LA PIUMA D’ORO Di Tommaso Allegri 1 2 1. Selfie Erano le 19.07. Il treno, stranamente, era stato puntuale. Le porte si erano aperte su quel triste marciapiede di piccole piastrelle rosse, la striscia gialla da "non superare", ormai si stava cancellando. Math scese da quel vagone sporco e maleodorante e si ritrovò a camminare in mezzo ad una folla sconfinata, la nebbia era densa e fredda, ma di questo sembrava non curarsi, era chiuso in sé, le cuffiette nelle orecchie e proseguiva a testa bassa verso le scale che conducevano all'uscita. Stava pensando alla sua giornata al "Negozio". Così lo chiamava. "Il Negozio". Math lavorava infatti in un piccolo locale di sua proprietà. Lo aveva aperto poco più di un anno prima, affittando un vecchio stanzone lasciato vuoto dopo il trasferimento di un piccolo supermercato. Il Negozio era diviso in quattro stanze: in una era stato allestito un piccolo bar, forse un po' spoglio, ma comunque sempre pulito e accogliente, accanto aveva iniziato a costruire una piccola libreria, c'era uno scaffale per ogni parete più un grosso leggio al centro della stanza; il terzo locale invece era un vero e proprio piccolo salotto, con tavolini e sedie sparse un po' ovunque. Dava un'aria molto novecentesca, ma in fondo era così che piaceva ai clienti e così andava lasciata. 3 La quarta stanza era vuota. La porta chiusa a chiave. Math non aveva ancora deciso come darle un senso che si potesse abbinare al resto del locale. Con lui lavorava April. Era lei l'addetta al bar. Si occupava della tavola calda e di servire ai tavoli. April era una ragazza di origini americane, venuta sino a Firenze con l'idea di "studiare all'estero", di vivere in un piccolo paesino di periferia, ma rimastaci intrappolata a causa della sua eccessiva smania di sperperare soldi e per la mancanza di voglia necessaria per arrivare a passare i suoi esami. Si erano conosciuti per caso, per strada. Lei cercava di raccogliere qualche spicciolo facendo leva sulla pietà che i passanti, passeggeri in transito in quell’immensa stazione, provavano per lei mentre, tra i binari sette e otto, canticchiava malinconica dei Beatles molto poco convinti e un Bruce Springsteen d'annata, accompagnandosi come poteva con una chitarra classica oramai fin troppo consumata. La sorte volle che Math fosse in cerca proprio di un qualche "artista di strada" per riempire un po' il suo salotto, e, sopratutto, che il treno che lo doveva portare a lavoro quella mattina, fu deviato dal binario 2 (al quale era solito fermarsi), al binario 7, a causa del maltempo. Sentì la ragazza suonare e la scelse. Lei ovviamente accettò subito, ingolosita più che mai dall'aver finalmente trovato qualcuno disposto ad aiutarla e respirando 4 così l'aria della sua New York, l'aria del ritorno a casa, sempre più vicina. Tra i due nacque subito un'amicizia profonda e una reciproca stima che portò Math ad affidarle il locale intero, e non solo il piccolo salotto, e ad assumerla per due anni come sua "socia". Gli incassi tutto sommato erano buoni. Certo Math viveva in una graziosa villetta con giardino e una piccola piscina sul retro, con sua madre e sua sorella, un piccolo lusso occasionale, dovuto ai sacrifici che negli anni i suoi genitori erano riusciti a fare. Il tutto si fermava lì però. L'auto, una piccola monovolume con quattordici anni di km sulle cinghie di distribuzione, era quel che era. Non usciva praticamente mai di casa e sicuramente i suoi outfit non potevano ritenersi di "tendenza", ma con ciò che guadagnava al negozio riusciva a coprire almeno in parte le spese per le bollette di casa, e assicurava a lui e ad April il giusto compenso per le dodici ore di lavoro giornaliere. I guadagni erano, tutto sommato, facili. Al”Negozio” un caffè costava solo ottanta centesimi, invogliando così molte persone a prendersi la briga di fare qualche passo in più, prendersi la briga di andare qualche isolato oltre pur di risparmiare almeno qualche spicciolo. Anche il cibo veniva servito ad un prezzo nettamente inferiore rispetto alla concorrenza, così come gli aperitivi o i pranzi, insomma tutto era volto ad attirare più clienti possibili. 5 All'inizio era stata dura certo. Se qualcuno entrava al Negozio era perché ci capitava per caso o per necessità, e i prezzi bassi non servivano certo ad assicurargli comunque un buon incasso, ma ogni qualvolta domandavano a Math l'origine dei suoi prezzi e del motivo per cui mentre negli altri locali erano in continuo aumento, da lui invece rimanessero sempre costanti, il giovane ragazzo rispondeva specificando che non lo faceva per attirare i passanti, ma semplicemente perché: <<Il caffè alla fine è acqua sporca. A me costa cinquanta centesimi servirne uno. Pensa che ci sono uomini e donne che servono acqua sporca gratis ai loro figli, e di una qualità sicuramente inferiore. Usano polvere di fango e non di caffè. Perché io dovrei far pagare il doppio di quanto costa a me? I miei prezzi non sono funzionali, sono giusti.>> La piccola libreria, invece, nel momento dell'inaugurazione, era completamente vuota. C'erano gli scaffali, ma sopra di essi..niente. <<Math, ma almeno lascia la porta chiusa, così nessuno vede che la tua libreria presenta solo una vasta raccolta di acari e granelli di polvere.>> Gli aveva detto sua madre il giorno prima. In realtà l'idea di Math era un'altra. Aveva pensato che su quelli scaffali potessero essere raccontate storie che non si trovavano nelle librerie o nelle biblioteche di nessuna città. Erano scaffali per i clienti. <<Mamma, prova a pensare. Sai quanti ragazzi, ragazze, uomini e donne di ogni età hanno una storia da raccontare? Ecco, sappi 6 che tanti di loro non la scriveranno mai perché convinti che nessuno abbia voglia di leggerla e poi pubblicarla. Ognuno di noi ha una storia, ma se nessuno si prende la briga di farla conoscere fuori da casa sua, la storia muore lì. Ecco, io lascio gli scaffali vuoti. I clienti arrivano, domanderanno il perché e io risponderò loro che, se hanno a casa una loro storia, breve o lunga che sia, possono stamparla e metterla su questo scaffale. In questo modo le storie potranno mescolarsi, intrecciarsi e farsi conoscere.>> Per i primi cinque mesi quegli scaffali rimasero vuoti, poi piano piano, timidamente qualcuno recepì il messaggio ed iniziò a lasciar sopra alle piccole mensole di legno, chi un libriccino rilegato a mano, chi un serie di fogli tenuti insieme da qualche spilla, e anche qualcuno che portò veri e propri romanzi assolutamente inediti. Sul leggio in mezzo alla stanza era collocato un grande libro. Ogni "autore", scriveva il titolo del suo racconto su una pagina diversa e, sotto questo titolo, ogni lettore lasciava una firma come per dire: "ehi, ho letto la tua storia" e, se voleva, un piccolo commento per poter così consigliare ad altri lettori perfettamente sconosciuti, una storia piuttosto che un'altra. Il salottino invece...beh, era una stanza assolutamente comune. Le pareti bianchissime, le sedie e i tavolini a disposizione per chiunque avesse voluto sorseggiare il proprio caffè in compagnia di un amico, di un giornale o di un libro preso dalla stanza accanto. 7 Arrivò all'uscita della stazione così, sempre pensando a come poter migliorare il Negozio. Attraversò la piccola piazzetta alberata, imboccò la pista ciclabile camminando non troppo velocemente, aveva voglia di gustarsi quel tragitto. Era venerdì sera, e il venerdì sera tutta la città sembra esser calma. La quiete prima della tempesta. Il venerdì sera non è fatto per correre, non è fatto per scapicollarsi o per aver furia. Il venerdì sera è fatto per assaporare quanti più odori possibili, per immagazzinare quante più immagini il cervello riesca contenere e, sopratutto, è fatto per riflettere un po' più degli altri giorni. Era un ragazzo solare, sempre disponibile. Sulla strada di casa passava quotidianamente davanti ad un giornalaio e una gelateria. Ogni giorno si fermava a salutare i due proprietari. <<Com'è andata oggi Math?>> Glielo chiedevano sempre. Sandro e Paolo, gelataio e giornalaio, sembrava quasi lo aspettassero ogni giorno. Tant'è che spesso erano in grado di quantificare i minuti di ritardo fatti dal treno. Gli piaceva sempre tanto tornare a casa, soprattutto nei mesi estivi e caldi. Infatti casa sua era adiacente ad una piccola chiesa e ad un piccolo giardino di proprietà di quest'ultima. D'estate era sempre pieno di bambini e bambine di ogni età 8 intenti a correre, piangere, urlare e comunque sia, a far sempre festa. Math si divertiva a vedere ciò, si compiaceva e si ricordava di quando era lui a dettare legge in quel cortile. Si perché sin da piccolo aveva manifestato questo suo senso di leadership; lui era il piccolo comandante di ogni gruppetto di scalmanati, lui faceva le regole e si prendeva la briga di farle rispettare con ogni mezzo a sua disposizione. Con il crescere capì che ciò era sbagliato e, anche a causa di alcune sue esuberanze fisiche che comportavano la sua esclusione e le continue prese in giro da parte degli altri, aveva smesso questo suo comportamento arrogante e si era chiuso in un silenzio e in un apparente anonimato che gli permetteva di stare al riparo da giudizi, a volte, troppo poco carini. Gli piaceva comunque passare per quel giardino anche d'autunno, per godersi il tappeto di foglie sotto i suoi piedi, la scala cromatica che portava dal verde al rosso intenso lo affascinava e non poco, e anche l'odore di bagnato, di umido riusciva a mettergli addosso un calore tutto particolare. Si compiaceva nella natura, senza alcun dubbio. Passava poi per un secondo spazio verde. Triste, vuoto e spoglio. Tre panchine sempre troppo sporche, l'erba incolta e terreno di conquista per spacciatori o cani con padroni non molto educati. Lo attraversava sempre a testa bassa, quasi a non volerlo vedere, a non volerci aver niente a che fare, il che sarebbe stato anche semplice se non fosse stato per il fatto che la finestra di 9 camera sua affacciava esattamente su quel rettangolo di inciviltà. <<Vieni Math, c'è papà in videochiamata.