Editoriale Senza regole, giuridiche e etiche, la libertà non è esaltata ma soffocata L a libertà economica è connaturata all’essere uomo, perché ne esprime la sua dimensione creativa, la genialità inventiva e realizzativa, la sua forza di pensiero e capacità di darvi attuazione. È quindi una forma di espressione, tra le più importanti, della libertà spirituale della persona. Non per nulla, storicamente, la libertà economica è intrecciata alla libertà religiosa, da cui discende. Che a sua volta, è intrinsecamente legata alla libertà di pensiero, di cui ne sostanzia il contenuto. Parlare di confini - cioè anche di limiti - a quella che è una libertà fondamentale e primaria della persona umana, precedente all’esistenza degli stati e delle leggi, che semmai la riconoscono e non la concedono, è quindi operazione delicata e non scevra da insidie. Perché tocca una dimensione costitutiva della natura umana che si esprime nello sviluppare iniziative, nella possibilità di organizzarsi, di dar vita a realtà nuove. Per chi crede, di essere cioè copartecipi dell’azione creatrice del Creatore. Eppure, riflettere sui «confini» di tale libertà come ha voluto fare il Festival dell’Economia di Trento, giunto quest’anno alla sua sesta edizione, che si è dato per tema conduttore proprio «I confini della libertà economica», è esercizio di grande importanza e interesse, tanto più in tempi come i nostri che vedono tornare alla ribalta la «voglia di Stato» interventista nell’economia, in alcuni casi con intenti che nulla hanno a che vedere non solo con la libertà L’UOMO AL CENTRO DELL’AGIRE ECONOMICO PIERANGELO GIOVANETTI ma nemmeno con l’economia. Ma è giusto riflettere su tali confini, perché anche la libertà economica - come tutte le libertà e i diritti - non è assoluta, ma va temperata dentro limiti e regole, non solo giuridiche ma anche etiche, che ne consentano un esercizio adeguato per tutti, dentro una piena realizzazione dell’uomo, di ciascun uomo. Vediamo allora quali possono essere questi «confini» dentro cui far crescere e sviluppare tale lievito di libertà, che può essere portatore di benessere e di sviluppo, non solo per i singoli ma per l’intera collettività. Innanzitutto il riferimento alla persona, cioè alla centralità dell’uomo, anche nell’economia. Non va mai dimenticato che alla fin fine il parametro di ogni iniziativa, di ogni intrapresa, resta l’uomo, cioè se l’azione economica fa crescere o meno la dimensione umana dell’individuo e della società o la fa arretrare, e se ne garantisce i confini inviolabili, innanzitutto il rispetto della vita e della dignità umana. Questo investe i temi della sicurezza sui luoghi di lavoro, dello sfruttamento e delle tutele di chi lavora, specie se minore, della salvaguardia dei diritti fondamentali dei lavoratori, che sono copartecipi della «comunità di lavoro» che è l’impresa. Porre l’uomo al centro nell’economia vuol dire anche aver sempre presente la responsabilità del proprio agire, pure nelle conseguenze che ciò può determinare, per esempio nei confronti dell’ambiente e dell’equilibrio bioecologico. E avere l’uomo come riferimento anche nella dimensione economica dell’agire significa non dimenticare quello che la Costituzione italiana chiama «funzione sociale» della proprietà e dell’iniziativa economica, per- l’Adige ché «possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» (articoli 41 e 42). Indagare sui «confini» della libertà economica vuol dire pertanto avere ben presente che essa necessita di regole per un suo corretto funzionamento. Sapendo benissimo che, senza queste regole, tale libertà non è esaltata ma soffocata, come le forme più sciolte e estreme di liberismo e di turbocapitalismo hanno ampiamente dimostrato fin dagli albori dell’industrializzazione. E regole oggi, sono quelle che la Comunità internazionale impone (o dovrebbe imporre con sempre maggior forza), quelle delle Autorità di regolamentazione del mercato, quelle che i parlamenti decidono (o dovrebbero decidere) tenendo presente il bene comune superiore a singoli interessi settoriali e individuali. Quelle che le autorità comunitarie (a volte) stabiliscono per garantire un più equilibrato sviluppo, dentro vincoli di mutuo aiuto. Certo, ragionare sui «confini» della libertà economica implica considerare anche i rischi che questi interventi limitativi possono mettere in atto. Per esempio, la pretesa degli Stati di «dirigere» l’economia, di asservirla a finalità di consenso invece che di liberarne le energie creative, di frenarne la crescita con pastoie, lacci e lacciuoli perché ciò crea potere e controllo, anche se sfianca e inaridisce la forza creativa dell’impresa. Di tutto questo si parlerà al Festival di Trento che prende inizio giovedì 2 giugno. Una preziosa occasione per capire meglio il nostro oggi, ma soprattutto per costruire futuro. [email protected] 1 Indice Alan Krueger, professore a Princeton L’EDITORIALE PIERANGELO GIOVANETTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 IL FESTIVAL Alberto Alesina torna a parlare al Festival SECONDO... TITO BOERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 INNOCENZO CIPOLLETTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 LORENZO DELLAI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Zygmunt Bauman LE INTERVISTE AI PROTAGONISTI Dani Rodrik, insegna alla J.F.Kennedy School of Government della università di Harvard l’Adige Editrice: S.I.E. Società Iniziative Editoriali spa Direttore responsabile: Pierangelo Giovanetti Presidente del consiglio di amministrazione: Sergio Gelmi di Caporiacco Vicepresidente: Marina Mattiazzo Gelmi di Caporiacco Amministratore delegato: Luciano Paris A cura di: Renzo Moser Stampa: S.I.E. Spa - Trento ZYGMUNT BAUMAN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PIPPO RANCI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ALAN KRUEGER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DANI RODRIK . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ALBERTO ALESINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIAN CARLO CASELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TIMOTHY HATTON . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ANGELO DEL BOCA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SUSANNA CAMUSSO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FRANCESCA BETTIO, ORIA GARGANO . . . . . . . . . . . . . . . . MONICA D’ASCENZO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . MARISTELLA BOTTICINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . UNA FOTOGRAFIA DEL ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ DA Angelo Del Boca TRENTINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 NON PERDERE GLI EVENTI, LE MOSTRE, I MUSEI IL 12 17 20 22 26 28 30 32 37 42 46 50 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 POSTO GIUSTO PER... Gian Carlo Caselli Pubblicità: Copyright S.I.E. Società Iniziative Editoriali spa Via delle Missioni Africane, 17 – Trento Supplemento al numero odierno de “l'Adige” - Maggio 2011 Spedizione in abbonamento postale D. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1, comma 1, DCB Trento - MANGIARE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 - DORMIRE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 - DIVERTIRSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 DOVE COME QUANDO MAPPA DEI LUOGHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 IL PROGRAMMA COMPLETO DEL FESTIVAL . . . . . . . . . . . . 77 l’Adige Susanna Camusso 3 L’intervista Tito Boeri: dico sì allo Stato regolatore, no allo Stato imprenditore Tito Boeri, responsabile scientifico del Festival. Quest’anno lo Scoiattolo si occupa dei confini della libertà economica. Nell’Index of Economic Freedom del Wall Street Journal e della Heritage Foundation, l’Italia figura all’87° posto su 183, Paesi, dietro al Burkina Faso. Siamo messi così male? Non sono particolarmente entusiasta di questi indici. Sono anzi sospettoso, perché cambiano spesso, e di molto, nel giro di un anno, e non può essere, visto che stiamo parlando di caratteristiche strutturali di un singolo Paese. Ma è vero che l’Italia è molto indietro. Abbiamo il problema forte di una definizione più chiara tra l’iniziativa pubblica e quella privata. Ci sono troppe cose sospese in un interregno indefinito, con intersezioni forti e perverse tra i due mondi. Tutti o quasi, in Italia, si professano liberisti. Il governo annuncia riforme quasi quotidianamente, ma raramente agli annunci seguono i fatti. Siamo liberisti solo a parole? Sì, è vero. Prendiamo il decreto sviluppo: doveva dare il via, secondo gli annunci, a nuovi processi di liberalizzazione. In realtà, non ce n’è nemmeno uno. Anzi, si fanno addirittura dei passi indietro, con l’obiettivo di rafforzare l’intervento pubblico in economia. Effettivamente, è un grosso problema per l’Italia. Di quali riforme ha bisogno il Paese per sbloccare questa situazione? Se ne discute da anni, l’agenda è nota. Abbiamo ancora troppi servizi protetti dalla concorrenza, col risultato che sono più costosi e penalizzano le nostre aziende che devono esportare. Poi, lo ribadisco, c’è la commistione di pubblico e privato nel- BISOGNA SMANTELLARE GLI INTRECCI TRA ECONOMIA E POLITICA RENZO MOSER la governance di molte imprese, e strutture di controllo che si sono sedimentate negli anni e che pregiudicano la contendibilità delle imprese. Beh, è evidente che in Italia la contendibilità delle imprese non viene vista come un punto di forza del mercato. Tutt’altro. Lo insegna il caso Parmalat, di cui si è scoperta, tutto a un tratto, l’importanza strategica per il sistema Paese. Su Parmalat si è voluto intervenire dando un pessimo segnale ai mercati, poi però non si è nemmeno riusciti a farlo. C’è stata una certa goffaggine, da parte del governo. Noi dovremmo attrarre gli investitori stranieri, ma con norme di questo tipo, gridando al lupo al lupo, alterando il funzionamento di istituti come la Cassa depositi e prestiti, paventando una nuova Iri, non facciamo altro che scoraggiare gli investimenti dall’estero. Nel caso della Parmalat, poi, pensiamo anche ai piccoli risparmiatori e agli obbligazionisti, che grazie a Lactalis riusciranno a recuperare fino al 65% di quanto avevano investito. Se poi spuntanto imprenditori con un serio progetto industriale, pronti a lanciare una contro Opa, ben vengano. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti da tempo non nasconde tentazioni interventiste, basta pensare alla Banca del Mezzogiorno. Torneremo alle partecipazioni statali? Il rischio c’è, anche se non si possono spostare indietro le lancette della storia. Ma il pericolo più grave è quello di tornare, più che all’Iri, alle Bin (le banche di interesse nazionale, che erano la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma, ndr), anche grazie all’uso delle Fondazioni per intervenire sugli assetti di vertice dei nostri istituti di credito. Abbiamo sindaci che possono determinare gli equilibri delle nostre grandi banche. Se mi consente una battuta, Fassino, diventato sindaco di Torino, può finalmente dire: abbiamo una banca! Con il crescente interventismo del- l’Adige lo Stato sembra avverarsi quello che è stato definito come «il capitalismo di don Rodrigo», con le imprese tenute di fatto sotto ricatto. È così? Penso di sì. Abbiamo fatto un’indagine sull’uso del tempo dei grandi manager, analizzando la loro settimana tipo di lavoro. Moltissime aziende e i loro top manager, e stiamo parlando di realtà di primo piano, dedicano quantità di tempo sorprendenti ai contatti con i politici. Due amministratori delegati sui tre hanno incontri con esponenti politici almeno una volta a settimana. Dedicano ai politici più tempo che ai banchieri. Questo la dice lunga sull’intreccio che esiste in Italia. La crisi finanziaria ha legittimato questo nuovo interventismo? No, la crisi ha legittimato la presenza di autorità più forti di regolazione del mercato, come è in parte successo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Quella è la direzione giusta, poiché c’è stato un vuoto di regolamentazione e supervisione. Sì, dunque, all’intervento pubblico come regolatore, non come investitore. Torniamo al Festival. Dia un consiglio al popolo dello Scoiattolo: grandi star a parte, quali saranno gli appuntamenti imperdibili? Devo fare come un buon allenatore di calcio, non mi posso soffermare sui singoli: tutti i relatori sono di altissimo livello. Direi che la novità più accattivante è il format «Pro e Contro»: chi parteciperà a questi confronti potrà esprimersi sul tema dibattuto. Lo farà prima e dopo il confronto con gli esperti, così da capire se c’è stato un qualche valore aggiunto. Sarà un esperimento interessante, e invito il pubblico del Festival a partecipare. 5 L’intervento La crisi ci ha fatto riscoprire le aziende strategiche per la nazione U I CONFINI SEPARANO E AVVICINANO INNOCENZO CIPOLLETTA questo stanno trattando i governi dei nostri paesi assieme alle istituzioni internazionali, per uscire da questa crisi e per cercare di evitare la prossima. Ma il tema dei confini della libertà economica è anche e soprattutto un tema di fondo della teoria economica. Su questo tema si sono cimentati da sempre tutti gli economisti. La teo- ria economica ruota attorno ai confini tra libertà economica e ruolo dello Stato. Questo tema ha travalicato il terreno della teoria economica per arrivare alla politica. Tutto il Novecento è stato caratterizzato dal confronto politico e anche militare tra regimi che si richiamavano alle libertà economiche e regimi che invece propu- gnavano un’economia dirigista, pianificata dal governo e con ambiti di scelta molto limitati per i singoli cittadini. Oggi possiamo dire che l’economia di mercato è risultata essere superiore a quella dirigista, ma tuttora esistono grandi e piccoli paesi dove le libertà economiche sono limitate. E la crisi recente ha riproposto, anche ai paesi occidentali, il tema dell’intervento pubblico nei casi di fallimento del mercato. Discutere oggi di questi temi, significa dunque addentrarci nelle profondità della teoria economica, ma anche partecipare a pieno al dibattito attuale su regole e comportamenti. E il nostro paese ci offre continui spunti di riflessione partendo da questi temi. La crisi ci ha fatto riscoprire le aziende strategiche per la nazione, dopo un periodo in cui era una bestemmia parlare di settori strategici. È così che abbiamo «salvato» l’Alitalia contro molte regole del buonsenso economico e R1051406 na doppia sfida ha connotato, sin dall’inizio, il nostro festival dell’Economia a Trento. Quella di essere una manifestazione che tratti temi attuali, ma che allo stesso tempo ci faccia riflettere su questioni di fondo, quindi su argomenti che non si esauriscono con gli eventi che li hanno sollecitati. È una sfida che abbiamo sempre accettato, anche questa volta. I confini della libertà economica, titolo della sesta edizione, ci ricorda sicuramente la grande crisi finanziaria che ancora attanaglia il mondo. Una crisi nata dall’eccesso di libertà, dalla carenza di controlli, dalla supposta supremazia del mercato sugli interventi delle autorità. Fin dove può spingersi la libertà economica? Quali sono i suoi limiti e i suoi confini? Di Vicolo dell’Adige, 31 38122 TRENTO Tel. 0461 260053 Fax 0461 261063 l’Adige 7 L’intervento: Innocenzo Cipolletta renda troppo forte e potente chi possiede un eccesso di mezzi economici. Tocca la libertà morale e etica che impone comportamenti non necessariamente consoni con gli interessi economici. Tocca la libertà dal bisogno per quanti non hanno mezzi per sopravvivere in modo dignitoso. Tocca la disponibilità di risorse naturali e ambientali senza le quali non si può vivere. L’economia non pretende di spiegare tutto, anche se in qualche fase della nostra storia, come la recente, essa sembrava rappresentare una vera e propria teoria generale del genere umano. L’economia ha bisogno di confrontarsi con le altre scienze umane per tracciare i suoi limiti, ma anche per arricchire i suoi contenuti con elementi che non necessariamente sono economici. L’homo oeconomicus non esiste in natura. Esiste l’uomo, la persona, che racchiude in se tutte le sfaccettature che le diverse teorie cercano di isolare. Per questo, oggi è importante discutere, ad esempio, non solo del ritorno dello Stato nel controllo dell’economia, ma anche del rapporto che c’è tra economia e ambiente. Siamo al- la vigilia di un possente balzo in avanti di intere popolazioni che accedono per la prima volta alle soglie dello sviluppo. Paesi come Cina, India, Brasile, Indonesia, Brasile, Turchia e molti altri sono entrati nell’area dei paesi industriali. La stessa Africa sub-sahariana, da sempre considerata zona di regresso economico, sta mostrando segni di crescita e si avvia a conoscere i primi processi di industrializzazione. Si tratta di fenomeni positivi, perché per anni abbiamo sognato che i paesi in via di sviluppo uscissero dal loro stato di privazioni e povertà. Ma sappiamo anche che le risorse del mondo hanno un limite e che il loro uso dovrà cambiare, per noi e per loro. La libertà economica trova quindi un limite nella protezione ambientale. Potrà il progresso tecnico allontanare questo limite? Quali cambiamenti dovremo accettare? Quale regime politico ci garantirà meglio da questi pericoli? È la nazione l’istituzione più adatta a affrontare questi temi o dovremo rinunciare alla sovranità nazionale in favore di istituzioni sovranazionali? Questi e altri sono temi che siamo chiamati a discutere quando ci avventuriamo verso i confini delle libertà economiche e ci dobbiamo confrontare con altri argomenti e altre esigenze. Di questo si parlerà a Trento nel Festival dell’Economia, dedicato ai Confini della Libertà Economica. R0052110 pagando somme considerevoli. Ma poi ci siamo lanciati a difendere Parmalat, per tutelare qualche produttore di latte italiano. Anche la durata di 90 anni per le concessioni agli stabilimenti balneari (misura presa nel recente decreto legislativo per il rilancio dell’economia) è stata presentata come una strategia per difenderci dagli appetiti stranieri, che volevano conquistare le nostre coste! Vere o false che siano le ragioni per l’intervento pubblico, è certo che esso oggi non è più condannato, ma esaltato. Vale la pena capire fino a che punto sia giusto e conveniente limitare la libertà economica in ragione di maggiori interessi pubblici. Di certo è opportuno che il sistema finanziario sia messo sotto un più stretto controllo per evitare che produca rischi sistemici. Come è necessario che la libertà nel condurre politiche economiche nei paesi sia limitata dalla necessità di mantenere certi equilibri interni ed esterni. Ma i confini non sono soltanto punti di separazione e di contrapposizione. Essi sono anche e soprattutto punti di vicinanza e di contatto. Punti di passaggio da una zona a un’altra. La libertà economica, così importante per il funzionamento dei paesi, tocca altre libertà altrettanto se non più importanti. Tocca la libertà politica, di espressione e di convincimento, che possono trovare limiti da una libertà economica che Lavis (TN) • TEL. 0461/240040 Sarnonico (TN) • TEL. 0463/830321 Fucine (TN) • TEL. 0463/751946 l’Adige 9 L’intervento Idee, valori consapevolezza sono la vera ricchezza di una comunità L’ anteprima di Trento, con il Premio Nobel Amartya Sen e gli incontri che solo poche ore fa hanno avuto come teatro la città di Napoli sono, per chi li vuole cogliere, degli espliciti segnali di un Festival che negli anni è cresciuto, maturando la consapevolezza che, in fondo, ciò che costituisce la ricchezza di un popolo, di una comunità, non è solo il territorio, non è solo la sua storia, non sono solo le sue fortune, ma soprattutto sono le idee, i valori, la consapevolezza. Sì, forse è proprio la consapevolezza che Autonomia in Trentino significa «responsabilità» a rendere naturale l’estensione di quei - per prendere in prestito il tema scelto quest’anno - «confini» concettuali e geografici di una manifestazione che, per il tramite di migliaia di amici e frequentatori, attraversa il nostro Paese da cima a fondo, coinvolge non solo Trento e quest’anno anche Rovereto, ma si apre al mondo in quella grande scommessa che si cela dietro la voglia di mettersi in discussione, di cercare, di capire. Guai a noi se non coltivassimo il sogno di un orizzonte più vasto, se non valorizzassimo l’ambizione di guardare oltre per scoprire i nuovi disegni del futuro. Senza questi stimoli, oggi non saremmo quella terra in cui benessere sociale, economico e culturale hanno prosperato. Ora il Trentino può ingranare una marcia in più, rendendo il suo speciale assetto la car- IL NOSTRO FESTIVAL SI APRE AL MONDO LORENZO DELLAI Sguardi al festival (Foto Magrone); in alto, Lorenzo Dellai (Foto Muñoz) ta per vincere sul tavolo della competitività, puntando su conoscenza, ricerca, sulla capacità di mettere saperi e competenze a disposizione del lavo- ro e di una migliore qualità della vita. Solo portando a sistema tutte le componenti del tessuto economico e sociale sarà possibile conservare la nostra l’Adige identità in un mondo sempre più esposto alle derive della globalizzazione. La conoscenza, tema che ci sta particolarmente a cuore, rappresenta un valido compagno di questo viaggio. Non è un caso che si stia puntando fortemente sull’ormai quasi definita Norma di attuazione che ci conferisce una competenza statutaria specifica in materia di Università, nella consapevolezza che l’equilibrio virtuoso fra i sistemi dell’alta formazione, della ricerca come pure delle imprese ma anche della politica e delle istituzioni rappresenti la leva forse tra le più efficaci per lo sviluppo del territorio. È ancora una volta il doppio binario che giustappone il locale al globale il tracciato lungo il quale il Trentino deve muoversi, perché è solo in una prospettiva che valorizzi le specificità locali e al tempo stesso attragga investitori internazionale di qualità che il nostro territorio trova la giusta collocazione nel mondo. Ecco perché crediamo nella formula del Festival dell’Economia la cui internazionalità risiede non solo nel fatto che ad animarlo intervengano relatori da tutto il mondo, ma anche nella capacità di porre temi di ampio respiro e nel rigore scientifico con cui vengono affrontati e discussi. È questo, si dirà, il compito della politica e delle istituzioni: ma appuntamenti come quello che inizierà il prossimo 2 giugno sono una bella occasione per rendere questo percorso verso una responsabile consapevolezza, un qualcosa che appartiene a tutti noi. Lorenzo Dellai È presidente della Provincia Autonoma di Trento 11 C onfini. Vecchi e nuovi confini. I confini della libertà economica, il tema del Festival, che il coordinatore scientifico Tito Boeri presenta così: «Si procede ad erigere nuove barriere alla libera circolazione delle persone, anche di quelle che fuggono da aree del pianeta dove divampano sanguinose guerre civili o sono in atto violente repressioni dell’opposizione interna, se non veri e propri genocidi. Insomma, la regolamentazione e restrizione della libera iniziativa privata è tutt’altro che delegittimata e spesso conquista nuovi traguardi suscitando l’indignazione dei pensatori liberali». È d’accordo, professor Bauman: pensa che ci stiamo effettivamente muovendo verso un mondo neoprotezionistico, contraddistinto da più paura e meno libertà? Parlerei di singulti neoprotezionistici più che di una tendenza, e ancor meno di una tendenza a lungo termine. La ritrattazione o quello che si definisce retrenchment, il ridimensionamento della libertà economica, sono «reazioni viscerali», quasi riflessi incondizionati alla crisi, e ci possiamo aspettare politici che lottano gli uni contro gli altri sulle promesse di irrobustire il controllo dell’immigrazione e di smantellare i diritti d’asilo. Ma è ben difficile che loro, i politici, possano mantenere le proprie promesse senza rischiare seri guai per l’economia nazionale. Gli interessi economici non tollererebbero tale clamorosa irresponsabilità e in molti casi faranno armi e bagagli, per trasferirsi in Paesi più accoglienti per la produzione di profitti. Particolarmente in Europa, dove fronteggeremo un’eclissi nella dimensione della popolazione a meno che le perdite non siano compensate VISIONI: ZYGMUNT BAUMAN SENZA LO SHOPPING L’UOMO MODERNO SI SENTE ORMAI PERDUTO PAOLO GHEZZI dai nuovi arrivati da Paesi recentemente forzati ad entrare nella«modernizzazione» globale, che per questa ragione hanno cominciato una intensa produzione di persone «ridondanti». Un’Europa dove molti lavori non remunerativi né attraenti, ma cruciali per l’equilibrio dell’economia nazionale, particolarmente nel settore dei servizi, resterebbero vacanti se non fossero assunti da un flusso continuo di immigrati. Per quanto riguarda invece la questione della mobilità e della migrazione dei capitali finanziari, “ Anche il rispetto di amici e colleghi oggi viene mediato dal negozio ” 12 CHI È LA MODERNITÀ È LIQUIDA, DICE Nato a Poznan in Polonia nel 1925, è uno dei più noti e influenti pensatori al mondo. A lui si deve la folgorante definizione della «modernità liquida», di cui è uno dei più acuti osservatori. Professore emerito di sociologia nelle università di Leeds e Varsavia, per Laterza ha pubblicato quasi tutti i suoi libri, come: «Dentro la globalizzazione», «Voglia di comunità»; «Modernità liquida» e l’ultimo «Vite che non possiamo permetterci» (conversazioni con Citlali Rovirosa-Madrazo). Con la casa editrice trentina Erickson ha pubblicato il saggio «Homo consumens». l’Adige industriali e commerciali, non si riescono ad intravvedere molti segnali di restrizioni della «libera iniziativa privata», menzionate da Tito Boeri. I banchieri sono, e rimarranno per un prevedibile futuro, liberi di muovere il denaro dove brillano le migliori chance di guadagno, e pochi o nessun governo oserebbero impedirgli di usare quella libertà. Da un piano macro scendiamo al livello personale, individuale: il suo argomento al festival di Trento è «Consumare la libertà». Stiamo sprecando la nostra libertà? In una società di massa composta da consumatori, può una persona alzarsi in piedi e decidere di stare fuori dal mainstream, dalla corrente della maggioranza? È difficile, se non impossibile, immaginare delle circostanze in cui una persona non possa fare una scelta libera, di stare fuori dal mainstream! Il fatto è che prendere una decisione del genere è sempre costoso, talvolta in modo esorbitante, e non molte persone sarebbero disposte, o entusiaste, di farlo. Nel caso di una società di consumatori come la nostra, le ricette per la risoluzione della maggior parte dei problemi della vita e per la soddisfazione della maggior parte di bisogni umani passano attraverso i negozi, e senza entrare in alcuni negozi, noi ci sentiamo incapaci di farcela; il livello del benessere è misurato dall’ammontare di denaro che passa di mano in mano e se quel volume cessa di crescere o, Dio non voglia, diminuisce, si suona l’allarme rosso e la gente va nel panico, e per una buona ragione... Noi possiamo, dopo tutto, consumare molto meno di quel che facciamo attualmente senza certo mettere a rischio la nostra sopravvivenza e una vita dignitosa ma temiamo che così diventi impossibile o almeno tremendamente difficile affrontare un sacco di problemi della vita; dopo tutto, così numerosi aspetti cruciali della vita (e in particolare della vita decente, gratificante) oggi sono «mediati» dallo shopping: le preoccupazioni che abbiamo riguardo la nostra posizione sociale, il rispetto dei nostri amici, vicini e colleghi di lavoro, la vita familiare felice, la cura del- Visioni: «Una libertà consumata» L’EVENTO le prospettive di vita e della felicità delle persone che amiamo... Ripeto, la decisione di non seguire il flusso della maggioranza costa un prezzo alto ed esige abilità che abbiamo perduto e sforzi che molte persone troverebbero indigeribili. Nell’ottava conversazione del libro «Living on borrowed time» («Vite che non possiamo permetterci» - Conversazioni con Citlali Rovirosa-Madrazo) lei parla di amore e utopia: pensa che le nuove generazioni possono riscoprire il valore dell’utopia oppure la Realpolitik internazionale rimane di gran lunga troppo forte? Qual è stata la sua sensazione di fronte alle manifestazioni di giubilo nelle strade americane dopo l’annuncio di morte di Osama Bin Laden? È