www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Suoni muti. Rumori, musica e voci nei fumetti Jacopo Conti I fumettisti hanno elaborato numerosi escamotage per ovviare alla totale assenza di sonoro all’interno del loro medium, esattamente come hanno fatto per il movimento. In questo saggio vengono analizzati alcuni dei metodi che hanno permesso al fumetto di rappresentare rumori, musica e voci emancipandosi dalla narrativa esclusivamente scritta e dall’arte figurativa per poi considerare la possibilità di incorporarne alcuni nello sviluppo di nuovi metodi di trascrizione musicale. L’icona sinestetica di gran lunga più usata, più complessa e più versatile delle molte dei fumetti è l’onnipresente, amatissimo balloon. Nel corso degli anni, gli autori di fumetti hanno lottato con decine di varianti nei loro disperati tentativi di descrivere il suono in un medium rigidamente visivo.1 Proprio perché il fumetto è un medium rigidamente visivo, il suono e la musica sembrano esserne tagliati fuori completamente. Di fatto è così: non c’è alcun suono nei fumetti. Essendo visivo e al contempo narrativo, però, è necessario che includa al suo interno, oltre al movimento, anche una rappresentazione del suono; non dimentichiamoci che molto, all’interno della cosiddetta arte sequenziale, si avvicina ai metodi della narrazione cinematografica, pur con differenze fondamentali, e proprio nel periodo in cui il sonoro entra nel linguaggio filmico, le onomatopee si insinuano – con tempi e modalità diverse a seconda dei contesti e degli autori – nelle vignette, fino a divenire protagoniste di molte scene. L’uso della rappresentazione sonora è diventato sempre più importante mano a mano che il fumetto si emancipava dalle forme di cui rappresenta una sorta di fusione (arte figurativa e narrativa), dimostrandosi uno degli elementi cardine per la formazione del cosiddetto fumetto moderno. Negli ultimissimi anni sono state pubblicate moltissime storie o biografie a fumetti che riguardavano protagonisti del mondo musicale (John Coltrane, 2010, Jimi Hendrix, 2010, Luigi Tenco, 2008, Fabrizio De André, 2008, Fats Waller, 2004…); per poterle realizzare, è implicito che si sia dovuto affrontare la sfida di una raffigurazione della musica sul http://www.turindamsreview.unito.it 1 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ tavolo da disegno, opera impossibile senza la consapevolezza acquisita dagli autori nei quasi centoventi anni di età di questo medium. In questo saggio si prenderanno in esame molti – certamente non tutti – modi con cui suono, musica e voce sono stati rappresentati nella nona arte, cercando di coprire un buon numero di epoche e contesti geografico-culturali; la completa esaustività, ahimè, non è però possibile. L’intento è quello di collocare gli escamotage grafici nel loro contesto culturale e comprendere come e perché questi siano stati elaborati e siano (o non siano) sopravvissuti, per poi – nella conclusione – proporne l’utilizzo per un possibile sistema di rappresentazione sonora utilizzabile nella trascrizione. I fumettisti hanno fatto di necessità (l’assenza del suono nei loro strumenti) virtù, elaborando metodi più o meno semplici ma molto efficaci: non è detto che i loro traguardi non possano essere di stimolo in altri contesti. In appendice, nella sezione Riferimenti fumettistici nelle figure, sono elencati i rimandi bibliografici da cui sono tratte le immagini. Per ragioni di spazio non si sono potuti includere alcuni esempi, né riportare altri riferimenti a storie in cui la musica scritta fa parte della narrazione a fumetti (come criterio preferenziale – indubbiamente soggettivo – si è scelto l’utilizzo innovativo della rappresentazione sonora ai fini narrativi e descrittivi), ma, come si è già accennato, l’esaustività assoluta è irraggiungibile. Altri lavori in questo senso sapranno colmare tale lacuna. SUONI È curioso notare come una necessità dettata da un limite sia diventata uno degli elementi più ampiamente riconducibili al fumetto: anche un non appassionato riconosce all’onomatopea «BANG!» lo status di codice linguistico proprio del fumetto.2 Probabilmente è anche per questo motivo che le gigantesche scritte che comparivano durante le scene di lotta nel telefilm Batman, prodotto tra il 1966 e il 1968, sono passate alla storia come elemento comico: erano un goffo tentativo di rendere un elemento prettamente fumettistico sullo schermo. Ma perché goffo? Oltre al fatto che spesso si impiegavano onomatopee assurde e impronunciabili (Figura 1), non era un espediente necessario né utile: i suoni erano già perfettamente udibili. Non solo: oltre alla marca http://www.turindamsreview.unito.it 2 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ sonora diegetica della scazzottata (quelli reali sono troppo sordi per funzionare sullo schermo), le succitate scene di azione facevano ricorso a una musica di sottofondo (il celebre tema della sigla) nella quale i colpi venivano messi in risalto da veloci glissati dissonanti – perché, si sa, una dissonanza può far male come un pugno nello stomaco – degli ottoni. Non vi era quindi solo una sovrabbondanza visiva, ma anche sonora. Figura 1. Una delle tante, impronunciabili onomatopee a tutto schermo dal telefilm Batman (1966) In realtà, le onomatopee non sono presenti da sempre nei fumetti: ne Il corriere dei piccoli le storie – come Il signor Bonaventura (1917, di Sergio Tofano) o Quadratino (1910, di Antonio Augusto Rubino) – sono piccoli racconti di una tavola con brevi didascalie in rima a commento di immagini completamente “mute”, cioè prive di dialoghi od onomatopee. Ancora una ventina di anni dopo negli Stati Uniti, in storie come quelle di Flash Gordon (creato nel 1934 da Alex Raymond; Figura 2), Mandrake (1934, di Lee Falk e Phil Davis) e Tarzan nell’adattamento di Burne Hogarth, lo svolgimento è ancora saldamente radicato alla narrazione esclusivamente scritta (probabilmente qui il rifermento è il romanzo di avventura per ragazzi), ragion per cui non solo mancano scritte o elementi grafici che intendano rappresentare i rumori (mentre sono già presenti delle piccole linee di movimento), ma sono “staccate”, risultando, in pratica, come immagini commentate da didascalie (o viceversa). Prendendo in esame le scene di azione nelle storie dei tardi anni trenta e quaranta dei http://www.turindamsreview.unito.it 3 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ neonati supereroi come Superman (1938, di Jerry Siegel e Joe Shuster) e Batman (1939, di Bob Kane), la pratica di evitare le onomatopee e fare descrivere l’azione dalle parole è ancora attuata. Figura 2. Alex Raymond, Flash Gordon – da Il mostro maledetto (1939). Nessuna onomatopea per descrivere i suoni: l’immagine riproduce la didascalia senza aggiungere o togliere nulla In quegli stessi anni, parallelamente, possiamo però notare che il suono si guadagna uno spazio sempre più importante: Will Eisner, in The Spirit (1940), gli conferisce un ruolo di grande rilievo, scegliendo addirittura quali suoni far comparire e quali no all’interno della medesima storia. Qualora la fonte del suono fosse presente in scena – e magari ben identificabile attraverso il tratteggio delle linee, come in Figura 3 – l’onomatopea diverrebbe pleonastica, per cui viene omessa, mentre invece suoni importanti per la narrazione che avvengono fuori campo vengono riportati sulla tavola sia con le linee che con le scritte (Figura 4). Il procedimento attuato, quindi, è scevro da ogni ridondanza: viene cioè attuato un procedimento sottrattivo, antitetico rispetto a quello del telefilm descritto in precedenza. The Spirit segue il modello della detective story, ma si rifà – specialmente per le sequenze “familiari” con la fidanzata del protagonista, come in Figura 4 – alla commedia brillante, per