Watzlawick Paul, Die moglichkeit des andersseins. Zur technik der therapeutischen
kommunikation, Verlag Hans Huber, Bern 1977; tr. it. Il linguaggio del cambiamento.
Elementi di comunicazione terapeutica, Feltrinelli, Milano 1980 (2004); tr. di Lucia
Cornalba, pp. 176.
Recensione di Barbara Baschiera – 30 marzo 2006
Abstract
In this book, a world authority on human communication and communication therapy points out a basic contradiction
in the way therapists use language. Although communications emerging in therapy are described to the mind's
unconscious, dark side, they are habitually translated in clinical dialogue in the supposedly therapeutic language of
reason and consciousness. But, Dr. Watzlawick argues, it is precisely this bizarre language of the unconscious which
holds the key to the realms where alone therapeutic change can take place. This book is a gold mine of valuable
information for all serious therapists.
Watzlawick suggests that rather than following the usual procedure of interpreting the patient’s communications and
thereby translating them into the language of a given psychotherapeutic theory, the therapist must learn the patient’s
language and make his or her interventions in terms that are congenial to the patient’s manner of conceptualizing
reality.
The book is a virtual introductory course to the grammar and language of the unconscious.
In questo testo, un’autorità mondiale nel campo della comunicazione umana e della terapia comunicativa sottolinea
una contraddizione di base nell’uso del linguaggio da parte dei terapisti.
Per quanto le comunicazioni che emergono nel corso della terapia siano ascritte alla parte inconscia e buia della
mente, vengono abitualmente tradotte nel corso del dialogo clinico nel linguaggio, ritenuto terapeutico, della ragione e
della coscienza.
Ma, dimostra Watzlawick, è proprio il bizzarro linguaggio dell’inconscio a costituire la chiave naturale di quell’ambito in
cui solo può aver luogo il cambiamento terapeutico.
Il libro è una miniera d’oro di informazioni preziose per qualsiasi serio terapista.
L’autore suggerisce che piuttosto che seguire la procedura usuale di interpretare le comunicazioni del paziente e
tradurle nel linguaggio di una data teoria psicoterapeutica, il terapista dovrebbe imparare il linguaggio del paziente e
realizzare i suoi interventi in condizioni che siano congeniali al modo del paziente di concettualizzare la realtà.
Il libro costituisce un corso introduttivo virtuale alla grammatica e al linguaggio dell’inconscio.
Recensione
"Non si può leggere questo libro - ha scritto Peggy Papp, dell'Ackerman Institute di New York senza essere stimolati e provocati dalle idee di Paul Watzlawick sui fenomeni del cambiamento
nel comportamento e nell'attitudine individuale verso il mondo."
Dopo aver esplorato i differenti aspetti del cambiamento in Pragmatica della comunicazione
umana, Change e La realtà della realtà, l’autore elabora qui su questo argomento alcune
indicazioni per la comunicazione terapeutica.
In primo luogo l’opera tratta scientificamente del linguaggio della psicoterapia, considerandolo
non come un semplice mezzo di espressione, ma come arte di persuasione; in secondo luogo
ragiona, in generale, sui linguaggi che operano sulla linea dell'analogia, così come analogico è
lo stesso processo terapeutico.
“Che la comunicazione costituisca una conditio sine qua non dell’esistenza umana, è già noto
da tempo”.1 E’ così che esordisce Watzlawick, parlando dell’interazione connessa alla
comunicazione e supporta il suo asserto citando esempi tratti dal mondo classico, a
constatazione dell’esistenza di un linguaggio che produce effetti.
Primo tra tutti Antifonte di Atene, probabile inventore di un’arte consolatoria, che si dedicò alla
comprensione concettuale e all’applicazione, come metodo di cura, delle regole dell’interazione
linguistica.
1
“Egli in primo luogo faceva parlare il malato della sua sofferenza e lo aiutava poi con un tipo di
retorica che utilizzava appunto, sia nella forma sia nel contenuto, le asserzioni dello stesso
malato, e che dunque, in senso del tutto moderno, si poneva al servizio di una ristrutturazione
di ciò che il malato diceva “reale” o “vero” – e dunque del cambiamento dell’immagine del
mondo per la quale egli soffriva”.2
In secondo luogo lo stesso Platone, ritenuto padre dell’arte della convinzione attraverso l’uso
della parola, strumento questo dalle altissime potenzialità, usando il quale risulta impossibile
non influenzare.
Se il linguaggio è un medium e se non è possibile non influenzare l’altro, come si può usare
l’influenza in modo responsabile, umano, eticamente corretto ed efficace?
