Autore: Antonio Borrelli nel Collegio Apostolico di S. Francesco a Ripa e dal 1948 al 1957, fu direttore spirituale del Pontificio Ateneo Antoniano, profondendo tutta la sua saggezza e spiritualità. Dal 1957 all’ottobre 1968 si dedicò all’apostolato serafico nel convento e città di Matelica (Macerata) specialmente alle confessioni dei fedeli e dei frati. Nel 1968 si ammalò gravemente e dopo qualche mese fu ricoverato nell’infermeria regionale a Sassoferrato (AN), dove morì in concetto di santità il 2 ottobre 1969. La sua vita, volendo riportare una frase del suo biografo padre Sabattini, ebbe una caratteristica unica: è stata straordinaria nelle cose ordinarie. Con l’aiuto dello Spirito Santo, seguì Cristo sulle orme di s. Francesco d’Assisi, con prontezza, con costanza, con gioia; e con queste doti fu formatore di giovani francescani, direttore spirituale e superiore d’importanti Comunità Religiose. Fu fecondo scrittore, i suoi scritti in parte editi e molti ancora inediti, riguardano biografie di missionari francescani e di teologia ascetica. Nel 1972 il Capitolo Provinciale dei Frati Minori, diede inizio all’introduzione della sua causa di beatificazione. Nel 1983 le sue spoglie furono traslate dal cimitero di Matelica alla chiesa di S. Francesco. Il 17 novembre 2001 si è concluso il processo diocesano. “La Sorgente” Direttore Responsabile p. Domenico Rodilossi - Appr. Eccles. e dell’Ordine - Autorizzazione Tribunale Ancona del 20/11/1950 Famiglie e terziari al Servizio Terminati i lavori la Casa ha subito accolto l’incontro Nazionale delle famiglie Ofs Minori e per tutti è stata una Per permettere l’incontro nazionale delle famiglie alcuni bella soddisfazione: anche questa è stata, e può esserlo anfratelli e sorelle del Consiglio Regionale e delle fraternità che in futuro, un’ulteriore occasione di servizio che di Ostra e Senigallia hanno dato il loro tempo e sforzo per l’Ordine Secolare presta alla Chiesa. terminare i lavori di ristrutturazione e pulizia del Convento Ora manca di decidere come gestire “tutti assieme” la nodi S.Maria Apparve ad Ostra, sede del Centro Regionale stra casa e questo sarà uno degli argomenti all’ordine del Ofs Minori Provincia Picena S. Giacomo della Marca, già giorno nelle nostra assemblea generale del 21 ottobre. da sette anni. Ci auguriamo che siate presenti in tanti per vedere i frutti L’esperienza, per tutti faticosa e vissuta con vero spirito di di anni di lavoro da parte di tanti terziari e novizi e per servizio, ha lasciato tutti molto soddisfatti, con in cuore decidere come continuare tutti assieme la costruzione della una certezza: è stato possibile realizzare quanto in questi nostra realtà regionale. anni era sembrato solo un’utopia o un’ambizione troppo La redazione alta. Il 6 ottobre alle ore 10.00 le spoglie di p. Alfredo Berta giungeranno, da Matelica dove sono tumulate oggi, ad Ostra nella piazza ai Caduti. Di li si snoderà una processione fino alla chiesa di S. Maria Apparve ad Ostra dove avverrà la Solenne Celebrazione Eucaristica per la tumulazione delle spoglie di p. Berta nell’altare predisposto nella chiesa. Per noi francescani secolari e per tutti gli abitanti di Ostra è un grande avvenimento; potremmo infatti, attraverso la sua intercessione, scoprire come nella vita semplice di ogni giorno è possibile elevarsi fino alla santità. Contando sulla vostra presenza per il 6 ottobre vi diamo un breve cenno biografico di p. Alfredo Berta. Alfredo nacque il 5 giugno 1886 a Pianello di Ostra (Ancona) da Antonio Morganti e Letizia Menotti. Il cognome paterno è Morganti ma la famiglia è conosciuta con il soprannome di Berta ed ambedue cognomi figurano all’anagrafe. Fin da giovanetto si sentì chiamato alla vita religiosa e chiese ed ottenne di essere ammesso tra