GRUPPO
GIOVANI
CARMELITANI
IL PROFETA DI “DIO DENTRO IL CUORE”, PIù FORTE DI OGNI TRAGEDIA
IL TEMPO E LA FIGURA DI GEREMIA
Un secolo dopo Isaia, Geremia di Anatot visse
e predicò nel regno di Giuda, tra il 622 e oltre il
587 a. C.
È un periodo travagliato, che porterà alla
caduta di Gerusalemme, del Tempio e delle
istituzioni che reggevano il popolo di Dio.
In altre parole, esso perderà tutto ciò che gli
conferisce un’identità e una dignità.
Geremia è un profeta di stirpe sacerdotale.
Non si tratta di una stirpe sacerdotale
qualunque. Appartiene ai sacerdoti che abitano
in Anatot e che hanno alle spalle una storia di
maledizione divina.
Ai tempi del sacerdote Eli (risaliamo nel tempo di circa 300-350 anni), quando
Samuele dimorava presso il santuario di Silo e il tempio di Gerusalemme non
esisteva ancora, Dio aveva chiaramente minacciato l’anziano sacerdote a
motivo della sua debolezza nell’educare i figli i quali, profittando del ministero
loro affidato, si riempivano le tasche di soldi, ecc. Dio assicurava di respingere
tale dinastia di sacerdoti e di scegliersene un’altra più fedele.
Il compimento di tale profezia era avvenuto al tempo di Salomone. Sarà questi
a esiliare ad Anatot il sacerdote Ebiatar, discendente di Eli, scegliendo per la
cura del Tempio un altro sacerdote, Sadoq. (1Re 2, 26-27).
Un altro dato importante è il contesto storico in cui il profeta è chiamato:
È in questo momento che si produce il maggiore avvenimento del regno, la
riforma politico-religiosa intrapresa dal re Giosia grazie alla scoperta nel
Tempio del libro della Legge (622). Le narrazioni sono fornite in 2 Re 22-23 e
in 2 Cr 34-35.
Il suo nome significa: “Jahvè rivelerà”, anche se
l’etimologia è incerta. Come suo padre, il sacerdote
Hilqijjahû, Geremia porte un nome jahvista, Jirmejahû
(scritto anche nella forma abbreviata Jirmejâ).
Egli assiste alla devastante avanzata delle armate di
Nabucodonosor che riporta vittoria sugli Egiziani a
Karchemis (605), ma che non è (come , ingannandosi
pensa Israele) liberatore e nemmeno un avversario
facilmente superabile.
Gli assedi e la conquista di Gerusalemme danno ragione al
“realismo politico” di Geremia. Egli intanto passa per
disfattista.
Ma, a tragedia compiuta, Geremia sceglie l’esilio con i
suo popolo.
Geremia, sia per la predicazione che per le vicende della
sua vita avrà un enorme influsso nel giudaismo e nel N.T.
LA COMPOSIZIONE DEL LIBRO
 Il libro di Geremia – cui ha posto mano il segretario
Baruc (c. 36) – comprende 52 cc., frutto di successivi
rimaneggiamenti:
 oracoli contro Giuda e Gerusalemme (cc. 1-25);
 oracoli di consolazione (cc. 26-35 e 30-31);
 tratti biografici di Geremia (cc. 36-45);
 oracoli contro le nazioni (cc. 46-51).
 Dal cap. 36 sappiamo che, nella sua prima edizione,
il libro fu bruciato pezzo per pezzo dal re Joiakim.
Geremia lo fece riscrivere aggiungendo altri brani.
 Accanto a Geremia nel canone compaiono le 5
Lamentazioni di un anonimo che descrivono l’infinito
dolore per la caduta della Città Santa.
 Compare pure il libro di Baruc, splendida preghiera
penitenziale e di speranza per gli esiliati.
IL MESSAGGIO
Il messaggio di Geremia parte dalla lettura di fede degli avvenimenti angosciosi
che stanno per abbattersi su Israele :
«Il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate» (2, 13)
e cioè il peccato di ingiustizia, di formalismo nel culto (c. 7), di idolatria,
commesso dal popolo ebraico, a cominciare dal re, fino ai sacerdoti e ai falsi
profeti.
Geremia prospetta una religione “interiore”, del
cuore: dal cuore esce il male (4,4; 17,9; 18,12);
Dio vuole un cuore circonciso (4,4; 9,24-25);
Dio farà la nuova alleanza messianica:
«La scriverò nel cuore» (3,31-34).
