Review n. - Italus Hortus ( ), 2011: 35-44
Il miglioramento genetico per la resistenza a sharka in pesco: risultati del
progetto italiano PPVCON
Alessandro Liverani1*, A.R. Babini2, Daniele Bassi3, F. Brandi1, L.F. Ciarmiello8, Luigi Conte4, L.
Ferretti5, S. Foschi11, Daniela Giovannini1, Edgardo Giordani6 , S. Micali4, Valter Nencetti6, F.
Palmisano7, G. Pasquini5, P. Piccirillo8, C. Poggi Pollini9, Roberta Quarta4, C. Ratti9, Alisea
Sartori4, Vito Savino10, M. Terlizzi4, Ignazio Verde4
1
CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna, Bologna
3 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano
4 CRA- Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
5 CRA - Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale, Roma
6 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale - Sezione
di Coltivazioni Arboree - Università di Firenze
7 CNR - Istituto di Virologia Vegetale, Unità Operativa di Bari
8 CRA- Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta
9 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali, Università di Bologna
10 Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università di Bari
11 CRPV, Cesena (FC)
2
Ricezione
; Accettazione 11 febbraio 2011
Peach breeding for ppv resistance:
results from the italian project PPVCON
Abstract. Sharka is a worldwide serious disease
with a severe impact on the productivity and fruit quality of Prunus species. It is caused by Plum Pox Virus
(PPV), a virus against which no chemical or biological
curative treatments are available. PPV is easily transmitted by aphids and by grafting; so, despite the considerable efforts made in many countries, PPV has
spread in all the most important Prunus growing
areas. The current short-term solution is the eradication of infected trees and the plantation of virus-free
material. In Italy, the virus presence was first identified in 1973 on apricot trees in Val Venosta area
(Northern Italy). Since then, and despite the precautionary measures put in place, it has been spreading
in almost all Italian regions, posing a serious threat to
the stone fruit industry. In Emilia Romagna region
(southern Po valley) it has been found since the early
‘80s, but the situation has worsened over the past
decade, when outbreaks of the M strain of the virus
have been identified. The M strain is characterized by
a fast spreading by aphid vectors. The Italian Ministry
of Agriculture sponsored the National Project PPVCON, aimed to fight the virus threat through breeding
*
[email protected]
actions in order to increase tolerance or introduce
resistance into peach and improve knowledge on the
virus biology and host interaction as well. No source
of resistance has yet been found in peach, thus the
isolation and introgression into P. persica of genes
coding for the resistance to Sharka disease would be
of significant economic and environmental benefit. In
France, the resistance was found in P. davidiana
(clone P1908), a species related to peach. In the offspring obtained from crossing ‘Summergrand’ (yellowflesh nectarine) and P1908, six QTL (Quantitative
Trait Loci) were identified. One of them, highly correlated to the resistance, appears to be homologous to
a QTL found in apricot. High level of resistance was
also observed in several almond cultivars and the
potential role of this species as a source of resistance
to PPV in peach breeding programs has been demonstrated (Gradziel, 2002; Martínez-Gómez et al., 2004).
As an alternative or complementary approach, genetically engineered resistance by transgenes obtained
from the virus itself is being tested. Transgenic PPV
resistant Prunus domestica plants containing the
PPV-CP (coat protein) gene have been obtained .
Field tests performed on ‘C5’ selection, one of these
transgenic clones (now patented as ‘Honey Sweet’),
clearly demonstrated to be resistant to PPV infection
either through aphid vectors and by graft inoculation.
Despite ethical-legislative limitations to the use of
genetically modified organisms (GMO) in the
European Union, at present, the goal of obtaining
35
Liverani et al.
transformed peach trees is not reached yet due to its
recalcitrance to in vitro transformation and regeneration. For these reasons, the actions of the PPVCON
project have been oriented exclusively on traditional
breeding techniques. More than 3500 seedlings from
about 100 crossing combinations were obtained from
the two available sources (P. davidiana and P. dulcis)
and are currently under evaluation. In order to assess
PPV resistance, seedlings were propagated onto
infected symptomatic ‘GF305’ seedling peach rootstocks, highly susceptible to PPV. The absence of
visible symptoms was further investigated with serological (DAS-ELISA) and molecular (Real-Time RTPCR) tests. After several cycles of inoculations, 34
selections were classified as putatively resistant. In
order to find molecular markers linked to the resistance, a progeny obtained by crossing the ‘SD 81’
resistant hybrid (P. persica x P. davidiana) and the
susceptible peach cultivar ‘Maria Aurelia’ has been
analyzed. This 88 individuals population was genotyped with microsatellite markers and a linkage map
was constructed. A QTL analysis showed two regions
involved in PPV resistance in LG1 and LG7. Two molecular markers linked to these regions were also
identified. The pomological evaluation of all the progenies has just started: phenotypically, most show
intermediate characteristics compared to parents,
although the traits of low fruit quality inherited from
the pollen parent (resistant hybrid) are prevalent. The
way to obtain resistant/tolerant cultivars with high fruit
quality is still long but it seems to be the only feasible
strategy to keep this species at a commercial stage,
at least where Sharka disease is endemic.
Key words: silencing, Prunus, transgenics, interspecific hybrids, ELISA, quantitative trait loci (QTL).
Introduzione
La sharka è oggi probabilmente la malattia che, a
livello mondiale, arreca i maggiori danni agronomici
ed economici alla coltivazione delle drupacee (Prunus
spp.). Questa virosi, riscontrata per la prima volta in
Bulgaria nel 1932, ha invaso gradualmente gran parte
dell’Europa, del bacino del Mediterraneo e del Medio
Oriente (Roy e Smith, 1994). Quindi, è stata segnalata
in America ed in Asia (Navratil e Saforova, 2005)
sino ad interessare recentemente il Giappone
(Maejima et al., 2010).
