La cooperazione fra i diversi soggetti professionali
Presentazione
La dimensione ideale del lavoro in ospedale è quella dell’équipe multidisciplinare.
Tuttavia, anche se questo non è sempre possibile è comunque suggeribile cercare di
inserire il lavoro della scuola nell’ambito di una rete di servizi e risorse (umane e materiali)
che hanno come fine ultimo lo sviluppo intellettivo ed emotivo del bambino malato.
Insegnando in ospedale è infatti normale avere contatti e collaborare con i soggetti
che a vario titolo vi operano: dai medici, agli infermieri ai volontari.
Per prima cosa, quindi, cercheremo di individuare le tipiche figure professionali che si
possono incontrare in reparto. Quindi analizzeremo due modi diversi di lavorare e che più
o meno intensivamente attivano sinergie internamente al reparto, due modi che vedono
l’insegnante rispettivamente come realtà isolata oppure come parte integrante di un
sistema.
Per attivare la seconda modalità è però necessaria una èquipe di lavoro. Individueremo in
questo caso due modalità diverse ma complementari di operare in reparto: l’analisi delle
aree di intersezione, che verranno approfondite con un esempio specifico, e
l’esame delle esigenze di bambini e famiglie, che è possibile condurre utilizzando un
questionario.
Lungo il percorso di studio, la concettualizzazione dei diversi argomenti sarà favorita dallo
svolgimento di semplici attività che ti verranno via via suggerite.
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Le figure che operano in ospedale
In ospedale sono presenti tantissime figure professionali diverse:
• accanto alle tradizionali figure sanitarie di base (medici e infermieri),
• è possibile trovare altre professioni sanitarie di supporto, che si
attivano in base a esigenze specifiche (fisioterapia, logopedia, ecc.),
• professioni di aiuto di vario tipo
(psicologi, assistenti sociali,
insegnanti, educatori),
• e infine persone appartenenti al
mondo del volontariato (volontari
animatori, clown, ecc.).
Una riflessione sulla complessità dei rapporti fra l’insegnante, il giovane ricoverato
e il contesto: “L’insegnante in reparto: dinamiche relazionali”
Attività 1 – Quali figure professionali nel tuo reparto?
Prova ora a elencare le figure professionali e di volontariato
presenti nel reparto dove lavori e, per ciascuna di esse, indica
quali forme di incontro o collaborazione hai già attivato e quali
sono ancora potenzialmente attivabili.
Fai questo utilizzando la
scheda di lavoro
che trovi qui allegata.
Al termine dell'attività ricordati di inserire il tuo elaborato nell'area
"consegne". Poi decidi se continuare col successivo argomento o
sospendere lo studio.
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Due possibili modi di lavorare
Con alcune delle figure professionali presenti nel tuo reparto saranno già
attive delle forme di collaborazione, mentre con altre queste collaborazioni
sono probabilmente solo ipotizzabili.
Ma per quale motivo è così importante saper lavorare in équipe
all’interno dell’ospedale?
Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare due possibili
modi diversi di lavorare:
1 - operare in maniera separata dagli altri seguendo una
logica lineare e progressiva
2 - lavorare in maniera sistemica e coordinata
Proviamo ad analizzare i pro e i contro di questi due modi di lavorare.
1. Operare come realtà isolata
Se operiamo come realtà isolata siamo portati a considerare il bambino
come un ricevitore passivo delle nostre azioni.
medici
psicologi
infermieri
insegnanti
genitori
ass. sociali
volontari
L’idea fondamentale che sta dietro questo modo di lavorare è che ogni
determinata azione che noi svolgiamo abbia un effetto unico e preciso
sul bambino.
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Ad esempio…
Ad esempio:
L’insegnante svolge delle
lezioni per raggiungere
determinati risultati sul
piano dell’apprendimento.
Il medico effettua una
diagnosi e somministra
delle terapie per
curare la malattia.
Il volontario propone dei giochi
per far passare il tempo, ecc.
Operare come realtà isolata: aspetti positivi
Operare come realtà isolata ci porta alcuni vantaggi ma anche
alcuni effetti controproducenti.
