Appendice - Proiezione di documentari
Anhang - Vorführung der Dokumentarfilme
Appendix - Presentation of Documentaries
Tre modi di vivere la montagna, tenacemente e con coraggio. Tre scelte difficili raccontate nei
tre documentari proiettati la sera della prima giornata di Convegno a cura dell’Associazione
Gente di Montagna. Un’occasione per riflettere non solo sui temi del recente dibattito
scientifico, culturale e politico relativo alle regioni alpine, ma anche su come sia possibile
vivere davvero nelle Alpi.
Drei Arten, in den Bergen zu leben, ausdauernd und mutig. ����������������
Drei schwierige ���������
Entschei�
dungen, erzählt in drei Dokumentarfilmen am Abend des ersten Tages des Treffens durch
die Vereinigung Gente di Montagna. Eine Möglichkeit, nicht nur über die Themen der
jüngsten wissenschaftlichen, kulturellen und politischen Auseinandersetzungen über die
Alpenregionen nachzudenken, sondern auch darüber, wie man tatsächlich in den Alpen
leben kann.
Three ways of living in the mountains, tenaciously and with courage. Three difficult choices
shown by the documentaries on the evening of the first day of the Meeting by the Gente
di Montagna Association. An occasion to think not only about the subjects related to the
recent scientific, cultural and political debate about alpine regions, but also about the possi�
bility of a real life in the Alps.
Per maggiori informazioni sull’Associazione Gente di Montagna visitare il sito www.gentedimontagna.it
alpine space - man & environment, vol. 12: Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
© 2011 iup • innsbruck university press, ISBN 978-3-902811-09-7
Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Cheyenne Daprà, Marco
Romano, Michele Trentini
Cheyenne, trent’anni
Regia: Michele Trentini
Aiuto-regia: Maria Cheyenne Daprà
Assistente alla regia: Marco Romano
Fotografia e montaggio: Michele Trentini
Assistente al montaggio: Marco Romano
Suono in presa diretta: Marco Romano e Michele Trentini
Conversazioni: Maria Cheyenne Daprà, Marco Romano, Michele Trentini
Formato originale: HDV
Produzione: Trotzdem
Durata: 58 minuti
Produzione e Copyright: Trotzdem 2008
Maria Cheyenne Daprà
Nata in Baviera, dopo la scuola steineriana di Wangen, Cheyenne ha frequentato una scuola
per pastori in Germania e ha lavorato come transumante nella Foresta Nera e in Svizzera.
Dal 2001 vive in Val di Rabbi, dove grazie a una convenzione con il Comune pascola il suo
gregge per la cura e il mantenimento del paesaggio. È la prima iniziativa in Italia di questo
genere. La Val di Rabbi, valle laterale della Val di Sole, nonostante le mutate condizioni
socio economiche ha saputo conservare nel tempo le sue preziose caratteristiche agrosil�
vopastorali, paesaggistiche (ghiacciai, montagne, pascoli, boschi di conifere e corsi d’acqua)
e culturali. Le zone adiacenti, pur essendo tipici luoghi montani, sono state modificate
dallo sviluppo turistico. La drastica diminuzione dell’attività agricola che ha comunque
interessato la valle, si ripercuote inevitabilmente sul territorio e sul paesaggio. I campi che
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Appendice - Proiezione di documentari
una volta erano coltivati, ora sono lasciati incolti e inutilizzati e vengono inghiottiti dal
bosco che avanza inesorabilmente con arbusti e piante. Il degrado del territorio è visivo e
paesaggistico ma anche strutturale, causato dall’inde­bolimento della cotica erbosa. L’erba
morta impedisce il rinnovo del manto e il terreno diventa più molle e facilmente soggetto
all’erosione dell’acqua: possibili cause di frane che oltre al pericolo oggettivo danneggiano o
distruggono i tipici muri a secco dei terrazzamenti presenti sui versanti più scoscesi.
Nel 1986 in Val di Rabbi esistevano 114 allevamenti con una consistenza di 900 capi
bovini; nel 2003 gli allevamenti erano 50 e il numero di capi 705. La tendenza al calo non
è ancora terminata e per il prossimo futuro si prospetta un esiguo numero di allevamenti
con una elevata consistenza numerica di capi allevati. Tali allevamenti saranno sempre più
produttivi e specializzati e sempre meno legati al territorio e produrranno latte nostrano
usando grandi quantità di foraggio foraneo.
