I grandi sentieri di Lombardia LARIO Non offendete il Viandante Quello tra Abbadia e Piantedo è uno degli itinerari di bassa quota più noti della Lombardia. Per apprezzarne le dolcezze del clima arrivano fin da Zurigo, ultimamente ha subito però qualche oltraggio di troppo: un peccato mortale Testo di Albano Marcarini Fotografie di Mauro Lanfranchi S ui giganteschi camion, dalle lamiere cromate, che percorrono l’altopiano anatolico sta scritto: «La vita finisce, la strada no». Una frase che vale anche per il Sentiero del Viandante, un esile cammino che si dipana lungo la sponda orientale del lago di Como. Sono passati secoli dal giorno in cui fu aperto per la prima volta da pastori e trafficanti; la natura lo ha più volte interrotto, secondo il suo inarrestabile dinamismo, ma l’uomo lo ha sempre ricostruito con pazienza; nuove I grandi sentieri di Lombardia LARIO correnti di traffico e altri mezzi di trasporto l’hanno poi ridotto d’importanza fino a renderlo secondario rispetto alla navigazione sul lago; infine, in periodi a noi vicini, le strade carrozzabili lo hanno emarginato. Eppure, della sua struttura non si è mai persa la memoria. Riportato alla ribalta da alcuni storici — Pietro Pensa per primo — il Sentiero del Viandante è stato recuperato, ormai quasi vent’anni fa, dall’Azienda di promozione turistica del Lecchese e dalla Comunità monta- Varenna: il meglio da Vezio Sopra: il pittoresco nucleo di Varenna ripreso dalla Rupe di Vezio. Pagina a fronte dall’alto: una palina segnaletica lungo il percorso, l’antica chiesa di San Giorgio a picco su Mandello, la torre del castello di Vezio e i classici muretti a secco che scandiscono numerosi tratti del sentiero. Pagine precedenti: l’abitato di Mandello con le frazioni attraversate dalla prima parte del sentiero del Viandante. na del Lario orientale. Fu il primo ed è diventato il modello dei grandi sentieri lombardi di bassa quota. Di sorprese questo bel sentiero ne dispiega ovunque: panorami, singolarità geologiche e botaniche, testimonianze della fede e capisaldi della storia guerreggiata, luoghi dell’immaginario popolare, ritagli di campi, casali, vigne e oliveti che regalano un quadro di paesaggio celebrato da poeti e scrittori, infine la struttura stessa del sentiero è una sorpresa, che dimostra di una sapienza mai codificata in norme ma condivisa dall’utilità quotidiana. Insomma un vasto repertorio, quasi un’enciclopedia viaggiante che ogni appassionato di cammini o di natura deve leggere prima o poi. La denominazione di Sentiero del Viandante risponde alle esigenze di valorizzazione turistica. Nella storia, la percorrenza lungo questa sponda del lago non ebbe mai una sola denominazione, ma varie: Via Ducale, Via Regia, Strada dei cavalli e, per un breve tratto, in effetti, anche Via dei Viandanti. Tenendosi a ridosso del versante, lontana dalla linea di costa, giusto alle pendici delle rupi o sul colmo dei delta a Mandello e a Dervio, questo percorso stabilì una percorrenza che interessava, a giustificazione della sua origine, i nuclei antichi (Castello di Abbadia, Maggiana, Rongio ecc.) e i fortilizi eretti sulle alture per motivo di reciproco legame visivo, come la torre di Vezio e il castello di Dervio. Quando fu tracciata questa via? Pietro Pensa la riteneva antichissima pur non presentando le peculiarità delle strade romane. Dico 27 Il Sentiero del Viandante in pillole Area geografica: sponda orientale del lago di Como in provincia di Lecco. Lunghezza: 35 km. Dislivello: 2063 metri. Quota minima raggiunta: 199 m (livello del lago) Quota massima raggiunta: 992 m a S. Pietro di Ortanella. Segnavia: placche di colore arancione con la scritta Sentiero del Viandante Tappe consigliate: 1. Da Abbadia Lariana a Lierna; 2. Da Lierna a Bellano; 3. Da Bellano a Dorio; 4. Da Dorio a Piantedo (Colico). Info utili: Azienda di promozione turistica di Lecco, via N. Sauro 6, tel. 0341.295720-721, www.turismo.provincia.lecco.it Internet: www.sentierodelviandante.it Per saperne di più: A. Marcarini, Il Sentiero del Viandante, Lyasis 2005, € 12. Itinerario lineare a piedi dalla stazione Fs di Varenna - Esino Lario alla stazione Fs di Bellano - Tartavalle Terme (linea