Comunicazioni e notificazioni in generale
IL CODICE DI PROCEDURA CIVILE
Sezione I
Comunicazioni e notificazioni in generale
Art. 133 c.p.c. Pubblicazione e comunicazione della sentenza
La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata.
Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed
entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che
si sono costituite.
L'avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal
fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta
elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso (1).
Note
(1) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. a), d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
Art. 134 c.p.c. Forma, contenuto e comunicazione dell'ordinanza
L'ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell'udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo
è collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza, salvo che la
legge ne prescriva la notificazione.
L'avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal
fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta
elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso (1).
Note
(1) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. a), d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
Art. 136 c.p.c. Comunicazioni
Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono
prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri
ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta
dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica (1).
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La notificazione civile
Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica
nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi (2).
Note
(1) Comma sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), legge 28 dicembre 2005, n. 263, come modificato dall'art. 39 quater, comma 2, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 febbraio 2006, n. 51, a decorrere dal 1° marzo 2006; tali ultime disposizioni si applicano ai
procedimenti instaurati successivamente a tale data.
(2) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2), legge 28 dicembre 2005, n. 263, come modificato dall'art. 39 quater, comma 2, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 febbraio 2006, n. 51, a decorrere dal 1° marzo 2006; tali disposizioni si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.
Art. 45 disp. att. c.p.c. Forma delle comunicazioni del cancelliere
Il biglietto, col quale il cancelliere esegue le comunicazioni a norma dell'art. 136 del codice, si compone di due parti uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario
e l'altra deve essere conservata nel fascicolo d'ufficio.
Esse contengono in ogni caso l'indicazione dell'Ufficio giudiziario, della sezione alla quale
la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il
quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore e il nome delle parti.
Nella parte che viene inserita nel fascicolo d'ufficio deve essere stesa la relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario. Se l'ufficiale giudiziario si avvale del servizio postale, il cancelliere conserva nel fascicolo d'ufficio anche la ricevuta della raccomandata.
SOMMARIO: 1. Profili generali - 2. Forma e contenuto - 3. Le comunicazioni a
mezzo fax o posta elettronica - 4. Scopo, omissione e conseguenze - 5. Comunicazione alla parte che ha nominato più procuratori - 6. La parte assente all'udienza 7. La comunicazione alla pubblica amministrazione.
1. Profili generali
Il codice di rito distingue la notificazione, intesa come mezzo diretto a portare a
completa conoscenza degli interessati gli atti processuali e consistente nella “consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi”, dalla comunicazione, che dalla prima si differenzia sia per il soggetto che la compie, sia per
le modalità di esecuzione. Autore della notificazione è, infatti, l'ufficiale giudiziario,
autore della comunicazione è, invece, il cancelliere; mentre la prima presuppone la
piena conformità all'atto della copia consegnata, la seconda è più semplice e breve,
avviene per estratto e con biglietto su carta non bollata. Al di là di questi aspetti
formali, la dottrina ha individuato nel rispettivo contenuto la distinzione sostanziale
tra i due atti: l'attività di notificazione si limita alla consegna di un documento precostituito, non accompagnata da alcuna dichiarazione del soggetto notificante circa il
contenuto dell'atto che ne è oggetto; nella comunicazione si ha, invece, una dichiarazione da parte del comunicante, la quale descrive, più o meno sinteticamente, il fatto
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Comunicazioni e notificazioni in generale
che vuole portare a conoscenza del soggetto passivo (CARNELUTTI, Istituzione del
processo civile italiano, V ed., Roma, 1956, 316; SATTA, Diritto processuale civile, V ed.,
Padova, 1957, 187; sulle comunicazioni nel processo civile, cfr. anche, in generale,
BALENA, Elementi di diritto processuale civile, I, Bari 2006, 246 ss.).
In sostanza, mentre la notificazione mira ad assicurare la conoscenza integrale
dell'atto, la comunicazione ha lo scopo di fornire ai soggetti del processo la notizia
di fatti rilevanti del giudizio o di provvedimenti del giudice (BALENA, Voce Notificazione e comunicazione, in Dig. Disc. Priv., vol. XII, 259, Torino, 1995, 276;
MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, vol. I, Torino, 1997, 408;
MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova, 2002, 287; VERDE, Profili del processo civile, vol. I, Napoli, 1999, 296).
Il codice di procedura civile prevede, in via generale, che il deposito di tutte le
sentenze debba essere comunicato alle parti costituite mediante biglietto contenente il dispositivo (art. 133; cfr. anche art. 430, con riguardo alle sentenze pronunciate
nel giudizio svoltosi con il rito del lavoro); delle ordinanze, una buona parte è soggetta a comunicazione e, tra queste, quelle pronunciate fuori udienza, salvo che la
legge ne prescriva la notificazione (art. 134), in particolare quelle del giudice istruttore (art. 176) e quelle collegiali (art. 280); quanto ai decreti, è prevista generalmente la
notificazione a cura della parte istante (cfr., ad es., art. 643), sicché solo alcuni di essi
vanno comunicati, tra cui quello di abbreviazione dei termini su istanza del convenuto (art. 163 bis), quello di integrazione dei provvedimenti istruttori (art. 289), quelli
emessi in camera di consiglio nei confronti di una sola parte (art. 739). In particolare, il decreto di anticipazione della prima udienza di comparizione deve essere comunicato a cura del cancelliere alle parti costituite almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice (art. 163 bis e 70 disp. att.); alle parti non costituite, invece, deve essere notificato personalmente in un congruo termine all'uopo fissato, superiore ai cinque giorni liberi antecedenti (Cass. 18 aprile 2000, n. 4994).