i Frati Minori delle Marche. A quindici anni, entrò nel noviziato del convento di Forano (Macerata) il 24 settembre del 1901, emise la professione solenne a Jesi (Ancona) nel 1906. Portati a compimento gli studi richiesti venne consacrato sacerdote il 1° agosto 1909 a Ripatransone (Ascoli Piceno). Per le sue doti d’intelligenza limpida e acuta e di formazione morale non comune, i suoi superiori lo inviarono a Roma, per conseguire la laurea in filosofia (1910-13) nel Pontificio Ateneo Antoniano, che allora si chiamava Collegio Internazionale di S. Antonio. Ottenuta la laurea, fu impegnato per oltre trent’anni nell’insegnamento negli studentati francescani marchigiani; fu a Jesi, Fano, Mombaroccio, Matelica, Zara, Monteprandone, Falconara Marittima, Arcevia, Colfano di Camporotondo. A Falconara Marittima (Ancona) ricoprì l’incarico di direttore spirituale dell’Istituto “Stella Maris” di Colle Ameno, gestito dalle Suore Canossiane. Non era alto di statura, anzi di gracile costituzione fisica, ma possedeva una forte personalità. Ebbe tutta una serie di importanti compiti di notevole responsabilità, che lo fecero salire nella stima dei superiori dell’Ordine, i quali lo inviarono come Visitatore Generale in varie Province Francescane d’Italia: nella Tridentina nel 1941; nella Bolognese nel 1942; nella Romana (1943); nella Sarda (1945) e nell’Umbra nel 1951. Nel 1946 fu chiamato a Roma come formatore dei giovani frati italiani, Traslazione del Servo di Dio p. Alfredo Berta Vita delle Fraternità. TESTO BIBLICO Ora Giovanni presenta Gesù come luce vera, autentica, perfetta che illumina ogni uomo e ne appaga le aspirazioni, perché si offre come presenza, stimolo e salvezza. Egli, che abita in Dio, ha rotto ogni divisione e barriera ed è venuto nel mondo con il passo decisivo dell’incarnazione, che significa vicinanza ad ogni uomo. Gli uomini non hanno creduto all’incarnazione, non l’hanno riconosciuto come luce, non hanno capito la sua iniziativa di salvezza: ecco l’incredulità di chi naviga nelle tenebre. Si tratta della non-accoglienza anche da parte della sua gente, del popolo d’Israele. Quindi non solo l’umanità non ha saputo far posto a Gesù, ma perfino il popolo prediletto da Dio, Israele. Nonostante il progetto d’amore e di vita voluto da Dio, l’umanità ha perso liberamente, col peccato, l’orientamento di tutto il suo essere e non ha riconosciuto il suo piano amoroso e salvifico. Ma, nonostante questo comportamento dell’umanità e d’Israele, un gruppo di uomini lo ha accolto e ha dato risposta positiva al messaggio di Dio e questi sono diventati figli di Dio. Questa figliolanza divina è un dono ricevuto, un potere donato, una grazia dello stesso Dio; ma essa richiede la nostra cooperazione per produrre un dinamismo di crescita, un divenire spirituale, una docilità sempre nuova all’azione dello Spirito Santo. Essa avrà la piena realizzazione nella vita futura. Per Giovanni la figliolanza divina non è un possesso acquisito, ma una realtà da conquistare progressivamente: non si è, ma si diviene, quindi una realtà dinamica. Infine l’evangelista raggiunge il vertice della sua contemplazione, parlando dell’incarnazione, luogo ideale dove il Cristo si manifesta perfetto rivelatore di Dio padre. Il Cristo era Dio e qui si fa carne; lì era, qui si fa: lì era presso Dio e qui ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Siamo di fronte a un clima orante di fede, dove quasi si percepisce la comunità cristiana che celebra la lode al Cristo. Per i giudei pensare che il Cristo apparisse nella debolezza dell’uomo-Gesù è un’assurdità; per i pagani addirittura uno scandalo dover accettare la piena umanità del Figlio di Dio. Giovanni, al contrario di tutti questi, afferma che il Cristo è divenuto carne in un momento