Il Clima
La parola “clima” deriva dal greco klìma e significa “inclinazione
della terra dall’Equatore ai Poli”.
Le zone intorno all’Equatore ricevono la massima quantità di calore, l’inclinazione dei
raggi solari è minima lungo tutto l’anno e quindi c’è la massima insolazione; verso i Poli, la
quantità di calore ricevuta diminuisce sempre di più, perché i raggi del sole giungono con
una inclinazione sempre maggiore.
Questo fattore geografico determina di per sé, tra le varie regioni della Terra, sensibili
differenze di temperatura e, di conseguenza, di pressione e di umidità.
Vi sono altri fattori geografici che, a loro volta, influiscono sugli elementi
climatici e quindi sul clima:
• l’altitudine,
• la distanza dal mare,
• la vegetazione,
• le correnti marine,
• l’esposizione al sole.
L’importanza del clima e le zone climatiche
Le complesse relazioni che si stabiliscono tra
irraggiamento solare, atmosfera e idrosfera
hanno conseguenze importanti per la
distribuzione degli organismi viventi sulla terra.
Il clima, infatti, determina il tipo di vegetazione
e quindi anche il tipo di fauna che da essa
dipende.
Anche l’attività umana è un fattore di
modificazione del clima, a causa
dell’immissione massiccia nell’atmosfera di
sostanze inquinanti che ne alterano le
caratteristiche.
Le regioni della Terra che presentano climi
abbastanza simili vengono raggruppate in
grandi zone climatiche.
Partendo dall’Equatore e andando verso i poli, incontriamo la zona
tropicale o torrida, compresa tra i due Tropici.
Tra i tropici e i Circoli polari vi è la zona temperata, settentrionale e
meridionale.
In queste zone, il clima, è maggiormente favorevole all’insediamento
umano.
La zona compresa tra i Circoli polari e i Poli è la zona polare, artica ed
antartica.
Questi climi, comprendono a loro volta climi ancora più specifici, che riguardano
particolari regioni.
Per esempio, al clima temperato appartiene il clima oceanico che interessa la Gran
Bretagna e il Nord della Francia e il clima mediterraneo, tipico dell’Italia meridionale.
Le diverse combinazioni di temperatura e di umidità, oltre ai diversi climi determinano
i tipi di organismi animali e vegetali che possono vivere in una certa zona.
I cambiamenti climatici
I valori delle temperature, precipitazioni, umidità, insolazione, densità dell’ozono
stratosferico e troposferico, i movimenti delle masse d’aria atmosferiche e la
frequenza di cicloni tropicali sono diversi da quelli del passato recente.
Questi risultati sono frutto di imponenti investimenti in risorse umane e finanziarie
profusi in programmi di ricerca da molti paesi e da organizzazioni internazionali.
La conoscenza ormai profonda sulle vicende del passato ci permette di affermare
che l’evoluzione del clima è continua e molto più rapida di quanto non si
credesse.
Testimonianze di rapidi cambiamenti climatici, ci arrivano anche dall’Estremo
Oriente.
Le variazioni climatiche più recenti, sono ben note in Europa e anche in Nord
America, per merito dello studio sui cerchi di accrescimento dei tronchi secolari;
sono grandi e ben segnati nei periodi di bel tempo, stretti e irregolari, sintomo di
sviluppo stentato negli anni difficili, per freddo o per mancanza di umidità.
All’inizio del secolo scorso i ghiacciai raggiunsero l’espansione massima degli
ultimi 7.000 anni privando le popolazioni alpine dei pascoli più alti, sbarrando i
valichi fino alla chiusura di vie storiche di comunicazione, interne alla catena
alpina.
Il 1816 fu il momento più critico perché il gelo e l’umidità vennero aggravati
dall’esplosione di un vulcano in Indonesia. Si valuta un’eruzione di circa 150
chilometri cubi di ceneri.
Sotto la spinta di venti in quota, le particelle leggere hanno reso torbida
l’atmosfera su tutto il pianeta, intercettando anche la radiazione solare.
Giugno, luglio e agosto portarono ovunque freddo, neve e ghiaccio: fu definito
l’anno senza estate.
