LIBELLULA GENTILE
un film di
Francesco Ferri
prodotto da
[TRP] Trevigliopoesia
“Un animale mi ha colpito, al punto da diventare poi uno dei centri di questo libro: la libellula. Il suo volo
franto, ora leggero e veloce ora immobile e in surplace, mi ha fatto pensare a certi meccanismi del pensiero
e della percezione, meno lineari di quanto a volte pensiamo. Ecco: provare a imitare il volo di una libellla.
Questo mi piacerebbe saper fare.”
Fabio Pusterla, a proposito della sua ultima raccolta di poesie Argéman 2014
IL FILM
Fabio Pusterla è un poeta e un insegnante. Entriamo nel suo laboratorio, alla ricerca di come nasce una
poesia prima ancora di essere scritta sulla carta. Una poesia che spesso si nutre del caso: di un incontro
fortuito, di un volto, di un gesto, di un suono, di un oggetto, di una notizia alla radio. Una poesia che sta sulla
frontiera: fra il lago e la terra, l’io e il noi, la conservazione e l’oblio, i vivi e i morti. Roccia stratificata,
fragile strumento umano.
E poi seguiamo Pusterla dentro un’aula, osservando il lavoro con i suoi allievi: alla ricerca di quella goccia
di splendore, di quell’attimo raro in cui insegnare acquista senso, regala una fragile speranza.
E ancora lo vediamo spostarsi di luogo in luogo, di appuntamento in appuntamento, di conferenza in
conferenza. In mezzo ai suoi lettori, rincorrendo risposte alle domande, celando la stanchezza dietro un
sorriso. E a tratti (in quel sorriso, in quegli occhi, in quelle mani che si stropicciano il viso), lo spaesamento.
La confessione di un pensiero disperato: non avere più niente da dire. Un vuoto di senso.
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Libellula Gentile | Francesco Ferri
IL PROTAGONISTA
Fabio visto da Pusterla
Nel suo ultimo libro, nel capitolo Rappresentazioni del signor nessuno, Fabio Pusterla raccoglie una serie di
autoritratti ricavati da esperienze vissute. L’io lirico notoriamente aggraziato del poeta, quando parla di sé
diventa a tratti cinico e spietato.
…
“nel senso che va bene essere educati vanno bene le buone maniere, però, cazzo,
possibile che non ti scaldi mai, che non
ti arrabbi? Cioè non è che per finire
facendo così ti pari anche un po’ il culo?
Scusa se te lo dico…”
…
“a vederti adesso, dopo tanti anni,
sempre con quello sguardo un po’ smarrito,
come se una ferita ci fosse, o qualcosa,
mi domando come stai, se sei sereno”
…
“mai conosciuto nessuno come te
che schiva i contrasti saresti capace
di non sentire per non litigare
forse hai paura”
…
“ciao, sono contento di rivederti e anche un po’ emozionato,
e ho visto che hai cambiato marca di sigarette,
ma come non è vero se ti prendevo sempre in giro
per via del filtro bianco della MaryLong,
come non è vero, non capisci che se menti
su una cosa così cancelli tutto, tu
fumavi le MaryLong, e se dici di no
tradisci ogni cosa a me non resta altro”
Fabio visto dal regista
Prima di iniziare questo film, non conoscevo Fabio. A presentarmelo sono stati gli amici di Trevigliopoesia,
che mi hanno proposto questo lavoro. Siamo andati a trovare Fabio a casa sua: una casa bellissima, sul lago,
ad Albogasio. La casa che era dei suoi genitori.
Ci ha accolti con gentilezza (quella sua gentilezza così piena che può sembrare al limite della circostanza).
Composto. Integerrimo. Ci ha introdotto nelle stanze della sua casa: il soggiorno con la grande libreria
(Fabio legge di tutto, ma prima di andare a dormire solo romanzi gialli); la cucina (a Fabio piace cucinare);
le camere e i corridoi affollati di manifesti cinematografici; lo studio, piccolo, raccolto. E da ogni finestra il
giardino fuori, e poi il lago.