storico preciso e nella tipica fragilità e impotenza d’ogni creatura, nascendo da una donna, Maria. Qual’è lo scopo dell’incarnazione? E’ la dimora di Dio nella vita stessa di ogni uomo, non in modo passeggero, ma stabile, al punto che i discepoli lo hanno contemplato e toccato (1Gv 1,1-4). Gesù è la rivelazione di Dio, ma in modo nascosto e umile. In Giovanni la gloria del Signore è qualcosa di interiore che solo l’uomo di fede può comprendere. La grazia della verità nel linguaggio biblico è il dono della rivelazione, fatto di amore, che Dio ha offerto all’uomo. Ma di quale rivelazione si parla? La rivelazione che l’uomo-Gesù è veramente il Figlio di Dio, soggetto della missione salvifica di Dio padre. La verità, secondo Giovanni, indica la rivelazione piena e perfetta della vita divina, per cui pieno di verità significa che è tutto quanto rivelazione definitiva ed è il dono supremo, per eccellenza che ci fa Dio padre. Infine i vv. 15-18 vogliono mostrarci la necessità della nuova odio, tra fede e incredulità, tra Dio e la mentalità del mondo ha qui il suo inizio e si svilupperà nel resto del Vangelo. Questo dramma però si risolverà in modo positivo: le tenebre non riusciranno a sopraffare la luce. E’ l’ottimismo di Giovanni e di ogni vero credente. Dopo questa introduzione Giovanni contempla la venuta storica di GesùParola (vv. 6-14) e mostra come concretamente la luce ha brillato nelle tenebre. Chi prepara con la sua testimonianza la venuta della luce è Giovanni il Battista e a lui si rifà la risposta dell’uomo. Quello del Battista è un compito arduo ed eccezionale ed è collocato nella storia concreta, messa in risalto dalla parola deserto. Egli è colui che conduce l’uomo alla fede in Gesù-luce, che fa da ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento, che invita a credere nel Cristo. Direzione e Amministrazione: Centro Regionale O.F.S. dei Frati Minori delle Marche- via Ringhiera, 1 - 60010 OSTRA (AN) c.c.p. 15676604 - Tel 071 68032 (Convento) - 333 2892075 (Ministro Regionale) - Fax 06 233207991 - http://www.francescani.marche.it Ci possiamo chiedere: Qual’è l’identità di Gesù? L’evangelista cerca di spiegarci proprio questo, col cosiddetto prologo. Quindi Giovanni si preoccupa di dirci che Gesù è preesistente a tutta la creazione, è in intimità con Dio ed è di natura divina. Gesù è collocato nell’eternità, per cui è senza inizio di tempo e senza mutamento di sostanza. Quanto all’intimità con Dio Padre, essa vuole rimarcare l’aspetto dinamico di tale relazione espressa attraverso l’atteggiamento di ascolto e docilità di Gesù figlio che riceve tutto da Dio padre. Quanto alla natura divina si dice che Gesù è generato eternamente dal profondo seno del Dio-amore, è il volto del Padre, è l’uguaglianza nella diversità delle due persone che si amano e si comunicano. Giovanni quindi vuole introdurci nel mistero della rivelazione eterna di Cristo. Dopo i due primi versetti Giovanni ci parla del ruolo di Cristo nella creazione e nella redenzione, prima in modo positivo, poi negativo. Cristo appare come il vero, universale mediatore in quanto strumento o specchio della potenza di Dio sia nella creazione e sia nella salvezza. Questo dato comporta la riconciliazione con tutta la creazione, perché tutte le grandi scoperte circa il mondo, la terra, le stelle, gli atomi, le forze di ogni genere sono opera del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret. Per questo Gesù nella storia umana è fonte della vita simboleggiata dalla parola luce, necessaria per il cammino di ogni uomo, credente o non credente, posto davanti alla vita di Cristo nella parola vivificatrice che deve scendere nel segreto del cuore per essere compresa, perché diventi poi vita concreta, splendore della bellezza di Dio diffusa nella creazione e nel cuore degli uomini. Infine si sottolinea che questa luce è contrastata dalla presenza delle tenebre che consistono nel male che si oppone a Dio e alla parola di Gesù, divenendo un rischio grave per gli uomini. Il dramma tra luce e tenebre, tra amore e COMMENTO BIBLICO In principio era il Verbo e il Verbo era in relazione con Dio e il Verbo era Dio. 2 Questi era in principio in relazione con Dio: 3 tutto per mezzo di lui divenne, e senza di lui non divenne nemmeno una cosa che fu fatta. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 e la luce splende nella tenebra, ma la tenebra non la afferrò. 6 Ci fu un uomo mandato da Dio, di nome Giovanni. 7 Questi venne in testimonianza, per fare da testimone alla luce, così che tutti potessero credere per mezzo di lui. 8 Non era quello la luce, ma per fare da testimone alla luce. 9 C’era la luce, quella vera, che illumina ogni uomo, venendo nel mondo. 10 Era nel mondo e il mondo per mezzo di essa fu fatto, tuttavia il mondo non la riconobbe. 11 Venne in casa propria ma i suoi non l’accolsero. 12 A tutti quelli che l’accolsero però diede possibilità di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome; 13 i quali non da sacrifici sanguinosi, né da ordinamento carnale, né da ordinamento filosofico, ma da Dio sono nati. 14 E il Verbo divenne carne e si attendò fra noi e abbiamo visto la sua gloria: gloria quale un figlio unico riceve dal padre, pieno di amore e di fedeltà. 15 Giovanni dà testimonianza su di lui e afferma: “Questi è colui del quale io dissi: venuto dopo di me, ebbe maggiore dignità di me, poiché esisteva prima di me”. 16 Ne è prova che tutti noi abbiamo ricevuto dalla sua pienezza, e una grazia dopo l’altra. 17 La legge infatti venne data per mezzo di Mosè: l’amore e la fedeltà divennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che permane in grembo al Padre, egli lo rivelò 1 IL VANGELO DI GIOVANNI (Gv 1,24-28) Questo mese, nella pagina di p. Silvio, presentiamo la prima delle 19 schede per la nostra formazione negli anni 2008 e 2009 Anno LVII - n° 1 Gennaio - Settembre 2007 • • • • fra Silvio Capriotti Giacomo, straordinariamente riflessivo per i suoi dieci anni, si lasciò colpire dalle parole proclamate nel Vangelo del giorno di Natale: In principio era il Verbo. Forse perché era proprio sull'altare, nella sua veste da chierichetto, forse perché lo inebriava il fumo dell'incenso, fatto è che si trovò a ragionare: Lo dice anche la maestra che il verbo è la parte più importante del discorso! Il verbo? Sì, mangiare, correre, dormire... ma cosa c'entra con la nascita di Gesù? Ah, ecco è così: Gesù ci ha portato il verbo “amare” che è il più importante di tutti. Intanto il prologo di Giovanni scorreva via lungo e solenne e lui, Giacomo, era proprio contento di averci capito qualcosa. Non ci renderemo mai conto, noi educatori, di quante traduzioni ha bisogno la Parola di Dio per giungere fino a noi. Ma fortunatamente sappiamo anche che lo Spirito ha le sue strade per giungere ai piccoli che la vita ci ha affidato. E così il verbo grammaticale non diviene un ostacolo alla comprensione, perché il cuore di Giacomo vuole cercare, capire, sintonizzarsi con la Verità. E allora... impariamo da Giacomo e cerchiamo di capire, pronti ad avanzare con lui nelle sue domande, se avremo la fortuna che egli si fidi così di noi, da farcele (fortuna che capitò, appunto, alla catechista). Il Verbo è un termine latino che traduce il termine greco Lògos e il termine semitico Dabàr, la Parola: all’inizio del suo Vangelo è come se Giovanni volesse riassumere la sua intensa esperienza di Gesù collocandolo al posto che gli spetta: l'essere in principio, cioè da sempre, come Parola che presiede alle origini, là dove c'è ogni inizio (del tempo, della