sempre la solita storia: noi non siamo esseri deterministicamente condizionati, il modo in cui ci comportiamo non è deciso in anticipo da forze a cui non possiamo resistere; però è altamente improbabile rompere gli schemi e girare le spalle al mainstream, al conformismo della maggioranza. Per quanto riguarda l’utopia, la parola era usata per definire lo sforzo di rendere il mondo umano più ospitale per l’umanità, mentre oggi noi apprendiamo quotidianamente da tutte le «fonti autorevoli» che il tema e la mèta degna di ogni sforzo è il trovare per noi stessi e per i nostri cari e amici un posto confortevole e carino in un mondo che non è confortevole né carino ed è altamente improbabile che lo diventi... E visto che l’agenda politica dei governi e le preoccupazioni quotidiane della gente si allontanano sempre di più l’una dalle altre, sfumano le speranze che le nostre preoccupazioni possano essere risolte da una «buona società», e la connessione tra le questioni private e le politiche pubbliche diventa ancora più difficile da afferrare. I casi in cui le ansie private e quelle pubbliche coincidono e vanno in corto circuito - come l’uccisione di Bin Laden, quell’eminente simbolo di tutto ciò che è spaventoso e repellente della globalizzazione che corre verso la follia - sono assai rari. Non c’è da meravigliarsi che abbiamo applaudito e DOVE - All’Auditorium Santa Chiara. QUANDO - L’appuntamento è per domenica 5 giugno, alle ore 17.30. IL TEMA - I vecchi confini tra pubblico e privato, tra merci e persone, tra proprietà e consumo sono stati rimossi. Ma siamo per questo più liberi? Ne parla uno dei più originali pensatori del nostro tempo. CON CHI GIUSEPPE LATERZA Giuseppe Laterza nasce a Bari il 25 gennaio 1957. Si laurea in economia e commercio nel 1980 con Federico Caffè. Nel 1981 entra nella casa editrice affiancando il padre Vito. Dal 1997 è presidente della società di cui condivide le responsabilità con il cugino Alessandro Laterza, ad. Giuseppe Laterza è responsabile della varia (saggistica e università). che ci siamo sentiti (ahimè, per un momento soltanto) più sicuri e più felici... Ma, professor Bauman, può l’etica (e, nel caso, una legislazione dall’etica ispirata) mettere un limite alla tecnologia - alla biotecnologia, in particolar modo - o l’etica può soltanto assolvere al ruolo di sentinella che lancia l’allarme? Se il livello di consumo determinato dalla sopravvivenza biologica/sociale è per sua stessa natura inelastico, inestendibile e dunque relativamente stabile, i livelli necessari per gratificare altri bisogni promessi, attesi o richiesti dal servizio reso dal consumo, a causa della natura di tali bisogni, sono intrinsecamente indirizzati verso l’alto e crescenti. La soddi- sfazione di questi bisogni aggiuntivi non dipende dal mantenimento di standard stabili, ma dalla velocità e dal grado del loro incremento. I consumatori che si rivolgono al mercato dei beni materiali per adempiere ai loro doveri di soddisfare gli impulsi e di realizzare la propria auto-identificazione (si legga: auto-mercificazione) sono obbligati a ricercare differenziali di valore e volume, con questo tipo di «domanda di consumo» che è perciò un fattore travolgente e irresistibile di spinta verso l’alto. Esattamente come la responsabilità etica per gli Altri non tollera alcun limite, il consumo investito del compito di dare sfogo agli impulsi morali e di soddisfarli mal sopporta ogni tipo di limite imposto al suo estendersi. Essendo stati agganciati all’economia consumistica, gli impulsi morali e le responsabilità etiche sono trasformati, ironicamente, nel più spaventoso ostacolo quando l’umanità si trova a confrontarsi con quella che è probabilmente la più formidabile minaccia alla sua sopravvivenza: la minaccia che per essere respinta esigerebbe una quantità, forse senza precedenti nella storia, di autolimitazione volontarie e di disponibilità al sacrificio personale di se stessi. Come salvarsi, professore? Una volta innescata e tenuta in moto dall’energia morale, l’economia consumistica come limite ha solo il cielo. Per essere efficace nel compito che si è assunta, non può permettersi di rallentare la sua andatura, e men che meno di fare una pausa e fermarsi. Di conseguenza deve assumere controfattualmente, in modo tacito se non espresso a parole, l’illimitatezza della resistenza del pianeta e l’infinitezza delle sue risorse. Dall’inizio dell’era consumistica, aumentare la dimensione della pagnotta è stato promosso a ri- l’Adige medio ovvio, quasi come un profilattico infallibile, contro i conflitti e i litigi intorno alla redistribuzione del pane. Efficace o no nel sospendere le ostilità, quella strategia doveva presupporre scorte infinite di farina e di lievito. Adesso ci stiamo avvicinando al momento in cui la falsità di quella ipotesi e i pericoli di restarci attaccati è probabile che diventino evidenti. Questa potrebbe essere l’occasione buona per la responsabilità morale, perché sia rifocalizzata sulla sua vocazione primaria: quella della mutua assicurazione di sopravvivenza. In questa ri-focalizzazione, la demercificazione dell’impulso morale sembra essere però il caposaldo tra tutte le condizioni necessarie. Il momento della verità potrebbe essere più vicino di quel che ci farebbero credere i debordanti scaffali dei supermercati, i siti web disseminati da popup pubblicitari e i cori degli esperti di auto-miglioramento e dei consulenti su come-farsidegli-amici-e-influenzare-le-persone. Il punto è come precedere/anticipare il suo arrivo con il momento dell’auto-risveglio. Nient’affatto un compito facile, se ne può star certi: ci sarà bisogno niente meno che di abbracciare l’intera umanità, completa della sua dignità e del suo benessere, così come la sopravvivenza del pianeta, la sua casa condivisa, un abbraccio guidato dall’universo degli obblighi morali…. Undici anni dopo «Modernità liquida», ci sono segnali di una qualche ri-solidificazione sociale nei Paesi occidentali? E, al contrario, la «modernità liquida» sta invece cominciando negli ultimi mesi a mostrarsi addirittura nei Paesi nordafricani e arabi? La «liquidità» del nostro impegno è causata in primo luogo da quella che è sommariamente etichettata come «deregolamentazione»: la separazione del potere (= capacità di fare le co- “ Ci sarà bisogno di abbracciare l’umanità e la sopravvivenza del pianeta ” 13 Visioni: «Una libertà consumata» go, ma nessuno sa dove e in quale momento accadrà. Nel pianeta globalizzato, questa condizione è universale: nessuno è esente e nessuno è assicurato contro le conseguenze. Esplosioni originate da cause locali si riverberano attraverso il pianeta. Molte cose devono essere fatte per trovare una via d’uscita da questa situazione, ma tornare al matrimonio tra potere e politica, che oggi sono divorziati, è indubbiamente una condizione sine qua non di ciò che lei chiama «ri-solidificazione». Fin qui, le articolate, complesse e provocatoriamente affascinanti risposte di Zygmunt Bauman alle domande dell’Adige. Risposte spedite via mail a tambur battente - grazie alla gentile, efficiente mediazione di Riccardo Mazzeo, della casa editrice Erickson - con l’energia di un blogger ventenne, e invece Zygmunt Bauman è un professore emerito di 85 anni. Nel suo ultimo libro il grande sociologo, ma ormai anche filosofo e investigatore a tutto campo - interrogato da Citlali Rovirosa-Madrazo - affronta mille e una questione, con la generosa circolarità del suo pensiero che verrebbe da definire «pensato». Dagli attacchi terroristici alle banche, dalla biotecnologia al bosone di Higgs,dal protocollo di Kyoto al capitalismo, dalle comunità alla democrazia, dalla disoccupazione all’etnocentrismo, dai genocidi a internet, dalla libertà alla paura, dalla povertà alla sessualità, dallo Stato alla violenza, al welfare state. Nelle sue conclusioni, Citlali Rovirosa-Madrazo fotografa bene l’importanza di quel che a noi provinciali vien da chiamare il «baumanesimo» - neologismo che ovviamente inorridirebbe lo stesso Bauman - a dire la pervasività estesa del suo riflettere. «In un senso molto paradossale, la responsabilità morale è per Bauman l’unico motivo di scrivere: egli è un non credente che si rivolge a un lettore etico, un pensatore sociale che respinge l’idea di un essere soprannaturale, ma è anche un uomo dotato di una compassione, di una integrità morale e di un impegno verso l’umanità che fa invidia a qualsiasi uomo di dogmi, religiosi o secolari». R0052015 se) dalla politica (=capacità di decidere quali cose devono essere fatte) e la risultante assenza o debolezza dell’istituzione, oppure in altre parole l’inadeguatezza degli strumenti rispetto ai compiti; anche, dal «policentrismo» dell’agire su un pianeta integrato da una densa rete di interdipendenze. Per metterla in modo blando: in condizioni di «liquidità» ogni cosa può succedere eppure niente può essere fatto con fiducia e certezza. L’incertezza è il risultato, che combina le sensazioni di ignoranza (=non sappiamo che cosa succederà), impotenza (=non possiamo evitare che succeda) e diffusa, poco specificata paura: non-ancorati eppure disperatamente alla ricerca di ancoraggio. Vivere in condizioni liquide-moderne può essere paragonato a camminare su un campo minato: tutti sanno che un’esplosione potrebbe verificarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luo- l’Adige 15 I l professor Pippo Ranci da anni è tra le pochissime voci italiane che cercano di affrontare il «problema nucleare» con una certa razionalità, pesando i pro e i contro e cercando di evitare qualsiasi lettura ideologica. Lavoro non facile, il suo, soprattutto dopo la tragedia di Fukushima e in vista del referendum del 12 e 13 giugno prossimo. Ranci è stato il primo presidente della Autorità per l’energia elettrica e il gas, dal 1996 al 2003, insegna politica economica all’Università Cattolica di Milano ed è direttore della Florence school of regulation presso il Robert Schuman Centre, Istituto universitario europeo di Firenze. Al Festival dell’Economia naturalmente parlerà di nucleare (sabato 4 giugno, Facoltà di scienze cognitive di Rovereto, ore 18) in uno degli appuntamenti che si annunciano di maggior richiamo. Professor Pippo Ranci, ad un recente convegno sul nucleare lei concluse così il suo intervento: «Certo un progetto nucleare è meglio che non fare niente». Vuole spiegare questa tesi anche al pubblico che la seguirà al Festival dell’Economia di Trento? Temo la paralisi delle decisioni. Dal «no» ad una scelta deve scaturire la proposta di una scelta diversa, il confronto politico deve essere tra progetti alternativi, altrimenti c’è un danno per il Paese. Lei ha più volte detto che creare le condizioni per una convenienza in Italia «richiede uno sforzo straordinario di coordinamento tra imprese e pubbliche amministrazioni e di coinvolgimento e persuasione delle popolazioni». Ma ritiene che in Italia sia davvero possibile un obiettivo tanto ambizioso, soprattutto in questi anni di estreme contrapposizioni? Non è un’operazione impossibile ma prenderebbe tempo e Dialoghi: PIPPO RANCI SE DICIAMO «NO» AL NUCLEARE SERVE UN’ALTERNATIVA PAOLO MICHELETTO danaro in misura tale da far dubitare che sia economica. Dopo Fukushima è ancora più difficile, per i maggiori timori della popolazione ed anche per una lezione che deve essere ben appresa. La lezione giapponese, se non è troppo presto per individuarla, è che anche le misure di precauzione sono soggette alla probabilità di non essere applicate; che quindi la sicurezza non può essere definita solo in termini tecnici ma deve essere riferita anche all’imperfezione dell’organizzazione sociale. E la lezione viene da una società mediamente ben orga- “ Dopo Fukushima è tutto più difficile, il rischio zero non esiste ” CHI È L’EX PRESIDENTE DELL’AUTHORITY È professore fuori ruolo di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove insegna Etica della finanza ed Economia dell’energia. È stato presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vicepresidente del Council of European Energy Regulators (CEER). È stato tra i fondatori dell’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS) di Milano, di cui è stato presidente e direttore di ricerca. Collabora con «lavoce.info». Ha pubblicato articoli e volumi su economia italiana, politica monetaria, settore noprofit e politiche industriali. l’Adige nizzata, quindi vale a maggior ragione per società più fragili. L’argomento più forte contro il nucleare, secondo me, è proprio la pericolosità della sua proliferazione nel mondo (incluso il possibile uso militare, ma non solo quello). È illusorio pensare di poter sviluppare il nucleare nei paesi industrializzati e ben ordinati ed evitare che se ne dotino anche gli altri. Nella scelta del nucleare si intrecciano questioni di sicurezza e di convivenza economica. Ma è giusto alla fine privilegiare uno dei due aspetti? Qualsiasi scelta deve tener conto di entrambi gli aspetti. Viene da dire: prima la sicurezza. Ma quando vai a definire i livelli di sicurezza scopri che la sicurezza assoluta non esiste e che nel definire la sicurezza accettabile non puoi non tener conto di quanto costa, in termini non solo monetari ma di rinuncia ad altri benefici: come potremmo fissare la sicurezza stradale al livello di zero morti? È vero tra l’altro che un eventuale investimento in Italia avrebbe un «ritorno» economico molto meno importante di altre realtà mondiali? Probabile, visto che bisogna creare un sistema autorizzativo e di controlli, superare l’avversione diffusa tra le amministrazioni regionali e locali e la popolazione, e tutto questo rallenta la costruzione e da un lato fa lievitare il costo dell’impianto, che rappresenta i due terzi del costo del chilowattora. Costa meno aggiungere una centrale in un paese in cui il settore è già stabilito e collaudato. Professore, lei pensa che sia possibile arrivare ad una linea unitaria a livello europeo, posto che come lei giustamente ha scritto un’eventuale catastrofe colpisce tutti, e non solo il paese che ha costruito la centrale in questione? Auspicabile certamente, possibile anche ma non so quanto tempo ci vuole, e qui il tempo è tutto. La linea unitaria non può essere una decisione a maggioranza per il sì o per il no; deve fissare regole comuni a due livelli. Il primo è la sicurezza dell’esistente: qui l’Europa può rafforzare gli standard che già esistono, ad esempio vietando il prolungamento in vita degli impianti che non offrano 17 Dialoghi: «No Nukes» L’EVENTO DOVE - A Rovereto, presso la facoltà di Scienze cognitive, corso Bettini 84. QUANDO - Appuntamento per le 18. IL TEMA - Pippo Ranci, Stefano Saglia e Carlo Scarpa parlano sul tema «No Nukes?»: come decidere il futuro energetico del Paese dopo il disastro nucleare di Fukushima che ha messo in ginocchio il Giappone? impedimento ai processi) ma la decisione se andare a votare si prende una volta sola. Tutti noi abbiamo ancora negli occhi le terribili immagini della tragedia della centrale di Fukushima. Possibile pensare in futuro ad un mondo senza questo incubo (cioè senza nucleare oppure con un nucleare senza rischi)? Un futuro senza rischi non esiste. Un futuro senza nucleare sì, anche se non in tempi brevi. Il problema è quali altri rischi esso comporta, ad esempio in termini di riscaldamento globale. Il dibattito sul nucleare ha rallentato l’attenzione dell’opinione pubblica e gli investimenti dall’impegno su altre fonti di energia, ad iniziare da quelle alternative? Non mi pare. L’impegno per le energie alternative non è troppo debole, è mal gestito. Gli incentivi sono fissati irrazionalmente: si premia in misura eccessiva la posa di pannelli fotovoltaici anche su terreni di agricoltura pregiata e si trascura di promuovere (o imporre) il semplice pannello per l’acqua calda sul tetto degli edifici, che ha un effetto enormemente maggiore per ogni euro speso. Si trascura la diffusione delle conoscenze. La pubblica amministrazione non dà il buon esempio con i suoi edifici. Dove l’impegno è ancora insufficiente è per l’efficienza energetica: non altre fonti ma minori consumi. Ultima domanda, professore: un mondo «ideale» che compie il massimo sforzo sulle fonti alternative e rinnovabili, potrebbe mai rinunciare al nucleare? Sì, potrebbe, ma sarebbe sbagliato puntare all’eliminazione immediata che non si realizzerebbe comunque. Si rischierebbe di avviare il mondo ad una fase transitoria più pericolosa, con gli impianti più efficienti costretti a chiudere e quelli meno efficienti ancora in funzione perché difesi dai governi locali. Va privilegiata la sicurezza, non l’ideologia. [email protected] G1051835 il livello di sicurezza di quelli recenti e stabilendo per sé e proponendo per il resto del mondo le sanzioni per chi non segue le norme di sicurezza concordate in sede di Agenzia atomica mondiale, quelle che la Tepco giapponese non ha applicato. Il secondo è la strategia per il futuro, imponendo per gli impianti livelli di sicurezza crescenti nel tempo e mettendo in comune lo sforzo per la gestione delle scorie radioattive (comprese quelle di origine diversa dalle centrali). Lei ha scritto: dopo l’attentato dell’11 settembre nessuno ha messo in discussione il trasporto aereo. Così non va messa in discussione l’energia nucleare: ma con quali priorità, dal punto di vista della sicurezza? Non ho detto che non va messa in discussione l’energia nucleare: certo che va messa. Ho detto che non la si può eliminare di colpo, come non si può chiudere il trasporto aereo: bisogna fare un piano di progressiva riduzione del rischio. Professore, cosa pensa del dibattito politico e sociale (e della sua pochezza) che si sta sviluppando in Italia in vista del referendum di giugno? Un referendum esige una scelta secca e non può costruire una politica, può solo dare un segnale e porre una limitazione a chi ha la responsabilità di formulare le politiche. Per di più oggi i quesiti referendari riguardano tre temi molto diversi (nucleare, acqua e legittimo l’Adige 19 D opo l’uccisione di Osama Bin Laden la popolarità di Barack Obama è tornata alle stelle. C’è chi dice che abbia già messo «in cassaforte» il secondo mandato da presidente Usa. Obama capitalizza l’eliminazione di Osama ma, per mesi, ha dovuto fare i conti anche con il «fuoco amico». A fare opinione negli Stati Uniti sono anche i conduttori di show televisivi. Nel 2009 Jay Leno disse che dal presidente non ci si dovevano aspettare decisioni rapide («Ci ha messo cinque mesi per scegliere il cane per le figlie»). E gli osservatori, soprattutto di parte repubblicana, e soprattutto tramite Fox News, si sono concentrati sulla grande scommessa, tutta interna: la rivoluzione del sistema sanitario, approvata dal Congresso. Ne abbiamo parlato con Alan Krueger, docente di economia e affari pubblici all’Università di Princeton, un passato da assistant secretary per la politica economica e capo-economista del Dipartimento del Tesoro degli Usa, ricercatore per l’Office of Population Research e per il Centro della salute e il benessere dell’Università di Princeton. Ci ha dato un’anticipazione di ciò che dirà a Trento, ospite del Festival dell’Economia. A che punto è la riforma del sistema sanitario americano? La riforma della sanità, una riforma storica, è stata approvata dal Congresso ed è stata firmata dal presidente Obama nel marzo dello scorso anno. In questo momento il Governo si sta occupando della fase di implementazione. Alcune parti della normativa sono già in atto - mi riferisco ad esempio al credito d’imposta per aiutare le piccole imprese a garantire l’assicu- 20 Focus: ALAN KRUEGER LA SANITÀ PER TUTTI DI BARACK OBAMA È UNA SVOLTA STORICA ANDREA TOMASI razione sanitaria ai dipendenti - mentre altre parti della riforma prevedono un’applicazione più lenta: l’obbligo di assicurazione sanitaria per tutti i cittadini scatterà nel 2014. Può spiegare quali sono i punti centrali della riforma, partendo magari dai due pilastri su cui si basa: i programmi Medicare e Medicaid? Medicare è il programma di assicurazione sanitaria per le persone che hanno più di 65 anni. Medicaid è il programma governativo di assicurazione sanitaria per le persone che hanno un basso reddito. La storica legge di ri- forma della sanità darà molto. Forse la cosa più importante sarà l’obbligo per tutti i cittadini di acquisire un’assicurazione sanitaria. In caso contrario scatteranno delle penali. Con la legge di riforma si daranno sussidi all’assicurazione sulla salute, riducendo il costo di Medicare e aumentando altre entrate. Questa riforma garantirà sovvenzioni direttamente ai cittadini e alle piccole aziende, in modo che queste provvedano alla copertura delle spese assicurative. Negli Stati Uniti 45 milioni di cittadini non hanno assicurazione sanitaria. Quella promossa dall’Amministrazione Obama appare come una rivoluzione. Ma questo cambiamento è veramente necessario e, soprattutto, è veramente possibile? I non assicurati sono principalmente persone povere, che non si possono permettere la spe- l’Adige sa per l’assicurazione sanitaria. Ma fra i non assicurati ci sono anche giovani, soggetti sani, che vanno avanti senza assicurazione, pur potendosi permettere di sostenerne le spese. Nei mesi scorsi, nel dibattito congressuale, il piano del presidente Obama è stato «radiografato». È stato detto che porterà ad una moltiplicazione dei costi del sistema sanitario. C’è il «rischio collasso»? La riforma del sistema sanitario nazionale produce due effetti che nessuno può mettere in dubbio. Innanzitutto permette a 25 milioni di cittadini di godere di servizi alla salute di cui prima non godevano. Lo fa rendendo possibile la copertura assicurativa grazie all’introduzione di sussidi: uscite che vengono sostenute con un aumento delle tasse nei confronti delle fasce più ricche della popolazione. Poi c’è da dire che la riforma razionalizza il sistema Medicare, finora troppo generoso. Riduce sprechi e rimborsi delle strutture ospedaliere. Si calcola infatti che in dieci anni il Governo federale risparmierà circa 100 miliardi di dollari. Presenterò questo dato proprio a Trento, al Festival dell’Economia: l’estensione della copertura assicurativa sarà finanziata in parte dall’aumento delle tasse (principalmente si tratterà di un aumento dello 0,9 per cento di tasse per le persone aderenti a Medicare che guadagnano più di 250 mila dollari all’anno) e in parte da una riduzione della spesa medica non indispensabile. Penso che ci sia un maggior rischio di collasso del nostro sistema sanitario, principalmente privato, se noi non facciamo nulla per frenare la crescita dei costi. Il primo step è il taglio dei costi, d’accordo. Ma, visto il quadro economico, l’obiettivo di Obama non è un miraggio? Penso che sia raggiungibile. L’economia è in ripresa. Dieci anni sono un periodo di tempo lungo. E noi stiamo parlando di riduzione della crescita dei costi, non di riduzione del livello assoluto dei costi. Negli Anni Novanta Hillary Clinton fallì nel suo tentativo di riforma. Al Congresso incassò una sconfitta. Fu l’inizio della fine dell’era Clinton. Obama, oggi, cosa rischia? Focus: «La sanità di Obama» stampa concentra la sua attenzione sugli atti normativi volti alla regolazione del mercato finanziario. Il faro è quindi puntato più sull’economia in generale e sugli atti di contenimento che sulla riforma sanitaria. A fare pressing sulla Casa Bianca c’è sempre Fox News. Sì. Fox News continua nella sua battaglia, ma si tratta di una posizione estrema. Ma Fox è molto popolare. Sì. È assai popolare. Diciamo che non è il canale televisivo che seguo di più... Non c’è dubbio che abbia molto pubblico. Dà comunque una chiara idea di come la pensa una parte del popolo americano. Nel 1993 le lobby contrarie alla riforma promossero uno spot televisivo. Protagonisti erano Harry e Louise, una finta coppia di «americani medi». Nello spot, alquanto convincente, si diceva che la riforma era troppo costosa. Cosa direbbero oggi Harry e Louise? A dire la verità, c’è anche una pubblicità nella quale gli stessi Harry e Louise supportano la riforma sanitaria, passata al congresso. Questo l’ho trovato su Wikipedia: «Nel nuovo spot - che assomiglia molto al primo, a parte il fatto che Harry ha più capelli grigi e Louise è un po’ in carne, la coppia plaude ai progressi fatti con la riforma promossa a Washington. Harry dice alla sua finta moglie nella sua finta cucina: “Sembra che finalmente abbiamo la nostra riforma sanitaria”. “Era ora”, risponde Louise». Nel 2009 la Casa Bianca disse che il deficit si sarebbe rivelato più elevato del previsto. Oggi com’è il quadro? La recessione e i tagli alle tasse fatti da Bush hanno causato l’incremento del deficit. Adesso è circa il 10% del Pil. Lo scorso febbraio il giudice federale Robert Vinson ha bocciato l’Obama Care. Ha detto che la regola che impone di dotarsi di un’assicurazione sanitaria entro il 2014 è anticostituzionale. E così sarebbe incostituzionale anche la parte che punisce (trattenendo i fondi federali) gli Stati che non partecipano al programma Medicare. Sì. Bisogna però dire che su quest’argomento le corti inferiori si sono divise. La questione della costituzionalità della riforma sarà risolta con una decisione della Corte Suprema. Nel 2009 Bob Lichter (George Rason University) disse che Barack Obama aveva ormai perso la sua immunità di fronte al popolo americano. Disse che non era più un’icona mediatica. Lei cosa ne pensa? Essere presidente degli Stati Uniti è forse il mestiere più difficile del mondo. È inevitabile che il presidente venga criticato e giudicato con il senno di poi, ma io credo che il presidente rimanga popolare e che abbia preso delle decisioni molto difficili che si riveleranno essere le giuste scelte per il Paese. R1051408 Il presidente Obama sta avendo successo laddove l’amministrazione Clinton ha fallito. Sono molto orgoglioso di aver fatto parte del gruppo che ha promosso entrambe le esperienze di riforma.Teniamo conto del fatto che la legge ha superato l’imbuto del Congresso. I Repubblicani non hanno armi per fermarla. Ora le critiche si concentrano sui metodi di applicazione. Qual è la reazione delle lobby delle industrie farmaceutiche e delle cliniche private? Penso che ci sia un diffuso riconoscimento del fatto che la riforma è necessaria nelle politiche di assistenza sanitaria, anche se ci sono opinioni contrastanti sul metodo da utilizzare. Le critiche, dopo la sconfitta di Osama Bin Laden, sono diminuite molto. Anche gli avversari più agguerriti del presidente Obama hanno dovuto riconoscere che si è trattato di un grande successo. Poi oggi la l’Adige 21 S u Dani Rodrik, e di Dani Rodrik, in rete, si trovano parecchie cose interessanti, e anche controverse, soprattutto a proposito delle sue idee anti-globalizzazione e neo-protezionistiche. Nato nel 1957 a Istanbul, discendente di una famiglia di ebrei sefarditi che fuggirono verso l’impero ottomano dalla penisola iberica cinque secoli fa durante l’inquisizione spagnola, Rodrik è noto anche per motivi extra-accademici, in quanto ha sposato la figlia dell’ex generale Cetin Dogan, il presunto leader dei numerosi alti ufficiali arrestati di recente con l’accusa di aver partecipato a un progettato golpe militare in Turchia nel 2003. Rodrik, che ha studiato a Harvard e Princeton, svolge il ruolo di «Rafiq Hariri Professor of International Political Economy» alla John F. Kennedy School of Government, di Harvard. Tra i premi, ha ricevuto nel 2002 il Leontief, per i progressi sulla frontiera del pensiero economico, da parte del Global Development and Environment Institute. Infine, è annoverato tra i 100 più influenti economisti al mondo, oggi, secondo la classifica di IDEAS/RePEc. Professor Rodrik, il tema che le è stato assegnato è enorme, anzi smisurato: «Il futuro della globalizzazione». Ma si può davvero tro- Visioni: DANI RODRIK È RISCHIOSO SPINGERE SULLA GLOBALIZZAZIONE ESASPERATA DEI MERCATI PAOLO GHEZZI vare un equilibrio virtuoso tra la capacità penetrativa globale dei mercati e il tentativo di restaurare, almeno in parte, le prerogative degli Stati-nazione? Io penso che abbiamo bisogno di una nuova narrativa, o almeno di una trama, per raccontare la globalizzazione. Per troppo tempo ci siamo raccontati una storia semplice ma fuor- viante: che la globalizzazione economica è una conseguenza inevitabile del cambiamento tecnologico e che non c’è nulla che possiamo fare al riguardo, tranne adeguare