RAFFAELE DE PALMA DAL PRITANEO ALLA CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA Cinquant'anni di vita forense intervista di GIOVANNI ACQUAVIVA Patrocinio: ORDINE DEGLI AVVOCATI DELLA PROVINCIA DI TARANTO ORDINE DEGLI AVVOCATI TARANTO IL PRESIDENTE Avv. Egidio Albanese PRESENTAZIONE Le ragioni che hanno indotto il Consiglio dell'Ordine a curare questa pubblicazione sono sostanzialmente due: di affetto e rispetto verso coloro che ci hanno preceduto e di testimonianza per coloro che ci seguiranno. Il tempo che scorre, sempre più veloce, e l'aumento esponenziale degli iscritti non consente più la "traditio" orale: quindi le memorie del passato rapidamente si disperderebbero se non cristallizzate in scritti capaci di consentire, a chi lo desiderasse, di trarre insegnamenti e lezioni di vita dalla tradizione e dall'esempio di quanti hanno operato nel nostro Foro. Nel secolo da poco trascorso grandi figure di avvocati hanno illustrato il Foro ionico distinguendosi per l'abilità oratoria, per il profondo acume giuridico, per il senso del dovere, per l'impegno civile e per le loro doti morali. "Dal Pritaneo alla Cittadella della Giustizia" rappresenta un ritorno alle origini, un tuffo nel passato. E' la storia della crescita e dell'affermazione di una categoria che ha saputo adeguarsi alle innovazioni. L'impegno nella professione e nella vita civile degli avvocati di ieri e di oggi deve costituire per le nuove generazioni un punto di riferimento importante. Ai giovani colleghi, infatti, è principalmente destinato questo libro nella certezza che dalla sua lettura essi ricaveranno lezioni di vita e di comportamento nello svolgimento dell'attività professionale. Un'Avvocatura senza la memoria del passato è un'Avvocatura senza futuro. Sia consentito, a chi scrive, di esprimere, anche a nome del Consiglio, il ringraziamento più affettuoso e sincero al Dott. Giovanni Acquaviva ed all'Avv. Raffaele de Palma che con il loro impegno hanno reso possibile la realizzazione di questa ambiziosa idea. All'Avv. Raffaele de Palma, Presidente emerito del Consiglio dell'Ordine, Toga d'Oro, per decenni consigliere dell'Ordine e per oltre quattordici anni Presidente dello stesso, memoria storica dell'avvocatura ionica va - mio tramite - il ringraziamento di tutto il Foro Tarantino, per essere Egli - da sempre -strenuo difensore dei valori più nobili della Toga. Egidio Albanese INTRODUZIONE "Haec olim meminisse iuvabit" (VIRGILIO, ENEIDE, LIBRO 1°, VERSO 203) Fedele all'impegno assunto subito dopo la conversazione tenuta al Palazzo Pantaleo il 29 giugno 1995 sul tema «Alessandro Criscuolo e la sua Scuola Forense del primo 900», eccomi pronto a rendere il doveroso omaggio anche a tanti altri Colleghi i quali costituirono - per molti di noi - una solida guida, ed un efficace incitamento ad operare per la migliore realizzazione della nostra funzione nell'Amministrazione della Giustizia e per la più luminosa affermazione della dignità della nostra Toga. Il compito è stato molto ampio, e forse sarò incorso in involontarie omissioni: ma la passione mi ha sorretto, ed il mio dovere è stato assolto anche col proposito di riprendere e completare il discorso, in tempi che spero prossimi ed in sede egualmente esaltante! Devo, intanto, esprimere il più sentito e cordiale ringraziamento a Giovanni Acquaviva ed a Roberto Cofano, per la loro validissima e calorosa collaborazione. Ho espresso, nelle pagine che seguono, il meglio dei miei ricordi, del mio spirito e della mia passione per questa «splendida» Toga, e mi è stato possibile il farlo (per dirla con Aldo Palazzeschi) "PONENDO UNA LENTE DAVANTI AL MIO CUORE, PER FARLO VEDERE ALLA GENTE", e per confermare che esso batte ancora nella passione per il nostro «Ministero». Grazie infine, al Consiglio del nostro Ordine, che mi ha sostenuto patrocinando questo lavoro. Taranto, maggio 2001 RAFFAELE DE PALMA I - GLI ANNI DIFFICILI Eravamo stati invitati in molti, in un tardo pomeriggio di fine giugno del 1995, nel ristrutturato Palazzo Pantaleo, nel Centro Storico, che si apriva per la seconda volta all'ammirazione dei tarentini per iniziativa dei giovani avvocati i quali volevano «scoprire» l'itinerario professionale e culturale di Alessandro Criscuolo. Era stato, costui, a cavallo tra l'Otto e il Novecento, un insigne avvocato anzi un caposcuola dell'avvocatura tarantina e al tempo stesso uomo di vasta cultura classica e umanistica, amministratore comunale, bravo e insuperato epigrafista, almeno nel nostro circondario. Per illustrare il personaggio, inquadrandolo ovviamente nel suo tempo, era stato invitato Raffaele de Palma, altra figura storica dell'avvocatura tarantina, che da oltre mezzo secolo onora la Toga e l'Ordine Forense con prestigiosi incarichi provinciali e nazionali. Fu un pomeriggio intenso quello, ricco di sensazioni, di ricordi, di incontri. Intanto, quello stupendo palazzo, come altri del centro storico, dei D'Ayala Scelsi, dei De Notaristefani, dei Gennarini, dei Visconti, dei Carducci Artenisio, dei Galeota. Un palazzo, quello nel quale ci trovavamo, nelle cui sale passò la migliore società tarentina dei secoli scorsi, giacché i Pantaleo (che stupendo cognome di chiara origine greco-latina!) si imparentarono con altre famiglie nobili del tempo: i De Notaristefani, i Beaumont-Bonelli, i Ciura, i Delli Ponti, gli Hueber, in un sodalizio molto stretto e articolato, giunto fin quasi ai giorni nostri. Giovanni Pantaleo fu sindaco di Tarante dal 1811 al 1816. Poi l'interesse di ascoltare l'efficace oratoria (a me peraltro già nota) di Raffaele de Palma, amico mio del tempo finora vissuto insieme e che cominciò dal primo Ginnasio fino all'Università di Bari, che raggiungevamo facendo i pendolari. Poi le nostre vite si divaricarono, venne la guerra ma non ci siamo mai perduti di vista anche se lui (Feluccio per gli amici) abbracciò subito l'avvocatura, mentre io mi inserii nel giornalismo come avevo desiderato da ragazzo. Il ricordo che io avevo di Alessandro Criscuolo era molto vago. Tra l'altro ricordavo (e il ricordo mi tornò quella sera in mente mentre ero in attesa della conferenza di de Palma), che egli frequentava, insieme con altri esponenti della borghesia tarentina, il Circolo Unione - poi diventato Circolo del Littorio durante il Fascismo - dove ci si intratteneva, si giocava, si beveva qualcosa. Criscuolo una sera, entrando in quei saloni, disse ad alta voce: "Salute amici, sursum corda!". C'era tra i soci un ricco commerciante all'ingrosso di corde, ricco ma ignorante, il quale interpretò l'espressione criscuoliana come un riferimento alla sua attività commerciale, sicché risentito disse: "no 'cumenzama a' sfottere, avvucà!" Ma ecco il discorso di Raffaele de Palma, che interessò molto non soltanto me, ma tutto il folto uditorio: il sindaco Cito, che probabilmente nulla sapeva di Criscuolo, ne rimase affascinato e là per là disse che quando si fossero riaperti i Giardini del Peripato, egli avrebbe dedicato uno dei viali al nome di Alessandro Criscuolo. Qualche giorno dopo volli incontrare Raffaele de Palma, con il quale ripercorremmo una parte della lunga e vivace storia dell'avvocatura tarentina e mi resi conto che il mio interlocutore ed amico sapeva tanto di quella storia avendola in gran parte vissuta da attore, sì che mi venne di chiedergli se non fosse arrivato il momento di scriverla, ripercorrendo con l'ausilio della memoria e