L’intervento umano, negli ultimi decenni, ha causato l’aumento della concentrazione di
anidride carbonica in atmosfera e del vapore acqueo, frutto della combustione di
sostanze organiche fossili. Questo ha portato ad un progressivo riscaldamento
della Terra. Il Sole, irradia la Terra che a sua volta riflette verso l’esterno la
radiazione cambiata di lunghezza d’onda. Questa energia viene assorbita dai
cosiddetti gas – serra e produce il global warming, cioè il riscaldamento globale.
Il rapporto di causa
effetto fra questi
fenomeni è avvenuto
altre volte nella storia
geologica del pianeta.
È molto difficile stabilire quanta parte ha l’azione dell’uomo con le oscillazioni naturali del
clima.
L’uomo è per sua natura un conservatore e vede con timore qualunque variazione
dell’habitat nel quale vive, perché questi cambiamenti alterano gli equilibri che si è
costruito.
I mutamenti in atto sono già abbastanza vistosi.
L’uomo modifica l’atmosfera e il clima
Nel processo di combustione di un chilogrammo di carbone si formano circa 3,5
chilogrammi di anidride carbonica.
Anche gli altri combustibili fossili, cioè il petrolio, da cui si ricavano la benzina e la
nafta, e il gas naturale formato soprattutto da metano, quando bruciano producono
anidride carbonica, anche se in quantità un po’ inferiore; anche la legna secca, nella
combustione libera anidride carbonica in una quantità che è all’incirca una volta e
mezzo il suo peso; l’uomo stesso ne emette una certa quantità ogni volta che emette
aria dai polmoni.
L’anidride carbonica, non è una sostanza dannosa, anzi è indispensabile per le piante
che la utilizzano nella fotosintesi.
Il suo accumulo nell’atmosfera causa un riscaldamento della Terra con l’effetto serra.
L’anidride carbonica è una sostanza nociva per l’ambiente perché può modificare il
clima, ma non è nociva per la salute dell’uomo e degli altri esseri viventi.
Nei processi di combustione, a seconda delle condizioni, si formano altri prodotti
gassosi residui, che possono essere molto dannosi.
Questi inquinanti atmosferici comprendono:
• il monossido di carbonio,
• l’anidride solforosa,
• gli ossidi di azoto,
• gli idrocarburi
• le polveri sospese.
Le polveri sospese sono particelle solide presenti nei fumi e nei gas di scarico o
provenienti da lavorazioni industriali.
Ci sono altre sostanze inquinanti che non provengono da processi di
combustione come il metano e i clorofluorocarburi (CFC).
Le principali fonti di inquinamento connesso a processi di combustione
sono le centrali termoelettriche, seguite da mezzi di trasporto, dagli impianti
industriali e da altre fonti come gli impianti di riscaldamento domestico, gli
inceneritori di rifiuti e gli incendi appiccati alle foreste.
I maggiori problemi ambientali causati dagli inquinanti atmosferici possono avere
effetti locali come lo smog fotochimico, che interessa i centri urbani in quanto
causato dal traffico veicolare, oppure possono interessare zone più estese come le
piogge acide o riguardare l’intero pianeta come l’effetto serra o la riduzione dello
strato di ozono, il cosiddetto “buco dell’ozono”.
Le piogge acide
L’estrazione e l’utilizzo di grandi
quantità di combustibili fossili ha
determinato la reinmissione
nell’atmosfera di una grande quantità
di composti del carbonio, dello zolfo e
dell’azoto e di polveri contenenti
metalli pesanti, idrocarburi e altre
molecole molto complesse che
derivano dalla combustione
incompleta.
Queste sostanze in effetti sono già
presenti nell’ambiente ma in quantità
molto inferiori.
Il problema deriva dal fatto che tutte
queste molecole interagiscono
determinando dei disturbi agli equilibri
raggiunti dagli ecosistemi.
L’acqua piovana si origina
dall’evaporazione delle superfici
acquatiche dei mari, dei laghi, dei fiumi e
dalla traspirazione soprattutto dei
vegetali.
L’acqua piovana è senza sali,
praticamente è come l’acqua distillata.
In atmosfera però il vapore acqueo
condensa a contatto con particelle solide
che incontra sciogliendo i gas che sono
contenuti nell’atmosfera.