MilanoLecco-Sondrio). Si sviluppa sulle prime pendici delle montagne che affacciano sulla costa orientale del lago di Como. Tempo di percorrenza: 2 ore e 30 minuti. Dislivello: 260 metri. Condizioni del percorso: sentieri, mulattiere gradonate, qualche breve tratto di asfalto; itinerario adatto anche ai bambini. Dislivelli accettabili: il primo tratto un po’ faticoso, fino a raggiungere il livello del Sentiero del Viandante. Segnavia: frecce e placche arancio con la scritta «Sentiero del Viandante». Periodo consigliato: anche in inverno, con una bella giornata soleggiata. Dove mangiare: lungo il percorso s’incontrano negozi di alimentari. A Bellano, alla fine dell’itinerario: ristorante Pesa Vegia, piazza Verdi 7, tel. 0341.810306, chiuso lunedì (missoltini e persico del lago). Sempre a Bellano: pasticceria Arrigoni, via Grossi 2, tel. 0341.821207. Indirizzi utili: Apt del Lecchese, via N. Sauro 6, Lecco, tel. 0341.295720-721, www.turismo.provincia.lecco.it Legenda Un assaggio da Varenna a Bellano Si può utilizzare il treno per questa passeggiata che vi terrà impegnati una mezza giornata, tenendo conto delle varie soste. Usciti dalla stazione di Varenna, ci si dirige verso il paese superando il torrente Esino e percorrendo un tratto della strada provinciale fino all’altezza dell’albergo Monte Codeno. Alle sue spalle inizia la salita gradonata per Vezio, nucleo adagiato su un’insellatura circa 150 metri sopra il lago. A Vezio, prima di imboccare il Sentiero del Viandante, è bene compiere una breve diversione verso il castello. Dalla piazza Belvedere di Vezio si raggiunge la strada carrozzabile; si supera di nuovo la valle dell’Esino sul vecchio ponte, vicino al Crotto del Pepot, e all’altezza di una zona industriale si imbocca, verso monte, il Sentiero del Viandante che sale alla cappelletta del Campallo passando sotto il portico, ornato da due cipressi. Quindi si raggiunge Régolo, abitato che nel suo concentrico cela una casatorre medievale e la chiesa barocca di San Giovanni Battista. Passando per Vicolo Stretto si esce al tornante della strada rotabile: la si segue in discesa fino al tornante successivo, dove si imbocca via Cava Bassa, fra nuove edificazioni che hanno purtroppo cancellato l’edificio storico della direzione delle cave. Il percorso si trasforma in mulattiera, affrontando una salita fino a confluire nella strada di Regoledo, in vicinanza di una chiesuola. Il folto castagneto è il Bosco delle Streghe. Non ha un aspetto inquietante ma si dice che gli anziani siano riluttanti ad addentrarvisi per far legna. Si segue la strada in discesa fino a un bivio, da cui riprende la mulattiera: fra gli alberi si scorge il pianoro deltizio di Dervio. Il tracciato contorna la valle del Rio Masna, punteggiata da nuclei sommersi nella vegetazione fra cui Gittana, con la parrocchiale sopra l’abitato, e Cestaglia che il sentiero lambisce sotto le sue case. Ci si mantiene sempre a una certa altezza dal lago: alle spalle si scorge la punta di Morcate, frequentata da alcune coppie di rondini rupestri. A un tratto si supera un vallo artificiale. È quanto resta della funicolare che collegava, nel secolo scorso, la stazione ferroviaria con lo stabilimento idroterapico fondato a Regoledo nel 1858. Il percorso si avvicina a Bellano. A un certo punto non si potrà fare a meno di notare un nucleo, attraversato dal sentiero, disposto su tre livelli. L’edificio più in alto rivela segni di distinzione con un portale ornato e un lezioso balconcino. Fu la Fabbrica ed ebbe vari usi: osteria, bigattiera (dove si allevavano i bachi da seta), officina di maniscalco e cantina — ancor oggi utilizzata — per la vinificazione. Il sentiero, sempre cadenzato da segni di fede popolare, scende alla stazione di Bellano, ma prima di concludere la passeggiata, si può proseguire per breve tratto superando, al ponte di San Rocco, il fiume Pioverna che proprio qui sotto forma il celebre Orrido. Il sentiero scavato nella viva roccia contemplare — «e ogni viaggio è una contemplazione in movimento», suggerisce Marguerite Yourcenar — lasciando che lo spirito scivoli giocoso sulle cose, fermando liberamente il suo interesse ora sulle une, ora sulle altre, anche