delle carte in suo possesso l'itinerario di quella affascinante professione che è la forense. È passato ancora del tempo, abbiamo entrambi affrontato felicemente, grazie a Dio, l'ottuagenarietà. Ci siamo reincontrati e abbiamo rinnovato il tacito impegno di por mano a questo lavoro. - Insomma, dico, vogliamo finalmente cominciare? Da Alessandro Criscuolo? O non ti vien voglia di rispolverare più precisi e personali ricordi (che immagino vivi) della tua laurea in Giurisprudenza? Dove e quando? Certo, che mi viene la voglia. Anzi mi torna alla mente la maturità classica conseguita nel glorioso Liceo Archita nel 1936, l'anno della conquista dell'Etiopia, di cui si ebbe un'eco nella prova scritta d'Italiano con un riferimento alla "esaltazione del valore italico" e alla "devozione dei giovani alla nuova Patria". Arrivando a quei diffìcili esami per la maturità con l'intero programma dei tre anni di liceo - un'assurdità - ci lasciavamo dietro le spalle "Fischia il sasso dell'intrepido Balilla" e "Faccetta Nera" ma ora cantavamo "Sole che sorgi libero e giocondo - sul colle nostro i tuoi cavalli doma -tu non vedrai nessuna cosa al mondo - maggior di Roma". O anche "Siamo fiaccole di vita - siamo l'eterna gioventù - che conquista l'avvenire - di ferro armata e di pensier". Alla conquista dell'Etiopia noi avevamo partecipato con manifestazioni studentesche che punteggiavano l'avanzata delle nostre truppe in Africa e che venivano chiamate scioperi perché marinavamo le lezioni. Proprio come oggi. I quattro anni di Giurisprudenza a Bari li trascorremmo Maturità classica: saluto di commiato al Liceo Archita (anno 1936) facendo i pendolari con un treno che partiva alle 4,30 e arrivava a Bari alle 8. Un intermezzo storico fu quello dell'occupazione... pacifica dell'Albania di Rè Zog nella primavera del 1939, e relativa seconda corona regale sul capo di Vittorio Emanuele III. La seduta della mia laurea porta la data del 5 giugno 1940, ore 16, cinque giorni prima della dichiarazione di guerra. La tesi era "II principio delle actiones liberae in causa e l'applicazione del codice penale vigente". Ne riparleremo più avanti. Relatore fu il prof. Biagio Petrocelli che era anche Rettore Magnifico, controrelatore il prof. Armando Regina. Avrebbe dovuto laurearsi in quella stessa tornata anche il caro collega ed amico Gregorio Pasanisi (immaturamente poi scomparso), con il quale avevamo frequentato insieme dal primo Ginnasio alla laurea, ma il suo relatore quel giorno era impedito sicché egli dovè tornare due giorni dopo. Ci si laureava in divisa gufina, camicia nera e stivali, ma non l'avevamo ne lui ne io, ce la prestò un comune amico. Alle 19 venni proclamato dottore in Giurisprudenza. Si laurearono quel giorno anche alcuni colleghi che erano sotto le armi e che perciò si presentarono in divisa militare; ad essi era consentito di non elaborare una tesi scritta, si limitavano ad una esposizione orale. Il primo a chiamarci «dottore» fu l'autorevole e amato bidello Ciccio Mesto, in redingote e berretto a visiera, pronto a ricevere adeguate mance. Quando lasciammo l'Ateneo era già buio. Bari era avvolta dall'oscuramento per ragioni di sicurezza. Andammo a bere un bicchiere di spumante autarchico. Ma aveva un sapore amarognolo. - Sì, d'accordo, ma vuoi riandare per un momento allo spirito goliardico che caratterizzava allora l'ambiente dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF)? - Volentieri. Era già da tempo che la propaganda del Regime alimentava nell'opinione pubblica, e soprattutto tra i giovani, il concetto delle «rivendicazioni» lasciato sospeso dalla conclusione della prima guerra mondiale, e noi ce ne sentivamo coinvolti, tant'è che eravamo convinti che faceva bene l'Italia a «mostrare i denti». E quando cantavamo: "Nizza, Savoia, Corsica fatai - Malta baluardo di romanità - Tunisi nostra, sponde, monti - tuona la libertà!" eravamo convinti di quel che dicevamo. Dopo l'abbiamo chiamata incoscienza, quel sentimento, ma allora era autentico, o almeno così ci sembrava. D'altra parte, ricorderai bene anche tu che con quello spirito andammo nel 1939 a Trieste per partecipare ai «Littoriali della Cultura». Ai quali non era facile essere ammessi, bisognava superare alcune prove culturali e politiche. Vennero a Trieste in quell'occasione tanti universitari, alcuni dei quali divennero poi famosi: Aldo Moro, Luigi Preti, Asvero Gravelli, Salvatore Quasimodo, Elsa Morante, Vasco Pratolini, Gianni Granzotto, Pietro Ingrao e altri ancora. Per sottolineare insomma che la dichiarazione di guerra del 10 giugno '40 ci trovò consenzienti per non dire entusiasti. Se una preoccupazione avevamo, riguardava le nostre personali prospettive di lavoro, che vedevamo allontanarsi anche perché venimmo chiamati alle armi nel 1941 (partimmo a scaglioni diversi) con l'eufemistico aggettivo di «volontari». Per due o tré anni rimanemmo in divisa in situazioni diverse dalle quali comunque, per grazia di Dio, tornammo vivi. Io mi avviai appena possibile verso l'avvocatura che prese subito ad affascinarmi. E non dovesti sostenere gli esami per procuratore legale? Quando? Quelli erano anni di grande confusione... - Certamente. La sessione per quegli esami prevista per il 1942 venne ovviamente saltata. Soltanto nel '44 furono ripristinati, ma ancora con il sistema dell'albo chiuso: i posti assegnati alla Puglia furono dieci di cui soltanto due a Taranto, e i candidati, promossi, fummo Salvatore Racugno e io. Altri Anno 1942, periodo della “Guerra”: il sergente colleghi potettero essere iscritti per particolari meriti acquisiti allievo uff. de Palma (a sinistra), in Ascoli Piceno. in relazione al servizio militare prestato in zone di operazioni, in una separata sessione di esami, senza limitazione di posti. Comunque, quello del 1944 fu l'ultimo concorso per procuratori legali ad albo chiuso, che venne poi abolito. Per quanto mi riguarda, devo aggiungere che, insieme con Racugno, fui nominato giudice conciliatore di Tarante, carica che io ho ricoperto fino al compimento del settantaduesimo anno d'età. Già con l'iscrizione nel registro dei praticanti, l'esercizio professionale era cominciato, poi però seguì l'iscrizione nell'albo degli avvocati, e successivamente nell'albo dei cassazionisti. Si trattò in verità di un inizio difficile, a causa della mia ancora non matura esperienza professionale, reso più arduo in seguito alla improvvisa morte del mio primo maestro, l'Avv. Giuseppe Turi. Tale circostanza determinò l'esigenza di avere una valida guida nella gestione di uno studio importante, quale era quello dell'Avv. Turi, per cui riuscii ad ottenere una autorevole collaborazione e guida esterna, assicuratami da quattro illustri maestri dell'epoca, quali erano gli avvocati Giuseppe Acquaviva, Antonio Altamura, Antonio Cofano e Vittorio Rochira, che mi furono prodighi di consigli e suggerimenti professionali, e alla memoria dei quali mi è doveroso ora rendere omaggio. II – I MIEI MAESTRI Avv. Cav. di Gr. Croce GIUSEPPE TURI (1882/1942) Appena conseguita la laurea, mi recai a salutare l'Avv. Giuseppe Turi, che mi conosceva perché compagno di studi del figlio Gigino, e suocero di mio fratello Avv. Giuseppe, in quel periodo alle armi quale ufficiale dei Carabinieri. L'incontro fu davvero «esaltante». Più che informarsi del mio «passato», egli volle frugare nei miei propositi «futuri». Era l'estate dell'anno 1940: da pochi giorni