cui i suoi tempi devono essere serrati e la narrazione efficace. http://www.turindamsreview.unito.it 4 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 3. Will Eisner, The Spirit - da L'eredità (1948). I suoni in campo non vengono segnalati come onomatopee, ma attraverso le linee Figura 4. Will Eisner, The Spirit – da L'eredità (1948). I suoni fuori campo vengono riportati graficamente come onomatopee Nonostante la porta venga sbattuta con grande forza, qui lo «SLAM» che ne identifica il suono è piccolo: in fondo il rumore è quello, le linee e la scritta, per quanto piccole, svolgono il loro compito. È estremamente interessante notare come, però, le immagini e i suoni diegetici guadagnino sempre più posto, almeno nel fumetto d’azione. Negli anni sessanta è ancora in atto la pratica della descrizione del disegno attraverso la didascalia, ma la grafica prende sempre più il sopravvento, http://www.turindamsreview.unito.it 5 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ addirittura passandosi il testimone in maniera esplicita con le descrizioni: nella Figura 5, tratta dallo “storico” episodio in cui Capitan America entra a far parte dei Vendicatori, il testo «Le quali, con forza sempre crescente, strappano il pesante oggetto senza mai cedere per un secondo… finché…» rimane in sospeso per “lanciare” l’onomatopea «WHOOOM!», significativamente di colore rosso ed enorme (il volume del colpo deve essere verosimilmente alto), al punto di oltrepassare i bordi della vignetta; la voce fuori campo cede il passo al suono diegetico. Tutte sinestesie, naturalmente. Figura 5. Jack Kirby (disegni) Stan Lee (sceneggiatura), I Vendicatori – da Capitan America si unisce ai Vendicatori (1964). La didascalia passa il testimone all’enorme onomatopea Il fumetto si smarca quindi dalla narrazione scritta, e lo fa utilizzando una delle sue più proprie manifestazioni, ovvero l’onomatopea, che diventa elemento grafico e parte fondamentale nella composizione dell’immagine. Sono il ruolo del suono e la sua rappresentazione ad aiutare la costruzione di un idioma proprio della nona arte: a un volume alto corrisponde una grande dimensione, e ad un suono che interrompe un desolato silenzio corrisponde un colore che spicca sullo sfondo. http://www.turindamsreview.unito.it 6 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Protagoniste delle tavole, queste scritte sempre più grandi e variegate sono diventate, come si è già detto, il simbolo pop del fumetto per antonomasia. I manga – i fumetti giapponesi – ne fanno un uso più sfacciato e prorompente rispetto alla loro controparte europea e americana, specialmente nel genere avventuroso: nelle splash pages (tavole costituite da una sola, grande immagine) e nelle loro versioni a doppia anta (due tavole, un’immagine sola) la scritta rappresentante il suono arriva ad ottenere un terzo dello spazio. Inoltre, per rendere il volume del rumore, la scritta esonda non solo dai bordi della vignetta, come nel caso di Kirby, ma anche dai confini della pagina, risultando tagliata, come se il fragore sia tale da non poter essere contenuto all’interno di un misero foglio di carta (spesso i personaggi dei manga di combattimento hanno una forza sovraumana), mentre il carattere con cui viene presentata è spezzato, a rappresentarne la violenza. Figura 6. Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995). L'onomatopea occupa quasi metà della splash page, sconfina in basso e oltrepassa i limiti della tavola stessa a sinistra http://www.turindamsreview.unito.it 7 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 7. Tetsuo Hara (disegni), Buronson (sceneggiatura), Ken il guerriero (1983-1988). La violenza della scena trasborda, il rumore eccede i limiti dell’immagine (in alto) Figura 8. Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso). Nella doppia splash page, il cielo è quasi completamente coperto dall'onomatopea prodotta dal suono del pugno gigante http://www.turindamsreview.unito.it 8 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ I manga d’azione sembrano fare uso, oltre che di pose plastiche e inquadrature suggestive, anche di un suono invasivo come nel cinema dello stesso genere. In aggiunta, però, i mangaka (gli autori), di tanto in tanto si divertono a giocare impiegando descrizioni performative sotto forma di onomatopea (non si tratta quindi di suoni veri e propri), che si tratti di passetti furtivi o di un sorriso. Figura 9. Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995). Che suono è «furtiv furtiv»? Figura 10. Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso). Che suono fa un sorriso? Per associazione, è possibile che i “suoni impossibili” «furtiv» e «smile» siano gli equivalenti fumettistici (un po’ arditi, e certamente con un intento comico, specialmente nel primo caso) di quelli che vengono normalmente associati a determinate azioni nei telefilm e nei film – per il fare furtivo del bambino, probabilmente delle brevi frasi di archi in pizzicato, in corrispondenza dei http://www.turindamsreview.unito.it 9 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ passi appoggiati a terra; per il sorriso forse un veloce arpeggino di tre o quattro note di un metallofono. L’associazione messa in atto è quindi doppia: prima quella del fumetto al riferimento cinematografico e poi quella del cinema con le sue convenzioni. Suoni extradiegetici, quindi, proprio come capita in One Piece quando compare una situazione di particolare pericolo (presumibilmente sottolineata, al cinema, da un gong o da un lungo boato degli ottoni nel registro grave). Se le onomatopee a tutto schermo del telefilm Batman erano un tentativo di resa sullo schermo di un elemento tipicamente fumettistico, qui ci troviamo di fronte al percorso inverso, ovvero di una resa fumettistica (onomatopea) di una caratteristica esplicitamente cinematografica (il commento sonoro non diegetico). È possibile che il tentativo di aderenza al cinema d’azione – estrema dinamicità al limite del paradossale (e talvolta oltre), inquadrature ad effetto, montaggi rapidi e grande dispendio di rappresentazione sonora (diegetica e non) – sia uno dei motivi del grande successo del fumetto giapponese nel mondo occidentale. Figura 11. Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso). La gigantesca onomatopea nel cielo non rappresenta una cannonata, ma sta per un suono non diegetico a sottolineare l’imponenza della flotta http://www.turindamsreview.unito.it 10 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Per essere più efficaci, si è cercato, da quando negli anni sessanta l’onomatopea è diventata parte integrante del disegno nella composizione della vignetta, di rendere il senso materico della rappresentazione sonora andando ad agire sul carattere (il font, in inglese) con cui viene scritta la parola interessata: un «CRASH» (o un più raro «PRAK», come in Figura 12) rappresentante una rottura viene scritto con le lettere a loro volta frantumate. Figura 12. Andrea Pazienza, Verde matematico (1982). L'onomatopea si frantuma come il vetro del finestrino sfondato dalla ginocchiata di Zanardi Il passaggio successivo a questa elaborazione sinestetica è l’interessante lavoro di Frank Quitely, che nei primi tre numeri (gli unici da lui disegnati) della serie Batman and Robin (2009) sceneggiata da Grant Morrison ha eliminato ulteriormente la barriera scritta/disegno, incorporando la rappresentazione del suono all’interno dell’elemento da cui esso scaturisce. Ciò porta, oltre ad una notevole unitarietà del disegno, a un’efficacissima resa materica dell’effetto sonoro. http://www.turindamsreview.unito.it 11 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 13a. Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin (2009). Il suono fa parte dell'esplosione Figura 13b. Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin (2009). È l'acqua a prendere la forma dello «SPLSH» (senza vocali) Figura 13c. Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin (2009). La rottura dei mattoni è leggibile tra le crepe del muro stesso http://www.turindamsreview.unito.it 12 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Si può attribuire l’incorporazione delle scritte nel disegno a una progressiva asciugatura della rappresentazione fumettistica contemporanea, la quale, specialmente in anni recenti e nel cosiddetto fumetto per adulti americano (dalla metà degli anni ottanta in avanti), ha cercato di eliminare le onomatopee, considerate un elemento troppo “frivolo” e troppo “scontato” per il pubblico maturo cui quei fumetti sono destinati. Per ragioni di spazio viene qui riportato un solo caso (da Wanted di Millar e Jones), ma gli esempi sarebbero molteplici. Figura 14. J. G. Jones (disegni), Mark Millar (sceneggiatura) e Paul Mounts (colori), Wanted (2004-2005). Per evitare che la scena, ricca di eventi “rumorosi”, venga inondata dalle onomatopee, essa viene resa “muta”, dal momento che le fonti e i suoni sono chiari RUMORI VS. MUSICA Che i suoni possano essere resi solo attraverso linee di movimento è molto evidente in queste due strisce di Paperino (creato nel 1934). In queste brevi storielle, molto simili alle comiche del cinema muto, i dialoghi sono molto scarni o assenti, e possiamo notare come la musica ottenga la precedenza su tutto. http://www.turindamsreview.unito.it 13 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 15a. Al Taliaferro, Paperino (1938) Figura 15b. Al Taliaferro, Paperino (1938) Quando il cestino della spesa cade sulla testa del protagonista (Figura 15a, terza vignetta), vediamo le traiettorie degli oggetti che cadono, ma non vi è scritto niente; la stessa cosa vale per la ruota della bicicletta che si infrange contro il tombino aperto (Figura 15b, seconda vignetta). Nonostante ciò, il motivetto fischiettato dall’operaio è trasportato su di un improbabile pentagramma (Figura 15a; capiamo che il pezzo è particolarmente melodioso attraverso una convenzione grafica comunemente accettata: il pentagramma ha la forma di onde regolari e morbide, segno di piacevolezza). Quando Paperino è in bicicletta, invece, la sua canzone non ha un testo, ma capiamo che sta cantando perché attorno alle sillabe da lui pronunciate ci sono note (Figura 15b; un insensato misto, per chi fosse anche approssimativamente pratico di solfeggio, tra crome e minime), segno per un lettore occidentale (o occidentalizzato) che si tratta di note – una sorta di latinorum in versione musicale. Questi sono segnali che si fermano, sia nella loro produzione che nella loro fruizione, a quello che Andrea Garbuglia definisce un primo livello di lettura (di tre), cioè quello «messo in atto http://www.turindamsreview.unito.it 14 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ dai lettori [o dagli autori] non musicisti […]. In questo caso, le note sul pentagramma perdono il loro valore musicale e ne assumono uno che deriva loro dal contesto».3 Garbuglia fa riferimento a una storia nella quale lo spartito che viene riportato è quello di un brano effettivamente esistente, mentre in questo caso si tratta solo di segnali che rimandano a un’idea generica: la musica che canta Paperino o che fischietta l’operaio immaginata da un lettore musicista o non musicista può essere esattamente la stessa. Possiamo quindi parlare di un primo livello di scrittura, non solo di lettura.4 Certo, le note sul pentagramma perdono il loro valore musicale in senso univoco (cioè nel senso del solfeggio), ma significano musica “generica” per il lettore. Va altresì segnalato che, in altre strisce dello stesso periodo e dello stesso autore, compaiono alcune piccole onomatopee: ciò a dimostrazione che, almeno apparentemente, se è presente della musica in campo, questa vince sul rumore, occupando più spazio e attenzione nella vignetta. Per la stragrande maggioranza delle situazioni in cui la musica è comparsa in storie a fumetti, questa è stata rappresentata come piccole note (in genere, crome) che scaturiscono da una fonte di suoni (strumenti, altoparlanti, radio, televisori… Figura 17, prima vignetta) o che si insinuano nel balloon (il “fumo” che esce dalla bocca di chi parla, da cui i comics prendono il loro nome italiano: piccola nuvoletta di fumo fumetto) di chi sta cantando o fischiettando (Figura 16a). Più raramente, viene collocato anche un pentagramma (Figura 16b), e ancora più raramente ciò che vi è scritto ha un senso effettivamente musicale. Figura 16a e 16b. Rendere il cantato nei fumetti: note e pentagrammi insieme alle parole, nel balloon Nell’esempio qui riportato da Dick Tracy (1931, di Chester Gould), vengono utilizzate onomatopee e simboli musicali per rendere la differenza tra rumori e musica: il protagonista, prigioniero del gangster Testa Piatta (Flattop in originale), distingue le interferenze con cui un suo agente gli sta http://www.turindamsreview.unito.it 15 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ comunicando l’arrivo dei rinforzi in codice Morse attraverso una radio accesa dai malviventi per evitare che i vicini sentano i rumori dell’esecuzione. I ticchettii non intonati del codice Morse – rumori a tutti gli effetti – sono delle “semplici” onomatopee, mentre la musica “merita” un trattamento di favore: essendo percepita come piacevole o bella, viene rappresentata con simboli decodificabili solo da esperti (anche se nella versione latinorum) e non “banalizzata” simulandone il suono. Evidentemente, si evince che la definizione di musica in quanto “suono umanamente organizzato”5 non vale per i fumetti (non si conti il fatto che la storia qui riportata sia stata scritta una trentina di anni prima della definizione di John Blacking: sono certo che ancora oggi questa sequenza verrebbe rappresentata così), o, meglio, non vale per i suoi lettori: il codice Morse è un suono che possiede uno statuto codificato dunque riconoscibili, ma non essendo intonato o cantabile non ottiene lo status artistico che invece ha la musica. La percezione di ciò che è musica e ciò che non lo è si radica in un’esperienza estetica resa attraverso simboli che si distinguono dalle onomatopee. http://www.turindamsreview.unito.it 16 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 17. Chester Gould, Dick Tracy – da Testa Piatta (1943-1944). Tra le note della radio, Dick Tracy riconosce i «click clickity» del codice Morse e li decodifica (con un’intuizione a forma di fulmine) Chester Gould, nel 1944, utilizza il suono, in un mezzo narrativo muto, e lo fa con estrema concisione (tutto il racconto è disseminato di messaggi che vengono mandati picchiando sulle pareti o attraverso la musica) impiegando elementi grafici immediatamente comprensibili. Per quanto raro, non è impossibile che la musica venga resa attraverso le onomatopee. In alcuni fumetti recenti, per esempio, tale sistema viene utilizzato per rappresentare un’amplificazione a tutto volume, invasiva e invadente; musica techno, magari, o, come nel caso seguente, musica rock http://www.turindamsreview.unito.it 17 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ trasmessa al massimo del volume attraverso l’interfono di una scuola elementare. Il volume, insomma, priva di ogni piacevolezza la musica, trasformandola in rumore, e quindi togliendole la possibilità di essere rappresentata attraverso le note. Torna di nuovo a farsi valere l’esperienza estetica di cui sopra. Figura 18. Naoki Urasawa, 20th Century Boys (19992006). Il volume della musica è tale da farla percepire come rumore. Le onomatopee («BOOM» in ideogrammi) coprono gran parte dei disegni. La canzone trasmessa all’interfono è 20th Century Boy (1973) dei T. Rex