>> Questo si sentì dire appena rincasò quella sera. Suo padre era un militare. Un soldato semplice che aveva giurato fedeltà allo Stato italiano tanto da essere disposto ad abbandonare la sua casa e la sua famiglia per partire in missione di pace nei paesi del medio - oriente. Courty era il cognome che aveva scritto sulla targhetta identificativa spillata sopra la divisa. Suo nonno diceva sempre al piccolo Math: <<Courty è un cognome che ti invidieranno in tanti, è un cognome pesante...è courage e honesty uniti insieme. Coraggio e Onestà, vedi di far valere sempre queste virtù Math, sii coraggioso, ma, sopratutto, sii sempre onesto.>> Forse per questo suo padre era partito e per questo aveva fatto frequentare a Math l'accademia militare, perché era saturo di una cultura coraggiosa e di onestà. Ci voleva coraggio ad abbandonare le proprie comodità, un coraggio che forse non era acquistabile con la larga paga che gli veniva, almeno apparentemente, assicurata; era difficile pensare al guadagno mentre si disinnescava una bomba o mentre si rendeva omaggio al feretro di un proprio compagno. Bisognava essere allo stesso modo onesti. Onesti nel giurare fedeltà ad una bandiera, ad un'idea e, sopratutto, onesti nel 10 riconoscere che quando si imbraccia un M6 la missione la si può chiamare come si vuole, ma non certo definirla "di pace". <<Ciao Math, com'è andata oggi al Negozio?>> chiese suo padre vedendolo entrare nell'inquadratura. <<Ciao papà, tutto bene...te piuttosto, come te la passi?>> Disse mentre si sistemava dopo aver cambiato gli abiti da “negozio” con qualcosa di più comodo <<Diciamo che ormai da qualche settimana non siamo più in allerta, gli animi sembrano essersi un po' raffreddati e le pallottole non volano più con la stessa abbondanza di prima. Pensa che stanotte son riuscito a dormire ben 5 ore, un record.>> Suo padre stava sorridendo. Era felice, sembrava tranquillo e consapevole che presto avrebbe riabbracciato i suoi cari, cosa che non faceva ormai da sette mesi visto che era ripartito all'indomani del compleanno di Math. Lasciò la conversazione nelle mani di sua madre e di sua sorella, si alzò e si diresse verso la sua camera. Era una stanza piuttosto luminosa, le pareti bianche e, su una di esse, tre mensole celesti che davano colore. La prima teneva su un monitor che poteva fare, all'occorrenza, sia da tv che da computer, Math aveva voluto così in modo tale da non esser mai "tentato" nell'usare contemporaneamente i due strumenti. Sulle altre due teneva due distese quasi sconfinate, di cd e libri. Gli piaceva la musica e la lettura, di ogni genere e forma. 11 Credeva che per conoscere la realtà, fosse necessario vederla da ogni punto di vista. Sopra le mensole, sulla parete davanti al suo letto, Math aveva incorniciato una tela bianca con dipinte sopra alcune parole, cinque per la precisione. "Dreaming is not a crime". Sognare non è un crimine. Era una di quelle frasi fatte? Probabilmente si, e anche lui lo sapeva, ma gli serviva come monito e come promemoria quando, ogni mattina alzandosi dal letto, si trovava a dover trovare il coraggio necessario per portare a far vedere la sua faccia in giro. Già perché Math era un ragazzo tutto sommato "passabile", o almeno così gli aveva detto Anna, l'ultima ragazza con la quale si era frequentato ormai quasi un annetto fa. Quindi il coraggio che gli serviva non era quello di mostrare i propri lineamenti o la propria fisicità al mondo, ma era ciò di cui necessitava per poter andar fuori a testa alta convinto e consapevole delle sue idee e pronto ad ogni sacrificio possibile per poterle affermare. Sognare non è un crimine, e anche quando qualcuno ti condannerà per un tuo sogno, beh sappi che se davvero lo vuoi, i sogni non possono essere arrestati da nessuno. La finestra si affacciava, quindi, su quel pezzo di verde sporco, su quell'area malcurata e maleodorante (quasi come i vagoni 12 del treno) che, in ogni caso, aveva visto trasformarsi negli anni e che era per lui una, forse scomoda, certezza. Si tolse i vestiti di furia, tanto che la maglietta rimase incastrata nelle maniche della felpa grigia che portava sopra, andò in bagno, aprì l'acqua della doccia e la mise al massimo del calore possibile. Si mise davanti allo specchio aspettando che dalla cabina uscisse il vapore necessario a creare una vera e propria sauna rilassante, toccasana per rilassarsi e rinvigorirsi dopo una giornata fredda e stancante. Canticchiava spesso sotto la doccia e spesso nel canticchiare trovava ispirazione per riflettere su qualcosa. Alla fine si sa, le riflessioni più importanti arrivano quasi sempre sotto la doccia. Uscì dal bagno, si vestì, indossò il pigiama e si diresse al piano di sotto verso la sala da pranzo. Trovò sua sorella Mary ancora incollata al monitor a parlare con suo padre. Gli stava raccontando la sua giornata a scuola, di come fossero bastardi con lei alcuni professori e di come la professoressa di matematica fosse in realtà un demone incarnatosi in una donna di cinquant'anni avvizzita, depressa e sadica nel scaricare addosso ai suoi studenti la sua rabbia repressa. Storia già sentita per Math. <<Primogenito..>> Era così che suo padre, in modo ironico, lo chiamava nei momenti tranquilli. 13 <<Il nonno come sta?>> <<Come vuoi che stia? Un po' rintronato, come al solito. Passa le giornate a litigare con la nonna maledicendo il giorno in cui l'ha sposata, lucida le medaglie di guerra di suo padre e rimpiange di non essere ancora passato a miglior vita. Un classico>> <<Domani vai a trovarlo mi raccomando, lo sai che lui tiene al suo onomastico. Non scordartelo.>> <<Venite a tavola?>> Gridò sua madre dalla cucina intervenendo nella conversazione. Non che fosse poi molto lontana come stanza, ma il volume della televisione era talmente alto che era necessario alzare la voce per comunicare e farsi sentire. <<Papà, noi andiamo...ci vediamo la prossima settimana come al solito vero?>> Chiese Mary. <<Si ragazzi, se Dio lo vorrà ovviamente>> Rispose lui. <<Sempre molto ottimista eh Giulio?>> Tuonò sua madre. <<Amy, faccio per darvi quel po' di suspense, sennò che divertimento ci sarebbe. Dai, buon appetito...vi voglio bene. Un bacio a tutti>> La videochiamata si interruppe, spensero il monitor e si diressero a tavola. La prima parte della cena passò nel silenzio più totale e se non fosse stato per lo sferragliare delle posate e il rumore della 14 masticazione di ognuno di loro, probabilmente potevano quasi credere di cenare ognuno per conto suo, in stanze diverse di case diverse. Sua mamma accese così il telegiornale. Dovete sapere che Math oltre al Negozio, la musica e la lettura, aveva un'altra grande passione. L'informazione e l'attualità. Guardava ogni genere di programma tv, i suoi preferiti erano i documentari su i rettili dell'Amazzonia, e trovava interesse nel vedere anche più edizioni dello stesso telegiornale. La riteneva una cosa funzionale, un modo per conoscere e per poter poi scegliere il proprio pensiero in tutta autonomia e libertà. Da piccolo non sopportava quando gli dicevano "Vabbé, tu non puoi capire, ma fidati...io che l'ho studiato so che è così." Cosa non poteva capire? Paroloni di economia o di giurisprudenza? Ogni tanto gli segnava su di un libriccino e poi ne cercava il significato su internet. La maggior parte delle volte non volevano dire assolutamente niente. Era convinto che giornalisti e amministratori fossero d'accordo nel far vedere e nel far sentire solo ciò che realmente tornava comodo a loro e al loro sistema e che riempissero il tutto di grandi paroloni in modo da sfruttare l'ignoranza del popolo facendo credere ad esso di aver spiegato chissà cosa, quando in realtà non dicono assolutamente niente. Il telegiornale quella sera aveva una vasta gamma di notizie. 15 Si parlava un po' della guerra, ma di questo già sapeva tutto da suo padre, un po' di economia, ma anche qui non ci voleva certo un genio a capire che indipendentemente dal nome dato alla manovra, gli rubavano il pane dalla bocca, un servizio per i "nostri amici a quattro zampe" e poi qualche assurda battaglia femene o ambientalista caratterizzata da un genio che si incatenava davanti al parlamento. Sempre così andava. <<Cioè mamma, ci rubano i sogni, il futuro. Ci privano dei nostri soldi e del nostro pane. Ci tolgono tutto e si tengono tutto per loro e noi che si fa? Ci incateniamo contro l'ingiusto aumento del prezzo dei cappottini per i barboncini, che si sa, sentono più freddo di chi si riscalda con un fuoco acceso in un bidone, ovviamente.>> <<Math, è inutile che ogni volta te la prendi. Il mondo va così punto e basta. Mica puoi cambiarlo da solo.>> <<No. Non posso.>> In questa affermazione c'era tutto lo sconforto di un ragazzo di vent'anni, costretto ad assistere al saccheggio del mondo impotente e privo di ogni arma per contrastarlo. Finirono di cenare, guardarono insieme un po' di televisione, poi se ne andarono a dormire. Math si addormentò subito. Era troppo stanco per leggere o per riflettere quella sera. Chiuse gli occhi. 16 Quando gli riaprì il sole era già alto nel cielo azzurro e limpido sopra casa sua. Il sabato mattina non lavorava, al Negozio restava solo April, la domenica poi si restituivano i favori. Mary era a scuola, mamma Amy era uscita a fare la spesa. Math si alzò, fece colazione, si vestì e rassettò la camera. Infilò le scarpe e uscì di casa. Suo nonno abitava poco lontano, sette minuti a piedi. Faceva freddo quella mattina, ma d'altronde il 15 novembre non si poteva aspettare diversamente. <<Nonno apri, sono Math.>> Nonno Gerrard andò ad aprire la porta, lo fece entrare e i due si scambiarono un bacio e un abbraccio caloroso. <<Sei da solo anche oggi? O finalmente hai portato la fidanzata?>> Suo nonno faceva questa domanda ogni santo giorno in cui Math andava a trovarlo. <<No nonno, son solo come sempre...te invece? Abiti sempre con la nonna o finalmente hai trovato una venticinquenne bionda e svedese disposta a convivere con te e i tuoi pannoloni?>> <<Infierisci pure - disse nonno Gerry, così lo chiamavano Math e Mary - un giorno mi libererò della vecchia se Dio vuole.>> Non lo diceva certamente con cattiveria, ma con quell'innocenza negli occhi tipica di chi, dopo sessant'anni di matrimonio, battibecca su qualsiasi cosa. 17 <<Dov'è la nonna?>> Chiese. <<Sarà giù in garage ad armeggiare, lo sai che da quando non lavora più rimette a posto gli armadi almeno sei volte al giorno, ed ogni volta c'è qualcosa che rimane fuori e non sa come farla rientrare...invecchia male, fidati di me.