era stata dichiarata la guerra. Mi chiese di tenergli compagnia nella passeggiata serale al corso Due Mari. Mi parlò di tante cose, tutte belle ed entusiasmanti, sull'Avvocatura. La Città era già assoggettata all'oscuramento; il ponte girevole si avviava all'apertura serale quotidiana per il passaggio delle navi da guerra. Venni colto da un senso di tristezza, e mi permisi di esprimere alcune «perplessità» circa il futuro della libera professione, dato il prevedibile lungo stato di guerra. Egli mi redarguì, con una frase storica per quei tempi:"L'Italia non perderà la guerra, ed il sole tornerà a splendere sui Colli fatali di Roma". Ne venni incoraggiato, al punto che dopo pochi giorni la mia «bussola» si incantò, nel segnare marcatamente la via della «libera professione». Ebbe così inizio la pratica professionale quotidiana, e col Suo certificato, rilasciatomi in data 10 ottobre 1940, ottenni l'iscrizione nel Registro dei Praticanti. Dai Suoi discorsi, dai rilievi culturali attinenti a questioni di diritto, dalla lettura e lo studio dei fascicoli delle cause trattate dal Suo Studio, mi resi subito conto dell'ampiezza che veniva offerta alla mia entusiastica applicazione, per tutti i rami del Diritto, da quello civile a quello penale, commerciale ed amministrativo, sotto la Sua direzione! Purtroppo, l'immatura scomparsa di tale Maestro (avvenuta nel novembre 1942) mi pose davanti alle grandi responsabilità per la conduzione dello Studio, onde riuscii a trovare conforto ed aiuto, nell'istituzione di una vera e propria «associazione professionale itinerante», con l'aiuto di altri Maestri, alla memoria dei quali rinnovo i sensi della mia gratitudine! Il resto, è storia della mia vita. Comm. Avv. VITTORIO ROCHIRA (23 maggio 1873 / 31 gennaio 1954) Si laureò presso l'Università di Napoli il 19 luglio 1895, poco più che ventenne, e successivamente si iscrisse per la prima volta all'Albo degli Avvocati presso la Corte di Appello di Trani. Con successiva domanda del 15 agosto 1896, per avvenuto cambio di residenza, chiese l'iscrizione all'Albo di Tarante, concessa con delibera del 18 settembre 1896. Prestato il giuramento di rito, iniziò in questa sede «naturale» la sua brillante attività professionale forense; anche nell'ambito familiare, perché figlio di un illustre giurista e parlamentare, quale era suo padre, l'On.Ie Avv. Francesco Rochira: civilista di chiara fama, che aveva avuto il suo primo studio in questa Piazza Castello, poi trasferito nel palazzo padronale di via d'Aquino 144, ove il giovane Vittorio si insediò, con manifesta personalità operativa, nell'esercizio della professione forense. E così lo Studio Rochira, con finestrone sulla via D'Aquino, divenne la sede accogliente in cui moltissimi avvocati, anche professionalmente maturi, si recavano per utile consultazione, in aiuto alla soluzione di problemi professionali di notevole importanza e delicatezza. Il caro don Vittorio nel 1936, appena sessantenne, decise di cancellarsi dall'Albo, senza sospendere tuttavia la sua attività professionale, per le consultazioni «a studio», e per i conseguenti validi «pareri». Egli pertanto continuò ad essere il Maestro per numerosi colleghi, nella veste di autorevole «consigliere», finché la sua vita non venne condizionata dall'affetto «paterno». Infatti, con domanda del 9 marzo 1940, chiese di essere reiscritto nell'Albo degli Avvocati con una «toccante» motivazione, affermando testualmente di farlo "perché vuole avviare ed assistere suo figlio Umberto che deve iniziare la sua professione forense" (II caro Umberto, infatti, appena libero dai doveri militari della guerra in atto, a sua volta si iscrisse al nostro Albo, in data 25 febbraio 1946). Don Vittorio, quindi, riprese in pieno anche l'attività giudiziaria forense, lasciando sempre più le tracce del suo sapere, della sua intelligenza e della sua personalità civile e sociale. Così anch'io, da giovanissimo esercente, ebbi la necessità e la fortuna di avvicinarlo, proprio a pochi mesi dalla mia iscrizione all'Albo, allorché anche il titolare dello studio che frequentavo, l'Avv. Giuseppe Turi (illustre esercente la nostra professione, specialmente nel settore del Diritto Amministrativo ed in quello Penale) mi delegò ad ascoltare il parere di don Vittorio su una questione professionale molto delicata. La sua figura quasi mi estasiò. Sembrava un vecchio «pater familias» togato, con un sorriso permanente che infondeva confidenza, ed assicurava persino «protezione». Fu davvero il mio valido primo maestro-collaboratore, allorché mi assunsi il compito di continuare a reggere, sulle mie giovanili spalle, uno studio legale di notevole importanza, quello dell'Avv. Giuseppe Turi, che nell'ottobre dell'anno 1942 venne prematuramente a mancare in occasione di un «banale» intervento chirurgico subito a Roma. Don Vittorio comprese il mio stato d'animo, e mi incoraggiò quasi quotidianamente, con i suoi consigli, come un figlio, assicurandomi tale meraviglioso rapporto anche quando, dopo poco tempo, il caro Umbertino si liberò degli obblighi militari di guerra, ed iniziò la sua attività professionale (con affetto fraterno nei miei confronti), sotto la comune «protezione» di un vero e proprio padre comune! Ancora oggi, a distanza di tanti anni, la figura di don Vittorio Rochira, nel mio costante ricordo, si erge in tutta la sua grandezza! Grazie don Vittorio, GRAZIE! Avv. ANTONIO ALTAMURA (1893-1970) Laureatesi giovanissimo nell'anno 1917, col massimo dei voti, dopo un ottimo «cursus» universitario a Napoli, si avviò subito alla professione forense, cominciando con un periodo di pratica svolto presso lo studio dell'Avv. Vittorio Rochira. Superati gli esami di procuratore, venne iscritto all'Albo nel novembre 1919, dedicandosi ben presto, e con preferenza, alla avvocatura penale. Fu un vero Maestro! Aveva un'oratoria tutta personale, e densa di spiritualità partecipativa alla vicenda di cui si occupava. Il suo dire scorreva sempre nitido, consequenziale e denso di riferimenti ai principi generali di Diritto, per passare poi all'analisi dettagliata del fatto e delle prove. Una oratoria quasi colloquiale, come personalmente diretta al giudice, al quale egli chiedeva «attenzione», «comprensione», e «senso di responsabilità». La stima, l'ammirazione e l'affetto conseguiti nella lunga «milizia penalistica» erano sinceri e meritatissimi. Nei rapporti con i colleghi sapeva dosare il suo comportamento in maniera cordiale, ed in termini costanti di correttezza. Tutti gli volevano un gran bene, ed eravamo lieti di intrattenerci con lui, attratti dal suo «spirito» talvolta anche ironico, ma sempre sincero ed amico: sempre pronto a dare il suo autorevole consiglio. Un altro celebre penalista dell'epoca, l'Avv. Genuzio Bentini di Bologna, in un processo che si discuteva in Corte di Assise (ove noi ci recavamo ad assistere, per apprendere dai nostri «maggiori»), disse testualmente che egli veniva sempre con piacere a Tarante, ma anche col «timore» di misurarsi con l'abilità di Antonio Altamura! Per noi giovani, l'occasione di ascoltare entrambi in una dotta e piacevole dialettica, assicurava oltre che un insegnamento anche un vero diletto! L'oratoria di un altro Maestro, quale era l'Avv. Agilulfo Caramia, con l'incedere dell'oratoria moderna, pur confermando toni di elevata cultura e di efficacia, cedeva lentamente il posto ad un altro stile, che avanzava a grandi