creazione, di ciascuno di noi). Come a dire, Egli è il Volto parlante di Dio, è la realtà del suo volersi comunicare. Attraverso di Lui, la Parola, noi sappiamo che Dio non vuol starsene solo nella sua assoluta compiutezza, ma si china su ciascuno di noi ed è il nostro senso, ordine e direzione ultima. Infatti egli era la luce degli uomini, dove questo era non vuol dire il c'era una volta, ma l'azione continuativa che inizia, permane e sarà. Senza questa luce, siamo nelle tenebre, non sappiamo dove andare, mentre il rumore del mondo ci frastuona. Ma la Parola ha posto la sua tenda in mezzo a noi: Dio che non possiamo vedere (Dio nessuno l'ha mai visto, dice Giovanni con realismo!) è additabile, è lì, possiamo perfino toccarlo, cioè lasciarci narrare da Lui chi è il Padre. Perché lo possiamo additare? Perché il Verbo si è fatto carne. Il termine carne non è dispregiativo nel linguaggio orientale, indica proprio il limite, la debolezza; l'esistenza della carne è un'esistenza povera, provvisoria, segnata dalla fragilità. Colui che in se stesso comunica Dio, è diventato carne, uno di noi. La carne è la sua condizione umana, irreversibile: non è un provvisorio travestimento. La Parola che dice al mondo chi è Dio, è per sempre carne, poiché grazie a Lui essa diviene carne risorta, aprendo anche a noi la strada perché la nostra carne possa giungere presso il Padre. Ha ragione Giacomo: tutto questo è spiegabile con il verbo amare. Davanti al Bambino, sappiamo che il Verbo si è fatto carne per amore. Testimonianza dei coniugi Zattoni/Gillini ne con tutta l’opera evangelica. Possiamo concludere queste brevi riflessioni e prepararci alla testimonianza dei due coniugi, ponendoci una domanda: Chi è Gesù di Nazaret? La risposta rimarrà sempre limitata, se ci arrestiamo ai confini del tempo. Per questo Giovanni con un balzo contemplativo ci spinge a prima del tempo e della storia, per farci trovare la radice vera dell’esistenza di Gesù nel seno di Dio padre, e su questa pienezza si fonda la nostra fede. http:\\www.francescani.marche.it PER I PROGRAMMI DEGLI INCONTRI POTETE CHIEDERE AL MINISTRO DELLA VOSTRA FRATERNITA’, AL CONSIGLIO REGIONALE o VISITARE IL NOSTRO SITO: Vi ricordiamo i prossimi appuntamenti: 21 ottobre ASSEMBLEA GENERALE DI TUTTI I TERZIARI 10-11 novembre - CAPITOLO SPIRITUALE NAZIONALE AD ASSISI 17 novembre CHIUSURA 800° della NASCITA di S. ELISABETTA con S.E. Mons. GIULIODORI Vescovo di MACERATA e p. FERDINANDO 31 dicembre - ULTIMO DELL’ANNO ad OSTRA nella nostra SEDE REGIONALE Costo del cenone tutto compreso (con giochi e ballo) € 28.00 (Per pernottamento e colazione del 1° gennaio altri 10 €) fede testimoniata ancora da Giovanni Battista, perché siamo di fronte all’opera della Nuova Alleanza che Gesù, superiore a Mosè, inaugura con la sua incarnazione. Siamo al vertice di questo brano. Dopo la proclamazione di fede della comunità cristiana sul mistero dell’incarnazione di Dio nell’umanità di Gesù, Giovanni afferma che la pienezza è giunta all’umanità attraverso Gesù Cristo. Egli rivela che solo in Lui gli uomini sono diventati figli e vedono Dio padre, verso il quale l’intera sua vita è rivolta in atteggiamento di docilità filiale. Egli è perciò l’unico che lo può rivelare. L’evangelista vuole affermare come la testimonianza del Battista affermi la trascendenza di Gesù, perché egli ha proclamato il Cristo superiore a sé e preesistente (v. 15); essa è una sintesi della storia di Gesù e del suo contenuto divino: Gesù, se si guarda al tempo storico della sua rivelazione, è più giovane del suo testimone, viene dopo il Battista, tuttavia è superiore a lui per missione, natura e grazia. Gesù non è solo colui che viene, cioè il Messia atteso, ma è colui che è il preesistente e Dio stesso. L’ora del profeta