alla globalizzazione le nostre istituzioni, nazionali e internazionali. E se nel corso di questo processo ci capita addosso uno tsunami finanziario, peccato, non c’è niente da fare. Sarebbe ora che bilanciassimo in modo diverso le nostre priorità e che cominciassimo ad adeguare i nostri ambiziosi progetti sulla globalizzazione a ciò che le nostre istituzioni possono sopportare. I mercati hanno bisogno di solidi meccanismi di regolazione e governance per poter funzionare bene ed essere percepiti come legittimi. Questi meccanismi, a loro volta, necessitano di essere fondati su una politica democratica e responsabile. Si tratta di meccanismi che oggi operano prevalentemente a livello nazionale. L’esperienza dell’Unione europea mostra le difficoltà di creare un sistema autenticamente transnazionale di governance democratica, anche tra un numero relativamente piccolo di Paesi con analoga mentalità. Dato che il mondo è (e rimarrà) diviso in differenti entità politiche, dobbiamo capire che è pericoloso spingere troppo in là la liberalizzazione globale dei mercati. Che cosa pensa della crisi libica e in generale dei Paesi nordafricani in queste settimane: è anche u- Cucina tipica Trentina Ampio giardino immerso nel verde G1052034 22 l’Adige Visioni: «Il futuro della globalizzazione» na questione di sviluppo economico, o si tratta solo di politica? E quale ruolo dovrebbe giocare l’Unione europea? Io vedo la rivolta araba prevalentemente in termini politici. O, per essere più precisi, queste insorgenze sono state la conseguenza di istituzioni politicogovernative che sono rimaste indietro rispetto alla crescita delle economie nazionali. Tunisia ed Egitto hanno vissuto le loro rivoluzioni non perché non avevano creato opportunità economiche, ma perché le classi media e medio-bassa hanno finalmente cercato di avere una voce politica e di mettere fine ai nepotismi politici. E così hanno dato l’esempio ad altri Paesi della regione, di come si potessero rovesciare dei regimi autoritari scendendo nelle strade. Lei conosce bene la Turchia, professor Rodrik: quanto tempo ci vorrà ancora per un ingresso di Ankara nell’Unione europea? Credo che nessuno oggi pensi che la Turchia possa entrare nell’Ue in tempi brevi. Anche prima della crisi dell’Eurozona, la probabilità che accadesse aveva fatto grandi passi indietro. In parte è stato il risultato dell’atteggiamento dei francesi e dei tedeschi. Ma anche dell’atteggiamento del premier turco Erdogan, il cui maggiore interesse è stato quello di usare l’Unione europea come sbarramento e protezione nei confronti dei militari, che da lungo tempo sono ostili a gruppi politici che percepiscono come non-seco- L’EVENTO lari. E adesso che Erdogan ha vinto la sua battaglia, è molto meno interessato all’Ue. In aggiunta, il regime politico turco sta diventando progressivamente più autoritario, con gravi violazioni delle norme di legge e delle libertà dei media. E dunque ho perso la fiducia che la Turchia possa diventare un membro a pieno titolo dell’Ue nell’arco della mia vita. Perché la ripresa della crescita dopo la Grande Crisi è così lenta in molti Paesi europei, Italia inclusa? Io direi che è una combinazione del debito che incombe e dei problemi di competitività. Il mix varia da Paese a Paese, ma l’unica eccezione è la Germania. Come Paese con un surplus di export che è riuscito a ridurre il costo unitario del lavoro, la Germania non soffre né dell’uno né dell’altro dei due problemi. Lei è tra gli economisti che hanno firmato la lettera ai ministri dell’economia del G20, per la cosiddetta tassa di Robin Hood sulle transazioni finanziarie. Si farà mai? Vorrei dire di sì. Ma sfortunatamente, tutto l’entusiasmo che era nato sulla global financial transaction tax sembra essere in larga misura evaporato. Spero di sbagliarmi. DOVE - Presso il palazzo della Provincia, in piazza Dante, nella sala Depero. QUANDO - Dani Rodrik parlerà alle 17.30 di giovedì 2 giugno. IL TEMA - Non possiamo dare per scontato il futuro della globalizzazione a meno di non prendere sul serio le lezioni della storia. Una sana globalizzazione si fonda sul delicato equilibrio tra l’orizzonte complessivo del mercato globale e le prerogative degli Stati-nazione. Se si spinge troppo verso una o l’altra direzione si ottiene instabilità e perdita di legittimità. Negli ultimi tempi la bilancia s’è spostata troppo verso le esigenze del mercato globale. CON CHI TITO BOERI Sarà Tito Boeri, responsabile scientifico del Festival dell’Economia, l’interlocutore di Dani Rodrik, primo appunta-mento per il Festival dell’Economia 2011. R0052008 Grigno Valsugana TRENTO Tel. 0461 775800 [email protected] www.montitrentini.com l’Adige 23 Gli eventi dello Scoiattolo a lunedì 30 maggio a domenica 5 giugno, per tutta la durata del Festival dell’Economia, la seguitissima trasmissione mattutina di Rai Radio3 «Prima pagina» sarà trasmessa da Trento. A condurla dalle 7.15 fino alle 8.40 sarà il direttore dell’Adige Pierangelo Giovanetti, in collegamento dagli studi Rai di via Perini. Come di consueto, nella prima parte della trasmissione dalle 7.15 fino alle 8 sarà dato spazio alla rassegna stampa quotidiana e alla lettura delle principali notizie della giornata. Nella seconda parte, dalle 8 alle 8.40, seguirà il collegamento in diretta con gli ascoltatori da tutta Italia per le domande e gli interventi sui temi di attualità, a cui il direttore Giovanetti darà risposta. La decisione di Rai Radio3 di trasmettere da Trento proprio nella settimana dell’Economia è finalizzata a dare spazio anche alle notizie che giungono dal Festival, presentando agli ascoltatori di PRIMA PAGINA DI RADIO3 IN DIRETTA DAL FESTIVAL tutta Italia i principali eventi in corso in città, e i dibattiti di maggior spicco. Tutti possono intervenire in diretta, telefonando al numero verde 800 050 333. La trasmissione «Prima Pagina», curata dalla giornalista Paola De Monte, da molti anni vanta un successo indiscusso fra le trasmissioni radiofoniche, ed ha proprio il suo punto di forza nell’offrire al pubblico uno spazio civile di confronto. La formula vincente è proprio questa: mettere a disposizione degli ascoltatori pubblico un luogo in cui non si urla e non si zittiscono le persone, ma si cerca di confrontarsi intelligentemente anche sui temi più difficili e conflittuali senza alzare la voce o rifugiarsi negli slogan. Con la passione delle proprie opinioni ma senza irridere quelle altrui. Dimostrando che non è questione soltanto di toni o di linguaggio, ma di cultura, e di volontà di fare un’informazione diversa da quella a cui purtroppo siamo assuefatti. Il mantenimento negli anni di un pubblico affezionato e fedele dimostra che nel nostro paese è possibile ancora conquistarsi uno spazio di ascolto importante anche per una rete come Rai Radio Tre (diretta da Marino Sinibaldi, nella foto), che nei suoi 60 anni di trasmissioni si è imposta come la radio Italiana della cultura e dell’informazione di alta qualità. Ogni anno sulle frequenze del «Terzo Programma della Radio Italiana», come fu annunciata agli ascoltatori nel suo primo collegamento il 1° ottobre 1950, vengono trasmessi centinaia di concerti musicali (solo nell’estate scorsa sono stati 250), pomeriggi librari, trasmissioni di scienza e geopolitica, dirette sui festival letterari e culturali. R1051718 D Con il direttore dell’Adige VIENI A TROVARCI! PROMOZIONE DEL 50% SU DIVERSI ARTICOLI PER CAMBIO ESPOSIZIONE VETRATE ISOLANTI - VETRI STRATIFICATI, TEMPERATI STAMPATI E COLORATI - SPECCHI - VETRINETTE SU MISURA SI MODIFICANO SERRAMENTI APRIBILI E SI APPLICANO VETRI ISOLANTI CON GUARNIZIONI Per informazioni: [email protected] - www.vetreriaviola.com Sede: RAVINA DI TRENTO – Via Provina, 12 – Tel/Fax 0461-923279 l’Adige In promozione del 30% bigiotteria in cristallo Swarosvki e di Murano 25 T remonti ha tagliato poco o nulla, Berlusconi dovrebbe chiedere a Galan di dimettersi. E il premio Nobel, Paul Krugman, che invita Obama ad aumentare le tasse per i ricchi ed elogia appena può le politiche espansive, è pericoloso. Alberto Alesina è abituato a parlare chiaro e se queste sono le premesse, la sua conferenza al Festival di Trento si preannuncia intrigante. Il professore di Harvard, numero uno tra quegli influenti «madmen», come li chiama il keynesiano Krugman, sostenitori dell’«austerità espansiva», sembra provarci gusto ad andare controcorrente ed avventurarsi sulle salite più difficili - forse perché è un alpinista - sfidando anche il senso comune e la cultura dominante. Lo ha fatto l’anno scorso con il libro «L’Italia fatta in casa», scritto con Andrea Ichino (edizioni Mondadori), presentato al Festival, con cui ha messo in evidenza benefici e soprattutto costi del modello familiare italiano. E si ripete quest’anno promettendo di smentire la convinzione che tagliare la spesa pubblica, soprattutto alla vigilia del voto, non sia una buona idea se si vuole essere rieletti. Lui infatti sostiene il contrario, alla luce dello studio di 107 episodi di consolidamento fiscale nei paesi Ocse, dal quale emerge che in molti Paesi - non tutti - gli elettori ai quali sono stati chiesti sacrifici hanno premiato i politici che invece di fare le cicale hanno pensato prima di tutto a tenere i conti in ordine. C’è anche l’Italia nell’indagine ma, come ammette Alesina, da noi è sempre molto più complicato capire cosa determina la caduta o la rielezione di una maggioranza di governo. Professor Alesina, lei ha studiato Alla frontiera: ALBERTO ALESINA TAGLIARE LA SPESA E VINCERE LE ELEZIONI? SI PUÒ FARE LUISA MARIA PATRUNO come le riduzioni anche drastiche dei deficit pubblici dal ’75 ad oggi in molti Paesi Ocse non abbiano penalizzato sempre i governi che le hanno attuate. Anzi, spesso sono stati rieletti. Come è possibile che le misure «lacrime e sangue» vengano premiate dagli elettori? Primo, perché gli elettori sanno che senza quelle misure cosiddette lacrime e sangue (un termine che non mi piace) la situazione sarebbe anche peggiore. Per esempio un ripudio del debito, crisi finanziaria, tassa patrimoniale, fuga di capitali. Se i rischi di non far nulla sono spiegati bene agli “ I tagli di Tremonti sono stati modesti, il minimo necessario ” 26 CHI È PROFESSORE AD HARVARD È Nathaniel Ropes Professor di Political Economics presso l’Università di Harvard e direttore del NBER Program in Political Economics. È membro di numerosi centri di ricerca. Nel 2006 ha ricevuto il Munich CES Prize in Economics e nel 2005 la laurea honoris causa della Normal University di Beijing. Collabora con «Vox» e «Corriere della Sera». È autore di numerosi libri, tra i quali Europe and the Euro (con F. Giavazzi), University Chicago Press and NBER (2010), L’Italia fatta in casa (con A. Ichino), Mondadori (2009), La crisi (con F. Giavazzi), Il Saggiatore (2008). l’Adige elettori questi ultimi capiscono. Secondo perché spesso le misure «lacrime e sangue» richiedono sacrifici a gruppi che erano privilegiati in passato (ad esempio impiegati pubblici con salari cresciuti più che nel settore privato, categorie superprotette etc.) e possono essere distribuiti senza colpire i meno abbienti. Ci fa qualche esempio di governi e Paesi in cui questo è accaduto? Danimarca e Irlanda negli anni Ottanta, Canada e Svezia negli Anni Novanta. L’Italia è tra i casi studiati? Qual è stato il comportamento degli elettori italiani di fronte ai governi fiscalmente rigorosi? Sì, lo è. Ma lei sa meglio di me che la politica italiana è imprevedibile. I governi cadono e si rifanno per motivi che spesso hanno ben poco a che fare con l’andamento del deficit. Pensa che si possa sostenere che esistano differenze culturali o storiche che rendono ad esempio più facile per i tedeschi accettare il rigore di Frau Merkel che non per gli italiani i tagli di Tremonti? Tremonti non ha fatto grandi tagli. Sono stati modesti. Il minimo necessario per non far cadere l’Italia in un circolo vizioso di crisi finanziaria. Credo che bisogna smettere di pensare che noi italiani «siamo diversi» e quindi non possiamo adottare politiche fiscali rigorose. O questo atteggiamento cambia o siamo sulla via di Grecia e Portogallo. L’argomento è attualissimo visto che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è nel mirino dei suoi colleghi perché sostiene che «non c’è crescita senza rigore» e il ministro Galan lo ha attaccato dicendo che così fa perdere le elezioni. Insomma, nemmeno la situazione disastrata dei conti pubblici per cui secondo la Banca d’Italia per il pareggio di bilancio entro il 2014 servirà una manovra correttiva di oltre 35 miliardi basta per convincere la politica a fare scelte sgradite nel breve periodo ma necessarie nel medio e lungo periodo. C’è un modo per fare accettare decisioni impopolari? Parlare chiaro agli Italiani, colpire categorie privilegiate e aver un messaggio coerente. Non si può un giorno dire che tutto va ben ed il giorno dopo che ci vuole un altro aggiustamento. Alla frontiera: «Tagli alla spesa e voto» L’EVENTO QUANDO - Appuntamento per venerdì 3 giugno, alle 17.30. DOVE - Alla Sala Filarmonica. IL TEMA - Non c’è un automatismo tra i tagli alla spesa pubblica e il rigore di bilancio e la sconfitta elettorale. nanza pubblica. Nonostante un deficit al 10 per cento del Pil, nel primo trimestre del 2011 la crescita americana è stata deludente. Che cosa vogliamo, un deficit al 15 per cento del Pil? È assolutamente sbagliato credere che in questo momento la crescita in Italia necessiti più deficit, come per esempio Mario Monti ha spiegato benissimo sul Corriere il primo maggio. In Italia la pressione fiscale è già molto alta e sul lato della spesa è difficile immaginare dove il ministro Tremonti avrà il coraggio di tagliare ancora, visto che sono già stati congelati i contratti del pubblico impiego, le assunzioni, gli enti locali sono in affanno e non c’è l’intenzione di fare riforme strutturali a breve. Secondo lei, quali strade restano per una manvora da 35 miliardi? Pensa che alla fine sarà adottata la patrimoniale? La patrimoniale sarebbe una dichiarazione di sconfitta gravissima. Dimostra che non siamo capaci di ridurre la spesa. L’Inghilterra lo sta facendo, la Spa- gna anche. Perché noi no? O l’Italia esce da questa rassegnazione del nulla può cambiare o siamo veramente a terra. E poi la patrimoniale non servirà: se non si fermano le dinamiche della spesa fra 5 anni saremo di nuovo con un’altra patrimoniale. Della patrimoniale temo le conseguenze «politico simboliche» ovvero una dichiarazione di sconfitta contro la spesa pubblica. Lei ha spesso elogiato la Germania per come ha affrontato la crisi del 2008, sapendo unire rigore e crescita. L’Eurostat ha annunciato che il debito pubblico tedesco ha raggiunto nel 2010 i 2.080 miliardi di euro, scavalcando quello italiano, ed è cresciuto in rapporto al Pil dal 73,5% del 2009 all’83,2% del 2010 soprattutto a causa del salvataggio dei suoi istituti bancari e del contributo per la crisi dei Pigs. Quale impatto avrà l’aumento del debito pubblico tedesco sulla crescità della Germania e sulla politica economica e fiscale dell’Europa? Il debito pubblico è salito dappertutto. La Germania se lo poteva permettere perché aveva i bilanci in ordine prima della crisi. Ora rimetterà i suoi conti a posto. L’incognita sono le sue banche, non tanto il debito. Il premio Nobel Paul Krugman, in un intervento sul New York Times, ha sostenuto che Obama dovrebbe aumentare le tasse per ridurre il deficit perché oggi sono più basse rispetto ad altri Paesi e si dovrebbe ammettere che i tagli alle tasse per i più ricchi sono stati un errore. Non pensa che anche gli americani potrebbero digerire un aumento delle tasse sui ricchi in questo momento? Paul Krugman ha torto. Proporrebbe di aumentare la spesa pubblica anche in Grecia se potesse. Non l’ho mai sentito essere contro una politica espansiva. Il suo messaggio, che purtroppo è ascoltato da molti lettori americani, è dannoso perché fa sottovalutare ai suoi lettori i rischi del debito americano. Paul Krugman è uno dei pochissimi economisti che vorrebbe ancora più stimolo. Sarebbe bene che anche il pubblico italiano lo capisse che la posizione di Krugman è assolutamente estrema e fuori dalla conventional wisdom. Il prestito concesso due anni fa dall’amministrazione Obama per salvare Chrysler e migliaia di posti di lavoro sembrava un’aberrazione negli Stati Uniti, per l’inaudita «ingerenza» dello Stato, ma si è visto che è servito e ora la casa automobilistica ha annunciato di essere pronta a rimborsarlo integralmente. Questo stile più «europeo» introdotto da Obama non potrebbe fare bene all’economia e alla società americana? Il fatto che i prestiti siano restituiti non è una prova che fosse la decisione giusta. Se le case automobilistiche si fossero rimaneggiate e ridotte di dimensioni le risorse liberate sarebbero potute essere impiegate in modo più produttivo in altri settori. La distruzione creativa. [email protected] R1051407 C’è stata troppa confusione nelle dichiarazioni del governo negli ultimi due anni sullo stato dell’economia italiana. La dichiarazione del ministro Galan è grave. Il premier avrebbe dovuto esigere le sue dimissioni. Paesi «salvati» come la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo hanno fatto piani di risanamento pesanti, di forti sacrifici interni, ma i mercati non sembrano averli premiati visto l’aumento degli spread. Il rigore non basta? I mercati si sono svegliati tardi. Non avrebbero dovuto prestare tutti quei soldi a paesi come Grecia e Portogallo. Ora sono preoccupati (a ragione) di possibili ripudi o ristrutturazioni. Lei presterebbe a una persona che per anni e anni ha falsificato i suoi bilanci come faceva la Grecia? Il problema non è che oggi i mercati chiedono un premio al rischio, il problema è che non lo chiedevano prima, e si sono svegliati all’improvviso ed hanno reagito tutti insieme come un’orda. Va bene cercare di rimettere a posto i conti. Ma nel breve periodo l’austerità non rischia di frenare troppo la ripresa della crescita? La crescita è minacciata molto di più da crisi fiscali, ripudi, fallimenti di banche: tutte cose che succederebbero senza aggiustamenti fiscali. L’incertezza sul futuro fiscale preoccupa gli operatori che non investono. Negli Stati Uniti le imprese sono piene di profitti ma non investono in parte perché sono preoccupate dallo stato della fi- PER UNA MAGGIORE SICUREZZA. PER COMUNICARE MEGLIO. IL TEMPO È PREZIOSO. l’Adige 27 N on c’è libertà senza legalità. Senza quel «rispetto delle regole, uguali per tutti, che costituiscono la piattaforma assolutamente imprescindibile sulla quale si costruisce quel percorso in diritti e uguaglianza che rendono i cittadini effettivamente persone libere». Questa è la legalità. La base della libertà, spiega Gian Carlo Caselli, Procuratore capo della Repubblica di Torino da tre anni, dopo una carriera lunga quarant’anni che l’ha visto occuparsi di tante pagine buie d’Italia. Ma lavorare per difenderla, per garantirla, è sempre più complicato. Una corsa ricca di ostacoli, che spesso sono fuori dallo Stato, ma - mette in guardia il magistrato - «a volte purtroppo anche al suo interno. Basta guardare a questa epocale riforma della giustizia, che è più che altro una riforma dei magistrati. L’obiettivo vero è togliere loro strumenti, ridurre il loro spazio di intervento, mortificare la loro autonomia e indipendenza, perché i potenti possano impunemente violare la legge. Non sono affermazioni a vanvera. Si basano sul pacchetto che costituisce questa riforma. Quando si dice che l’azione penale dev’essere esercitata in base ai criteri stabiliti da una legge ordinaria, si dice che è la maggio- Testimoni del tempo: GIAN CARLO CASELLI DI FRONTE ALLE MAFIE NON ESISTONO DELLE «ISOLE FELICI» LEONARDO PONTALTI ranza politica del momento quale che sia il suo colore, non è certo questo il problema - ha il potere di stabilire chi e che cosa indagare e chi e che cosa lasciare impunito. Ovvero, la fine dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La fine di ogni possibilità di una giustizia giusta». Sono riflessioni amare. Eccessiva- mente pessimistiche? Il nostro è ancora un paese - e dico purtroppo, perché io amo il nostro paese, e il purtroppo è sincero. Assolutamente sincero - ancora caratterizzato da corruzione, collusione con la mafia, mala amministrazione, malasanità, tutte faccende di malaffare nelle quali spesso e volentieri sono coinvolti anche pezzi - senza generalizzare, ma pezzi, anche consistenti - della politica. Se fosse questa politica a poter condizionare l’attività della magistratura, sarebbe come consegnare il pollaio alla volpe. Veramente assurdo, micidiale. E le minacce manifeste, dichiaratamente al di fuori dello Stato? Quelle cioè portate dall’illegalità diffusa, dalla criminalità organizzata? Dovrebbero rappresentare limiti alla libertà, eppure in vaste zone d’Italia, c’è chi - paradossalmente - per godere di libertà, servizi, tutele, si affida proprio alla criminalità. È stato detto, ed è vero, che la legalità è il potere dei senza potere. Un motivo in più per combattere le mafie, perché esse si nutrono, ed ingrassano, anche grazie al mancato soddisfacimento di diritti fondamentali dei cittadini. Che i mafiosi presenti sul territorio trasformano in favori, elargiti in cambio di complicità e appoggio». Complicità e appoggio che la criminalità cerca, e trova - ci dicono le cronache, anche recentissime non solo nelle zone per così dire d’origine. Anche in Trentino gli alL1052102 28 l’Adige Testimoni del tempo: «Quale libertà senza legalità?» larmi sul rischio infiltrazioni sono sempre più frequenti. Premetto che non conosco sufficientemente la situazione del Trentino, per poter fornire risposte precise. Ma anche prescindendo da ogni realtà specifica non si può non sottolineare come sia illusorio pensare che possa esistere un Italia una qualche isola felice. L’espansività oltre i tradizionali confini è nel dna delle mafie, quel dna che si chiama riciclaggio, per poter effettivamente godere dei proventi frutto della loro attività illecita. E dove si va a riciclare? Dove di denaro ne circola, e quello «sporco» può meglio mimetizzarsi. Le zone ricche sono dunque per la criminalità organizzata un po’ come il miele per le api, e stupirsi della presenza delle mafie anche nel Centro e al Nord è un po’ come stupirsi che la pioggia bagni. Non ha senso. Qui a Trento, al Festival, incontrerà tanti giovani. Quali sono i consigli che da difensore della legalità si sente di dare, a tutti loro e ai futuri magistrati? Credo innanzitutto che dai giovani si debba soprattutto apprendere, anche perché sono convinto tra loro siano tanti una minoranza forse, ma quella che conta di più - quelli che non accettano di lasciarsi «drogare» dalle facili suggestioni televisive. E penso che con i nostri giovani sia d’importanza decisiva riflettere sulla nostra Costituzione democratica, che scolpisce principi, valori e dirit- ti che hanno consentito - nei decenni passati e tuttt’ora garantisce - quella crescita in diritti ed uguaglianza che essa stessa non si limita ad affermare, ma a tutelare con efficaci strumenti. Un esempio per tutti: la Carta prevede il diritto alla salute dei lavoratori, alla sicurezza sui posti di lavoro. E una magistratura autonoma e indipendente principale strumento di presidio dei diritti previsto dalla Costituzione - può garantirli in maniera estremamente significativa, come testimoniano i processi Thyssen e Eternit. Una magistratura ed un sistema giustizia previste come garanzia, ma che è spesso sotto attacco da parte della politica, e criticata dai cittadini per la sua lentezza, ed inefficienza. La giustizia in Italia non è un servizio, ma un disservizio. I processi non finiscono mai e non si fa niente di niente per migliorare la situazione. Eppure basterebbero alcune riforme, possibili a costo zero, come l’abolizione di un grado d’appello. Basterebbe volerle fare. Del resto, tuttavia se la giustizia non funziona, i cittadini saranno inevitabilmente sempre più arrabbiati e non si mobiliteranno mai in difesa dell’indipendenza della magistratura qualora fosse aggredita. Ed è quello che sta accadendo, con questa sedicente riforma che ha in realtà il vero obiettivo di umiliare i magistrati, tagliare loro le unghie, perché certi potenti non siano chiamati a rispondere delle lo- L’EVENTO DOVE - Il procuratore capo Caselli parlerà al Teatro Sociale, a Trento. QUANDO - L’incontro è fissato per le 21 di venerdì 3 giugno. IL TEMA - Nel nostro paese ci sentiamo liberi. Ma questa libertà si scontra – in ampie zone dell’Italia – con l’illegalità diffusa: non solo quella delle associazioni a delinquere ma anche quella meno visibile ma non per questo meno pericolosa della corruzione, del clientelismo, del lavoro nero. ro eventuali azioni contro la legge, come tutti gli altri cittadini. Per questo ha parlato in passato di «inefficienza efficiente»? Il sistema è in sé inefficiente. Ma funzionale ad un’aggressione all’indipendenza della magistratura. Tira la volata ad ogni attacco. Eppure, paradossalmente secondo le statistiche elaborate dalla Commissione europea per la giustizia (Cepej), confrontando la situazione dei paesi del Consiglio d’Europa siamo tra i primi come produttività. Ma la realtà è che siamo al disastro, tra procedure che sono percorsi ad ostacoli e magistrati distribuiti sul territorio secondo leggi vecchie di un secolo. È qui che bisogna intervenire, al- trimenti stupirsi della situazione è come provare meraviglia per la criminalità che si espande: è come stupirsi che la pioggia bagni. Questo per le critiche da parte dei cittadini. E da parte della politica? Il nostro paese è fuori dagli standard di tutte le democrazie occidentali in quanto ad aggressioni, pressioni, bastonate mediatiche ai magistrati quando hanno la sfortuna di imbattersi in certi interessi che rifiutano di sottostare ai principi di legalità. Ovunque altrove ci si siede a processo, sempre rispettando la giurisdizione e accettandola come cardine delle regole di convivenza della democrazia. Un esempio per tutti: Bill Clinton, allora l’uomo più potente del mondo, ha dovuto subire sei, sette processi. In uno di questi è stato costretto a fornire un campione organico di sé perché il suo dna potesse essere confrontato con la macchia che una diligente, scrupolosa ragazzina aveva conservato su un suo abito. Una umiliazione, per lui, costretto a causa di un processo ad inghiottire quantità industriali di bile. Eppure mai nessuno gli ha sentito dire mai soltanto mezza parola contro i suoi giudici, perché in un paese civile la giurisdizione si accetta, non si combatte, e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Tutti, senza eccezione. E il consenso elettorale, per quanto forte, non può rappresentare un’eccezione a questo principio di legalità. L1051802 l’Adige 29 Visioni: «Immigrazione e confini» L a recente crisi tra Francia e Italia, a causa degli immigrati tunisini approdati con l’intenzione di raggiungere i parenti in Francia ha sollevato un vasto dibattito sull’accordo di Schengen. C’è davvero bisogno, professor Hatton, di cambiare le regole europee sull’immigrazione e le politiche sull’asilo politico? È una questione molto difficile. Uno dei nodi cruciali in ogni situazione del genere è se i migranti debbano essere trattati come richiedenti asilo. Se così fosse, dovrebbero essere applicate le procedure per le richieste d’asilo. Però i tunisini non sembrano poter rivendicare un forte diritto all’asilo politico, visto che il loro Paese è stato recentemente liberato dall’oppressione, almeno in linea di principio. Se non sono rifugiati, lo status di questi migranti è meno chiaro. Mi risulta che il governo italiano li ha dotati di permessi temporanei di residenza e chiaramente, in situazioni come queste c’è il rischio che i migranti si muovano attraverso i confini nazionali. E dato che ci sono circostanze in cui un Paese come la Francia può chiudere le sue frontiere, tali azioni sembrano minare lo spirito di Schengen. Nella mia visione, è importante non dare incentivi a un Paese affinché ammetta immigrati che non vorrebbe che rimanessero, ma TIMOTHY J. HATTON PER L’ITALIA LAMPEDUSA NON PUÒ ESSERE UN ALIBI PAOLO GHEZZI che si aspetta che migrino ulteriormente. E dunque, per preservare l’integrità di Schengen penso che l’unica reale possibilità sia quella di adottare misure per tenere i migranti nel Paese in cui sono arrivati finché siano