Watzlawick ritiene che l'uomo disponga di due linguaggi diversi: uno che dà definizioni, è
obiettivo, cerebrale, logico, analitico; si tratta della lingua della ragione, della scienza,
dell’interpretazione e della spiegazione e dunque della lingua della maggior parte delle terapie;
l’altro non è la lingua della definizione, ma dell’immagine, della metafora, del simbolo, della
totalità, ha alla sua base i sogni, le fantasie, le vicende del mondo interiore.
Dal momento che il fenomeno linguistico è espressione di pensiero, esistono anche due
pensieri: il pensiero diretto che segue le leggi della logica della lingua e dunque della
grammatica, della sintassi, della semantica e il pensiero indiretto: quello dei sogni, delle
fantasie, dei vissuti, che si esprime nello scherzo, nel gioco di parole, nel motto di spirito, nella
freddura e nell’insinuazione.
Quanto sopra detto dà luogo a due diverse modalità comunicative: digitale, caratterizzata da
un'associazione convenzionale tra una parola (suono e segno) e un aspetto della realtà (alla
parola gatto associo la realtà di animale col pelo, a quattro zampe, domestico…) ed analogica,
caratterizzata da segni che hanno un immediato rapporto di significato con ciò che designano,
in quanto rappresentano un'analogia, cioè una rappresentazione della realtà attraverso un
linguaggio che "mimando", ma non imitando, la realtà stessa, ha un grande potere di evocare
immagini (ad esempio le diverse colorazioni o i rilievi di una carta geografica, i segni
ideografici, i simboli nei sogni, le parole onomatopeiche).
Il linguaggio dell'analogia non rispecchia la realtà, ma la crea, perché ha una libertà di
processo ed una molteplicità di significati che il linguaggio digitale, per sua stessa natura e
funzione non può avere.
A questo punto Watzlawick introduce la teoria dei due cervelli e della dualità funzionale degli
emisferi destro e sinistro, che sta alla base delle riflessioni successive sulla natura e la forma
del linguaggio del cambiamento.
Si tratta di un'impostazione che poggia su una teoria organicistica, su una base fisiologica e su
alcune prove sperimentali condotte su pazienti operati di commissurotomia (separazione
mediana dei due emisferi, attraverso l'incisione del corpo calloso, che è la più vasta zona di
collegamento tra i due mesencefali e successiva osservazione per la verifica separata delle
competenze cerebrali) e su pazienti colpiti da emiparesi cerebrale.
La teoria della bilateralità funzionale del cervello si basa sull'assunto di una differenziazione di
funzione tra i due emisferi cerebrali che comporta, non solo che le due metà non reagiscano
nello stesso modo ai medesimi stimoli circostanti, ma che piuttosto ciascuna risponda solo a
quegli stimoli che cadono nel suo ambito.
Se l’emisfero sinistro è preposto ad operazioni logiche, ordinative, classificatorie, distintive, il
destro è atto a realtà analogiche, emotive, adatto a "ragionare" per immagini, per astrazioni,
ad avere un linguaggio simile a quello dei sogni, a produrre simboli. Non solo la manualità è
condizionata dall’attività dei due emisferi, ma anche la visualità, l’udito, l’odorato.
La logica metodologica cui è preposto l'emisfero cerebrale sinistro si trova spesso in conflitto
con l'attività dell'emisfero destro, sede delle fantasie e delle idee che possono sembrare
illogiche e assurde.
2
In condizione normale i due emisferi raggiungono un alto grado di integrazione e di
complementarità e, di volta in volta prende “il comando l’emisfero la cui specializzazione lo
rende più dell’altro competente per dominare una determinata situazione […] ciò significa che
viviamo la caleidoscopica molteplicità del mondo in due modi completamente differenti e che
queste due forme di esperienza non solo non sono intercambiabili, ma che nemmeno è
possibile tradurre dall’una modalità all’altra.” 3
Watzlawick cita numerosi esperimenti scientifici a dimostrazione dei suoi asserti, dimostrando
come si possano “trarre conclusioni estremamente interessanti sulla possibilità di rivolgere la
parola all’emisfero interessato e sul linguaggio (nel senso più ampio del termine) da usare a
questo scopo.” 4
Da ciò risulta che ogni tentativo di influenzare uno dei due emisferi si deve servire della sua
“lingua” specifica, affinché il segnale o la comunicazione penetrino fino ad esso.