http://www.turindamsreview.unito.it 18 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ MUSICA Come si può intuire da ciò che è già stato scritto, la resa della musica nel fumetto nelle produzioni di massa non ha generato risultati particolarmente interessanti o innovativi: con due linee per indicare la fonte del suono e un paio di crome, la musica viene rappresentata, esattamente come nei biglietti di auguri et similia. La manipolazione delle onomatopee ha ottenuto risultati più particolari e ricchi di spunti per uno studio della rappresentazione sonora. Esistono, però, dei casi nei quali l’autore (sia che si tratti di uno sceneggiatore/disegnatore o solo di uno dei due) ha cercato di inserire la musica nel disegno tralasciando gli stereotipi. Un caso eccezionale in questo senso è una storia del 1972-73 di Guido Crepax per Valentina (creata nel 1965) che ruota intorno ad un violoncello appartenuto a Niccolò Paganini. L’autore, oltre a giocare con la somiglianza tra le forme del corpo femminile e lo strumento (come nel film con Lando Buzzanca e Laura Antonelli del 1971 Il merlo maschio, di Pasquale Festa Campanile), inserisce un’enorme quantità di riferimenti musicologici destinati a passare inosservati a un lettore non specializzato (come i titoli presenti nella libreria del giovane Bruno o quelli nella libreria dell’anziano storico della musica)6 e delle originalissime versioni grafiche di esecuzioni musicali. Nella splendida sequenza a seguire – che va letta dall’alto verso il basso, scorrendo le colonne da sinistra a destra; Figura 19 – Valentina e il giovane Bruno ascoltano nella di lui camera il Quartetto per archi di Ravel. Ognuna delle quattro colonne è associata a un movimento della composizione (Allegro moderato, Assez vif – Très rythme, Très lent, Vif et agité), e oltre al gioco di sguardi con cui la protagonista seduce un già innamorato ragazzo (e il lettore: spesso lei guarda direttamente chi legge) vediamo che ai nomi delle sezioni strumentali vengono associate linee che ne rappresentano l’andamento dinamico e melodico, in una sorta di sismografo polifonico in cui linee rette, curve, spezzate, sottili, spesse o interrotte indicano gli effetti percepiti all’ascolto in una modalità semplice, efficace e comprensibile, seppure non particolarmente “precisa”: qui non vi sono livelli di lettura o di scrittura, ma livelli di percezione. Quella rappresentata è la musica dell’ascoltatore: si passa quindi dal piano poietico (di chi fa la musica) a quello estesico (di chi ne fruisce),7 evitando completamente l’elitarismo che avrebbe implicato la presenza, nelle otto vignette dedicate alla http://www.turindamsreview.unito.it 19 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ musica, del pentagramma con rappresentati i motivi principali del quartetto, comprensibile solo a chi fosse pratico di musica (un’ulteriore scelta esclusivista, che avrebbe rappresentato il terzo livello secondo Garbuglia, sarebbe stata l’inclusione di accenni di spartito del quartetto di Ravel senza che ne venisse dichiarato il titolo, rendendo possibile il riconoscimento del brano non solo ai musicistimusicofili, ma a coloro i quali, tra questi, conoscessero la composizione in questione). Figura 19. Guido Crepax, Valentina – da Pietro Giacomo Rogeri (1972-1973). Quartetto per archi in Fa maggiore di Maurice Ravel («Ha scritto solo questo… come Debussy», ci tiene a farle sapere lui, per fare colpo) http://www.turindamsreview.unito.it 20 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ All’interno della storia, Crepax ricorre a questo metodo di rappresentazione in altri due momenti: uno, precedente, in cui Bruno ascolta un non precisato brano dallo stereo, e uno, nella tavola conclusiva, in cui il giovane suona la Sesta Suite per violoncello di Bach, in cui ogni danza è rappresentata tramite il sistema “sismografico”.8 Come si è scritto all’inizio, in anni recenti, specialmente in Europa, si sono scritte numerose biografie a fumetti di musicisti importanti del Secolo XX o storie in cui la musica avesse un ruolo predominante; ne La ballata di Hambone (2009-2010) di Igort e Leila Marzocchi, ambientato durante la Grande Depressione negli Stati Uniti, uno dei protagonisti è bluesman. Quando la musica viene evocata, specialmente da un grammofono, questa compare come un fantasma, uno spirito; pur non rinunciando alla presenza delle piccole note, in questa poetica vignetta (Figura 20) il suono avvolge tra le sue spire la ragazza, danzando con lei. Figura 20. Leila Marzocchi (incisioni) e Igort (sceneggiatura), La ballata di Hambone (2009-2010) In un contesto in cui la musica nera si nutre di spiritualità – pensiamo agli spiritual, al gospel e al blues (che, va ricordato, prende il nome dal modo di dire «to have the blue devils»)9 – e di evocazione demoniaca o angelica, la raffigurazione in quanto spirito (il bluesman citato, peraltro, è in grado di tramutarsi in fantasma) è particolarmente suggestiva ed efficace. http://www.turindamsreview.unito.it 21 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Il fumetto romantico giapponese ha sviluppato una tecnica particolare per rappresentare, attraverso lo sfondo, le emozioni dei personaggi. Come spiega Scott McCloud: Alcuni disegni possono produrre un effetto quasi fisiologico in chi guarda. Ma per qualche ragione, i lettori non attribuiranno queste sensazioni a se stessi, ma ai personaggi nei quali si identificano. Questi effetti interiori sono, naturalmente, più adatti a storie intimiste. Quando una storia dipende più dalla caratterizzazione che dalla pura trama, magari non ci sarà molto da mostrare esteriormente… ma il paesaggio delle menti dei personaggi può essere un gran bello spettacolo! Questo principio è evidente in molti fumetti europei a colori e nei fumetti giapponesi d’amore, nei quali sono stati escogitati 10 effetti espressionistici per quasi tutte le emozioni immaginabili! L’associazione sfondo-emozione-musica è il cardine dei manga a tematica musicale. Nello josei11 intitolato Nodame Cantabile (2001-2009) di Tomoko Ninomiya, quando i personaggi suonano musica classica e vi è un collegamento sentimentale tra essi, o l’esecuzione è tale da suscitare trasporto emotivo, sullo sfondo grigio compaiono globi di luce bianchi dai bordi sfumati o riflessi cristallini di luce; nello shōnen12 di Harold Sakuishi Beck (2000-2009), che parla di una giovane rock band, lo spazio circostante viene invece invaso da fulmini o simili rappresentazioni di “energia elettrica”, unendo a questo tipo di sfondo anche le grandi linee di movimento che caratterizzano l’estremo dinamismo del fumetto giapponese. L’associazione di tali immagini sfrutta gli stereotipi musicali che si sono stratificati negli anni attraverso le colonne sonore. http://www.turindamsreview.unito.it 22 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 21. Tomoko Ninomiya, Nodame Cantabile (20012009). Globi di luce, riflessi cristallini, sfondo grigio in una sospensione temporale: il trasporto sentimentale veicolato dalla musica si proietta nello sfondo Figura 22. Harold Sakuishi, Beck (2000-2009). Seguendo lo stereotipo del rock come genere “energico”, sullo sfondo compaiono forme che ricordano i fulmini http://www.turindamsreview.unito.it 23 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ MUSICA E CORPO Nella gigantesca mole di fumetti prodotta negli ultimi cento anni e più, la musica è comparsa anche in altri modi; specialmente negli ultimi trent’anni, si sono cercati modi alternativi di fare il fumetto, e di conseguenza sistemi nuovi per la rappresentazione degli elementi grafici (tra cui anche la musica). Come abbiamo appena visto, nei manga le linee di movimento e gli sfondi emotivi rappresentano un possibile metodo alternativo. Applicando criteri sottrattivi anziché