Elementi di linguistica sarda Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 1 Elementi minimi di fonetica articolatoria La fonetica articolatoria descrive il modo in cui i suoni linguistici (foni) sono prodotti dal nostro apparato fonatorio. Per comprendere come ciò avvenga, occorre conoscere la conformazione di tale apparato (si veda la figura di L. Canepari nella diapositiva successiva). Si noti che la fonazione avviene di solito (sempre, nei casi che prenderemo in esame) attraverso un flusso d’aria espiratorio che esce dai polmoni. N.B.: in questa sede, per rappresentare i foni, non useremo l’alfabeto fonetico internazionale, bensì un sistema semplificato; inoltre, ci limiteremo a esaminare quei foni che ci interessano più da vicino in relazione al corso. L’apparato fonatorio Le corde vocali Se consideriamo l’articolazione di p in pruno e b e bruno ci accorgiamo che è praticamente identica: l’aria espiratoria trova un ostacolo nelle labbra accostate; una volta rimosso tale ostacolo si ha la produzione dei foni. Ciononostante, siamo in presenza di due foni ben distinti (ne è prova il fatto che da soli differenziano il significato di due parole che per il resto sono uguali): la differenza è data dal fatto che nel primo caso le corde (o pliche) vocali – due membrane sottili situate nella laringe – non vibrano (si ha perciò un fono sordo, p), nel secondo caso vibrano (si ha un fono sonoro, b). Classificazione dei foni La prima grande distinzione va fatta tra vocali e consonanti: 1) le vocali sono quei foni, normalmente sonori, prodotti con l’aria espiratoria che fuoriesce liberamente verso l’esterno, senza incontrare alcun ostacolo da parte degli organi fonatori; 2) nella produzione delle consonanti, invece, l’aria espiratoria incontra un qualche ostacolo da parte degli organi fonatori (in particolare, o una momentanea chiusura o un restringimento). Alcuni tipi di vocali Per classificare i vari tipi di vocali si usano tre parametri: 1) il grado di avanzamento o arretramento orizzontale della lingua all’interno della cavità orale (permette di distinguere fra vocali anteriori, centrali e posteriori); 2) il suo maggiore o minore innalzamento verso la volta del palato (permette di distinguere fra vocali aperte e chiuse, con gradi intermedi); 3) la forma assunta dalle labbra (permette di distinguere fra vocali arrotondate e non arrotondate). Così, per es.: a è una vocale centrale (= la lingua non avanza né arretra in orizzontale), aperta (= il grado di elevazione del dorso della lingua verso la volta del palato è minimo), non arrotondata (le labbra assumono una posizione neutra); i è una vocale anteriore (= la lingua avanza in orizzontale), chiusa (= il grado di elevazione del dorso della lingua verso la volta del palato è massimo), non arrotondata; u è una vocale posteriore (= la lingua arretra in orizzontale), chiusa (= il grado di elevazione del dorso della lingua verso la volta del palato è massimo), arrotondata (le labbra sono arrotondate). I tipi vocalici che al momento ci interessano in relazione al sardo sono i seguenti: a = voc. centrale aperta, non arrotondata; è = voc. anteriore semiaperta, non arrotondata (e aperta, come nell’it. pèsca, il frutto); é = voc. anteriore semichiusa, non arrotondata (e chiusa, come nell’it. pésca, l’azione del pescare); i = voc. anteriore chiusa, non arrotondata; ò = voc. posteriore semiaperta, arrotondata (o aperta, come nell’it. bòtte, le percosse); ó = voc. posteriore semichiusa, arrotondata (o chiusa, come nell’it. bótte, il recipiente per liquidi); u = voc. posteriore chiusa, arrotondata. Le consonanti: modi di articolazione A seconda del modo in cui l’aria espiratoria viene ostacolata nella sua uscita verso l’esterno, si hanno i vari modi di articolazione delle consonanti. Il primo modo di articolazione che prendiamo in considerazione è quello occlusivo: si realizza una consonante occlusiva quando l’aria viene bloccata