Geremia stesso, nel travaglio della sua vocazionemissione, si manifesta come l’Israelita dal cuore nuovo:
«Mi hai sedotto, Signore, e mi son lasciato sedurre»
(20,7)
Parole di Geremia figlio di Chelkia, uno dei sacerdoti che dimoravano in Anatòt,
nel territorio di Beniamino. A lui fu rivolta la parola del Signore al tempo di Giosia
figlio di Amon, re di Giuda, l'anno decimoterzo del suo regno, e quindi anche al
tempo di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell'anno undecimo di
Sedecìa figlio di Giosìa, re di Giuda, cioè fino alla deportazione di Gerusalemme
avvenuta nel quinto mese.
Mi fu rivolta la parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo,
prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare,
perché sono giovane».
Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane,
ma và da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.
Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
«Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere, per edificare e piantare».
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi:
«Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io
vigilo sulla mia parola per realizzarla». Quindi mi fu rivolta di nuovo questa parola
del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una caldaia sul fuoco inclinata
verso settentrione».
Il Signore mi disse:
«Dal settentrione si rovescerà la sventura
su tutti gli abitanti del paese.
Poiché, ecco, io sto per chiamare
tutti i regni del settentrione.
Oracolo del Signore.
Essi verranno e ognuno porrà il trono
davanti alle porte di Gerusalemme,
contro tutte le sue mura
e contro tutte le città di Giuda.
Allora pronunzierò i miei giudizi contro di loro,
per tutto il male che hanno commesso abbandonandomi,
per sacrificare ad altri dèi
e prostrarsi davanti al lavoro delle proprie mani.
Tu, poi, cingiti i fianchi,
alzati e dì loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti alla loro vista,
altrimenti ti farò temere davanti a loro.
Ed ecco oggi io faccio di te
come una fortezza,
come un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».
Oracolo del Signore.
(Ger 1, 1-19)
Il re Giosia era ritenuto dal popolo e dai profeti il segno chiave della
benedizione di Dio che presto si sarebbe servito di questo saggio re per
ristabilire l’unità tra le 12 tribù di Israele.
Nel momento in cui il giovane Geremia viene chiamato, evidentemente egli
sente su di sé tutto il peso della sua storia familiare, ma allo stesso tempo
partecipa delle speranze del suo popolo ed è naturale pensare che in un simile
quadro storico, egli si senta in qualche modo chiamato a contribuire a quella
speranza tanto diffusa tra la sua gente.
Certo egli vede in visione una pentola di acqua bollente reclinata verso nord in
modo minaccioso, ma vede anche un ramo di mandorlo… e cos’è il mandorlo
se non il segno della fedeltà di Dio al suo disegno d’amore?
Geremia, sicuramente si accosta alla chiamata di Dio con timore, ma c’è da
supporre che egli sia anche ricolmo di una sana speranza per quello che sarà il
suo ministero.
Un profeta troppo giovane?
Il termine ebraico utilizzato (nahar), in greco neoteros (il minore, il più
piccolo), indica il giovane alla ricerca della propria identità, della propria
strada.
Notate bene il senso della risposta di Dio: di fronte ai “ma” del profeta, egli
sottolinea il fatto che non è l’io dell’uomo che nel ministero affidato ha il
ruolo preponderante, ma l’io di Dio. L’uomo è solo uno strumento: non è l’età
che conta ma l’essere in sintonia con l’io di Dio.
I tratti della chiamata di Geremia sono interessanti in quanto afferrano il
giovane così come egli è. Dio non si avvicina a Geremia dicendo: “Guarda.
Tu appartieni a una famiglia decaduta e a una dinastia maledetta. Purificati da
questa condizione e seguimi!”. No. Ma dice: Prima di formarti nel grembo
materno ti conoscevo, prima che venissi alla luce ti avevo consacrato (Ger
1,5). Parafrasando: “sono io che ti ho fatto nascere nel contesto di questa
particolare famiglia perché a me servi proprio in quanto tu provieni da una
simile esperienza”. Dio non passa dicendo: “Geremia, sei giovane, sappi che
sei chiamato a diventare mio servo. Pensaci perché, quando sarai maturato,
ripasserò”. No. Gli dice: Ecco io metto le mie parole sulla tua bocca. Va e
annunzia loro… così come sei. Alla scuola di Dio si cresce investendo se
stessi, totalmente, mente, volontà e cuore.
C’è infine una terza cosa che Dio non fa nel momento in cui chiama Geremia
ad essere suo profeta: non gli anticipa tutto quello che gli succederà.