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Abbiamo incontrato anche la moglie, Claudia, che Fabio ha conosciuto ai tempi degli studi a Pavia: il volto
aperto e gioioso, la parlata schietta. Compare giovane nel bianco e nero di una foto scattata a Saint Tropez,
appesa in sala. Non vive all’ombra del marito, nessun culto della personalità: gira attorno a lui divertita e
leggera. È lei che ha riempito la casa di locandine di film. È lei che trascina Fabio al cinema. E con lui
condivide anche un’altra passione: quella per l’insegnamento. Insieme hanno scritto un libro, Il lavoro del
traduttore, inteso come esercizio di assenza, d’immedesimazione nell’altro da sé e quindi di rinuncia.
Non ci siamo dilungati molto nel parlare del progetto del film, in quel primo nostro incontro. Fabio ha capito
subito. “Mi vuoi pedinare, insomma”. E così, semplicemente, abbiamo cominciato a girare, camminando
intorno alla sua casa, per le vie di Albogasio, ancora in parte innevate in quei giorni, spingendoci fino al
margine del paese, già in prossimità dei boschi. Ho iniziato a pedinarlo, appunto.
E, pedinandolo, ho cominciato a conoscere Fabio. La sua passione per la parola, il suo interrogarsi su di essa,
sul suo valore, sulla sua funzione. La dedizione al suo lavoro di insegnante. Il suo cercare sempre empatia
con gli altri. Ma, anche – colta nelle parentesi, in filigrana, in controluce – l’avanzare di una crisi.
Dopo l’uscita dell’ultima raccolta di poesie, ci confessa, sta vivendo un periodo come di spaesamento, pensa
di non avere più nulla da dire e di non sapere dove andare.
Fabio nelle quarte di copertina dei suoi libri
Nato a Mendrisio, in Svizzera, nel 1957, Fabio Pusterla si laurea a Pavia con Maria Corti. Vive con la sua
famiglia ad Albogasio, in provincia di Como, sulla frontiera fra Italia e Svizzera. Insegna letteratura al Liceo
di Lugano e all’Università della Svizzera Italiana.
La prima raccolta di poesie, Concessione all’inverno, esce da Casagrande, a Bellinzona, nel 1985. Suscita il
consenso immediato di critici e poeti. La sua poesia selvatica, luminosa, molto comprensibile, conquista il
pubblico. Una poesia che combina tempeste e spiragli. Nature sublimi e catrame. Lampi lirici, ma anche
tuoni politici. Moniti, carezze, visioni. Da allora, si succedono Bocksten (1989), Le cose senza storia (1994),
Pietra sangue (1999), Folla sommersa (2004) e Corpo stellare (2010), tutti editi da Marcos y Marcos.
Nel 2009 Einaudi pubblica un'antologia di poesie del periodo 1985-2008, sotto il titolo Le terre emerse. Il
suo ultimo libro di poesia è Argéman (2014), uscito ancora una volta per i tipi di Marcos y Marcos.
Significativa è anche la sua opera di traduttore. Nel Nervo di Arnold propone un ampio itinerario tra le
pieghe più feconde della letteratura contemporanea. Importante la sua amicizia con Philippe Jaccottet,
celebre poeta francese di cui traduce varie opere: Il barbagianni. L’ignorante, Alla luce d’inverno, E,
tuttavia.
Nato dalla sua esperienza di insegnante e dedicato al mondo della scuola è Una goccia di splendore.
Riflessioni sulla scuola nonostante tutto (Casagrande, 2008).
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Fabio Pusterla ha ricevuto il Premio Montale (1986), il Premio Schiller (1986, 2000, 2011), il Premio Dessì
(2009); i premi Prezzolini (1994), Lionello Fiumi (2007) e Achille Marazza (2008) per la traduzione
letteraria; il Premio Gottfried Keller (2007), il Premio svizzero di letteratura (2013) e il Premio Napoli
(2013) per l’insieme dell’opera.
NOTE DI REGIA
Il film nasce dalla proposta di alcuni amici che da anni organizzano un festival di poesia, Trevigliopoesia. La
loro idea era quella di realizzare un documentario su un poeta contemporaneo, da loro già individuato, Fabio
Pusterla.
Inizialmente sono un po’ scettico, non ne so molto di poesia e il mio più grande dubbio è come rendere
visibile un processo così misterioso e insondabile come quello della creazione poetica, che avviene sempre
nell’interiorità del soggetto scrivente e per natura si nega all’essere mostrato.