>> <<Ah, comunque auguri di buon onomastico eh, oggi si ricorda il beato Gerardo.>> <<Ma quale beato Gerardo, qui l'unico beato son io che deve sopportare la vecchia - nomignolo con il quale nonno Gerry appellava sua moglie - anzi, ti dirò...non so se son più "beato", oppure "beota">> Math sorrise, era un'immagine troppo bella per essere vera. Un uomo e una donna che si detestano palesemente davanti a lui, ma che in realtà si amano ancora come il giorno del loro primo appuntamento. <<Pensa - proseguì Gerry- oggi mi ha detto "Non ci vedo bene da quest'occhio, domani chiamo la dottoressa e fisso una visita per tutti e due", ma perché? È lei che non ci vede, io ci vedo benissimo. Pensa che ieri ho spostato una scatola di fagioli dallo scaffale del supermercato per vedere un paio di mele incredibili nel corridoio accanto. Perché deve andare a farmi vedere anche io se qui l'unica che scambia la carta igienica per scottex, è lei?>> <<Ti ho sentito eh.>> Gli fece eco nonna Jennifer dal garage. 18 <<Ma cosa senti te!! Se ieri la Maria - una loro vicina di casa t'ha detto "Son venuta a portarti l'acqua" e te gli hai dato in cambio un ombrello dicendo "Come? tu sei sotto l'acqua? Strano, nel mio cortile c'è il sole".>> <<Non è colpa mia, è che ora parlano tutti troppo svelti e io mica posso stare attenta a tutte la parole eh, ho da fare.>> Finito questo bizzarro e simpatico siparietto, magari vi state chiedendo come, tutti i nomi della famiglia di Math, abbiano delle origini anglosassoni o comunque sia, poco italiani. La verità è che nonna Jenny e nonno Gerry erano originari del Canada, lei di Ottawa, lui di Montreal. Si erano trasferiti con le loro famiglie qua appena nati ed erano cresciuti come italiani fatti e finiti. Tenevano comunque tanto alla loro origine, tanto da continuare ad usare nomi particolari per il proprio figlio, e chiedendo che ciò fosse tramandato anche ai loro nipoti. Math stette a pranzo da loro. Ascoltò per l'ennesima volta discorsi già sentiti. "Si stava meglio prima", "prima almeno si credeva in qualcosa", "la guerra ci ha formati", "c'era più rispetto". Ormai sapeva queste frasi a memoria. <<Bene ragazzacci, io vado a lavorare.>> Disse Math mentre si alzava da tavola. 19 <<Ci vediamo presto, ok? Nel frattempo magari evitate di scannarvi a vicenda.>> Si salutarono e s'incamminò verso la stazione. In quei quattordici minuti di cammino pensò sorridendo che, nonostante tutto, la sua vita era semplice, ma felice. Aveva un lavoro che gli piaceva, una collega carina con la quale non doveva passare le giornate a discutere, suo padre era il suo eroe e magari anche l'eroe di tanti altri piccoli ragazzi, la vita a casa procedeva con tranquillità, certo con qualche litigata ogni tanto, ma tutto sommato in modo molto pacifico. I suoi nonni stavano bene, la salute c'era e sapeva che se davvero ridere allunga la vita...beh quei due avrebbero visto parecchi altri millenni insieme. Era dunque contento il giovane Math, felice della sua vita, delle sue abitudini e sapeva che qualora avesse deciso di migliorarne qualche aspetto, partiva comunque da una buona base. 20 2. La piuma d’oro Math arrivò alla stazione, attese davanti al binario il consueto ritardo che il suo treno aveva accumulato e nel frattempo, con la musica che scorreva veloce nelle sue orecchie, lasciò che il suo sguardo andasse a cadere lentamente sulla banchina opposta alla sua, come se senza volere, la sua mente fosse stata attratta da un particolare che essa proprio non sarebbe stata in grado di ignorare. Fu in quel momento che la vera storia di Math ebbe inizio. In prossimità di un distributore automatico di bevande, Math vide qualcosa che luccicava e penzolava fuori dal cestino della spazzatura. La mente di Math ne fu attratta. Talmente attratta che costrinse il corpo a contrarre i muscoli, far avviare i quadricipiti e far incamminare il ragazzo verso quella lucina splendente. Sempre la mente fece alzare il braccio, stendere la mano facendola richiudere una volta catturato il pendaglio. Math aprì la mano e si ritrovo sul palmo di essa un filo rosso che si intrecciava a formare una sottilissima cordicella, al quale era attaccata un ciondolo a forma di piuma d’oca. Avrebbe voluto soffermarsi a guardarla meglio, ma il treno arrivò e Math per un soffio non lo perse. Riuscì a montarci su e con un rapido movimento del braccio, si infilò in tasca quella 21 strana collana, prese posto su un sedile sporco e logoro e per l’ennesima volta si avviò al suo “Negozio”. Quando arrivò trovò April, quel giorno gli sembrò essere più bella che mai. Era semplice, jeans e canottiera bianca. Poco trucco e i capelli raccolti in una treccia morbida e giocosa. Era incredibile, quella ragazza riusciva sempre a farlo rimanere a bocca aperta, nonostante non apparisse mai come volgare o fuori luogo. <<Ciao capo, come stai?>> Chiese dopo averlo abbracciato. <<Quante volte ancora April? Non sono il tuo capo, siamo una squadra.>> La giornata trascorse tutto sommato nella più classica delle routine. Il rientro in treno idem, niente da aggiungere. Cenò, consumando ogni portata con una stranissima consapevolezza di avvertire un qualcosa di strano intorno a lui, un’aria un po’ più densa ed elettrica del solito. Non ci diede peso alle sue solite sensazioni al solito molto bizzarre e, in men che non si dica, si rinchiuse in camera sua. Era lì, disteso sul letto. Gli faceva troppa fatica agguantare un libro e sentiva gli occhi troppo stanchi per accendere la tv o il suo pc. 22 Se ne stava sdraiato, canticchiando un po’, quando all’improvviso la sua gamba destra iniziò a bruciare, sprigionando un calore ustionante. Math provò un dolore lancinante e con la mano si tastò, cercando di capire cosa stesse succedendo. Non c’era alcuna fiamma e l’epicentro del calore era localizzato all’altezza della sua tasca. Infilò la mano e ne estrasse il contenuto. Subito il calore cessò. Sei monete, uno scontrino accartocciato e la collanina che aveva trovato alla stazione. Quello era il contenuto della sua tasca. Cosa diavolo poteva esser successo? Di nuovo però successe qualcosa, di nuovo la sua mente sembrò spengersi e rivolgere la propria attenzione esclusivamente sulla piccola piuma d’oro che adesso si trovava adagiata sul letto. C’era qualcosa di strano e Math non ci mise molto ad accorgersene. Sul dietro della piuma era comparsa una scritta piccolissima, sembrava essere incisa nell’oro. Era convinto di non aver visto quella frase mentre la osservava con attenzione quel pomeriggio. Non poté giurare tutto ciò, anche perché altrimenti non riusciva a capacitarsi di quel particolare che si era lasciato sfuggire. 23 Strinse con forza il ciondolo tra le sue mani e di nuovo sentì le dita essere pervase da un fortissimo calore. Ecco, è da lì che si sprigionava. Eppure come era possibile? Tutto il giorno in tasca e non si era accorto di niente. Non sembrava essere incandescente e anche se lo fosse stato, tutto il tempo trascorso dal ritrovamento fino ad allora dove esser sufficiente perché si raffreddasse. Corse in bagno, tappò il lavandino e lo riempì d’acqua fredda. Ci immerse la piuma. La tenne lì, a bagno per almeno un quarto d’ora, l’estrasse dall’acqua e..niente bruciava ancora tantissimo. Era confuso, non capiva se si stesse trovando all’interno di un sogno o se tutto ciò potesse essere razionalmente reale. Tornò in camera, facendo però prima tappa in cucina. Mary ed Amy oramai erano a letto da un bel po’ e non c’era nessuno a giro per casa. Math aprì il congelatore e vi adagiò la piccola piuma dorata. Poteva trasportarla solo avvolta in un panno che in realtà era la sua maglietta arrotolata. Chiuse lo sportello del freezer e torno in camera sua. Si mise a sedere per terra, gambe incrociate e mani alzate ed intrecciate dietro la testa. Non si spiegava bene la cosa, ma pazienza, la mattina dopo avrebbe portato il ciondolo al “Negozio” e avrebbe provato a capire qualcosa di più. 24 3. Tutta colpa di.. Quella notte Math non dormì bene, per niente. Sognò tanto, sognò male. Strane figure e strani disegni dai contorni indefiniti, passavano veloci davanti ai suoi occhi. Paesaggi bui, tetri. Campagne desolate e praterie sconfinate si andavano a contrapporre a paesaggi familiari; il cortile dei nonni, casa sua e il suo “Negozio”. Vedeva molti corpi distesi a terra, con gli occhi chiusi, ma senza alcun segno di ferita o di malori. Non riusciva a capire se stesse vedendo cadaveri o corpi addormentati. Girellavano qua e là animali di ogni tipo, da bufali a lupi, ragni e scolopendre, gatti e tartarughe. Nessuno attaccava o infastidiva nessun’altro ma tutti sembravano essere come posseduti, telecomandati da qualcun altro, privi di raziocinio e senso di sé. La mattina seguente si svegliò, era completamente sudato. Si alzò e accese la luce. Dopo essersi dato una sciacquata si diresse verso la scrivania, si infilò i suoi vestiti e si diresse verso la porta. Si bloccò d’un tratto. Tornò sui suoi passi. È vero che era un ragazzo confusionario e spesso molto distratto, ma di solito si ricordava bene ciò che faceva, ciò che diceva e, soprattutto, ciò che scriveva. 25 Proprio per questo era stra – convinto che quel foglio bianco non lo avesse lasciato lui sopra la scrivania e soprattutto che quella frase scritta su di esso non fosse opera della sua mano. La calligrafia non era la sua. Era un corsivo tremolante, incerto e, nella sua stranezza, sin troppo preciso. La frase poi: “Diventa ciò che vuoi e sii ciò che vuoi diventare.” era una frase troppo priva di senso, una frase troppo complicata per esser frutto della sua mente. Non era mai stato un ragazzo troppo riflessivo o con delle idee così contorte da partorire una frase del genere. Eppure in camera sua non era entrato nessuno e quel foglio in qualche modo lì doveva esserci finito. Prese il foglio, lo ripiegò quattro volte e lo infilò nella tasca dei jeans. Scese le scale e si diresse in cucina. <<Mamma, che c’è per colazione?>> Nessuna risposta. <<Mamma? Dove sei?>> Silenzio. <<Mary? La mamma è già uscita? Dove sei?>> Ancora silenzio. “Boh, saranno già andate via” pensò. 