Agente della sharka è il virus della vaiolatura delle
drupacee (Plum Pox Virus = PPV), un’entità con particelle filamentose e flessuose di circa 700 nm di lunghezza e 11 nm di diametro, con genoma costituito da
una molecola di RNA a singolo filamento di polarità
positiva, a sequenza nucleotidica determinata (Maiss
36
et al., 1989; Myrta et al., 2006). In Italia, la virosi è
stata individuata nel 1973 su albicocco, in Val
Venosta; da allora, e nonostante le misure precauzionali messe in atto in tutto il territorio, si è diffusa in
quasi tutte le regioni italiane, costituendo una grave
minaccia per le zone di maggiore coltivazione delle
drupacee. La situazione si è aggravata alla fine degli
anni ’90, quando in diversi pescheti del veronese e del
cesenate è stato isolato il ceppo M del PPV, il più
virulento per questa specie (Giunchedi, 2003). Il virus
è presente ed in continua espansione anche in altre
aree peschicole: sono infatti stati rinvenuti focolai in
Basilicata, Lazio, Marche, Puglia, Piemonte e
Trentino, (Giunchedi et al. 2010; Palmisano et al.,
2009). Gli interventi finora messi in atto per contrastarne la diffusione, quali l’eradicazione delle piante
infette (nei casi di infezione più estesa il completo
espianto del frutteto), l’impiego di materiale vivaistico certificato e la lotta agli afidi, i principali vettori
del virus, hanno solo ritardato ma non bloccato la diffusione della malattia, che in alcune zone è diventata
endemica (Giunchedi et al., 2007; Vicchi e Babini,
2009). Lo sviluppo della malattia, una volta avvenuta
l’infezione primaria, è assai articolato e dipende dall’età e dalla struttura del frutteto, dalla cultivar, oltreché dalla specie vettore. Anche l’eliminazione delle
piante prossime a quelle infette, che potrebbero portare un’infezione latente (infezione presente ma non
sintomatica), va assolutamente attuata in una terapia
di contenimento (Dallot et al., 2003). In via sperimentale si è provato l’impiego di un ceppo del virus a
scarsa virulenza, ottenuto per effetto delle alte temperature, tale da non provocare infezioni rilevanti una
volta inoculato. Piante “vaccinate” con questo virus
non hanno manifestato i sintomi della malattia quando
inoculate con un ceppo D virulento. Questa strategia,
mirante a sfruttare il meccanismo della protezione
incrociata, sebbene abbia fornito risultati promettenti
(Ravelonandro et al., 2008), non sembra davvero perseguibile per i rischi connessi a una diffusione in
natura del ceppo avirulento.
Rispondendo alle sollecitazioni provenienti dalle
Regioni più colpite da questa virosi (Veneto, Emilia
Romagna, Lazio), nel 2007 il Mi.PAAF ha finanziato
il primo progetto di ricerca nazionale “Miglioramento
genetico del pesco per il controllo del virus della
sharka” (PPVCON). Questo progetto, di durata triennale, ha affrontato il “problema sharka” con approccio
multidisciplinare, coinvolgendo breeder, virologi e
genetisti molecolari con l’ambizioso obiettivo di
costituire materiale genetico tollerante o resistente al
virus e adatto agli ambienti di coltivazione italiani.
Lo stato dell’arte delle conoscenze ed i recenti pro-
gressi nazionali ed internazionali nella lotta alla
sharka sono oggetto della presente trattazione.
Fonti e natura della resistenza alla sharka in pesco
La ricerca di fonti di resistenza e lo sviluppo di
genotipi resistenti sono attualmente due tra gli obiettivi più importanti nei programmi di miglioramento
varietale condotti in Europa sulle specie di Prunus
coltivate. In alcune, ma non in tutte le drupacee sono
state rinvenute fonti di resistenza. In albicocco, ad
esempio, le cultivar ‘Bora’, ‘Harcot’, ‘Harlayne’,
‘Lito’, ‘Stella’, ‘Stark Early Orange’, sono caratterizzate da elevata resistenza al PPV (Martinez-Gomez e
Dicenta, 2000) e in grado di trasmettere questo carattere alle progenie, in alcuni casi secondo un modello
mono/oligogenico (cv ‘Lito’), in altri sotto controllo
poligenico (cv ‘Harcot’). Nella cultivar di albicocco
‘Harlayne’, considerata una delle più resistenti alla
sharka, i fattori di resistenza poligenica sono stati individuati e mappati sul gruppo di associazione LG1 e
giustificano il 39% della varianza fenotipica osservata
(Marandel et al., 2009a). Anche nel susino europeo
sono state individuate fonti di resistenza sia di tipo
quantitativo che qualitativo (reazione ipersensibile).
Le cultivar ‘Stanley’, ‘President’, ‘Ruth Gerstetter’
sono dotate di resistenza di tipo quantitativo, mentre
‘Jojo’ è la prima prugna al mondo, tra quelle note, che
presenta resistenza per ipersensibilità. La differenza
tra questi due tipi di resistenza è sostanziale: un individuo dotato di resistenza quantitativa non manifesta
sintomi in misura evidente o economicamente rilevante, ma può essere infettato e costituire, a sua volta, una
potenziale fonte di inoculo per le altre piante. Un individuo ipersensibile localizza ed elimina il virus tramite la rapida necrosi delle cellule della pianta circostanti il sito di penetrazione, in altre parole manifesta una
resistenza di tipo assoluto. L’ipersensibilità è un tratto
di estremo interesse nel breeding per la resistenza alla
sharka e, poiché la trasmissione del carattere nella
progenie è elevata, esso è attualmente sfruttato nell’attività di ricerca condotta su susino in Germania
(Neumüller et al., 2005). Nel pesco, purtroppo, dall’ampio screening varietale attuato da diversi gruppi
di ricerca europei non sono emerse fonti di resistenza
al PPV, sebbene esista tra le cultivar saggiate una
notevole variabilità nel livello di suscettibilità (Polàk
et al., 2003; Rubio et al., 2005; Palmisano et al.,
2008). Uno studio pubblicato di recente ha classificato
come tolleranti nove cultivar di pesco: ‘Blaze Prince’,
‘Canadian Harmony’, ‘Harken’, ‘June Prince’,
‘Legend’, ‘Loring’, ‘Rosired 1’, ‘Springcrest’ e
‘Suncrest’. La tolleranza osservata è probabilmente
correlata ad una resistenza di tipo quantitativo, come
precedentemente osservato in pesco (Decrooq et al.,
2005). Tali cultivar possono essere coltivate con successo in zone endemiche in quanto, quando infette,
solo pochissimi frutti manifestano i sintomi della
sharka, e solo in forma di limitate punteggiature o
anulature (Polak e Oukropec, 2008).