del deserto di Giuda è passata, il suo battesimo di penitenza non ha più motivo di essere, perché è venuta la luce e colui che battezza in Spirito Santo. Il Battista deve fare spazio a colui che trascende la storia e il tempo, e già esisteva in principio (vv. 1-2). Con il v. 16 Giovanni riprende il tema del Cristo incarnato e lo presenta alla comunità cristiana, a cui parla di salvezza in termini di grazia: i credenti sono coloro che hanno ricevuto dalla pienezza di Gesù-Parola il dono della rivelazione, che sostituisce ormai quello della legge antica. Questa pienezza è lo splendore della vita filiale di Gesù. Qui, a questa fonte di vita ogni credente può attingere a piene mani e divenire partecipe del dono della verità che è in Cristo. Ma questa esperienza entra nell’uomo per la fede e, crescendo, lo trasforma fino a unirlo alla vita di Gesù e farlo divenire a sua volta figlio egli stesso (basta pensare a Francesco d’Assisi, per renderci conto come ciò sia veramente possibile). I vv. 17-18 vogliono chiarirci quanto affermato in precedenza dal confronto fra l’Antico e il Nuovo Testamento rappresentati da Mosè e Gesù: la legge dei 10 comandamenti data da Mosè costituisce la rivelazione provvisoria, mentre la grazia della verità data da Gesù è messianica e definitiva. Non si tratta di contrasto, ma di compimento e perfezionamento: Mosè è il rivelatore imperfetto, Gesù è il rivelatore perfetto e finale che rende liberi ed è Mediatore umano-divino tra Dio padre e l’umanità. Il versetto finale (18) offre un’ulteriore spiegazione del perché Gesù è il compimento della legge mosaica. Giovanni è preoccupato di proclamare che Dio si rivela effettivamente solo in Gesù e in Gesù fatto carne. Solo lui, poiché proviene da Dio, è in grado di scoprirne il segreto: tutte le ricchezze umane infatti passano attraverso Cristo. La rivelazione messianica e definitiva dell’uomo-Gesù consiste nel fatto che egli si è mostrato ai suoi, vivendo sempre rivolto verso il seno di Dio padre, immagine tipica per dire il suo amore e la sua intimità con Dio. Tutta la vita di Gesù si è svolta come vita filiale in un atteggiamento di ascolto e di obbedienza al Padre in un rapporto di amore e come manifestazione del suo amore. Questo modo di procedere è tipico di Giovanni ove Gesù non cerca mai se stesso o la propria gloria, non dice le sue parole e non prende le distanze da Dio padre, ma cerca unicamente di ascoltare il Padre per mostrarne il volto, l’identità. Egli è la rivelazione personificata di Dio. Per questo la vita di Gesù è per l’uomo la rivelazione completa, la pienezza della verità. Questo prologo termina in ginocchio, in adorazione davanti alla Faccia invisibile del Padre, la cui gloria è irraggiata per noi sul volto di un uomo, il suo Figlio unigenito, Gesù Cristo. Esso ci mette in stato di grazia e quasi di consonanza per poter entrare in comunio- pranzare al sacco. Al termine, dopo aver recuperato le giuste forze, P. Ferdinando, il Provinciale, ha presentato la storia dei luoghi e ha letto i fioretti di S. Liberato che Vi fanno riferimento. Termine di questo pellegrinaggio-turistico è stato a S. Severino il Monastero di S. Chiara dove ha sede la comunità delle Sorelle Povere di S. Chiara, nella quale è stato possibile officiare la messa alla quale hanno attivamente partecipato le sorelle Clarisse deliziandoci con i canti che hanno accompagnato la funzione. Veramente abbiamo potuto vedere con i nostri occhi, toccare con le nostre mani e sentire nello Spirito la bellezza e profondità di appartenere alla famiglia francescana. Alla conclusione della celebrazione eucaristica ci aspettava un piccolo rinfresco offerto dalle sorelle, che tutti noi abbiamo apprezzato: subito siamo ripartiti alla volta di Ostra per fare ritorno, dopo