Seguendo la ripartizione indicata dallo stesso art. 136, tra le comunicazioni previste dalla legge oltre quelle, già citate, di cui agli artt. 133, secondo comma (comunicazione alle parti costituite dell'avvenuto deposito della sentenza) e 134, secondo comma (comunicazione alle parti dell'ordinanza pronunciata fuori udienza), vanno menzionate quelle indicate dagli artt. 168 bis, quinto comma (comunicazione alle
parti della nuova data della prima udienza); 176, secondo comma (comunicazione
delle ordinanze pronunciate fuori udienza dal giudice istruttore); 181, primo comma
(comunicazione alle parti costituite e non comparse alla prima udienza della fissazione dell'udienza successiva); 181, secondo comma (comunicazione all'attore della
nuova udienza fissata dal giudice nel caso in cui l'attore costituito non compaia alla
prima udienza ed il convenuto non chieda che si proceda in assenza di lui); 183, settimo comma, nel testo introdotto dal d.l. n. 35 del 2005, conv. in legge n. 80 del
2005, e dalla legge n. 263 del 2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006 (comunicazione dell’ordinanza del giudice istruttore di ammissione delle prove e di fissazione
dell’udienza per l’assunzione, se emessa fuori udienza); 267, secondo comma (co5
La notificazione civile
municazione alle parti dell'intervento del terzo, nel caso in cui la costituzione del
terzo non sia avvenuta in udienza); 269, secondo comma (comunicazione alle parti
costituite del decreto di fissazione della nuova udienza nel caso in cui il convenuto
intenda chiamare in causa un terzo; analoga disposizione è dettata, per il nuovo processo sommario di cognizione, introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, dall’art.
702 bis, quinto comma); 280, secondo comma (comunicazione alle parti dell'ordinanza con la quale il collegio fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al
giudice istruttore o davanti a se stesso, nel caso previsto dall'art. 281); 289, secondo
comma (comunicazione dell'integrazione dei provvedimenti istruttori disposta dal
presidente o dal giudice istruttore); 308 (comunicazione dell'ordinanza che dichiara
l'estinzione del processo, se pronunziata fuori udienza); 348, secondo comma (comunicazione del rinvio dell’udienza all’appellante costituito ma non comparso alla
prima udienza); 377, secondo comma (comunicazione agli avvocati delle parti della
fissazione dell'udienza); 485, secondo comma (comunicazione del decreto con il
quale il giudice fissa l'udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui);
525, secondo comma (comunicazione al creditore pignorante dell'intervento di altri
creditori); 630 (comunicazione dell’ordinanza di estinzione del processo esecutivo
pronunciata fuori udienza); 631 (nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263: comunicazione alle parti, qualora nessuna
di esse sia presente all'udienza, di quella successiva fissata dal giudice); 739, secondo
comma (comunicazione del decreto del giudice tutelare).
Non richiede, invece, alcuna comunicazione o notificazione alle parti la sostituzione di un componente del collegio tra l'una e l'altra udienza, allorché si tratti di
rinvio puro e semplice, e non di prosecuzione dell'udienza collegiale, mancando una
espressa previsione di legge in tal senso e non essendo necessaria la notizia della sostituzione a tutela del diritto di difesa (Cass. 9 gennaio 1997, n. 108, in Arch. civ.,
1997, 854, Giust. civ., 1998, I, 240, Banca, borsa, 1998, II, 301). Del pari, le ordinanze
pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che
dovevano comparirvi; a tale proposito, fa fede il verbale di udienza, sia essa pubblica
o camerale, salvo che sia presentata querela di falso o sia stata emessa sentenza che
accerti la non veridicità del verbale (cfr. Cass. 12 gennaio 2009, ord. n. 440).
Quanto alle comunicazioni prescritte dal giudice al P.M., si ricorda l'art. 71
(comunicazione degli atti al P.M., affinché possa intervenire nelle cause in cui all'art.
70, primo comma, relativamente alle quali tale intervento è prescritto a pena di nullità rilevabile d'ufficio); 709 (nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate
dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con mod. nella legge 14 maggio 2005, n. 80: comunicazione dell’ordinanza con cui il presidente, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, fissa l'udienza di comparizione davanti al giudice istruttore). Inoltre,
l’art. 380 bis (introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006 e successivamente sostituito dalla
legge 18 giugno 2009, n. 69) prevede, nel giudizio di cassazione, la comunicazione al
p.m. del decreto di fissazione dell’adunanza e della relazione con la concisa esposi6
Comunicazioni e notificazioni in generale
zione dei motivi in base ai quali il giudice relatore ritiene che il ricorso possa essere
deciso in camera di consiglio perché inammissibile, anche per mancanza dei motivi
previsti dall'art. 360, ovvero perché manifestamente fondato o infondato (ai sensi
dell’art. 375, primo comma, nn. 1 e 5, come modificati dalla legge n. 69 del 2009).
In particolare, con riferimento al procedimento per querela di falso, per garantire l'osservanza delle norme che prevedono l'intervento obbligatorio del P.M., a tutela di interessi generali, ai sensi dell'art. 221, terzo comma, c.p.c., la giurisprudenza
ha precisato che non è necessaria la presenza di un rappresentante di tale ufficio nelle udienze, né la formulazione di conclusioni, essendo sufficiente che il P.M., mediante la comunicazione degli atti, sia informato del giudizio e quindi posto in condizione di sviluppare l'attività ritenuta opportuna (Cass. 24 ottobre 2008, n. 25722;
Cass. 28 settembre 2006, n. 21065; Cass. 24 maggio 2005, n. 10894). Nel giudizio di
appello avente ad oggetto la querela di falso è necessario che la pendenza del medesimo venga comunicata al P.M. presso il giudice ad quem, affinché sia posto in grado
di intervenire; non occorre, invece, notificare l'impugnazione al P.M. presso il giudice a quo, in quanto questi non ha la qualità di parte e non può impugnare la sentenza
di primo grado. L’omissione della comunicazione prescritta dall'art. 71 c.p.c. è causa
di nullità del giudizio di appello e della sentenza che lo conclude, nullità insanabile e
rilevabile d'ufficio nei limiti ed ai sensi dell'art. 161 c.p.c. (Cass. 9 ottobre 2007, n.
21092; Cass. 14 dicembre 2004, n. 23311, in Giust. civ., 2005, I, 2354; Cass. 8 settembre 2004, n. 18051, ivi, 2005, I, 658; Cass. 5 novembre 2002, n. 15504, in Foro it.,
2003, I, 679).
La comunicazione, così come la notificazione (artt. 325, 326) o la pubblicazione
(art. 327), può assumere rilevanza per la decorrenza, nei casi espressamente previsti,
di termini processuali: è il caso, tra l’altro, del termine per proporre il regolamento
di competenza (art. 47), per l'impugnazione concessa al pubblico ministero contro le
sentenze relative a cause matrimoniali (art. 72), per il reclamo al collegio delle ordinanze (artt. 178, 308), per la riassunzione del processo quando la Corte di cassazione
abbia dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario (art. 367), per il reclamo avverso l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare, se
anteriore all’udienza (art. 669 terdecies, come mod. dal d.l. n. 35 del 2005, conv. in
legge n. 80 del 2005), per l’impugnazione del provvedimento di liquidazione del
compenso del consulente tecnico d’ufficio (art. 11 legge 8 luglio 1980, n. 319; cfr. sul
punto Cass. 26 maggio 2008, n. 13553). (In dottrina, cfr. LANCELLOTTI, Comunicazione (diritto processuale civile), in Nov. dig. it., vol. III, Torino, 1957, 846 ss.). Con riferimento al regolamento di competenza, è stato sottolineato come tale previsione
sta ad indicare la volontà di sottrarre alla disponibilità delle parti la decorrenza del
termine per proporre tale mezzo di impugnazione (MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, vol. I, tomo 1, Padova, 2001, 758).