26 Si sedette al tavolo. Tutto era magnificamente al suo posto, tutto ordinato e pulito. Tutto come Amy auspicava che dovesse essere. Fece colazione con i cereali al cioccolato trovati in dispensa e un po’ di latte che ancora era avanzato nel frigorifero. Niente giornale quella mattina, strano..sua madre lo comprava ogni mattina, doveva esser proprio di corse quel giorno. Mangiò con calma e visto che era solo si prese anche il lusso di accendere lo stereo della sala. Canticchiava e rimetteva a posto ciò che aveva usato. Quando arrivò a metter via il cartone del latte, trovò un’insolita macchia nera, come una goccia di olio per auto, sul pavimento, in prossimità del frigorifero. La pulì con uno straccio e si avviò verso la porta di casa. Uscì fuori, diede le mandate e si incamminò, zaino in spalla, verso la stazione. Quella mattina però notò che qualcosa non quadrava. Ogni cosa gli sembrava sbiadita. Ogni colore un po’ meno vivo, un po’ più pallido. Le persone sembravano essere molto silenziose, tutte quante. Donne, uomini, bambini. Tutti come se fossero tristi all’unisono, come se qualcuno avesse strappato via da loro non solo l’allegria e la gioia, ma ogni qualsiasi altra emozione. Erano apatici. 27 Fu così per tutto il viaggio, anche guardando fuori dal finestrino niente sembrava essere come al solito. Anche le cose più scomode e meno nobili, anche i graffiti sui muri non trasmettevano assolutamente niente. Math trovò tutto molto strano, ma proseguì senza farsi troppe domande verso il “Negozio”. Appena arrivato davanti all’entrata, April corse verso di lui, lo abbracciò per alcuni lunghi ed interminabili secondi. <<Che succede?>> Chiese Math spaventato dalla reazione che aveva avuto la sua collega. <<Ma come, anche tu non ti sei accorto di niente?>> Rispose April rompendo l’abbraccio che gli legava. Nello spostarsi e nello sciogliersi da quel vincolo, Math ebbe l’opportunità di guardare April negli occhi. Lei non era come tutti gli altri, aveva tenuto vivo il suo colorito, non era spenta, anzi..e anche le sue emozioni sgorgavano impetuose dai suoi dolci occhi color nocciola. I due si guardarono. <<Eppure – riprese April – tu mi sembri esser rimasto, “normale”>> <<Oh..la stessa cosa che sembri anche tu.>> Balbettò incerto Math. 28 <<Che sta succedendo Math? io ho paura. È tutto così apatico, spento. Tutto quanto privato di vita, della linfa necessaria per essere, nel bene o nel male, ciò che realmente è.>> <<Beh April, la stessa domanda vorrei porla a te. Tra ieri e oggi son successe cose stranissime e..boh non so cosa pensare.>> Il discorso di Math però si interruppe bruscamente, o meglio: fu lui stesso a smettere di parlare. <<Che succede Math? Perché ti sei bloccato?>> <<Dove hai preso quella?>> <<Quella cosa?>> Chiese April la cui curiosità stava lasciando spazio ad un filo di paura. <<Quell..>> Ripeté Math indicando il collo di April <<Oh, dici la collana? Questa me la regalò mio papà quando lasciai gli Stati Uniti. Sapeva che avevo la passione per i libri e mi regalò questa piccola piuma dorata, simbolo di chi è legato allo scrivere e al raccontare storie. È un simbolo. Come mai t’interessa tanto?>> <<Oh no, beh..solo che non l’avevo mai notata..ecco.>> <<Ogni tanto dovresti guardarmi un po’ meglio.>> Disse April arrossendo e abbassando lo sguardo. I due poi rientrarono ai loro posti. April non sapeva niente del piccolo ciondolo che Math aveva riportato a casa il giorno precedente e che si trovava ancora nel congelatore di casa sua. 29 <<Math, non è da stamani che telefono a casa mia e nessuno mi risponde.>> <<April, succede, magari sono usciti per passare una giornata fuori casa.>> <<E non si sono portati dietro nemmeno il cellulare?>> April sembrava spaventata. Math allora si alzò, andò verso di lei e la abbracciò. Nel farlo il ciondolo di April sfregò il suo collo e nuovamente Math sentì un forte bruciore pervadere il suo corpo. Stavolta però era un bruciore diverso, anzi stavolta sembrava essere un freddo talmente intenso da sprigionare calore. Math si ritrasse immediatamente. Cosa diavolo stava succedendo? Quasi come d’impulso pensò alla coincidenza assurda per la quale due ciondoli perfettamente identici si trovassero in possesso di due persone molto vicine, di come entrambi scatenassero reazioni strani sul suo corpo. Poi quasi per collegamento indotto dalla sua mente, fece caso che i genitori di April non rispondevano, proprio come sua madre e sua sorella, quella mattina, non erano in casa. Il resto della giornata passò lentamente. I dubbi erano tanti e la concomitanza degli eventi conferiva alla vicenda un qualcosa di misterioso, quasi magico. 30 In fondo lui ed April si erano conosciuti per caso e sempre per caso lui aveva trovato in un cestino della spazzatura della stazione un ciondolo casualmente uguale a quello che la sua collega portava al collo. La vita di Math, l’esistenza di quel ragazzo così tranquillo, così “uno qualsiasi”, “uno dei tanti” sembrava d’improvviso aver ricevuto un tocco di bacchetta, l’iniezione di qualcosa che, anche se lui ancora non lo sapeva, avrebbe stravolto il resto dei suoi giorni. Tutto questo, perché? Per colpa di..? 31 4. Storia di una storia Arrivò l’orario di chiusura ed April continuava ad apparire preoccupata e ansiosa. Per di più per tutto il giorno entrambi avevano provato a mettersi in contatto con le rispettive famiglie, ma nessuno dei due c’era riuscito. <<Stasera vieni a cena da me.>> Disse Math. <<Non vorrei disturbare..>> ribatté April. <<Veramente mi sentirei disturbato se tu non venissi. A casa mia nessuno risponde e probabilmente mangerò da solo, ho proprio bisogno della tua compagnia.>> April si lasciò andare ad un sorrisone, provò a soffocarlo sul nascere per evitare che si palesasse l’idea che quell’invito lei lo stesse aspettando da un sacco di tempo. Chiusero il “Negozio”, abbassarono la saracinesca e si incamminarono verso la stazione. Camminavano a passo svelto, entrambi erano silenziosamente pensierosi. Nessuno dei due conosceva i pensieri che attanagliavano la mente dell’altro, anche perché se lo avessero saputo si sarebbero accorti di come, essi, si assomigliassero incredibilmente. Ad un certo punto, arrivati quasi al sottopassaggio che conduceva all’ingresso della stazione e che dava sbocco alla scalinata che conduceva ai binari, notarono una piccola figura, intenta a scrivere qualcosa sul muro di fronte. 32 Ciò che gli incuriosì fu il fatto che entrambi si accorsero contemporaneamente che quella figura non appariva grigia o sbiadita come tutte le altre, ma che fosse ben distinta, i contorni ben delineati e i colori messi bene a fuoco. Portava un lungo cappotto marrone che arrivava fino ai piedi e teneva un cappello dello stesso colore, ma di una tonalità appena più chiara e tendente al beige, sulla testa. Era irriconoscibile, e anche se poteva sembrare un tipo losco e misterioso, non poterono saltare a conclusioni affrettate, visto che di quello strano soggetto, non si intravedeva nemmeno un capello. Quello strano tipo di colpo si voltò si guardò intorno come a controllare se qualcuno lo stesse osservando e, non appena posò lo sguardo su Math e April indicò loro il muro sul quale stava scrivendo, poi quasi come un colpo di vento, scomparve nel buio della notte. Nessuno dei due aveva il coraggio di muoversi. Erano impietriti. Non avevano avuto paura fino a quel momento, ma perché proprio a loro aveva indicato quella scritta? È vero che non c’era nessun altro nei paraggi, ma non si conoscevano, eppure lo sguardo era proprio diretto a loro. Si avvicinarono con cautela. Ancora nessuno dei due aveva detto mezza parola. “C’era una volta ed è stata scritta, tocca a voi non lasciare la vostra storia ancora zitta.” 33 Una frase senza un senso logico, esattamente come quella che aveva Math scritta nel foglietto ripiegato nella sua tasca. A stessa calligrafia, o meglio, così sembrava al chiarore della luna che era l’unica luce che potesse illuminare quell’angolo nascosto nelle tenebre della notte. Accanto alla scritta però era stato inciso un piccolo disegno. <<Math, guarda qua..è..>> <<Si April, è una piuma.>> Fecero il viaggio in treno tenendosi per mano. April tremava, Math si era tolto il giacchetto e lo aveva adagiato sulle spalle della sua amica rendendosi conto che quel tremore non era dovuto al freddo, ma alla paura che lei stava provando. Non doveva esser facile per una persona essere dannatamente lontana dalla propria casa, dai propri affetti, sentirsi sola e abbandonata e prigioniera di una strana magia che stava rendendo tutto così dannatamente strano e preoccupante. Per fortuna c’era lì con lei Math. Lui non sapeva che sotto sotto April una cotta per lui ce l’aveva sempre avuta. Quelle poche volte in cui ci aveva pensato aveva anche concluso che lei fosse troppo bella per filarsi un sempliciotto così e poi, onestamente a lui non importava, erano amici e colleghi, tutto lì. Certo che provò una strana sensazione quando lei adagiò la sua testa sulla sua spalla e gli sussurrò un leggero “grazie”. 34 Questa sensazione però durò molto poco, giusto il tempo di entrare in una galleria, di sentire il rumore dei freni che si bloccavano e di iniziare a vedere le luci del treno che, tremolando, si accendevano e si spegnevano in continuazione. <<Cosa deve succedere ancora?>> Adesso anche Math sembrava impaurito. <<Qualsiasi cosa stia accadendo ti prego, non facciamo come gli idioti protagonisti dei film horror che si separano per scoprire qualcosa, restiamo insieme. Che poi magari è solo un guasto.>> Mentre April diceva ciò, uno stranissimo e leggerissimo chiarore iniziò a salire ed uscir fuori dalla sua maglietta. <<Guarda – disse Math – cosa sarà?>> April infilò la mano attraverso l’apertura del collo. <<È la piuma!>> Disse. Piano piano quella lucina iniziò a farsi sempre più debole. April per la paura prese e strinse nuovamente la mano di Math. La piuma iniziò a brillare di più. I due si guardarono, cercando negli occhi dell’altro una risposta. Non arrivò in quel momento, anche perché il treno era ripartito, aveva riacceso le luci e stava finalmente giungendo a destinazione. 