passi ed avviava alla nuova tecnica anche altri valorosi ed illustri colleghi, quali furono Pietro Diasparro, Giuseppe de Palma, Adolfo Cuzari, Mario Bruno Fornaciari: tutti pervasi dall'entusiasmo della nuova oratoria forense introdotta da Antonio Altamura. Don Antonio Altamura fu anche l'applauditissimo oratore ufficiale nella prima cerimonia del conferimento delle Toghe d'Oro, che ebbe luogo nell'ampia Aula della Corte d'Assise al Palazzo degli Uffici, nel gennaio 1960. Per quanto attiene ai miei rapporti personali con don Antonio Altamura, essi furono sempre da discepolo a maestro, e con l'avanzare degli anni da rispettoso collega, fiducioso nella stima e nell'affetto del Maestro; mi fu costantemente prodigo di consigli e di guida nell'esercizio della professione penale, per me saltuaria e raramente esercitata. Mi vale, però, un doveroso ricordo, quasi storico, allorché mi toccò di assistere la parte civile in un processo penale in Tribunale, nel quale si esaminava la posizione di responsabilità di un mio carissimo amico (decorato anche di medaglia d'oro al valore militare) per un delitto colposo dal quale venne poi assolto! Il mio disagio confinava, quasi, con l'amarezza. Don Antonio, col quale esaminammo lungamente la vicenda, apprezzando i miei sentimenti di disagio che stavano per indurmi ad abbandonare la difesa della parte civile, finì col consigliarmi di «resistere» e di non abbandonare il mandato affidatomi; suggerì di utilizzare, nella discussione orale della causa, espressioni accusatorie «indirette», riportandomi a quelle... della pubblica accusa, e scaricando così la tensione del mio rapporto personale... avvelenato. Avv. ANTONIO COFANO (1905/1976) Nato a Martina Franca, frequentò gli studi universitari a Napoli, ove si laureò nel 1927, e si affermò subito come «una nuova leva» nel campo forense per le sue particolari doti di preparazione professionale e culturale in genere, e dotato anche di spirito dialettico di grande efficacia. Iscritto all'Albo di Taranto il 19 dicembre del 1929, cominciò ad esercitare in Martina Franca, ma successivamente, finita la guerra, si trasferì a Tarante (ove aveva già frequentato gli studi legali più affermati), dando subito segni evidenti di autonomia operativa. Le sue particolari doti oratorie lo portarono subito verso l'affermazione nel campo del diritto penale; successivamente egli si dedicò quasi esclusivamente al campo civilistico, ed in particolare a quello del diritto commerciale, che, proprio per effetto delle riforme in quegli anni sopravvenute, si andava affermando come settore di attività professionale che richiedeva, appunto, particolari doti di riflessione, attenzione (anche tecnica) e validità espositiva; doti che Egli mostrava di avere. Per noi giovani, che in quegli anni ci avviavamo impegnativamente alla professione. Tonino Cofano rappresentava un punto di riferimento, anche per la evoluzione storico-sociale del Paese, che richiedeva particolari doti di cultura e di applicazione alle nuove esigenze della società, avviata - nel settore dell'amministrazione della Giustizia - all'uso delle nuove regole processuali. Tonino Cofano, perciò, potè subito impegnarsi nella esaltazione di un responsabile «modernismo». Egli, inoltre, si appalesò anche attento studioso degli istituti giuridici che avevano caratterizzato, nei secoli, la vita delle nostre popolazioni. Si dedicò, quindi, agli studi di storia patria, con ovvia predilezione per la sua Martina Franca, con varie pubblicazioni che esaltavano lo sviluppo storico, politico, sociale ed anche economico della città. Coglieva ogni occasione per parlare con entusiasmo della storia della Magna Grecia, ed era un... propagandista culturale della «Lex Municipi! Tarenti», solennemente definita come la "proiezione del diritto romano nella vita delle nostre Terre!". Per parte mia, nelle ripetute frequentazioni del suo studio, ove mi recavo per pregarlo di «aiutarmi» con i suoi suggerimenti per una valida prestazione del mio patrocinio, lo trovavo sempre disponibile e paziente. Ricordo, fra l'altro, che in occasione di un «aiuto» relativo ad una delicata e... rischiosa vicenda giudiziaria di carattere economico-commerciale (che impegnava personaggi di rilevo della vita imprenditoriale della nostra città), egli mi pose una serie di quesiti, in fatto ed in diritto, che richiesero vari giorni di studio; ed alla fine, a chiusura della «consultazione», mi predispose, a mezzo di un «grafico», la successione espositiva logica e giuridica da utilizzare nella redazione degli atti difensivi e conclusivi della causa. Il risultato fu un vero successo, con una vittoria strepitosa, della quale il caro Tonino doveva rivendicare i... diritti di autore! I suoi validissimi consigli caratterizzarono per vari anni i nostri rapporti, ed alla fine conquistai pure la sua affettuosa simpatia. Anche per lui, quindi, il mio commosso e grato ricordo! Avv. GIUSEPPE ACQUAVIVA (1905/1991) Si laureò all'Università di Pisa nel 1927, discutendo una tesi su "La deroga al principio della cognizione, in materia di contratti fra lontani; saggio per una nuova interpretazione dell'art. 36, 1° cpv., del Codice di Commercio". Superati anche gli esami di procuratore legale, viene iscritto all'Albo di Tarante il 1929, con delibera adottata da insigni esponenti del Foro Tarantino, e cioè l'On.le Leonardo Mandragora, l'Avv. Giovanni Sparlerà (poi nominato Podestà), l'Avv. Ignazio Luccarelli (fondatore e Direttore di una rivista giuridica localizzata nel territorio della Corte d'Appello). Successivamente, con delibera del 6 aprile 1935, adottata dal nostro Consiglio presieduto da Alessandro Criscuolo (illustre e «storica» personalità nel campo dell'Avvocatura tarantina) nonché dall'Avv. Armando Callari (anch'egli poi Podestà) e dall'Avv. Goffredo Santovito, viene iscritto all'Albo degli Avvocati. Il giovane professionista si inserisce ben presto nel «corpo operante» del Foro di Taranto, oltre che per una salda cultura giuridica, anche per le sue particolari doti di docente, letterato, e onesto assertore e sostenitore di principi civili, religiosi e sociali in genere. Tali doti gli fecero conquistare una meritatissima simpatia (oltre che ammirazione), e dopo un lungo esercizio professionale esemplare, gli venne conferita la «Toga d'Oro» nell'anno 1982, quale "civilista colto e acuto. Vice Pretore Onorario, Docente di materie giuridiche. Amministratore Pubblico oculato, onesto e stimato". Di lui si è scritto e detto tanto, ma non tutto. Per me, che ebbi la fortuna di conoscerlo in giovanissima età, quando ero appena all'inizio degli studi ginnasiali, la sua figura mi «toccò» per il suo fare affettuosamente fraterno e per la cultura progressiva, che istillava nel solo conversare con lui. Estese, infatti, anche a me (spiritualmente) la sua parentela verso il nipote Giannino Acquaviva, mio compagno di studi, ininterrottamente, dal primo ginnasio alla laurea! E fu proprio in occasione del periodo in cui mi preparavo a sostenere gli esami di laurea, nell'anno 1940, che egli mi fu prodigo di suggerimenti, di consigli e di affettuosa vigilanza sulla corretta realizzazione della mia tesi. Particolare interesse Egli, fra l'altro, mostrava di avere per una tesi originale, con un titolo anche latino (come a lui era tanto gradito), quale "II Principio delle «Actiones Libe-rae in causa», e l'applicazione del Codice fonale vigente". In