In particolare, con riferimento alle sentenza rese con il rito ordinario, è considerato inammissibile il regolamento di competenza proposto oltre il termine di trenta
giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza effettuata tramite biglietto di
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La notificazione civile
cancelleria contenente il dispositivo, ai sensi dell’art. 133, ancorché privo della data
di deposito della sentenza e della motivazione integrale (Cass. 16 luglio 2004, ord. n.
13289). Nel caso in cui, nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, il giudice abbia pronunciato sentenza solo sulla competenza, al termine
della discussione, la lettura del provvedimento in udienza (e la sottoscrizione del
verbale che lo contiene), ai fini della proposizione del regolamento di competenza,
non solo equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133
c.p.c., ma esonerano la cancelleria dall'onere della comunicazione (giacché il provvedimento si ritiene, con presunzione assoluta di legge, conosciuto dalle parti presenti
o che avrebbero dovuto essere presenti) (Cass. 28 febbraio 2006, ord. n. 4401); pertanto, non è prevista alcuna ulteriore comunicazione di esso ad opera del cancelliere
che, oltre ad essere superflua, contrasterebbe con l'intento di semplificazione delle
forme perseguito dal legislatore, purché, però, il giudice abbia dato lettura in udienza
anche della concisa esposizione della ragioni di fatto e di diritto della decisione, come prescritto dall'art. 281 sexies c.p.c. (Cass. 2 settembre 2004, ord. n. 17665; cfr. anche Cass. 6 settembre 2007, ord. n. 18743, la quale ha ritenuto che, non risultando
dal verbale d'udienza l'avvenuta lettura di dispositivo e motivazione, sussistesse la
tempestività del ricorso per regolamento di competenza, anche se proposto oltre il
termine di trenta giorni dall'udienza ma prima del decorso di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento da parte del cancelliere). In caso di pronuncia emessa mediante la lettura del solo dispositivo, cui sia seguito, nel termine previsto
dalla legge, il deposito della motivazione, il termine perentorio di trenta giorni per la
proposizione del regolamento di competenza decorre dalla comunicazione dell'avvenuto deposito della sentenza e non dalla data della lettura del dispositivo, secondo
quanto espressamente stabilito nell'art. 47, secondo comma, c.p.c. (Cass. 8 novembre 2007, ord. n. 23280). In tema, cfr. amplius Parte I, sez. V.
L’avviso del deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 133, secondo comma, invece, non è assolutamente idonea a far decorrere né il termine breve per
l’impugnazione della sentenza stessa (Cass. 2 febbraio 2006, n. 2334; con riferimento
a sentenza non definitiva, cfr. Cass. 26 marzo 2009, n. 7340), né quello annuale ex
art. 327 c.p.c., che parte dalla pubblicazione, e quindi dal deposito, del provvedimento in cancelleria: infatti, la comunicazione è attività estranea al procedimento di pubblicazione in quanto non rappresenta né un momento costitutivo di esso né un elemento condizionante la sua efficacia (Cass. 17 gennaio 2003, n. 639, in Consulente impresa, 2004, 336; per l’irrilevanza, ai fini del decorso di tale ultimo termine, della
mancata comunicazione, cfr. Cass. 16 luglio 2007, n. 15778; Cass. 7 agosto 2003, n.
11910).
2. Forma e contenuto
Il biglietto di cancelleria può essere consegnato a mano, spedito per posta o notificato a mezzo di ufficiale giudiziario; le comunicazioni e gli avvisi possono, inoltre,
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Comunicazioni e notificazioni in generale
essere effettuati a mezzo fax o posta elettronica. Nel primo caso, costituisce prova
dell'avvenuta comunicazione la ricevuta del destinatario scritta nella parte del biglietto inserita nel fascicolo d'ufficio; nel secondo caso (spedizione per posta), la ricevuta della raccomandata conservata nel fascicolo del cancelliere; nel terzo caso
(notifica), la relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario, redatta sulla prima
parte del biglietto (Cass. 30 gennaio 1992, n. 1005, in Arch. loc., 1993, 102). Le comunicazioni eseguite per il tramite dell'ufficiale giudiziario devono, di massima, essere effettuate nel rispetto delle formalità previste per le notificazioni (Cass. 10 settembre 1994, ord. n. 711, con riguardo alla tassatività della successione preferenziale
delle persone alle quali, ai sensi dell'art. 139, può essere consegnata, in assenza del
destinatario, la copia dell'atto da comunicare). Per quanto riguarda le comunicazioni
a mezzo fax o posta elettronica, v. par. 3
A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 1977, che ha dichiarato infondata la questione di incostituzionalità degli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att.
c.p.c. a condizione che la comunicazione, effettuata a mezzo di piego raccomandato,
sia perfezionata con la prova dell'effettiva consegna al destinatario, s'è consolidato
l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale le tre forme di comunicazione
degli atti processuali previste dall'articolo in esame (consegna al destinatario che ne
rilascia ricevuta, spedizione per posta in piego raccomandato, consegna per mezzo
di ufficiale giudiziario) sono equivalenti, cosicché la comunicazione si considera perfezionata solo con la prova dell'effettiva consegna al destinatario, ossia, nel caso di
spedizione per posta, non soltanto con la ricevuta di spedizione, bensì con l'avviso
di ricevimento, nonostante tale adempimento non sia richiesto dalla menzionata
norma (Cass. 19 marzo 1979, n. 1606; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3654).
La comunicazione della sentenza che abbia pronunziato sulla competenza, se eseguita mediante consegna di copia dell'atto a persona indicata con la generica indicazione di “collega” del procuratore costituito, deve ritenersi nulla e, quindi, inidonea a far decorrere il termine perentorio previsto dall'art. 47, secondo comma, c.p.c.
per l'istanza di regolamento di competenza. Infatti, tale generico vincolo di colleganza non può fornire la garanzia che l'atto sia stato ricevuto da persona addetta allo
studio di quel procuratore o, comunque, legata a quest'ultimo da un rapporto giuridico che importi il dovere di curare la consegna dell'atto medesimo (Cass. 12 giugno
1987, n. 5152).