35 5. La paura è solitaria. Non corsero per arrivare alla casa di Math, ma il loro era stato un passo tutt’altro che tranquillo rilassato. Per April poi, quel posto e quelle vie erano certamente sconosciute, ma non sembrava esser quello il momento di fare turismo. Arrivarono, entrarono e Math, quasi d’istinto, chiuse e diede le mandate al pesante portone in legno. In casa sembrava non esserci nessuno. Sul tavolo di cucina però trovarono un post-it con su scritto: “Siamo dai nonni, stasera cena per conto tuo.” Non era firmato da nessuno, ma tanto bastò per tranquillizzare Math dandogli così lo spirito giusto per prendersi cura di April che sembrava essere un vero e proprio cagnolino indifeso e spaventato. Ordinarono una pizza, la mangiarono davanti alla tv mentre andava in onda un programma di comici le cui battute, un po’ per la scarsa ironia, un po’ per la situazione così pesante, non sembravano allietare né tranquillizzare per niente April. <<Dai forza, vedrai che non è niente. Sono solo delle coincidenze bizzarre. Dormi qua ormai e domani vedrai che tutto sarà sistemato.>> Math salì in camera sua. Il suo letto era stato progettato per “nasconderne” un altro sotto le doghe della rete. Prese lenzuoli puliti e preparò il letto. 36 Dopo di che entrambi si coricarono. <<Ma di solito i tuoi stanno così tanto dai tuoi nonni?>> Chiese April incuriosita. Effettivamente Math si era appena reso conto che la sua collega che insieme a lui mandava avanti il “Negozio”, non conosceva e non sapeva nulla della sua famiglia. <<Vedi, mio padre è un militare in missione e quando mia mamma va con mia sorella dai nostri nonni, spesso rimangono lì a dormire, si fanno compagnia. Tanto sanno che oramai so badare a me stesso. Certo resteranno sconvolti se rientrando mi vedranno dormire in compagnia, ma a quello penseremo dopo. Adesso l’importante è tranquillizzarti.>> April si alzò a sedere: <<Math, dimmi la verità, ma la tua vera passione qual è? Per cosa pensi di esser nato?>> Math sorrise di fronte a questa domanda: <<Beh, sai che spesso me lo chiedo anche io? Non lo so, a me piace sentirmi libero di scoprire nuove storie, fotografarle e scriverle così come le sento.>> <<Sai, io accettai il tuo lavoro proprio per questo..>> <<In che senso – intervenne Math.>> <<Nel senso che io non avevo nessuna intenzione di accettare niente da nessuno, ero diffidente, avevo paura che mi sarei complicata ancora di più la vita..Però, poi su quel binario ti ho sentito parlare, ho ascoltato il tono della tua voce, ho guardato la calma dei tuoi occhi e ho capito che, non si può passare la 37 vita senza rischiare mai niente, nemmeno quando si sente di potersi fidare, anche di uno sconosciuto, perché no.>> Math si trovò un po’ a disagio. Era un gran bel complimento. Sapere che quella ragazza così semplice ed introversa, impaurita da tutto e dubbiosa su qualsiasi cosa, si fosse fidata di un ragazzo così, inutile poteva definirsi lui stesso, faceva un effetto molto molto particolare. <<Ma io non ti ho detto niente di particolare..>> <<Math, tu vuoi sentirti vivo, tu vuoi stare in mezzo alle persone, raccontare loro che non per forza ci si deve arrendere. Il coraggio è l’insieme dei fiati che si uniscono, delle parole che si accompagnano gli uni gli altri, la paura invece sta sola. Tu non hai paura e io non ho paura di te.>> <<Te invece April, che cosa ti aspetti dalla tua vita?>> <<Io voglio diventare una scrittrice, storie fantasy, storie per bambini. Loro tirano fuori il meglio di me, non saprei descrivertelo ma, boh..sto bene quando mi dedico a tutto ciò.>> April aveva gli occhi da sognatrice, viaggiava con la fantasia e, almeno in quel momento, sembrava essere assolutamente calma e rilassata. Era un piacere vederla e sentirla così, anche perché il suo buonumore era contagioso e tranquillizzava di riflesso anche Math. Si addormentarono. 38 Il sogno fu quello della notte precedente, confusione, paesaggi complessi e disordinati. Rivide il cortile dei nonni e il vialetto di casa sua, ma stavolta quando lo scenario si spostò sul “Negozio” lo vide strano, un po’ più luminoso e, soprattutto vide dentro due persone, sedute l’una sulle gambe dell’altra con in mano un bicchiere ciascuno. Non sentì parole, né scorse movimenti particolari. Sembravano due clienti qualsiasi. D’improvviso però udì come il rumore di vetri infranti, i due ebbero un sussulto che arrivò forte e chiaro anche a Math il quale si svegliò di colpo. April dormiva e anche lui avrebbe voluto tanto riaddormentarsi all’istante, sentiva gli occhi pesanti. Il battito accelerato del suo cuore però, glielo impedì. Si alzò in piedi, guardo la sveglia, erano solo le 3:40 del mattino. Troppo presto. Aprì la porta di camera e scese le scale, si diresse in cucina e bevve un paio di bicchieri d’acqua. Si incamminò quindi nella direzione opposta, per far ritorno nella sua camera, quando ad un certo punto iniziò ad udire uno strano e ripetitivo rumore. Era un leggero “toc” quasi scandito perfettamente da un metronomo. Il rumore proveniva dal congelatore. 39 Lì per lì Math pensò si trattasse di un cassetto richiuso male che faceva contrasto o del rumore di ghiaccio che si spezzava in parti più piccole, ma quell’insistenza proprio non sapeva spiegarsela. Così decise di aprire lo sportello per controllare e rimettere in ordine ciò che, probabilmente non lo era. Non appena aprì lo sportello, una piccola e densa nube di vapore uscì dal primo cassetto, insieme a qualcosa che, cadendo, provocò un piccolo e impercettibile tintinnio sul pavimento. Math non sentì niente, diede una sistemata veloce al cassetto, richiuse tutto e dopo essersi sincerato che il “toc” fosse cessato, fece ritorno a letto. La piccola piuma dorata era lì, a terra davanti al frigorifero. 40 6. Cambiare il mondo con le parole? Si può! Il mattino seguente April si svegliò per prima. <<Spero che tu non ti sia offeso, ma mi sono presa la briga di prepararti il caffè. Ho trovato tutto ciacciando qua e là. Mi perdoni?>> Disse non appena Math aprì gli occhi. <<Dipende – rispose lui ancora assonnato – sentiamo prima com’è questo caffè.>> Il clima era sicuramente più rilassato. <<Sai cos’ho sognato? Che eravamo seduti a bere vino dentro al “Negozio”, dopo l’orario di chiusura, stavamo bene mi sa.>> Eccoci qua, puntualmente l’ennesimo pezzetto di un puzzle che combaciava troppo bene in un disegno che non era chiaro ancora a nessuno. La stessa immagine, nello stesso posto e la stessa notte. Vabbè, può succedere no? <<E poi, volevo chiederti un’altra cosa..ma tutti queste frasi che scrivi su questi fogli, che vogliono dire?>> A sentire quelle parole Math schizzò in piedi, iniziò ad essere alquanto agitato. April aveva ragione, c’era un altro foglio sulla scrivania, con un'altra frase scritta con la stessa grafia tremolante. “Anche il miglior inchiostro, se non lo si ripassa, con il tempo sbiadisce.” <<April, siediti, devo raccontarti una cosa.>> 41 Math raccontò tutto ad April, del ritrovamento della collana con la piuma d’oro, al bruciore che avvertiva ogni volta che la toccava, gli strani fogli con su scritte quelle strani frasi senza senso e il sogno che, casualmente, era molto simile a quello della sua collega. <<Non so cosa sta succedendo, ma c’è qualcosa che ha deciso di unirci e per adesso non saprei dirti se è qualcosa di più o meno bello.>> Le disse. Uscirono senza finire la colazione e ai loro occhi lo spettacolo fu mortificante e spaventoso. Tutto si stava sbiadendo ancora di più. Il colore vivo dei fiori, il colore vetroso dei semafori, i volti delle persone..tutto stava piano piano perdendo i propri pigmenti. Tutto sembrava si stesse cancellando, così come si cancella un leggero tratto di lapis a contorno di un disegno. <<Vieni con me!>> Disse ad April, la prese per mano ed iniziarono a correre. <<Dove mi stai portando?>> <<Passiamo da casa dei mie nonni, voglio vedere se stanno tutti bene.>> Era una corsa disperata, non si fermarono neanche un attimo per riprendere fiato. Svoltarono nella via dove era collocata la casa di Jennifer e Gerry. 42 <<Eccoci, aspettami qui e..>> Non finì neanche di parlare che il suo sguardo si congelò. Davanti a lui il piccolo cancello in ferro battuto e il vialetto, proprio come anche quella notte era apparso nel suo sogno, ma poi? La casa non c’era! Math non poteva credere a quel che vedeva. Cioè non era possibile! Era stato lì meno di tre giorni prima e poi anche se fosse passato più tempo lo avrebbe saputo se i suoi nonni avessero deciso di spostare la loro casa da qualche altra parte! No, era impossibile. Pensò di sognare ancora, non poteva essere vero. <<Math, non capisco..che succede?>> <<April, è questa casa dei miei nonni!>> Lei iniziò a piangere, abbracciò Math il quale cadde in ginocchio ancora sconcertato da quel che stava succedendo. Provò a telefonare, chiamare tutti, ma nessuno rispondeva. Anzi gli sembrò che il rumore classi del “tuuu – tuuu” dello squillare del telefono fosse ogni volta un po’ più basso, un po’ più lontano. <<Math hai fatto caso alle persone attorno a noi?>> April si era accorta che effettivamente non c’era il traffico o la confusione tipica della vita in città di una normale mattina di 43 lavoro, anzi a dir la verità nessuno camminava per strada, le auto non viaggiavano. <<Che diavolo sta succedendo April?>> <<Non lo so, ma qualsiasi cosa..stammi vicino ti prego.!>> <<È tutto come nel sogno, prima casa deserta, e adesso il vialetto del nonno..>> Bisbigliò Math con quel rauco filo di voce rimastogli strozzato in gola. <<Vuoi dirmi che tu hai già sognato tutto ciò?>> Chiese April <<Sì, ho sognato tutto quanto, o meglio..ho sognato tre luoghi ai quali in qualche modo appartengo: casa mia, casa dei miei nonni e il “Negozio”>> Appena ebbe finito di parlare, senza aggiungere altro i due si guardarono e capirono che, qualsiasi cosa stesse accadendo, l’unico passaggio obbligato era dirigersi nell’ultimo dei luoghi apparsi in sogno a Math, il loro “Negozio”. Quella mattina il viaggio sembrò essere molto più caotico. Il che può sembrare assurdo visto che i due erano immersi in un silenzio surreale, erano soli davanti alla macchinetta automatica dei biglietti, soli sui binari ad attendere il treno e soli seduti sul vagone numero cinque. Si chiedevano se almeno il macchinista fosse al suo posto, anche perché non si sarebbero proprio spiegati come il treno si muovesse lungo i binari. 