Una ricerca triennale condotta in Emilia Romagna
ha consentito di caratterizzare il grado di
suscettibilità/resistenza al virus delle principali varietà
di pesco, albicocco e susino coltivate nella regione, sia
attraverso la risposta ad inoculazioni sperimentali col
ceppo M, sia col monitoraggio in pieno campo. Lo studio ha confermato l’insidiosità del virus, che è molto
difficile da individuare con soli rilievi visivi, visto che
la sintomatologia sovente riguarda solo settori della
pianta - una singola branca, ad esempio -, e che può
avere un periodo di latenza molto lungo. In alcuni
genotipi, come ad esempio ‘Sweet Red’ e ‘Alix’, si è
manifestato solo dopo tre anni dall’inizio della sperimentazione e dopo ripetute inoculazioni. Delle 59 cultivar valutate, ‘Maria Dolce’, ‘Summer Lady’ e
‘Morsiani 90’ non hanno mai mostrato sintomi né sono
risultate positive ai test sierologici e molecolari, nonostante le piante venissero re-inoculate ogni anno (Poggi
Pollini et al., 2008).
Va inoltre evidenziato che i numerosi lavori effettuati per saggiare il comportamento delle cultivar di
pesco nei confronti di questa virosi non giungono
sempre alle stesse conclusioni, sia perché si sono utilizzati ceppi diversi del virus, o perché si è operato
per un periodo limitato di tempo e si è trascurato l’effetto ambientale.
Per questo, la resistenza alla sharka è stata ricercata in specie botanicamente affini al pesco. In Francia,
è stata trovata in Prunus davidiana (clone P1908):
nella progenie SD ottenuta dall’incrocio
‘Summergrand’ (nettarina a polpa gialla) x P1908
sono stati identificati sei QTL (Quantitative Trait
Loci) di cui uno, altamente correlato con la resistenza,
sembra omologo a quello individuato in albicocco
(Marandel et al., 2009b) in quanto, come in albicocco,
è localizzato nella parte distale del gruppo di associazione LG1 Decrocq et al., 2005). Un recentissimo
studio condotto sulla più ampia progenie RD
(‘Rubirà’ x ‘P1908’) ha evidenziato come questa sia
risultata complessivamente più suscettibile della SD al
ceppo M del virus, e che alcuni dei QTL precedentemente identificati come fortemente correlati alla
resistenza non erano presenti nella progenie RD
(Rubio et al., 2010). Lo studio, dunque, mette in evidenza l’importante ruolo del background genetico del
parentale suscettibile nella trasmissione della resisten37
Liverani et al.
za nelle progenie. Anche in alcune cultivar di mandorlo (Prunus dulcis) è stato trovato il carattere di
resistenza, almeno per quanto riguarda il ceppo PPVD, che per incrocio può essere trasferito al pesco
(Grazdiel, 2002; Martinez-Gomez et al. 2004).
Che il P. dulcis ed il P. davidiana siano attualmente le sole fonti utilizzabili per la trasmissione della
resistenza in pesco, è stato di recente confermato da
uno studio che ha analizzato tutti gli ibridi di pesco
attualmente disponibili (Polàck e Oukropec, 2010).
Biotecnologie a supporto del miglioramento genetico
L’avvento delle biotecnologie sta profondamente
modificando l’approccio della ricerca inerente i caratteri di interesse delle piante arboree. Grazie ad esse è
stato possibile, ad esempio, approfondire le conoscenze riguardanti le caratteristiche genetiche e strutturali
del virus responsabile della sharka, la cui conformazione è, oggi, conosciuta nel dettaglio (lunghezza, diametro, caratteristiche del rivestimento capsidico, funzione dei vari geni). Il miglioramento genetico tradizionale finalizzato alla resistenza al PPV è stato
affiancato dall’ingegneria genetica: a partire dagli anni
’90 è stata percorsa la via transgenica, usando il batterio Agrobacterium tumefaciens per il trasferimento di
un costrutto contenente il gene codificante la proteina
di rivestimento del PPV (Scorza et al., 1994). Uno dei
cloni transgenici ottenuti, clone C5, oggi cv
‘HoneySweet’, non ha mai mostrato i sintomi della
malattia, né dopo inoculazione mediante afidi né dopo
innesto a gemma con materiale infetto sia in campo
che in laboratorio (Hily et al., 2004; Malinowski et al.,
2006). Solo in inoculazioni con più ceppi del virus
associati ad altre tipologie virali quali ialovirus
(PNRSV e PDV) e tricovirus (ACLSV) si sono avute
sporadiche e molto limitate manifestazioni del virus,
confermando la persistenza della resistenza genetica
per un periodo di tre anni dall’inoculazione (Zagrai et
al., 2008). Risulta, inoltre, resistente ai quattro principali ceppi del PPV e capace di trasmettere la resistenza per incrocio (Ravelonandro et al., 2002).