Anche per la comunicazione, così come per la notificazione, l'individuazione della data di perfezionamento, per quanto riguarda gli effetti a carico del destinatario
(ad esempio, il decorso del termine d'impugnazione), resta regolata, ove vi sia contrasto tra più documenti, dal principio della prevalenza delle risultanze fornite dall'atto consegnato allo stesso destinatario (Cass. 17 novembre 1983, n. 6857, in Foro
it., 1984, I, 3016, Giust. civ., 1984, I, 764).
La giurisprudenza ritiene, comunque, valida la comunicazione di un provvedimento del giudice eseguita in forme equipollenti rispetto a quelle previste dall'art.
136 c.p.c., purché vi sia stata un'attività a tal fine del cancelliere, vi sia la certezza
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La notificazione civile
dell’avvenuta consegna e della precisa individuazione del destinatario - che deve sottoscrivere per ricevuta - e sia altresì certa la data di tale conoscenza: cfr. Cass. 2 ottobre 2008, n. 24418, per la quale, ove il difensore della parte, successivamente al
deposito, abbia estratto copia dell'ordinanza riservata del giudice dell'esecuzione ad
“uso opposizione”, come risultante dalle attestazioni della cancelleria a margine del
provvedimento, la conoscenza del provvedimento è acquisita in via formale, all'esito
di un'attività istituzionale di cancelleria che impone l'individuazione del soggetto richiedente e di quello che ritira la copia autentica del provvedimento nonché l'annotazione della data di rilascio della copia stessa, e costituisce, al pari della “presa visione”, forma equipollente della comunicazione di cancelleria; Cass. 21 novembre
2006, ord. n. 24742, secondo cui, però, la certezza può aversi solo con la sottoscrizione della ricevuta da parte del destinatario; Cass. 26 giugno 2006, n. 14737; Cass.
23 febbraio 2000, n. 2068, in Fallimento, 2000, 1157, con nota di SEVERINI, la quale, in un caso di insinuazione tardiva del credito, ha ritenuto l'effettiva presa di conoscenza, da parte del creditore, del provvedimento del giudice delegato di fissazione
dell'udienza di comparizione delle parti, non comunicata dal cancelliere, per avere il
creditore stesso chiesto copia autentica del decreto e provveduto alla notifica al curatore, risultando, in tal modo, il raggiungimento dello scopo dell'atto; cfr. ancora
Cass. 15 febbraio 1996, n. 1140; Cass. 15 marzo 1995, n. 3025; Cass. 27 maggio
1994, n. 5230, in Inform. prev., 1994, 848; Cass. 12 settembre 1992, n. 10422.
Il rispetto di tali prescrizioni (attività del cancelliere, certezza della data e precisa
individuazione del destinatario) consente di ritenere sufficienti prassi quali il “visto
per presa visione” apposto dal destinatario della comunicazione sull'originale del
biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione ovvero sul provvedimento
del giudice, mentre nessun rilievo può avere la mera conoscenza del provvedimento
(Cass. 16 giugno 2004, n. 11319, in Fallimento, 2005, 894, con nota di D’ORAZIO, Il
reclamo al collegio ex art. 26 legge fall. e la ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost. verso una
disciplina unitaria: “visto per presa visione” e sospensione feriale dei termini; Cass. 29 aprile
2002, n. 6221; Cass. 22 maggio 2001, n. 6967, con riguardo alla comunicazione della
sentenza ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del regolamento di
competenza). Lo stesso vale per la prassi dell’apposizione della dizione “F.A.” (che
sta per “Fatto Avviso”), con indicazione della data di trasmissione effettuata dal personale della cancelleria e la relativa registrazione nella rubrica del passaggio atti ad
altri uffici, recante la firma “per ricevuta” dell’ufficio destinatario (Cass. 23 dicembre
2003, n. 19727).
Va notato, però, che alcune pronunce seguono un criterio più rigoroso qualora la
comunicazione di un provvedimento giurisdizionale serva, oltre che a far conoscere
quanto accaduto nel corso del processo, anche ad individuare il momento iniziale
per la decorrenza di un termine perentorio: secondo Cass. 20 maggio 2000, n.
6601 (in Giust. civ., 2001, I, 1333), in tal caso, a differenza di quanto avviene nell'ipotesi in cui la funzione della comunicazione è limitata unicamente a finalità partecipative, il sistema della sola conoscenza di fatto del provvedimento non comunicato
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Comunicazioni e notificazioni in generale
non può avere efficacia sanante della nullità dell'atto (nella specie, si trattava dell'ordinanza relativa alla sospensione del processo, la cui mancata comunicazione nella
forma legale non può determinare l'estinzione del processo per inosservanza del
termine di riassunzione). Ancora, Cass. 29 maggio 2001, n. 7280 (in Giust. civ., 2002,
I, 156), considera equipollente della comunicazione della sentenza, ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del regolamento di competenza, soltanto la
sua notificazione, e non anche la notizia ottenuta aliunde.
Non compie una valida comunicazione della sentenza il cancelliere che si limiti a
trascriverne la data di deposito nel registro generale, in quanto tale atto non è destinato a fornirne la conoscenza, né questa si può presumere per il solo fatto che il
procuratore di una parte abbia apposto la propria firma in tale registro per attestazione dell'avvenuto ritiro del suo fascicolo (Cass. 21 maggio 1982, n. 3130). Così pure, non si ha la certezza che l'atto abbia raggiunto il suo scopo nel caso in cui il cancelliere si sia limitato a certificare semplicemente di avere eseguito la comunicazione,
senza indicarne il modo (Cass. 5 agosto 1977, n. 3557, la quale ha considerato invalida come forma di comunicazione la dicitura “e comunicato” apposta dal cancelliere, con data e firma, in calce alla sentenza, a fianco al timbro “depositato”). Ancora,
non può dirsi rispettosa dell'esigenza della presenza delle parti e della conoscenza
tempestiva dei rinvii da parte delle stesse la comunicazione dei provvedimenti di
rinvio dell'udienza mediante bandi o avvisi non personalizzati ai singoli difensori, ad
es., tramite affissione sulla porta della sala di udienza (Cass. 26 marzo 2009, n. 7353,
con riferimento a giudizio svolto con il rito del lavoro).