occasione di tali incontri preparatori (in cui mi fu largo di consigli e di utili suggerimenti) egli volle mostrami il testo della sua tesi di laurea, nella quale largheggiavano, appunto, appropriati richiami di autori storici latini, da lui indicati nel suo lavoro. E da dichiarato... latinofilo, mi fece rilevare che, proprio a chiusura del suo lavoro, egli, affermando la sua modestia, diceva di essere soddisfatto del suo lavoro per l'impegno profuso, e che in fondo "in arduis, voluisse sat est!"Nel medesimo periodo conclusivo dei miei studi universitari, egli mi preparò a redigere la «tesina» in Diritto Processuale Civile, aiutandomi a compilare un testo che venne largamente apprezzato dal relatore prof. Siciliani, e contribuì al brillante superamento degli esami di laurea il giorno 5 giugno 1940! Conseguita la laurea, ed ottenuta la iscrizione all'Albo dei Procuratori, non persi più di vista il mio Maestro, utilizzandolo frequentemente per consigli operativi nell'esercizio della professione, per oltre trenta anni! Egli mi riceveva nel suo studio, con affettuosa pazienza, e leggeva con me le carte processuali sulle quali chiedevo il suo valido consiglio. A conclusione di queste note storicamente affettuose e devote devo richiamare una occasione di particolare importanza, in cui l'aiuto di Don Peppino Acquaviva fu essenziale perché io potessi affrontare, nell'anno 1958, il compito di difesa in un giudizio davanti alla Corte Costituzionale. Per vari anni, la cronaca di Tarante aveva parlato della "famosa Eredità Vinci", che riguardava il nostro Ospedale Civile; l'Avv. Acquaviva, come me, difendeva vari aspiranti alla partecipazione alla controversa eredità. La causa si trascinò per vari anni davanti agli Organi Giudiziari di Tarante e di Lecce, e l'Aw. Acquaviva, in tale occasione, profuse la sua dottrina e l'abilità professionale nell'interesse dei suoi assistiti, che alla fine definirono transattivamente ogni pendenza. Per le parti da me rappresentate, invece, vi fu un seguito davanti alla Corte Costituzionale, per rimessione della causa a mezzo di ordinanza del Presidente Ridola. La vicenda mi appassionò e mi impegnò; ma avevo bisogno di essere sorretto, in un procedimento che allora si realizzava per le prime volte. Don Poppino mi fu di valido aiuto, ponendo a mia disposizione oltre che una serie di suggerimenti e di consigli, anche tutto il materiale dottrinario e giurisprudenziale da lui largamente elaborato nelle precedenti fasi del giudizio. La difesa, davanti alla Corte Costituzionale, venne affidata dai clienti, oltre che a me, al noto costituzionalista conterraneo Avv. prof. Giuseppe Chiarelli (poi divenuto presidente del detto Supremo Collegio) il quale, nell'esaminare con me, nelle varie sedute nel suo studio in Roma, tutto il materiale raccolto, prestando una particolare attenzione agli scritti dell’Avv. Acquaviva, ed utilizzando, per richiamo, il materiale dello stesso, se ne uscì con una spiritosa battuta che esprimeva una meritata valu-tazione di quanto già operato dal collega: "Speriamo che l'Avv. Acquaviva non richieda... i diritti di Autore!" Riferii ogni cosa a Don Poppino, il quale ne rimase giustamente soddisfatto e telefonicamente ringraziò il prof. Chiarelli per il suo autorevole apprezzamento. La causa non ebbe esito positivo, perché la vicenda incappò in una norma fiscale/amministrativa che non ne consentiva la favorevole soluzione. Rimase, per tutti, la grande soddisfazione di essere giunti a trattare la causa davanti al Supremo Collegio Costituzionale! Per me si aggiunse il piacere di ricevere, in occasione della discussione davanti alla Corte, il saluto ed il compiaciuto ricordo di un Giudice Costituzionale che faceva parte del Collegio: il prof. Avv. Biagio Petrocelli che, quale Rettore dell'Università di Bari e Docente di Diritto Privato nell'anno 1940, fu proprio il Relatore della mia tesi di Laurea! Che meravigliosa sintesi di ricordi e di commossa rievocazione! Caro Don Poppino, avrei ancora tante cose da dire e da ricordare per i nostri lunghi anni di rapporti, affettuosi ed utili per la mia attività professionale. Devo fermarmi, e con ancora viva commozione devo ricordare la parole che Ti rivolsi «inaudita altera parte» nel porgerti l'ultimo saluto nel maggio di dieci anni orsono; "Ora Don Poppino esce dalla scena della vita terrena, ma noi tutti, che lo amammo, continueremo a vivere nella luce del suo spirito, ed Egli continuerà ad essere con noi". "Ex abundantia cordis", caro Don Peppino, "Non oblivi-scar sermones Tuos". E questo scritto ne è la conferma. III - I PRIMI RAPPORTI PROFESSIONALI. L'INCONTRO CON IL SOSTITUTO PROCURATORE SCALFARO A NOVARA... - Allora il Tribunale era al Palazzo degli Uffici... - Di questo volevo appunto parlare. E devo confessare con una certa nostalgia, forse dovuta all'età. Di quell'imponente palazzo, soltanto una minima parte era destinata a sede del Tribunale, della Procura, della Pretura, della Conciliazione e, in ancor minima parte, a sede dell'Ordine degli Avvocati. Unico luogo di particolare ampiezza e solennità, era l'aula della Corte d'Assise nella quale, poi, ma ne devo parlare più avanti, nel 1960 venne tenuta la prima, solenne cerimonia della consegna delle «Toghe d'oro». Com'è noto, invece, notevoli parti dello storico edificio vennero adibite a sedi di Istituti scolastici (tra cui il glorioso Liceo Ginnasio Archita), ad uffici di Polizia Municipale, a Biblioteca Comunale (con Vito Forleo direttore!), a sedi di associazioni combattentistiche e anche ai lussuosi locali del Gran Caffè Greco, sito tra via D'Aquino e piazza Mastronuzzi (poi Archita). In effetti, quindi, l'attività giudiziaria si svolgeva tutta nello sviluppo (all'ultimo piano) di un quadrilatero avente i lati di poche decine di metri, lungo i quali erano ubicati gli accessi ai vari uffici. In due degli angoli erano sistemate le aule di udienza del Tribunale, ben ampie ma molto modestamente arredate. Nel terzo angolo erano allocati gli uffici della Procura; nel quarto angolo erano ubicati gli uffici di dirigenza della Pretura. Le varie Cancellerie erano distribuite lungo i quattro corridoi, in uno dei quali troneggiava il Casellario Giudiziario. Una grande sala, infine, veniva utilizzata per le udienze della Pretura e della Conciliazione. La Presidenza del Tribunale, infine, era sistemata al centro di uno dei quattro lati suddetti. L'Ordine degli Avvocati aveva la sede in tre stanze, di cui Palazzo degli Uffici agli inizi del XX secolo due destinate a sale per gli avvocati, e la terza utilizzata per la segreteria dell'Ordine e per le riunioni del Consiglio. In tutti questi uffici operavano magistrati, dei quali ricordo ancora i nomi e le figure, oltre che cancellieri ed ufficiali giudiziari cui ancora oggi mi legano vivi ricordi della loro disponibilità, del reciproco rispetto, ed anche di amicizia. Non è possibile non ricordare figure - dell'epoca - di magistrati insigni quali il presidente De Russis, il presidente Claps, il pretore dirigente Melucci, i giudici Bernardini, De Cicco e Palminteri che avevano con gli avvocati, anche giovani, quotidiani rapporti di reciproca considerazione e persino confidenza. Super amici il cancelliere Viglione (padre del collega Raffaele), l'ufficiale giudiziario Sangirardi, e l'impareggiabile Umberto Massafra (addetto all'Ufficio del Presidente del Tribunale) il quale, specialmente a noi giovani, assicurava