additivi, seguendo cioè il tipo di mentalità che abbiamo individuato nello Spirit di un giovane Will Eisner, molti disegnatori hanno evocato la musica senza rappresentarla direttamente. Nel caso di Spirit si era detto che la fonte sonora in campo non rendeva necessaria l’onomatopea; nei casi in cui la musica non viene rappresentata, sono i corpi a veicolarla. Figura 23. Gianluca Maconi (disegni) e Mattia Colombara (sceneggiatura), Electric Requiem. Biografia a fumetti di Jimi Hendrix (2010). Settima di una serie di dieci tavole mute, in cui il silenzio e la solitudine del musicista (il nero di sfondo) sono in contrasto con la musica (nell’espressione del volto e nelle mani di Hendrix) http://www.turindamsreview.unito.it 24 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 24. Paolo Parisi, Coltrane (2010). Le guance gonfie e gli occhi chiusi di Coltrane, le bacchette e l’espressione di Elvin Jones e l’aria assorta di Jimmy Garrison al contrabbasso sono l’unico veicolo di rappresentazione della musica Figura 25. Andrea Pazienza, Giallo scolastico (1981). Luci, corpi sudati e in movimento: la musica è in Zanardi e Colasanti che ballano http://www.turindamsreview.unito.it 25 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Nel caso seguente, vengono fusi i due modelli di rappresentazione sonora di ciò che non è in campo (come abbiamo notato in Figura 4) e raffigurazione “muta” della musica attraverso il corpo (in questo caso, come nel precedente, attraverso la danza). Figura 26. Tanino Liberatore (disegni) e Stefano Tamburini (sceneggiatura), RanXerox (1981). Gli applausi devono essere scritti, altrimenti non sapremmo che il pubblico sta apprezzando il ballo, attraverso il quale il fisico dell’androide comunica al lettore la presenza della musica LA VOCE Le voci, nei fumetti, vengono normalmente rappresentate attraverso il balloon. Questo cambia a seconda degli stili grafici degli autori che lo impiegano: generalmente arrotondato, può anche essere rettangolare, inesistente e con una sola linea che collega le parole alla bocca o sottolineato (sempre con la linea da collegamento con la fonte sonora). In realtà tutto ciò non ne modifica il senso o il significato. Con gli anni sono state elaborate delle convenzioni – ormai comunemente accettate – per rappresentare chi parla sottovoce e chi urla: bordi tratteggiati anziché continui per il primo caso, linee spezzate e caratteri ingranditi per il secondo. http://www.turindamsreview.unito.it 26 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 27. a) Linee tratteggiate che stanno per “sottovoce” e b) linee spezzate e balloon “appuntito” che indicano l’urlo Di tanto in tanto è capitato che le mezzevoci fossero rappresentate con parole scritte in piccolo o bordi del balloon in grigio, ma la linea tratteggiata rimane il sistema più utilizzato. Spesso, inoltre, le voci provenienti dal telefono o da un apparecchio elettrico sono evidenziate in altro modo rispetto a quelle naturali; in assenza di un metodo convenzionale per queste, ogni autore usa modi personali per raffigurarle. Akira Toriyama, per il suo Dragon Ball, ha elaborato un semplice sistema molto interessante per distinguere il timbro, la qualità delle voci di personaggi positivi (i “buoni”) e negativi (i “cattivi”, anche quando questi vengono redenti, come succede in moltissimi manga; il loro atteggiamento scorbutico, ad ogni modo, fa sì che il loro timbro vocale non cambi). Le voci degli eroi sono bordate da nuvolette arrotondate, mentre quelle dei cattivi sono un po’ spigolose. Figura 28. Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995). a) Crilin è un personaggio positivo, quindi la sua voce è “rotonda”; b) Vegeta, al contrario, è scorbutico, per cui la sua voce è “spigolosa” http://www.turindamsreview.unito.it 27 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Paul Karasik, per rendere la stranezza dell’inquietante figura di Peter Stillman nell’adattamento grafico di City of Glass (2004) di Paul Auster, ha optato per fare provenire la voce dall’interiorità, dalla profondità del personaggio, rompendo la convenzione per cui l’inizio della nuvoletta è sempre visibile quando la fonte del suono (in questo caso, la bocca) è in campo. Nelle parole di Karasik: Stiamo per intraprendere un viaggio nel cuore di tenebra di questa persona. All’inizio l’effetto è ingannevole, perché è bizzarro e divertente, ma poi ci si rende conto che ci si va immergendo nelle profondità dell’animo di quest’uomo devastato. [La sua è una voce che viene] Da un luogo di profondo tormento.13 Figura 29. Paul Karasik (schizzi, sceneggiatura), David Mazzucchelli (rifiniture), Paul Auster (testi, storia), Città di Vetro (2004). La voce di Stillman viene da dentro, quasi non è umana LA VOCE DEGLI DEI C’è un altro elemento che rende inquietante il modo di parlare di Peter Stillman: il font con cui è scritto. Da anni, ormai, qualsiasi editor di testo è provvisto di un carattere chiamato COMIC: quasi tutti i fumetti vengono scritti con esso, seppure con qualche piccola variazione, almeno da quando il http://www.turindamsreview.unito.it 28 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ lettering14 viene fatto al computer. Di per sé, comunque, questo font è nato per imitare la grafia a mano, dal momento che tradizionalmente i fumetti vengono scritti e disegnati così. Consapevoli, però, del fatto che nessuno sentirà mai le vere voci dei personaggi, e forti di escamotage di cui sono privi gli autori di narrativa, i fumettisti hanno iniziato, specialmente dagli anni ottanta, a giocare con le forme e i colori dei balloon e con i font. Il medium grafico ha consentito quindi di giocare con la rappresentazione della voce di creature magiche, divine o semi-divine, mitologiche o allegoriche: in questo modo non solo il lettore immaginerà le singole, diverse voci dei personaggi (come anche nella letteratura solo scritta), ma verrà portato a creare il timbro di queste voci (evidentemente non umano) facendo leva sulla propria immaginazione. Sono quindi voci puramente inventate, che non hanno alcun riferimento nel reale. Figura 30. Neil Gaiman, Sandman (1989-1996). Le voci di alcuni degli Eterni: a) Sogno; b) Delirio; c) Barnaba (il cane di Distruzione); d) Distruzione; e) Disperazione; f) Desiderio La voce di Distruzione (Figura 30d), uno degli Eterni della saga di Sandman (1989-1996) sceneggiata da Neil Gaiman, ha una qualità vocale che verrà riutilizzata da Alan Moore per Tom Strong (1999-2006): un personaggio particolarmente forte e vigoroso ha una voce tonante anche senza gridare, per cui il suo balloon è bordato con una linea più spessa (potente voce di basso?). http://www.turindamsreview.unito.it 29 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Delirio, invece, che a ogni istante cambia acconciatura, colore di capelli e degli occhi, ha un timbro vocale sempre mutevole – come suggerito dai tanti, diversi colori e dalle lettere scritte con mano indecisa (30b). Desiderio, ermafrodito subdolo e machiavellico spesso vestito con abiti eleganti e dotato di grande charme, parla con un font spigoloso (30f), mentre Sogno, il protagonista della serie, ha un timbro vocale non identificabile, scritto bianco su nero (30a); probabilmente l’associazione più ovvia sarebbe con i timbri gravi, bassi, per antonomasia “scuri”, come spiegato esaustivamente da Philip Tagg [tutti i corsivi miei]: High pitch is in general much more likely to be associated with light in both the “not dark” and “not heavy” senses of the word, not least because small gusts of wind can scatter feathers, leaves, plastic bags and other small, light objects, blowing them up into the air – towards the sky, the clouds and the sun – whereas heavy objects tend to be larger, more difficult to move and therefore more likely to stay down on the