Riguardo i vantaggi:
• possiamo concentrarci esclusivamente sul lavoro di nostra pertinenza;
• non siamo costretti a confrontarci con altri e a negoziare le
nostre idee e posizioni;
• tutto sommato abbiamo meno problemi: andiamo al lavoro, ci
organizziamo la giornata, svolgiamo i nostri compiti e ce ne
torniamo a casa.
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Nessun uomo è un’isola
Vediamo invece quali possono essere gli effetti controproducenti e
soprattutto cosa si “perde” quando si lavora come realtà isolata:
Ignorare gli altri.
Se lavoro in modo isolato, sono portato a svolgere le mie
azioni come se non vi fossero altri operatori, la famiglia,
il mondo relazionale e affettivo del bambino, la situazione
di malattia, ecc.
Nessun uomo è un’isola
Ignorare il contesto.
Similmente, sono portato a ignorare il contesto in cui lavoro,
considerandolo qualcosa di neutro. Ma nella relazione educativa
il contesto non è mai neutro, perché esso concorre a definire
significati e a dotare di senso le azioni che vi si svolgono.
Per esempio, a scuola imparare a leggere e scrivere assume un
significato sociale importante, perché consente all’alunno di acquisire
strumenti per comprendere meglio il mondo in cui vive, per agire su
di esso e per entrare in relazione con gli altri.
Questi aspetti non sono altrettanto evidenti e scontati
se si impara a leggere in ospedale, soprattutto se
all’interno di una stanza di isolamento.
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Nessun uomo è un’isola
Non condividere (oppure addirittura neppure avere) progetti
e modalità di lavoro.
Se l’attività professionale si svolge in modo isolato, l’esigenza di
progettare appare meno forte perché spesso le finalità del
proprio lavoro sono chiare a chi le svolge.
Similmente, se presuppongo che le
mie azioni abbiano degli effetti sul
bambino a prescindere da quelle
degli altri, non avrò bisogno di
condividere con loro idee,
strategie e modalità operative.
Nessun uomo è un’isola
Isolarsi significa non avere occasioni di incontro e di
crescita personale e professionale.
L’isolamento operativo conduce inevitabilmente all’isolamento
intellettuale. La crescita mentale di ciascuno di noi è
strettamente correlata alla possibilità di incontrarsi e confrontarsi
con altri. Nella logica lineare la crescita e il cambiamento sono
più difficili, perché non vengono alimentati dalle idee degli altri.
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2. Operare come parte di un sistema
Un modo diverso di lavorare consiste nell’operare come parte di
un sistema.
Riprendendo la definizione di von Bertallanfy (1968), possiamo
definire un sistema come:
• un insieme di elementi
• che interagiscono tra
loro attraverso una
struttura precisa
• e costituiscono una totalità
organizzata
La dimensione sistemica
Le qualità finali di questa totalità organizzata spesso sono diverse dalla
semplice somma delle caratteristiche dei singoli elementi che la
compongono.
Questo succede perché il prodotto finale è il risultato di una aggregazione
di elementi diversi e della loro interazione.
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Operare come sistema
In campo educativo chi opera come parte di un sistema è consapevole di
appartenere ad una rete relazionale.
L’effetto finale che egli produce (in questo caso, sul bambino malato)
dipende dalla combinazione della sua azione con quella degli altri,
con il contesto in cui essa si svolge e con lo “stato interno” del
ricevente.
medici
psicologi
volontari
genitori
insegnanti
ass. sociali
Operare come sistema
Appare evidente che se un educatore è capace di operare come parte
di un sistema la sua azione diventa più ricca e incisiva.
In particolare, operare come parte di un sistema significa:
• collocarsi in una logica di complessità
• comprendere ed includere il contesto
• condividere progetti e modalità di lavoro
• adottare una forma retroattiva di progettazione
Di seguito approfondiremo ciascuno dei vari aspetti qui introdotti.
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Operare come sistema
Collocarsi in una logica di complessità
Complessità vuol dire, appunto, basarsi su relazioni a rete piuttosto
che su concatenazioni lineari di causa
effetto.
In questo senso, chi educa è
consapevole che un dato obiettivo
può essere raggiunto percorrendo
strade diverse.
