure ipniche poco rappresentate. Dopo trattamento osteopatico il bimbo ottiene un ottimo risultato del tono muscolare generalizzato ed evidenziato da tutti gli operatori sanitari che lo seguono tanto da eliminare completamente le infiltrazioni di tossina botulinica. Già dopo il quarto trattamento il bimbo riesce a controllare molto meglio la mobilità degli arti superiori simmetrizzando anche il capo e riducendo la posizione di opistotono. Riesce ad aprire le mani anche se non ancora completamente. Migliora la funzionalità del sistema nervoso centrale da punto di vista dinamico della fluttuazione liquorale. Con l’ausilio di un puntale fissato sul suo osso frontale riesce a scrivere al computer e sotto mio insistente consiglio mi scrive dei messaggi ogni qualvolta si sottopone a trattamento osteopatico. Evidenzieremo solo alcuni di questi messaggi: Messaggio n. 1: Io mi sento bene le mani e gli arti inferiori ed anche gli arti superiori, voglio camminare, parlerete con il prete. Gesù mi deve guarire e voglio parlare. Mamma chiedi a Padre Pio che mi benedica. No, chiedi di chiamare la Madonna. Messaggio n. 2: ho avvertito le mani sudare e le anche tirare e non mi faceva male Messaggio n. 3: ai palmi ramificava il polso poi agli arti inferiori mi faceva rilassare,ho sentito muovere le braccia, avevo sentito un profumo di Padre Pio. Bilocazione. Messaggio n. 4: Ho sentito cantare. A danno mio ce la lingua che non vuole parlare. Devo dire che voglio molto bene a Lamacchia perché mi sento meglio. Relazione dei genitori. Siamo i genitori di Michele, un meraviglioso bambino normale ai nostri occhi però affetto da tetraparesi spastica distonica, causata da asfissia post-parto. Il problema è grande, ha compromesso tutto ciò che riguarda l’area motoria. Nonostante ciò, non ci arrendiamo e non lo faremo mai. La forza ci è trasmessa dalla grande voglia e volontà di Michele. Abbiamo dato tutto ciò che è nelle nostre possibilità, affinché Michele riesca a raggiungere un minimo di 105 Casi clinici ___________________________________________________________________________ autonomia. Da giugno del 2010 sta frequentando lo studio del dott. Pietro La Macchia per sedute di osteopatia. Da allora ad oggi abbiamo notato dei miglioramenti, piccoli ma fondamentali per la sua situazione. Riesce ad assumere una posizione seduta (per parecchio tempo) senza alcun appoggio sotto i piedi. Le mani che tendono ad essere sempre chiuse sono più aperte. Durante la giornata le mani riescono ad impugnare un colore o una posata (durante i pasti) con molta facilità e soddisfazione di Michele. In posizione supina riesce a sollevare il capo tanto da riuscire a far scorrere la mano sotto il suo capo (fin ad oggi non è mai riuscito a farlo). All’inizio del trattamento il bambino accusa crampi agli arti inferiori per alcuni giorni, successivamente è subentrato un rilassamento tale da non riuscire a reggersi sulle proprie gambe. Ora va molto meglio. Il pomeriggio, abbiamo notato che preferisce dormire in posizione prona, posizione prima non gradita. Quando ci rechiamo dal dott. La Macchia Michele è contento di sottoporsi ai suoi trattamenti. Lo capivamo dai suoi occhi (che parlano tanto) e dai suoi pensieri scritti sul pc, soprattutto perché vede che i suoi arti superiori sono molto rilassati e le sue mani aperte. Confidiamo nell’operato del dottore, anche se i risultati che desideriamo vedere nel nostro bambino sembrano che tardino ad arrivare. Apprezziamo il lavoro amorevole nei confronti di Michele, che gli vuole molto bene. I genitori di Michele Vaira. 