Inoltre si arricchisce di materiali vari
come polveri e detriti del suolo sollevati
dal vento, oppure gas che provengono
dalle eruzioni vulcaniche, dagli incendi dei
boschi, dalla decomposizione degli
organismi viventi, dai cicli di alcuni
elementi come il ciclo dell’azoto e dello
zolfo e dai fenomeni di combustione.
Un aumento di acidità della pioggia ha avuto inizio nella seconda metà del secolo
scorso, cioè da quando è iniziato l’uso massiccio dei combustibili fossili.
Per indicare questa variazione chimica delle piogge è stato coniato il termine di piogge
acide, termine impiegato per la prima volta nel 1853 dal chimico inglese Smith, che per
primo lo utilizzò per indicare le piogge che caddero in quegli anni sulla città di
Manchester e dintorni provocando molti danni.
Inoltre si possono citare i devastanti effetti sulle foreste e i danni agli ecosistemi d’acqua
dolce sparsi in quasi tutto il pianeta.
È problema è alquanto difficile da contenere in quanto le piogge acide non cadono
necessariamente nel luogo ove si formano ma anche a centinaia di chilometri di
distanza perché le sostanze inquinanti possono essere trasportate a grandi distanze in
atmosfera.
Studi approfonditi, hanno provato che essi derivano in quantità significativa da sorgenti
lontane.
Quindi sono interessati Paesi che non sono gli stessi che producono le
sostanze inquinanti, in quanto si tratta di molecole trasportate facilmente dai venti
e dalle precipitazioni. Si parla infatti di inquinamento transfrontaliero.
Le principali sostanze responsabili delle piogge acide sono alcuni
prodotti di attività industriali e dai veicoli a motore.
In particolare:
- l’anidride solforosa,
- gli ossidi di azoto che si sciolgono nell’acqua formando acido solforico
e acido nitrico.
Tutte queste sostanze vengono
prodotte normalmente anche in
natura, ma a concentrazioni
piuttosto basse.
Tuttavia sono le molte attività
dell’uomo che ne hanno
notevolmente aumentato la
quantità.
Il fenomeno delle piogge
acide rappresenta anche
in Italia un problema e un
grosso rischio anche per il
nostro patrimonio
artistico, poiché provoca
un deterioramento molto
veloce dei monumenti.
Né sono da sottovalutare gli effetti sulla vegetazione e sul suolo.
Ad esempio si è osservato la modificazione delle dimensioni delle foglie o
delle gemme, l’ingiallimento, l’accartocciamento delle foglie, la
rarefazione della chioma, la diminuzione degli accrescimenti.
Le piogge acide corrodono i manufatti di metallo e le costruzioni in marmo;
inoltre sono dannose e pericolose per gli organismi viventi.
Gli ambienti dove si hanno danni maggiori sono le foreste e gli ambienti
lacustri (ambienti in cui molte specie e soprattutto i pesci muoiono a causa
dell’aumento di acidità).
Studi approfonditi effettuati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche
con sede a Verbania, hanno portato alla conclusione che le
deposizioni acide sulle acque dei fiumi e dei grandi laghi subalpini
non sono particolarmente preoccupanti grazie alle favorevoli
caratteristiche geologiche del territorio.
Il problema invece è più marcato per le acque dei piccoli laghi
alpini d’alta quota, in quanto sono caratterizzati da bacini di
raccolta di dimensioni modeste e si trovano in aree con rocce poco
solubili, che non sono in grado di tamponare l’acidità delle
precipitazioni.
Concludendo:
è auspicabile maggiore integrazione della ricerca italiana
in questo settore con la ricerca internazionale, soprattutto
a livello di monitoraggio della qualità dell’aria e delle
precipitazioni.
Contemporaneamente è indispensabile ridurre le
emissioni in atmosfera delle sostanze inquinanti.
BIBLIOGRAFIA
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L. Leopardi, M. Gariboldi “Il libro delle Scienze – La materia e
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A. Rullini, C. Nicola, T. Vercellino “ Scoprire la Terra e il Sistema
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T. Durante, G. Moreno, E. Totano Aloj “Introduzione alle scienze
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A. Vallega “Geopercorsi – Italia” Ed. Le Monnier
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