1101IE URTATE
di ALESSAURO SCARLATTI
Compilare un elenco completo delle Cantate di un fecondissimo autore
come Alessandro Scarlatti, è un'impresa che ogni giorno si mostra più difficile, per non dire impossibile. Il Dent ( 1 ) ne indica 660, ma a questo numero
molte se ne sono aggiunte, tra l'altro è recente la pubblicazione di altre
quattro a cura di Giampiero Tintori (2).
Anche a me è capitato di scoprirne: in un volume manoscritto del principio del Settecento ne ho rintracciato nove che, come ho potuto riscontrare,
'non si conoscono in nessuna biblioteca nazionale o estera. Esse sono contenute, con altre otto dello stesso autore ed una di Domenico Scarlatti, in un
manoscritto di proprietà dell'On. Dr. Bernardino Tafuri che, con cordiale
e squisita cortesia, le ha offerte al mio studio. Ad un attento esame, ed a
prescindere dalle indicazioni dei vari amanuensi che hanno copiato il volume, esse risultano per stile e per fattura, senza dubbio, di Alessandro Scarlatti (3).
Sono tutte costruite da « Arie », col « da capo », intercalate da recitativi.
In ognuna è una solidità di costruzione che fa subito pensare a Scarlatti.
Ogni Aria, pur restando fine a se stessa, è legata alle altre o all'altra, da una
perfetta logica, da una identità di livello estetico ; e, tra le varie Arie di una
stessa Cantata, l'autore alterna ritmi binari a ritmi ternari: se la prima aria
è in tempo ternario la seconda sarà in tempo binario. Nel basso continuo
che è scritto in chiave di basso sostituita, per i suoni più acuti, da quella
di tenore, talvolta (specialmente nelle modulazioni in minore) si trovano
(1) Edward Joseph Dent, « A Scarlatti, his Linfe and Works » 1905.
(2) A. S. - « 4 Cantate (Inedite)... a cura di Giampiero Tintori » Ed. Ricordi.
(3) Volume di formato in 8° obl. (cm. 23x28). Sulla prima carta è scritto: « Cantate a
voce sola contenute in questo Nono volume », segue l'indice alfabetico. Nell'interno,
all'inizio di ogni Cantata, è scritto: « Cantata del Sig.r Alessandro Scarlatti », ad
alcune è apposta anche la data dell'anno in cui è stata scritta. La prima lettera di
ogni Cantata è stata tracciata dal copista con carattere vistoso e particolare. Il volume
risulta scritto da più copisti.
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salti proibiti e passaggi di notevole difficoltà di esecuzione: tutta quella
ricchezza di mezzi tecnici che costituisce una delle caratteristiche del celebre
compositore.
La prima Cantata su cui si ferma la nostra attenzione è quella che porta
la data del 1708 e ha il titolo: « Lettera ».
E' 'su versi di ignoto autore che esprimono la sofferenza e lo strazio di
un « ...Fileno infelice » alla sua amata ingrata e inizia con un recitativo che,
dopo poche battute di declamato cadenza (da sol minore a la minore) con
un fraseggio assai espressivo.
Segue la prima Aria che esprime col canto tutto lo strazio contenuto
nei versi:
« Voglio ch'intendi
barbaro core
d'uno che muore
l'aspro martir.
Poi, un nuovo breve ed espressivo recitativo e la seconda aria « Io voglio,
o Ciel, vendetta.. » che comincia con una « mossa melodica » spesso ripetuta,
dopo Scarlatti, come disegno iniziale, da parecchi compositori del Settecento:
La drammaticità di quest'aria è notevole: il movimento di semierome al
basso continuo vi fa supporre un analogo lavoro al cembalo.
Segue un nuovo recitativo in cui la declamazione si fa più espressiva.
Infatti, nell'ultima aria lo stesso autore alterna gli andamenti indicandoli
con: « Largo », « Adagio », « Andante », « Presto », a seconda del senso dei
versi.
La Cantata: « Mentre io solo e pensoso... » inizia con un recitativo che
ha l'espressività del « recitar cantando ».