Questa è la parola che fu rivolta dal Signore a Geremia:
«Fermati alla porta del tempio del Signore e là pronunzia
questo discorso dicendo: Ascoltate la parola del Signore,
voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per
prostrarvi al Signore. Così dice il Signore degli eserciti, Dio
di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e
io vi farò abitare in questo luogo. Pertanto non confidate
nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del
Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!
Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le
vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze
fra un uomo e il suo avversario; se non opprimerete lo
straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete il sangue
innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra
disgrazia altri dei, io vi farò abitare in questo luogo, nel
paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per
sempre. Ma voi confidate in parole false e ciò non vi
gioverà: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il
falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dei che non
conoscevate. Poi venite e vi presentate alla mia presenza
in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo
salvi! per poi compiere tutti questi abomini. Forse è una
spelonca di ladri ai vostri occhi questo tempio che prende
il nome da me? Anch'io, ecco, vedo tutto questo. Parola
del Signore.
Andate, dunque, nella mia dimora
che era in Silo, dove avevo da
principio posto il mio nome;
considerate che cosa io ne ho fatto a
causa della malvagità di Israele, mio
popolo. Ora, poiché avete compiuto
tutte queste azioni - parola del
Signore - e, quando vi ho parlato con
premura e sempre, non mi avete
ascoltato e, quando vi ho chiamato,
non mi avete risposto, io tratterò
questo tempio che porta il mio nome
e nel quale confidate e questo luogo
che ho concesso a voi e ai vostri
padri, come ho trattato Silo.
Vi scaccerò davanti a me come ho
scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la
discendenza di Efraim. Tu poi, non
pregare per questo popolo, non
innalzare per esso suppliche e
preghiere né insistere presso di me,
perché non ti ascolterò.
(Ger 7, 1-16)
Fermati alla porta del tempio…
Immaginate voi: Dio sta inviando alla porta del Tempio un giovane che appartiene
a una dinastia sacerdotale che non può da secoli mettere la punta del piede
all’interno di quell’area sacra. E il suo compito è quello di pronunciare parole di
fuoco contro i sacerdoti e i fedeli.
Basterebbe da parte di Geremia fare una mossa falsa, varcare i limiti imposti dalla
sua condizione e potrebbe essere lapidato secondo la Legge… in quanto nulla di
impuro può entrare nell’area sacra del Tempio. La sua posizione è veramente
delicata.
Ma c’è di più: questo giovane deve dire a chiare lettere che se le cose non
cambieranno, anche il Tempio di Gerusalemme farà la stessa fine del santuario di
Silo, e i sacerdoti di Gerusalemme la medesima fine dei sacerdoti maledetti di
Anatot. Certamente Geremia non si era immaginato che Dio gli avrebbe subito
affidato un ruolo tanto scomodo, sfruttando proprio la sua posizione sociale e
familiare…
Tu poi non intercedere!
Geremia, obbediente, sale alla porta del Tempio. Pronuncia il discorso
che Dio gli ha posto sulle labbra, lasciando allo stesso tempo trasparire
una vena di speranza: la sua non è un accusa ma un segno forte della
trepidazione di Dio. Questo si manifesta nel fatto che il discorso in certi
passaggi si fa preghiera, invocazione, annuncio di speranza… Sta
ancora parlando quando Dio interviene una seconda volta con un
ordine davvero incomprensibile: Tu poi non pregare per questo popolo,
non innalzare per esso preghiere e suppliche e non insistere presso di
me perché io non ti ascolterò (7,16). Come? Questa è davvero bella!
L’identità di un profeta è quella di intercedere e pregare per il suo
popolo e questo a Geremia viene vietato! Se gli viene negato questo,
cosa gli resta? Già il fatto di essere salito a Gerusalemme gli ha fatto
“perdere la faccia” (come minimo!) davanti a tutta la sua famiglia, ma
se ora il suo ruolo diventa solo quello di annunciare la sventura senza
mediare, di annunciare la disfatta senza aprire alla speranza, lo
prenderanno per esaltato, per pazzo. Di più. Lo prenderanno per uno
che non riconosce lo Stato, per uno che si è venduto al nemico. E’
troppo difficile per Geremia accettare tale ordine… La sua predicazione
continuerà ad essere attraversata da stupende preghiere che rivelano
quanto questo giovane profeta si identifichi con l’esperienza del suo
popolo.
«I miei occhi grondano lacrime
notte e giorno, senza cessare,
perché da grande calamità
è stata colpita la figlia del mio popolo,
da una ferita mortale.