Transgenico è anche l’approccio che prevede il silenziamento dell’espressione genica del virus col trasferimento, via A. tumefaciens, in porzioni di semi maturi
di pesco, susino e albicocco, di un costrutto rappresentato da una sequenza virale (senso) e dalla sua sequenza complementare (antisenso) separate da un introne
(Ilardi et al., 2007). Il costrutto, una volta inserito,
determina la produzione di RNA a doppio filamento
(dsRNA) che interferisce con quello del virus impedendone la moltiplicazione al momento dell’infezione.
Un approccio simile è stato eseguito su Nicotiana
38
benthamiana, con l’obiettivo, però, di conferire alla
pianta una resistenza sistemica all’infezione virale grazie al promotore rolC di A. rhizogenes, che viene
espresso nelle sole cellule del sistema vascolare: le
piante di tabacco trasformate con il costrutto ihprolCPP197 hanno mostrato resistenza sistemica alla virosi
(Pandolfini et al., 2003). Secondo tali autori lo stesso
approccio potrebbe, essere sfruttato per la produzione
di piante arboree transgeniche. Dopo la trasformazione, sia per silenziamento che per espressione guidata
da un promotore specifico, è indispensabile far seguire
la rigenerazione delle cellule trasformate, al fine di
ottenere piante geneticamente modificate. Nonostante
il notevole impegno dedicato alla messa a punto della
metodologia, in pesco la rigenerazione è un traguardo
non ancora realizzato (Damiano et al., 2007).
Al momento, la via dell’ipersensibilità sembra,
rispetto a quella transgenica, la più conveniente da
perseguire nella lotta alla sharka. Questo sia perché la
coltivazione in pieno campo di individui GM in
Europa è fortemente ostacolata, sia perché il carattere
di resistenza posseduto dal clone C5, di tipo qualitativo, non preserverebbe il portainnesto e le altre cultivar dall’infezione. D’altra parte, l’ipersensibilità è una
forma di risposta patogeno-specifica, e pertanto
potrebbe non preservare la pianta dall’infezione di
nuovi ceppi del virus. Inoculando la cv ‘Jojo’ con isolati di PPV-M, PPV-D ed un ricombinante naturale di
questi, Polak e collaboratori (2008) hanno riscontrato
che la cultivar era solo parzialmente ipersensibile nei
confronti del ceppo D. Dopo un periodo di crisi successiva all’inoculo, le piante mostravano una certa
ripresa vegetativa e l’infezione veniva trasmessa al
portinnesto (San Giuliano). Le biotecnologie, infine,
possono essere di grande aiuto al breeding tradizionale per l’identificazione e la localizzazione di geni di
resistenza, e per la loro associazione a marcatori
molecolari di facile utilizzo, così da agevolare il lavoro di selezione riducendo i tempi ed i costi per l’ottenimento di varietà migliorate (MAS, Selezione
Assistita da Marcatori).
Metodi di valutazione della suscettibilità/resistenza
al PPV
La determinazione del grado di suscettibilità di un
genotipo alla sharka è resa difficile dalla natura erratica di questo virus, che non si distribuisce omogeneamente nella pianta, da una carica virale che non è
costante nel tempo (massima alla ripresa vegetativa e
tendenzialmente in decremento nel corso dell’estate)
e, infine, da un periodo di latenza che può durare
anche di diversi anni. La valutazione della resistenza
al PPV di un genotipo può dirsi, pertanto, efficace
quando la risposta all’inoculazione artificiale (in
ambiente confinato e controllato), corrisponde alla
risposta di pieno campo in ambienti caratterizzati da
una elevata pressione infettiva. In un genotipo dotato
di resistenza quantitativa, la gravità dei sintomi manifestati può variare in funzione di fattori ambientali (in
condizioni di stress le piante manifestano sintomi più
gravi): questo spiegherebbe in parte alcune discrepanze nella classificazione di alcuni genotipi per livello di
suscettibilità/resistenza (es. le susine ‘Stanley’ e
‘President’ oppure le albicocche ‘Stella’ e ‘Goldrich’),
in diverse esperienze. E’ molto importante, inoltre,
valutare la resistenza di un genotipo a diversi ceppi
e/o isolati del virus (Escalettes et al., 1998).
Diverse sono le metodologie oggi impiegate per
valutare la suscettibilità di un genotipo. Il test classico
prevede l’innesto di 1-2 gemme provenienti da materiale infetto sul genotipo da valutare, precedentemente
innestato su un portinnesto sano e suscettibile (pianta
indicatrice). Su pesco ed albicocco vengono generalmente impiegati semenzali di pesco GF305, genotipo
altamente suscettibile al virus, che si manifesta con la
comparsa delle tipiche maculature e anulature clorotiche e deformazioni fogliari in sole 4-5 settimane dall’inoculazione, conseguenti ad una distruzione dei
lipidi della membrana cellulare a seguito di stress
ossidativi (Hernàndez et al., 2004). Una variante del
modello sperimentale (Pascal et al., 2002), è rappresentata dall’innesto di 1-2 gemme del genotipo da saggiare su un portinnesto in precedenza infettato. Simile
la metodologia utilizzata, su susino, da Hartmann, che
prevede l’innesto del genotipo da valutare su un intermedio, infetto precedentemente, inserito sull’indicatore virus-esente (Hartmann e Neumüller, 2006). Le
piante inoculate vanno poi controllate per più di un
ciclo vegetativo, sia con rilievi visivi che con analisi
immunologiche e/o molecolari. I sintomi dell’infezione sul gentile o sul portinnesto vengono visivamente
classificati secondo una scala di gravità. La
presenza/assenza del virus ed il riconoscimento del
ceppo vengono effettuati usando anticorpi mono o
policlonali (metodo immunologico ELISA) o con la
tecnica della RT-PCR (Reverse TranscriptasePolymerase Chain Reaction), che consente di amplificare una sequenza di DNA a partire da RNA virale
presente nei tessuti infetti. Le analisi molecolari sono
considerate più affidabili di quelle sierologiche, sia
perché molto più sensibili nel rilevare la presenza del
virus a concentrazioni bassissime, sia perché in grado
di meglio discriminare il ceppo di appartenenza
(Candresse et al., 1998). L’identificazione dei vari
ceppi del PPV può essere effettuata mediante uso
della real time PCR (Varga e James, 2005), tecnica
che consente di quantificare la concentrazione del
virus nei tessuti della pianta (Olmos et al, 2005).