Quanto al contenuto, si sostiene che la comunicazione di un provvedimento del
giudice con biglietto di cancelleria non comprenda nessuna certificazione di conformità all'originale ed abbia lo scopo di porre le parti in grado di prendere visione
del provvedimento indicato nel biglietto, con tutti gli estremi atti ad identificarlo.
Sicché, i destinatari della comunicazione hanno l'onere di controllare la corrispondenza del contenuto di tale provvedimento a quanto scritto nel biglietto; un'eventuale inesattezza nella compilazione di quest'ultimo integra un mero errore materiale in
un atto diverso dal provvedimento comunicato che, quindi, non ne risulta invalidato
(Cass. 3 aprile 1974, n. 948). In altri termini, ai fini della validità della comunicazione è sufficiente che essa contenga gli elementi idonei a far conoscere il reale tenore
della decisione, della quale non è necessaria l'integrale trascrizione (Cass. 12 settembre 1968, n. 2935; Cass. 15 novembre 1966, n. 2764). Pertanto, la circostanza che il
biglietto di cancelleria, con cui si dà notizia alle parti costituite del deposito della
sentenza, non contenga uno dei capi del dispositivo della sentenza stessa, non incide
sulla sua validità ed efficacia anche in ordine a tale capo (Cass. 12 marzo 1984, n.
1700).
Anche per le comunicazioni si pone il problema della tutela della riservatezza
del destinatario, nell'ipotesi in cui la consegna non venga effettuata in mani proprie;
il problema è stato affrontato dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che estende anche
alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria, in tale ipotesi, l'obbligo di
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La notificazione civile
consegna o deposito in busta sigillata; la previsione è contenuta nel terzo comma
dell'art. 137, aggiunto dall'art. 174, primo comma, del d.lgs. n. 196 del 2003 (cfr. sub
art. 137, par. 2).
3. Le comunicazioni a mezzo fax o posta elettronica
Alle forme di comunicazione già previste dalla norma in esame, gli interventi di
riforma del codice di procedura civile (d.l. 14 marzo 2005, n. 35, c.d. “decreto competitività”, conv. in legge 14 maggio 2005, n. 80; legge 28 dicembre 2005, n. 263;
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40; legge 24 febbraio 2006, n. 52; legge 18 giugno 2009, n.
69), rispondendo ad evidenti ragioni di snellimento delle procedure e di risparmio di
spesa, aggiungono anche la comunicazione via fax e a mezzo posta elettronica.
Infatti, all’art. 136 viene aggiunto un terzo comma, in base al quale vanno considerate equipollenti alla consegna del biglietto di cancelleria in forma cartacea le comunicazioni a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica, “nel rispetto della normativa, anche
regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici
e teletrasmessi”. Analoga previsione viene inserita nell’art. 133, per l’avviso del deposito della sentenza alle parti costituite, nell’art. 134 e nell’art. 176, per la comunicazione delle ordinanze pronunciate fuori udienza, nell’art. 170, per lo scambio e la comunicazione di comparse e memorie nel corso del giudizio, nell’art. 183, decimo
comma, per la comunicazione dell’ordinanza ammissiva della prova pronunciata
fuori udienza: in questi casi, si precisa ulteriormente che “a tal fine il difensore indica nel
primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di
voler ricevere l'avviso” o la comunicazione o gli atti.
Da tale indicazione normativa, inserita, come può notarsi, solo con riferimento
agli avvisi alle parti costituite, si deduce che l’utilizzo di tali modalità di comunicazione potrà essere effettuato solo quando il difensore abbia manifestato espressamente la volontà di riceverle attraverso queste modalità (in tema, SACCHETTINI,
Avvocati obbligati a dare l’indirizzo e-mail, in Guida al dir., 2005, 22, 100). Più generica
resta la previsione dell’art. 136, con la conseguenza che il fax e la posta elettronica
potranno essere utilizzate in ogni caso dal cancelliere per le comunicazioni dirette ad
altri destinatari, quali il pubblico ministero, i consulenti tecnici, ecc. (cfr.
CAPORUSSO, Riforma del processo civile, sub art. 136, in Nuove leggi civ. comm., 2006, 895
ss.; BALENA e BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, 30 ss.).
Il telefax o la posta elettronica possono, attualmente, essere utilizzate anche dal
difensore per l'intimazione al testimone (art. 250, terzo comma); nonché per la trasmissione da parte dell'ufficiale giudiziario della copia del processo verbale di pignoramento al creditore e al debitore che lo richiedono (art. 518, sesto comma).
Quanto alle modalità di esecuzione delle comunicazioni a mezzo telefax o posta elettronica, tutte le disposizioni richiamate, con identica dizione, rinviano alla
normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la
ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi, senza ulteriori precisazioni; il
12
Comunicazioni e notificazioni in generale
che significa, per la trasmissione in posta elettronica, il riferimento al d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123 (regolamento recante la disciplina sull’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo
dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti) e al d.m. 14 ottobre 2004, n.
15927 (regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel
processo civile); nonché al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in parte sostituito dal
d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale); va ricordato, da
ultimo, al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (regolamento recante disposizioni per
l’utilizzo della posta elettronica certificata), che, però, non si applica, secondo il
comma quarto dell’art. 16, all’uso di strumenti informatici e telematici nel processo
civile, né in quello penale, amministrativo, tributario, per i quali “restano ferme le specifiche disposizioni normative” (in argomento, cfr. amplius lo specifico capitolo). Mancano,
invece, specifiche disposizioni per l’uso del telefax, se si esclude la legge n. 664 del
1986 (per l’Avvocatura dello Stato: cfr. sub art. 137, par. 7) e la legge n. 183 del 1993
(per i difensori), ma che si riferiscono solo alla trasmissione di atti tra avvocati costituiti (sul punto, cfr. infra lo specifico capitolo).
Al fine di rendere finalmente operativo il sistema di comunicazioni e notificazioni telematiche, comunque, l’art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con
mod. in legge 6 agosto 2008, n. 133, ha stabilito che, a decorrere dalla data fissata
con uno o più decreti del ministro della giustizia, le notificazioni e comunicazioni di
cui al primo comma dell'art. 170 c.p.c., la notificazione di cui al primo comma dell'art. 192 c.p.c. e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all'indirizzo elettronico comunicato al Consiglio dell’Ordine, ai sensi dell'art. 7 del regolamento di cui al d.P.R. n. 123 del 2001, prevedendo, in tal modo, la
sostituzione dei biglietti di cancelleria cartacei con documenti informatici. Qualora
l’indirizzo elettronico non sia stato comunicato, le notificazioni e comunicazioni nel
corso del procedimento alla parte costituita e al consulente, a decorrere dalla data
suddetta, sono effettuate presso la cancelleria.