ground, which is understandably imagined as darker and heavier than air. Indeed, not only do large heavy objects tend to need lots of energy – a tornado or vast amounts of jet fuel, for example – to get them off the ground; their very weight and inertia makes them appear less volatile and less mobile, more likely to be understood as heavy, dark and massive rather than quick, light and small,15 ma è possibile che l’idea originale sia quella di una voce “in negativo” rispetto a quella umana, che è nero su bianco. Come possa suonare, però, questa vocalità, non può che essere una speculazione personale. http://www.turindamsreview.unito.it 30 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 31. J. H. Williams (disegni), Mick Gray (chine), Alan Moore (sceneggiatura), Promethea (19992005). a) Una normale voce umana paragonata a quelle b) di Promethea (creatura fatta di immaginazione e creazione), c) del sistema di informazione computerizzato TEXTure®, d) di tutto ciò che cresce sulla Terra (raffigurato tramite un serpente, allegoria delle spirali di DNA), e) di un demone infernale, f) di ogni sogno e fantasia (rappresentati in forma di donna), g) degli Illuminati (la fonte della voce non è mai indicata) Tutti gli esempi nelle Figure 30, 31 e 32 rappresentano voci non umane. Non c’è modo di sapere quale sia il suono di una voce scritta in corsivo minuscolo (in un contesto in cui tutti parlano in stampatello maiuscolo), o come possa essere quella del dio Mercurio, circondato da una decorazione greca e in uno strano stampatello; è però evidente che ogni declinazione rappresenti qualcosa di diverso. Per associazione, è possibile che le voci 30e, 31e, 32a e b (forse anche le 32g e h) vengano considerate particolarmente rauche, dal momento che sono circondate da un balloon irregolare e tremolante, segno di qualcosa di fastidioso, un po’ graffiante; allo stesso modo, generalmente le voci dei robot o dei computer sono circondate da balloon rigidi e squadrati (la voce metallica e inespressiva della macchina), ma quella dell’esempio 31c ha la particolarità di essere scritta con un elegante grafia a mano, tutt’altro che “computerizzata”. Anche l’origine delle voci è importante: se http://www.turindamsreview.unito.it 31 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ la Figura 29 è un esempio inquietante di vocalità paranormale (da medium in trance?), quella degli esempi 31c e g, che non hanno un’origine, potrebbe essere una voce che si sente direttamente nella mente, senza passare dalle orecchie.16 Come si è già detto, magari le voci a sfondo nero sono particolarmente cupe (si aggiungano, alla 30a, anche la 31g, la 32b e la 32f), ma cosa possa significare un colore diverso per il carattere o per lo sfondo (com’è una voce blu? E una verde?), non è facile a dirsi; lo stesso vale per i font diversi. Figura 32. Altre voci divine o oltre-umane: a) la principessa Jemmy (personaggio dei sogni; da Sandman); b) il demone Asmodeo (da Promethea); c) Wilkinson (personaggio dei sogni; da Sandman); d) il Dottor Fate (DC Comics); e) il Drago che esaudisce i desideri (da Dragon Ball); f) il dio Mercurio (da Promethea); g) il Pifferaio Magico (da Promethea); h) gli Interni (personaggi degli incubi; da Sandman) http://www.turindamsreview.unito.it 32 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ CONCLUSIONE Quello delle voci rappresentate in tanti modi (quelli riportati non sono che una minima percentuale delle variabili finora presentate) e delle onomatopee scritte in maniera più “efficace” nel mondo del fumetto non può che essere un tripudio di sinestesie; queste ultime, però, nel caso delle voci divine, devono essere associate a fatti mai esperiti dal lettore, che viene quindi spinto in prima persona a uno sforzo creativo. È stato un medium muto a rappresentare così tanti tipi di suono, facendo anche leva sull’immaginazione di chi legge; ma sarebbe possibile utilizzare alcune delle formule sopra descritte in tutt’altro contesto, per esempio quello della trascrizione musicale? La notazione della musica contemporanea ha elaborato sistemi di scrittura,17 per esempio, per varie vocalità, ma mai raggiungendo uno standard condiviso: Ottó Károlyi elenca alcune delle varie possibilità grafiche elaborate da Stockhausen, Berio, Ligeti, Schönberg e Penderecki per indicare fondamentalmente le stesse cose (parlato, parlato/cantato, bocca aperta/socchiusa/chiusa, falsetto…).18 Anche l’impiego in un contesto di trascrizione – e quindi con finalità diversa, ovvero descrittiva anziché prescrittiva – non ha uno standard fisso. Possibile che il problema della scrittura dei timbri non possa passare per soluzioni come quelle di Figura 28, magari scandagliando tante e diversissime possibilità, come nelle Figure 30, 31 e 32? Indubbiamente le diverse qualità sonore sono praticamente infinite, ma un sistema che faccia uso di linee continue, spezzate, tratteggi, colori, font, sottolineature e così via potrebbe rappresentare un piccolo passo avanti – probabilmente non definitivo, certo – verso una più affidabile rappresentazione scritta delle persone vocali indicate da Philip Tagg nel filmato intitolato Rome Montage,19 mentre indicazioni di tipo “sismografico” come quelle di Crepax, se associate ad altri segnali, potrebbero essere un’utile modalità di rappresentazione di dinamica/intensità. Il sistema di incorporazione dell’onomatopea dentro il materiale che la produce, come negli esempi di Frank Quitely (Figure 13a-c), o gli sfondi sognanti dei fumetti giapponesi, potrebbero tornare molto utili per lo studio della musica nel film, anche impiegati in sequenze video come quella presentata da Philip Tagg per una sequenza di Morricone da Mission,20 riconfermando la vocazione http://www.turindamsreview.unito.it 33 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ all’oggettualità della notazione “colta” contemporanea. 21 Inoltre, è possibile che l’immediatezza con cui sono stati elaborati i sistemi fumettistici di rappresentazione del suono potrebbe aiutare a sviluppare metodi elaborati ma non complessi, magari in linea con l’idea di una popular musicology (e non solo di musicologia del popular).22 E i fumetti sono una delle manifestazioni più importanti della cosiddetta popular culture. http://www.turindamsreview.unito.it 34 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ BIBLIOGRAFIA ANDREA GARBUGLIA, La musica nel linguaggio dei fumetti, in “De Musica”, IX, 2005, http://users.unimi.it/~gpiana/demus.htm. [ultima visita 26/6/2012] – , La musica e i fumetti. Declinazioni di un binomio, in “Musica/Realtà”, n. 92, 2010, pp. 89-104 OTTÓ KÁROLYI, La musica moderna. Le forme e i protagonisti da Debussy al minimalismo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998 (ed. originale Introducing modern music, Penguin Books Limited, Harmondsworth 1995) SCOTT MCCLOUD, Capire il fumetto. L’arte invisibile, Pavesio, Torino 2006 (terza ed.). (ed. orig. Understanding comics, Kitchen Sink Press, s.l. 1993) PHILIP TAGG, Everyday Tonality. towards a tonal theory of what most people hear, The Mass Media Scholars’ Press Inc., New York & Montral 2009 (ed. italiana La tonalità di tutti i giorni. armonia, modalità, tonalità nella popular music: un manuale, Il Saggiatore, Milano 2011) – , Caught on the Back Foot: Epistemic Inertia and Visible Music, IASPM@Journal, vol. 2, n. 12, 2011, http://www.iaspmjournal.net/index.php/IASPM_Journal/article/view/556/574 [ultima visita 26/6/2012] ANDREA VALLE, La notazione musicale contemporanea. Aspetti semiotici ed estetici, EDT, Torino 2002 RIFERIMENTI FUMETTISTICI NELLE FIGURE Figura 2: Alex Raymond, Flash Gordon: Il mostro maledetto, tavola 11 (25 giugno 1939). Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 1, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 12. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. Figura 3: Will Eisner, The Spirit: L’eredità (1948), tavola 6. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 3, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 23. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. Figura 4: Will Eisner, The Spirit: L’eredità (1948), tavola 2. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 3, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 19. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. http://www.turindamsreview.unito.it 35 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 5: Jack Kirby (disegni) e Stan Lee (sceneggiatura), I Vendicatori: Capitan America si unisce ai Vendicatori (1964), tavola 16. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 24, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 24. Figura 6: Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995), cap. 409 (La speciale onda Kamehameha), tavola 13. Ed. it. Dragon Ball, n. 50 (Star Comics), aprile 1997, p. 109. Figura 7: Tetsuo Hara (disegni), Buronson (sceneggiatura), Ken il guerriero (1983-1988), cap. 208 (Il fuoco dell’ossessione), tavola 5. Ed. it. Ken il guerriero, n. 24 (Star Comics), dicembre 1998, p. 47. Figura 8: Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso), cap. 421 (Gear third), tavole 18-19. Ed it. One Piece, n. 44 (Young n. 158, Star Comics), luglio 2007, pp. 40-41. Figura 9: Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995), cap. 426 (Due tipi misteriosi), tavola 4. Ed. it. Dragon Ball, n. 54 (Star Comics), giugno 1997, p. 19. Figura 10: Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso), cap. 426 (Nave in attesa del vento), tavola 8. Ed. it. One Piece, n. 44 (Young n. 158, Star Comics), luglio 2007, p. 130. Figura 11: Eiichiro Oda, One Piece (1997-in corso), cap. 420 (Buster Call), tavole 18-19. Ed. it. One Piece, n. 44 (Young n. 158, Star Comics), luglio 2007, pp. 20-21. Figura 12: Andrea Pazienza, Verde matematico (1982), tavola 14. Tratto da Andrea Pazienza, Zanardi 1. 1981-1984, Fandango Libri, Roma 2008, p. 50. Figura 13a: Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin, n. 1, agosto 2009, tavola 1. Ed. it. Batman, n. 35 (Planeta DeAgostini), giugno 2010, p. 2. Figura 13b: Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin, n. 1, agosto 2009, tavola 7. Ed. it. Batman, n. 35 (Planeta DeAgostini), giugno 2010, p. 8. Figura 13c: Frank Quitely (disegni) e Grant Morrison (sceneggiatura), Batman and Robin, n. 2, settembre 2009, tavola 7. Ed. it. Batman, n. 35 (Planeta DeAgostini), giugno 2010, p. 30. Figura 14: J. G. Jones (disegni), Mark Millar (sceneggiatura) e Paul Mounts (colori), Wanted, n. 5, ottobre 2004, tavola 17. Ed. it. Wanted. Il crimine paga – Nuova edizione, Panini Comics, 2008, p. 112. http://www.turindamsreview.unito.it 36 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 15a: Al Taliaferro, Paperino, 1938. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 3, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 29. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. Figura 15b: Al Taliaferro, Paperino, 1938. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 3, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 26. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. Figura 16a: Rick Veitch (disegni) e Alan Moore (sceneggiatura), Greyshirt: Greyshirt finalmente canta e balla, tavola 6, da Tomorrow Stories, n. 9, febbraio 2001. Ed. it. Tomorrow Stories, vol. 2, Magic Press, 2006, p. 78. Figura 16b: Will Eisner, The Spirit: L’eredità (1948), tavola 7. Tratto da La raccolta de La grande avventura dei fumetti. Gli eroi, la storia, i segreti, n. 3, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1990, p. 24. Figura 17: Chester Gould, Dick Tracy: Testa Piatta (1943-1944), tavola 25 (16 gennaio 1944). Tratto da I Classici del Fumetto di Repubblica, n. 60, Panini Comics 2004, p. 39. Per ragioni grafiche, l’immagine è stata ricolorata. Figura 18: Naoki Urasawa, 20th Century Boys (1999-2006), cap. 1 (Friend), tavole 6-7. Tratto da 20th Century Boys, n. 1 (1999), Shogakukan, pp. 12-13. Figura 19: Guido Crepax, Valentina: Pietro Giacomo Rogeri (1972-1973), tavola 14. Tratto da I Classici del Fumetto di Repubblica, n. 13, Panini Comics 2003, p. 53. Figura 20: Leila Marzocchi (incisioni) e Igort (sceneggiatura), La ballata di Hambone (20092010), tavola 115. Tratto da Leila Marzocchi – Igort, La ballata di Hambone, vol. 1, Coconino Press, Bologna 2010, p. 121. Figura 21: Tomoko Ninomiya, Nodame Cantabile (2001-2009), cap. 10, tavola 7. Tratto da Nodame Cantabile, n. 2 (2001), Kodansha, p. 97. Figura 22: Harold Sakuishi, Beck (2000-2009), capitolo 34, tavola 62. Tratto da Beck, n. 12 (2001), p. 64. Figura 23: Gianluca Maconi (disegni) e Mattia Colombara (sceneggiatura), Electric Requiem. Biografia a fumetti di Jimi Hendrix (2010), Hazard Edizioni, Milano 2010, p. 122. Figura 24: Paolo Parisi, Coltrane (2010), Blackvelvet, Bologna 2010, p. 82. http://www.turindamsreview.unito.it 37 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ Figura 25: Andrea Pazienza, Giallo scolastico (1981), tavola 12. Tratto da Andrea Pazienza, Zanardi 1. 1981-1984, Fandango Libri, Roma 2008, p. 34. Figura 26: Tanino Liberatore (disegni) e Stefano Tamburini (sceneggiatura), RanXerox (1981), tavola 38. Tratto da Tanino Liberatore – Stefano Tamburini, RanXerox, vol. 1, Edizioni Di – Grifo Edizioni, Grumo – Nevano (NA) 2004, p. 47. Figura 27a: Scott Hampton (disegni) e Neil Gaiman (sceneggiatura), The Books of Magic – II Il mondo delle ombre (1990), tavola 46. Tratto da Neil Gaiman, The Books of Magic, Lion Comics – RW Edizioni, Novara 2012, p. 103 Figura 27b: Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995), cap. 414 (Il messaggio di Goku), tavola 2. Ed. it. Dragon Ball, n. 51 (Star Comics), maggio 1997, p. 49. Figura 28a: Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995), cap. 427 (La combinazione delle finali), tavola 14. Ed. it. Dragon Ball, n. 54 (Star Comics), giugno 1997, p. 42. Figura 28b: Akira Toriyama, Dragon Ball (1984-1995), cap. 416 (Gran finale), tavola 4. Ed. it. Dragon Ball, n. 51 (Star Comics), maggio 1997, p. 76. Figura 29: Paul Karasik (schizzi, sceneggiatura), David Mazzucchelli (rifiniture), Paul Auster (testi, storia), Città di Vetro (2004), tavola 15. Tratto da Paul Auster – Paul Karasik – David Mazzucchelli, Città di Vetro, Coconino Press, Bologna 2011 (nuova ed.), p. 51. Figura 30: Neil Gaiman (sceneggiatura), Sandman (1989-1996). a), b), n. 47 (marzo 1993), tavola 7. Ed. it. Sandman, n. 14, Planeta DeAgostini, p. 56; c), d), Ivi, tavola 2. Ivi, p. 51; e), n. 49 (maggio 1993), tavola 9. Ed. it. Sandman, n. 15, Planeta DeAgostini, p. 11; f), Ivi, tavola 10. Ivi, p. 12. Figura 31: J. H. Williams (disegni), Mick Gray (chine), Alan Moore (sceneggiatura), Promethea (1999-2005). a), b), n. 2 (settembre 1999), tavola 12. Ed. it. Promethea, vol. 1, Magic Press, 2003, p. 54; c) n. 11 (dicembre 2000), tavola 4. Ed. it. Promethea, vol. 2, Magic Press, 2005, p. 116; d) n. 13 (aprile 2001), tavola 20. Ed. it. Promethea, vol. 3, Magic Press, 2006, p. 28; e) n. 8 (luglio 2000), tavola 3. Ed. it. Promethea, vol. 2, Magic Press, 2005, p. 37; f) come d); g) n. 21 (agosto 2002), tavola 9. Ed. it. Promethea, vol. 4, Magic Press, 2008, p. 65. Figura 32: a) Sandman, n. 26 (maggio 1991), tavola 16. Ed it. Sandman, n. 8, Planeta DeAgostini, p. 41; b) Promethea, n. 18 (febbraio 2002), tavola 9. Ed. it. vol. 3, Magic Press, 2006, p. 147; c) Sandman, n. 35 (febbraio 1992), tavola 16. Ed. it. Sandman, n. 11, p. 41; d) The Books of Magic – II Il mondo delle ombre (1990), tavola 15. Ed. it. The Books of Magic, Lion Comics – RW Edizioni, Novara 2012, p. 72; e) Dragon Ball, cap. 417 (L’addio ai guerrieri), tavola 1. Ed. it. Dragon Ball, http://www.turindamsreview.unito.it 38 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ n. 51 (Star Comics), maggio 1997, p. 89; f) Promethea, n. 15 (agosto 2001), tavola 14. Ed. it. vol. 3, Magic Press, 2006, p. 74; g) Promethea, n. 25 (maggio 2003), tavola 13. Ed. it. Promethea, vol. 4, Magic Press, 2008, p. 181; h) come c). 