44 Sembrò caotico, appunto, perché l'ansia di Math, le paure di April e l'assoluta mancanza di risposte a quei fenomeni del tutto privi di significato, riempivano l'aria di tensione, il grigiore di quel che gli circondava si elettrificava e dava vita ad una mistica sensazione d'incertezza. I due scesero dal vagone e, sempre circondati da un vuoto surreale intorno a loro, si diressero a passo svelto fino alla porta d'ingresso del loro "Negozio". La città al loro passaggio rimbombava di quegli unici passi che colpivano i sampietrini sotto le scarpe di Math ed April. Anche l'aria sembrava ferma. Non volavano insetti, non si muovevano per niente i rami degli alberi. Non si sentiva nessun odore, non si percepiva nessun suono o rumore, non c'era nessuno alle fermate dei bus, nessuno aspettava la metro. Nessuno comprava il pane, nessuno fuori dall'edicola. Niente, completamente niente da nessuna parte. Arrivarono alla loro meta e, con grande stupore e una discreta dose di terrore, notarono che la saracinesca era alzata e che le luci dentro al locale erano accese. <<Strano - disse Math - ero certo di aver chiuso tutto e spento la luce.>> Fece poi un passo verso la porta, ma si accorse che dietro di sé April era rimasta immobile sul marciapiede sul quale si affacciava l’ingresso del “Negozio”. <<Math, guarda..>> 45 Math si voltò e vide l’indice di April puntato attraverso la vetrina che dava sulla piccola sala lettura all’interno. Capì immediatamente, segui il dito di April con lo sguardo, finché i suoi occhi non si posarono su due figure. Due persone erano sedute ad un tavolino, due bicchieri di vino rosso e una bottiglia sopra di esso. Un ragazzo ed una ragazza, lui aveva un libro in mano e sembrava stesse leggendo la storia di quel libro alla ragazza. Lei aveva il mento appoggiato sulle mani, i gomiti le toccavano le ginocchia. Era accucciata e sembrava pendere dalle labbra di lui. Math ed April non sarebbero mai voluti entrare dentro al “Negozio”, ma dovevano farlo. Chi erano quei due? Cosa ci facevano lì dentro? E soprattutto, perché le uniche due persone che avevano incontrato quella mattina erano così vagamente familiari? 46 7. Il vecchio saggio e la storia delle storie. <<Dobbiamo entrare, qualsiasi cosa stia succedendo, dobbiamo entrare Math.>> April si fece coraggio e spinse la porta di vetro. Entrò solo lei, Math rimase fuori. Il suo sguardo non si staccava dalla coppia di ragazzi seduto nella piccola saletta. Non durò molto il tempo che i due, April e Math, passarono distanti perché la ragazza corse fuori dopo pochi secondi visibilmente scioccata. <<Ti prego entra Math, non so cosa sta succedendo, ma ti prego..ENTRA DENTRO!>> Lui distolse lo sguardo dalla coppia, e guardò April negli occhi. Le pupille di lei erano dilatate a massimo e rimbalzavano all’impazzata nel suo volto. Sembrava che fossero in cerca di qualcosa. Come esse incontrarono i ceruli occhi di Math si tranquillizzarono, e tornarono alla loro natura e forma di sempre. Passarono alcuni lunghissimi e pesanti istanti di silenzio. Un silenzio che si amplificò con il resto del silenzio circostante. Diventò straziante, fastidioso più di un forte rumore. Math sentiva solo un leggero sibilo nelle sue orecchie. Non erano parole scandite bene, non si capivano frasi o discorsi, era come se qualcuno ripetesse a bassissima voce la stessa parola 47 all’infinito. Così tante volte da far perdere ad essa il suo significato e farla sembrare incompiuta e vuota. <<Ti prego Math, entra.>> Ripetè April. Math finalmente si decise, mosse i primi passi verso la porta. Appena arrivò a tiro, April lo prese per un braccio, ne percorse tutta la lunghezza di esso fino a che la sua mano incontrò quella di Math. Intrecciò le sue dita a quelle di lui, lo guardo e lo trascinò dentro. Entrarono. Il locale sembrava esattamente come era sempre stato, ordinato, pulito. Tutte le sedie erano capovolte sui tavolini esattamente come i due le avevano sempre disposte ogni sera per poter pulire il pavimento prima della chiusura. Tutto sembrava in ordine, il bancone del bar, la macchinetta del caffè, la zuccheriera e la lavagnetta con il menù del giorno erano privi del più piccolo dei granelli di polvere. Tutto perfetto insomma. Tutto perfetto? Non fu così che apparve agli occhi di Math il locale non appena alzò lo sguardo. Tremò e strinse ancora più forte la mano di April. 48 Le pareti solitamente bianche e immacolate, il soffitto e il pavimento stesso erano ricoperti di frasi, parole, scritte con la stessa calligrafia tremolante dei fogli che Math aveva trovato in camera sua. Alcune frasi scritte con inchiostro rosso, altre con inchiostro nero. April però non sembrava essere intimorita da ciò, ma passò oltre sempre trascinandosi dietro il suo amico e collega. Varcarono la porticina e si diressero verso la sala lettura. <<Finalmente sei arrivato Math!>> Si ghiacciò. Un brivido partì lungo la sua schiena e risalì fino alla testa, si sentì quasi svenire. Con una mano si appoggiò al muro, come a volersi sorreggere per non cadere giù. Davanti a lui non c’erano più né il ragazzo né la ragazza. Non c’erano bicchieri né bottiglie. Non c’era niente, ma c’era lui. Math sapeva bene dove lo aveva già visto. Era vestito allo stesso modo della sera precedente. Cappotto lungo marrone e cappello beige sulla testa. Stavolta, nel chiarore pallido del giorno, si accorse che l’uomo portava anche un paio di guanti, sempre di tonalità marrone e 49 che, tenuta ferma da una fascia di raso, sul suo cappello si alzava imponente, una lunga piuma. <<Chi..chi sei?>> Chiese con un filo di voce. <<Oh, non importa adesso Math, lo scoprirai. Sono qui perché sei stato scelto e io devo metterti al corrente dei fatti.>> <<Sono stato scelto? Per cosa? Scusa, spiegati meglio..>> Era visibilmente confuso. <<Ti spiegherò tutto al tempo giusto, ma prima devi leggere qualcosa, solo a quel punto potrò dirti tutto.>> Detto ciò, l’uomo lasciò cadere un libriccino in pelle marrone, completamente usurata e lacerata, poi diede un colpo al suo cappotto, lo sfece svolazzare finché non ne fu completamente avvolto e, scomparve. Math ed April stralunarono gli occhi. <<Ok, stiamo sognando April, non è possibile tutto ciò. Questa è magia e la magia non esiste. È un sogno tranquilla.>> Disse queste esatte parole, ma in fondo non ne era poi così tanto convinto. Restarono fermi per alcuni minuti, sempre tenendosi per mano come a volersi fare forza a vicenda. Ad un tratto, il libriccino si aprì da solo e mostrò il titolo in caratteri dorati sulla prima pagina. “Il vecchio, la piuma d’oro e la storia delle storie.” 50 <<Math, perché non proviamo a leggerlo? Anche se davvero fosse solo un brutto scherzo delle nostre menti, oramai che siamo in gioco, giochiamo!>> Math prese il libriccino e si sedette ad uno dei tavolini, April si sistemò lì vicina a lui e intrecciò le sue gambe con quelle di Math, sempre in segno di incoraggiamento reciproco, come per voler far sentire la propria presenza fisicamente vicina e complice. “C’era una volta, in un piccolo paese a sud dell’Argentina, un vecchio saggio che viveva da eremita in un piccolo pezzetto di bosco, al centro di una radura nella quale scorreva veloce un piccolo torrente. Il vecchio aveva sempre vissuto lì, lontano da tutti e non era mai andato nel paesino vicino, neanche per fare la spesa. Niente, viveva solo con ciò che trovava: l’acqua del torrente, le piante selvatiche e le bacche e i frutti che esse gli donavano. Gli abitanti del paese parlavano poco di lui, e si diceva che fosse il protagonista di alcune leggende terrificanti. Bambini scomparsi, strani rumore della foresta, bestie che saccheggiavano gli allevamenti dei pastori della zona. Tutto ciò era colpa della maledizione del vecchio del bosco. Il problema è che questa maledizione era molto strana e misteriosa. Infatti, ogni bambino scomparso riappariva tre giorni dopo più saggio e intelligente, i rumori della foresta si trasformavano, dopo tre giorni, in canti e musiche coinvolgenti e ammalianti e i 51 greggi decimati dalle bestie feroci, ogni tre giorni contavano una dozzina di capi in più. Nessuno sapeva darsi una risposta, ma visto che tutto si sistemava sempre per il meglio, tutti gli abitanti del paese lasciavano che tutto facesse il suo corso, certi che niente avrebbe turbato la quiete di un posto così calmo e sereno. Un giorno Marta, figlia del mugnaio del paese, si trovava in riva a fiume in cerca di alcune erbe aromatiche che la mamma gli aveva chiesto. Era la bambina più piccola del villaggio, aveva appena quattro anni, era servizievole e molto obbediente. Il suo unico difetto era di natura fisica, aveva una gambina più corta dell’altra e quando camminava zoppicava vistosamente. Questo piccolo inconveniente l’aveva resa silenziosa e taciturna. Non usciva mai a giocare con i suoi amichetti, perché si sentiva a disagio. Niente nascondini, niente acchiappini, niente corse nei prati. Lei non poteva competere con gli altri. Così preferiva starsene in casa a cucinare con sua mamma e sua nonna e, tutto il villaggio, era certo che Marta, anche da grande, non avrebbe mai compicciato nulla nella sua vita. Quella mattina però qualcosa cambiò il corso della storia di Marta e, ad esser sinceri, il corso della storia di tutti quanti. Mentre la piccola bambina era impegnata nella ricerca delle erbette per la mamma, si allontanò un po’ dal sentiero che essa 52 conosceva bene, finché non si trovo, disorientata ma per nulla impaurita, nel bel mezzo del bosco fuori dal villaggio. Non sapeva dove andare e non riusciva a ritrovare il sentiero, così, ad un certo punto, fu attratta da un suono, una musica melodiosa che proveniva da un piccolo cerchio di grandi abeti poco distanti. Seguì la musica convinta che venisse dal proprio villaggio e, camminando per un bel po’ di tempo, si ritrovo in una radura. Davanti a lei un piccolo ruscello e una casetta di pietre e legno. La casa del vecchio saggio. Si fece coraggio e bussò alla porta. <<Prego, entra pure Marta. Ti stavo aspettando.>> disse una voce proveniente dall’interno. Marta entrò senza pensare a quanto fosse strano che qualcuno la stesse aspettando proprio in quella casetta fino a quel momento sconosciuta per lei. <<Salve, mi sono persa e non so come ritrovare la strada di casa, può aiutarmi a tornare al villaggio?>> Chiese con fermezza la bambina. <<Oh, Marta, tu non ti sei persa. Sono stato io a farti arrivare fino a qui.