la sua collaborazione per il corretto, puntuale e rapido adempimento dell'attività processuale civile. Così come ricordo il procuratore Penta, il sostituto Alessandro Di Biase, i segretari e cancellieri Greco, Cugini, Galbiati e Graverò. I rapporti con tutti i magistrati e funzionar!, si sviluppavano giorno per giorno, con particolare attenzione verso noi giovani, che, talvolta, eravamo terrorizzati per qualche eventuale omissione, o ritardo, nel corretto compimento degli adempimenti di legge. Ed era quel «quadrilatero» che ci consentiva, nei suoi corridoi, di incontrarci anche più volte al giorno con i colleghi anziani dai quali riuscivamo ad avere affettuosi suggerimenti e consigli, quasi improvvisati, per le esigenze di giornata; a parte - ed oltre - gli insegnamenti più meditati e dettagliati, che particolarmente alcuni illustri colleghi, ci assicuravano anche fuori dei corridoi del Tribunale, nel loro studio, ogni qualvolta ne avevamo bisogno. Non parliamo, poi, della emozione che ci pervadeva quando nei corridoi accadeva di incontrare avvocati quali Caramia, Fighera, Spartera, Santo vito, Picaro (padre), De Gennaro, De Cesare, Pietro Di Mase, Silvio Di Palma, nei confronti dei quali ci entusiasmava anche il solo reciproco saluto! Questo era l'ambiente topografico e personale nel quale, noi giovani, ci sforzavamo di inserirci giorno per giorno con l'ambizione di consolidare la nostra preparazione professionale all'ombra dei grandi! Ogni pagina dell'Albo dell'epoca, ancora oggi, nello scorrerlo, ci sollecita ricordi e sentimenti di gratitudine e di Udienza di Corte d'Assise nel Palazzo degli Uffici (anni '30 del XX secolo) devozione verso chi, quasi paternamente, ci guidò nel processo di accrescimento della nostra preparazione per il miglior rendimento della professione! - Se ricordo bene, in un'altra occasione, come dire, amichevole, mi raccontasti di una circostanza che, appena cominciasti a fare l'avvocato, ti diede occasione di incontrare un certo personaggio. - Sì e mi piace rievocare quella circostanza anche ora. Mia sorella Lucia, da qualche anno, viveva con i suoi primi tre figli a Novara, dove il marito prestava servizio quale ufficiale effettivo dell'Esercito. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, come è noto, gli Ufficiali in S.P.E. si videro costretti (per poter vivere) a continuare a prestare servizio nella Repubblica Sociale, salvo quelli che riuscirono a disperdersi sulle montagne, organizzando le prime squadre dei Partigiani, particolarmente nella zona della Valdossola. Anche mio cognato, per alcuni mesi, abbandonò il proprio reparto finché non si vide costretto, per poter mantenere i suoi, a riprendere servizio, anche perché nel frattempo la famiglia era aumentata di numero con la nascita del quarto figlio. Per quasi tutto l'anno 1944 non ricevemmo loro notizie salvo una sola volta, a mezzo di un «prezioso» messaggio della Croce Rossa. Soltanto dopo gli avvenimenti del 25 aprile 1945, verso la fine del mese di maggio, venimmo avvisati da un ufficiale che aveva prestato servizio in Novara con mio cognato (riuscito a fuggire ed a raggiungere la propria famiglia in provincia di Brindisi), che quasi tutti gli ufficiali in servizio a Novara (circa duecento), erano stati arrestati e sistemati in una caserma del luogo, in attesa di «accertamenti» nei loro confronti! La notizia, per quanto lieta, per averci confermato la «esistenza in vita» dei cari congiunti, ci allarmò e ci angosciò per tutte le altre notizie che pervenivano dal nord. Non potendo disporre dei miei fratelli maggiori, entrambi impegnati nel servizio militare in «zone di operazioni», decidemmo, io e il mio fratello minore Francesco, di correre la «grande avventura» per liberare mio cognato, e riportare l'intera famiglia a Tarante. Fu così che, verso i primi del mese del giugno 1945, apprendemmo che una ditta di autotrasporti di Tarante già da qualche giorno aveva istituito, fra la nostra città e Milano, un cosiddetto «servizio» di scambio di merci (ma in verità per facilitare il rientro a casa di famiglie tarantine... sbandate nelle regioni del Nord!) ed effettuava periodicamente viaggi per Milano. Decidemmo di utilizzare tale servizio (consistente nella sistemazione sulle casse che contenevano mercé destinata a Milano), e per circa due notti e tre giorni affrontammo il viaggio per il capoluogo lombardo, ove giungemmo la mattina del 9 giugno 1945. La città viveva ancora le storiche giornate della uccisione dei gerarchi fascisti, della fine della guerra, e della iniziale ripresa delle attività cittadine, davvero «sconvolte» dai recenti avvenimenti* II nostro autocarro, targato ovviamente TA, risultava «segnalato» ai comandi militari della città, anche perché i «badogliani», quali noi venivamo definiti, non erano ritenuti graditi ai cittadini della metropoli lombarda. Per parte nostra, invero, eravamo muniti soltanto di una lettera autografa del carissimo nostro mons. Motolese, il quale ci presentava e ci «raccomandava» al vescovo di Novara! La sera stessa dell'arrivo ci recammo nella sede vescovile, dove venimmo subito ricevuti dal segretario del Vescovo: un giovanissimo sacerdote che mostrò di interessarsi alle nostre vicende, e ci assicurò che il Vescovo, un barbuto francescano, ci avrebbe ascoltati appena avesse finito di consumare la cena in compagnia del Comandante dell'Amministrazione Militare Alleata che operava in Novara: un giovane ufficiale inglese, che poco dopo ci fu anche presentato al momento dell'incontro. Entrambi si profusero in espressioni di ammirazione... per il nostro «coraggio» nella operazione che stavamo compiendo. L'ufficiale, che parlava bene l'italiano, fu anche lui prodigo di comprensione e di promesse. Infatti, dietro suo appuntamento, il giorno successivo ci recammo nel suo ufficio dove fummo ricevuti quasi «con gli onori militari» da parte del personale. La vicenda ebbe subito un bagliore di chiarezza e di favorevole sviluppo. Infatti l'ufficiale, dopo aver consultato «attentamente» il voluminoso «schedario» di cui disponeva, ci confermò che il nome di mio cognato non vi era contenuto. La circostanza aprì il primo spiraglio di serenità, anche se ci venne comunicato che ogni successivo provvedimento, ai fini della liberazione del «carcerato», doveva essere ratificato sia dall'Autorità Giudiziaria del capoluogo, che dal Comitato di Liberazione Provinciale. Il Vescovo, nell'accomiatarsi da noi la sera precedente, ci aveva tranquillizzati dicendoci che egli pure avrebbe prospettato favorevolmente il caso al dott. Scalfaro, giovane sostituto della Procura di Novara, a lui legato da sentimenti di devozione quale attivo esponente della locale Azione Cattolica. Ci autorizzò quindi ad incontrarlo nel suo ufficio, porgendogli i suoi saluti e pregandolo di prospettare favorevolmente il caso in seno al Comitato di Liberazione, di cui egli era parte attiva. Mio cognato, intanto, era stato avvertito della nostra presenza dalla moglie, che giornalmente si recava al «carcere» per portare il cibo... al detenuto. Nei due giorni successivi, la posizione che ci interessava venne verificata e confermata favorevolmente, sia presso la magistratura che presso il Comitato di Liberazione, in quanto nei confronti di mio cognato non esistevano «segnalazioni ac-cusatorie», e il dr. Scalfaro ce ne dette personale conferma, facendoci prevedere come favorevole e rapida la conclusione