Ed è anche cosciente del fatto che le azioni degli altri operatori
possono costituire una fonte di aiuto nell’azione didattica (se sono
coordinate e congruenti) o di disturbo (se sono indipendenti e prive
di una logica condivisa).
Operare come sistema
Comprendere ed includere il contesto
Nel progettare le future azioni didattiche vengono quindi
coinvolti e considerati attentamente tutti gli elementi possibili
della rete sistemica che si realizza in ospedale attorno al bambino
malato.
Condividere progetti e modalità di lavoro
La condivisione con le altre realtà professionali e di volontariato
diventa l’aspetto fondamentale di chi opera con queste modalità.
Proprio perché i risultati finali scaturiscono da una combinazione
complessa di azioni ed elementi diversi, se si vuole lavorare in modo
efficiente diventa fondamentale coordinarsi e accordarsi con gli altri.
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Operare come sistema
Adottare una forma retroattiva di progettazione
Un ultimo aspetto di questa modalità di lavoro è la capacità di
retroazione. Per retroazione si intende l’uso dei risultati di una
azione educativa quale base per la progettazione e la
programmazione di azioni successive.
Risultato Progetto
A
B
Progetto
A
Risultato
B
Risultato
A
In altre parole il progetto di lavoro è
dotato sì di linee generali, ma sarà in parte determinato
anche dai risultati di unità di lavoro precedenti
che vengono “messe in circolo”, per così dire,
nel progetto successivo.
Il gruppo di lavoro nell’ambito di una struttura socio-sanitaria:
vantaggi e criticità del suo funzionamento Team working (360 KB)
Attività 2 - Le componenti di sistema della tua realtà di lavoro
Fai ora mente locale sul concetto di sistema nelle relazioni di aiuto
che abbiamo appena illustrato, rapportandolo al tuo specifico
contesto di lavoro. Indica, in particolare:
9 quali, secondo te, sono i soggetti che potrebbero condizionare la
realtà di vita dei bambini con cui sei a contatto;
9 quali figure professionali svolgono azioni che potrebbero avere
effetti sullo stato psico-socio-emotivo deI bambini.
Sviluppa questa riflessione, aiutandoti
con la
scheda di lavoro
qui allegata.
Come al solito, terminata l'attività, ricordati di inserire il tuo elaborato
nell'area "consegne", quindi, se vuoi, puoi sospendere lo studio oppure
proseguire col successivo argomento.
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Da realtà isolata ad équipe di lavoro
Abbiamo visto come sia possibile adottare, fondamentalmente, due modi
di lavorare: come realtà isolata o come parte di una rete sistemica.
È opinione diffusa che il lavoro “a rete sistemica” sia il più efficace
e gratificante, ma anche il più difficile da attuare perché dipendente
anche dalle volontà altrui e non solo dalla propria.
Qui di seguito vedremo come sia possibile concorrere ad
attivare un processo di trasformazione della propria realtà
lavorativa verso un modo di operare di tipo sistemico.
Il nucleo centrale di questa trasformazione sarà
quella che chiameremo équipe multidisciplinare
di lavoro.
Riflessioni sulla necessità di integrare l’offerta didattica del
docente con le esperienze che i ragazzi vivono in ospedale
Da realtà isolata ad équipe di lavoro
Probabilmente la strutturazione di una
équipe di lavoro perfettamente
integrata in tutte le sue componenti e
pienamente funzionante nel tempo
costituisce un’utopia.
Ciò non toglie che sia possibile
attivare alcuni processi di confronto
e di comunicazione che avranno
sicuramente effetti benefici sul clima
del luogo di lavoro e sull’efficacia della
propria azione educativa per il
semplice fatto di essere attivati.
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Struttura ideale di una équipe
Una équipe multidisciplinare di lavoro
dovrebbe essere composta da una
rappresentanza di tutte le componenti
che operano nel reparto (medici,
infermieri, psicologi, insegnanti,
assistenti sociali, volontari, ecc.).
L’équipe si dovrebbe incontrare a
cadenza regolare (per esempio,
ogni 15 giorni) e discutere i
problemi comuni per la vita del
reparto e dei piccoli pazienti.
