COMUNE di VIGOLO VATTARO Biblioteca intercomunale 22.ma edizione del Concorso di Poesia ALICANTE Vigolo Vattaro, 30 luglio 2005 COMUNE di VIGOLO VATTARO Biblioteca intercomunale 22.ma edizione del Concorso di Poesia ALICANTE Dialetti del Triveneto Vigolo Vattaro, 30 luglio 2005 XXII Edizione del premio Triveneto di Poesia "Alicante" Comune di Vigolo Vattaro Trento La poesia, nelle sue molteplici forme, è un filo invisibile che lega tutta l’umanità, un ponte fra passato e presente e fra tutte le culture. Che si esprima nelle forme più semplici o in poemi, che sia rimata o non, rimane una forma di espressione privilegiata che riveste i materiali di cui è fatta, le parole, di significati reconditi e di emozioni. Offriamo quindi al nostro affezionato pubblico e a tutta la comunità un momento di intimità attraverso questa pubblicazione che raccoglie le poesie premiate e segnalate di questa ventiduesima edizione del Concorso Alicante. Non mi resta che ringraziare la “nostra” Giuria per il lavoro e la dedizione ed assicurare l’appoggio e la piena condivisione degli obiettivi da parte dell’Amministrazione comunale che sono onorato di rappresentare. Walter Kaswalder Sindaco del Comune di Vigolo Vattaro Verbale della Giuria Oggi 30 giugno 2005, nella sede della Biblioteca intercomunale di Vigolo Vattaro, si è riunita la Giuria del XXII Premio di Poesia "Alicante", organizzato dal Comune di Vigolo Vattaro e dalla Biblioteca Intercomunale e quest’anno riservato ai dialetti del Triveneto. Erano presenti i componenti della Giuria Renzo Francescotti (Presidente), Enzo Demattè (Treviso), Ermellino Mazzoleni (Bergamo), Lilia Slomp Ferrari (Trento). Assente giustificato Antonio Dattoli (Bolzano) che aveva in precedenza comunicato le sue valutazioni. La Giuria aveva singolarmente analizzato i testi poetici pervenuti da nove province del Triveneto. Dopo attento confronto la Giuria, all'unanimità, ha stilato la classifica dei poeti segnalati e premiati. Queste le decisioni della Giuria: Segnalati in ordine alfabetico: Nico Bertoncello di Bassano del Grappa (Vicenza) per la poesia “Tera” Silvano Forti di Trento per la poesia “L’orsa” Emilio Gallina di Treviso per la poesia “Putàna de luso” Mario Meneghini di Schio (Vicenza) per la poesia “Calma piata” Premiati III Premio – Giovanni Caniato di Pontecchio Polesine (Rovigo) per la poesia “La Piave”. Motivazione: “Sostenuto da una cultura estesa e strutturata, utilizzando un linguaggio sobrio quanto intenso, il poeta ci offre un testo fortemente radicato nell’esistenza con versi e immagini che sanno scattare dal quotidiano al metafisico” II Premio – Giovanni Benaglio di San Giovanni Lupatoto (Verona) per la poesia “E vao par fregole”. Motivazione: “In una lirica dalla costruzione abile, servendosi di un lessico dialettale intenso e allo stesso tempo raffinato, con immagini tratte dalla natura ma che nulla concedono al descrittivismo, il poeta attraverso la specificità del dialetto conquista zone segrete, donandoci un testo scintillante di immagini illuminanti” I Premio – Fabio Franzin di Motta di Livenza (Treviso) per la poesia “Òni volta che ciàpe in man ‘a pena” Motivazione: “La poesia fa parte di un trittico omogeneo dedicato alla memoria del padre, affrontando il rapporto padre-figlio senza concedere nulla al facile sentimentalismo, disegnando