La costruzione dei recinti, la cura delle malattie delle pecore, le transumanze nella valle, il
pascolo in solitudine e l’incontro con gruppi di turisti scandiscono l’estate di Cheyenne. La
natura e la libertà. Il lavoro e le scelte. Gli sguardi e i silenzi nelle immagini e nei racconti di
una giovane pastora.
Marco Romano
Ha realizzato numerose ricerche etnografiche in alta Val di Non e in Trentino, pubblicando
Quella era la vita allora; Col sole il vento la neve; Ricettario della memoria; Fondo una volta; CamminAlberi; Castelfondo: voci e sguardi. Ha collaborato con l’Archivio Provinciale della Tradizione
Orale presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di S. Michele all’Adige (Tn)
e con l’Archivio delle Fonti Orali dell’Alta Anaunia presso i Musei di Ronzone (Tn).
Michele Trentini
Ha realizzato come film-maker diversi documentari, tra cui: Furriadroxus (Isre, 2005 - Miglior
Documentario Festival Arcipelago, Roma, 2006); Tre Carnevali e ½ (Mucgt, 2007 - Premio
Nigra) e Carnival King of Europe (Mucgt, 2009 - Grand Prize Academic Film Competition,
Kyoto, 2009). Con il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina cura la sezione di
cinema etnografico del Trento Filmfestival Eurorama.
Premi
Valsusa Film Fest - Primo Premio - Bardonecchia, 2009
Malescorto - Primo Premio - Malesco, 2009
Marcarolo Film Festival - Primo Premio - Capanne di Marcarolo, 2009
EcoFestivalPesio - Primo Premio Chiusa di Pesio, 2009
Lago Film Fest - Menzione Speciale - Revine Lago, 2009
Tutti nello stesso piatto - Menzione Speciale - Trento, 2009
CinemAvvenire Festival - Menzione Speciale - Roma, 2009
EtnoFilm - Menzione Speciale - Rovigno-Zagabria, 2010
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Romina Rodela, Maurizio
Goina
Good Morning
Mountain
Ideazione e regia: Maurizio Goina e Romina Rodela
Lo studio della vita delle popolazioni di montagna viene affrontato considerando vari aspetti,
tra cui le dinamiche demografiche, i cambiamenti socio-economici, e le pratiche tradizionali
di gestione delle risorse naturali (Viazzo, 2006; Berkes, 1998; Price, 1995). Vi è inoltre un
crescente interesse per i processi di adattamento, quale ad esempio quello nei confronti dei
cambiamenti climatici (Lindemann and Morra, 2007). Il documentario “Good Morning
Mountain!” racconta la quotidianità in un ambiente rurale montano – quello del Parco
Triglav – e si propone di evidenziare come le aree protette possano essere un importante
strumento sia per la tutela naturalistica che per la valorizzazione del territorio. Il documen�
tario trae spunto da alcune ricerche in cui è stato analizzato il rapporto della popolazione
locale con l’area protetta (Rodela, 2007). Da tali ricerche risulta che gli abitanti del Parco
Triglav reclamano le opportunità di sviluppo economico ed infrastrutturale presenti al
di fuori dell’area protetta, e segnalano le problematiche più sentite, come ad esempio la
migrazione dei giovani verso le zone urbane, la disoccupazione, le difficoltà economiche,
la mancanza di infrastrutture, ed altro. Allo stesso tempo però essi si sentono legati al loro
territorio e al paesaggio naturale: l’elemento della natura è spesso presente nei loro racconti,
sia per l’importanza del ruolo che essa ricopre in quanto risorsa di sostentamento, sia per il
forte legame che gli abitanti del parco sentono nei suoi confronti.