stati regolarizzati o i loro visti siano scaduti e vengano assistiti nel ritorno. Il ministro Maroni ha accusato l’Unione europea di essere «indifferente» ai problemi dell’Italia con i suoi confini sud-mediterranei: ha ragione quando dice che l’Europa perde il suo stesso significato se è muta e inefficace in materia di immigrazione? Se pensiamo ai rifugiati, il problema sarebbe coperto dalla direttiva di protezione temporanea che l’Ue ha emesso nel pe- riodo d’emergenza conseguente alla crisi del Kosovo. Essa garantisce una condivisione del carico attraverso un «bilanciamento di sforzi», quando un Paese si trova ad affrontare un afflusso immediato che non riesce a gestire. La direttiva è nata in seguito al massiccio ingresso di kosovari in Macedonia. Ma l’Italia non è la Macedonia, e la proporzione dell’immigrazione è minore. È una bella questione se la direttiva di protezione temporanea debba essere invocata: la Commissione Ue è stata finora riluttante ad utilizzarla liberamente, probabilmente per due ragioni. La prima è che, mentre le strutture di Lampedusa possono essere state travolte, l’Italia ha sufficiente capacità sulla sua terraferma per gestire un simile volume di rifugiati. Ma, più importante, in assenza di una formula di condivisione del carico, è che è difficile costruire un consenso sulla base di contributi volontari. Abbiamo bisogno di un complesso più formale di criteri di condivisione, che però non può essere elaborato a tempi brevi. In generale, le organizzazioni internazionali hanno reale influenza sulle scelte politiche dei singoli Stati che, essendo più a ridosso dei problemi, tendono a dare risposte egoistiche o autodifensive? C’è una tensione crescente tra le politiche dei singoli Stati verso i rifugiati e quanti fuggono dai conflitti, e quelle che sono state adottate a livello comuni- EUROFER snc Zona Ind.le 38082 CIMEGO (TN) www.eurofer.it [email protected] 30 l’Adige R1052021 ATTESTATO DI DENUNCIA DELL’ATTIVITÀ DI CENTRO DI TRASFORMAZIONE N. 081/09 Visioni: «Immigrazione e confini» Timothy J. Hatton insegna in Inghilterra e Australia: parla alle 11 del 5 giugno, Palazzo Geremia la stessa cosa accadrebbe se la situazione egiziana degenerasse in anarchia. Ma anche se qualche forma di ordine fosse restaurato in questi Paesi, il contrasto alla fuga attraverso il Mediterraneo non sarebbe certo la priorità numero 1 per i loro governi. In questo caso vedremmo probabilmente aumentare la pressione sulle coste meridionali dell’Europa da parte di coloro che fuggono da qualche altro luogo dell’Africa. Una lezione dei primi anni Novanta è stata la caduta della cortina di ferro che ha portato inizialmente a un’inondazione di cittadini dell’Est europeo, ma ha creato anche un corridoio fin dentro l’Europa occidentale per i migranti dall’Asia e da altri continenti. Gente che è stata spesso aiutata da trafficanti di esseri umani, e una volta installate queste reti, è difficile smantellarle. Quant’è problematico tracciare una chiara distinzione tra «migranti economici» e persone che hanno il diritto di essere riconosciute meritevoli di asilo? La distinzione deriva dalle norme internazionali. La convenzione dei rifugiati li definisce come persone che hanno «un fondato timore di persecuzione». Questo concetto include cause determinate da persecuzioni politiche o religiose ma non fenomeni di fuga da violenza generalizzata (a meno che i migranti non siano perseguitati come individui). Ma dato che la definizione è in qualche misura soggettiva, resta aperta a differenti interpretazioni. Come hanno riconosciuto sia l’Unhcr (alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) sia la maggioranza dei governi europei, ciò a cui abbiamo assistito è una «migrazione mista». Coloro che cercano rifugio spesso lo fanno per una varietà di motivi: normalmente vengono da Paesi poveri in cui gli abusi nel campo dei diritti civili sono endemici, ma i casi di persecuzione individuali sono difficili da provare. Ciò nonostante, i governi hanno migliorato le loro capacità nel gestire le domande di asilo, e così sono state sviluppate delle pratiche operative, anche se non sempre sono capaci di distinguere le situa- zioni nel modo auspicabile. L’Europa può imparare qualcosa dalle norme e dalle esperienze di Stati Uniti e Australia per quanto riguarda l’immigrazione? Il caso che conosco meglio è quello dell’Australia, che nel 2001 ha approvato misure che hanno escluso le isole esterne (Christmas Island e Ashmore Reef) dalle aree destinate alla richiesta di asilo, hanno spedito alcuni richiedenti verso le isole del Pacifico (specificatamente Nauru) e hanno introdotto un severo regime detentivo per i boatpeople. Un sistema che è stato battezzato «soluzione del Pacifico», mentre l’Australia ha sviluppato anche una cooperazione con l’Indonesia per provare a impedire la partenza delle barche. Per sette anni gli arrivi si sono bloccati, ma di recente sono ripresi. Qui c’è un ovvio parallelo con Lampedusa. Ma si potrebbe ideare un’analoga «soluzione mediterranea»? Penso di no, per tre ragioni: 1) non c’è posto nel Mediterraneo fuori dall’Ue per parcheggiare i boatpeople; 2) i numeri sono molto più grandi di quelli delle acque australiane; 3) una simile politica sarebbe incoerente con le attuali norme in vigore nell’Unione europea. Cinque anni fa, professor Hatton, lei ha scritto un libro sulla migrazione globale e l’economia mondiale. Qualcosa da aggiungere? I trend a lungo termine restano gli stessi. Sto scrivendo invece un altro libro più breve, proprio su rifugiati e richiedenti asilo. G1052044 tario attraverso le tre tappe del processo di armonizzazione (Tampere, l’Aja e Stoccolma). I cittadini della maggior parte dei Paesi europei sono ben disposti a garantire un porto sicuro ai migranti che ne hanno bisogno. Ma i singoli Paesi sono incentivati ad assicurare che quel porto sicuro non è sul loro territorio. Non sorprende che i Paesi chiamati ad affrontare il più grande volume di domande di asilo abbiano adottato tendenzialmente le politiche più dure. L’effetto dell’armonizzazione è livellare queste differenze, con il risultato che i carichi dei rifugiati diventano più diseguali, anziché meno. E così, abbiamo bisogno di un meccanismo per raggiungere una distribuzione più equa di rifugiati. L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, istituito a Malta, non garantisce questa equa redistribuzione, dato che è un’agenzia di coordinamento e consultazione priva di reali poteri. Che cosa pensa della crisi libica: è un’emergenza locale o è parte di un «movimento» destinato a mettere sottosopra l’Africa settentrionale e a causare nuove ondate di emigrazione? Io penso che il flusso di boatpeople non si interromperà molto presto. La vera questione è se si trasformerà in un esodo di scala molto maggiore di quella attuale. Chiaramente se lo stallo armato in Libia si trasformasse in una vera e propria guerra civile, allora ci potremmo aspettare dei flussi molto maggiori; l’Adige 31 C on un lungo e appassionato lavoro di ricerca è arrivato a sbattere in faccia all’Italia verità scomode. Di più: nascoste. Nascoste fino a quando lui stesso le ha fatte pubblicare, ottenendo un vasto favore di pubblico ma anche molte critiche, a tratti pure feroci. Come quella volta che ingaggiò uno scontro furioso (e vinto) addirittura con Indro Montanelli. Tutto questo rappresenta Angelo Del Boca. Superati da poco gli 86 anni, piemontese di Novara, ex partigiano, Del Boca è il massimo studioso del colonialismo italiano. Fu il primo a scrivere (e dimostrare) delle atrocità compiute dai militari italiani durante la conquista della Libia e dell’Etiopia: pagine di cui il nostro Paese non può andare orgoglioso, ma alle quali Angelo Del Boca ha dedicato buona parte della sua carriera di giornalista, di professore universitario e di storico. Ancora oggi attivissimo, i media nazionali in questi giorni lo interpellano con regolarità: del resto, Del Boca è uno dei maggiori viaggiatori nei paesi nordafricani di recente attraversati dalle rivolte popolari, anche se la maggiore curiosità si sofferma spesso sui rapporti e sulle conoscenze nei confronti del colonnello Gheddafi. In un’intervista è stato lo stesso Del Boca a rivelare che il rais ha letto i libri dello scrittore, soprattutto quelli dedicati agli italiani in Libia: la «confidenza» arrivò al termine di una lunga intervista, realizzata naturalmente in una tenda di Gheddafi. Del Boca parla con trasporto di quell’esperienza, anche perché il colonnello non si risparmiò: «Fu un momento straordinario», ripete ora Del Boca. Prima l’Algeria, poi in serie la 32 Focus: ANGELO DEL BOCA L’AFRICA IN RIVOLTA MA L’ITALIA SBAGLIA A FARE LA GUERRA PAOLO MICHELETTO Tunisia, l’Egitto e quindi la Libia. Insomma, gli ultimi mesi hanno visto l’infiammarsi della rivolta araba. Lei è rimasto sorpreso o si aspettava una tale sollevazione di popolo in questi paesi? No, la rivolta non era prevista. Tutti sono rimasti sorpresi, alcuni addirittura imbarazzati come nel caso dei francesi, che addirittura avevano in viaggio il ministro degli Esteri in Algeria proprio quando è scoppiata la rivolta. Certo, si tratta di rivolte molto diverse: in Algeria si è verificata una ribellione molto dura per alcuni CHI È LO STORICO DEL COLONIALISMO Narratore, saggista, storico del colonialismo italiano, direttore di «I sentieri della ricerca», è stato inviato speciale in Africa e in Medio Oriente. Ha pubblicato numerosi libri sulle guerre di aggressione del fascismo di Mussolini, in Libia e in Africa Orientale e romanzi. Tra le opere: Italiani, brava gente?, Neri Pozza (2005), La scelta, Neri Pozza (2006), A un passo dalla forca, Baldini Castoldi Dalai (2007), Il mio Novecento, Neri Pozza (2008), La guerra in Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo, Longanesi (2010), Gheddafi, Laterza (2010). l’Adige giorni ma poi i governanti sono riusciti a controllare il movimento e a padroneggiarlo. Ma quanto è accaduto in Tunisia e in Egitto è stato sbalorditivo: nessuno si aspettava di vedere quelle immagini della gente scesa in piazza contro Mubarak, anche perché ripeto che non c’erano stati molti segnali che potessero anticipare tali fenomeni. E qual è il bilancio di questi movimenti, secondo lei che l’Africa l’ha studiata a lungo? A distanza di qualche mese direi che sono rimaste tante belle promesse: la promessa di elezioni libere, la promessa di cambiare il governo e altro. Ahimè, si deve dire che l’esercito ha controllato e catturato la sommossa: finora il godimento maggiore l’hanno avuto i generali. Quindi dobbiamo ripensare l’idea di una sommossa del tutto spontanea, almeno in Egitto. Cosa si aspetta per l’immediato futuro? Si può ipotizzare un lento ma progressivo avvicinamento dei paesi nordafricani all’Europa, dal punto di vista dei diritti umani e del progresso economico e sociale? No, non credo che ci sarà un cambiamento radicale. Soprattutto in Marocco e in Algeria, i governanti spaventati da questo ciclone che ha invaso il Nord Africa si sono affrettati a fare promesse, che non so se potranno essere mantenute. In Egitto invece si va verso le elezioni e sto a guardare, vedremo chi vincerà e chi andrà al potere: io ho il sospetto che l’esercito avrà lo stesso valore di prima e non penso che gli Stati Uniti abbandoneranno lo storico alleato militare. Ancora diversa la situazione in Tunisia, dove sono già stati cambiati tre governi senza arrivare a qualche risultato. Anche in questo caso a luglio ci dovrebbero essere le elezioni, che però potrebbero essere rinviate. Certo, politicamente è stato compiuto qualche passo in avanti, non fosse altro per il fatto che non ci sono più i dittatori al governo, ma non è cambiato molto dal punto di vista del benessere generale. Sono ancora tutti molto poveri, lo vediamo dai barconi che arrivano ogni giorno nel nostro paese. Focus: «La rivolta araba» L’EVENTO Immagino che la rivolta contro Gheddafi l’abbia sorpresa ancora più delle altre. Del resto, la Libia ha una situazione unica rispetto agli altri paesi mediterranei dell’Africa e poi il colonnello sembrava saldo al potere. In quarant’anni era sempre stato in grado di dominare la scena, e pensare che le situazioni pericolose per lui non sono mancate. Quindi, cosa vuole dire della ribellione contro Gheddafi? Quella mi ha sorpreso particolarmente. Vede, in Tunisia ma anche in Egitto e Tunisia sono state le rivolte del pane, della miseria, della fame, della mancanza di lavoro. Insomma, abbiamo visto sulle nostre coste come arrivano... Ma in Libia la situazione è ben diversa: si tratta di un paese dove il reddito medio pro capite è di 15-16 mila euro, quindi molto alto. E poi non c’erano state negli ultimi tempi manifestazioni contro il governo, anzi non si erano proprio mai verificate. Quindi ha colpito che almeno una parte della Libia, la Cirenaica, si sia ribellata e abbia cacciato i rappresentanti di Gheddafi e in un certo senso abbia creato una nuova repubblica, con un comitato provvisorio che però oggi ha ricevuto il riconoscimento anche da parte dell’Italia e quindi è qualcosa di serio. Lei ha studiato a fondo Gheddafi. Anzi, l’ha conosciuto personalmente. E il suo giudizio è ben diverso da quello che oggi va per la maggiore, in Occidente. Intendiamo, il personaggio è certamente poliedrico, con i suoi lati positivi e negativi. Ho scritto la sua biografia ed è vero che l’ho conosciuto bene: sono stato nella sua tenda, l’ultima volta per due ore e un quarto. Ho potuto valutarne la sua cultura, le cognizioni e le sua capacità. Alla luce dei miei elementi di conoscenza è chiaro che non mi associo né a coloro che dicono che il personaggio è un pericoloso criminale e quindi chiudono la partita nei suoi confronti, né a chi parla di guerra giusta contro il Colonnello. Si tratta di una guerra di dubbie verità, altro che guerra giusta, e quindi sono molto cauto nel parlare di un conflitto che andava soste- DOVE - Al Castello del Buonconsiglio. QUANDO - Appuntamento alle 17,30. IL TEMA - La grande rivolta araba: la prima metà del 2011 è stata segnata da sollevamenti di massa in numerosi paesi arabi, tutti accomunati dalla richiesta di maggiore democrazia e un minor peso delle oligarchie e più meritocrazia nella selezione della classe dirigente. nuto e intrapreso a tutti i costi. Come giudica l’atteggiamento tenuto da Silvio Berlusconi, che ha più volte incontrato il rais? Partiamo dall’accordo di Bengasi, firmato nel 2008. Si tratta di un’intesa giusta dal punto di vista storico, perché rimediava ad un torto molto grave fatto dall’Italia a tutta la Libia. L’Italia ha dominato il paese per più di 30 anni, è stata protagonista di violenze che hanno portato a centomila morti, un numero incredibile se si pensa che allora la Libia di abitanti ne aveva ottocentomila. Quella dell’Italia è stata una guerra di conquista e di riconquista, che ha visto anche la creazione di campi di concentramento dove noi abbiamo portato centomila persone, delle quali quarantamila sono morte a causa degli stenti subiti. Peraltro ricordo che si arrivò a quell’accordo non solo per l’intervento di Berlusconi, ma anche per iniziativa dei governi precedenti, ad iniziare da quelli guidati da Dini e D’Alema. Di fatto il centrosinistra pose le basi per quella firma. Quindi l’Italia doveva saldare il suo debito. Vero, ma quell’accordo privilegia solo la parte commerciale dei rapporti tra l’Italia e la Libia. Però la parte storica è stata lasciata completamente al buio e dal punto di vista politico Berlusconi doveva usare una maggiore cautela: si sapeva anche nel 2008 che Gheddafi era un dittatore, che non rispettava i diritti umani, non c’era bisogno di attendere la rivolta. Io l’avevo anche sugge- rito in questi tempi, ma ora quell’accordo lo abbiamo, anche se leggo della volontà dell’Italia di annullare un’intesa che però non possiamo cancellare da soli, visto che è stata firmata da due parti. In questo momento stiamo facendo la guerra (perché la facciamo in maniera assoluta, con basi militari e aerei che vanno a bombardare) ad un paese con il quale siamo legati da un accordo di pace e cooperazione. Mi sembra una contraddizione interessante. In questo modo non possiamo che essere accusati di neo-colonialismo: torniamo indietro di 100 anni, quando invademmo la Libia dopo aver mandato l’ultimatum al governo di Ankara. Personalmente cosa prova quando vede le immagini drammatiche di decine di profughi e immigrati mentre cercano di raggiungere le coste italiane? Provo una grande tristezza. Io quella gente la conosco bene, pensi che ho iniziato a viaggiare in Medio Oriente e in Africa negli anni Cinquanta e da allora non ho mai smesso. Conosco bene la loro povertà ma anche la loro fortissima ansia di cambiare le cose, di migliorare la condizione generale di ciascuno, di avere una vita diversa. È fuori di dubbio che creano delle difficoltà ma sembra che nessuno abbia presente il fatto che l’Africa si sta allargando in maniera incredibile. Stiamo parlando di 800 milioni di persone, che però entro la fine del secolo diventeranno due miliardi, vale a dire come la popolazione della Cina e dell’In- l’Adige dia messe insieme. Per forza dovremo aspettarci delle invasioni, che poi avvengano in maniera normale o più violenta lo vedremo nei prossimi anni. Su Gheddafi però mi lasci dire un’altra cosa. Prego. Per settimane non si sono più avute notizie sul suo conto. Io però gli ho fatto mandare un messaggio di condoglianze per la morte del figlio e dei nipotini. L’ho fatto tramite il vescovo di Tripoli, monsignor Martinelli, che è un caro amico ed è stato molto gentile nel portare il messaggio a lui direttamente. Mi sono sentito in dovere di assumere questa iniziativa perché prima di tutto Gheddafi è un padre e un essere umano e noi dobbiamo trattarlo come tale e non come una bestia, come invece in molti hanno tentato di fare in questi ultimi tempi. Al Festival dell’Economia di Trento il suo intervento verrà ascoltato anche da molti giovani. Lei che ha scritto 55 libri, cosa si sente di dire ad un giovane laureato che vuole fare della ricerca storica la propria professione? Il mestiere dello storico e quello del giornalista sono strettamente intrecciati. Sotto molti aspetti il metodo di lavoro da seguire è simile. Si tratta di mestieri che esigono una grande dedizione, pensi che io a 86 anni lavoro ancora 7-8 ore al giorno. Faccio lavoro di raccolta di documenti e materiale vario, ormai ho un archivio smisurato con migliaia di ritagli che mi risultano sempre utilissimi. A chi vuol fare il giornalista dico che si tratta di una vita dura ma che può dare grandissime soddisfazioni, e questo è il compenso migliore per chi lavora duramente. Lei si sente più giornalista o scrittore? L’uno e l’altro. Mi è sempre piaciuto fare il giornalista, perché la notizia è importante darla per primi e meglio degli altri, ma ormai il mio lavoro giornaliero è quello dello storico, non fosse altro perché dei miei 55 libri, almeno 40 sono a sfondo storico. Arrivederci a Trento, allora. Certo, vediamoci a Trento. [email protected] 33 Il Festival on line arà più che mai internet il grande protagonista della sesta edizione del Festival dell’Economia. La quintessenza della new economy è rappresentata dalla multimedialità: non si potevano, dunque, ignorare fenomeni come quelli rappresentati, per esempio, dai social network e del lavoro a distanza. «Negli incontri – assicura il direttore scientifico del Festival, Tito Boeri – ci sarà sempre un riferimento all’online. Le persone che continuano ad ignorare le sue potenzialità, enormi, commettono un grave errore. Non essere in linea vuol dire perdere senza giocare». Internet ha rivoluzionato non solo il mondo delle aziende, ma anche quello della comunicazione. La possibilità di immettere subito in circuito notizie, filmati, contributi audio significa permettere a coloro che non potranno assistere fisicamente ai dibattiti di segui- LO SCOIATTOLO NELLA RETE re comunque al meglio la manifestazione. Come già successo in passato, www.ladige.it dedicherà molto spazio agli eventi festivalieri. Il materiale che, in real time, uscirà sul nostro portale avrà un’ottima visibilità. Nel 2010 la vetrina virtuale dell’Adige è stata vista da oltre 4 milioni e mezzo di internauti, per la precisione 4.654.000. Nei primi 5 mesi del 2011 – rispetto al medesimo periodo di un anno fa – i contatti hanno subìto un’ulteriore impennata. In forte crescita, inoltre, gli accessi provenienti dall’estero. Nel corso del Festival, parte della redazione dell’Adige online si tra- sferirà, insieme ai giornalisti e ai deejay di Radio Dolomiti, in una struttura allestita in piazza Italia, pieno centro storico cittadino. In sintonia con la filosofia che sta alla base del successo di www.ladige.it si farà parlare la gente. I relatori e la gente comune. All’esterno delle sale e nelle zone limitrofe si darà voce al popolo dello Scoiattolo. La voce e l’immagine, in realtà, poiché si farà ampio ricorso alla web-tv. La televisione marchiata l’Adige nell’edizione 2010 è riuscita ad assicurarsi le interviste – decine di migliaia i clic da esse ricevuti - a due big del giornalismo italiano: Milena Gabanelli (Report) e Beppe Severgnini (Corriere della Sera). L’iniziativa è piaciuta. Spazio, poi, ai forum, ai blog dei cronisti e degli editorialisti dell’Adige, alle gallerie fotografiche tematiche, agli angoli delle curiosità. G1052009 S Seguite il Festival su www.ladige.it l’Adige 35 C Dialoghi: SUSANNA CAMUSSO IL LAVORO TORNA AL CENTRO DELLA POLITICA preso il posto nel dibattito pubblico che gli compete? E l’Italia dei contratti separati, della disoccupazione giovanile, della precarietà, fa eccezione o no? A queste domande risponde Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, che interviene al Festival domenica 5 giugno (Castello del Buonconsiglio, ore 11, con Pietro Garibaldi). Segretaria Camusso, non passa giorno senza che le autorità cinesi siano chiamate a fronteggiare richieste di migliori condizioni di lavoro, negli Usa i dati sulla disoccupazione influenzano la borsa, a Cuba si «privatizzano» i posti di lavoro pubblici. È possibile governare processi tanto diversi a livello planetario? La prima riflessione da fare è che il lavoro è tornato al centro delle politiche di molti governi. In questo c’è l’idea di considerare finita la stagione della finanza creativa, della ricchezza e delle disuguaglianze come conseguenza diretta del liberismo e del lavoro progressivamente più povero. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno scelto di rilanciare l’industria. La Cina si trova a fare i conti con i temi della protezione sociale e dell’invecchiamento della popolazione, oltre che con l’aumento dei salari. I paesi del Maghreb fondano la rivoluzione dei gelsomini sulla rivendicazione di democrazia e lavoro, anche perché i flussi migratori non rappresentano più una risposta sufficiente. Insomma, il tema delle regole della globalizzazione, negato fino a venti, dieci anni fa, è entrato prepotentemente nella crisi, ma questo non esclude il rischio che alla fine possa prevalere la scuola di pensiero di chi, una volta superata la crisi, voglia ricominciare come se non ci fosse mai stata. La crisi, oltre a rivalutare il lavoro, ha evidenziato anche un altro aspetto: la fine del mito del consumo infinito, come pure la conferma che le risorse non sono infinite. Servono, allora, regole planetarie, un’idea di crescita differente, un nuovo equilibrio tra beni e welfare, assistenza e cura delle persone, qualità dei servizi. Se questo è ciò che serve bisogna combattere lo schema che G1052050 on la crisi economica planetaria degli ultimi tre anni, il lavoro sembra tornato al centro del dibattito pubblico. Un ritorno inatteso, come quello di un lontano cugino delle cui gesta tutti in famiglia avevano sentito parlare, ma che nessuno sapeva bene dove fosse finito. Sì, perché durante il boom della globalizzazione, all’inizio del nuovo millennio, la questione lavoro sembrava svanita, risolta, sorpassata. Ci pensava infatti l’economia e la crescita impetuosa, a risolvere tutto, creando sempre nuovi posti di lavoro che avrebbero soppiantato quelli perduti sotto i colpi delle delocalizzazioni. E a chi denunciava le condizioni spesso incerte, talvolta addirittura misere, di questi impieghi, in Oriente come in Occidente, la risposta era sempre la stessa: sarà anche precario e malpagato, ma è pur sempre un lavoro. Poi è arrivato l’11 settembre dell’economia, il Grande Crollo della finanza nel 2007. Da allora il lavoro è diventato il barometro della ripresa. Così dappertutto – dall’America alla Cina, passando per il Vecchio Continente e l’Africa - si fanno i conti con le contraddizioni politiche e sociali di ciascun mercato del lavoro. Ma è proprio così? Il lavoro si è davvero ri- l’Adige 37 Dialoghi: «Stato, mercato e protezione sociale» La vicenda Fiat ha risollevato anche drammaticamente la questione del rapporto tra competitività delle imprese e diritti sanciti dal contratto nazionale di lavoro. A Pomigliano e Mirafiori si sono scelte le deroghe che la Cgil considera inaccettabili. Come recuperare relazioni industriali che sappiano sostenere la crescita dell’Italia? Le deroghe negli accordi separati Fiat determinano l’esclusione delle organizzazioni sindacali non firmatarie, la limitazione dell’esercizio del diritto di sciopero, la riduzione del trattamento di malattie. Misure che fanno pensare più ad un ritorno alle caserme che a moderni luoghi di lavoro. Le deroghe sono una strada sbagliata ed ingiusta perché rendono incerto il contratto nazionale di lavoro e quindi le regole generali del lavoro. La scelta di Con- findustria, ovvero di Federmeccanica, di inseguire la Fiat dimostra come il lavoro sia visto esclusivamente come un costo da abbattere e non come una risorsa di qualità per l’innovazione. Invece il nostro paese ha bisogno di una idea di futuro che si fondi su una crescita del paese a partire dal lavoro, che investa su innovazione e ricerca dei prodotti e dei servizi. E questo richiede qualità del lavoro. Sono tante le sfide che il sindacato deve affrontare in Italia. La divisione tra Cgil, Cisl e Uil, ha detto il presidente Napolitano, rischia di essere un ostacolo insormontabile alla definizione di soluzioni concrete. Riallacciare il dialogo è un imperativo? Certo che l’unità sindacale è un imperativo. Sindacati divisi vuol dire lavoratori più deboli. Il richiamo del Presidente della Repubblica, quindi, è importantissimo. Certo oggi le distanze sono molto profonde. Ci dividono una diversa valutazione della fase che stiamo attraversando, così come ci divide il giudizio sulle politiche del governo, l’esclusione del pluralismo sindacale nella rappresentanza previsto dagli accordi separati Fiat, un’idea diversa della contrattazione, la perdita di autonomia che consegue l’aver consegnato al governo e alle controparti imprenditoriali lo strumento degli accordi sindacali. Difficile, quindi, pensare che differenze così si recuperino su basi volontarie. Per que- sto abbiamo proposto di ripartire dalle regole: elezioni e generalizzazione delle rsu, certificazione della rappresentanza, partecipazione e decisione dei lavoratori nelle scelte. Anche per il sindacato l’orizzonte europeo è sempre più decisivo. Oggi siete attrezzati a svolgere la vostra funzione a livello comunitario? Il sindacato europeo, che ha appena celebrato il suo 12° congresso, soffre della relazione tra politiche nazionali e politiche sopranazionali, soprattutto in questa stagione dove l’idea di un’integrazione di Europa sociale e politica appare sempre più lontana e si rafforza l’Europa della banca centrale e delle sue politiche monetarie. In questa fase, invece, è necessaria una maggiore forza ed efficacia da parte del sindacato europeo. A partire dalla contestazione del Patto di stabilità dell’Unione europea che, così come è costruito, individua ancora una volta nel pubblico la voce di spesa da tagliare e nel privato l’unica via per la crescita. Quanto al fronte del radicamento sindacale, quella del sindacato italiano rappresenta un’esperienza diversa dagli altri sindacati europei ed è tra i più radicati in Europa. Una differenza sostanziale rispetto invece all’esperienza tedesca anche se in Germania le politiche di investimento e di contrasto alla crisi, oltre quelle legate al mercato del lavoro, vanno guardate con estremo interesse. G1052024 vuole il lavoro sottoposto al dumping