Questo approccio, che potrebbe consentire di conoscere il grado di colonizzazione e la moltiplicazione
del PPV nel suo ospite, apre nuove prospettive in un
programma di miglioramento genetico, basato sull’individuazione di varietà tolleranti o resistenti. Il confronto tra l’espressione sintomatologica rilevata sulla
base di una scala di gravità e i risultati di analisi diagnostiche a diversa sensibilità consente di classificare
la risposta della pianta all’infezione virale dal livello
di suscettibilità fino all’immunità totale.
I sistemi diagnostici per l’identificazione del PPV
all’interno dei tessuti vegetali e per la distinzione dei
ceppi del virus si basano sul riconoscimento del rivestimento proteico mediante analisi sierologiche (test
ELISA), utilizzando antisieri policlonali o anticorpi
monoclonali (Cambra et al., 2006) o sul riconoscimento dell’acido nucleico virale mediante test molecolari. Questi ultimi sono più sensibili, essendo basati
sull’amplificazione di una sequenza di DNA a partire
anche da basse concentrazioni dell’RNA virale presente nei tessuti infetti. Nella RT-PCR la reazione
viene evidenziata mediante la visualizzazione della
banda amplificata su gel (Wetzel et al., 1992), mentre
nella real time RT-PCR (rt RT-PCR) la visualizzazione della reazione avviene mediante emissione di fluorescenza e ciò ne determina una maggiore sensibilità
diagnostica (Olmos et al., 2005; Varga e James,
2005). Più di recente, infine, è stato messo a punto un
ulteriore metodo diagnostico che, utilizzando la tecnologia Real Time PCR (Spot Real Time RT-PCR), consente la diagnosi del virus anche su campioni prelevati
durante il periodo di riposo vegetativo della pianta,
nei quali la diagnosi è più difficoltosa a causa del
basso titolo virale (Capote et al., 2009).
Il progetto PPVCON
Lo scopo generale del progetto, coordinato dall’Unità
di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì del CRA (CRAFRF), è stato quello di costituire accessioni di pesco resistenti/tolleranti al PPV, sebbene gli obiettivi specifici
delle 9 istituzioni scientifiche (tab. 1) coinvolte fossero
assai articolati: ottenimento di selezioni resistenti
mediante incrocio, valutazione del grado di suscettibilità
di accessioni di diversa provenienza, caratterizzazione
degli isolati di PPV, studio del rapporto ospite/parassita,
messa a punto di sistemi di selezione assistita.
Le cinque UO di Miglioramento genetico (CRAFRF; CRA-FRU-MG; CRA-FRC; DO-UFI;
Di.Pro.VE.MI) hanno proceduto secondo due direttive
39
Liverani et al.
Tab. 1 - Unità operative coinvolte nell’attività di miglioramenti genetico del progetto PPVCON.
Tab. 1 - Working units involved in the PPVCON project.
Sigla
CRA-FRF
CRA-FRC
Di.Pro.Ve
Dista-BO
CRA-FRU
DPPMA-BA
CRA-FRUBIO
DIPSA-UFI
CRA-PAV
Unità operativa
Responsabile
CRA- Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
CRA- Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta
Dipartimento di Produzione Vegetale,
Università di Milano
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Agroambientali, area di Patologia Vegetale,
Università di Bologna
CRA- Centro di ricerca per la Frutticoltura Roma,
gruppo di Miglioramento Genetico
Alessandro Liverani
Pasquale Piccirillo
Dipartimento di Protezione delle Piante e
Microbiologia Applicata, Università di Bari
CRA- Centro di ricerca per la Frutticoltura Roma,
gruppo biologia molecolare
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali,
del Suolo e dell'Ambiente Agroforestale - Sezione
di Coltivazioni Arboree, Università di Firenze
CRA - Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale,
Roma
di ricerca. La prima è stata finalizzata alla determinazione del livello di suscettibilità di accessioni di pesco
di varia origine. Alcune di queste accessioni sono
asintomatiche in ambienti a forte pressione del virus,
altre sono in possesso di resistenze nei confronti di
altri patogeni. La seconda linea di ricerca ha avuto per
obiettivo la costituzione di nuove selezioni che associno la resistenza a sharka all’elevato valore pomologico. A tale scopo sono stati eseguiti incroci tra cultivar/selezioni di buona qualità agronomica e pomologica con fonti di resistenza di diversa provenienza,
alcune delle quali reperite da P.davidiana e P.dulcis.