Se esco in aperta campagna,
ecco i trafitti di spada;
se percorro la città,
ecco gli orrori della fame.
Anche il profeta e il sacerdote
si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare.
Hai forse rigettato completamente Giuda,
oppure ti sei disgustato di Sion?
Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio per noi?
Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene,
l'ora della salvezza ed ecco il terrore!
Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità,
l'iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te.
Ma per il tuo nome non abbandonarci,
non render spregevole il trono della tua gloria.
Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi.
Forse fra i vani idoli delle nazioni c'è chi fa
piovere?
O forse i cieli mandan rovesci da sé?
Non sei piuttosto tu, Signore nostro Dio?
In te abbiamo fiducia,
perché tu hai fatto tutte queste cose».
Il Signore mi disse: «Anche se Mosè e
Samuele si presentassero davanti a me, io
non mi piegherei verso questo popolo.
Allontanali da me, se ne vadano!»
(Ger 14, 17-22; 15, 1)
Il profeta ha appena terminato questa preghiera che l’ordine di Dio si
ripresenta in modo deciso e definitvo: Anche se Mosé e Samuele si
presentassero davanti a me, io non mi piegherei verso questo popolo.
Allontanali da me, se ne vadano! (Ger 15,1).
Per Geremia è un momento davvero duro perché tutto è da reimpostare da
capo. Davanti a lui non ha nessun modello a cui ispirarsi: nemmeno Mosé o
Samuele… Già, Samuele… colui che aveva annunciato alla sua famiglia la
maledizione di Dio. Nemmeno lui può venirgli in soccorso, in aiuto. Unico
punto di riferimento è Dio. Un Dio dalla volontà incomprensibile in questo
momento, ma che certamente farà capire dove vuole andare a parare. Il
giovane profeta china il capo e accetta.
Nel frattempo però è successo qualcosa d’altro di molto grave e inatteso.
Improvvisamente, sul campo di battaglia il re saggio viene colpito a morte.
Con Giosia muoiono tutte le speranze della restaurazione.
Se prima il giovane Geremia si vedeva un po’come il condottiero della
restaurazione, colui che precede in nome di Dio un popolo nuovo, ora si rende
conto che le cose non vanno e non andranno così. Ne fa esperienza diretta,
sulla propria pelle: la sua predicazione si attira addosso l’ostilità dei sacerdoti…
le sue parole contro il Tempio gli valgono un’accusa di empietà a cui riesce a
sfuggire per miracolo. Le ombre di un futuro incerto si delineano in modo
sempre più chiaro: quando egli, con un atto simbolico e profetico frantumerà la
brocca per indicare che Gerusalemme sarà ridotta in macerie e calpesta da
eserciti nemici, il sovrintendente delle guardie del tempio lo arresta, lo fa
fustigare e per una notte lo mette in catene. Geremia non si ferma: proclama ciò
che Dio gli ordina, parole di fuoco che non fanno che alimentare l’odio nei suoi
confronti. Tutte le astuzie vengono messe in atto per impadronirsi di lui e
metterlo fuori gioco… il giovane profeta si trova a dover confessare che persino
nell’ambito della sua famiglia è stata ordita una congiura contro di lui. Insidiato
e perseguitato dai suoi nemici, evitato dalla gente per le sue parole di fuoco,
escluso dalla partecipazione alle gioie della vita, sotto l’impressione avvilente
dell’insuccesso della sua predicazione che gli procura soltanto scherno e
disprezzo, abbandonato alla solitudine, il profeta attraversa una dolorosa prova
interiore che lo porta alla soglia della disperazione. Sottoposto a una simile
pressione, Geremia si sente scoppiare e, in uno sfogo, grida il suo dramma: Me
infelice, madre mia, che mi hai partorito oggetto di litigio e di contrasto per tutto
il paese…Maledetto il giorno in cui nacqui, il giorno in cui mia madre mi diede
alla luce non sia mai benedetto (Ger 15, 10; 20, 14).
Per il profeta questo è solo l’inizio di un cammino di fatiche…
In quell'anno, all'inizio del regno di Sedecìa re di Giuda,
nell'anno quarto, quinto mese, Anania figlio di Azzùr, il
profeta di Gàbaon, mi riferì nel tempio del Signore sotto gli
occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo queste parole: «Dice il
Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io romperò il giogo del
re di Babilonia! Entro due anni farò ritornare in questo luogo
tutti gli arredi del tempio del Signore che Nabucodònosor, re
di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia.