una così intensa e preziosa giornata, al convento che ci ospitava e dove ci attendeva un’ultimo sforzo: la cena. Roberto Tartuferi comunicazione è un ambito che pensa a sviluppare se stessa, senza prendere in esame le necessità reali dell’uomo, la sua connotazione e storia. Questa sua autoreferenza porta a snaturare e cambiare l’uomo stesso, che senza accorgersene, si adegua alle regole del “medium” senza poterne discuterne la reale portata e bontà per se e per gli altri. Quindi concludendo: attenzione al massimo livello per evitare di divenire ciò che non vogliamo percorrendo strade che non abbiamo scelto: proprio così oggi la capacità e potenza dei mezzi di comunicazione porta molto facilmente l’uomo a perdere le sue origini, la sua storia, la sua umanità, la sua religione. terizzato gli incontri è stato la Comunicazione in riferimento alla famiglia. Tutti hanno approfondito qualche aspetto peculiare ed in breve il percorso che possiamo tracciare: è importante essere attenti a ciò che la famiglia guarda in televisione, in modo particolare per i bambini in fasce di età ove i filtri e la criticità sono poco sviluppati. Ma non solo i piccoli devono essere allenati ed educati a comprendere, ma anche i cosiddetti grandi che devono assolvere ad un duplice sforzo quello di crescere e divenire coscienti per sé stessi e per i fratellini più piccoli ai quali trasferire la capacità di saper scegliere e guardare i programmi televisivi ma non solo. Difatti siamo generalmente abituati a prendere in esame solo questo tipo di “comunicatore” ma oggi nella nostra società sono disponibili molteplici possibilità di comunicare vedi internet, radio, telefonini, video giochi ….. La Stiamo attivando una mailing-list (spedizione per posta elettronica) della Sorgente e delle principali comunicazioni e lettere. Chiediamo quindi a tutti i Ministri di inviarci un indirizzo di posta elettronica in cui inviare alle Fraternità e agli Assistenti le comunicazioni. A tale lista possono iscriversi anche tutti i terziari che dispongono di una casella di posta elettronica inviando una e-mail di richiesta a: [email protected] Terra dei Fioretti All’interno dell’incontro Nazionale delle famiglie Ofs Minori è stato organizzato un pellegrinaggio spirituale-turistico in alcuni posti citati nei Fioretti di S. Francesco (Fonti Francescane). La guida durante il pellegrinaggio del Provinciale M.R.P. Ferdinando Campana e P. Samuele Salvatori ha permesso di comprendere a pieno la portata spirituale dei luoghi visitati: Convento di Forano, Convento di S. Liberato e Monastero di S. Chiara a S. Severino Marche. Al Convento di Forano siamo stati accolti da P. Samuele il quale dopo una breve presentazione dei luoghi e della loro storia, ha sviluppato una “piccola” catechesi sulla modalità della preghiera francescana nella quale S. Francesco metteva tutto il suo essere, tutto il suo cuore: sino a rendere la preghiera “viscerale”. Tutti gli intervenuti sono rimasti colpiti dal luogo e dalle parole che hanno permesso per quel tempo concessoci di assaporare piccole grazie spirituali. Ci siamo poi diretti verso il Convento di S. Liberato, facendo una piccola pausa all’Abbazia di Piastra, dove appena arrivati abbiamo potuto clima sereno e fraterno, rallegrato dalla gioiosa allegria dei bambini, ha fatto da contorno alle relazioni tenute da Mons.Mazza, Ufficio Comunicazioni CEI, il Prof.Giacchetta, Università di Macerata, il Prof Tumminello dell’Università della Terza Età di Padova, la ministra nazionale Argia Passoni e Nicola Simonetti responsabile settore famiglia per il Consiglio Nazionale. L’argomento che quest’anno ha carat- Dal 16 al 20 agosto 2007 nella neo Casa di Accoglienza Ofs S.Maria Apparve, si è tenuto quest’anno l’incontro nazionale delle famiglie. Il