La prima Aria: « Di sconfitte e di trofei... » è un capolavoro di espressione, di slancio, di declamazione; nè Cavalli ( 4 ), nè Stradella ( 5) hanno
mai raggiunta una simile fattura di espressività e una simile fusione tra i
versi e la forma.
(4) Francesco Cavalli Crema, 1602-1676, Venezia.
(5) Alessandro Stradella (Vignola?), 1645-1682, Genova.
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Dopo un nuovo recitativo in cui le modulazioni sono frequenti, segue
un « Andante »: « In generoso core » il cui breve tema
6 6
6 6
appare, in varie tonalità, sia alla parte del Basso continuo che lo propone,
sia nella parte del canto. L'« Attacco » di quest'Aria è una vera seconda parte.
Dopo un nuovo recitativo, compare l'ultima Aria della Cantata: « Tu non
puoi... », in cui tra il cembalo e la voce si svolge come un vero dialogo.
I versi di questa Cantata esprimono il dolore per un Amore perduto :
sono, insomma, i soliti versi delle Cantate del principio del Settecento, ma
l'arte di Scarlatti li trasforma ed eleva esprimendo ben più efficacemente lo
strazio ed il rimpianto dello sfortunato amante.
La Cantata: « Il fulgido splendor d'un ciglio arciero ( !)... », che porta
la data del 1708, inizia con un recitativo in cui le formule cadenzali non
appaiono quasi, e che contiene una linea melodica a sè. Anche se i versi
parlano di « Ciglio erciero », « occhi che abbagliano », «cori piagati », nella
musica non è nulla concesso al barocchismo : Scarlatti segue la sua via e
mantiene la sua solita linea aristocratica e serena. Così nell'Aria (Andantino)
che segue, si direbbe che l'autore non si accorga delle espressioni un po'
troppo contorte dei versi e l'aria procede con una linea melodica e un movimento di Basso che incalza, cresce, diminuisce, esigendo una realizzazione di
non indifferente difficoltà. Dopo un nuovo recitativo (anche questo poco convenzionale), si trova l'ultima Aria di grandi proporzioni, il cui tema basterebbe da solo a dirci la genialità e la posizione di eccezione, rispetto al suo
tempo, di Alessandro Scarlatti.
Anche del 1.708 è la Cantata: « Sopra questi fecondi ameni colli... » che
inizia con un recitativo-arioso di grande dolcezza. La prima Aria: « Lieto il
mare e lieto il rio... » è tutto un ricco e leggiadro ricamo su di un tema in
tempo teranrio (12/8). Dopo un nuovo recitativo attacca l'aria « Più viver
non potrò... ». Ci troviamo davanti a uno dei pochi casi in cui due Arie di
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una stessa 'Cantata hanno lo stesso tempo; infatti, anche questa è in 12/8 e
resta nello stesso ambiente estetico della prima aria, avendo di diverso solo
la tonalità d'impianto (la prima è nel tono di re minore, la seconda è in fa
maggiore. Un fa maggiore che non porta niente in ' chiave, perchè siamo
ancora nel periodo di transizione tra i modi liturgici e la tonalità moderna).
'Quest'aria porta, come indicazione di andamento la dicitura: « à tempo giusto » il •che potrebbe indicare un « Allegro molto moderato ». Il tema ha una
lieve tendenza al genere popolare tradizionale:
vedi in Tondo p() ),1 ina.
Sarà qui opportuno ricordare che il folklore siciliano deve molto all'opera di Alessandro Scarlatti, in quanto mentre egli attinge alla tradizione di
quella terra questa stessa 'tradizione è ravvivata dallo Scarlatti.
Anche in questa Cantata i versi dicono di un amore perduto, esso però
è solo l'argomento centrale, perchè l'ignoto poeta si sofferma a lungo su
descrizioni 'di albe e di tramonti che formano strane similitudini.
Del 1709 è la Cantata che comincia: « Io non so quel che mi sento... ».
Le tre arie di questa Cantata sono tutte in modo minore (sol minore,
la bemolle in chiave; re minore, niente in chiave; la minore, niente in
chiave).