della vicenda, con la liberazione del detenuto. In tale incontro, il giovane dr. Scalfaro fu molto premuroso nell'interessarsi del caso, e con lui avemmo anche un breve scambio di ricordi recenti della nostra comune partecipazione all'attività dell'Azione Cattolica, ricordando insieme Gedda, Iervolino, Mons. Sargolini, ed anche altri dirigenti della nostra comune organizzazione. Seguì, nella stessa mattina, un colloquio a livello professionale col giovane Reggente della Procura presso il Tribunale di Novara, col quale avemmo anche occasione di parlare di un comune amico (e suo collega), il giudice dr. Cesare Palminteri che pure aveva, nei mesi precedenti, operato nelle strutture della Resistenza. La vicenda si concluse nella tarda mattinata, ed il mio primo... timido ed... agitato intervento professionale si definì con la liberazione di mio cognato: uscimmo dal carcere, quasi trionfalmente, ed anche militarmente... salutati dalle sentinelle e dai carabinieri, muniti della storica fascia-bracciale di M.P. Tutto sommato, la vicenda consentì al dott. Scalfaro di esercitare, ante litteram, quasi un potere di concessione di... grazia, dopo vari anni a lui più solennemente ed ampiamente conferito quale Presidente della Repubblica. La vicenda, sotto il profilo professionale, mi consentì di assaporare non tanto il piacere di un successo, quanto l'esercizio di un dovere per la liberazione di un innocente! La famiglia di mia sorella, dopo breve tempo, potè rientrare a Taranto... in regime di piena ed assoluta libertà. - Senti, facciamo una breve sosta, se sei d'accordo, perché codesta tua passione per la toga, che evidentemente ti è rimasta intatta nonostante i molti anni trascorsi e vissuti nelle tante aule giudiziarie che hai frequentate, viene da lontano. Non a caso vuoi dare a questo libro il titolo "DAL PRITANEO ALLA CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA" che è un po' non la storia che sarebbe presunzione definire tale, dell'amministrazione della giustizia a Tarante, ma un libero excursus nel tempo, che comincia (come sappiamo) dalla Magna Grecia. Il Pritaneo, infatti... - Sì, ne parliamo, come no, ma solo per sommi capi, come giustamente dici tu, altrimenti altereremmo l'idea che ci siamo prefissi nell'impostazione di questa pubblicazione. Vestigio della Tarante magnogreca: le colonne doriche in Piazza Castello. Sullo sfondo il Palazzo Municipale (foto di R. Cofano) IV - IL PRITANEO, LA LEX MUNICIPI! TARENTI, IL PALAZZO DEGLI UFFICI... Sul Pritaneo le fonti non sono univoche, ne hanno scritto in tanti, da Strabene al Gagliardo, non si sa bene neppure dove fosse, se dove fu poi costruito il convento di San Domenico (De Vincentiis), oppure nella zona del Palazzo degli Uffici. I greci, invece, sanno con certezza che il loro Pritaneo era nell'Agorà. Era la sede dei Pritani, cioè un'assemblea popolare fatta di consiglieri, che ogni giorno eleggevano tra di loro un presidente al quale era affidato il sigillo dello Stato e la chiave dell'Erario. Secondo altre fonti, il Pritaneo era la sede del Foro Civile, si amministrava la Giustizia. Ardeva, in quel recinto, un celebre candelabro che Dionisio il Giovane aveva donato ai tarentini, e che aveva tanti becchi quanti erano i giorni dell'anno. Tutto cambiò, poi, quando Tarante e Roma si concertarono in qualche modo su un piano di parità giuridica e amministrativa. Da città libera qual era ai tempi della Magna Grecia, Tarante divenne civitas foederata, pur conservando una notevole autonomia politica e amministrativa. Arriva così il tempo (siamo attorno al 90 avanti Cristo) della Lex Municipii Taren-ti. Luigi Viola riuscì a ritrovare, mercé gli scavi eseguiti nella zona di Solito, sei frammenti bronzei, portati poi nel Museo Nazionale di Napoli. Quella legge fu ricostruita ed esaminata da eminenti studiosi, dal Mommsen allo Scialoia: in essa vi erano norme che esprimevano concetti ancora attuali di democrazia, dell'uso legittimo dei poteri statuali e di «limitazioni» comportamentali degli amministratori della res publica a garanzia del rispetto dei diritti generali, ma anche di quelli individuali dei cittadini. Si può così individuare quasi una continuità concettuale, tra la giustizia amministrata al tempo del Pritaneo, e quella contenuta nella Lex Municipii Tarenti, almeno per quanto attiene l'affermazione della prevalenza degli interessi pubblici suquelli privati. La "pecunia publica" veniva definita "sacra et religiosa". Docet ancora, quella Lex! - Perfetto, ma sintetizza... - D'accordo, non senza però fare un cenno a Federico II di Svevia il quale, com'è noto, dimostrò di avere un particolare e valido interesse per l'amministrazione della Giustizia. Egli infatti realizzò un vero e proprio «corpo organico» di leggi, che cominciò a promulgare sin dal 1231 con palese ispirazione al diritto giustinianeo, in prevalenza nel settore processuale. Tale impostazione dottrinaria ed operativa nel campo del Diritto facilitò ed oriente le successive normative di legge, anche per quanto riguarda Tarante, fino alle realizzazioni conseguenti all'Unità d'Italia. Il Mezzogiorno, pertanto, rimase lungamente sottoposto alla struttura centralizzata della Corte d'Appello di Trani che, ancora nel 1861, rappresentava il vertice del potere giudiziario, quale unico distretto di Corte d'Appello avente giurisdizione sui circondar! di Bari, Lecce, Lucera, Tarante e Trani. Infatti, soltanto con il Regio Decreto di Vittorio Emanuele II del 20 novembre 1881 venne effettivamente realizzata l'istituzione del Tribunale di Tarante. Successivamente, con il Regio Decreto del 24 marzo 1923 n. 601, intervenuta l'istituzione della Corte d'Appello di Bari, il nostro Tribunale passò sotto la nuova giurisdizione, unitamente ai Tribunali di Bari, Foggia, Lecce, Tarante e Trani. All'inizio, il nostro Tribunale aveva cominciato a funzionare in una sede posticcia nella città vecchia. Bisognò attendere il 28 giugno 1896, giorno in cui venne inaugurato il Palazzo degli Uffici, per vedere il nostro Tribunale insediarsi in una sede decorosa, il che avvenne l'anno successivo, nel '97. Quando Alessandro Criscuolo, luminosa figura dell'Avvocatura tarentina, aveva tenuto il discorso d'inaugurazione del nuovo Palazzo degli Uffici, egli aveva preconizzato l'insediamento del Tribunale in tal edificio con la poetica, sua abituale, oratoria: "Abbia qui Temi, virago eterna, degna sededi sé!". E fu in quella circostanza che l'insigne maestro, con la sua oratoria particolarmente colta ed efficace, definì la nostra Terra: "Patria di Leggi e di Studi, con solida e costante tradizione del pensiero giuridico"; ed a conferma di ciò egli volle ricordare: GIUSEPPE PISANELLI quale "giureconsulto altissimo, signore della parola, principe del civil giure"; DOMENICO ACCLAVIO quale "profondo studioso del Diritto e valido presidente della Corte di Giustizia in Napoli, oltre che Ministro, ai primi anni dell'800 "; GIUSEPPE DE CESARE "maestro nostro, e dotto amico dei responsi eterni di Roma latina e delle nuove leggi codificanti le pubbliche libertà della Terza Italia". L'oratore insigne, nel detto discorso, invocava tutti i rievocati "Grandi Giuristi" della nostra Tarante affinché "il raggio della loro anima ci sorregga sempre nell'arduo ministero della Toga, di questa Toga, onore nostro, nostra superbia e nostro vanto!"; e concludeva il suo discorso con un'invocazione che esprime l'esaltazione