Ne consegue, inoltre, che la separazione processuale di processi consci ed inconsci, come
anche tutte le conseguenze che da questa distinzione fondamentale derivano per la patologia e
la terapia, devono esser riviste considerando che possediamo due coscienze le quali, nella
situazione ideale, si integrano e collaborano nel dominare la realtà; mentre in una situazione di
conflitto non possono comunicare tra loro.
Watzlawick parte dalla constatazione che se il procedimento terapeutico classico è quello di
tradurre la parte buia e inconscia dell'animo, nella lingua della ragione e della coscienza,
considerata terapeutica, in realtà è nel linguaggio oscuro, bizzarro ed insensato dell'emisfero
destro che va collocato l'ambito della modificazione terapeutica, perché in esso l'immagine del
mondo è concepita ed espressa.
Se il linguaggio del cambiamento, cioè il linguaggio della psicoterapia, è quello originato e
recepito dall'emisfero cerebrale destro, che decodifica le emozioni, i passaggi analogici dei
procedimenti di pensiero ed evoca le immagini appartenenti al ricordo, per operare un
cambiamento attraverso il linguaggio, bisogna comprendere il funzionamento di questo
emisfero e analizzare il linguaggio più appropriato per entrare in contatto con questa entità.
In omaggio alla logica del similia similibus curantur, l’autore propone che l'operazione di
ricerca vada centrata sull'analisi di una grammatica della lingua terapeutica e sulla verifica
della sua efficacia.
Giunto a metà circa della trattazione, Watzlawick sposta la sua attenzione al campo
comunicativo e a quella particolare forma di comunicazione che è la psicoterapia.
Se la psicoterapia è l'ambito del cambiamento, bisogna intendere di quale cambiamento si
tratta.
L’autore ritiene che l'idea fondamentale, riguardo al cambiamento, risieda nella teoria della
personalità. In generale chi soffre, soffre del proprio rapporto con il mondo, per la
contraddizione in cui le cose sono e come, secondo la sua immagine del mondo, dovrebbero
essere. Ci sono dunque una realtà che esiste oggettivamente, indipendentemente da noi, e
una realtà soggettiva, che è il risultato delle nostre opinioni e del nostro pensiero sulla
precedente – dunque della nostra immagine di essa.
La sofferenza provocata dalla realtà, non è altro che una costruzione di cui abbiamo
dimenticato di essere noi stessi gli architetti, ma che viviamo come realtà “reale”,
indipendente. Artefice di “questo raccogliere l’esperienza del mondo in un’immagine” 5 è
indubbiamente l’emisfero destro.
Per cambiare questa realtà occorre in primo luogo sapere che cosa deve essere cambiato
(comprendendo l’immagine del mondo dell’interessato) e in secondo luogo come questa
trasformazione può essere ottenuta da un punto di vista tecnico.
Ne consegue che per un terapista è necessario apprendere il linguaggio “tipico dell’emisfero
destro del paziente e utilizzarlo come via maestra che conduce al cambiamento” 6 poiché è
esso ad esprimere l'immagine del mondo, la chiave di essere nel mondo e del soffrire nel
mondo.
3
Le tecniche da utilizzare vanno dall’impiego di forme linguistiche proprie dell’emisfero destro,
al blocco dell’emisfero sinistro, a prescrizioni di comportamento specifiche.
Le forme linguistiche proprie dell'emisfero destro, da poter utilizzare, sono quelle che
appartengono al linguaggio dei sogni, dei lapsus, delle favole, dei miti, dell'ipnosi e della follia:
si tratta di linguaggi straordinariamente densi e carichi di significati.
Un altro metodo di accesso all’emisfero destro, completamente diverso, ma per nulla in
contraddizione con quanto fin qui detto, consiste nel bloccare o eludere il sinistro: in questo
modo il destro diventa, per compensazione, dominante. Si tratta di un meccanismo che si
produce spontaneamente, sia nel caso di malattie psicosomatiche, sia in diversi stati di
dissociazione, ma anche negli stati psichici che si producono spontaneamente in situazioni di
pericolo per la vita e in momenti critici.
Tale tecnica, basata sul sovraccarico dell’emisfero sinistro, crea condizioni per una
comunicazione terapeutica diretta con il destro e, quindi, più efficiente.
La prescrizione del sintomo, invece, blocca le soluzioni tentate (frutto dell'emisfero sinistro),
che sono anche generatrici del problema, riuscendo, quindi, ad eliminare anche la conseguenza
del sintomo o a spostare i sintomi stessi nel tempo e nello spazio.