Parto dall’etimo della parola “poeta”: da poeio, ovvero colui che crea, che fa, che produce. Fiducioso nelle
potenzialità del mezzo cinematografico di interrogare il reale, inizio il documentario.
Andiamo a trovare Fabio a casa sua. Lui era curioso di quello che sarebbe potuto succedere ma anche un po’
titubante su quello che immaginava avrebbe dovuto fare. Gli ho detto che per me sarebbe stato interessante
osservarlo, seguirlo, prima negli incontri pubblici e poi sempre più nel familiare. Ho cominciato a filmarlo
da subito. È iniziata un’amicizia e per me un viaggio nella poesia.
Per realizzare questo film ho deciso di puntare sulla vicinanza e sull’empatia, sulla possibilità di
comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona in modo immediato, senza ricorso
alla comunicazione verbale. Ho deciso di puntare sulla spontaneità, ossia su quelle epifanie del reale che
agiscono più sulla sensazione che sull’intelletto.
Si tratta di un film performativo: quello che rimarrà è la testimonianza di una relazione, di un corpo a corpo.
Lo sguardo non è oggettivo, ma parziale, tremolante, simile a quello della libellula. La frammentarietà è
un’inevitabile condizione della realtà e base di conoscenza. La drammaturgia sarà fatta di residui: quello che
più conta, a mio avviso, non è ciò che l’immagine racconta, ma quanto di autentico dell’evento vissuto è
rimasto impigliato nell’immagine. L’immaginazione dello spettatore completerà il film: il suo è un ruolo
attivo nella creazione di senso.
Non c’è la pretesa di conoscere il protagonista fino in fondo. L’unica cosa che ci è consentito è stare con lui,
avvicinarci, raggiungere una silenziosa intimità, passare del tempo insieme e poi lasciarsi, almeno
cinematograficamente.
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NOTE DI PRODUZIONE
Il film nasce da un progetto di [TRP] Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia nato nel 2007 e
organizzato dall’associazione Nuvole in viaggio.
Fabio Pusterla si è dimostrato da subito interessato al progetto e ha dato la sua piena disponibilità per le
riprese.
Per conto di Trevigliopoesia, Emanuele Rozzoni, Cristiano Poletti, Stefano Pini e Gianluca D’Andrea
seguono la ricerca, lo sviluppo e la produzione del documentario.
Le riprese sono iniziate a febbraio. È in programma un periodo di riprese continuative di circa una settimana
a inizio maggio. Indicativamente si pensa di ultimare le riprese entro l’estate e il montaggio entro l’anno.
Attualmente si è iniziata la ricerca di partner per la produzione del film.
PROFILO DELL’AUTORE
Francesco Ferri è nato nel 1982 a Treviglio (BG). Si diploma nel 2004 in fotografia all’Istituto Europeo di
Design di Milano. Nel 2007 frequenta un Master in Photo, Video and Related Media alla School of Visual
Art di New York. Partecipa a workshop formativi organizzati da Zelig, Festival del film Locarno,
Filmmaker, Lab80, OffiCine Fare Cinema, in cui ha modo di seguire corsi e incontri con diversi cineasti:
Aleksandr Sokurov, Paolo Benvenuti, Silvio Soldini, Michelangelo Frammartino, Leonardo Di Costanzo,
Ben Rivers, Studio Azzurro.
Ha diretto diversi cortometraggi documentari: Super Papa, E non ci vedavamo…, The Advy Family, La
Notte, proiettati in vari festival nazionali e internazionali.
Libellula gentile è il suo primo lungometraggio documentario.
CONTATTI
Francesco Ferri | Regista
[email protected]
Tel. +39 338 2829813
Emanuele Rozzoni | Produttore
[TRP] Trevigliopoesia - Associazione Nuvole in viaggio
[email protected]
Tel. +39 339 1988053
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Libellula Gentile | Francesco Ferri
Congedo
Libellula gentile
vola
fatti veloce
lieve traversa i nembi
di chi più si dispera
e non ha voce
portati svelta in vista,
azzurra chiama agli occhi
e gli stupori.
Giù nelle vite perse nei solchi profondissimi di nero
Tessi la tua conocchia luminosa,
deponi lo smeraldo di un’ipotesi,
di un’ala.
Dopo, tocca ogni cosa
Sillaba bene il suo nome
E falla vera.
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