1 Scott McCloud, Capire il fumetto. L’arte invisibile, Pavesio, Torino 2006 (terza ed.), p. 142. Corsivi dell’autore: essendo in forma di fumetto, il libro di McCloud segue la convenzione secondo cui vengono riportate in grassetto (l’equivalente fumettistico del corsivo) molte più parole che in un testo interamente scritto. 2 Non solo: pur non ricordando di fatto nessun suono, è quasi universalmente accettato che quella parola di quattro lettere indichi uno sparo di pistola (ma come si può scrivere uno sparo di pistola?). 3 Andrea Garbuglia, La musica e i fumetti. Declinazioni di un binomio, in “Musica/Realtà”, n. 92, 2010, pp. 99-100. Il secondo livello di lettura è quello che riguarda il lettore che sappia e voglia leggere lo spartito riportato in vignetta; un esempio di questo livello è rintracciabile in V per Vendetta (sceneggiatura di Alan Moore, disegni di David Lloyd, 1981-1988), il cui preludio al secondo libro, Un vile cabaret, consta di cinque tavole le cui vignette sono sottolineate da una canzone scritta sul pentagramma che accompagna la rappresentazione visiva cantata dal protagonista; composta appositamente per il breve preludio, è accessibile solo a chi sappia solfeggiare; un altro esempio è ravvisabile in Promethea, sempre sceneggiato da Moore ma disegnato da J. H. Williams III, quando il Pifferaio Magico rapisce dei bambini suonando una melodia che attraversa le due tavole disegnate. Il terzo livello è quello che permette di cogliere le eventuali incongruenze tra immagini e pentagramma e risolverne la complessità (nel saggio di Garbuglia si fa riferimento a una storia in cui un’orchestrina dovrebbe suonare un cancan, ma la lettura dello spartito riportato consente di identificare una canzonaccia da caserma: la soluzione che ne consegue riporta in qualche modo al primo livello, ovvero a una accettazione della musica in quanto elemento grafico e basta, sia essa diegetica o extra-diegetica). I tre livelli di lettura, in realtà, si possono applicare a qualsiasi forma di citazionismo venga utilizzata in ogni medium narrativo, non solo in riferimento alla musica nei fumetti; rimanendo comunque in ambito di arte sequenziale, si può citare un caso da Watchmen, sempre di Moore, riguardo il personaggio di Ozymandias/Adrian Veidt: «La chiusura del capitolo XI è tratta da un sonetto di Shelley intitolato, ovviamente, Ozymandias e cade come un sigillo sulla spaventosa potenza di Adrian Veidt: “Il mio nome è Ozymandias, re dei re: / guardate le mie opere, voi potenti, e disperate!”. Ma quando ricollochiamo queste parole nella poesia da cui sono state tolte troviamo che non sono che l’iscrizione sul piedistallo di una statua divelta e dimenticata nel deserto. La poesia si chiude con questi versi: “Niente qui resta. Intorno al consumarsi / di questo colossale relitto, sconfinate, nude / le solitarie e uniformi sabbie / vanno stendendosi lontano”. Se ne ricava la suggestione che la gloria di Ozymandias sia destinata alla rovina e all’oblio come quella del suo omonimo predecessore». Alessio Trabacchini, Nella rete delle citazioni, in Watchmen. 20 anni dopo, a cura di smoky man, Lavieri, S. Angelo in Formis (CE) 2006, p. 101. http://www.turindamsreview.unito.it 39 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ 4 Sempre in tema di suoni, ça va sans dir che, se Paperino parla, nei fumetti deve essere comprensibile, perché l’effetto comico della sua parlata grammelot può essere reso solo nel medium cinematografico/televisivo. 5 Cfr. John Blacking, How musical is man?, University of Washington Press, Seattle-London 1973 (ed. it. Come è musicale l’uomo?, Ricordi-LIM, Roma-Lucca 1986). 6 Non riferimenti musicali, bensì musicologici, comprensibili solo ad un secondo livello di lettura, quindi! Nella libreria di Bruno, di sfondo, si distinguono chiaramente testi di Adorno, Alfred Einstein, Mila, Leydi, Rognoni e un volume su Niccolò Castiglioni, oltre a vinili (disegnati con estrema cura) di Stockhausen, Schönberg (Pierrot Lunaire), Stravinskij (L’uccello di fuoco). In primissimo piano, invece, i libri del musicologo, di formazione classica prettamente mitteleuropea: libri di Hugo Riemann, Friedrich Chrysander, Adolf Bernhard Marx e Guido Adler, Espressionismo e dodecafonia di Rognoni e un manuale su Hermann Kretzschmar. 7 Cfr. Jean Molino, Fait musical et sémiologie de la musique, in “Musique en jeu”, n. 17 (gennaio 1975), pp. 37-62. 8 Un altro elemento di estremo interesse sta nella somiglianza tra la raffigurazione musicale di Crepax e le partiture di alcuni brani di musica contemporanea nei quali si sperimentano nuove possibilità grafiche ed espressive, come Volumina (1967) di Ligeti, Four Visions (1964) di Moran o Odyssee (1964) di Logothetis. Gli esempi potrebbero essere molto più numerosi. 9 Cfr. Arrigo Polillo, Jazz, nuova edizione aggiornata a cura di Franco Fayenz, Mondadori, Milano 1997, pp. 43-44. 10 Scott McCloud, Capire il fumetto, cit., pp. 140-141. 11 I manga josei – la cui traduzione letterale è “ladies comics” – sono un tipo di fumetto giapponese destinato a un pubblico femminile maturo, dalle storie tendenzialmente realistiche e di impianto romantico. La loro versione per ragazze adolescenti, gli shōjo, negli ultimi dieci anni ha invaso il mercato europeo. 12 Gli shōnen sono fumetti per adolescenti maschi, generalmente (ma non esclusivamente) di azione. 13 Bill Kartalopoulos, L’officina delle idee. Paul Karasik dialoga con Bill Kartalopoulos, in Paul Auster – Paul Karasik – David Mazzucchelli, Città di Vetro, Coconino Press, Bologna 2011 (nuova ed.), pp. 18-19. 14 Il lettering è l’inserimento delle parole all’interno dei balloon, generalmente l’ultima parte della lavorazione. 15 Philip Tagg, Everyday Tonality. Towards a tonal theory of what most people hear, The Mass Media Music Scholars’ Press, New York & Montréal 2009, pp. 19-20. 16 Nel saggio non si è inserito il balloon tipico dei pensieri dal momento che questi non hanno rumore, ma anch’esso rappresenta una delle convenzioni tipiche del fumetto: apparentemente fatto di fumo (molto più della voce), non è collegato alla bocca del pensieroso, ma alla sua testa attraverso qualche piccola nuvoletta intermedia. In esempi recenti, però, il pensiero è stato rappresentato anche come balloon privo di origine, come in questi casi. 17 Stripsody (1966) di Cathy Berberian utilizza proprio strisce a fumetti impiegate come in un collage sulla partitura. 18 Ottó Károlyi, La musica moderna. Le forme e i protagonisti da Debussy al minimalismo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998, p. 174. Per le altre sonorità strumentali, cfr. pp. 174-177. 19 http://www.youtube.com/watch?v=7VTpJGeea4E&feature=plcp da 1:59-2:23 [ultima visita 26/6/2012]. 20 Ivi, 0:12-0:29. http://www.turindamsreview.unito.it 40 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ 21 Cfr. Andra Valle, La notazione musicale contemporanea. Aspetti semiotici ed estetici, EDT, Torino 2002, capitolo Concezioni linguistiche e non linguistiche della notazione, pp. 19-65, in particolare p. 50. 22 Per descrizioni del concetto di musicologia e le sue lacune secondo Tagg e il ruolo della IASPM nei cambiamenti che ha avuto, non ha avuto e potrebbe/dovrebbe avere, cfr. Philip Tagg, Caught on the Back Foot: Epistemic Inertia and Visible Music, IASPM@Journal, vol. 2, n. 1-2, 2011, http://www.iaspmjournal.net/index.php/IASPM_Journal/article/view/556/574 [ultima visita 26/6/2012] http://www.turindamsreview.unito.it 41