completamente in un certo punto dell’apparato fonatorio. Per es.: quando si realizza la p di pino, le labbra vengono in contatto fra loro e bloccano completamente l’aria per un brevissimo momento; con l’eliminazione dell’occlusione si ha la produzione del fono, che avviene con una sorta di esplosione. Le consonanti: luoghi di articolazione Un altro parametro fondamentale per classificare le consonanti è il luogo di articolazione: è dato dagli organi del nostro apparato fonatorio interessati all’articolazione di un dato fono. Ad es., nel caso di p sono le labbra a bloccare il flusso d’aria espiratorio, sicché si parla di consonante occlusiva bilabiale sorda; nel caso di b avremo sempre una consonante occlusiva bilabiale, ma sonora (perché realizzata con le vibrazioni delle corde vocali). Alcune consonanti occlusive Classifichiamo anche in questo caso solo i tipi consonantici che più ci interessano per il sardo: p, b: cons. occlusive bilabiali sorda e sonora (pórku “porco”, búkka “bocca”); t, d: cons. occlusive dentali sorda e sonora (tássa “bicchiere”, dúru “duro”); ḍ: cons. occlusiva postalveolare o retroflessa sonora (la ritroviamo nel sardo púḍḍa “gallina”); k, g: cons. occlusive velari sorda e sonora (kára “faccia”, gána “voglia”); ç = cons. occlusiva laringale o colpo di glottide (non è né sorda né sonora: olianese lóçu “luogo”). Alcune consonanti fricative Quando si realizza una consonante fricativa, gli organi interessati all’articolazione non producono un’occlusione completa, ma si avvicinano fra loro creando uno stretto canale; l’aria espiratoria passa attraverso questo canale e produce un rumore di frizione. Ecco alcuni tipi: ƀ = cons. fricativa bilabiale sonora (log. áƀe, camp. áƀi “ape”); f, v: cons. fricative labiodentali sorda e sonora (fúmu “fumo”, su vúmu “il fumo”); ϑ = cons. fricativa interdentale sorda (olianese pèϑϑa “carne”); đ = cons. fricativa dentale sonora (mèđa “molto”); s, ṡ = cons. fricative alveolari sorda e sonora (sónu “suono”, su ṡónu “il suono”); š, ž = cons. fricative alveopalatali sorda e sonora (camp. píši “pesce”, camp. núži “noce”); ǥ = cons. fricativa velare sonora (lóǥu “luogo”). Ricordiamo qui anche le cosiddette semiconsonanti: j = semiconsonante palatale (centr. jána “fata”); w = semiconsonante labiovelare (gwántu “guanto”). Alcune consonanti affricate Le consonanti affricate sono date dalla combinazione di un’occlusiva e di una fricativa che hanno lo stesso luogo di articolazione. Ricordiamo i seguenti tipi: ts, dz = cons. affricate dentali sorda e sonora (log. tsilléri “bettola”, centr. e camp. dzíru “orcio, giara”); č, ğ = cons. affricate alveopalatali sorda e sonora (camp. čéntu “cento”, ğéstu “gesto”). Alcune consonanti nasali Le consonanti nasali sono caratterizzate dal fatto che nella cavità orale si ha un’occlusione completa; l’aria espiratoria, tuttavia, può defluire attraverso le fosse nasali. Ricordiamo i seguenti tipi (tutti sonori): m = cons. nasale bilabiale (mánnu “grande”); n = cons. nasale alveolare (o dentale, se segue cons. dentale: nóu “nuovo”, log. dènte “dente”). ñ = cons. nasale palatale (báña “salsa”). Alcune consonanti laterali e vibranti Le consonanti laterali sono caratterizzate dal fatto che, durante la loro articolazione, la lingua si contrae nel senso della lunghezza e permette in questo modo all’aria espiratoria di defluire dai suoi lati. Ricordiamo i seguenti tipi (tutti sonori): l: cons. laterale alveolare (o dentale, se segue cons. dentale: lána “lana”, áltu “alto”); l’ = cons. laterale palatale (log. kal’are “tacere”). Le consonanti vibranti (sonore) sono invece caratterizzate dal fatto che durante la loro articolazione uno degli organi in contatto vibra leggermente. Ricordiamo: r = cons. vibrante alveolare (ròkka “rocca”). Breve bibliografia L. Canepari, Introduzione alla fonetica, Torino 1979. M. Contini, Étude de géographie phonétique et de phonétique instrumentale du sarde, Alessandria 1987.