La narrazione audiovisiva in “Good morning mountain!” è incentrata sui ritmi quoti�
diani. Il linguaggio usato non è quello usuale del documentario narrativo: vengono adottati
due punti di vista, quello dell’obiettivo della telecamera e quello del microfono del registra�
tore, ai quali viene data la stessa importanza: essi vengono combinati in maniera dialettica
per sottolineare armonie e contrasti relativi alle tematiche introdotte. La parte audio del
documentario è realizzata usando i suoni del paesaggio sonoro (soundscape), sia di quelli
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University of Nova Gorica, Vipavska 13, 5000 Nova Gorica, Slovenia
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Conservatorio Tartini - via Ghega, 12 - 34132 Trieste
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Appendice - Proiezione di documentari
presenti in natura che di quelli legati alle attività umane. In assenza di musica e dialoghi,
tali suoni diventano ora “voce narrante”, che racconta i gesti e i momenti nell’arco di una
giornata, ora sfondo sonoro che accompagna le immagini del paesaggio visivo. L’elemento
“naturale” e quello “umano” vengono combinati utilizzando una contrapposizione dialet�
tica tra flusso visivo e flusso sonoro, secondo i principi dell’audiovisione definiti da Chion
(2001). Il suono del paesaggio naturale (es. torrente che scorre) è associato alla ripresa visiva
dell’attività umana (es. mungitrice meccanica), e il contrasto così generato induce a riflettere
sul rapporto tra ambiente antropico e ambiente naturale.
B ibliografia
Berkes F., Scared Ecology: Traditional Ecological Knowledge and Resource Management, Taylor&Francis, Lon�
don, 1998
Chion M., Audiovisione, Lindau, Torino, 2001
Lindermann T., Morra D., Pro-Actively coping with Climate Change and Globalization in the Peruvian Andes,
Mountain Partnership Rome, 2007
Price M., “Mountain research in Europe: An overview of MAB research from the Pyrenees to Sibe�
ria”, Man and the Biosphere Series No. 14, UNESCO/Parthenon, Paris/Carnforth., 1995, pp. 1-230
Rodela R., Triglavski Narodni Park: Analiza izkušnje lokalnega prebivalstva, koncno porocilo, Biotehniška
Fakulteta, Ljubljana, 2007, pp. 1-63
Schafer R. M., Il paesaggio sonoro, LIM, Lucca, 1998
Viazzo P., Upland Communities:environment, population and social structure in the Alps, Cambridge University
Press, Cambridge, 2006
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Claudia Marchesoni, Davide
Torri, Micol Cossali
Di padre in figlia
Ideazione: Davide Torri
Sceneggiatura: Claudia Marchesoni
Regia: Micol Cossali
Produzione: Associazione Gente di Montagna con il supporto di ERSAF Lombardia
Durata: 43 minuti
L’interprete del documentario “Di padre in figlia” è Sonia, una giovane ragazza di poco più
di vent’annni, il cui padre, Giacomo Spagnolli è conduttore di una malga in Val Gabbia, valle
compresa nella Val Grigna, laterale della Valle Camonica, sul confine del Parco Regionale
dell’Adamello.
Sonia è una studentessa di agraria che condivide con molti suoi coetanei e colleghi di
università la passione per l’ambiente di montagna. A differenza però della maggior parte di
loro, la sua passione è cresciuta nel corso delle estati trascorse con la famiglia nella malga a
2000 metri e imparando con il tempo e con il lavoro i segreti delle attività di alpeggio.
La Val Gabbia è circondata da una corona di montagne che formano uno straordinario
anfiteatro naturale cornice delle esperienze della giovane Sonia. La malga Val Gabbia è per
certi versi un ambiente difficile, non ci sono strade che la collegano ed è povera di infra�
strutture. La mungitura viene fatta a mano nel pascolo, il trasporto dei prodotti e dei viveri
avviene grazie all’aiuto di un cavallo, la transumanza si svolge conducendo a piedi il bestiame
e portando in spalla i vitelli quando non sono in grado di percorrere i valichi da soli.
Nel corso delle stagioni, Sonia ha costantemente affiancato il padre nelle lunghe giornate
di lavoro durante le quali, con la pazienza dell’osservatore, ha cominciato ad apprendere i
gesti che accompagnano la pratica della lavorazione del formaggio. Durante questo tempo
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Per vedere il documentario visitare il sito ����������������������
www.gentedimontagna.it
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Appendice - Proiezione di documentari
Sonia ha potuto costruire il suo bagaglio di conoscenze che le fanno muovere i primi passi
nell’arte della caseificazione, un lavoro che è stato praticato da suo padre e da suo nonno. Si
tratta quindi di un lavoro che è frutto di una convivenza secolare dell’uomo con il bestiame
e che arriva oggi, nel terzo millennio, come una pratica la cui lavorazione tradizionale è
sconosciuta a molti.