Farò ritornare in questo luogo - dice il Signore - Ieconia figlio
di Ioiakìm, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che
andarono a Babilonia, poiché romperò il giogo del re di
Babilonia».
Il profeta Geremia rispose al profeta Anania, sotto gli occhi
dei sacerdoti e di tutto il popolo che stavano nel tempio del
Signore. Il profeta Geremia disse: «Così sia! Così faccia il
Signore! Voglia il Signore realizzare le cose che hai predette,
facendo ritornare gli arredi nel tempio e tutti i deportati da
Babilonia in questo luogo!
Tuttavia ascolta ora la parola che sto per dire ai tuoi orecchi
e agli orecchi di tutto il popolo. I profeti che furono prima di
me e di te dai tempi antichissimi predissero contro molti
paesi, contro regni potenti, guerra, fame e peste. Quanto al
profeta che predice la pace, egli sarà riconosciuto come
profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la
sua parola si realizzerà».
Allora il profeta Anania strappò il giogo dal collo del
profeta Geremia e lo ruppe; Anania riferì a tutto il
popolo: «Dice il Signore: A questo modo io romperò
il giogo di Nabucodònosor re di Babilonia, entro due
anni, sul collo di tutte le nazioni».
Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada.
Ora, dopo che il profeta Anania ebbe rotto il giogo
sul collo del profeta Geremia, la parola del Signore
fu rivolta a Geremia: «Và e riferisci ad Anania: Così
dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno ma io,
al suo posto, ne farò uno di ferro. Infatti, dice il
Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io porrò un
giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché
siano soggette a Nabucodònosor, re di Babilonia».
Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania:
«Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato e tu
induci questo popolo a confidare nella menzogna;
perciò dice il Signore: Ecco, ti mando via dal paese;
quest'anno tu morirai, perché hai predicato la
ribellione contro il Signore».
Il profeta Anania morì in quello stesso anno, nel
settimo mese.
(Ger 28, 1-17)
Per una missione più feconda…
Nel momento in cui Dio ha impedito a Geremia di intercedere a favore del suo
popolo, il profeta si sente crollare. E’ il primo impatto, necessariamente doloroso
da accogliere. Pian piano egli prenderà tuttavia coscienza che quella proibizione
aveva alla sua radice un obiettivo più grande: Geremia non può più pregare per il
suo popolo semplicemente perché il peccato di quest’ultimo è talmente grande
che l’intercessione orale non è più sufficiente. Dio ha bisogno di un’altra forma di
preghiera che è quella della vita. La vita stessa di Geremia diventerà intercessione
a favore del suo popolo, con tutti gli annessi e connessi che questo comporta.
La prova più grande è costituita da come finisce la vita di questo profeta:
lungo tutto il suo ministero di predicazione egli si trova costantemente ad
assicurare la maledizione a coloro che per timore dei babilonesi, cercheranno
rifugio in Egitto, dandosi alla fuga… ebbene, alla fine della sua esistenza, contro
la sua volontà Geremia sarà trascinato in esilio in Egitto, la terra della
maledizione, ultimo lembo del globo terrestre in cui questo profeta avrebbe voluto
E’ questo un aspetto che fa di Geremia un profeta della stoffa di Mosé! Con
Geremia la storia e la teologia della profezia biblica subisce una grande svolta
in quanto l’identità del profeta viene ridisegnata da cima a fondo. Profeta non
è solo chi annuncia e denuncia a parole, ma chi si espone totalmente a Dio
per essere segno del suo amore, assumendo su di sé, fino in fondo, la
condizione del suo popolo.
Possiamo veramente affermare che ci troviamo di fronte alla prima grande
icona di Gesù dell’AT.
Per essere segno tra il popolo…
Esposto a Dio l’uomo impara quel ribaltamento di categorie per il quale non
basta una presa di coscienza razionale. Nel momento in cui Gerusalemme
viene messa sotto ferro e fuoco, nell’istante in cui tutti si danno da fare per
racimolare in fretta e furia le ultime cose, nel momento stesso in cui il Tempio
viene usurpato e dato alle fiamme, Geremia si fa avanti per firmare l’acquisto
del suo pezzo di terra ad Anatot.
Coloro che osservano il gesto giudicano Geremia un pazzo eppure quello è il
segno della fedeltà di Dio: l’esilio non sarà eterno, il popolo tornerà purificato
nella sua terra anche se in questo momento tutto sembra perduto. Quel pezzo
di terreno è il pegno del futuro. Così legge la storia chi cammina con Dio.
Scarica

Il libro di Geremia