senza una pretesa intellettuale ma per semplice piacere estetico. Il Lario, che nell’etimo della lingua etrusca pare significasse «principe», fa parte di quella ristretta schiera di luoghi universalmen- te celebrata e ammirata in ogni tempo. Per alcuni scrittori la sua visione è «degna della massima esaltazione», per altri, come il geografo tedesco Johann Georg Kohl, esso «non deve mancare in Paradiso, essendo impossibile che sia al mondo un lago che lo avanzi in bellezze naturali». Si potrebbe proseguire a lungo nelle evocazioni storiche, aggiungendo all’estasi romantica dei viaggiatori stranieri — che servì fra l’altro Sopra: il sentiero sopra Posallo in località monte Sparese si presenta, come in molti altri tratti, ben conservato e rispondente all’antica fisionomia. A fianco: due particolari del selciato originale con un passaggio scavato nella viva roccia per agevolare il cammino. 31 il panorama più bello Pur regalando splendidi scorci, soprattutto nell’ultima tappa, questa panoramica del suo tratto iniziale con il promontorio di Abbadia Lariana inquadrato dal Forcellino sul Coltignone, offre uno scenario di grandissima suggestione, soprattutto se si ha la fortuna di coglierlo in una giornata di neve. Non è facile: capita infatti raramente di imbattersi nella neve sulle sponde del Lario, dove il clima è mite e anche in pieno inverno le temperature si mantengono sopra lo zero. Il sentiero a tavola Fotografia di Marco Mazzoleni S eguendo le orme del viandante incontriamo una cucina semplice, casalinga e piuttosto rustica che si ispira ai profumi e ai sapori del lago e della montagna. Lavarelli, salmerini, persici, agoni, lucci che si possono gustare in carpione, come patè o alla griglia, ma anche in squisite ricetto come risotto con il pesce persico, i ravioli di salmerino, la pasta con pesce di lago affumicato. Preparazioni particolari sono la bottarga di lavarello, le cui uova si raccolgono sia in primavera che in autunno e la produzione del missoltino: l’agone che dopo essere pulito e privato dalle interiora viene salato posto in un contenitore per alcuni giorni e girato ogni 12 ore. Oggi l’Unione europea ha imposto l’essiccazione in locali appositamente adibiti. Un tempo, invece, la lavorazione avveniva all’aria aperta: ripulito dall’eccesso di sale e infilzato con uno spago, l’agone veniva appeso su bambù ben esposti al sole. Quando diventava secco, e si diceva che «cantava» al vento veniva posto nella «misolta», un contenitore un tempo di legno o latta, talvolta con qualche foglia di alloro coperto da un coperchio pesante. Al momento del consumo il missoltino viene abbrustolito sulla gratella, condito e servito con la polenta. La polenta accompagna anche la selvaggina locale come capriolo, lepre, fagiano e cinghiale cucinati arrosto o in salmì, squisiti funghi dei vicini boschi conditi con l’olio di oliva extravergine Dop laghi lombardi – Lario. I piatti tipici della stagione invernale sono: trippa, zuppe anche con le erbe selvatiche, «granei» o minestra con farina gialla, pasta con ragù di selvaggina, ravioli ripieni tra i quali i ravioli di Sant’Antonio e gli «scapinasch» con ripieno più dolce, la «polenta oncia» e lo «senzinal» pallottola di polenta ripiena di formaggio cotta alla brace. Tra i dolci: «miascia», crostate ai frutti di bosco o con il «melet» confettura di bacche di sambuco, «paradèl» e la torta Grigna con mandorle, nocciole e caffè. 34 I ravioli di Sant’Antonio Il 17 gennaio ad Esino Lario si celebra la festa di Sant’Antonio con la benedizione degli animali e l’incanto dei canestri contenenti salumi, formaggi, oggetti e perfino agnelli. Il ricavato viene devoluto in beneficenza. In questa giornata, dopo la Messa, gli abitanti di Esino Superiore invitano a pranzo quelli di Esino Inferiore e cucinano loro i ravioli di Sant’Antonio. Questa tradizione si ripete ininterrottamente dal 1628, anno in cui gli abitanti di Esino Superiore finirono di ristrutturare la chiesa di Sant’Antonio ben 17 anni più tardi rispetto alla fine dei lavori della sistemazione della chiesetta di San Giovanni da parte degli abitanti di Esino Inferiore. Entrambe le opere erano state richieste nel 1565 da San Carlo