Le UO di patologia (DISTA-BO; CRA-PAV;
DPPMA-UBA) hanno collaborato all’attività di selezione delle cultivar e delle progenie d’incrocio attraverso la determinazione e la classificazione del loro
livello di resistenza, applicando protocolli operativi
condivisi. Inoltre, hanno condotto ricerche finalizzate
ad approfondire le conoscenze sulle modalità di trasmissione del virus. Alle UO di biologia molecolare
(CRA-FRU; Di.Pro.Ve.MI), infine, è stato affidato il
compito di coadiuvare l’attività di breeding attraverso l’applicazione di metodiche funzionali alla selezione precoce degli individui resistenti. Tra le azioni previste, la costruzione di mappe genetiche di associazione a partire da popolazioni segreganti per il carattere
resistenza, pianificate in collaborazione coi breeder;
la localizzazione sulle mappe ottenute di tratti monogenici o poligenici della resistenza al PPV; la localizzazione sulla mappa di analoghi di geni di resistenza
40
Collaboratori
Federica Brandi, Daniela Giovannini
Loredana Ciarmiello, Antonio De Luca
Ilaria Mignani
Carlo Poggi Pollini
Luciano Giunchedi, Anna Rosa Babini, Stefano
Borsari, Chiara Lanzoni, Claudio Ratti,
Concepcion Rubies Autonell, Valerio Vicchi
Luigi Conte
Vito Savino
Ignazio Verde
Alessandra Bazzoni, Donato Boscia,
Antonio Cardone, Angelantonio Minafra,
Francesco Palmisano
Roberta Quarta, Maria Teresa Dettori,
Sabrina Micali, Jessica Giovinazzi
Elvio Bellini,
Edgardo Giordani
Valter Nencetti, Daniele Morelli,
Enzo Picardi
Marina Barba
Graziella Pasquini, Luca Ferretti
(RGA) già identificati in altre specie ma con caratteristiche comuni trasversalmente alle specie; l’identificazione di marcatori molecolari strettamente associati ai
caratteri di resistenza ricercati, ai fini della selezione
assistita delle progenie.
Risultati del Progetto
Valutazione del grado di suscettibilità di accessioni di
recente diffusione
Dall’inizio del progetto sono state saggiate più di
cento accessioni (tab.2), utilizzando un modello sperimentale armonizzato sia per le inoculazioni che per la
valutazione della risposta all’infezione. Per le infezioni sperimentali è stato utilizzato un ceppo del virus
(PPV-M GR0019), fornito e caratterizzato dal
DPPMA di Bari. La stessa UO ha proposto di classificare la suscettibilità di ogni singola accessione in funzione della risposta all’infezione virale. Ogni accessione sintomatica (confermata positiva al test ELISA),
è stata definita suscettibile. Le accessioni asintomatiche su fiori, foglie e frutti sono state classificate come
tolleranti se negative in ELISA, ma positive in RTPCR; resistenti, se positive solo in real time PCR;
immuni, se negative a tutti i test.
Da questo ampio screening non sono emerse
accessioni immuni, ma è stata confermata la notevole
variabilità nella suscettibilità riscontrata in indagini
similari. Fra le più promettenti, alcune accessioni del
vecchio germoplasma peschicolo italiano (‘Capucci
Tab. 2. Elenco accessioni valutate per la resistenza a PPV.
Tab. 2 - Peach accessions evaluated for PPV resistance.
Tipo
Pesche Bianche
Pesche Gialle
Nettarine Bianche
Nettarine Gialle
Selezioni (varietà commerciali x
Nettarina pendula sel. S2678)
Selezioni da
Prunus ferganensis
Germoplasma di diversa provenienza
Elenco
Alirosada, Greta, Crizia, Aliblanca, Snow Brite, Maria Regina
Rubyrich, Kaweah, Tardibelle, Vistarich, Zee Lady, Redhaven, Maycrest, Glohaven, Rich Lady,
Supercrimson Gold, Elegant Lady, Contender, Soleada,
Neve, Maylis, Maria Lucia
Alitop, Venus, Morsiani 90, Laura, Rose Diamond, Nectagrand Ambra, May Fire, Nectagrand 1
IF7310828,194 Q XLII 11, 194 Q XL 12, 195 R XLIV 23, 195 R XLIV 24, 195 R XLIV 25,
394 Q XXXVII 52, 393 Q XIV 54, 394 Q XXXVII 54, 393 Q XIV 55, 394 Q XXXVII 55,
193 Q XVI 63, 194 R XXXIX 64, 194 R XXXIX 65, 194 R XXXIX 66, 193 Q XVI 69,
194 Q XXXIX 97, 194 Q XXXIX 100, 195 R XLIII 124, 195 R XLIII 123, 195 R XLIII 127,
194 Q XL 10, 393 Q XIV 56, 193 Q XVI 62, 194 Q XXXIX 118
F1P72 (ibrido P. ferganensis x IF7310828), BC1 19, BC1 25, BC1 61 (prodotti di reincrocio con
IF7310828 ricorrente);
B 591750, Chun Hun, Jing Yu, NJ 307 (A 111-12), NJ Weeping (PI 91459), S 5898:128, S 6699,
T 16, Romaner, Amarillo De Agosto 1, Helena Cling, Chimarrita, Quetta, Bei Jing. Zhao Xiang,
Maruja, Da Ju Bao, Buco Incavato, Contender (NCT 544), HB 11-11, Ouro-Iapar, RR 53-272,
Capucci 18, Toschina di Novembre, Salkaja, Siberian C , S 5898128, Helena Klin 6, Chimarrita,
Elberta, Fei Cheng, Hardyred, NJ 307, Pieri 81, GF 677, NJ Weeping, Harrow Blood, Kamarat,
Rosa Dardi, Jing Yu
18’, ‘Kamarat’, ‘Michelini’ e ‘Rosa Dardi’), cinese
(‘Fei Cheng’ e ‘Jing Yu’), canadese (il portainnesto
franco ‘Harrow Blood’) e centro-americano
(‘Salkaja’), classificate come tolleranti per assenza di
sintomi o per la comparsa molto ritardata rispetto al
momento dell’inoculazione. Altre accessioni sembrano possedere pari livello di tolleranza, anche se la
valutazione è stata effettuata per due soli cicli: tra queste, le selezioni ‘394 Q-XXXVII 55’, ‘195R -XLIII
127’, ‘394Q -XXXVII 52’ del CRA-FRU.