La prima aria ha un carattere accorato: vi è 'come un affanno che continuamente passa dal basso continuo alla voce e viceversa.
Dopo un recitativo breve ma molto espressivo, segue un'aria: « Poco il
duol... » che ha il carattere e il tempo di una siciliana (a).
Dopo un nuovo breve ed espressivo recitativo giungiamo all'ultima aria:
« Se Nerone con ciglio ridente, — d'una Roma l'incendi mirò... » (versi bruttissimi nei 'quali l'ignoto autore, tra contorcimenti e metafore, si ,occupa,
oltre che di Nerone, anche di Clori e di Tirsi; ma, per fortuna, non hanno
nessuna influenza sulla musica scarlattiana). Il tema di quest'aria è simile a
quello della prima aria dando così a tutta la Cantata una unità anche tematica.
L'ultima Cantata che prenderò in esame per un suo particolare carattere, è: « Matutine rugiade... ». Essa risulta formata da due sole arie precedute da due brevi recitativi: la prima aria (un Allegro alla croma, C) ha
una grande cantabilità ed un tema quasi orecchiabile e facile; l'altra aria
(un Allegro, in tempo tagliato) è, invece, molto lunga ed elaborata.
*
Delle Cantate contenute in questo manoscritto conservate in altre biblioteche non è il caso 'parlare. Le altre, del gruppo delle nove non conosciute
e non conservate in altre biblioteche, contengono gli stessi caratteri ed hanno
(6) Danza simile alla Pastorale, generalmente è scritta con ritmo ternario (6/8 o 12/3),
spesso è in modo minore. Fu adoperata o come un tempo delle suites o nella musica
vocale.
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la stessa potenza espressiva di quelle che ho brevemente analizzato, i caratteri, cioè, ,che sono inconfondibile segno della Cantata scarlattiana. La sua
Cantata è, infatti, più che una manifestazione immediata di uno stato emotivo suscitato dai versi, l'intima espressione di un mondo tutto suo. I versi
possono essere più o meno belli, ma il suo pensiero musicale nelle Arie si
•
Una pagina del ms. con
della Cantata :
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Se la mia bella ...
H.
svolge sempre nello stesso clima elevato, sale verso un puro lirismo, mantiene
una perfetta unità che non è solo unità tematica, ma unità sostanziale.
Come il pittore del Trecento, pur guardando al vero riflette nella sua
opera quel mondo mistico che vive in lui, così Scarlatti, facendo proprio il
concetto dei versi ne sorpassa la grettezza e il trionfo e riplasma il contenuto
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del componimento poetico con la sua potente interiorità. L'arioso è libero: la
musica fluisce senza dipendenze tematiche; i recitativi sono una perfel:a
declamazione in cui la parola acquista verità d'espressione e resta sottolineata
dalla musica come nel Madrigale.
I mezzi tecnici sono formidabili. Scarlatti, infatti, dispone di tutto quello
che si è fatto prima di lui dal Quattrocento in poi: dal Dunstable ( 7 ) a
Festa ( 5), dal Willaert (°) al Palestrina (10) e a di Lasso ( 17 ); egli conosce
tutti, ne possiede i segreti della composizione che ha assimilato in pieno e
piega al suo volere' profondendo a piene mani una rara ricchezza di mezzi
contrappuntistici e armonici.
Per questo la sua Cantata, forse più che le sue opere e i suoi oratori, ha
inciso profondamente sul divenire della musica, ed estende la sua influenza
al di là delle composizioni formate dal canto accompagnato, sull 'a musica pura.
GIUSEPPE
A.
PASTORE
INDICE DEL VOLUME
CANTATE A VOCE SOLA
CONTENUTE IN QUESTO NONO VOLUME
Al pensiero miei sguardi che dite (11)
73
Ardo tacito Amante (12)
17.9
Aure voi, che leggiere. Domenico Scarlatti
153
Crudo Arcier, tiranno Amore. Basso
115
E' pure il gran tormento perder la libertà ( )
Il fulgido splendor d'un ciglio arciero
81
Io non so quel che mi sento
23
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(7) John Dunstable - Dunstable (Bedford), circa 1370-1453, Walbrook (Londra).