tra paesi. Per questo ha importanza la campagna dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) per un lavoro dignitoso e va superata un’altra pratica fallimentare del liberismo, quella della precarietà. Va rimesso al centro il lavoro, insieme al suo portato di qualità, certezza e diritti. Nella società della conoscenza la sfida non è più dettata dalla quantità e dai processi produttivi ma da quali prodotti e dalla loro qualità. Il che presuppone dare centralità alla ricerca, all’innovazione, alla creatività da coniugare con formazione e lavoro che sia esso stesso di qualità. E se il lavoro deve ritornare al centro anche la redistribuzione del reddito deve restituirgli quanto in questi anni si è spostato sulla rendita. Ed in Italia, qual è lo stato dell’arte del confronto tra Governo, imprenditori e sindacati sull’assetto da dare al mercato del lavoro? A quando una seria riforma degli ammortizzatori sociali per difendere i giovani? Oggi il futuro del Paese, le nuove generazioni, arranca tra impieghi precari e tutele minime. In Italia possiamo dire che il governo non conosce la parola confronto. Qualsiasi critica viene vista come il tentativo di demonizzare l’operato dell’esecutivo. Non è un caso che lo stesso Programma nazionale di riforma non preveda il lavoro e gli ammortizzatori sociali tra le «riforme» da fare. l’Adige 39 T ra le novità dell’edizione di quest’anno del Festival dell’Economia, la più attesa è costituita senza dubbio dall’inedito format «Pro e contro». Il primo dei tre appuntamenti in programma affronta una questione da sempre molto controversa: bisogna legalizzare e tassare la prostituzione? Ne discuteranno Francesca Bettio, docente presso l’università di Siena, e Oria Gargano, presidente di «Be free», l’una a favore della legalizzazione, l’altra contraria. Vediamo, nelle due interviste che seguono, come argomentano le rispettive posizioni. PRO I Francesca Bettio Pro e contro: FRANCESCA BETTIO, ORIA GARGANO roibire e reprimere la prostituzione è un errore. Non solo perché, come tutti i proibizionismi, è criminogeno, cioè creando un crimine ne alimenta altri. Ma anche perché nega alla radice la possibilità di autodeterminazione delle donne. Una scelta di legalizzazione e LAURA GALASSI regolazione della prostituzione come lavoro darebbe dignità e tutela alle prostitute; e, come hanno mostrato varie espe- ha contribuito a fondare no le tasse ed erano influenti, rienze - dalla Germania all’Olan- (www.ingenere.it) alcune erano compagne di uoda alla Nuova Zelanda - una vol- Che cosa non le piace del model- mini che hanno fatto la storia. ta portato il mercato del sesso lo «criminogeno» svedese? Prostituirsi era uno dei percorsotto la luce del sole è più faci- In Svezia la prostituzione è equi- si che offriva una qualche le intervenire sugli abusi e lo parata alla violenza dell’uomo emancipazione. Anche gli stusfruttamento sulla donna e le prostitute ven- di antropologici identificano Francesca Bettio insegna eco- gono viste solo come vittime, aspetti di emancipazione nelnomia all’Univerguardando in par- l’attività di prostituzione. L’ansità di Siena. Fa ticolare al feno- tropologa Paola Tabet l’ha stuparte del Comitameno della tratta. diato in Nigeria. La sua tesi printo editoriale di riQuesto può esse- cipale è che esiste un contiviste nazionali e re un modo di ve- nuum di scambi che coinvolgointernazionali e dere la prostitu- no servizi sessuali da una parha una lunga zione ma negare te e contropartite economiche esperienza di coluna componente dall’altra. Anche il contratto laborazione di libera scelta a matrimoniale di tipo tradizioscientifica con la chi fa questo me- nale può essere collocato in Commissione Eustiere è contro questo tipo di scambi. In un ropea. Attualquello che ci dico- passato non troppo remoto, inmente coordina il Francesca Bettio no le scienze so- fatti, il contratto matrimoniale Network europeo ciali come la sto- concedeva al marito veri e proEgge (Network of Experts on ria, l’economia e l’antropolo- pri «diritti sull’intera persona» della moglie, dal diritto sui fiGender and Employment Is- gia. sues) composto da 33 esperti Quali insegnamenti danno queste gli, a quello sul lavoro fino alle decisioni su come lei doveva nazionali, e lavora nella reda- discipline sulla prostituzione? zione del portale Ingenere che Le prostitute ad Atene pagava- vestire o comportarsi. La sto- P 42 PROSTITUZIONE TRA VIOLENZA ED EMANCIPAZIONE l’Adige ria della prostituzione, d’altro canto, ha spesso visto il tentativo di circoscrivere lo scambio fra sesso e denaro a «cose», i servizi sessuali ai quali il cliente ha diritto dietro compenso ed entro chiari limiti. Definire i termini dello scambio conferisce alle donne un potere contrattuale, ma tutto questo viene negato dal modello svedese che vede sempre e solo violenza maschile. Certo il rischio della violenza o dello sfruttamento c’è nella prostituzione, ma è proprio per questo che serve un mercato alla luce del sole con regole e controlli chiari. I rapporti pubblicati dopo qualche anno dall’applicazione della nuova legge in Svezia parlano però di una diminuzione del fenomeno. Il modello svedese è attivo da dieci anni. Secondo le fonti ufficiali nel 2000 in Svezia si contavano circa tremila prostitute mentre ora ce ne sarebbero un migliaio. È possibile, e sicuramente il governo svedese vanta questi dati come una vittoria, ma qualche punto di domanda rimane. In Svezia, come altrove, l’attenzione maggiore è andata alla manifestazione più visibile del fenomeno, la prostituzione di strada, che era comunque in diminuzione, mentre i conteggi sono più incerti su quella al chiuso, per non parlare di quella via internet. Daniela Danna, una nota esperta di politiche sulla prostituzione, ha raccontato come a Stoccolma i fondi per l’assistenza e il recupero delle prostitute siano stati riallocati per le operazioni di polizia e di monitoraggio conseguenti all’adozione del modello criminogeno. Ciò ha contribuito a ridurre i segmenti più visibili della prostituzione, ma non a costo zero per l’erario, nemmeno in presenza di numeri limitati come quelli svedesi. La Svezia scommette sulla possibilità che se tutti gli Stati adottassero questo modello, la prostituzione alla fine scomparirebbe. E se questa fosse un’utopia? Avremmo incoraggiato una repressione costosa di un fenomeno che alle donne non ha portato sempre e solo svantaggi. E il costo di inseguire questa utopia potrebbe non essere trascurabile in paesi dove i Pro e Contro: «Legalizzare la prostituzione» L’EVENTO numeri della prostituzione non sono piccoli come in Svezia. Cosa ne pensa invece del modello tedesco? Equiparare la prostituzione ad un lavoro qualsiasi è una soluzione allo sfruttamento? In Germania l’utilizzo dello Zoning, la creazione di zone off limits per la prostituzione e altre dove la prostituzione è ammessa, presenta dei vantaggi per la popolazione oltreché per le prostitute. Queste pagano le tasse con le quali si possono finanziare servizi sul territorio, da misure di sicurezza, ad interventi di riabilitazione urbana nelle zone «ammesse», a servizi sanitari di prevenzione. Laddove però le autorità locali esercitano molto discrezionalmente la facoltà di «Zoning», ciò può favorire una forte sperequazione fra un mercato «alto» e uno «basso». In Germania, per esempio, lo Zoning funziona a Berlino ma non a Monaco, con la conseguenza che le aree regolamentate finiscono con l’ospitare la parte migliore del mercato e il resto confluisce in un segmento meno monitorato e più a rischio di sfruttamento. Questo è certamente un punto di debolezza del modello tedesco. Lo Zoning potrebbe funzionare in Italia? Lo Zoning è stato introdotto in maniera sperimentale anche a Venezia all’inizio del 2000. Al di là dei giudizi che si possono dare sull’esito di questa esperienza, una simile sperimentazione ha un prezzo a livello locale e il costo non è compensato dalla raccolta di tasse. Se si vuole riflettere su un possibile modello al quale l’Italia potrebbe ispirarsi va valutata anche la recente esperienza della Nuova Zelanda. Qui si è puntato sulla completa liberalizzazione del mercato della prostituzione, anche per evitare la segmentazione che si è creata in Germania. La legge del 2003 ha stabilito, ad esempio, che non vi sono limiti territoriali all’esercizio della prostituzione, che le case di piacere non devono chiedere una licenza particolare o che adescare il cliente in luoghi pubblici non è un crimine. La versione delle autorità neozelandesi è che il modello ha funzionato, ma non mancano le voci critiche secondo cui la completa liberalizzazione comporta meno DOVE - Presso il palazzo della Provincia di piazza Dante, nella Sala Depero. QUANDO - L’incontro è fissato per le 12 di venerdì 3 giugno. IL TEMA - Nel nostro ordinamento la prostituzione è consentita, ma non regolata, ed è punito lo sfruttamento. In Europa esistono una serie di modelli diversi per regolare il fenomeno: agli estremi vi sono il modello tedesco dove la prostituzione (se scelta da chi la pratica) è un lavoro, e quello svedese, nel quale la prostituzione è equiparata a violenza. controlli e rende quindi più difficile identificare gli abusi. La mia personale convinzione è che non esista un modello perfetto e che la soluzione vada tarata sulla realtà specifica di un paese. In Italia l’esperimento dello Zoning potrebbe rappresentare un compromesso da cui partire. Soprattutto avverto il bisogno di un dibattito «laico» sulla prostituzione in cui si guardi al problema astraendo dai propri personali moralismi. È possibile parlare di prostituzione senza giudicarla una professione immorale? Spesso la prostituzione è avvertita come immorale perché ha a che fare con i tabù oltre che con l’etica. I servizi sessuali coinvolgono parti del corpo considerate tabù, ma questo succede anche in altri tipi di lavoro. Si pensi per esempio alle persone pagate per sottoporsi ad un esame come la colonscopia nell’ambito della ricerca medica. Questo tipo di mestiere può non piacere a tutti, ma pochi lo considererebbero immorale. Il confronto con altri mestieri chiarisce ulteriormente il nodo della moralità. Si pensi a guardie di sicurezza alle quali sia concessa licenza di uccidere, o ai mercenari in una guerra. Uccidere è immorale ma in alcuni lavori o in alcune situazioni viene ritenuto «legittimo». Perché invece la prostituzione dovrebbe rappresentare sempre e comunque un atto illegale? Cosa ne pensa del disegno di legge Carfagna per combattere la prostituzione? Il disegno di legge Carfagna è caduto nel dimenticatoio in parallelo con le note vicende che hanno coinvolto il premier. L’obiettivo era di sanzionare sia le prostitute che i clienti, a differenza che in Svezia dove solo i clienti sono passibili di sanzioni. Il risultato netto però era il rischio più che concreto che la prostituzione venisse spostata dalla strada al chiuso e che il provvedimento colpisse soprattutto la prostituzione migrante, quella più esposta al pericolo del traffico di essere umani. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha effettuato una l’Adige ricerca intervistando donne che hanno chiesto assistenza per uscire dal giro del traffico di esseri umani. I dati permettono di analizzare quanto spesso siano violati una serie di «diritti» fondamentali nell’ambito della prostituzione gestita dai trafficanti: la scelta per la prostituta di quali servizi sessuali offrire, la sua libertà di spostarsi, la facoltà di imporre il preservativo, l’accesso a cure mediche e il diritto all’integrità fisica. In un mio studio su questa indagine ho accertato che la probabilità che questi diritti vengano negati è più alta per chi esercita in luoghi chiusi, fatta eccezione per i night club e le agenzie di escort. Quello che succede al chiuso in sostanza è peggio di quello che succede all’aperto. Con il decreto Carfagna, quindi, la prostituzione si sarebbe vista meno ma le prostitute sarebbero state maggiormente a rischio di abusi. Tassare la prostituzione come avviene in Germania è un reale beneficio per lo Stato? L’unica stima sul gettito per l’Italia di cui mi sia giunta notizia parla di una cifra relativamente modesta, 80 milioni l’anno. Per quanto modesta la cifra permetterebbe di finanziare maggiori tutele alle prostitute e alla popolazione delle zone interessate. In conclusione, perché è a favore della legalizzazione della prostituzione? Sono a favore della legalizzazione perché non credo all’utopia dell’abolizionismo, mentre credo che quando qualcosa viene portato alla luce del sole sia più facile controllarne i risvolti negativi rispetto a qualcosa che si relega sotto il tappeto. Inoltre non credo all’equazione prostituzione uguale violenza cosi come non posso credere all’equazione famiglia uguale violenza, nonostante che la maggior parte degli abusi sulle donne avvengano tra le mura domestiche. La storia economica ha mostrato che il proibizionismo tende ad alimentare il mercato illegale, mentre l’antiproibizionismo aiuta la legalità, come per l’alcol. Lo stesso rapporto ufficiale sul modello svedese ammette tra le righe il rischio che la criminalizzazione possa spingere i clienti a rivolgersi a canali illegali. 43 Pro e Contro: «Legalizzare la prostituzione» CONTRO I Oria Gargano all’esperienza sul campo con le prostitute, quando si dedica la propria vita ad aiutarle ad uscire dal tunnel dello sfruttamento, si capisce che solo una minima parte di chi finisce sul marciapiede lo fa per scelta. Soprattutto si capisce che gli uomini che mettono la freccia ed accostano l’auto vicino ad una prostituta, hanno una visione totalmente sballata del rapporto tra uomo e donna. La femmina per loro è un oggetto sessuale da possedere, il rapporto tra cliente e prostituta è quello della prevaricazione. Questi modelli vengono poi rafforzati dai mass media, che attraverso la pubblicità trasmettono modelli valoriali sbilanciati verso il potere maschile sulla donna. Oria Gargano è stata responsa- D Oria Gargano G1051921 bile, fino al 2006, della struttura romana di aiuto alle vittime di tratta gestita dall’associazione Differenza Donna, seguendo più di cento progetti di reinserimento sociale per donne costrette alla prostituzione. Nel 2007 si è allontanata dall’associazione e, coadiuvata da altre collaboratrici, ha fondato la Cooperativa sociale Be Free. Da anni lei opera a stretto contatto con le donne vittime di tratta. Come ha influito il suo lavoro sul suo modo di considerare la prostituzione? Con il mio lavoro a Be Free mi trovo a stretto contatto con le modalità di vita delle donne prostitute e con l’universo sconosciuto dei clienti. Tutto quello che facciamo va a sostegno delle donne trafficate e vittime di violenze; spesso infatti il progetto migratorio si mescola con quello prostitutorio. Queste donne non si devono presentare come delle scriteriate che nel loro Paese hanno seguito il primo pifferaio magico che passa. Spesso i loro sfruttatori propongono, mentendo, un progetto diverso. Quello che cerchiamo di fare, quindi, è togliere il focus dalle donne e spostarlo sul cliente: secondo le stime più recenti, in Italia gli uomini che vanno con le prostitute sono 10 milioni, ma sicuramente questo è un valore sottostimato. Da dove si parte per cercare di risolvere il problema della prosti- 44 l’Adige tuzione? Facendo questo lavoro io mi sono subito chiesta: quale è la motivazione che sta dietro l’istituzione della prostituzione nei secoli? Perché storicamente è nata la prostituzione? Solo così si riesce a capire l’essenza di questo fenomeno. Innanzitutto bisogna sfatare il mito per cui questo sia il più antico mestiere del mondo, quello probabilmente è l’ostetrica. E poi all’inizio i primitivi non avevano capito il nesso tra il sesso e la paternità e comunque non c’era necessità di stabilire il ruolo della prostituta. Con il tempo poi le donne sono diventate il vessillo del decoro della famiglia e i loro comportamenti sessuali andavano normati. Per difendere la donna dallo stupro e per proteggere quella che veniva considerata proprietà del marito, sono state quindi create le prostitute. Il primo bordello è stato istituito nel IV secolo avanti Cristo da Solone. Pro e Contro: «Legalizzare la prostituzione» sone con una vita affettiva e lavorativa «normale». Detto questo in Svezia si è deciso di proibire l’acquisto dei servizi di sottomissione sessuale. Hanno fatto questa scelta e secondo i report che sono stati preparati per valutare questo modello di approccio alla prostituzione, la cultura del rispetto per l’universo femminile è migliorata. Perché è contraria alla legalizzazione della prostituzione? Il fatto è che se si legalizza la prostituzione, si finisce per isti- tuzionalizzare un ruolo di subalternità femminile e questo diventerebbe un caposaldo non solo legislativo ma anche culturale. Si rafforzerebbe quindi un modello sbagliato. Per questo in Svezia, oltre a criminalizzare la prostituzione, si è aggiunta una campagna dissuasiva per spiegare agli uomini che andare con le prostitute è tutto tranne che «figo». E comunque in Olanda i bordelli stanno chiudendo perché la liberalizzazione non ha impedi- to la tratta: molte ragazze che sono passate dalle windows poi sono finite nella mia associazione. Esiste la prostituzione per scelta? La prostituzione nella maggior parte dei casi non è una scelta, perché per molte donne, soprattutto quelle immigrate, non c’è una vera alternativa se non quella di morire di fame. Le cortigiane del Seicento veneziano non esistono più e sul piano della narrazione sociale dei media il potere femminile in questo momento non potrebbe essere più distante da una forma di autodeterminazione. Le prostitute offrono servizi ai potenti, ma non acquistano potere e questo si nota anche nella pubblicità. Ciò che dobbiamo fare è ridefinire l’acquisto di servizi di sottomissione sessuale come pratica di potere di un genere sull’altro, come riprova estrema di un sistema valoriale costruito sull’immaginario erotico maschile e basato sulla negazione del valore della relazione paritaria e libera tra uomini e donne. Cerchiamo di rimettere la storia vera al centro di questa orribile questione, cerchiamo di rimettere il focus sugli uomini che comprano le donne o che reputano normale comprarle, cerchiamo di elaborare altri racconti ed altre rappresentazioni del corpo delle donne, che oggi è più che mai «luogo pubblico», parafrasando il titolo di un bel libro di Barbara Duden. SEDE: Via degli Artigiani, 34 38057 - PERGINE VALSUGANA (TN) Tel. 0461 509040 Fax 0461 509020 LABORATORI: Via degli Artigiani, 34 Via delle Spone, 36/L Cirè Alto 38057 - PERGINE VALSUGANA (TN) [email protected] www.laboratoriotrentino.it l’Adige G1051916 Che influenza hanno avuto le vicende legate al premier Silvio Berlusconi e alle sue feste ad Arcore, sulla visione popolare della prostituzione? Le vicende di Berlusconi hanno messo il focus sulla prostituzione come via di emancipazione e sui benefici che ne ricavano gli uomini potenti. La cosa curiosa in tutta questa storia è che sia agli schieramenti politici sia alle persone nei bar, non interessa tanto capire se veramente Berlusconi credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak, ma si chiedono se sia lecito o meno avere rapporti sessuali a pagamento, per di più con una minorenne. La gente ora si domanda se la prostituzione sia veramente un portato del potere o meno. Il modello svedese, in cui la prostituzione viene considerata un crimine, è la risposta giusta al problema? L’European Women’s Lobby si sta riunendo per lanciare la campagna «Europe free from prostitution». Io in realtà non sarei per l’abolizionismo, ma dall’altra sono fermamente contraria alla legalizzazione. Io credo che annoverare la prostituzione tra le forme di violenza sulle donne come accade in Svezia non sia giusto, ma che dovremmo comunque chiederci qualcosa rispetto alla relazione tra sessi in Italia. Con la mia associazione abbiamo fatto molte interviste alle ragazze vittime di abusi e da queste è emerso che i clienti sono per- 45 «Donne, uomini, economia. Quali confini?» P iù donne nei cda. La proposta di legge al vaglio del Parlamento non è solo una questione di giustizia sociale. Aumentare la presenza femminile a livelli decisionali significa infatti contribuire alla migliore efficienza delle aziende nazionali e quindi allo sviluppo del Paese. Oltre alla fuga dei cervelli all’estero infatti, l’Italia ha a che fare con la «clausura» delle donne istruite: le università sfornano più laureate ma poi, magicamente, nei luoghi di potere ci sono solo uomini. Dove finiscono questi talenti? Monica D’Ascenzo cerca di spiegare l’importanza di investire sul capitale intellettuale femminile per aumentare il Pil e uscire dalla crisi economica. Nata a Milano ma di sangue abruzzese, dopo la laurea in Storia della lingua italiana D’Ascenzo è diventata giornalista, realizzando il suo sogno d’infanzia. Dopo un’esperienza a BloombergTv a Londra, è tornata a Milano ed è approdata alla redazione finanza del quotidiano Il Sole 24 Ore. Ha pubblicato «Cinque anni di private equity in Italia» (2005, Egea), «Sms» (2006, L’Airone Editrice) e «Donne sull’orlo della crisi economica» (2009, Rizzoli). A che punto siamo con l’approvazione della legge per l’introduzione delle quote rosa nei Cda delle aziende? Il decreto legge sulle quote rosa nei cda è passato dalla Camera a dicembre, ma Confindustria ha chiesto dei cambiamenti: una maggiore gradualità, proponendo una quota del 20% al primo rinnovo del board e del 30% al secondo e al terzo rinnovo, e pene meno severe, togliendo la decadenza immediata e sostituendola con un richiamo della Consob e in seguito con una multa. Il governo ha poi presentato un emendamento per un’ulteriore gradualità, partendo da un 10%. Ora manca solo il bollino dell’esecutivo per il via libera che dovrebbe arrivare dopo le elezioni. Come valuta questa legge? Non crede che le quote siano una forzatura? 46 Confronti: MONICA D’ASCENZO VI SPIEGO PERCHÉ SERVONO LE QUOTE ROSA LAURA GALASSI Questa legge è una cosa positiva per l’Italia, ma bisogna anche ammettere che è molto blanda se si pensa, per esempio, che in Norvegia le quote sono state introdotte al 40% in tre anni, in Spagna al 40% entro il 2015 e in Francia sempre al 40% entro il 2017. In linea di principio io sono contraria alle quote, ma in Italia le cose si muovono così lentamente che ci vogliono delle azioni positive per dare una svolta. Basta pensare che il 60% dei laureati è donna, ma non c’è corrispondenza di queste percentuali a livelli manageriali. Ciò significa che i talenti si sono persi per strada. E il problema è che in questo non ci perdono solo le donne, ma tutto il Paese. La famiglia e lo Stato, infatti, hanno investito nell’educazione di soggetti che poi non la sfrutta- Monica D’Ascenzo l’Adige no, non c’è restituzione di conoscenze e di Pil alla comunità. Per le donne accade come per la fuga dei cervelli: queste però non scappano, ma si chiudono in casa. C’è una relazione tra parità di genere e sviluppo economico? L’Ocse ha appena dichiarato che economicamente ci riprenderemo dalla crisi, ovvero torneremo ai livelli del 2007, nel 2014: un percorso faticoso, in cui stiamo perdendo la spinta importante delle donne. Inoltre la Banca d’Italia ha testimoniato che se si raggiungesse la parità di genere a livello di occupazione, il Pil aumenterebbe del 7%. In Italia, però, le discriminazioni sessuali non vengono lette come una questione economica, ma di femminismo, che non esiste più. E intanto in Ruanda la banca nazionale è guidata da una donna mentre nelle prime dieci banche italiane non c’è neanche un Ceo donna. Che differenza farebbero più donne sedute nei cda aziendali? Aumenterebbero l’efficienza dei board: non per una questione di competenze ma perché potrebbero portare quella differenza di estrazione e di esperienze che in un gruppo sono positive. Per il mio libro ho commissionato una ricerca ad hoc alla McKinsey, che ha dimostrato come la redditività nelle aziende quotate italiane che hanno almeno un 1% di donne nel cda è maggiore. La presenza top manager donna ha una ricaduta anche sull’efficienza dell’organizzazione aziendale, soprattutto in termini di flessibilità del lavoro. Se le riunioni, invece che alle 19, si facessero alle 15 sarebbe più facile conciliare la vita lavorativa con quella famigliare. In sostanza, più donne in posizioni di potere significano cambiamenti positivi anche per le altre donne che si trovano in azienda. E comunque la questione della conciliazione non è solo un discorso femminile: se si aprono gli asili nido, è un bene sia per la mamma sia per il papà. Nella corsa alle posizioni di potere le donne si autoescludono? Alle giovani studentesse mancano dei modelli femminili di riferimento e questo è stato Confronti: «Donne, uomini, economia. Quali confini?» Dall’alto, Lorenza Lei, Marina Berlusconi, Luisa Todini, Jonella Ligresti questi cambiamenti. Per arrivare in alto, alle donne viene ancora chiesto di assumere degli atteggiamenti maschili? Non è detto che per arrivare in alto ci si debba maschilizzare. Il tempo delle virago è finito, la spinta dal basso oggi è forte e quindi le donne sono consapevoli di non voler rinunciare alla famiglia per il lavoro, sono più complete e non abdicano alla loro femminilità. Questo io l’ho notato anche nell’abbiglia- mento: non esiste più il tailleur pantaloni-giacca ma le top manager non rinunciano ai tacchi, alle borse all’ultima moda e al vestitino. Sicuramente quelle che si siederebbero nei cda sono donne con le «contropalle», che hanno fatto carriera in ambienti maschili e che sono abituate alle discriminazioni. Un avvocatessa di finanza, ad esempio, mi ha raccontato che spesso nelle riunioni le veniva chiesto un caffè perché veniva scambiata per una cameriera. Ma lei ha imparato a rispondere a tono ed ammutolire i suoi colleghi. Con più donne nelle stanze dei bottoni, aumenterà la rivalità femminile? L’obiezione che viene posta davanti alla femminilizzazione di luoghi a maggioranza maschile è che le donne sono nemiche delle donne. Questo oggi non è più vero. Magari una volta la rivalità femminile c’era, perché i posti a disposizione erano pochi. Ora invece c’è molta solidarietà verticale, con le più anziane che, memori di quanta fatica hanno fatto per arrivare dove sono, aiutano le giovani a superare i soprusi con il loro mentoring. A livello orizzontale c’è una condivisione del male comune che porta ad una forte alleanza. Bastano le quote per sanare le disparità di genere a livello decisionale? Le quote non sono la panacea della discriminazione anche perché non possono essere imposte dovunque. Quindi, anche in politica, le donne dovrebbero auto-imporsi delle quote, cioè cominciare a votare altre donne. Sarebbe un cambiamento dal basso fortissimo. Il problema è che le donne non hanno ancora preso coscienza del loro potere. Gestiscono l’80% delle spese in Italia e se cominciassero ad evitare i prodotti che nella pubblicità non rispettano l’immagine femminile, le cose cambierebbero. G1052043 dimostrato da ricerche eseguite nelle facoltà di economia. Ci sono più ragazzi che vogliono fare gli imprenditori perché loro hanno dei modelli e dicono «da grande voglio essere come Marchionne o Passera». Le donne, invece, quando vengono interrogate sui loro modelli, citano due uomini come esempi da seguire, e solo al terzo posto la Marcegaglia. È una questione di crescita culturale: in Germania il fatto di avere Angela Merkel come cancelliere fa capire alle donne che la politica è un mondo che fa anche per loro. Le quote quindi serviranno a cambiare la mentalità diffusa, compresa quella degli uomini. Le quote servono a far abituare gli uomini dei cda alla presenza femminile. Ad esempio, adesso nel cda Fiat sono tutti uomini, ma se al primo rinnovo dovranno entrare tre donne per legge, Marchionne dovrà sopportare di sedersi accanto a una di loro. E qualcosa nei comportamenti dei cda cambierà. Come è successo per il gruppo Intesa San Paolo, dove nel cda, fino all’arrivo di Elsa Fornero, nessuno osava fare domande. Lei ha dato il via ed ora è il dibattito è diventato di uso comune, tanto che il presidente Giovanni Bazoli ha ammesso di essere stato contagiato dalla Fornero, di aver preso la sua abitudine di intervenire. Lei ha rotto un tabù e sono tanti i piccoli meccanismi che le donne possono cambiare, magari pure gli uomini apprezzeranno l’Adige 47 Il colloquio al Quirinale l grande successo che il pubblico dello Scoiattolo ha garantito nelle scorse edizione al Festival dell’Economia di Trento, si aggiunge quest’anno un importante riconoscimento istituzionale. La manifestazione ha ottenuto il plauso del Capo dello Stato: Giorgio Napolitano ha infatti concesso l’alto Patronato della Presidenza della Repubblica alla sesta edizione Festival. A illustrare a Napolitano formula e contenuti della nuova edizione sono stati gli stessi organizzatori, ricevuti per un colloquio al Quirinale. Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, il presidente dell’Università di Trento, Innocenzo Cipolletta, il professor Tito Boeri, coordinatore scientifico del Festival, e l’editore Giuseppe Laterza hanno anticipato al Capo dello Stato il programma del Festival, con particolare attenzione alle due «anteprime» in programma nei IL PATRONATO DI NAPOLITANO giorni scorsi: l’appuntamento con il premio Nobel indiano Amartya Sen, e la «trasferta» a Napoli sul tema «Il sommerso e l’economia da salvare», che ha proiettato quest’anno lo Scoiattolo al di fuori dei confini provinciali. Iniziative lodate da Napolitano, che ha parlato per oltre un’ora con gli organizzatori: il Trentino, ha detto il presidente Napolitano, è una terra che conosco molto bene e della quale apprezzo la realtà istituzionale, sociale ed economica. È, insomma, è il luogo ideale per ospitare un Festival che vuole indagare le tematiche economiche non disgiungendole dai problemi della convivenza e della solidarietà. Parole che fanno ben sperare per una presenza di Napolitano, in qualità di ospite d’onore, alla prossima edizione del Festival, nel 2012. «È molto probabile che ci sarà», ha detto Dellai. G1051915 A Il Capo dello Stato invitato al Festival Concessionaria Ufficiale Riva del Garda Via S. Nazzaro, 58 Tel. 0464.521097 Trento Via Lamar di Gardolo, 16 Tel. 0461.990472 w w w. c a t t o i a u t o . c o m 48 Bolzano Via Galvani, 25 Tel. 0471.502134 l’Adige 50° 1959-2009 7 ANNI DI GARANZIA CON FINANZIAMENTO PERSONALIZZATO I grandi eventi in diretta i ritorna in piazza, a Trento, in questa grande occasione che il Festival dell’Economia riesce a rappresentare, ogni anno grazie ai temi scelti sui quali discutere e riflettere. Radio Dolomiti seguirà in diretta anche l’edizione 2011; il programma, le persone e i contenuti di un appuntamento che si preannuncia ancora una volta di grande interesse. Dal cuore del centro storico della città capoluogo l’emittente trentina, leader per ascolti, produrrà molte ore in diretta con l’obiettivo di dare spazio all’intero programma del Festival ma anche, nel solco della tradizione di Radio Dolomiti, ad una molteplicità di voci che inevitabilmente si svilupperanno attorno al calendario dello Scoiattolo. Certamente l’attenzione sarà destinata al programma ufficiale, ed ai molti appuntamenti previsti, unitamente ai relatori in agenda, ma poi la linea guida di Radio Dolomiti sarà quella di aprire il microfono anche alle tante realtà, magari non presenti nel programma ufficiale, che si affiancheranno a vario titolo al Festival dell’Economia. La radio infatti, più di ogni altro strumento, permette in maniera diretta immediata e senza filtri di promuovere il dialogo e di dare voce alle molteplici componenti della società ed in questo senso, con la direzione di Corrado Tononi (nella foto), S In diretta tutti i giorni da piazza Cesare Battisti ASCOLTANDO IL FESTIVAL CON RADIO DOLOMITI assieme a tutto lo staff, Radio Dolomiti ha particolarmente rafforzato il rapporto con il territorio trentino, aprendo costanti e continui momenti di intervento da parte di persone singole, associazioni, enti, aziende. Il Festival dell’econo- mia sarà un occasione in più, concentrata in pochi giorni, per far entrare in diretta tantissime persone e permettere un confronto corretto etico e completo. L’economia è animata e determinata da importanti istituzio- ni e realtà che la trattano, la gestiscono, la influenzano ma di fatto l’economia vera è anche quella vissuta giornalmente da ogni persona indipendentemente dal ruolo e posizione sociale occupato nella vita. Temi questi che sino a pochi anni fa erano chiusi, «riservati» ad esperti e professionisti. Oggi non è più così. La kermesse trentina riesce, come ha dimostrato nelle precedenti edizioni, ad avvicinare moltissime persone. Radio Dolomiti cercherà di amplificare al massimo le varie voci e le posizioni di ognuno, offrendo la possibilità di intrecciare il pensiero di esperti ai massimi livelli nazionali e internazionali con le sensazioni, emozioni e percezioni dell’opinione pubblica. Un tassello del completo meccanismo editoriale del Gruppo Gelmi, che unito, agli approfondimenti della parte cartacea del quotidiano L’Adige ed all’immediatezza del sito www.ladige.it offrirà agli ascoltatori, ai lettori ed ai naviganti un informazione completa e dettagliata. La postazione fissa di Radio Dolomiti nel cuore di Trento accoglierà dunque ospiti e giornalisti, gente comune ed esperti e permetterà di realizzare interviste e momenti di dibattito e commenti ogni giorno dal mattino al tardo pomeriggio. Saremo dunque presenti, nei giorni del Festival, in piazza Cesare Battisti, in diretta dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19. G1051922 CENTRO ASSISTENZA AUTORIZZATO DISTRIBUZIONE RICAMBI ORIGINALI RIPARAZIONE E VENDITA ELETTROUTENSILI TRENTO - Via Don Lorenzo Guetti, 26 Tel. 0461/822278 - Fax 0461/1725565 E-mail: [email protected] l’Adige 49 «Norme sociali, religioni e libertà economica» L’ econom i a della religione è una disciplina molto recente, ma esplora un ambito, il collegamento tra le norme sociali imposte dalla fede e le variabili economiche, terribilmente affascinante. Le prescrizioni imposte dalla religione, infatti, come l’obbligo di scolarizzazione dei bambini deciso dalle gerarchie ecclesiastiche ebraiche dopo la definitiva distruzione del tempio di Gerusalemme, possono realmente cambiare il corso della storia. La presenza di ebrei nelle posizioni di potere della finanza e dell’economia si spiegano infatti con la norma decisa nel 70 d.C, punto di partenza per un vantaggio competitivo insperato. Maristella Botticini è professoressa di Economia e direttore del centro di ricerca Igier dell’Università Bocconi di Milano. Ha iniziato la sua carriera accademica presso la Boston University negli Stati Uniti. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente sulla storia economica, la microeconomia e l’analisi economica delle istituzioni. Tra le sue pubblicazioni vi sono articoli su riviste scientifiche internazionali. La Princeton University Press a breve pubblicherà due suoi libri: The Chosen Few: How Education Shaped Jewish History, 70 - 1492 e Price of Love: Marriage Markets in Comparative Perspective. Qual è il rapporto tra economia e religione? Potrebbe sembrare strano studiare il legame che intercorre tra economia e religione, anche se in discipline come la sociologia è da secoli che le due materie vengono affrontate assieme. L’economia della religione è un ambito molto recente: per molto tempo, l’economia si è occupata di cose importanti come l’inflazione e i mercati, mentre si è tenuta distante da un ambito con cui sembrava non avere molto da spartire. Invece il legame tra i due mondi è più profondo di quanto si 50 Passato Presente: MARISTELLA BOTTICINI COSÌ LE RELIGIONI INFLUENZANO L’ECONOMIA LAURA GALASSI Maristella Botticini pensi: la religione, in questo caso, viene studiata come uno dei valori culturali della società, sotto due diversi approcci. Il primo si occupa di come i comportamenti dettati dalle religio- ni possano influenzare le scelte economiche; il secondo di come le variabili economiche possano influenzare la scelta di legarsi ad una certa religione. A ciò è importante aggiungere una prospettiva storica: i problemi legati alla religione che vediamo oggi, si capiscono molto meglio se si impugna un cannocchiale storico. Di che cosa parlerà nel suo intervento al Festival di Trento? A Trento porterò due, tre esempi che dimostrano come l’appartenenza religiosa sia importante anche economicamente. Tra questi, quello certamente più positivo è quello ebraico. Durante le mie ricerche, svolte in collaborazione con un professore di Tel Aviv, ho preso in esame la storia economica degli ebrei negli ultimi duemila anni per cercare di capire co- l’Adige me si fosse sviluppata la «predisposizione» del popolo ebraico ad occupare posizioni di comando nel mondo del commercio e della finanza. Ed è lì che è emerso il legame con la religione. La svolta economica della religione ebraica è stata nel 70 d.C., con la distruzione del tempio di Gerusalemme. Prima gli ebrei non erano diversi dagli altri fedeli: analfabeti e profondamente legati ai sacrifici che si facevano nel tempio. Dopo quella data, però, i sacrifici sono scomparsi e paradossalmente quello che al momento è stato vissuto come una tragedia, si è rivelato qualcosa di utile per il futuro. In che modo la religione ebraica ha influito sulla riuscita economica del suo popolo? Nelle regole imposte dall’ebraismo è subentrato l’obbligo dei genitori di mandare i figli nella sinagoga per imparare a leggere le sacre scritture, ma una volta imparato a leggere, questa facoltà si può benissimo applicare a qualsiasi ambito, commercio compreso. È così che una regola puramente religiosa ha dato vita ad un vantaggio per entrare in determinate professioni, perché nessun altro codice civile imponeva l’istruzione obbligatoria. Ecco quindi che se oggi si fa una fotografia del mondo, si nota che gli ebrei abbondano in quelle attività che richiedono un elevato tasso di scolarizzazione. Se però a un campione di cento persone chiedo: perché gli ebrei sono più ricchi della maggior parte della popolazione?, la risposta standard che otterrò sarà che questa ricchezza è dovuta al fatto che in passato agli ebrei era vietato possedere la terra e che contemporaneamente ai cristiani era vietato prestare denaro ad interesse. Il fatto è che la proibizione di possedere la terra non si riscontra nei duemila anni di storia ebraica. Non è vero quindi nemmeno che gli ebrei si sono arricchiti solamente grazie ad una proibizione della Chiesa cattolica, quella di prestare denaro ad interesse? È vero che la Chiesa proibiva l’usura ma non è altrettanto vero che i cristiani hanno rispettato questo divieto. Inoltre, se Passato Presente: «Norme sociali, religioni e libertà economica» gli ebrei arrivati in Europa tra il IX e l’XI secolo fossero stati dei contadini ignoranti, di sicuro non avrebbero potuto trasformarsi in banchieri. La verità è che quando il popolo ebraico arrivò da noi, erano già dei mercanti istruiti proprio in conseguenza della norma sociale imposta dalla loro religione. Solo in quest’ottica si può parlare del fatto che i dettami del cattolicesimo hanno avvantaggiato economicamente gli ebrei. Stessa storia per i cristiani protestanti, che praticamente si sono comportati da ebrei moderni: anche il loro culto prescrive infatti di saper leggere la Bibbia autonomamente. Ciò che voglio sottolineare è il fatto che ciò che accade nella sfera religiosa può avere inaspettati effetti sulla sfera economica e l’esempio degli ebrei potrebbe essere applicato anche ai Paesi in via di sviluppo. Se tra le norme religiose ci fosse una regola che impone l’istruzione, economicamente si noterebbero dei cambiamenti positivi. Perché l’India da anni sta combattendo contro l’usanza millenaria della dote? Se oggi apro un giornale in India, leggerò che una delle ragioni per cui la situazione della donna è arretrata è la dote, ovvero il lascito che la famiglia della sposa paga alla famiglia dello sposo per contrarre il matrimonio. Questa istituzione esisteva già ai tempi degli antichi babilonesi ed era legata al fatto che, una volta maritate, le figlie femmine uscivano dalla casa di origine per legarsi alla famiglia dello sposo. Non era un’istituzione discriminatoria: al contrario il valore della dote spesso corrispondeva all’eredità che sarebbe toccata al figlio maschio. Questo trasferimento di ricchezza in epoca antica era di proprietà della sposa quindi se il matrimonio terminava, la donna aveva qualcosa con cui continuare a vivere dignitosamente. Dal punto di vista economico quindi la dote non dovrebbe influenzare in modo negativo l’economia. La stortura in India, dove veramente le donne vengono anche uccise per la questione della dote, è il fatto che i diritti di proprietà non appartengono alla sposa ma al marito. Che effetti economici può avere la progressiva secolarizzazione della società? Larry Iannaccone ha portato avanti degli studi che evidenziano come negli Stati con una religione monopolista, la partecipazione alla vita religiosa è più bassa rispetto a dove esiste una competizione religiosa. Negli Usa ad esempio, il pro- liferare di diversi credi costituisce uno stimolo per partecipare attivamente. Da questo punto di vista la secolarizzazione della società quindi sarà più probabile in uno stato con religione monopolistica. Ovviamente la progressiva laicizzazione della società ha delle ripercussioni anche dal punto di vista economico ma ancora nessuno studioso ha esplorato questo ambito. Luigi Zingales, Paola Sapienza e Luigi Guiso però hanno studiato il legame tra l’appartenenza religiosa e il trust, inteso come fiducia nel prossimo e dalla loro ricerca è emerso che alcune religioni incentivano più di altre questo sentimento. Come valuta economicamente la finanza islamica, basata sui dettami del Corano? La finanza islamica è un ambito di studio estremamente interessante. È incredibile come si possa reggere un mercato senza prestare denaro ad interesse, quindi senza concepire il prezzo del denaro ed impegnandosi ad investire in progetti socialmente utili. Stabilendo queste prescrizioni, l’Islam è riuscito a sviluppare altri strumenti alternativi di finanza. Comunque ci sono ancora tantissime domande aperte nell’ambito dell’economia delle religioni; gli economisti dovrebbero imparare dalle altre discipline, la storia, l’antropologia e la sociologia, e cominciare ad attuare veramente la multi-disciplinarità». R1052001 38068 Rovereto (TN) - Viale Caproni 11E/6 - Tel. 0464 437449 - Fax 0464 400022 web: www.carmecsnc.co om - e-mail: [email protected] l’Adige 51 Gli eventi dello Scoiattolo nche quest’anno il Festival dell’economia propone, per i più giovani tra i moltissimi amici dello Scoiattolo, una serie di eventi e di iniziatove che accompagneranno le giornate della manifestazione. Cominciamo dai «Laboratori di confine (e oltre)», nel cortile di palazzo Thun: «trafficamenti» creativi con materiali industriali di recupero, a cura della cooperativa sociale (informazioni al numero 0463600168). Si parte giovedì 3 giungo (ore 9.30-12.30 e 14.30-18) con il laboratorio «Confini mobili: piccoli mondi tra fili» (inventare lo spazio di una cornice di legno con spago e filo); il 4 giugno è la volta di «A forma di vento: libere creazioni volteggianti», il 5 giugno di «Cuore Cyber: gioielli alieni e altre gigiate spaziali» (ore 10-12.30). I gruppi sono a numero chiuso e l’età consigliata è 5-11 anni. I bambini più piccoli possono IN PIAZZA PER I PIÙ PICCOLI partecipare solo se accompagnati. Sempre il 5 giugno e sempre nel cortile di palazzo Thun è in programma, dalle 15.30 alle 17, «Fagioli», a cura di Teatri soffiati & Finisterrae Teatri: dalla celebre fiaba inglese «Jack e il fagiolo magico» due cantastorie ricordano quali sono le vere ricchezze della vita. Spettacolo per bambini dai 3 ai 10 anni. Trasferiamoci in piazza Fiera, con i laboratori per bambini e ragazzi all’interno di «L’Altraeconomia in piazza» (per info e prenotazioni: [email protected], 0461-499685; dal 3 al 5 giugno direttamente presso la piazzetta): il 3 giugno «Con le mani nella terra! Per pollicini verdi: i profumi dell’orto», proposta di Ecosportello, a cura di Nadia Nicoletti, per bambini dai 4 anni; il 4 e 5 giugno «Dai fili di lana e cotone al braccialetto», proposta di Barycentro, a cura dell’Associazione Cachisauga. G1052028 A IL FESTIVAL l’Adige 53 DA NON PERDERE in Trentino hi arriva a Trento in questo momento storico non può che osservare un grande fermento di cantieri, di gru, di impalcature edilizie. Questi, infatti, sono anni importanti dal punto di vista del cambiamento urbano, durante i quali stanno mutando sia l’immagine della città, sia la distribuzione sociale dei suoi abitanti. Non che questa sia una cosa inaudita: è un fenomeno che interessa ciclicamente tutte le città. Se è vero, infatti, che esse sono costantemente in mutamento, essendo il frutto di una stratificazione incessante di lenta costruzione, è anche vero che esistono dei momenti nella loro storia nei quali tali mutamenti avvengono con maggiore intensità. Un particolare contesto politico, una nuova situazione economica, il fiorire di nuove epoche artistiche, l’incremento o la diminuzione demografica: ecco alcuni fattori che – spesso combinati – hanno la forza di accelerare le lente stratificazioni attraverso le quali la città cresce. Creando anche lacerazioni e discontinuità. Aprendo, in ogni caso, una nuova stagione. Anche la città di Trento ha vissuto alcuni momenti di grande cambiamento: fin dalla costruzione del castrum romano nel I secolo avanti Cristo in quella selvaggia valle percorsa dalle ampie anse dell’Adige e che generò quella «Tridentum» che in pochi decenni sarà apostrofata dall’imperatore Claudio Augusto in persona come uno «splendidum municipium». Da quel «dramma nella storia» che rappresenta la sua fondazione, la città di Trento ha avuto altre significative rivoluzioni architettoniche ed urbanistiche. Fra le mutazioni più importanti va sicuramente annoverata la costruzione della turrita e compatta città medievale chiu- C 54 SCOPRIAMO LA CITTÀ TRA STORIA E ARCHISTAR ALESSANDRO FRANCESCHINI sa dalle mura duecentesche, con una forma «a foggia di cuore». Un altro momento di grande sviluppo coincise con la costruzione della città rinascimentale grazie all’opera del principevescovo Bernardo Clesio e al genio di molti artisti provenienti da tutta Italia e chiamati nel capoluogo per preparare la città ad ospitare quel Concilio che la renderà famosa nel mondo. L’industrializzazione, l’arrivo della strada ferrata con la con- seguente deviazione (e regimazione) dell’Adige lontano dalla città, aprirono la strada alla dispersione urbana che da un nucleo compatto dove le mura dividevano lo spazio urbano da quello territoriale, si trasformerà in poco più di cent’anni in un’ampia regione urbanizzata estesa per molti chilometri dal sobborgo di Mattarello a sud fino al Comune di Lavìs a nord. Tra i principi-vescovi e le archistar. All’inizio di questo millennio la città di Trento torna ad essere protagonista di progetti e di ripensamenti urbanistici. Una fase di grande espansione, iniziata negli anni Sessanta, è giunta al capolinea. I grandi comparti industriali di cui la città si era dotata a partire dagli anni Trenta sono entrati in crisi lasciando dismesse ampie porzioni di città. Inoltre, la fine della Guerra fredda e il mutamento del quadro politico europeo, ha reso meno strategica la presenza militare a Trento, con la conseguente chiusura di gran parte delle caserme militari presenti nel tessuto urbano fin dalla fi- l’Adige ne dell’Ottocento. Sia nel caso delle ex-caserme che in quello degli ex-aree industriali, si tratta di aree molto preziose dal punto di vista urbanistico. Nate fuori dalla città, si sono trovate ben presto circondate dalle espansioni disordinate e subitanee in cui Trento è crescita negli ultimi decenni. Aree che oggi possono essere considerate strategiche per il futuro del capoluogo. Ma non si tratta solo di fenomeni di natura urbanistica, politica ed economica. Trento è cambiata anche dal punto di vista sociale. La fondazione dell’Università, nel 1963, ha emancipato un tessuto sociale culturalmente fermo al Concilio tridentino e lo ha proiettato, nel giro di quarant’anni, ad essere parte di una città che punta sull’innovazione, avendo fatto del «terziario avanzato» una delle principali risorse economiche. In questo complicato e stimolante contesto sociale, culturale, urbanistico ed economico è maturato lo sviluppo e il mutamento della città di Trento iniziato nei primi anni del duemila e che tuttora prosegue in un clima sospeso tra l’obiettivo di avere grandi visioni e la necessità di rispondere alle piccole esigenze di mutamento che le città da sempre vivono. Le due varianti al Piano Regolatore Generale che si sono succedute tra il 2004 e il 2005 contengono la «vision» del Comune esplicitata da un’equipe di docenti universitari (Renato Bocchi, Alberto Mioni e Bruno Zanon) ma soprattutto dal contributo dell’urbanista catalano Joan Busquets. Proprio quest’ultimo è stato l’indiscusso protagonista della stagione del dibattito sulle trasformazioni di Trento, animando l’opinione pubblica con la proposta d’interramento del tratto urbano della rete ferroviaria. Un fenomeno nuovo per la cit- DA NON PERDERE in Trentino hi arriva a Trento in questo momento storico non può che osservare un grande fermento di cantieri, di gru, di impalcature edilizie. Questi, infatti, sono anni importanti dal punto di vista del cambiamento urbano, durante i quali stanno mutando sia l’immagine della città, sia la distribuzione sociale dei suoi abitanti. Non che questa sia una cosa inaudita: è un fenomeno che interessa ciclicamente tutte le città. Se è vero, infatti, che esse sono costantemente in mutamento, essendo il frutto di una stratificazione incessante di lenta costruzione, è anche vero che esistono dei momenti nella loro storia nei quali tali mutamenti avvengono con maggiore intensità. Un particolare contesto politico, una nuova situazione economica, il fiorire di nuove epoche artistiche, l’incremento o la diminuzione demografica: ecco alcuni fattori che – spesso combinati – hanno la forza di accelerare le lente stratificazioni attraverso le quali la città cresce. Creando anche lacerazioni e discontinuità. Aprendo, in ogni caso, una nuova stagione. Anche la città di Trento ha vissuto alcuni momenti di grande cambiamento: fin dalla costruzione del castrum romano nel I secolo avanti Cristo in quella selvaggia valle percorsa dalle ampie anse dell’Adige e che generò quella «Tridentum» che in pochi decenni sarà apostrofata dall’imperatore Claudio Augusto in persona come uno «splendidum municipium». Da quel «dramma nella storia» che rappresenta la sua fondazione, la città di Trento ha avuto altre significative rivoluzioni architettoniche ed urbanistiche. Fra le mutazioni più importanti va sicuramente annoverata la costruzione della turrita e compatta città medievale chiu- C 54 SCOPRIAMO LA CITTÀ TRA STORIA E ARCHISTAR ALESSANDRO FRANCESCHINI sa dalle mura duecentesche, con una forma «a foggia di cuore». Un altro momento di grande sviluppo coincise con la costruzione della città rinascimentale grazie all’opera del principevescovo Bernardo Clesio e al genio di molti artisti provenienti da tutta Italia e chiamati nel capoluogo per preparare la città ad ospitare quel Concilio che la renderà famosa nel mondo. L’industrializzazione, l’arrivo della strada ferrata con la con- seguente deviazione (e regimazione) dell’Adige lontano dalla città, aprirono la strada alla dispersione urbana che da un nucleo compatto dove le mura dividevano lo spazio urbano da quello territoriale, si trasformerà in poco più di cent’anni in un’ampia regione urbanizzata estesa per molti chilometri dal sobborgo di Mattarello a sud fino al Comune di Lavìs a nord. Tra i principi-vescovi e le archistar. All’inizio di questo millennio la città di Trento torna ad essere protagonista di progetti e di ripensamenti urbanistici. Una fase di grande espansione, iniziata negli anni Sessanta, è giunta al capolinea. I grandi comparti industriali di cui la città si era dotata a partire dagli anni Trenta sono entrati in crisi lasciando dismesse ampie porzioni di città. Inoltre, la fine della Guerra fredda e il mutamento del quadro politico europeo, ha reso meno strategica la presenza militare a Trento, con la conseguente chiusura di gran parte delle caserme militari presenti nel tessuto urbano fin dalla fi- l’Adige ne dell’Ottocento. Sia nel caso delle ex-caserme che in quello degli ex-aree industriali, si tratta di aree molto preziose dal punto di vista urbanistico. Nate fuori dalla città, si sono trovate ben presto circondate dalle espansioni disordinate e subitanee in cui Trento è crescita negli ultimi decenni. Aree che oggi possono essere considerate strategiche per il futuro del capoluogo. Ma non si tratta solo di fenomeni di natura urbanistica, politica ed economica. Trento è cambiata anche dal punto di vista sociale. La fondazione dell’Università, nel 1963, ha emancipato un tessuto sociale culturalmente fermo al Concilio tridentino e lo ha proiettato, nel giro di quarant’anni, ad essere parte di una città che punta sull’innovazione, avendo fatto del «terziario avanzato» una delle principali risorse economiche. In questo complicato e stimolante contesto sociale, culturale, urbanistico ed economico è maturato lo sviluppo e il mutamento della città di Trento iniziato nei primi anni del duemila e che tuttora prosegue in un clima sospeso tra l’obiettivo di avere grandi visioni e la necessità di rispondere alle piccole esigenze di mutamento che le città da sempre vivono. Le due varianti al Piano Regolatore Generale che si sono succedute tra il 2004 e il 2005 contengono la «vision» del Comune esplicitata da un’equipe di docenti universitari (Renato Bocchi, Alberto Mioni e Bruno Zanon) ma soprattutto dal contributo dell’urbanista catalano Joan Busquets. Proprio quest’ultimo è stato l’indiscusso protagonista della stagione del dibattito sulle trasformazioni di Trento, animando l’opinione pubblica con la proposta d’interramento del tratto urbano della rete ferroviaria. Un fenomeno nuovo per la cit- Alla scoperta della città tà di Trento è l’arrivo di molti progettisti appartenenti allo stars-system dell’architettura mondiale. Si è iniziato proprio con il catalano Joan Busquets chiamato dal Comune di Trento per redigere il Piano Regolatore Generale. Poi è stato il turno di Renzo Piano, genovese, chiamato a redigere il progetto della ex-Michelin. Lo svizzero Mario Botta frequenta il Trentino da circa vent’anni, grazie alla progettazione e costruzione della sede roveretana del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart). A lui l’Università di Trento ha affidato prima il progetto della Facoltà di Giurisprudenza e successivamente il progetto della Nuova Biblioteca d’Ateneo. Sempre per l’Università lavora l’equipe Ishimoto Architectural & Engineering che progetta la Facoltà di Lettere e i Poli universitari sulla colline a est della città. Poco fuori dal centro storico lavora Pierluigi Nicolin, vincitore di un concorso internazionale, che realizza il nuovo Polo Giudiziario sul sedime del Carcere austro-ungarico. C’è poi da segnalare la presenza dell’architetto milanese Vittorio Gregotti che sta progettando, per conto di privati, un grande intervento sulle aree dismesse di Trento Nord. è collocato su un’area che si sviluppa in direzione nord-sud fra la linea ferroviaria Trento-Verona ed il fiume Adige. Si tratta di un’area storicamente collocata lontana dalla città e proprio per questa sua “marginalità” è diventata oggetto di pianificazione solo a partire dall’inizio del Novecento. Contestualmente alla chiusura della fabbrica – costruita nel 1924 e che ebbe il massimo sviluppo negli anni Settanta con 1770 operai ed infine dismessa nel 1999 – vengono avviate delle trattative per la trasformazione dell’area mentre il Comune di Trento sviluppa alcuni docu- menti di indirizzo per una trasformazione consapevole del comparto. L’intero lotto viene acquistato da «Iniziative Urbane», una società costituita da una partnership pubblico-privato. In questo modo l’amministrazione promuove un’iniziativa i cui protagonisti sono perlopiù privati con l’obiettivo di ottenere un riscontro o un beneficio pubblico. L’accordo viene raggiunto con una notevole cessione di potenziale edificatorio alla società in cambio della costruzione e del passaggio a proprietà pubblica di un nuovo parco e di un grande spazio espositivo. Il Museo della Scienza. Il Museo della Scienza del Trentino rappresenta una delle funzioni più importanti all’intero dell’area ex-Michelin, e risulta collocato nella