La disposizione ha trovato una prima attuazione con il d.m. 26 maggio 2009, n.
57, che ha fissato la data del 1° giugno 2009 per l’applicazione delle comunicazioni
in via telematica nel Circondario del Tribunale di Milano (sul punto, v. FALASCA,
Tribunale di Milano: al via le notifiche telematiche, in Guida al lav., 2009, 24, 20).
Va anche ricordato che, in base all’art. 16, settimo comma, del d.l. 29 novembre
2008, n. 185, conv. con mod. in legge 28 gennaio 2009, n. 2, i professionisti iscritti in
albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi Ordini o collegi
il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione
delle comunicazioni e l'integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.
Il problema più rilevante, in questo contesto, resta, infatti, quello della garanzia
dell'effettiva conoscenza dell'avviso da parte del destinatario e della data di tale
13
La notificazione civile
conoscenza, che la giurisprudenza ha tenuto sempre ben presente, soprattutto nei
casi in cui dalla comunicazione del provvedimento decorrano termini perentori ovvero quando la stessa comunicazione debba garantire la certezza del contraddittorio
nel prosieguo del giudizio; per questi motivi, infatti, la giurisprudenza, in passato, ha
visto con sospetto l'utilizzo del fax, in quanto difetta la prova della consegna dell'atto e della conoscenza legale dello stesso da parte del destinatario (cfr., sia pure con
riferimento alla notificazione, Cass. 25 marzo 2003, n. 4319, in Foro it., 2003, I, 2358;
nonché con riferimento alle comunicazioni nel procedimento disciplinare a carico
dei notai, da effettuare nelle forme previste dall’art. 136 c.p.c., Cass. 15 febbraio
2006, n. 3286, la quale esclude, ratione temporis, l’applicabilità delle modifiche apportate all’art. 136 dalla legge n. 263 del 2005, entrate in vigore dal 1° marzo 2006, e, anzi,
ne desume la conferma dell’invalidità, in precedenza, della comunicazione a mezzo
fax). La giurisprudenza più recente, invece, propende per il riconoscere l'idoneità
dello strumento del fax a costituire, in via di principio, un'adeguata forma di comunicazione di atti difensivi, in considerazione dei progressi compiuti dalla tecnica di
trasmissione e delle garanzie inerenti, il che è desumibile dall'opzione effettuata dallo
stesso legislatore nell'introdurre una simile previsione, sia pure in riferimento a fattispecie specifiche di comunicazione, come nel caso dell'ultimo comma dell'art. 366
c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006 (cfr. Cass. sez. un. 8 aprile 2008, n.
9151, in Giust. amm., 2008, 204, con nota di VALENTINO, Corr. giur., 2008, 1685,
con nota di PAJNO, Guida al dir., 2008, 21, 24, con nota di MEZZACAPO).
Nel caso di invio a mezzo fax, il “foglio” o “rapporto di invio”, rilasciato dalla
macchina, costituisce prova della spedizione del documento e della data di essa, con
presunzione di ricezione da parte del destinatario, cui spetterebbe l’onere di provare
la mancata ricezione o l’irregolarità della trasmissione (cfr. CAPORUSSO, cit.; DE
CRISTOFARO, Il nuovo processo civile “competitivo” secondo la legge n. 80 del 2005, in
www.judicium.it); considerata, comunque, la controversa efficacia probatoria del fax,
resta innegabile che essa non può equipararsi, di per sé, alla certezza legale fornita
dai mezzi più tradizionali di comunicazione (così BALENA, Uso del fax e degli strumenti elettronici, in Foro it., 2005, V, 96).
Nel caso di invio per posta elettronica, trova applicazione, invece, l’art. 45,
comma secondo, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (che riprende, abrogandolo, l’art. 14,
comma primo, d.P.R. n. 445 del 2000, come modificato dal d.P.R. n. 68 del 2005)
secondo cui “il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente
se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo
elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”. In attesa dell’attuazione del “processo telematico”, solo i sistemi di posta elettronica “certificata” sono idonei a fornire al mittente un’attestazione
dell’invio e dell’avvenuto recapito dei documenti informatici (cfr. BALENA, op. ult.
cit., 98). Sul tema, cfr. infra lo specifico capitolo.
Va segnalato, comunque, a tale proposito, che la giurisprudenza, in applicazione
del principio per cui la comunicazione di cancelleria ex art. 136 ammette equipollenti
14
Comunicazioni e notificazioni in generale
basati su elementi volontaristici e sul conseguimento dello scopo, nel caso in cui un
avvocato abbia aderito ad una convenzione tra l'Ordine degli avvocati ed un ufficio
giudiziario che preveda le comunicazioni via posta elettronica all'indirizzo e-mail indicato da ciascun legale, ha considerato valida la comunicazione di cancelleria effettuata al detto indirizzo a mezzo posta elettronica, ancorché priva di firma digitale,
ove sia pervenuta alla cancelleria una risposta per ricevuta, data non in automatico
(Cass. 19 febbraio 2008, n. 4061, in Dir. e pratica soc., 2008, 90, con nota di C.N., Validità della comunicazione telematica all'indirizzo elettronico del difensore).
In dottrina, cfr. CONTALDO e GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria
per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, in Ciberspazio e diritto, 2009,
59; GIORGETTI, Notifiche e comunicazioni informatiche, in Informatica e diritto, 2007, I,
109; CUNIBERTI, Posta elettronica e telefax: le nuove notificazioni e comunicazioni, il “documento informatico” e le “firme elettroniche”, in Giur. merito, 2007, II, 696.
4. Scopo, omissione e conseguenze
La comunicazione al procuratore costituito di una delle parti delle ordinanze
pronunziate fuori udienza è diretta a portare a conoscenza delle parti il contenuto
del provvedimento del giudice; la sua mancanza, pertanto, determina la nullità
dell’ordinanza stessa nonché delle attività riconducibili alle udienze posteriormente
celebrate, che si estende agli atti successivi del processo (e, quindi, anche della sentenza eventualmente emessa), per violazione del principio del contraddittorio ed in
disconoscimento dei diritti di difesa della parte assente (cfr. Cass. 2 aprile 2009, n.