07 dicembre 2010. Lettera della Nonna Francesca e zia Nicoletta. Salve dottore, sono la zia di Michele, per motivi di lavoro non vivo in Puglia e quindi quando rientro riesco a percepire maggiormente i cambiamenti nella patologia di Michele. Prima di tutto ho notato il miglioramento nell’andatura sulla bici, infatti, prima Michele utilizzava solo una gamba per effettuare gli spostamenti e difficilmente si avventurava in spazi più ristretti. Ora usa entrambe le gambe per darsi la spinta ed effettuare manovre nuove come ruotare a destra o sinistra la bici. Altro miglioramento nella postura quando è seduto sulla sedia, prima spesso succedeva di ritrovarlo penzolante verso destra o sinistra, ora se non è agitato o euforico riesce a stare dritto, soprattutto quando fa una delle attività che più gli piace cioè colorare. In 106 Casi clinici ___________________________________________________________________________ merito a questo aggiungo un’altra cosa suggeritami da mia madre, quando è calmo prende da solo il pennarello, cosa che solo la sua mamma riusciva a sistemare nella sua manina. Più passa il tempo e più abbiamo notato che lo stringere le mani a pugnetto è solo un ricordo, infatti le sue manine sono quasi sempre aperte e le poche volte che succede basta dirgli di aprirle e lui che è un furbetto ma anche tanto intelligente lo fa subito, mentre prima sembrasse avesse difficoltà a farlo. Qualche giorno fa sono andata a trovarlo a scuola per salutarlo prima della mia partenza, naturalmente quando mia ha visto sprigionava tanta felicità e quando l’ho abbracciato per riempirlo di baci lui ha fatto altrettanto, bene, è la prima volta che sentivo l’abbraccio di Michele, le sue braccia che mi stringevano è stata una emozione grandissima. Siamo certi che la sua terapia a differenza delle altre sta migliorando molto la vita di Michele e la ringraziamo tanto per ciò che sta facendo. Nonna Francesca e Zia Nicoletta. 05 dicembre 2010. 107 Casi clinici ___________________________________________________________________________ PAZIENTE 4 Nome: P.A. Data di nascita: 23.09.2006 Diagnosi: Sindrome atassica? Quadro clinico: ritardo deambulazione e linguaggio Il bimbo arriva nel mio studio con questa diagnosi che in seguito è risultata 108 Casi clinici ___________________________________________________________________________ anomala perché il bimbo presenta una tetraparesi con prevalenza degli arti superiori anche se quando è arrivato non presentava la possibilità deambulativa. Dopo il trattamento osteopatico il bimbo ha migliorato dal punto di vista neuromotorio iniziando a deambulare ed ha ridotto sensibilmente l’ipertono muscolare, migliorando l’equilibrio statico, dinamico e monopodalico. Ha incentivato il cammino e migliorato lo sviluppo dalla funzione manipolatoria ed in particolare la coordinazione oculo-manuale e l’organizzazione delle prassie aumentando anche la sua autonomia. Riattivando la fluttuazione del MRP è migliorato il carico sugli arti inferiori, il bilanciamento del tronco, si sono ridotte le rotazioni tra i congoli scapolare e pellico. Dalla posizione seduta riesce a trasferire il carico sugli arti inferiori (raccoglie piccoli oggetti da terra per metterli in contenitori posti su piani di appoggio laterali o anteriori) in modo da spostare il carico in avanti e di conseguenza sugli arti inferiori. Riesce a toccare con i piedi oggetti di consistenza e forma diversa tipo: palla, oggetti di legno, oggetti morbidi ed è in grado di schiacciarli con i piedi. Con gli arti superiori riesce a raccogliere oggetti grandi e piccoli da terra o da qualsiasi piani a lui consoni. Riesce a traslare e ruotare i cingoli. Lavorando sull’asse longitudinale il bimbo è riuscito a promuovere manipolazione di vari oggetti che ha favorito la coordinazione oculo-manuale. Inoltre ha incentivato l’uso funzionale degli oggetti. Con il fratellino più piccolo di lui riesce a proporre giochi, esplora e attiva diverse modalità di attività tipo suonare il tamburo e tastiera. Ha iniziato a sviluppare la motricità fine e ha organizzato le azioni prassiche tipo aprire e chiudere scatole con aperture diversificate. In stazione eretta il bimbo riesce a camminare anche senza l’appoggio grazie al fatto che ruota sia i cingoli scapolari che pellici. È molto migliorato l’equilibrio dinamico che lo stimola alla deambulazione autonoma. 