Il fatto che nelle piante legnose, a differenza delle
erbacee, la risposta all’infezione virale sia strettamente
dipendente dallo stato fisiologico dell’ospite e dalle condizioni ambientali (Dosba et al., 1994) - tanto che sono
necessari periodi di valutazione pluriennali (Kegler et
al., 1998) -, impone una certa cautela nella valutazione
dei risultati sinora conseguiti. D’altra parte lo scopo fondamentale di questi studi è individuare fonti di resistenza putative da impiegare in successive combinazioni
d’incrocio: la validazione di questi risultati preliminari si
avrà anche tramite la valutazione della resistenza nelle
eventuali progenie da queste costituite.
Costituzione di nuovo materiale genetico
Le UO di miglioramento varietale hanno eseguito
incroci controllati iniziando, in alcuni casi, l’attività
nell’anno precedente l’avvio del progetto. Come fonti
di resistenza sono state impiegate le migliori selezioni
dell’INRA di Avignone [ibridi (‘Summer Grand’
(pesco) x P. davidiana): SD40, SD45, SD75, SD81] e
dell’Università di Davis (California) [ibridi (‘Padre’
(mandorlo) x ‘54P455’ (pesco)) X ‘Hesse’ (pesca da
industria)) autoimpollinati: UCD-F8.5-156, UCD-F8.5166]. Come parentali migliorativi per le caratteristiche
pomologiche sono state impiegate cultivar commerciali
(tra cui ‘Maria Aurelia’, ‘Big Top’, ‘Suncrest’,
‘Nectaross’, ‘Ruby Rich’), selezioni promettenti (quali
IFF 954, IFF 974, IFF 983, 19-CE-95, 47-CE-FP, 100CE-95, 101-CE-FP, 126-CE-95, 153-CE-FM) e cultivar di recente licenziate dalle UO stesse (‘Ufo 6’, ‘Sole
3’, ‘Sole 4’, ‘Sole 5’, ‘Alitop’, ‘Alired’, ‘Ghiaccio 0’,
‘Ghiaccio 1’, ‘Ghiaccio 2’, ‘Ghiaccio 3)’.
In totale, sono state effettuate circa 100 combinazioni d’incrocio, che hanno prodotto 3570 semenzali,
attualmente in fase di valutazione in campo. Grazie
agli incroci effettuati prima dell’avvio del progetto,
già nel primo anno è stato possibile iniziare la selezione per la ricerca della resistenza al virus su alcune
popolazioni, secondo la metodologia di valutazione
precedentemente descritta. Durante il periodo estivo,
il virus (ceppo PPV-M-0019 Gr) è stato inoculato su
piante di GF305 mediante doppia inserzione (chip) di
tessuti provenienti da piante infette. Nell’autunno
seguente, gemme dormienti dei semenzali ottenuti
dalle UO di breeding sono state innestate a ‘chip budding’ su 3 piante di GF305 infette e 1 sana di controllo. Alla ripresa vegetativa, la valutazione della resistenza/suscettibilità è stata eseguita visivamente e in
seguito controllata coi test sierologici e molecolari.
Ogni UO di patologia ha controllato, in media, un
centinaio di semenzali/anno, inizialmente scelti
casualmente, in assenza di informazioni sulle caratte41
Liverani et al.
ristiche pomologiche ma, a partire dal 2009, sui
semenzali valutati come migliori dalle le U.O. di
breeding. I primi risultati dei rilievi sulla suscettibilità
al PPV sono riportate in tab.3. Complessivamente, a
fronte di 330 semenzali saggiati (alcuni anche per 2-3
anni consecutivi) ne sono stati individuati 34 putativamente resistenti alla sharka. Mediamente, solo il
7% dei semenzali classificati come resistenti ha come
genitori i cloni di mandorlo dell’USDA, mentre il
15% discende da cloni di P. davidiana dell’INRA. La
selezione pomologica delle progenie è appena iniziata: la maggior parte ha caratteristiche intermedie
rispetto ai genitori di partenza, anche se fenotipicamente prevalgono i tratti del frutto qualitativamente
inferiori (ereditati dal genitore paterno, cioè l’ibrido
resistente). Questo risultato è molto interessante, perché evidenzia come sia possibile combinare buone
caratteristiche qualitative e resistenza.
In linea di massima, gli ibridi con davidiana sono
più colorati rispetto a quelli ottenuti da mandorlo, che
invece conferisce migliore pezzatura. Indipendentemente dal parentale resistente, nelle popolazioni
ottenute si riscontra un peggioramento nella consistenza della polpa rispetto al parentale materno, sebbene la qualità organolettica sia in generale già ad un
livello accettabile.
Messa a punto di sistemi di selezione assistita
Una popolazione di 88 individui ottenuta dall’incrocio della cultivar ‘Maria Aurelia’ con l’ibrido SD81 è
stata analizzata mediante marcatori microsatelliti SSR
allo scopo di costruire una mappa di associazione sulla
quale localizzare geni legati alla resistenza a PPV. Gli
SSR sono stati scelti in base alla posizione su altre
mappe di associazione del genere Prunus, in modo da
avere una copertura uniforme e completa del genoma. I
profili di amplificazione sono stati risolti tramite corsa
elettroforetica su gel di agarosio ad alta risoluzione
(MetaPhor® , Cambrex Ltd) e solo in pochi casi tramite elettroforesi capillare su gel di acrilammide
(Beckman-Coulter CEQ8000). La mappa è stata elaborata tramite MAPMAKER EXP 3.0. La fenotipizzazione è stata effettuata tramite screening visivo dei sintomi, saggi ELISA e qRT PCR. L’analisi dei QTL è stata
effettuata tramite MapQTL 4.0 usando statistiche parametriche e non parametriche.