8002; Cass. 13 novembre 2006, n. 24159; Cass. 29 gennaio 2003, n. 1283, in Rass.
trib., 2003, 2096, con nota di CAPOLUPO; Cass. 4 dicembre 1997, n. 12296; Cass.
20 gennaio 1995, n. 1093, in Giur. it., 1995, I, 1, 1431).
Peraltro, nel caso in cui non sussista in concreto violazione di detto principio per
effetto della spontanea partecipazione del difensore all'udienza successivamente fissata, malgrado la cancelleria non abbia provveduto al relativo adempimento informativo, la nullità del procedimento deve intendersi sanata, in quanto tale partecipazione dimostra che la parte ha potuto svolgere le sue difese (Cass. 1° marzo 2007, n.
4866; cfr. altresì Cass. 25 maggio 2009, n. 12006, con riferimento a procedimento di
opposizione ad ordinanza ingiunzione), in particolare quando la parte, comparsa
spontaneamente nell'udienza di discussione od in altra precedente, nulla eccepisca al
riguardo (Cass. 7 aprile 2006, n. 8174; Cass. 15 ottobre 1988, n. 5621; Cass. 15 marzo 1982, n. 1690; NICOLETTI, Interventi volontari e fissazione di nuova udienza, nota a
Corte cost. 29 giugno 1983, n. 193, in Dir. lav., 1984, II, 52).
Tale vizio può essere fatto valere solo mediante appello, con il conseguente obbligo per il giudice di secondo grado di decidere la causa nel merito, non integrando
una delle ipotesi tassative di rimessione della causa in primo grado, di cui agli artt.
353 e 354 c.p.c. (Cass. 22 luglio 2002, n. 10666; Cass. 12 dicembre 1995, n. 12724;
Cass. 16 maggio 1983, n. 3377; in tal senso anche Cass. 16 gennaio 2009, n. 1073,
15
La notificazione civile
per il caso di mancata comunicazione, nel giudizio di primo grado, del provvedimento di rinvio d’ufficio dell’udienza).
La sanzione di nullità è comminata anche in ipotesi di omessa comunicazione
del rinvio della prima udienza (art. 82, primo comma, disp. att. c.p.c.), ovvero di ogni altro suo differimento di cui la parte possa non essere informata e di cui non si
possa presumere la conoscenza (Cass. 8 maggio 1987, n. 4252); nel caso di omessa
comunicazione dell'ordinanza collegiale che abbia disposto, nel giudizio di appello,
la comparizione personale delle parti davanti al consigliere istruttore, ove tale omissione abbia impedito in concreto la partecipazione della parte alla successiva fase
processuale (Cass. 7 novembre 1981, n. 5877); per la mancata comunicazione di un'ordinanza pronunciata fuori udienza con cui il giudice d'appello abbia fissato alle
parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche (Cass. 7
marzo 2003, n. 3416); nel caso di omessa comunicazione ad una delle parti del decreto con il quale, su istanza dell'altra, sia stata anticipata l'udienza di discussione
(Cass. 19 giugno 1997, n. 5482, la quale precisa che la nullità è sanata nel caso di
spontanea partecipazione del difensore a detta udienza, anche se al fine di rilevare la
nullità; Cass. 11 novembre 1993, n. 11149, in Giur. it., 1994, I, 1, 558; in dottrina, cfr.
OLLA, Conseguenze della mancata comunicazione alla parte del provvedimento emanato fuori
udienza di sostituzione del g.i. e di rinvio ad altra udienza, nota ad App. Cagliari 26 febbraio
1987, in Riv. giur. sarda, 1989, 20).
Deve essere, altresì, comunicato alla controparte, al fine di non ledere il diritto di
difesa, il provvedimento del giudice che, dopo la chiusura del verbale di udienza di
istruzione (che ne segna anche il momento terminale), abbia, su istanza di parte, disposto la riapertura del verbale stesso, in quanto ciò implica la revoca del provvedimento già pronunciato di fissazione dell'udienza successiva con immediata trattazione della causa. In mancanza di comunicazione, a meno che non vi sia l'accordo dei
procuratori delle parti costituite o che questi non siano presenti, l'udienza così anticipata (“riaperta”) deve ritenersi inficiata da nullità, che si estende a tutti gli atti
compiuti in tale fase (Cass. 17 aprile 1997, n. 33031736; Cass. 7 giugno 1991, n.
6520, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 259, con nota di MAZZA).
Per quanto attiene al rinvio d'ufficio dell'udienza, sia di trattazione che di discussione, non è necessario alcun avviso alle parti se il rinvio è all'udienza immediatamente successiva, mentre sussiste l'obbligo di comunicazione della nuova data
qualora il rinvio sia ad altra, diversa udienza, non trovando applicazione, in tale ipotesi, il meccanismo dello “slittamento” previsto dall'art. 57 disp. att. c.p.c. e dovendo
contemperarsi il principio della libertà delle forme con la regola del contraddittorio
(attuativa del principio costituzionale di difesa in giudizio), la quale esige la certezza
che le parti siano a conoscenza dello svolgimento di ogni fase del processo; pertanto, l'omissione di tale comunicazione determina la nullità del provvedimento di rinvio, a norma dell'art. 156, secondo comma, c.p.c., per l'inidoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo, con conseguente nullità degli atti successivi che ne dipendono e della stessa sentenza (cfr. Cass. 10 marzo 2009, n. 5758; Cass. 19 marzo
16
Comunicazioni e notificazioni in generale
2004, n. 5590; Cass. 22 agosto 2003, n. 12360; Cass. 2 luglio 1998, n. 6476; Cass. 1°
dicembre 1993, n. 11867); la nullità è sanata nell'ipotesi di presenza dei difensori alla
successiva udienza, ovvero di rituale presentazione, da parte degli stessi, di difese
(Cass. 10 febbraio 1994, n. 1361). Del pari, non è necessaria la comunicazione del
rinvio d'ufficio dell'udienza fissata per l'interrogatorio formale della parte, anche se
contumace, all'udienza immediatamente successiva (Cass. 1° settembre 1997, n.
8340).