109 Casi clinici ___________________________________________________________________________ PAZIENTE 5 Nome: F.C Data di nascita: 09.05.2007 Diagnosi: Nata pretermine alla 29 settimana con parto spontaneo, subendo un distress respiratorio causa di una paraparesi agli arti inferiori che si manifesta con un eccessivo ipertono e che l’ha portata ad un ritardo motorio. Quadro clinico: Paraparesi agli arti inferiori con un elevato ipertono 110 Casi clinici ___________________________________________________________________________ Lettera dei genitori di F.C. Gentilissimi professori ed auditori, siamo Luciano e Filomena, genitori della piccola F.C. Siamo oggi qui presenti anche se non di persona, ma per il tramite di questa lettera, per raccontarvi brevemente la storia della nostra piccola F.C. L’occasione di poter partecipare a questa seduta ci è stata proposta dal dott. Pietro La Macchia, e non abbiamo 111 Casi clinici ___________________________________________________________________________ esitato a raccogliere l’invito in quanto riteniamo che, anche se non siamo persone “addette ai lavori”, la nostra testimonianza possa essere comunque utile sia a quei genitori che come noi lottano per il miglioramento della disabilità dei propri figli, sia a voi medici che studiate ed operate nel settore in generale ed in particolare in quello dell’osteopatia. Questa è la storia...: F.C. è nata pretermine alla 29 settimana con parto spontaneo, subendo un distress respiratorio causa di una paraparesi agli arti inferiori che si manifesta con un eccessivo ipertono e che l’ha portata ad un ritardo motorio. Una diagnosi più precisa le è stata fatta intorno all’undicesimo mese di vita ed il neuropsichiatra dell’Ospedale presso cui è nata ci consigliò di iniziare subito dei cicli di fisiokinesiterapia. Non abbiamo perso tempo, ed abbiamo iniziato il prima possibile i trattamenti presso la nostra ASL ritornando periodicamente, a distanza di 6 mesi ed 1 anno, presso l’Ospedale per visite di controllo e verifica. Man mano che F.C. è cresciuta ha iniziato ad assumere la postura eretta in modo non naturale, praticamente appoggiandosi sulle punte dei piedi e flettendo le ginocchia. Tale modo di stare in piedi l’ha portata ad avere grande difficoltà di equilibrio e di conseguenza l’incapacità di camminare da sola; per F.C. il cammino era possibile solamente con l’aiuto di un adulto. Alle varie visite di controllo i medici dicevano che dovevamo insistere con la fisioterapia e così abbiamo fatto. F.C. cresceva ed il suo modo di camminare anche se con lenta gradualità si modificava. Noi genitori non riuscivamo a capire se il suo lieve progresso era dovuto alla sua naturale crescita ed adattamento al problema, all’apporto della fisiokinesi o ad entrambe le cose. Nel dubbio abbiamo scrupolosamente continuato ad eseguire la fisiokinesi. Nell’estate del 2009 quando FC. aveva circa 2 anni abbiamo iniziato a notare che nonostante il nostro impegno nel sottoporla alle 3 sedute settimanali di fisiokinesi, non notavamo più alcun progresso, così abbiamo deciso di rivolgerci alla dott.ssa Lucia Russi, neuropsichiatra infantile, che opera presso la struttura Angeli di Padre Pio, la quale dopo aver visitato ed osservato FC. ci diagnostica la chiusura dei cingoli e ci propone