Nei momenti di lavoro, che ha come protagonisti Sonia e il padre Giacomo, si intravede
una dimensione più ampia di quella della semplice fatica, si assapora un rapporto fra gene�
razioni, un passaggio di conoscenze che vengono trasmesse dal padre ai suoi successori. In
queste scene si può percepire una tradizionalità dei modi di trasmissione delle conoscenze,
profondamente diversi da quelli di oggi. Chi impara, in questo caso Sonia, deve accompa�
gnare in silenzio il suo maestro, suo padre Giacomo, e osservare ogni giorno, accumulare
esperienze nel tempo, dedicandosi nel frattempo ai lavori collaterali, come la lavatura dei
lenzuoli del formaggio o la pulizia degli attrezzi. In questo modo è stato possibile per Sonia
cominciare ad acquisire e accumulare i gesti e le conoscenze del padre Giacomo. Le mani,
il ritmo, la gestualità di Sonia quando lavora il burro si sovrappongono quindi a quelle del
padre, in un impercettibile ma inarrestabile passaggio di testimone. La lavorazione del latte
che unisce padre e figlia è un momento intenso, una prassi che sembra sempre uguale a sé
stessa ma che è, in realtà, ogni volta diversa.
Ma in questa trasmissione di conoscenze, Sonia si distanzia in maniera netta dal mondo
del padre. Innanzitutto, Sonia vive e sente la malga in Val Gabbia non solo come un luogo
di lavoro, ma come una parte importante che contribuisce a comporre il mosaico della
montagna. L’alpe della Val Gabbia è infatti un luogo soprattutto di valori che devono essere,
secondo la protagonista, comunicati e trasmessi a chi sta fuori, a chi non conosce la malga.
La malga è quindi soprattutto un ambiente fatto di relazioni, sia familiari che di legame con
il territorio. Sonia, a differenza di altre generazioni di malgari, crede fortemente nei rapporti
con l’esterno, si impegna nel far conoscere la malga, nell’invitare la gente a percorrere a piedi
quei sentieri per vedere dove si trova la Val Gabbia e nel condividere, con tutti quelli che si
avvicinano a lei, gli aspetti di vita quotidiana. Sonia si caratterizza poi per la formazione e il
percorso di studi che sta compiendo che le offre la possibilità di riflettere sul suo lavoro da
altre prospettive e le permette di confrontarsi con i coetanei che imboccano strade paral�
lele.
Infine Sonia, oltre che essere studentessa e aperta al mondo, è anche una donna, eviden�
ziandosi ancora di più dal tradizionale ambiente della malga, prevalentemente maschile. Gli
ostacoli e le diffidenze che dovrà incontrare saranno molte a partire dal padre che, affet�
tuosamente e in modo quasi protettivo, sembra dubitare della reale possibilità per questa
ragazza di poter prendere in mano un lavoro così impegnativo. Sonia, però, nonostante le
fragilità che qua e là trapelano, si dimostra determinata nelle sue convinzioni.
Quando la stagione estiva si chiude e si guida il bestiame a valle, la giovane malgara cerca
di spiegarci le sensazioni che prova legate alla sua esperienza. Si tratta forse di emozioni
incomprensibili per chi non ha mai conosciuto la stessa passione per il lavoro in montagna,
un qualcosa che viene dal profondo perché è stato costruito con il tempo e con il sacrificio.
Non ci resta quindi che tentare di immedesimarci ed assaporare l’intensità delle sensazioni.
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Premi
DI PADRE IN FIGLIA ha partecipato al Festival della Montagna di Cuneo, aprile 2010;
presente in concorso al 58.mo Filmfestival internazionale di Trento, maggio 2010;
presente in concorso al 16.mo FilmFestival della Lessinia, agosto 2010;
in programma, sezione Montagna Italia, al 24.mo Festival dei Parchi a Sondrio, ottobre
2010;
in concorso all’International Mountain FilmFestival di Bansko (Bulgaria) novembre 2010
menzione speciale della giuria al Marcarolo Film Festival, settembre 2010
premiato alla 6° edizione di LeggiMontagna Belluno, ottobre 2010
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