parte nord del nuovo quartiere previsto sull’area. L’architettura si colloca alla testa del principale asse pedonale che metterà in stretta relazione le attività di maggiore pregio ed interesse pubblico dell’area. Si trova inoltre a stretto contatto con il nuovo parco pubblico e con Palazzo delle Albere, con il quale cercherà una proficua relazione. L’idea nasce dalla ricerca di una giusta mediazione tra bisogno di flessibilità e risposta, precisa e coerente nelle forme, ai contenuti scientifici del proget- G1052111 Il quartiere ex Michelin. Il grande cantiere che chiude il lato ovest della città è costituito dal quartiere ex-Michelin ed La società Iniziative Urbane incarica per la progettazione dell’intera area l’architetto genovese Renzo Piano. Il progetto elaborato dalla Renzo Piano Building Workshop prevede la trasformazione urbana dell’ex area industriale della Michelin in una zona residenziale. Il progetto si prefigge, in primo luogo, proprio la ricucitura dell’area con il tessuto cittadino esistente ed il recupero del rapporto con l’ambiente fluviale, attraverso una migliore fruizione delle sue risorse naturali. In secondo luogo, il progetto ha come obiettivo quello di rendere urbani luoghi che, per ragioni sociali e culturali, sono divenuti marginali rispetto alla città. l’Adige 55 Alla scoperta della città tà di Trento è l’arrivo di molti progettisti appartenenti allo stars-system dell’architettura mondiale. Si è iniziato proprio con il catalano Joan Busquets chiamato dal Comune di Trento per redigere il Piano Regolatore Generale. Poi è stato il turno di Renzo Piano, genovese, chiamato a redigere il progetto della ex-Michelin. Lo svizzero Mario Botta frequenta il Trentino da circa vent’anni, grazie alla progettazione e costruzione della sede roveretana del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart). A lui l’Università di Trento ha affidato prima il progetto della Facoltà di Giurisprudenza e successivamente il progetto della Nuova Biblioteca d’Ateneo. Sempre per l’Università lavora l’equipe Ishimoto Architectural & Engineering che progetta la Facoltà di Lettere e i Poli universitari sulla colline a est della città. Poco fuori dal centro storico lavora Pierluigi Nicolin, vincitore di un concorso internazionale, che realizza il nuovo Polo Giudiziario sul sedime del Carcere austro-ungarico. C’è poi da segnalare la presenza dell’architetto milanese Vittorio Gregotti che sta progettando, per conto di privati, un grande intervento sulle aree dismesse di Trento Nord. è collocato su un’area che si sviluppa in direzione nord-sud fra la linea ferroviaria Trento-Verona ed il fiume Adige. Si tratta di un’area storicamente collocata lontana dalla città e proprio per questa sua “marginalità” è diventata oggetto di pianificazione solo a partire dall’inizio del Novecento. Contestualmente alla chiusura della fabbrica – costruita nel 1924 e che ebbe il massimo sviluppo negli anni Settanta con 1770 operai ed infine dismessa nel 1999 – vengono avviate delle trattative per la trasformazione dell’area mentre il Comune di Trento sviluppa alcuni docu- menti di indirizzo per una trasformazione consapevole del comparto. L’intero lotto viene acquistato da «Iniziative Urbane», una società costituita da una partnership pubblico-privato. In questo modo l’amministrazione promuove un’iniziativa i cui protagonisti sono perlopiù privati con l’obiettivo di ottenere un riscontro o un beneficio pubblico. L’accordo viene raggiunto con una notevole cessione di potenziale edificatorio alla società in cambio della costruzione e del passaggio a proprietà pubblica di un nuovo parco e di un grande spazio espositivo. Il Museo della Scienza. Il Museo della Scienza del Trentino rappresenta una delle funzioni più importanti all’intero dell’area ex-Michelin, e risulta collocato nella parte nord del nuovo quartiere previsto sull’area. L’architettura si colloca alla testa del principale asse pedonale che metterà in stretta relazione le attività di maggiore pregio ed interesse pubblico dell’area. Si trova inoltre a stretto contatto con il nuovo parco pubblico e con Palazzo delle Albere, con il quale cercherà una proficua relazione. L’idea nasce dalla ricerca di una giusta mediazione tra bisogno di flessibilità e risposta, precisa e coerente nelle forme, ai contenuti scientifici del proget- G1052111 Il quartiere ex Michelin. Il grande cantiere che chiude il lato ovest della città è costituito dal quartiere ex-Michelin ed La società Iniziative Urbane incarica per la progettazione dell’intera area l’architetto genovese Renzo Piano. Il progetto elaborato dalla Renzo Piano Building Workshop prevede la trasformazione urbana dell’ex area industriale della Michelin in una zona residenziale. Il progetto si prefigge, in primo luogo, proprio la ricucitura dell’area con il tessuto cittadino esistente ed il recupero del rapporto con l’ambiente fluviale, attraverso una migliore fruizione delle sue risorse naturali. In secondo luogo, il progetto ha come obiettivo quello di rendere urbani luoghi che, per ragioni sociali e culturali, sono divenuti marginali rispetto alla città. l’Adige 55 Alla scoperta della città to culturale. Un museo in cui i grandi temi del percorso espositivo siano riconoscibili anche nella forma e nei volumi mantenendo al tempo stesso un ampia flessibilità di allestimento degli spazi, tipica di un museo di nuova generazione. La forma architettonica nasce quindi, oltre che dall’interpretazione volumetrica dei contenuti scientifici del museo, anche dai rapporti con il contesto: il nuovo quartiere, il parco, il fiume, Palazzo delle Albere. Il nuovo polo giudiziario. Nel 2002 la Provincia autonoma di Trento e lo Stato italiano firmano un Programma Quadro che prevede la costruzione della nuova casa circondariale in località Spini di Gardolo. Questa nuova costruzione consentirà di ampliare il Palazzo di Giustizia esistente sull’area del Carcere, splendido esempio di architettura carceraria austro-ungarica, destinato purtroppo alla demolizione. Nel 2005 viene promosso un Concorso internazionale di progettazione per il nuovo Polo Giudiziario di Trento che ha visto vincitore il progetto elaborato dal gruppo guidato da Pierluigi Nicolin. La proposta di Nicolin intende sviluppare con il Nuovo Polo Giudiziario una nuova centralità per tutto il settore urbano nord-est di Trento. L’obiettivo urbano in via di ridefinizione, caratterizzato dall’ampia curva della cinta ferroviaria della linea del Brennero che il «Progetto per Trento» di Joan Busquets prevedeva essere riconvertita in boulevard. La soluzione sviluppata differenzia i «fronti» a seconda del contesto su cui questi si affacciano, mediante una modulazione dei prospetti su strada ed un accorto dialogo con lo spazio pubblico. A mediare l’impatto materico dell’intero intervento concorre l’introduzione di elementi trasparenti, intervallati da facciate in materiali di finitura opaca in pietra. è di configurare il nuovo complesso come una cittadella aperta, permeabile all’ambiente esterno, in modo che le funzioni istituzionali possano integrarsi con la vita cittadina. Tutto ciò interpretando un contesto caratterizzato dall’ubicazione dell’area a ridosso del tracciato delle mura del Centro Storico e tenendo in considerazione i vincoli per la conservazione dell’edificio storico-monumentale di epoca asburgica. In sostanza si tratta di aprire il recinto istituzionale esistente – attualmente composto da un grande sbarramento murario che rende l’interno impenetrabile, e realizzare uno spazio permeabile, attraversato e utilizzato da più fruitori: addetti, funzionari, professionisti, utenti del polo giudiziario ma anche cittadini comuni, studenti del- G G Facoltà di Lettere e Filosofia. La nuova sede della Facoltà di Lettere e Filosofia in corso di realizzazione in via Tommaso Gar sta sorgendo su un’area di proprietà dell’Università che rappresentava, da anni, un «vuoto urbano» in attesa di un’identità. Si tratta di un’area molto prossima al Centro Storico, rimasta senza una precisa funzione per alcuni anni e quindi utilizzata come parcheggio. Il progetto definitivo della nuova sede della Facoltà, realizzato da Ishimoto Europe, è stato consegnato alla fine del 2003. La nuova sede della Facoltà di Lettere è collocata in un’area di transizione tra la città consolidata ed un contesto La Facoltà di Giurisprudenza. La nuova Facoltà di Giurisprudenza, progettata dall’architetto Mario Botta, non rappresenta esattamente un edificio exnovo, ma il completamento di un’ala dell’edificio storico di Giurisprudenza. Un intervento teso a «ricucire» una parte del tessuto urbano che presentava trame ancora incerte. La costruzione si pone come uno dei tasselli che vanno a costituire via Verdi come l’asse universitario per eccellenza della città e che dovrebbe essere completato con la costruzione della Biblioteca universitaria. L’intervento di Botta mira a consolidare il fronte urbano che scorre lungo via Antonio Rosmini creando di fatto una «quinta» architettonica che completa il lato est della strada. COSTRUZIONI CHIUSURE AUTOMATICHE PORTE E PORTONI INDUSTRIALI E CIVILI SERRAMENTI ED INFISSI IN ALLUMINIO L1052103 G le scuole attigue, abitanti di questa parte della città di Trento. di Comper Damiano & C. s.r.l. SERVIZIO CHIAVI IN MANO, DALLA PRODUZIONE ALLA CONSEGNA, POSA IN OPERA E COLLAUDO DI QUALSIASI TIPO DI PORTONE, CIVILE O INDUSTRIALE. ISERA (TN) - Via Spagnolli, 1 Tel. 0464.435825 - Fax 0464 428641 www.tecnodoor.it l’Adige 57 Alla scoperta della città Formalmente l’architettura è costruita assecondando le funzioni che va a contenere: uno spazio foyer adibito a sala studio al piano terra, una grande sala conferenze al primo piano e alcuni studioli per i docenti nel sottotetto. Il piano terra è chiuso solamente da vetri. Le possenti colonne sorreggono quindi un parallelepipedo irregolare completamente rivestito in pietra ammonitica rossa di Trento. gettazione esecutiva ed il Comune non ha ancora rilasciato l’autorizzazione edilizia. Il progetto di Mario Botta prevede un’opera imponente, una volta realizzata sarà una delle biblioteche più grandi d’Europa. Il progetto dell’architetto svizzero cerca di consolidare l’asse universitario di via Verdi creando – come egli stesso descrive – «un “dialogo” a distanza con il Duomo». L’elemento forte dell’architettura serve per completare il viale d’accesso al Duomo creando un unico fronte urbano che dalla cattedrale arriva fino al Fiume Adige. La Biblioteca andrà poi ad interagire con la nuova città che si sta costruendo nell’area ex-Michelin (il nuovo quartiere progettato da Renzo Piano) e con il nuovo Museo della Scienza. Si verrà così a creare un nuovo polo urbano, una sorta di edificio/snodo dove con il tempo queste funzioni richiameranno anche servizi e pubblici esercizi. La Biblioteca d’Ateneo. L’asse universitario che insiste su via Verdi e che comprende la Facoltà di Sociologia, quella di Giurisprudenza, la nuova Facoltà di Lettere e Filosofia e gli uffici amministrativi dentro il Mulino Vittoria sta per essere completato con la costruzione della Biblioteca d’Ateneo che dovrebbe sorgere sull’area di Piazzale Sanseverino, attualmente destinato a parcheggio. Il condizionale è d’obbligo perché l’edificio è ancora in fase di pro- Il Gruppo Aquafil, fondato nel 1969 ad Arco, rappresenta una delle realtà industriali più importanti dell’intera Provincia Autonoma di Trento. I suoi 13 stabilimenti, dislocati in Italia e all’estero, dimostrano la capacità sia di mantenere i legami con il territorio d'origine, che di internazionalizzarsi per meglio seguire i mercati finali. Il Gruppo Aquafil opera principalmente nella produzione e lavorazione della poliammide 6 ed è suddiviso in tre Business Unit: BCF, che si occupa della produzione di filo per pavimentazione tessile, settore nel quale è il primo player in Europa e secondo nel mondo, NTF, che realizza fili sintetici per abbigliamento ed Engineering Plastics (EP), che produce polimeri per lo stampaggio ad iniezione, utilizzati in vari settori industriali (automotive, elettrico/eletG1052131 tronico, ecc) . Inoltre dal 2008 è stata creata una nuova Businness Unit, denominata Energy & Recycling, trasversale alle attività produttive di tutto il gruppo e volta alla promozione del temi legati alla sostenibilità, tra cui il riciclo e l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili o a basso impatto ambientale. www.aquafil.com Via Linfano, 9 - 38062 ARCO (Trento) Tel: 0464 581111 - Fax: 0464 532267 - [email protected] 58 l’Adige Da ritagliare sull’Adige e completare L’ Il «Giocone dell’Informazione» LE VIGNETTE FATTE DAI LETTORI GIUSEPPE FIN pubblico sui temi che vengono trattati durante il Festival. Spesso le persone non hanno voce e tramite questa vignetta tutti avranno modo di dire la loro opinione». Un sondaggio, quin- di, atipico per capire in diretta cosa pensano i visitatori della sesta edizione del Festival di Economia. Domenica 5 giugno, tra tutte le vignette consegnate, il pubbli- AL BRITISH INSTITUTES TRENTO NON SOLO INGLESE!! FRANCESE • SPAGNOLO TEDESCO • RUSSO • ITALIANO Info: BRITISH INSTITUTES TRENTO Galleria Adria, 3 - 38122 – Trento Tel/Fax: 0461 – 238322 e-mail: [email protected] Web: www.britishinstitutestrento.it l’Adige co sceglierà i trenta lavori più divertenti che saranno poi premiati. «Noi - ci dice Ida - le leggeremo tutte al pubblico ed in maniera democratica, senza una giuria ma attraverso l’applausometro si decreteranno le migliori vignette». Sotto il grande tendone di piazza Duomo al lavoro ci saranno anche i giovani vignettisti dello Studio d’Arte Andromeda, che per l’occasione riceveranno tramite e-mail vignette sul festival provenienti da artisti di tutto il mondo che saranno poi stampante ed esposte ai visitatori. «È un concorso - afferma Romano Oss presidente di Studio Andromeda - per far partecipare in maniera divertente le persone da tutto il mondo e creare, in questo modo, interazione con i visitatori presenti all’evento». Le occasioni di divertimento nel Festival dell’Economia non si fermano a questo perché proprio nei giorni dell’evento la coppia Zap&Ida porterà a Trento la loro nuovissima agenda «tiraMISU’» che i visitatori potranno acquistare e per chi lo desidera, dichiarando una propria perversione o libidine, avrà come dedica una vignetta personalizzata. Da parte invece dello Studio d’Arte Andromeda quest’anno arriverà il primo libro contenente, in 96 pagine, tutte le vignette prodotte nei cinque anni passati e che a loro modo, rappresentano la storia del Festival dell’Economia. British Institutes è la più grande scuola di lingua inglese operante in Italia da più di 25 anni, presente con oltre 200 sedi su tutto il territorio nazionale. Alcune offerte: • Corsi per bambini e studenti di tutte le età • Corsi individuali e collettivi per adulti • Nelle scuole: attività di lettorato; preparazione alle certificazioni europee e sessioni d’esame tutto l’anno presso la nostra sede. • In azienda: percorsi personalizzati impostati sull’apprendimento delle 4 abilità linguistiche di base, con particolare attenzione alla comunicazione. G1052019 attualità economica ma non solo: al Festival dell’Economia anche quest’anno immancabile il divertentissimo spazio «Matite al lavoro (nero)» assieme alla celebre coppia Zap&Ida, con vignette in presa diretta sulle conferenze, il disegnatore Giuliano Rossetti, il ritrattista Giacinto Gaudenzi, il caricaturista Umberto Rigotti, il vignettista dell’Adige Rudi Patauner e i molti giovani umoristi dello studio Andromeda. Piazza Duomo si trasformerà in un vero e proprio salotto del festival con incontri ed informazioni nel segno di una satira pungente che riguarderà l’argomento principe dell’evento, «I confini della libertà economica», ma non solo, con un’infinità di vignette e caricature. Obiettivo di quest’anno sarà quello di coinvolgere il più possibile i partecipanti. Se infatti le vignette servono principalmente per divertire, al Festival dell’Economia diventeranno anche uno strumento di opinione per dare voce al grande pubblico. Con il «Giocone dell’informazione» messo in campo da Zap&Ida le persone potranno partecipare ad un concorso completando con le proprie battute le vignette che verranno pubblicate ogni giorno sulle pagine dell’Adige e che dovranno essere ritagliate e consegnate al campo base di piazza Duomo. «Con questo gioco spiega la vignettista Ida - vogliamo far sentire più coinvolto il 59 DA NON PERDERE in Trentino er chi volesse accompagnare le giornate del Festival con una visita ad una galleria d’arte o ad un museo ecco un carrellata, certamente non esaustiva, delle principali offerte espositive della provincia. Chi ama la fotografia di montagna, ad esempio, può visitare il Museo tridentino di scienze naturali (in via Calepina 14) dove è allestita «Rivers of Ice», una mostra fotografica di David Breashears. Nel corso degli ultimi quattro anni, questo fotografo ha compiuto otto spedizioni di ricerca sulle montagne più alte del mondo per riprendere immagini corrispondenti ai primi storici documenti fotografici scattati in quelle stesse aree. Alle Gallerie di Piedicastello – un museo davvero unico ricavato dentro due gallerie autostradali dismesse – è possibile vedere la mostra fotografica di Romano Cagnoni: «La guerra negli occhi». L’esposizione mette in luce la guerra vista con gli occhi di uno dei fotoreporter contemporanei italiani più importanti. Oltre cento fotografie, scattate in posti diversi, che testimoniano come la guerra sia, sempre, dolore, disperazione, miseria. Da segnalare anche l’esposizione «Trento Under Construction», fotografie di Paolo Sandri sulla città in trasformazione. Presso il Castello del Buonconsiglio (in Via B. Clesio) è possibile apprezzare la residenza di principi vescovi di Trento dalla seconda metà del XIII secolo fino alla secolarizzazione del principato (1803). Nel 1973 il Buonconsiglio diviene Museo Provinciale d’Arte; dal 1992 è denominato Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali, al quale fanno capo anche i castelli di Beseno, Stenico e Thun. Quest’ultimo, inaugurato lo scorso anno dopo un lungo restauro, rappresenta una splendida resi- P 62 MUSEI, MOSTRE E ALTRO DURANTE IL FESTIVAL ALESSANDRO FRANCESCHINI denza nobiliare con una ricca collezione di beni mobili. A San Michele all’Adige si trova il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina che raccoglie un’ampia collezione di oggetti e di pratiche – implementata dall’antropologo Giuseppe Šebesta – che descrive il sistema agrosilvopastorale della montagna alpina. Presso il Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni (in via Lidorno a Trento) è possibile vedere il più antico museo aeronautico al mondo. La sua fondazione risale agli anni Venti ad opera di Gianni Caproni (1886 – 1957) e della moglie Timina Guasti. L’esposizione di questi giorni, «La sfida del volo», propone al pubblico, per la prima volta, alcuni degli aeromobili più significativi delle collezioni del museo: quattro aeroplani e un elicottero esposti all’interno di un rinnovato percorso di visita. Per chi vuole approfondire la storia archeologia della città di Trento è invitato a fare una visita al S.A.S.S. - Spazio Archeologico sotterraneo del Sas (in Piazza Cesare Battisti). Una strada lastricata, le fondamenta delle case, tracce di affreschi, i mosaici che adornavano le sale, un pozzo: sotto la città di Trento, sotto il suo centro, vi è la sua “matrice” storica, l’antica Tridentum romana, lo «splendidum municipium», come la definì l’imperatore Claudio. Presso la Cappella Vantini di Palazzo Thun (Via Orne 1) è invece possibile vedere la mostra «Tullio Garbari, il miracolo del colore». Cappella Vantini, antica cappella di palazzo Thun ideata e realizzata nel corso del quarto decennio dell’Ottocento, si trasforma, grazie all’intervento di restauro in uno spazio raccolto e prezioso nel centro di Trento in cui ospitare piccole mostre di assoluta qualità. Un luogo intimo, per alcuni aspetti ancora sacro, cornice ideale per accogliere le opere di Tullio Garbari. Per gli amanti dell’archeologia lacuale si consiglia il Museo delle palafitte del lago di Ledro (in via Lungolago 1, Molina di Ledro). Sulle sponde del lago di Ledro, accanto alle tracce dell’antico insediamento palafitticolo, questo museo espone una selezione di reperti preistorici, l’Adige testimonianze preziose della civiltà dell’età del Bronzo (22001350 a.C.). Per rimanere in tema, al Museo Ladin de Fascia (a Vigo di Fassa) si possono vedere le collezioni etnografiche dell’Istituto, frutto di vent’anni di ricerche, ordinate secondo precisi criteri logici e dedicate ai diversi aspetti della civiltà ladina: la preistoria, le attività produttive, l’organizzazione istituzionale, le forme della ritualità civile e religiosa, le credenze e le tradizioni, le dinamiche storiche fino alla trasformazione segnata dall’avvento dell’alpinismo e del turismo. Presso il Centro per l’archeologia e la storia antica della Valle di Non, ovvero il Museo Retico di Sanzeno (in Via Nazionale 50) è possibile osservare un’area particolarmente significativa per la storia dell’archeologia in Valle di Non. Qui infatti, negli anni Venti e Cinquanta del secolo scorso, sono stati effettuati i primi, importanti scavi archeologici che hanno portato Sanzeno e la Valle di Non alla notorietà scientifica internazionale. Presso Castel Pergine, Pergine Valsugana, si può godere della mostra en plein air di Graziano Pompili, «Ort». Le sculture si trovano nel percorso tra le due cinta murarie e nel giardino interno. Altre opere in metallo sono ambientate nelle sale interne del maniero medievale. Il progetto, di carattere antologico, prevede inoltre l’esposizione di alcuni disegni e quadri. Per chi si reca a Rovereto si consiglia una visita al Museo Storico Italiano della Guerra (in via Castelbarco 7) e della mostra «Fiume! Scene, volti, parole di una rivoluzione immaginata. 19191920» che racconta gli eventi del 1919 quando, all’indomani della fine della Grande Guerra, attorno a Fiume si raccolsero da tutta Italia intellettuali, soldati, militanti rivoluzionari, Da non perdere in Trentino tografica del territorio gardesano (sec. XIV – XIX)». Si tratta di un «racconto cartografico» che segue le linee e i colori disegnati su antiche carte geografiche dalle mani di autori noti e ignoti. Dialoga con queste particolarissime carte un «viaggio» fotografico nell’oggi, realizzato da Pierluigi Faggion: scorci di grande suggestione ripropongono il fascino immutato del paesaggio gardesano. In Val di Sella, presso Borgo Valsugana, merita una visita ad Arte Sella. Incontri Internazionali Arte Natura. Si tratta di una manifestazione internazionale di arte contemporanea nata nel 1986, che si svolge all’aperto nei prati, nei boschi della Val di Sella. L’opera è seguita giorno per giorno nel suo crescere e l’intervento dell’artista deve esprimere il rapporto con la natura basato sul rispetto, traendo da essa ispirazione e stimolo. A Trento sono attive anche alcune vivaci gallerie d’arte. Presso la Galleria Arte Boccanera Contemporanea (via Milano a Trento) è possibile vedere la mostra «Affinità elettive». L’esposizione, mettendo a confronto quattro giovani emergenti (Elena Monzo, Pierluca Cetera, Valentina Miorandi, Stefano Abbiati) con quattro maestri storici Ali- ghiero Boetti, Bill Viola, Emilio Isgrò, Giuseppe Penone) intende evidenziare la migrazione di motivi, di ipotesi, di composizioni tra l’ieri e l’oggi, tra energie antiche e nuovi quesiti. Presso lo Spazio Pretto a Trento (in piazza San Benedetto) sono esposte le fotografie di Matteo Fedrizzi. Con questo lavoro dal titolo: «Madrid.Wiederaufbau3.» questo fotografo di origini trentine, prosegue la progettualità per l’anno 2011, rivolta al tema del paesaggio urbano. Allo Studio d’Arte Raffaelli (in via Marchetti, 17) è possibile apprezzare una mostra di Federico Lanaro «Super-natural!». La mostra segue il concetto del super-naturale che ha caratterizzato la produzione dell’artista nell’ultimo anno. Sono esposte due recenti serie di lavori, riflessioni sul comportamento umano, sulle gioie e le inquietudini dello stare in gruppo, sulla convivenza e la sopravvivenza. G1051845 uomini e donne, decisi a rifiutare il dettato di Londra e a dare vita ad un’esperienza che esaltasse l’identità italiana della città. Sempre in questo museo è ospitata la mostra «Paesaggi di guerra. Il Trentino nel 1919: le rovine e la ricostruzione». Una mostra fotografica, ricca di immagini inedite nei luoghi che tra il 1915 e il 1918 furono sconvolti dai bombardamenti e dai combattimenti. Presso il Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (in Corso Bettini, 43) è possibile osservare, oltre alla collezione permanente, la mostra «La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti dal Musée d’Orsay». Sempre a Rovereto, presso la Casa d’arte futurista Depero (Via Portici) si può godere di una esposizione delle opere di Fortunato Depero. Alla suggestiva Rocca di Riva del Garda è allestita la mostra «Il lago di carta. Rappresentazione car- l’Adige 63 Gli eventi dello Scoiattolo l Festival non vive solo di dotte relazioni e confronti tra illustri relatori. Nei giorni dello Scoiattolo, infatti, Trento si trasforma: la città sembra diventare un grande campus, e la «febbre» arancione contagia tutti. Grandi e piccini. È anche per questo che, accanto al programma «scientifico», si è sviluppata negli anni una serie di iniziative, eventi, manifestazioni che accompagnano il pubblico del Festival in queste giornate così piene. Partiamo dal cuore della città: piazza Duomo ospita, come di consueto, il campo base del Festival. È il centro dove si ottengono tutte le informazioni, dove si acquistano i gadget dello Scoiattolo, e da dove si possono seguire gli incontri in diretta. Qui saranno al lavoro i vignettisti dello Studio d’Arte Andromeda, Giuliano, Zap&Ida, il ritrattista Giacinto Gaudenzi, il caricaturista Umberto Rigotti e Rudi Patauner. Lo faranno con una nuova formula: «Matite al lavoro (nero)». Zap&Ida propongono anche quest’anno il «giocone dell’informazione»: i visitatori potranno partecipare ad un concorso completando, con una interpretazione personale, una vignetta. Piazza Duomo ospita un altro punto fisso del Festival, consacrato dal successo degli anni scorsi: la libreria del Festival, con il contributo delle librerie della città. In tre bar della piazza (Caffè Duomo 34, Caffè Italia e Caffè Portici) si svolgeranno inoltre i caffè dell’economia, dove il pubblico potrà incontrare i relatori del Festival. Da una piazza all’altra: piazza Fieraospita gli spazi dell’«Altraeconomia»: ci sono gli stand di alcuni dei protagonisti dell’economia solidale trentina, l’Ecosportello «Fa’ la Cosa Giusta» e il «Bioristoro». In programma ci sono molti incontri, come «Pulire … naturalmente!», un laboratorio per adulti, o «Liberi dal mercato. Consumare meno e vivere meglio», con la partecipazione di Enrico Giovannini, presidente dell’Istat. Ci saranno anche una Ciclofficina per riparare insieme la bicicletta e una lezione aperta di Franco Ulcigrai sull’economia alla scuola Waldorf ovvero ma- I IL FESTIVAL IN PIAZZA LA FEBBRE ARANCIONE CONTAGIA LA CITTÀ l’Adige tematica per i ragazzi di 12 anni. Come ogni anno funzionerà il Bicigrill del Festival. In piazza Cesare Battisti troviamo la postazione di Radio Dolomiti, che garantirà le dirette dai grandi eventi: le mostre di ExpoFestival («Linguaggi e territori» - ASPART, Galleristi trentini a Palazzo Trentini; «Nigeria una terra che perde, una terra che brucia» - Amnesty International a Palazzo Saracini Cresseri; «Fare Green - Habitech, Trentino Sviluppo e Comune di Trento a Palazzo Roccabruna, e nelle vie del centro storico si potranno vedere sette progetti che coniugano arte, scienza, sostenibilità e innovazione). Spazio anche per chi ama il cinema: sono in programma presso il Cinema Astra e presso la Sala Fondazione Caritro (questi ultimi proposti a cura della Cooperativa Mandacarù) cinque film di importanti registi che hanno trattato temi attinenti all’argomento del Festival: «The Social Network», di David Fincher, «Il gioiellino», di Andrea Molaioli, «Wall Street: il denaro non dorme mai», di Oliver Stone, «Grandi speranze», di Massimo D’Anolfi e«Logorama», di François Alaux, Hervé de Crécy, Ludovic Houplain. Due, infine, gli spettacoli in calendario: uno a Trento, «La febbre del denaro», viaggio letterario a cura di Alfonso Masi, e uno a Rovereto, «-Spr+eco», di Andrea Segrè in scena con Federico Taddia con immagini di Francesco Tullio Altan. Spazio agli approfondimenti economici con il format «Confronti», con una serie di incontri di un’ora circa, dedicati a un tema e con il coinvolgimento di alcune realtà locali e nazionali, e al termine dei quali ci sarà spazio per le domande del pubblico. La Provincia di Trento, da parte sua, propone un punto tecnico di informazione e riflessione sull’economia locale: in piazza Duomo, si potrà assistere alle conversazioni e ai confronti di «La tenda aperta». Saranno 15 le conversazioni, animate dalle parti sociali, e toccheranno argomenti diversi, raggruppati in quattro tematiche: «Fuori dal tunnel?», «Equità e Inclusione», «Acceleratori del sistema», «Sulle ali dell’innovazione». 