come soluzione di fare delle sedute di osteopatia, oltre alla somministrazione di botulino seguita da un ciclo intenso di fisiokinesi. Sinceramente fu la prima volta che sentivamo parlare di 112 Casi clinici ___________________________________________________________________________ osteopatia, e non sapendo cosa fosse ci documentammo subito. Quello che leggemmo sull’osteopatia ci riaccese una piccola speranza e chiedemmo subito un appuntamento al dott. In osteopatia Pietro La Macchia che la stessa dott.ssa Russi ci segnalò. Dopo i primi trattamenti iniziammo a notare dei cambiamenti: a quel tempo FC. riusciva a camminare se tenuta per mano, in pratica la dovevamo sostenere in tutto il suo peso, e solo così lei riusciva a dare dei passi; ebbene dopo le prime 5 sedute FC. pur camminando sempre sostenuta per mano da uno di noi, iniziava a sostenersi da sola in quanto era diventata più leggera, in poche parole non si appendeva più alla mano di chi la guidava; questa cosa non fu notata solo da noi, ma anche da altri in famiglia. Il problema di F.C. ad oggi non è ancora completamente risolto, è però migliorato di molto, ed a differenza di 1 anno fa oggi FC. seppur con una postura non ancora completamente corretta (va in punta con i piedini ed ha le ginocchia flesse) riesce comunque a camminare da sola appoggiandosi a mobili, sedie e pareti ed ultimamente inizia a compiere brevi tratti senza sostegni, lanciandosi nel vuoto, ad esempio quando deve attraversare il varco di una porta, riesce a salire le scale anche se in una posizione intermedia fra quadrupede ed eretta. E’ molto più sciolta nei movimenti e spesso tenta di mettersi alla prova imitando i suoi coetanei o la sorellina minore da cui riceve numerosi stimoli. Anche al parco giochi è in grado di salire i gradini dello scivolo e di posizionarsi seduta per scivolare; il tutto da sola. Le prime volte che saliva sull’altalena aveva paura e rimaneva seduta in una postura molto chiusa anche a livello di spalle; ora invece è molto più sicura ed assume una postura molto più morbida. E’ in grado di scendere da sola da una sedia da tavolo e non vuole assolutamente essere aiutata. Riesce a mettere in atto numerose strategie per sopperire alle sue difficoltà come quando per salire su un divano un po’ più alto prende da sola la sua sediolina, la avvicina al divano, vi sale sopra e di lì sale sul divano senza grosse difficoltà. Insomma F.C. Riesce ad articolare le gambe ed a fare tutti i movimenti che una persona normale farebbe, e giocando col suo piccolo carrozzino, quindi mantenendosi, riesce anche a camminare all’indietro. L’ultimo scoglio che ci auguriamo di superare attraverso le sedute di osteopatia che il dott. La Macchia esegue ogni 113 Casi clinici ___________________________________________________________________________ 2 settimane è quello di rompere la triplice flessione fra piedini, ginocchia e schiena e restituire a FC. una postura corretta ed un cammino il più naturale possibile. Il nostro racconto si ferma qui anche perché è difficile trasmettere per iscritto quello che si è vissuto in oltre 3 anni. In conclusione però, ed in base a questa nostra esperienza, ci preme rivolgere un appello soprattutto ai medici, in particolare ai primari dei reparti di neonatologia e soprattutto di patologia neonatale in quanto sia io che mia moglie, in base alla nostra personalissima esperienza qui sommariamente raccontata, sentiamo con certezza che se la nostra FC. avesse ricevuto trattamenti osteopatici dal giorno della nascita oggi saremmo qui a raccontarvi questa storia in un modo diverso in quanto certi che FC. avrebbe superato prima e meglio questa sua problematica perché aiutata per tempo. A tal fine speriamo che i primari della