Lo schema riportato qui
accanto illustra gli elementi
chiave necessari a un buon
funzionamento di una équipe.
Fonte: M Capurso, Gioco e studio in Ospedale, 2001
Due linee operative
Per attivare il processo di lavoro dell’équipe su base sistemica è possibile
ricorrere a due modalità di analisi diverse, tra loro complementari:
1. l’analisi delle aree di intersezione
2. l’analisi delle esigenze di bambini e famiglie
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Aree di intersezione: definizione
Possiamo rappresentare il campo di lavoro di ciascuna delle componenti
presenti in reparto con un cerchio.
Ad esempio, il cerchio rosso rappresenta la componente dei genitori;
quello verde degli insegnanti e quello blu dei medici.
Come si vede, questi cerchi
coprono delle zone in modo
esclusivo, mentre in altre
si sovrappongono
parzialmente.
genitori
educazione,
cura e crescita
insegnanti
aspetti formativi
medici
aspetti terapeutici
Aree di intersezione: definizione
Le zone coperte in modo esclusivo rappresentano le aree di pertinenza
di una sola componente.
Per esempio, per quanto riguarda gli insegnanti, la scelta dei contenuti,
dei tempi e dei modi d‘insegnamento di una data disciplina sono
aspetti di pertinenza della zona esclusivamente verde.
genitori
educazione,
cura e crescita
insegnanti
aspetti formativi
medici
aspetti terapeutici
Analogamente, sarà prerogativa
dei medici stabilire il tipo di
terapia in base alla malattia
riscontrata, allo stato del
paziente, e così via.
In modo simile è possibile
individuare aspetti che
riguardano esclusivamente le
scelte familiari.
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Aree di intersezione: definizione
Le zone dove i cerchi tendono a sovrapporsi, invece, rappresentano delle
aree di intersezione.
All’interno delle aree di intersezione
le diverse competenze e
professionalità entrano in contatto.
genitori
educazione,
cura e crescita
insegnanti
aspetti formativi
Area di lavoro
insegnanti- genitori
medici
aspetti terapeutici
Area di lavoro
comune a tutti
Le azioni che si svolgono in queste aree sono sottoposte a quella dinamica
sistemica di cui abbiamo parlato precedentemente.
Il risultato finale dipenderà dalla combinazione delle proprie azioni con
quelle degli altri.
Un esempio
Immaginiamo ora di “zoomare” sull’area di intersezione comune
a tutti.
Ecco alcune possibili aree di intersezione delle azioni di medici,
insegnanti e genitori:
• Verifica della comprensione della diagnosi comunicata
• Spiegazione di comportamenti di auto-tutela
(diete, attenzioni particolari, ecc.)
• Comunicazione con i coetanei
(cosa e come dirlo agli altri?)
• Preparazione a procedure ed interventi
• Aspetti affettivo-emotivi legati all’ospedalizzazione
• ecc.
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Aree di intersezione: tre aspetti
Gli aspetti elencati nella slide precedente sono puramente indicativi.
Essi dipendono anche dal particolare contesto di lavoro e dalla
dimensione delle collaborazioni che sono già attive tra la componente
insegnante e le altre figure presenti.
Tuttavia bisogna sempre aver chiaro che:
• esistono comunque delle aree di intersezione;
• non sempre queste sono chiare a tutti;
• aree di intersezione non riconosciute
possono generare facilmente dei conflitti.
Individuare le aree di intersezione
Uno dei compiti principali di una équipe di lavoro sarà quindi proprio
quello di individuare le aree di intersezione.
Esse sono importanti
perché, nella maggior parte
dei casi, le attività che
cadono all’interno di queste
aree possono essere
oggetto di incontro,
confronto e sinergia tra le
diverse componenti.
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Individuare le aree di intersezione
Vi sono tuttavia situazioni in cui è più opportuno che una o più delle
componenti presenti nell’area di intersezione abbandoni l’attività che
genera sovrapposizione con le altre figure.
Tutti questi aspetti
dovrebbero esser oggetto
di opportuna discussione
e “negoziazione”
all’interno degli incontri
di équipe.