Borromeo cardinale della Diocesi di Milano. Così gli abitanti di Esino dopo quasi quattrocento anni continuano a ricordare la gara «a chi finiva prima» mangiando festosamente i ravioli. Dove mangiare Nel vecchio forno del paese di Maggiana è situata l’Osteria Sale e Tabacchi (piazza San Rocco, 3; tel. 0341.733715), con vicina B&B. È un posto per golosi. A Mandello potrete acquistare presso la Pasticceria Panetteria Gilardoni (piazza della Repubblica, 2; tel. 0341.731422) la pluripremiata torta Grigna preparata seguendo una ricetta mandellese di inizio Novecento. Salendo lungo il sentiero del viandante per la variante alta arriverete in località Ortanella dove presso il Ristorante dei Cacciatori (via del Roccolo, 1; tel. 0341.860219) potrete gustare i ravioli di Sant’Antonio e le patole fatte con la patata bianca di Esino Lario (www.patatabiancadiesino.it), una produzione di nicchia che è possibile acquistare presso il ristorante o lungo il percorso quando arriverete nei pressi di Vezio dove, incastonato nella stretta gola formata dall’erosione del torrente Esino c’è il Crott del Pepot (tel. 346.3566777), adatto per spuntini veloci. Qui, se sarete particolarmente fortunati, incontrerete il signor Franco Sala proprietario dell’adiacente mulino del 1810. Il famoso olio di Perledo è invece acquistabile presso l’Azienda agricola Festolazzi Fabio (contrada degli Archi, 5, Perledo; tel. 0341.815336), Illustrazione di Francesca Capellini Quando il missoltino «canta» Fotografia di Marco Mazzoleni a cura di Silvia Tropea Montagnosi che ha ricevuto la gran menzione dell’orciolo d’oro 2011. Nella vicina Gittana di Perledo merita una sosta l’azienda agricola Festinalente di Ambrogio Redaelli (via Isola del Sole, 7; tel. 0341.831181) che produce miele biologico integralmente raccolto lungo il sentiero del Viandante. A Varenna non potrete non curiosare nella Macelleria Salumeria Lillia dal 1965 (via IV Novembre,2; tel. 0341.830198338.9799897) nei cui laboratori Pietro Matteo produce con grande maestria salami, cacciatori e salamelle di suino, Risotto con filetti di pesce persico asino e di cervo (acquistato presso il centro di raccolta di Dervio), bresaola di punta d’anca, violino di coscia d’agnello e mortadella di fegato. Oltre allo storico ristorante Vecchia Varenna (contrada Scoscesa,10; tel. 0341.830793) potrete mangiare pesce anche presso Cavallino trattoria dei pescatori (piazza Martiri della Libertà, 5; tel. 0341.815219). Patron nonché pescatore è Giordano Valentini che fornisce quotidianamente la materia prima necessaria a preparare carpione del Lario, paté di lavarello e Ingredienti per 6 persone 100 g burro 2 cucchiai di farina bianca salvia 600 g filetti di pesce persico 400 g riso Carnaroli 1,5 litro fumetto di pesce o brodo vegetale (utilizzare gli scarti del pesce persico — testa e lische — e verdure) ½ bicchiere vino bianco ½ cipolla sale Tempo di preparazione e cottura 40 minuti gli agoni con i quali vengono preparati i missoltini. Vicino Bellano troverete il Crotto di Biosio (loc. Biosio, 1; tel. 0341.821362). Di proprietà della stessa famiglia da generazioni ha un menù che pur prevedendo proposte di lago, sente gli influssi della vicina Valtellina: fumanti pizzoccheri e gustose polente taragne. Proprio adiacente è il recente Frantoio Poppo (tel. 335.260989), l’unico della provincia di Lecco, dove si può acquistare direttamente l’olio extravergine d’oliva DOP laghi lombardi – Lario. Procedimento In 40 g di burro rosolare la cipolla tritata, unirvi il riso, farlo tostare molto bene e sfumare con il vino bianco. Continuare la cottura con il brodo fino a cottura (17 minuti circa). Nel frattempo lavare ed asciugare bene i filetti di persico. Infarinarli leggermente. In una padella rosolare la salvia in 40 g di burro, friggervi i filetti di persico e porli al caldo fra due piatti. A cottura ultimata del risotto disporvi sopra i filetti di pesce persico, salarli ed irrorali con gli ultimi 20 g di burro e salvia. Per mantecare il riso si può utilizzare poco burro e grana (30 g). Una variante prevede che i filetti di persico, leggermente infarinati vengano impanati in uovo sbattuto con grana e pane grattato e poi fritti.