(8) Costanzo Festa, ?-1545, Roma.
(9) Adriano Willaert Bruges (Fiandre) 1480?-1562, Venezia.
<10) Pierluigi Giovanni di Sante da Palestrina - Palestrina 1525?-1594, Roma.
(11) Altro esemplare ms. della Bibliothek des Bischiifl Miinster (Westphalia).
(12) Altro esempl. ms. a Parigi.
(13) Altri esempl. ms. a Napoli nella Biblioteca del Conservatorio di Musica S. Pietro a
Majella, a Londra nella Bild. del British Museurn ed a Parigi.
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Liete placide e belle Acque voi ( ) .
.
•
•
111
Lontananza tiranna che da te mi divide (")
.
•
•
89'
Matutine ruggiade
.
.
•
15
Mentr'io solo e pensoso .
.
•
•
93
Non lasciar canora e bella (") .
.
•
•
1
Poichè cessaro alfin gli aspri tormenti ( 17)
.
31
Pur trionfasti al fine del mio povero Cor .
149
Quel Fileno infelice - Lettera -
131
.
105.
Se la mia Bella il guardo gira .
Sovra questi fecondi ameni colli
.
Su bel seggio di fiori ( 1 )
.
.
41
.
.
.
51
•
INCIPIT DELLE NUOVE CANTATE
CANTATA I:
Recit.: Matutine ruggiade...
Aria: Io so ben che spero invano...
Recit.: Ma Tu Madre d'Amor...
Aria: Vaga stella...
CANTATA II (porta la data del 1709):
Aria: Io non so quel che mi sento...
Recit.: Ah' che tanto gran duolo...
Aria: Provo il duol...
Reca.: Ma se Arsinda ed Armida...
Aria: Se Nerone con ciglio ridente...
Recit.: Al suon di queste voci...
CANTATA III (porta la data del 1708):
Recit.: Sovra questi fecondi ameni colli...
Aria: Lieto il mare e lieto il rio...
(14) Altri esempi. a Londra ed a Napoli.
(15) Altri esempi. a Miinster ed a Parigi.
(16) Altro esempl. a Miinster.
(17) Altro esempl. a Londra.
(18) Altro esempl. a Miinster.
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Recit.: Da quel dì che un nemico...
Aria : Più viver non potrò...
CANTATA IV (porta la data del 1708):
Recit.: Il fulgido splendor d'un ciglio arciero...
Aria: Nei miei lumi troppo arditi...
Recit.: Dunque d'un solo sguardo...
Nel mio seno in un momento...
Aria
CANTATA V:
Recit.: Mentr'io solo e pensoso...
Aria: Di sconfitte e di trofei...
Recit.: Qui (bis) piacque al Dio d'Amore...
Aria: In generoso core...
Recit.: Or su serbami pur sasso famoso...
Aria : Tu non puoi (bis) venticel cc)* fiati tuoi...
CANTATA VI:
Aria: Se la mia bella il guardo gira...
Recit.: Tanto è vaga e gentil...
Aria: Filli mia se preme il suolo...
CANTATA VII (porta la data del 1708, intitolata:
« LETTERA):
Recit.: Quel Fileno infelice...
Aria: Voglio (bis) ch'intendi barbaro core...
Reca.: Fu pietade crudele...
Aria: Io voglio o Ciel vendetta...
Recit.: Ben mi sovvien quancrio da te partendo...
Aria: Voi stelle spietate...
CANTATA VIII (per voce di basso):
Aria: Crudo arcier tiranno Amore...
Recit.: Strane guise d'affanni...
Aria: Doppo (sic) il tormento più bel contento...
Recit.: E pure, (bis) l'amor mio troppo soave...
Aria: E' lontananza quel gran veleno...
CANTATA IX:
Recit.: Pur trionfasti alfin del mio povero cor...
Aria: Godi pur tiranno Amore...
Recit.: E fia ver che spietato crudo tiranno...
Aria: Se vinto già son io godi tiranno Dio...
61.
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