La mappa ottenuta è attualmente composta da 9
gruppi di associazione (LG) riconducibili a 8, numero cromosomico di base del pesco. Ad eccezione di
una inversione nel gruppo di associazione LG1
(UDP005 con CPPCT010) ed una in LG7
(EPPCU5176 con CPSCT042), tutti gli altri microsatelliti posizionati seguono la localizzazione in base
alla quale erano stati scelti, confermando la sintenia
e la co-linearità ampiamente osservate tra le specie
del genere Prunus. L’analisi dei QTL ha messo in
evidenza la presenza di due regioni coinvolte nella
resistenza al virus, una in posizione distale su LG1
ed una in posizione distale su LG7. Quest’ultima
regione risulta implicata anche nel QTL per il carattere “movimento discendente ristretto” (MDR), che
considera la difficoltà di traslocazione basipeta del
virus come il risultato di una componente genetica
della resistenza portata dal nesto, misurata attraverso
il rilievo della sintomatologia visibile sul portainnesto (Decroocq et al., 2005).
Prospettive
Nonostante i rigidi controlli e gli interventi di estirpazione delle piante infette, attuati in molte regioni italiane, la sharka continua a diffondersi, soprattutto nei
Tab. 3 - Materiale genetico ottenuto dalle UO di breeding e selezionato per resistenza a PPV dalle UO di Patologia Vegetale nell'ambito
del Progetto PPVCON.
Tab. 3 - Breeding stock selected according to PPV resistance in the frame of PPVCON project.
Semenziali saggiati
n.
“Classe 0” (resistenza)
(%)
“Classe 1” (elevata tolleranza)
(%)
CRA-FRF
DISTA
SD 40
SD 75
SD 81
UCD-F8,5-156
UCD-F8,5-166
28
24
5
27
56
21,4
16,6
0,0
7,4
7,1
14,3
4,1
20,0
14,8
5,3
DIPSA-UFI
CRA-PAV
SD 81
99
6
9
Di.Pro.Ve
DPPMA-BA
SD 45
SD 75
SD 81
50
23
18
330
8
21,7
16,6
10,3
14
8,6
0
9,3
UO
Totale
42
Padre resistente
pescheti, principalmente a causa del virulento ceppo
M. La situazione in alcune regioni si sta addirittura
aggravando e, di conseguenza, diventano sempre più
onerosi gli interventi necessari ad isolare i focolai e a
contenere l’espansione della malattia. Il ricorso all’impiego di varietà tolleranti, almeno dove questa malattia
è endemica, appare, pertanto, l’unica strategia percorribile per consentire la coltivazione di questa specie.
I primi risultati ottenuti dal progetto PPVCON
sembrano molto incoraggianti: alcune vecchie cultivar
del germoplasma italiano e selezioni costituite nell’ambito del progetto stesso presentano una resistenza
putativa alla sharka, sebbene siano pomologicamente
non competitive con le cultivar commerciali. È quanto
mai opportuno quindi proseguire gli studi su questo e
altro materiale che, inoculato artificialmente, si presenta refrattario all’infezione e confermarne la resistenza direttamente in campo, in zone con forte presenza del virus. La nuova normativa italiana (DM del
28 luglio 2009 pubblicato sulla G.U. n°235 del
09.10.09) di lotta alla malattia, che istituisce le zone di
insediamento, offre proprio l’opportunità di avviare
concretamente queste sperimentazioni. Nelle zone di
insediamento, infatti, non è obbligatorio abbattere le
piante infette perché la malattia, a causa dell’elevata
diffusione, non è più eradicabile.
Nonostante questi primi successi, la strada è ancora
lunga. D’altra parte nessun progetto di miglioramento
genetico di piante da frutto riesce a dare risultati applicativi in soli tre anni, tanto più se il carattere da selezionare è una resistenza la cui fonte deriva da altre
specie, pomologicamente molto distanti dagli eccezionali traguardi qualitativi cui oggi si è giunti in pesco.
A titolo esemplificativo, la resistenza a sharka derivante dal Prunus davidiana appare regolata da almeno
sei regioni genomiche (QTL), e quindi la probabilità
di abbinare nelle progenie il carattere buona qualità
del frutto e resistenza alla sharka è decisamente bassa.
Ciò rende necessario lavorare con ampie popolazioni
ed eseguire i test di resistenza su numerosi individui.
Al riguardo, lo sviluppo di metodologie di selezione
assistita potrà fornire un valido aiuto nell’accelerare
l’individuazione dei portatori di resistenza. Non va
trascurata, infine, la strada delle biotecnologie (transgenosi) per introdurre anche in pesco, così come è
avvenuto nel susino, geni di resistenza, soprattutto se
verranno confermati i recenti risultati di riuscita rigenerazione di tessuti di pesco trasformati (Scorza c.p.).
Riassunto
La Sharka, causata dal Plum pox virus (PPV), è la
virosi più pericolosa delle drupacee. In Emilia
Romagna è presente fin dai primi anni ’80, ma la
situazione si è aggravata nello scorso decennio, per il
ritrovamento, in alcune aree peschicole, di piante
infette dal ceppo M del virus, particolarmente aggressivo. Contro questa virosi non esistono interventi
curativi. L’ottenimento di piante geneticamente resistenti è l’obiettivo primario dell’attività di miglioramento genetico di molti progetti di ricerca, fra cui il
PPVCON (MiPAAF). Nel pesco non sono state individuate fonti di resistenza specifiche, ma l’azione di
breeding attuata nell’ambito del progetto PPVCON ha
sfruttato resistenze presenti in specie affini come P.
davidiana e P. dulcis, oltre ad esplorare la presenza di
fattori di resistenza in svariate accessioni del germoplasma di pesco. I semenzali ottenuti da incroci interspecifici con queste due fonti di resistenza sono stati
valutati, e 34 sono risultati putativamente resistenti.
Inoltre, in una popolazione BC2 P. persica x P. davidiana sono stati individuati due QTL, localizzati su
due Linkage Group (LG1 e LG7), putativamente coinvolti nella resistenza al virus.
Parole chiave: breeding, drupacee, PPV, mappa di
associazione, P. davidiana, P. dulcis
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