65 dei Mocheni al burro fuso. LE DUE SPADE Storico ristorante stellato nel cuore dell’antica Tridentum. Una bomboniera, ideale per una cenetta romantica a lume di candela. Cucina stagionale raffinatissima con proposte di carne e pesce. Lo chef Federico Parolari consiglia: sfogliatine di gamberi d’acqua dolce con crema ai formaggi di malga. Ricca la carta dei vini e dei distillati. Giorno di chiusura domenica TRATTORIA DUE MORI DOVE MANGIARE Giuseppe Casagrande VIA DON ARCANGELO RIZZI, TEL. 0461-234343 Giorno di chiusura domenica e lunedì a mezzogiorno SCRIGNO DEL DUOMO Ristorante e wine-bar con giardino che si affaccia su una delle piazze più belle d’Italia e d’Europa. Propone una cucina raffinata che coniuga tradizione e innovazione. Inappuntabile il servizio. Lo chef pluristellato Alfredo Chiocchetti seduce i buongustai con le sue creazioni. Eccellente la cantina con una carta vini che vanta oltre 800 etichette nazionali e internazionali. PIAZZA DUOMO, TEL. 0461-220030 Giorno di chiusura il lunedì; sempre aperto il winebar RISTORANTE DA GUIDO Il Ristorante Osteria «Da Guido» (ex Chiesa) sorge a due passi dal Castello del Buonconsiglio ed è ubicato all’interno del parco San Marco al piano terra del settecentesco Palazzo Wolkenstein. Nuova gestione, nuova filosofia e nuove proposte gastronomiche legate al territorio e alle stagioni. Cucina regionale con menu della tradizione in un ambiente di grande fascino. PARCO SAN MARCO, TELEFONO 0461-262418 Giorno di chiusura la domenica BIRRERIA FORST L’antica birreria Forst di Via Oss Mazzurana è uno dei locali storici della città. Franco Oppici propone i piatti della tradizione trentino-tirolese: dalla carne salada al goulasch con polenta e formaggi di malga, dagli strangolapreti al filetto al pepe verde, dalle grigliate allo strudel. Richiestissimio il «Piatto Forst» con canederli al sugo, crauti, carrè di maiale, arrosto di vitello e würstel. Cortesia e professionalità la nota distintiva del locale. VIA OSS MAZZURANA 38 TEL. 0461- 235590. Giorno di chiusura: lunedì. RISTORANTE AL VO’ Antica osteria del centro storico: sorge nell’omonimo vicolo là do- VIA DEGLI ORTI, TEL. 0461-984400 ve un tempo scorreva l’Adige. Francesco Antoniolli propone con rigore i piatti della tradizione trentina: trippe, strangolapreti, canederli, tortel di patate, smacafam, baccalà con la polenta di Storo. Cucina schietta e genuina. Meditata la carta dei vini e dei distillati. VIA SAN MARCO, 11, TEL. 0461-984251 Giorno di chiusura lunedì VICOLO DEL VO’, TEL. 0461-985374 Giorno di chiusura domenica TRATTORIA AL PAROL TRE GAROFANI Antica trattoria del centro storico. Sorge in via Mazzini ed è il regno di Giovanna Linardi e di Niko Marzari, che propongono una cucina innovativa: non più canederli e trippe (come ad inizio Novecento), ma raffinati piatti di pesce, carne e verdure. Una delizia la terrina di polipo con pomodoro, capperi e olive. Da applausi anche il cosciotto d’agnello arrotolato e ripieno di asparagi con patate rosolate. Quanto mai ricca la carta dei vini con una selezione delle migliori etichette. VIA MAZZINI, 33, TEL. 0461-237543 Giorno di chiusura: la domenica TRATTORIA AL TINO Antica trattoria del centro storico cittadino. Elio Tonetta prende per la gola i buongustai che amano la cucina tradizionale trentina con pochi piatti, semplici, schietti e genuini. Piatti consigliati: canederlotti al Puzzone di Moena e carne salada con i fagioli. Nella carta dei vini privilegiate le etichette trentine. Nata alla fine del Quattrocento in un rione (la Contrada di San Martino) disseminato di locande e osterie storiche, l’antica trattoria «Due Mori» di via San Marco — riportata agli antichi splendori da Fabio Dalpalù — continua a tenere alto il prestigio della cucina trentina. Una cucina semplice, schietta, genuina, ancorata al territorio, ma «rivisitata» con un tocco di fantasia e originalità. Piatto consigliato: tortelloni alle mele. Ricca la carta dei vini e dei distillati. Una graziosa trattoria alle porte della città sulla collina di Povo a due passi dalla cittadella universitaria di Mesiano. Lo chef Antonio Meraglia, pugliese d’origine, propone soprattutto cucina di mare in chiave mediterranea: dall’insalata calda di polpo con cozze gratinate agli spaghetti al nero di seppia, dalla zuppetta di pesce ai gamberoni sgusciati con le verdure di stagione. VIA MESIANO, 40, POVO DI TRENTO Giorno di chiusura domenica VILLA MADRUZZO Antica residenza del principe vescovo Emanuele Madruzzo, la villa sorge sulla collina di Cognola. Splendide le sale, raffinata la cucina proposta dal patron Battista Polonioli. Piatti stagionali di carne e di pesce in un connubio di amorosi sensi tra creatività e tradizione. Piatto consigliato: filetto di cervo al Teroldego con confettura di mirtillo rosso. Ricca la carta dei vini e dei distillati. VIA PONTE ALTO, 26, COGNOLA, TEL. 0461986220 VIA SANTISSIMA TRINITÀ, TEL. 0461-984109 Giorno di chiusura domenica RISTORANTE ORSO GRIGIO Il ristorante (con giardino) sorge nel cuore della città all’ombra delle storiche mura che proteggevano l’antica Tridentum. Fabio «Barba» Decarli propone i piatti tipici della tradizione trentina: canederlotti, strangolapreti, orzet, formai rostì con la polenta di Storo. Ricca la carta dei vini. Piatto consigliato: i rufioi della Valle l’Adige Giorno di chiusura domenica MASO CANTANGHEL DA LUCIA È uno dei templi della gastronomina trentina. Lucia Gius propone una cucina casalinga, rispettosa delle tradizioni trentine e fatta di materie prime genuine legate allo scorrere delle stagioni. Il menu varia di giorno in giorno secondo l’estro della patronne e le disponibilità del mercato. Da non perdere, in questo periodo, il risotto con gli asparagi di Zambana e, come chicca finale, il gelato alla crema di nocciole spolverato di cacao amaro. VIA MADONNINA, 33, CIVEZZANO, TEL. 0461858714 Giorni di chiusura sabato e domenica LOCANDA MARGON Il ristorante-gourmet della famiglia Lunelli sorge su una splendida balconata che domina la Valle dell’Adige. Prende il nome dalla vicina Villa Margon, splendido complesso cinquecentesco sede di rappresentanza delle cantine Ferrari. La Locanda Margon offre una duplice proposta: il «Salotto Gourmet» per gli appassionati della cucina d’autore, e la «Veranda» per chi non vuole rinunciare alla qualità in occasione di un pranzo di lavoro. Alfio Ghezzi, fresco di laurea (leggi «stella» Michelin), ripropone i piatti della tradizione rivisitandoli con quel tocco di genialità e creatività che è prerogativa dei grandi chef. Molto apprezzato è il «menu bollicine» in onore della casa spumantistica Ferrari, proprietaria dell’immobile. VIA MARGONE 15 RAVINA, TEL. 0461-349401 Giorni di chiusura domenica sera e martedì tutto il giorno MAS DELA FAM Ricavato da un antico rustico risalente al 1800, posto su una collinetta che domina la Valle dell’Adige tra Ravina e Romagnano, il «Mas dela Fam» non è solo un semplice ristorante, ma una struttura poliedrica che è anche osteria, speck stube, wine bar e sala meeting. Titolare è Luca Boscheri che ha coronato un sogno lungo 40 anni quando suo padre Franco acquistò lo stabile, distrutto da un incendio, con l’idea di riportarlo in vita come locale pubblico. Dislocato su tre piani, il «Mas dela Fam» si propone come luogo d’incontro, dove cultura del cibo e del buon bere si fondono con le tradizioni. Sontuosa la carta dei vini. VIA STELLA 18, RAVINA DI TRENTO, TEL. 0461349114 Sempre aperto a pranzo e cena 67 TRENTO HOTEL ACCADEMIA Si trova nel cuore del centro storico, a pochi passi da Piazza del Duomo. La disponibilità è di 40 stanze, di cui 4 Junior suite e 3 Superior. La sistemazione in camera doppia con prima colazione costa 165 euro (105 la singola). TEL. 0461 233600 Vicolo Colico 4 e.mail: [email protected] GRAND HOTEL TRENTO Praticamente di fronte alla stazione dei treni, è raggiungibile facilmente in macchina; a cinque minuti da piazza del Duomo. Prezzi minimi a partire da 65 euro in doppia e 110 in singola. TEL. 0461 271715 Via Alfieri 1 e.mail: [email protected] HOTEL BUONCONSIGLIO È uno tra gli alberghi più nuovi. È vicino alla stazione dei treni e vicino al centro storico. Per camera e prima colazione, il listino riporta prezzi a partire da 98 euro (doppia) e 78 (singola). TEL. 0461 272888 Vicolo Romagnosi 14 e.mail: [email protected] AQUILA D’ORO TEL. 0461 825300 Corso Alpini 1 e.mail: [email protected] SPORTING TRENTO go con sole 16 stanze. Il costo per notte per persona oscilla tra i 98 ed i 120 in euro nella singola e tra 76 ed i 100 per persona nella doppia. TEL. 0461 986282 Via Belenzani 76 e.mail: [email protected] ALBERMONACO È vicinissimo al centro storico ma praticamente di fianco al Castello del Buonconsiglio. È dotato di un centro fitness. Prezzi minimi fra i 63 ed i 95 euro con prima colazione. TEL. 0461 983060 Via Torre d’Augusto 25 e.mail: [email protected] HOTEL AMERICA È poco lontano dalla stazione e dal centro; parcheggio convenzionato. Stanza e colazione fra 72 (singola) ed i 112 (doppia) euro. Di recente costruzione, ha 41 camere e 79 posti letto. Si trova fuori dal centro storico della città che si può raggiungere sia a piedi sia con i mezzi pubblici. Tariffe base con prima colazione da 90 a 110 (doppia) euro. TEL. 0461 391215 Via Sanseverino 125 e.mail: [email protected] GARNÌ VILLA FONTANA Costruito da non molti anni, il garnì si trova in posizione tranquilla, facilmente raggiungibile in auto. Il centro dista poco più di dieci minuti a piedi. Tra i 47 (a persona in stanza doppia) ed i 65 euro il prezzo base con prima colazione. TEL. 0461 829800 Via F.lli Fontana 11 e.mail: [email protected] TEL. 0461 983010 Via Torre verde 52 e.mail: [email protected] HOTEL EVEREST È comodo per chi arriva in auto- G1052002 Centralissimo, in via Belenzani, a ridosso di Piazza del Duomo. Recentemente rinnovato. È un piccolo ma confortevole alber- DOVE DORMIRE mobile a Trento, e in una posizione assolutamente tranquilla, nonostante la relativa vicinanza al centro storico. Tra i 47 (a persona in stanza doppia) ed i 65 euro il prezzo base con prima colazione. 68 l’Adige HOTEL VENEZIA Si affaccia su piazza Duomo: da alcune delle sue stanze si ammirano direttamente la cattedrale e la fontana del Nettuno. Il prezzo per persona (prima colazione inclusa) parte da 76 (in doppia) e 55 euro (singola). TEL. 0461 234559 Via Belenzani 70 e.mail: [email protected] AGRITUR LE GIARE Si trova nella periferia sud della città, immerso nel verde e lontano dai rumori del traffico. Dispone di 3 appartamenti per un totale di 8 posti letto. Con la prima colazione, il pernottamento costa fra i 45 ed i 50 euro. TEL. 346 7202903 Via Fersina 30 e.mail: [email protected] CASA POMPERMAIER È un Bed & breakfast che si trova in città, anche se fuori dal centro storico. Dispone di 3 camere e mette a disposizione gratuitamente le biciclette, comodissime per spostarsi in città, soprattutto durante le giornate del Festival dell’economia. Tra i 70 (doppia) e i 40 euro (singola) il costo per una notte. TEL. 0461 822190 Via Lavisotto 39 e.mail: [email protected] OSTELLO DELLA GIOVENTÙ Si trova in via Torre Vanga, a fianco della stazione delle autocorriere ed a cento metri da quella dei treni ed all’ingresso del centro storico. mo) fra i 65 (singola) ed i 95 euro (la stanza). Ha 32 camere. La singola costa 26 euro, la doppia 21,5 (18,5 la tripla). TEL. 0461 986220 TEL. 0461 263484 Loc. Ponte Alto 26 e.mail: [email protected] NEI DINTORNI HOTEL ADIGE Si trova a Mattarello, 5 chilometri a sud di Trento. I collegamenti con l’autobus sono buoni. Singola a partire dai 59 euro e la doppia a partire da 69. TEL. 0461 944545 Via Pomeranos 2 e.mail: [email protected] ALPINE MUGON Si trova in Vason, sul monte Bondone. Dispone di un attrezzato centro benessere. Ci sono offerte settimanali a partire da 300 euro. Per una notte servono almeno 50 euro. TEL. 0461 939063 – 0461 947116 Strada per Vason 118 – 38123 Vason - M. Bondone DOVE DORMIRE e.mail: [email protected] CAPITOL Si trova a Gardolo. Ha 44 camere. Con la prima colazione, la tariffa parte da 40 e 50 euro. TEL. 0461 993232 Via Soprassasso 32 e.mail: [email protected] VILLA MADRUZZO Sorge a Cognola, sulla collina di Trento, a circa 5 chilometri dal centro. Ha un parcheggio privato ed è circondato da un parco. Ha 50 camere. Pernottamento e prima colazione costano (mini- HOTEL VELA L’albergo sorge poco fuori la città, non lontano dal casello nord dell’autostrada e raggiungibile comunque anche con i mezzi pubblici. Dormire e fare colazione costa tra i 44 ed i 55 euro a persona al giorno. TEL. 0461 827200 Via Ss. Cosma e Damiano 21 e.mail: [email protected] AERHOTEL Sorge a Trento sud, dispone di un ampio parcheggio. Ha 20 stanze. I prezzi oscillano fra i 40 ed i 55 euro con prima colazione. TEL. 0461 944999 Via Lidorno 3 e.mail [email protected] Sorge in mezzo alla campagna a sud di Trento, nel sobborgo di Romagnano. Dispone di 8 stanze, 4 appartamenti e servizio ristorazione. Prezzi minimi fra i 30 (in tripla) ed i 45 euro (singola) per un minimo di 3 notti con la prima colazione. TEL. 0461 349204 Via di Malebis, 1A Romagnano e.mail: [email protected] LOCANDA DEL BEL SORRISO È collegata alla storica dimora barocca del XVII secolo Villa Bertagnolli (B&B). È immersa nel verde della strada delle Novaline, 7 km a sud di Trento. A partire da 35 euro a testa in doppia. TEL. 0461 942212 Strada delle Novaline 42 e.mail [email protected] ALTRE INFORMAZIONI Altri indirizzi sono disponibili presso l’Apt Trento e Monte Bondone. Tel 0461-216000; [email protected] (www.apt.trento.it) L1051806 Via Torre Vanga 11 e.mail: [email protected] AGRITUR PRÀ SEC’ l’Adige 69 MARCHIODI L’ANGOLO DELL’APERITIVO Per un aperitivo accompagnato da un ricchissimo buffet. Orario: 07.30 - 14.30 / 18.30 - 21.30. Chiusura: domenica. BAR FIORENTINA È il più noto happy hour universitario (però di martedì, dalle 18 alle 21): birra media a 2 euro, spritz a 1,50 euro (piccolo). Orario 7 – 21 Chiusura: domenica Via Calepina, 2 TEL. 0461-236147 CAFFÈ ITALIA Aperitivo in centro città con spettacolare vista su piazza Duomo. Orario 6.30 – 21.30 Piazza Duomo, 7 TEL 0461-985265 CAFFÈ VERDI Aperitivo rilassante. Il locale è dotato di postazione internet. Orari: 7-24, chiuso il sabato Via Verdi, 31 TEL 0461-261912 CAFFÈ CARDUCCI RANDRÈ Giovanile e alla moda, l’ideale per il rito dell’aperitivo, orario: 07.30-24. Domenica chiuso Dal primo caffè all’ultimo drink, anche all’aperto. Orari: 07.3002.00 Chiusura: domenica. Via del Suffragio, 27 TEL. 0461-232064 OK Corso III Novembre 43 TEL: 0461-390696 OK CAFFÈ CITTÀ OSTERIA S. MARTINO Numerosi tavolini esterni, spaziosa sala interna, per una pausa all’insegna del relax. Orario 7-21. Chiusura: lunedì. Sfiziose proposte alimentari in un ambiente «vero». Orario : 8 – 21 Chiusura: domenica – sabato a pranzo Piazza C. Battisti, 10 TEL. 0461-230265 Largo Carducci, 18 TEL. 0461-982164 Via S. Martino n. 42 IL SIMPOSIO PASI L’ideale per un aperitivo all’aria aperta a ridosso del Duomo. Orario: 6.30- 00.30. Domenica chiuso. Piazza Pasi, 2 TEL. 0461-982301 OSTERIA DELLA MAL’OMBRA Un ambiente raccolto in cui la parola «fretta» è abolita. Ricca carta vini, grappe, rum, whisky e molto altro. Orario: 8-1.00. Chiusura: domenica. CAFFÈ ROSSINI fet a 5 euro. Orario 7.30 - 24 Largo Carducci, 25 TEL. 0461-235261 Piazza Fiera, 13 TEL: 0461-986255 ENOTECHE, PUB, BIRRERIE BIRRERIA PEDAVENA Ambiente spazioso (600 posti a sedere all’interno, 180 all’esterno) dove gustare specialità trentine e tirolesi accompagnate da Gustosi piatti della cucina nazionale, aperitivi, cocktail e una ricca carta vini. Orario 8 – 14.30 / 18 – 1.30 . Chiusura: domenica e sabato a pranzo Via Rosmini, 19 TEL: 0461-261848 G1052112 Affollato e ottimo per un aperitivo in compagnia; happy hour dalle 18.00 alle 21: spritz con buf- DOVE DIVERTIRSI Piazza Battisti, 4 TEL. 0461-235795 birra prodotta artigianalmente. Orario : 8.30 – 00.30, prefestivi fino all’1. Chiusura: martedì. l’Adige 71 musica e allegria nel post serata. Apertura: lun-ven 19.30-1.00; sab 18 - 01.00. BOSTON Atmosfera da tipico American Bar, punto d’incontro per abbondanti colazioni, sfiziose pause pranzo e gustose fast food. Si può trascorrere qualche ora ingannando il tempo impegnandosi con i tavoli da biliardo. Orari 7-24. Chiusura: domenica. Via S. Francesco, 8 - Trento TEL: 0461-238069 Via Sanseverino, 27 Trento LA CANTINOTA DOVE DIVERTIRSI Ristorante pianobar, uno dei punti di ritrovo storici del centro città. Orari: 12-15 e 17-24. Via San Marco, 22-24 Trento TEL. 0461- 238527 FEELING BAR Per una serata a base di cocktail e whisky. Orario: 9.30-24. Chiuso la domenica. Piazza Garzetti, 14 Trento TEL. 0461/980235 PER I PIÙ GOLOSI... GRADO 12 OLD BAR & FOOD PASTICCERIA VIENNESE Degustazione, sommelier, vendita prodotti e bottiglie da asporto. Ampia scelta di vini, da tutta Italia e dal mondo, di liquori e distillati e di altri prodotti enogastronomici. Orari: 9-13 e 15.30-20. Chiusura domenica e lunedì mattina. Un’idea dinamica con degustazioni, buon gusto e le migliori etichette dei vini nazionali e regionali e 7 spine di birra, spazio alla musica e alle arti visuali. Orari: 10-16 e 18-02.Chiuso la domenica. Orario: 6.30-22. Via Largo Carducci, 12 TEL: 0461-982496 LIVE CLUB COCKTAIL&WINE BAR Via Roggia Grande 8, Trento TETLEY’S PIZZERIA - PUB Per gli amanti del genere «british». Sei birre alla spina, puro stile inglese, relax e musica. Orari: 18-24. Chiuso: domenica. Via degli Orti, 1 Trento. TEL. 0461 233477 EXSENSE FASHION CAFE Resta aperto fino a tarda notte, passando per uno stuzzicante pranzo, uno sfizioso aperitivo, Corso 3 novembre, 2 Trento TEL. 0461 236490 PASTICCERIA BERTELLI Orario: 8-12.30 e 15-19. Domenica: 8.30-12.30. Via Oriola, 29 Trento TEL. 0461 984765 PASTICCERIA SAN VIGILIO Orario aperture 7-19. G1052054 Via San Vigilio, 10 Trento TEL. 0461-230096 l’Adige 73 l’Adige 75 BIBLIOTECA COMUNALE PALAZZO PROVINCIA TEATRO SOCIALE PALAZZO BASSETTI CASTELLO BUONCONSIGLIO PALAZZO THUN PALAZZO GEREMIA SEDE OCSE FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA PALAZZO CALEPINI FACOLTA’ DI ECONOMIA FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA SALA FILARMONICA AUDITORIUM SANTA CHIARA GIOVEDÌ 2 GIUGNO 15 INAUGURAZIONE CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Alessandro Andreatta, Tito Boeri, Innocenzo Cipolletta, Lorenzo Dellai, Giuseppe Laterza, Roberto Napoletano, Corrado Passera A seguire «In memoriam»: proiezioni di brani dell’intervento di Tommaso Padoa-Schioppa alla prima edizione del Festival dell’Economia nel 2006 con un ricordo di Fabrizio Saccomanni 17.30 VISIONI PALAZZO DELLA PROVINCIA Dani Rodrik con Tito Boeri IL FUTURO DELLA GLOBALIZZAZIONE Non possiamo dare per scontato il futuro della globalizzazione a meno di non prendere sul serio le lezioni della storia. Una sana globalizzazione si fonda sul delicato equilibrio tra l’orizzonte complessivo del mercato globale e le prerogative degli Statinazione. Se si spinge troppo verso l’una o l’altra direzione si ottiene instabilità e perdita di legittimità. Negli ultimi tempi la bilancia s’è spostata troppo verso le esigenze del mercato globale, una situazione che ha bisogno di essere riequilibrata. 18.30 INCONTRI CON L’AUTORE PALAZZO GEREMIA Monica D’Ascenzo, con Corrado Passera e Anna Maria Tarantola. FATTI PIÙ IN LÀ. DONNE AL VERTICE DELLE AZIENDE. LE QUOTE ROSA NEI CDA. 21 TESTIMONI DEL TEMPO TEATRO SOCIALE Enrico Bondi con Marco Onado IL CASO PARMALAT VENERDÌ 3 GIUGNO 10 LE PAROLE CHIAVE FACOLTÀ DI ECONOMIA Gianmarco Ottaviano LIBERO SCAMBIO 10 INCONTRI CON L’AUTORE BIBLIOTECA COMUNALE Luca De Meo DA 0 A 500 10 CONFRONTI PALAZZO CALEPINI FOND. CARITRO Audrey Gaughran (Amnesty International) LA CRISI DEI DIRITTI NELL’ECONOMIA GLOBALIZZATA 10.30 PASSATO PRESENTE CASTELLO BUONCONSIGLIO Maristella Botticini NORME SOCIALI, RELIGIONI E LIBERTÀ ECONOMICA 11 DIALOGHI FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Franco Bassanini, Gianni Dragoni, Fausto Panunzi CASSA DEPOSITI E PRESTITI: UNA NUOVA IRI? IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL 11 DIALOGHI PALAZZO GEREMIA Enrico Giovannini, Matteo Motterlini, Giuseppe Mussari, Marco Onado LIBERI SE INFORMATI 11 CONFRONTI SALA FILARMONICA Giuliano Giubilei, Francesco Greco, Ivan Lo Bello, Sergio Rizzo, Valerio Zappalà LE BANCHE DATI DELLE CAMERE DI COMMERCIO COME STRUMENTO CONTRO LA CRIMINALITÀ ECONOMICA 11 CONFRONTI EX CONVENTO AGOSTINIANI SEDE OCSE Sergio Arzeni, Bruno Dallago, Aart De Geus, Joachim Möller PRODUTTIVITÀ E LAVORO: IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI, DEL SINDACATO E DELL’IMPRESA NELL’ATTUALE CRISI ECONOMICA 12 PRO E CONTRO PALAZZO DELLA PROVINCIA SALA DEPERO Alberto Orioli, Roberta Carlini. Pro: Francesca Bettio; contro Oria Gargano BISOGNA LEGALIZZARE E TASSARE LA PROSTITUZIONE? 12 INCONTRI CON L’AUTORE BIBLIOTECA COMUNALE Paolo Legrenzi, con Maurizio Ferraris e Luigi Mittone I SOLDI IN TESTA. PSICOECONOMIA DELLA VITA QUOTIDIANA 15 FOCUS CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Jürgen Von Hagen L’EUROPA E LA CRISI DEL DEBITO PUBBLICO 15 INCONTRI CON L’AUTORE PALAZZO GEREMIA Pascal Salin RITORNARE AL CAPITALISMO 15 INCONTRI DEL SOLE 24 ORE FONDAZIONE BRUNO KESSLER Alberto Orioli, Alessandro De Nicola, Valerio Onida, Nicola Rossi LIBERTÀ D’IMPRESA: COSA NON VA NELL’ARTICOLO 41 DELLA COSTITUZIONE? 15 CONFRONTI PALAZZO CALEPINI SALA FOND. CARITRO Alessandro Olivi, Claudio Siciliotti, Donatella Treu, Ilaria Vescovi INCENTIVI, CONTRIBUTI E LIBERA CONCORRENZA 16 FOCUS TEATRO SOCIALE Roberto Maroni LE POLITICHE DELL’IMMIGRAZIONE 16 FOCUS FACOLTÀ DI ECONOMIA Lucrezia Reichlin COSA FANNO I BANCHIERI 16.30 INTERSEZIONI FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Michele Salvati, Loredana Sciolla TRA SOCIETÀ CIVILE E SOCIETÀ POLITICA IN ITALIA 16.30 INCONTRI CON L’AUTORE PALAZZO GEREMIA Daniel S. Hamermesh BEAUTY PAYS 17 CONFRONTI FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA AULA KESSLER Vittorio Agnoletto, Michele Curto, Emilio De Capitani, Oliviero Forti, Maria Grazia Giammarinaro, Claudia Merlino IMMIGRAZIONE E LOTTA AL TRAFFICO DI ESSERI UMANI TRA DIRITTI, SICUREZZA E MERCATO DEL LAVORO 17 IL CAFFÈ DELL’ECONOMIA CAFFÈ DUOMO, PIAZZA DUOMO IL PUBBLICO INCONTRA I RELATORI DEL FESTIVAL AL BAR 17.30 ALLA FRONTIERA SALA FILARMONICA Alberto Alesina È POSSIBILE TAGLIARE LA SPESA ED ESSERE RIELETTI? 17.30 FOCUS CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Angelo Del Boca LA GRANDE RIVOLTA ARABA 18 FOCUS PALAZZO DELLA PROVINCIA SALA DEPERO Alan Krueger OBAMACARE: COME FUNZIONA REALMENTE LA RIFORMA SANITARIA NEGLI STATI UNITI? 18.30 FOCUS FONDAZIONE KESSLER Michael Burda DIETRO IL MIRACOLO TEDESCO 18.30 INTERSEZIONI TEATRO SOCIALE Federico Rampini LA LIBERTÀ DEGLI ALTRI 18.30 INCONTRI CON L’AUTORE PALAZZO GEREMIA Raffaele Cantone, Gianluca Di Feo con Innocenzo Cipolletta e Ivan Lo Bello I GATTOPARDI. UOMINI D’ONORE E COLLETTI BIANCHI: LA METAMORFOSI DELLE MAFIE NELL’ITALIA DI OGGI 21 TESTIMONI DEL TEMPO TEATRO SOCIALE l’Adige Gian Carlo Caselli QUALE LIBERTÀ SENZA LEGALITÀ? SABATO 4 GIUGNO 9.30 CONFRONTI PALAZZO THUN TORRE MIRANA COMPRAR CASA IN SICUREZZA: I CONSIGLI DEI NOTAI 10 LE PAROLE CHIAVE FACOLTÀ DI ECONOMIA Alessandra Fogli NORME SOCIALI 10 INCONTRI CON L’AUTORE FONDAZIONE BRUNO KESSLER Christian Caliandro, Pierluigi Sacco ITALIA RELOADED. COME RIDARE LA CARICA AL PAESE 10 CONFRONTI PALAZZO BASSETTI - SEDE BTB Isabella Bossi Fedrigotti, Paolo Collini, Francesco Lamanda, Marcello Messori DOPO LA CRISI ECONOMICA, QUALI SONO LE PROFESSIONI DEL FUTURO? 10 CONFRONTI PALAZZO CALEPINI FOND. CARITRO Rossella Panarese, Francesca Bettio, Margaret Radin CORPO E DENARO. MERCATI AL CONFINE 10.30 INTERSEZIONI CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Nadia Urbinati CHE COSA LIMITA IL POTERE DEI POLITICI? 11 FOCUS PALAZZO GEREMIA Sarah Smith A COSA SERVE LA “BIG SOCIETY”? 11 CONFRONTI SALA FILARMONICA Federico Rampini CONFINI DIVERSI. IL FATTORE DONNA DELL’ECONOMIA CHE VERRÀ – NUOVE REGOLE, NUOVE RESPONSABILITÀ 11.30 CONFRONTI FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA AULA KESSLER Andrea Boitani, Luigi Campiglio, Enrico Castrovilli, Roberto Fini, Armando Massarenti, Roberto Tamborini, Ignazio Visco LA CULTURA ECONOMICA COME ESERCIZIO DI LIBERTÀ 12 PRO E CONTRO PALAZZO DELLA PROVINCIA SALA DEPERO Con Alberto Orioli, Daniele Checchi. Pro: Gustavo Piga; contro: Gianfranco Cerea È GIUSTO ALZARE LE TASSE UNIVERSITARIE? 12 INCONTRI CON L’AUTORE FONDAZIONE BRUNO KESSLER Marco Revelli POVERI, NOI. CON ANTONELLA RAMPINO, SALVATORE ROSSI 77 IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL 15 CONFRONTI PALAZZO GEREMIA Nunzia Penelope, Antonio Bernardi, Cipriana Dall’Orto, Monica D’Ascenzo, Loretta Napoleoni, Alessandra Perrazzelli, Paola Profeta DONNE, UOMINI, ECONOMIA. QUALI CONFINI? A CURA DI VODAFONE 16 FOCUS TEATRO SOCIALE Emma Bonino, Timothy J. Hatton I NUOVI CONFINI DELL’EUROPA 16.30 PASSATO PRESENTE FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Fabrizio Zilibotti DALLA CINA IMPERIALE ALL’IMPERO FINANZIARIO 16.30 INCONTRI CON L’AUTORE BIBLIOTECA COMUNALE Piero Bevilacqua IL GRANDE SACCHEGGIO. L’ETÀ DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO Roberta Carlini L’ECONOMIA DEL NOI. L’ITALIA CHE CONDIVIDE 17 DIALOGHI SALA FILARMONICA Roger Abravanel, Tullio Jappelli, Fiorella Kostoris VALUTAZIONE E MERITO NEL SISTEMA PUBBLICO DELLA RICERCA 17 CONFRONTI FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA AULA KESSLER Pierfrancesco Camussone, Alberto Daprà, Roberto De Laurentis, Maurizio Franzini, Clara Fresca Fantoni, Alessandro Olivi, Giordano Tamanini LE SOCIETÀ ICT PUBBLICHE AL SERVIZIO DEL «SISTEMA PAESE»: TRA PROMOZIONE DELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE NEI TERRITORI E SVILUPPO DELL’INNOVAZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. 17 IL CAFFÈ DELL’ECONOMIA CAFFÈ PASI PIAZZA DUOMO IL PUBBLICO INCONTRA I RELATORI DEL FESTIVAL AL BAR 17.30 PASSATO PRESENTE CASTELLO DEL R1052103 15 ALLA FRONTIERA CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Daniel S. Hamermesh LIBERTÀ DAL LAVORO 15 INTERSEZIONI FACOLTÀ DI ECONOMIA Giulio Napolitano GLI STATI EUROPEI NELLA CRISI: DAL SALVATAGGIO AL “DIMAGRIMENTO” 15 PRO E CONTRO ROVERETO: MART SALA CONFERENZE Carlo Scarpa. Pro: Ugo Mattei. Contro: Antonio Massarutto LA GESTIONE DELL’ACQUA DEVE ESSERE TOTALMENTE PUBBLICA? 15 INCONTRI CON L’AUTORE BIBLIOTECA COMUNALE Riccardo Cappello IL CAPPIO. PERCHÉ GLI ORDINI PROFESSIONALI SOFFOCANO L’ECONOMIA ITALIANA 15 INCONTRI DEL SOLE 24 ORE FONDAZIONE BRUNO KESSLER Alessandro Plateroti, Donato Masciandaro, Marco Onado, Luca Peyrano LA YALTA DELLE BORSE: IL MONDO DEI MERCATI DIVISO IN DUE. PIÙ O MENO LIBERTÀ? PROGETTIAMO E ALLESTIAMO IL TUO NEGOZIO CHIAVI IN MANO Attrezzature per l’allestimento completo di negozi e supermercati, dall’impianto frigorifero singolo o centralizzato al cartellino porta - prezzi. - Teleassistenza - Tavoli, lavelli, armadi e accessori inox 78 l’Adige BUONCONSIGLIO George J. Borjas IL CONTAGIO DEI CERVELLI OLTRE FRONTIERA 18 VISIONI PALAZZO DELLA PROVINCIA SALA DEPERO Esther Duflo RIPENSARE LA LOTTA ALLA POVERTÀ 18 DIALOGHI ROVERETO - UNIVERSITÀ SCIENZE COGNITIVE Pippo Ranci Ortigosa, Stefano Saglia, Carlo Scarpa NO NUKES? I RISCHI DEL NUCLEARE 18.30 INTERSEZIONI PALAZZO GEREMIA Renata Salecl PIÙ SCELTA EQUIVALE A PIÙ LIBERTÀ? 18.30 INCONTRI CON L’AUTORE BIBLIOTECA COMUNALE Francesco Daveri con don Virginio Colmegna STRANIERI IN CASA NOSTRA. IMMIGRATI E ITALIANI TRA LAVORO E LEGALITÀ 21 TESTIMONI DEL TEMPO TEATRO SOCIALE Václav Havel LA LIBERTÀ NELLA TRANSIZIONE