un’icona dai tratti forti, dalla presenza dell’uomo e delle cose che l’essere umano incorpora sino a non riuscire a distinguere. Una poesia non costruita per impressioni ma attraverso immagini ritrovate in un fiato lungo”. Registrando quanto al numero di partecipanti un calo rispetto a precedenti edizioni, probabilmente spiegabile dal prestigio e dalla selettività che connotano il premio “Alicante” che porta i concorrenti ad autoselezionarsi, la Giuria ha allo stesso tempo riscontrato l’alta qualità dei testi della maggior parte dei concorrenti (superiore a quella di pur notevoli edizioni precedenti) del premio Alicante che, per la ricchezza dei premi, per il rigore dell’organizzazione , per il valore della Giuria si è ormai consolidato come uno dei più prestigiosi premi di poesia in dialetto dell’intero Triveneto. Per questo va ringraziata l’Amministrazione comunale di Vigolo Vattaro invitandola a proseguire con la storia di questo Premio. Renzo Francescotti (Presidente) Antonio Dattoli Enzo Demattè Ermellino Mazzoleni Lilia Slomp Ferrari Òni volta che ciàpe in man ‘a pena Ogni volta che prendo in mano la penna Òni volta che ciàpe in man ‘a pena pense a me pàre. Me par de strendhér fra i déi una dee so MS cussì come che le spizhighéa Lu pà stuàrle. Ogni volta che prendo in mano la penna penso a mio padre. Mi sembra di stringere fra le dita una delle sue MS così come le pizzicava lui per soffocarne la brace. Me ricorde ‘e so ponte dei déi zàe e lisse, tel pòice e te l’indice. Parchè Lu ‘e ciche le fuméa senpre in do tenpi. Come ‘na partìdha de baeón, come òni bona zhena; come ‘sta poesia. Ricordo le sue digiti ormai ingiallite e cancellate, nel pollice e nell’indice. Perché Lui le sigarette le fumava sempre in due tempi. Come una partita di calcio, come ogni cena decente; come questa poesia. Da quande che ‘l se ‘vea un fià pèrs el se desmenteghéa sempre pì de spèss ‘a mèdha messa via, cussì ‘l s’in inpizhéa ‘n’antra, e aa sera ‘l vea ‘a scassèa dea jàca che ‘a paréa ‘na borséta colma de muzhigòti che ae volte ‘l stuéa cussì de prèssa e mal che capitéa de vedérghe vègner fòra un fil de fun da chea sfesa tant che po’ l dovéa sorbirse i zhìghi de me màre stràca de cusìr su tute chee fòdre sbusàde, brusàde Negli ultimi suoi anni, da quando il male l’aveva colpito si dimenticava sempre più spesso della mezza messa via, così se ne accendeva un’altra e alla fine della giornata aveva la tasca della giacca che sembrava un sacchetto colmo di mozziconi che a volte spegneva sbrigativamente e male che un filo di fumo fuoriusciva non di rado da quella fessura così che poi doveva sorbirsi le lagne di mia madre stanca di rammendare tutte quelle fodere bucate, bruciacchiate e mì che ò ‘e scassèe dea me jàca ‘ncora seràde no’ sò ‘ndo che pòsse metér via el muzhigòt mèdho inpizhà de ‘sta pena jàzha; no’ sò co’ che paròe brincàrlo, co’ quàe sbusàr ‘a stòfa frapàda e penda de ‘ sta crudèe nostalgia. ed io che ho le tasche dell’unica mia giacca ancora sigillate non so dove riporre il mozzicone fumante di questa penna ghiacciata; non so con quali parole raggiungerlo, con quali bucare la spessa e raggrinzita fodera di questa crudele nostalgia. Fabio Franzin Motta di Livenza (Treviso) 1° premio, 2005 E vao par fregole ….socàre a brassocól ale case i coerti con le mane in orassión, ‘n fumo a