neonatologia e della patologia neonatale vogliano raccogliere questa nostra testimonianza e fosse solo per un mero scrupolo li invitiamo con forza a provare a trattare i bimbi prematuri con l’osteopatia; siamo certi che noterebbero una forte riduzione delle patologie ed in alcuni casi anche la completa guarigione, e se avremo avuto torto, comunque non avranno fatto nulla di male a questi piccolissimi bimbi speciali. Chiudiamo ringraziando doverosamente il dott. Pietro La Macchia che in circa 1 anno di trattamenti osteopatici si è fatto carico della nostra piccola FC. a titolo completamente gratuito arrivando così a sostenerci con un valido aiuto laddove il nostro Servizio Sanitario Nazionale è veramente carente. PAZIENTE 6 Nome: R.A. Data di nascita: 10.10.2005 Diagnosi: Spina bifida con idrocefalo derivato. Micosi della regione balano-prepuziale. Quadro clinico: vista la gravità della patologia i clinici avevano prospettato una eventuale non deambulazione del bimbo. A mio modesto parere quando ho visitato questo bimbo credevo di non 114 Casi clinici ___________________________________________________________________________ potergli dare alcun risultato, probabilmente grazie a delle forze intrinseche del sistema nervoso centrale e dello “spirito santo” questo bimbo ad oggi ha raggiunto la facoltà deambulativa. 115 Medicus ___________________________________________________________________________ MEDICUS MEDICUS CURAT NATURA SANAT 115 Bibliografia ___________________________________________________________________________ BIBLIOGRAFIA Tesi di Laurea 1. TRATTATO DELLE MALATTIE NERVOSE. Settima edizione 1975. Autore: Mario Gozzano (Professore Emerito di Clinica Neuropsichiatria dell’Università di Roma). 2. COME INIZIA LA VITA UMANA - Dall’uovo all’embrione. Prima edizione Traduttori: italiana Bindo 2009. Cozzolino, Autore: Claudia Erich Blechschmidt. Reimüller. Consulenza scientifica: Dott. Vincenzo Cozzolino, D.O. 3. Il Sistema Trigeminale: la Facilitazione. Prima edizione 2007. Autori: Cattaneo Ruggero, Monaco Annalisa. 4. Le opere di Viola M. Frymann, DO. L’osteopatia rivolta ai bambini. Prima edizione italiana 2009. Autore: M. Frymann, D.O. (Presentato dalla American Academy of Osteopathy in riconoscimento alla carriera ultracinquantennale della Dottoressa Frymann nella professione osteopatia). Traduzione a cura di Silvia Tuscano. Consulenza scientifica: Tiziana Patricelli, D.O. e Dott. Vincenzo Cozzolino, D.O. 5. Anatomia del SISTEMA NERVOSO centrale e periferico dell’uomo. Seconda edizione 1989. Autore: Luigi Cattaneo (Professore di Anatomia Umana Normale nell’Università di Pavia). 116 Ringraziamenti ___________________________________________________________________________ Ringraziamenti In primo luogo, esprimo riconoscenza alla Dott.ssa Lucia Russi, per aver subito sposato questa nobile “causa” e per aver acconsentito la realizazione di questo progetto anche se in parte e non di certo per sua colpa Di questo progetto ne avevamo già parlato precedentemente ed informato gli esponenti di “rilievo” della Fondazione San Pio di San Giovanni Rotondo. Esprimo riconoscenza alla Università dell’Aquila nelle persone del Rettore, Preside, Coordinatore e Docenti tutti per aver istituito un Master di Osteopatia. Esprimo sinceri ringraziamenti al Dott. Pio Mischitelli e al Dott. Nicola Scarale che per un breve periodo mi hanno dato la possibilità di frequentare il Centro di Riabilitazione “Gli Angeli di Padre Pio”, per il loro sostegno nella raccolta dei dati di questo lavoro. Non posso non ringraziare in maniera particolare i genitori dei bimbi che hanno creduto sia in me che nell’osteopatia, perché senza il loro contributo non sarebbe stato possibile l’elaborazione di questo piccolo lavoro.