Un esempio di sinergia
Consideriamo, ad esempio, la situazione in cui si debbano spiegare i
comportamenti di auto-tutela da tenere in caso di diabete e vediamo
come sia possibile gestirla efficacemente all’interno dell’area di
intersezione (medici-genitori-insegnanti).
In questo caso, la Componente medica
indicherà quali sono i comportamenti di
auto-tutela che il bambino diabetico deve
seguire (auto-misurazione della glicemia,
tipo di dieta, ecc.).
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Un esempio di sinergia
La componente degli insegnanti potrebbe,
ad esempio, occuparsi di creare, assieme al
bambino, delle schede su cui annotare la dieta
seguita durante la giornata e i livelli misurati
di glicemia; oppure potrebbe preparare delle
unità didattiche per comunicare in maniera più
adeguata le raccomandazioni del medico e
verificare che esse siano state effettivamente
comprese dall’alunno.
La componente dei genitori si
preoccuperà di adattare lo stile di
vita familiare alle
raccomandazioni mediche e di
vigilare sul proprio figlio affinché
questi segua le prescrizioni
fornite dal personale sanitario.
Attività 3 - Le tue aree di intersezione
Prova ora a riflettere sulle aree di intersezione che
caratterizzano la tua specifica situazione lavorativa, mettendo
in relazione le diverse componenti presenti in reparto con gli
aspetti che sono, o potrebbero essere, oggetto di intersezione
con la tua attività.
Sviluppa questa riflessione, aiutandoti
con la
scheda di lavoro
qui allegata.
Al termine dell'attività ricordati di inserire il tuo elaborato nell'area
"consegne". Poi decidi se continuare col successivo argomento o
sospendere lo studio.
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Analisi delle esigenze di bambini e famiglie
La seconda linea operativa che abbiamo precedentemente individuato
per attivare un lavoro di équipe all’interno del reparto consiste
nell’analisi delle esigenze di bambini e famiglie.
Infatti, così come esistono
delle aree di intersezione
generate dalla
sovrapposizione di
competenze diverse, è
possibile che esistano anche
“aree vuote”.
?
Dal punto di vista della famiglia e del bambino malato possono infatti
esservi aspetti che necessitano di aiuto e che non sono “coperti” da
alcuna professionalità.
Analisi delle esigenze di bambini e famiglie
Per quanto riguarda il
bambino, questi aspetti
emergeranno da una
attenta analisi della
realtà, dall’ascolto
diretto delle sue
esigenze, e da una
buona progettazione.
Per quanto riguarda la famiglia, invece, essi possono essere più
nascosti e “sfuggire” all’attenzione degli operatori e dell’équipe.
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Analisi delle esigenze di bambini e famiglie
Anche se è probabile che gli aspetti relativi alla famiglia possano
sfuggire facilmente dal campo di lavoro dell’insegnante, ciò non
toglie che sia utile conoscere qualche strumento per la loro analisi.
A questo proposito possiamo
citare, come esempio, il
questionario per i genitori
elaborato dall’Associazione Gioco
e Studio.
Bibliografia
U. Bronfenbrenner, Ecologia dello Sviluppo Umano, Il Mulino, Bologna, 1986.
A. Canevaro, Una riflessione sull’integrazione fra scuola e territorio, Atti del
Seminario Internazionale di Studio “La Scuola fuori dalla Scuola: la Scuola in
Ospedale nel contesto europeo”, Castel S.Pietro Terme, Marzo 2001, pp. 101103.
M. Capurso (a cura di), Gioco e studio in ospedale, Erickson, Trento, 2001.
M. Capurso, Relazioni educative ed apprendimento, Erickson, Trento, 2004.
M. Polito, Attivare le risorse del Gruppo Classe, Erickson 2000.
G. Serpelloni, E. Simeoni, F. Aldegheri, Team Working, comportamento
organizzativo e multidisciplinarietà, cap. 18 in “Quality Management”, Edizione La
Grafica, 2004.
P. Vayer, M. Camuffo, La faccia nascosta della Classe, Phoenix, Roma, 1999.
A.P. Verri, L. Abate, L’insegnante in reparto: dinamiche relazionali, Bambini in
Ospedale, n. 11/12, 1989.
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La cooperazione fra i diversi soggetti professionali Presentazione