Quella proposta da Watzlawick è una sorta di grammatica dell'emisfero destro, apprendendo la
quale il terapista non solo riesce ad adattarsi all’immagine del mondo dell’altro, ma anche a
cambiare quella che produce dolore nel paziente.
Paradossi, spostamenti di sintomi, giochi verbali, doppi sensi, allusioni, illusioni di alternative,
ristrutturazioni, cioè le varie strategie e tecniche adatte alla comunicazione terapeutica,
vengono descritte in modo talmente chiaro e pratico che chiunque legga questo testo ne trae
la conclusione che tutto ciò che appare immodificabile può, invece, essere cambiato.
Scritto sulla base di una fitta documentazione di casi clinici, allegorie, illustrazioni, aneddoti,
citazioni di grandi filosofi, artisti, scrittori e pensatori, Il linguaggio del cambiamento, risulta un
libro non soltanto sulla terapia, ma anche sulla vita, volto a fornire al lettore una feconda
opportunità di comunicare con sé stessi.
Indice del testo:
9 Introduzione
11 CAP.1 Sguardo generale
21 CAP.2 Le nostre due lingue
27 CAP.3 I nostri due cervelli
35 CAP.4 Prove sperimentali
45 CAP.5 Immagini del mondo
53 CAP.6 Forme linguistiche proprie dell’emisfero destro
89 CAP.7 L’induzione del blocco dell’emisfero sinistro
123 CAP.8 Prescrizioni comportamentali
133 CAP.9 Tutto, solo “questo” no
147 CAP.10 Rituali
151 CAP.11 Conclusione
155 Bibliografia
163 Indice dei nomi e degli argomenti
Autore
Paul Watzlawick, nato in Austria, a Villach, nel 1921 è uno psicologo primo esponente della
scuola statunitense di Palo Alto.
Conseguita la laurea in Lingue moderne e Filosofia all’Università di Venezia, prosegue gli studi
presso l’Istituto Carl Gustav Jung di Psicologia analitica di Zurigo.
Dopo un periodo di insegnamento di Psicoterapia all’Università di El Salvador, dal 1960 ha il
ruolo di ricercatore associato al Mental Research Institute di Paolo Alto, California, e dal 1976
4
diventa professore associato per il Dipartimento di psichiatria e scienza comportamentale
dell'Università di Stanford.
È il massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana e delle teorie del
cambiamento e del costruttivismo radicale. Si deve alle sue opere la diffusione dell'approccio
allo studio della comunicazione e dei problemi umani della Scuola di Palo Alto.
Bibliografia essenziale dell’autore
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Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e
dei paradossi (1971)
Change: la formazione e la soluzione dei problemi (1974)
La realtà della realtà. Confusione, disinformazione, comunicazione (1976)
La prospettiva relazionale. I contributi del Mental research institute di Palo Alto dal
1965 al 1974 (1978)
Il codino del barone di Munchhausen. Ovvero: psicoterapia e realtà. Saggi e relazioni.
(1991)
L'arte del cambiamento. Manuale di terapia strategica e ipnoterapia senza trance
(1990)
America, istruzioni per l'uso (1993)
Istruzioni per rendersi infelici (1997)
Di bene in peggio. Istruzioni per un successo catastrofico (1998)
L'arte del cambiamento. La soluzione dei problemi psicologici personali e interpersonali
in tempi brevi (1999) - Insieme a Giorgio Nardone
Il linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica (1999)
Links
http://www.colorado.edu/communication/meta-discourses/Theory/watzlawick/
(Teorie sulla comunicazione umana)
http://www.psicoterapiabrevestrategica.it/bibliografia.asp
(Bibliografia delle opere)
http://www.gwu.edu/~asc/biographies/watzlawick/watz.html
(home page di Paul Watzlawick)
Commento
Si tratta di un lavoro breve e sintetico, ma di indubbia efficacia. Lo stile è tipicamente
anglosassone: concetti chiari e dimostrati, sicurezza in quello che può essere chiarito e
compreso, dubbi espliciti su ciò che è ancora poco conosciuto, esempi che agevolano e
stimolano la lettura. Ottima introduzione alla Terapia Breve Strategica.
Note
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5
6
Watzlawick P., Il linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica, Feltrinelli, Milano 1980 p. 12.
Op. cit. p. 15.
Op. cit. p. 39-40.
Op. cit. p. 36.
Op. cit. p. 50.
Op. cit. p. 52.
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Watzlawick Paul, Die moglichkeit des andersseins. Zur technik der