>> Davanti alla bambina era seduto un anziano signore, capelli e barba bianca, ma non troppo lunghi, occhi piccoli piccoli e mani molto ruvide e consumate. 53 <<Ma lei chi è? E come fa a conoscermi.>> <<Che sbadato, scusami. Ecco adesso mi presento: io sono il vecchio saggio, lo scrittore. Sto qua da ormai un’eternità di tempo e scrivo la storia del mondo.>> <<La storia del mondo? Ma che significa?>> chiese Marta. La piccola bambina era incuriosita, ma per niente spaventata dalla situazione. Il vecchio saggio lo notò. <<vedo che non ti senti a disagio, forse stavolta ci siamo davvero.>> Versò due abbondanti sorsi di thé in due tazze e ne porse una a Marta. <<Sono io che scrivo la storia del mondo intero, guarda quel librone dietro di te. Lì è tutto scritto, la storia di ogni uomo, e di ogni donna. Tutto quanto. Ad esempio, se cerchi bene c’è anche la tua.>> Marta si voltò ed iniziò a sfogliare l’enorme libro dalla copertina di legno di quercia dietro di sé. <<Quando il mondo fu creato e tutto prese inizio, cinque grandi saggi furono scelti per scrivere la storia di ogni individuo, e di conseguenza la storia del mondo intero. Ad ognuno di loro fu donata un piuma d’oro. Essa non era solo un simbolo, ma era la fonte dell’inchiostro sacro solo con il quale si può scrivere sulle pagine del destino. Ad ognuno di noi ne fu affidata una contenente inchiostro di colore differente.>> 54 Marta era affascinata dal racconto. <<E adesso dove sono gli altri quattro saggi? Sparsi per tutta la terra?>> Domandò incuriosita. <<Oh no – rispose il saggio – purtroppo sono rimasto solo io su questo pianeta. E non solo, a me è capitato il compito di correggere tutti gli errori fatti dagli altri.>> Il saggio si fermò e guardò fuori dalla piccola finestra rotonda. <<Hanno scritto loro la storia delle guerre, dell’odio e dell’indifferenza. Dicevano “questi uomini sennò non hanno mai niente da fare.” Facevano a gara per chi riusciva ad essere più crudele e maligno, loro hanno scritto la morte. Volevano sentirsi gli unici immortali, gli unici invincibili, gli unici capaci di decidere il proprio destino. Erano talmente tanto ciechi che hanno usato il loro immenso dono per arricchirsi e conquistare il potere temporale. Talmente avidi di potere che quando si accorsero che l’uno poteva sottomettere l’altro non ci pensarono due volte e scrissero ognuno la morte dell’altro. Così sono rimasto solo.>> <<E non si può dare la piuma a qualcun altro?>> Chiese ancora Marta. <<No, la piuma sceglie il suo possessore e se il suo possessore si rivela indegno, essa come a voler chiedere scusa per ciò che ha scritto, si distrugge e non torna mai più.>> Versò nuovamente un’altra tazza di tè. <<Inoltre io adesso sono diventato troppo anziano per questo potere, non lo riesco più a gestire. Per questo ogni tanto chiamo 55 a me qualche giovane del paese, per metterlo alla prova e capire se posso passare a lui il destino di tutti. Per adesso non ho trovato nessuno. Tu per esempio, cosa scriveresti come prima cosa su questo libro magico?>> Marta non dubitò molto. Ci pensò giusto qualche attimo. <<Io scriverei la verità e cioè racconterei una storia in cui le persone si vogliono realmente bene, in cui non importa la paura né tantomeno l’odio, dove tutti i bambini possano finalmente giocare insieme. E poi, scriverei che il vecchio saggio che per tanto tempo è stato padrone di tanti destini e che per anni ha vissuto da solo cercando di rimediare gli errori di noi tutti, adesso si merita un po’ di riposo.>> Il vecchio sorrise: <<Bene, mi sa proprio che ho trovato chi prenderà il mio posto. Vedi se tu fossi somigliata a tutti gli altri bambini avresti corretto il tuo difetto, per poter finalmente sentirti libera di giocare con i tuoi amici, invece hai messo da parte il tuo egoismo e hai pensato agli altri. Ad un povero vecchio troppo stanco e a tutti quelli che ti mettono ai margini, hai chiesto che i loro occhi si aprissero davvero. Questa è la storia dei saggi del destino, raccontare al mondo cose nuove, storie che trasmettano fiducia e speranza, solo così, quando ogni uomo si sentirà libero di raccontare qualcosa, qualsiasi cosa, ognuno sarà complice della bellezza del mondo in cui vive. Il libro allora si scriverà da solo e tu dovrai soltanto correggerlo ogni tanto, qua e là.>> Detto ciò il saggio scomparve dagli occhi della bambina. 56 Essa cadde in un sonno profondo, al termine del quale, al suo risveglio, si ritrovò nella sua stanza, dentro al suo letto. Un piccolo brivido partì dall’altezza della sua gola, portò la mano vicino al collo e lo accarezzò. Lì adesso pendeva luccicante una piccola piuma d’oro.” 57 8. Sì! Math alzò lo sguardo dalle pagine ingiallite del libriccino e guardo verso April. Si era addormentata con la testa appoggiata sulla sua spalla. Pensò che la stanchezza e la tensione di quegli ultimi due giorni l’avevano resa debole e che il suo corpo meritasse davvero un po’ di riposo. La prese in braccio e la portò sul piccolo divanetto in pelle bianca nella stanza al piano di sopra. Quando l’aveva fatto portare su,proprio davanti all’ufficio nel quale gestiva la burocrazia del “Negozio” non era convinto che sarebbe mai servito a qualcosa, un divano in un bar? Ecco adesso si era ricreduto. April non si svegliò durante il tragitto, restò addormentata, Math gli pose addosso un piccola coperta di pile che teneva nel piccolo armadietto dell’ufficio, anche quella sapeva che prima o poi sarebbe stata utile e puntualmente fu così. Dopo di che si alzò, riordinò le idee e, ripensando alla storia, capì che anche se il senso era molto molto leggendario e fantastico, solo una cosa lo collegava a Marta, la famosa piuma d’oro. Così uscì e si diresse verso casa, la piuma era lì e andava presa, osservata e in qualche modo capita. Quel tragitto verso casa prese caratteristiche strane. Era triste. 58 Sapeva dove stava andando, ma non sapeva se sarebbe mai tornato, se avrebbe rivisto April, i suoi genitori o i suoi nonni. Che tutto ciò fosse solo un sogno bizzarro era ciò che si augurava, ma in cuor suo si preparava al peggio che, “non si sa mai”. Arrivò in stazione. Era rimasto un solo binario, tutto il resto era scomparso nel niente, tutto completamente bianco eccetto quelle due grigie barre d’acciaio che correvano parallelamente verso un bianco, se possibile, ancor più abbagliante. Arrivò il suo treno. In mezzo a tutto quel candore gli sembrò più pulito del solito, salì e ebbe la conferma di questa cosa. Tutto era lindo, ordinato, curato e profumato. <<Vieni Math, siediti accanto a me, forse adesso stai iniziando a capire.>> L’uomo con il cappotto e il cappello era lì, seduto al posto finestrino proprio al centro del vagone. <<In realtà no, non sto capendo. E non so nemmeno chi tu sia e cosa tu voglia da me.>> L’uomo si tolse il cappello e si mostrò a Math. Il ragazzo sobbalzò: <<Papà?..>> <<Ciao figliolo, vedo che allora ti ricordi ancora come sono fatto eh.>> Disse Giulio sghignazzando. 59 <<Ma che ci fa qui..tu dovresti essere in missione, che sta succedendo.>> <<Oh Math, quante cose ancora devi sapere. Mettiti comodo, il viaggio sarà lungo.>> Math era impazzito? “Sì, devo essere proprio in un sogno” questa convinzione lo fece tranquillizzare, niente era reale secondo la sua mente e perciò niente poteva spaventarlo realmente. <<Io Math, sono ovunque tu abbia deciso che debba essere. Non capisci, la piuma ti ha scelto!>> Giulio fece una breve pausa, si passò la mano tra i capelli e poi riprese. <<Non è una leggenda, a qualcuno è dato veramente il compito di raccontare, di scrivere storie nuove, di dar forma e colore a questo mondo e il destino vuole che sia tu a farlo. Ad esempio, tu hai sempre desiderato che tuo padre fosse un eroe e così hai scritto tu la storia della mia missione, tu hai voluto vedermi paladino e servitore della libertà e io lo sono stato. Sei stato tu a scrivere la storia di Jennifer e Gerry! Math, mi duole molto dirtelo così ma, loro sono morti entrambi quando tu avevi cinque e dieci anni. Tu hai deciso che loro non dovessero abbandonarti e la piuma ha continuato a scrivere la loro storia e intrecciarla con la tua.>> Math era sconvolto. Nell’assurdità delle parole di suo padre intravedeva un barlume di senso, di ragione, di quel briciolo di raziocinio necessario a tramutare una leggenda impossibile in 60 una vicenda altamente improbabile, ma comunque già più reale della prima. <<Purtroppo – continuò suo padre – siamo davanti ad un mutamento del corso della storia. Il libro ha esaurito le sue pagine, alcune sono state strappate, altre macchiate indelebilmente dal sangue che il tempo ha lasciato versare su di esso. Nessuno si interessa più, ognuno vive la sua vita limitandosi a ciò che vede, ciò che percepisce reale e tangibile. Il destino sta morendo, il mondo stesso sta morendo. Lo vedi tu stesso, tutto si sta cancellando, sta perdendo colore e forma, le persone sbiadiscono e le loro emozioni evaporano dai loro volti.>> <<Papà, ti prego..dimmi in tutto ciò io cosa c’entro.>> Chiese Math a quel punto. <<Tu figliolo, tu che sei stato scelto per esserne custode, stai lasciando che il tuo destino scorra lentamente, non lo controlli. Lasci che tutto vada come pensi che debba andare. Non combatti più per difendere le tue idee, hai smesso di scrivere, hai smesso di sognare un posto migliore per te e per gli altri. La piuma ha avvertito ciò ed è intervenuta, si è lasciata ritrovare da te alla stazione, ha iniziato a bruciare affinché tu le dessi attenzione, ha iniziato a scriverti frasi a casa, sui muri del “Negozio”, è stata lei a scrivere la leggenda dell’antico saggio. Vuole che tu salvi l’intero mondo dalla distruzione, dall’indifferenza e dall’arrendevolezza che si porta via tutto il bello del racconto.>> 61 Non riusciva a capire. Lui un comunissimo ragazzo come tanti altri, una persona semplicemente normale, poteva essere destinato ad un compito così grande? E perché la piuma fino a quel momento non si era manifestata? <<So quali sono i tuoi dubbi Math, sento i tuoi pensieri. Io stesso non esisto realmente qui, ma tu hai desiderato vedermi perché avevi paura e la piuma adesso ti parla attraverso di me.>> <<Allora dimmi, cara piuma! Rispondi alle mie domande? Non dirmi che ti sembra tutto così semplice da capire!