bindolón salvego nel cel che spia in su là in pinpinèla ai sgrepani… Mi speto lì la sera coando el stroo el somena a una a una le so fregole. E nela chiete che sbruma sogni e segreti vao par péste in stanpo a bissabóa palpando al taco l’onbria pì fonda. E me fao larese che scorla in oro i so silensi e neve che sfodra labri slusenti a chéi che vien e va, e vien e va drio la me strada…. Nela sera dale scarsele sbuse me meto ale legere come fringuel e vao par fregole là in do’ i sgrepani i gh’inpresta ‘l cel a chei che sgola… E vado per briciole ….legnaie avvinghiate alle case, i tetti con le mani in preghiera, un fumo che se ne va errando in un cielo che guarda all’insù, là sulla sommità delle rocce… Io attendo lì la sera quando il buio dissemina una ad una le sue briciole. E nella quiete che trapela sogni e segreti vado per orme dall’impronta ondivaga tastando al tallone l’ombra più profonda. E mi trasformo in larice che scuote d’oro i suoi silenzi e neve che scintilla alle labbra per quelli che vengono e vanno e vengono e vanno lungo la mia strada… Nella sera dalle tasche bucate io metto ali leggere come fringuello e vado alla cerca di briciole là dove le rocce prestano il cielo a quelli che sanno volare…. Giovanni Benaglio San Giovanni Lupatoto (Verona) 2° premio, 2005 La Piave Se cuntavino ne so cossa là, in oltra la banca, verso le nuvole e dopo indove el blu, mi e ti, fradelo, ch’a te t’ inzieli le parole in fumarine. La Piave dla nostra storia, la nasse ctonia, la streja ‘nt’el curvon la ne porta via, tra i sassi del ieri, la memoria, in tranbalon: ‘Dovemo córare, l’ora l’è sonà: mama e papà i ne ‘speta co’ ‘l minestron caldo in tola…’ La machina su le grave iera el confin dl’Elisioistante, e ela sola. Il Piave Ci raccontavamo non so che là oltre l’argine verso le nuvole e dopo, dove c’è il blu, io e te, fratello che ti fai cielo le parole svaporandole. Il Piave della nostra favola, nasce sotterraneo, striscia nella grande ansa: e ci porta via, tra i sassi del ieri, la memoria, barcollando: ‘Dobbiamo correre, è suonata l’ora: mamma e papà ci attendono col minestrone caldo in tavola…’ L’automobile sul greto era il limitare dell’Elisioistante, ed essa solamente. Giovanni Caniato Pontecchio Polesine (Rovigo) 3° premio, 2005 Tera Terra Tera de ‘a me contrà ‘ndove i morari fava confin te me si restà rento co’ i to oci de verde, e me strisia el core sto toco de trada sfaltà che porta drito in çità. Terra della mia contrada dove i gelsi facevano confine mi sei rimasta dentro con i tuoi occhi di verde, e mi segna il cuore questo pezzo di strada asfaltata che porta dritto in città. I me pensieri lesieri caminava drio ‘e siese inprofumae de biancospin dove ‘e vioe disegnava profumi novi de primavera e solo zughi de sanguanei che sparpagnava el fen spaurava i babastriji. I miei pensieri leggeri camminavano lungo le siepi profumate di biancospino dove le viole disegnavano profumi nuovi di primavera e solo i giochi dei folletti che sparpagliavano il fieno impaurivano i pipistrelli. Paese sognà, mastegà, messo in canton co’ dì stranbi e strachi che portava serte stajon, ma pian pianeto tornà a scaldarme l’anima. Pa’ on sogno novo ‘desso caresso anca solo i ricordi de ‘na volta. Paese sognato, masticato, messo in angolo con giorni strani e stanchi che portavano certe stagioni, ma piano