L’obbligo, ai sensi degli artt. 82 disp. att. c.p.c. e 168 c.p.c., di comunicare alle
parti il rinvio d'ufficio dell'udienza (tanto in caso di differimento dell'udienza di
comparizione che dell'udienza di istruzione), non è assolto con l'avviso di rinvio affisso nei locali della cancelleria, con annotazione sul ruolo di udienza e sul fascicolo
d'ufficio, trattandosi di modalità che non assicurano che le parti abbiano effettiva
conoscenza del rinvio effettuato (Cass. 11 novembre 2003, n. 16960, con riguardo al
rito del lavoro); e neppure con l’affissione dell’avviso alla porta della sala d’udienza
(Cass. 26 marzo 2009, n. 7353, cit.). Invece, secondo Cass. 15 luglio 2003, n. 11070,
il rinvio d'ufficio di una udienza del giudice di pace, comunicato mediante avviso
sulla porta dell'aula d'udienza anziché mediante una delle forme previste dagli artt.
136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., non comporta la nullità della sentenza e di tutte le attività ivi svolte nonché delle attività successive, qualora esso sia stato effettuato alla
successiva udienza utile già prevista nel calendario del giudice, in quanto in questo
caso l'onere di informazione è a carico delle parti, in applicazione dell'art. 57 disp.
att. c.p.c., applicabile anche all'udienza di trattazione dinanzi al giudice di pace, che è
tendenzialmente coincidente, quanto a struttura, con l'udienza di prima comparizione dinanzi al giudice unico.
La nullità della sentenza si verifica anche nell'ipotesi in cui l'ordinanza emessa
fuori udienza dal presidente del collegio in accoglimento dell'istanza di anticipazione
dell'udienza di discussione della causa è comunicata in cancelleria anziché nel domicilio eletto, se la parte non ha partecipato all'udienza né ha svolto attività difensiva
(Cass. 17 dicembre 1997, n. 12794).
In dottrina, cfr. AULETTA, Sui modi per comunicare il rinvio d'ufficio dell'udienza per
impedimento del giudice, in Dir. e giur., 1992, 361.
5. Comunicazione alla parte che ha nominato più procuratori
Qualora la parte abbia nominato più procuratori, la comunicazione dell'ordinanza collegiale, con la quale la causa venga rimessa sul ruolo e rinviata ad una successiva udienza dinanzi al collegio, può essere fatta ad uno qualsiasi di tali procuratori costituiti, anche se non domiciliatario, nel domicilio dichiarato, a meno che in tale domicilio egli non sia reperibile, nel qual caso le comunicazioni vanno eseguite nel
domicilio reale (Cass. 22 aprile 1981, n. 2380; Cass. 9 aprile 1975, n. 1311). La legittimazione di ciascuno dei procuratori a ricevere le comunicazioni non è subordinata
né all'accertamento che entrambi i procuratori abbiano accettato l'incarico, né alla
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La notificazione civile
condizione che entrambi abbiano provveduto all'iscrizione della causa a ruolo (Cass.
21 febbraio 1972, n. 508).
Infatti, in mancanza di espressa volontà contraria della parte, è da presumere che
il mandato alle liti conferito a più difensori sia disgiunto, e pertanto non è nulla la
comunicazione - o la notificazione - ad uno soltanto di essi del provvedimento del
giudice, essendo essa sufficiente per il raggiungimento dello scopo (Cass. 17 giugno
2004, n. 11344).
6. La parte assente dall'udienza
Le ordinanze, sia del giudice istruttore che del collegio, devono essere comunicate alle parti solo se pronunciate fuori udienza o in udienza andata deserta per l'assenza di tutte le parti costituite; pertanto, se una sola delle parti non sia stata presente all'udienza regolarmente tenutasi alla data fissata, essa non può dolersi della mancata comunicazione dell'ulteriore rinvio che in quell'udienza sia stato disposto (Cass.
9 novembre 1983, n. 6623). Infatti, la mancata partecipazione di una delle parti all'udienza di discussione si risolve nell'inosservanza di un onere processuale le cui conseguenze gravano sulla parte stessa, per cui, nel caso in cui l'udienza abbia comunque avuto luogo e sia stato in tal sede disposto un rinvio ad altra data, nessuna comunicazione di tale rinvio va data alla parte assente (in virtù del principio di conoscenza o conoscibilità delle ordinanze pronunciate in udienza per le parti presenti o
considerate tali), senza che, in contrario, possa legittimamente invocarsi la disciplina
dettata dagli artt. 82, 115 disp. att. c.p.c. (che prevedono l'obbligo di comunicazione
del decreto di rinvio dell'udienza alle parti non presenti alla pronuncia del provvedimento), applicabile alla sola, diversa ipotesi del rinvio disposto prima (e fuori) dell'udienza dal giudice, su istanza di parte o d'ufficio (Cass. 1° febbraio 1999, n. 837).
Nell'ipotesi in cui, invece, il procuratore costituito di una delle parti sia assente
nell'udienza fissata, per una causa non urgente, in periodo feriale, relativamente al
quale sono sospesi i termini processuali, si è ritenuto che i provvedimenti presi in
quella udienza, al pari di quelli presi fuori udienza, devono essere comunicati, a pena
di nullità, dal cancelliere al procuratore rimasto legittimamente assente. Ciò in quanto la presunzione di conoscenza dei provvedimenti pronunciati dal giudice in udienza opera soltanto nei confronti delle parti presenti e di quelle che dovevano comparirvi (Cass. 12 giugno 1980, n. 3740).
7. La comunicazione alla pubblica amministrazione
Qualora una pubblica amministrazione si avvalga della facoltà prevista dal r.d. 30
ottobre 1933, n. 1611, di farsi rappresentare da un proprio funzionario, la notificazione e la comunicazione degli atti processuali non può essere eseguita impersonalmente all'amministrazione da cui detto funzionario dipende, bensì direttamente e
personalmente al funzionario stesso, unico e legittimo destinatario nella sua qualità
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Comunicazioni e notificazioni in generale
di rappresentante processuale; infatti, il rapporto organico che lega il funzionario all'amministrazione non comporta che gli atti ricevuti direttamente ed impersonalmente dall'amministrazione possano produrre effetti per il rappresentante processuale, il quale deve essere personalmente informato di tutte le vicende del processo,
al fine di svolgere compitamente la sua attività difensiva. In tale ipotesi, non opera,
pertanto, la norma speciale di cui all'art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, che disciplina le notificazioni e le comunicazioni all'Avvocatura dello Stato nel caso normale in cui questa assuma direttamente la rappresentanza processuale dell'amministrazione interessata (Cass. 14 marzo 1988, n. 2432).
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