>> Si era un po’ innervosito e il tono della sua voce si era fatto quasi accusatorio. <<Non si deve mai obbligare nessuno a far qualcosa che non sente ardere dentro di sé e la piuma ha rispettato la tua decisione. Da piccolo eri un amante delle favole, dei racconti e anche per questo nel tuo “Negozio” sei circondato dai libri, perché scorrono dentro le tue vene. Conosci i personaggi e le caratteristiche di ognuno di loro e la piuma stessa stava ad ascoltarti quando ipotizzavi come poterli fare incontrare tutti in un unico grande racconto. Tutto scorreva regolarmente.>> <<Poi?>> Chiese seccamente Math. <<Poi si è creata una voragine che ha mandato tutto in crisi. April.>> <<Cosa c’entra April adesso?>> 62 <<Lo dovrei chiedere io a te Math. È apparsa una seconda piuma all’improvviso e la tua ha iniziato a temere che la storia dei saggi potesse ripetersi, così tutto è entrato in collisione. La piuma ha temuto il peggio, tu non ne eri consapevole e la tua incoscienza unita all’incoscienza di April avrebbe potuto spaccare il filo temporale del destino, distruggendo tutto quanto..ma..>> <<..ma? dove vuoi arrivare?>> <<..ma mentre la piuma ha iniziato a cancellarsi e si preparava a distruggersi per evitare i peggio, è successo ciò che nessuno si aspettava. La piuma di April ha iniziato a parlare alla tua, i vostri cuori, le vostre menti hanno iniziato a comunicare anche se voi non ve ne siete mai realmente accorti. L’amore è arrivato e ha rinsaldato gli equilibri, ha ridato forza e vigore al grande libro, lo ha rinforzato nello spirito. La sua piuma correggeva gli errori della tua.>> <<Papà, ma come è possibile questa cosa? Io ed April siamo amici certo, ma niente di più..>> Disse Math con un filo di voce. <<Oh, voi non siete amici Math, voi siete molto di più. Tu sei attratto dalla semplicità di quella ragazza, dalla facilità con cui un suo solo sguardo sa allietare le tue paure, le tue preoccupazioni, tu ami April, così come lei ama te.>> In quel momento il treno ebbe un potente sussulto, sembrò deragliare. <<Presto – intervenne bruscamente Giulio – non rimane più molto tempo, devi riportare l’ordine Math.>> 63 <<E come?>> Chiese. <<Devi scrivere, devi ricominciare a dettare l’armonia. Però adesso non devi farlo da solo, la storia prenderà vita e si concretizzerà solo quando anche l’altra piuma avrà ripassato con il suo inchiostro le parole sul grande libro.>> <<Io non ho questo libro, dove lo troverò?>> <<È sempre stato con te Math, sotto i tuoi occhi..>> Detto ciò, tutto si fece scuro intono a lui. Fu sbalzato via da una folata di vento roboante. Picchiò violentemente la testa, o almeno così sembrò. Quando la luce tornò a far capolino, Math spalancò gli occhi e si trovò disteso pancia a terra nella sala lettura. Si alzò, corse al piano di sopra e svegliò April. La ragazza ascoltò il suo racconto sbigottita, non sapeva se crederci veramente o meno, gli sembrava tutto così folle. Il “Negozio” cominciò a tremare, scesero nuovamente nella saletta. <<Il libro deve essere qui da qualche parte April.>> Poi di colpo l’idea! <<Il grande libro! Quello al centro della stana dove tutti segnano le proprie idee e le recensioni dei libri che portano e che prendono! Deve essere quello.>> <<Presto – urlò April – inizia a scrivere!>> 64 Tutto stava tremando, tutto piano piano scompariva e si dissolveva in uno sfondo bianco accecante. Math mise la mani in tasca alla ricerca di una penna e..tirò fuori qualcosa di molto più piccolo e freddo. La piuma d’oro. Era lì, adesso non bruciava più e dalla punta gocciolava qualcosa simile a dell’inchiostro. Math appoggiò la piuma sul foglio del grande libro e scrisse: “Accetto il mio destino, scriverò nuovamente la storia con amore e passione, mi renderò utile senza che nessuno lo sappia affinché il destino di tutti possa esser salvo.” April corse verso di lui, si strappo la sua piuma dal collo e ripasso la frase. L’inchiostro nero di Math si unì all’inchiostro rosso di April, le parole diventarono dorate, luccicanti e come infuocate. Tutto intorno si fermò. Il vento cessò di soffiare. I due corsero alla finestra e guardarono fuori. Decine di persone erano sdraiate a terra e, piano piano, iniziavano a rialzarsi confuse e sbigottite di trovarsi lì, sedute sull’asfalto umido di una strada senza ricordarsi come ci erano finiti. Mentre osservavano la scena, il telefono di April squillò: erano i suoi genitori. Lei rispose e corse fuori dalla gioia. Math chiamò a casa. <<Pronto – rispose sua madre – pronto!>> 65 Math non rispose. Riattaccò. Tutto si era sistemato e nessuno sapeva niente. Lui non avrebbe dovuto raccontare niente a nessuno, ma da quel momento in poi grazie alla sua piuma dorata, era diventato il custode del destino di tante persone che non avrebbero mai saputo niente di questa storia. Uscì fuori anche lui, si voltò e fu soffocato dall’abbraccio potente di April. Stettero per più di dieci minuti, abbracciandosi e respirando ognuno il profumo dell’altro. <<Sai – disse Math rompendo quel silenzio – adesso non credo che potrai tornartene in America tanto facilmente.>> <<Dici?>> <<Oh sì, lo dico. Il destino ci ha scelto, ha scelto di metterci sulla stessa strada, con lo stesso grande compito, ma la sua scelta non conta tanto quanto la mia.>> Detto ciò si voltò e baciò April. In quel momento si accorse di quanto avrebbe desiderato farlo prima. Lei aveva le lacrime agli occhi, era felice. Lei aveva sempre voluto Math, ma aveva sempre avuto paura di mettersi in gioco, quasi come se avesse sempre avuto paura di scoprirsi, togliere tutte le difese con il rischio che poi si sarebbe trovata indifesa ed abbandonata. 66 Quest’avventura però aveva insegnato loro che non c’è mai storia più triste di quella che non si ha il coraggio di scrivere, di raccontare. Non esistono storie il cui primo rigo componga già il finale, il primo capitolo non potrà mai rivelare l’ultimo, ma non per questo sono storie non degne di esser raccontate. Durante il loro lungo e appassionato bacio, le due piccole piume dorate si staccarono dalle due catenine che le reggevano attorno al collo dei due ragazzi, si incrociarono tra loro e, dopo un lampo dorato di rara bellezza, ricomparvero più grandi e lucenti che mai. Adesso finalmente Math poté leggere la scritta dietro la sua. “Una storia è il tuo destino, l’amore il tuo inchiostro.” In quel momento i due ragazzi capirono che la coppia dentro al “Negozio”, davanti a due bicchieri ed una bottiglia, erano sempre stati loro due. Le piume stavano facendo capir loro quale fosse il compimento perfetto del loro destino. Capirono anche che il libro che stavano leggendo, seduti nel piccolo salotto, altro non era che la loro storia. La storia di come due vite, intrecciandosi, potessero essere luce di speranza per tutto il mondo. 67 9. Primo capitolo. <<Math, dove sei? Guarda che poi facciamo tardi.>> Amy era agitata, vestita di tutto punto ma con la solita fresca semplicità che aveva sempre mostrato. <<Arrivo mamma, un attimo.>> <<Spero che tu non voglia far tardi per perderti la nascita di tuo figlio!>> Math scese di corsa le scale e salì in auto con Annah, Mary e Giulio seduto al posto del guidatore. <<Presto su, che quando mi ha chiamato sua mamma ha detto che ormai era questione di attimi.>> Arrivarono in fretta all’ospedale, scesero e corsero all’impazzata verso la sala operatoria. April era distesa sul lettino e teneva forte la mano di suo padre e di sua mamma uno alla sua destra e l’altra alla sua sinistra. Quando la bambina uscì dal ventre di April il silenzio dell’attesa fu rotto da un pianto stridente e uno scroscio di applausi. Tutti piangevano per la felicità e la soddisfazione che una piccola creatura era arrivata tra loro, ad allargare la famiglia. <<Bene adesso lo portiamo via per qualche controllo e torniamo, si riposi April.>> Disse l’infermiera. Math ed April chiesero ai propri genitori di lasciarli soli. Quando nella stanza non ci fu più nessuno April sussurrò: <<L’hai portato?>> 68 <<Sì!>> rispose Math. Dallo zaino che si era portato dietro estrasse il grande libro e lo posò sulle ginocchia di April. Presero le due piume, dopo di che Math scrisse. “A te Marta, figlia del destino e dell’amore. Che la tua storia brilli di luce propria, che sia splendente come l’oro e ricca di virtù. Tutto quel che vorrai noi racconteremo, ma ti lasciamo libera di incidere il tuo personalissimo finale. Con amore mamma e papà, padroni e spettatori di tante storie, custodi della storia più bella, la nostra famiglia. Per sempre.” April ripassò la frase e subito essa si accese, diventò dorata e da quel momento fu scritta per sempre nel grande libro delle storie del destino. 69 70 Non so se esista realmente una piuma d’oro. Non so è possibile che qualcuno sia stato messo a guardia di tutte le storie di ognuno di noi. So però che ognuno di noi è autore di migliaia di storie. Non è autore solo chi le scrive e le trasforma in libri. È autore chiunque decida di raccontare e raccontarsi, di mettere a disposizione la propria storia a tutti coloro che sentono il bisogno di starla ad ascoltare, di leggerla. Già perché ognuno di noi ha il grande dono di possedere un qualche talento. Se però ci ostiniamo a tenerlo per noi, a lasciarlo scivolare via nel grigiore di una quotidianità così soffocante, ecco che tutto sbiadisce, che tutto viene reso triste e senza colore. Dobbiamo avere dunque il coraggio di scrivere le nostre storie, qualunque esse siano. Non dobbiamo temere di stravolgere il nostro presente, non dobbiamo temere giudizi o pensieri altrui, ogni storia sarà commentata, ma non è quello l’importante. L’importante è averla finalmente fatta uscire fuori, fatta conoscere. L’importante è che essa vada a parlare a chi deve parlare, si faccia conoscere, informi il mondo che lei è lì, pronta per essere vissuta. Tutti noi possediamo una piuma d’oro in qualche cassetto o dentro al nostro cuore. Essa brillerà solo alla luce del sole, ma 71 affinché un raggio la possa colpire, siamo noi a dover avere il coraggio di tirarla fuori. Tommaso Allegri. 72 La piuma d’oro Capitolo Pagina 1. Selfie 3 2. La piuma d’oro 24 3. Tutta colpa di.. 29 4. Storia di una storia 37 5. La paura è solitaria 42 6. Cambiare il mondo con le parole? Sì può! 48 7. Il vecchio saggio e la storia delle storie 8. Sì! 55 9. Primo capitolo 80 68 73