piano ritornato a riscaldarmi l’anima. Per un sogno nuovo ora accarezzo anche solo i ricordi di una volta. Nico Bertoncello Bassano del Grappa (Vicenza) Segnalato, 2005 L’orsa Quant dolor, quanta fadiga sto rampegar de formiga con en prosàc sul còr pien de perché, co l’angossa e la sé de poder arivar a ‘n bosch font, a ‘n formigar ensognà forsi za tripolà da l’onda bionda dele pégore en corsa che adès dorme en de ‘n staz de giaz soto i òci fredi del’Orsa. L’orsa Quanto dolore, quanta fatica questo arrampicare di formica con uno zaino sul cuore pieno di perché, con l’angoscia e la sete di poter arrivare a un bosco profondo, a un formicaio sognato forse già calpestato dall’onda bionda delle pecore in corsa che adesso dormono in una stazzo di ghiaccio sotto lo sguardo freddo dell’Orsa. Silvano Forti Trento Segnalato, 2005 Putàna de lusso Libertà. Putàna de lusso; negàda ai déboi, malvista da sióri e paróni: Tentassión granda de chi governa. Putàna sensa prèsso e sensa tenpo. Amante desideràda, sognàda, inploràda pi’ che stajón nòva dopo l’inverno gramo. Pressiósa pi’ che l’aria Necessaria pi’ ch’el pan, cara pi’ che ‘a mare, el pare, i fiòi o ‘a fémena. Putàna de lusso che in ogni tenpo, in ogni paese te gà reclamà al to altar, soferénse, làgreme e vite e tante ancora te ghe ne domandarà se l’omo no’ la finirà de usarte par i so comodi. Malegnàsa, infedée, pronta a darte al pi’ forte e par riaverte no’ ghe xe prèsso se no’ queo ultimo, che l’omo pol pagàr - e sempre no’ basta la vita. Emilio Gallina Treviso Segnalata, 2005 Calma piata Sula me strada scancanà ela, ònbra gajarda, m’à tirà la so rè. Oci de menta giassà Za i me arfia ‘l muso mentra, sigolando, se ingripa la rua dela me vita ntra ‘l pelegrinar dele so fame. Na còtola, la sua, tuta fumo. Sogni, speranse, ilusion…brusà. Mòve ale negre la soléta zugando a dadi sula me pèle. Inbaràco coi scalfaroti sbusi sonando i me ossi sul saìso. El muso che rasenta tera col scagàsso che te rìve na scoa. Fursi son morto da senpre. Un morto che ‘l se incapòna a sgrafare ‘l coercio, dentro ‘l cassòn dei so orisunti. Cristo! mai gò ciavà un miracolo mentra pomegava col me core. Calma piata…riga drita, drita. Scossi? Massaj? Arfi boca a boca?...Ah! Miseria…vècia mia; incoacete, desso, e sbàja co mi a la teta stupenda dela luna che scòrla, scòrla, scòrla… e un dì, fursi, la cascarà proprio chive! Calma piatta Sulla mia strada sgangherata lei, ombra gagliarda, mi ha teso la sua rete. Occhi di menta ghiacciata già mi alitano il volto mentre, cigolando, s’inceppa la ruota della mia vita fra il pellegrinare delle sue fami. Una gonna, la sua, tutta fumo. Sogni, speranze, illusioni…bruciati. Muove ali nere la civetta giocando a dadi sulla mia pelle. “Scorribando” coi calzettoni bucati suonando le mie ossa sul selciato. Il volto radente terra con la fifa cagna che t’arrivi una scopa. Forse sono morto da sempre. Un morto che si ostina a graffiare il coperchio, dentro la bara dei suoi orizzonti. Cristo! Mai ho scoperto un miracolo mentre pomiciava col mio cuore. Calma piatta….linea diritta, diritta. Scosse? Massaggi? Respiri bocca a bocca?...Ah! Miseria…vecchia mia; accovacciati, ora, e abbaia con me al seno stupendo della luna che oscilla, oscilla, oscilla…. e un giorno, forse, cadrà proprio qui! Mario Meneghini Schio (Vicenza) Segnalata, 2005