dei valori della cultura filosofica e giuridica; "Oh! Archita, filosofo, legislatore, elleno fra gli cileni, o padre nostro sapiente divinatore e buono. Tu oggi ritorni in mezzo a noi: l'ombra Tua torna che era dipartita". Parole di Criscuolo che proprio nell'anno successivo, il 12 gennaio 1897, essendo da poco avvenuto l'insediamento del Procuratore del Re dell'epoca, Avv. G. De Pirro, nel discorso di resoconto annuale dell'attività del Tribunale, rilevava che gli Uffici Giudiziari "avevano finalmente acquistato quella appariscenza esteriore di decoro, che contribuisce a mantenere il prestigio della Magistratura"; e poneva altresì in rilievo il fatto statistico che gli affari giudiziari trattati dal Tribunale erano decuplicati rispetto a quelli rilevati nei primi anni della sua attività. Questa era la sede del Tribunale in cui, come ho detto prima, mi avviai all'esercizio dell'Avvocatura, in tempi pur progressivamente più moderni, ma sentimentalmente sempre ispirati ai principi giuridici e morali insegnati dai detti grandi nostri Maestri. - Ora riannodiamo i fili del racconto da dove lo avevamo sospeso, vale a dire dalla ripresa delle attività forensi dopo la guerra: ultimi anni '40 e poi i '50. - Certo. Finita la guerra e archiviato anche il periodo armistiziale, nell'Avvocatura tarentina emerse una forte volontà di riprendere l'attività professionale. Erano passati gli anni durante i quali i corridoi del Tribunale erano frequentati da frettolosi avvocati in divisa militare perché ancora non in congedo. Le cancellerie e gli ufficiali giudiziari, abbandonate ormai le divise fasciste prescritte dal Regime (e mi torna alla mente un simpaticissimo corsivo scritto per una rivista dell'epoca dal grande avvocato Pietro Di Mase), avevamo tutti ripreso l'aspetto... borghese, sì che nei corridoi potevamo incontrare giudici e cancellieri spesso in toga ma quasi sempre in... tocco. - Scusa l'interruzione, ma mi incuriosisce l'accenno che hai fatto a un certo corsivo dell'Avv. Di Mase: non lo conosco, ce l'hai sottomano? - Come no, ma ti faccio ascoltare soltanto la parte che riguarda il presidente Francesco Claps: "...come può cancellarsi il ricordo del Presidente Francesco Claps, del nostro Tribunale - il Presidente per antonomasia -ancora e sempre vivo nel cuorf di tutti, per bontà, dirittura, sapienza giuridica? Lo vedemmo arrivare, una mattina, in uniforme estiva, il berrettone inverosimilmente calcato sulle orecchie, sulle maniche una pesante greca da Generale. Ci passò davanti, leggermente curvo, impacciato: non riuscì, lui così compito e bonario, nemmeno a rispondere al nostro saluto. Se ci avesse solo, non dico guardati, ma sbirciati, si sarebbe, ci saremmo scompisciati dal ridere.Si affacciò, per un attimo, sulla porta che dalla Camera di Consiglio dava nella sala di udienza e parve assorto a riempire l'immancabile pipetta di radica.Poi, venne a presiedere.Non guardò in faccia a chicchessia: tenne gli occhi costantemente volti al muro di fronte. E, per tutta la durata dell'udienza - si era, come ho già fatto intendere d'estate - si fece, ininterrottamente, vento col berretto, impugnando la visiera.E continuò ad agitarlo, lentamente, sul viso, anche mentre leggeva la sentenza: imbarazzo più...imbarazzante di quello nessuno avrà mai visto. Se ne andò, poi, a testa china, un po' curvo, col berretto nella destra, che ritmava la stanca andatura. Così, da quel giorno, tutte le volte che presiedè la udienza. Ma una vendetta, la vera, egli, forse, la covava. Diluviò, a mezza estate, tutta una notte e, dalle prime ore del giorno seguente piovve ad intermittenze. Quando, un po' dopo le 9, imboccai via D'Aquino (aveva ripreso a piovere), mi precedeva di poco un militare, in tenuta bianca, che arrancava, un po’ curvo. Mi sbaglio? Ma è, poi, lui? Il Presidente, questa volta col berretto in testa, si recava, puntuale come sempre, in Tribunale issando un capace ombrello. Davanti ai Magazzini D'Ammacco, un giovinastro, che affrontava la pioggia senza ombrello e alle scarpe del quale necessitava, dalla punta ai tacchi (o meglio al posto ove sogliono trovarsi i tacchi), l'urgente opera di un ciabattino, si fece animo e con piglio arrogante, commentò: toh!, un generale con l'ombrello! Il Presidente - con quella sua disinvoltura, che non sarà mai dimenticata! - si voltò e, serio nell'apparenza, avvertì: «Mi raccomando di non informarne il Ministro della Guerra, se no mi gioco i galloni». E proseguì: non più serio, no; sorridendo, ridendo anzi, tanto che gli occorse portare il fazzoletto alla bocca. E rideva ancora, quando, sulla soglia dell'androne che attraversa il Palazzo degli Uffici, lo raggiunsi per fare insieme la interminabile scalea del Tribunale. La storia senza data, non è Storia. 120 anni, circa, dalla morte di Napoleone; 60 o 70 dalle imprese gloriose di Molkein terra di Francia. Oltre 20 anni dalle gesta di Hindemburg sul fronte orientale e dalla battaglia dei laghi Masuriani. Non ricordo bene, però quanto tempo dal mancato duello del generale romano Mannaggia La Rocca coll'immortale spadaccino francese Thimegueur che ardeva di misurarsi con chiunque o vivo o morte di oltre Alpe. Sempre così: l'epopea si riaccende, fatalmente, a tratti. E dall'Iliade alla sapida rubrica (ricordate?) «In giro per il mondo» sulla Tribuna di 60 anni fa l'arguta prosa del pubblicista Rubichi, il generale Richel, fratello del Gigante della Curia Leccese agli umani è destino (ne sia lode ai provvidi Dei) oggi apprendere e gravemente erudirsi, domani, spensieratamente, ridere. Un poco, assai poco, ne convengo. Che di ogni giorno, di ogni ora, sono soltanto le lagrime. Ma si può sempre piangere, al mondo?" (da: «CALENDARIO GIUDIZIARIO DELLA CORTE DI APPELLO DI LECCE», anno 1953). - Molto bello, è un'autentica prosa verista. Riprendi, dunque. - Sì. Le udienze penali venivano metodicamente riprese, erano superaffollate anche perché si trattavano processi di scarsa rilevanza, relativi ai cosiddetti «incauti acquisti» perpetrati in danno degli Alleati e anche dello strascico dei processi penali conseguenti alla violazione delle leggi annonarie che avevano... martirizzato la popolazione per vari anni. Tale carico penale andò poi esaurendosi anche per effetto della provvidenziale amnistia per dar posto ad altro tipo di processi più importanti: in tale settore professionale presero a confermarsi i nomi di anziani penalisti e ad affermarsi quelli di giovani colleghi, divenuti poi noti e famosi anche in campo nazionale. Si aggiunsero poi tanti amici, come dire, forestieri i quali, libera-tisi dal servizio militare prestato a Tarante, decisero di approdare definitivamente ai lidi del Foro Tarantino. Tutti bravi, seriamente impegnati e largamente apprezzati: solo per citarne alcuni, voglio ricordare Enea Crucioli, Adolfo Cuzari ed il caro Enrico Palmi, tuttora validamente esercente. Anno 1946: viene a Tarante, a visitare la Piera del Mare, il Capo Provvisorio dello Stato De Nicola; a destra, nella foto, il Presidente della Fiera, l'Aw. Giuseppe Acquaviva. Anche altri, militari appena dismessa la divisa, si riversarono nei ruoli della Magistratura: Vincenzo Spataro e Nicolo La Bua, tuttora presentì nell'affettuoso ricordo di quanti potettero conoscerli ed apprezzarne le eccezionali doti di cultura e di umanità. Nel settore dell'attività civilistica, intanto, venivano avvertite le difficoltà operative a causa dell'eccessivo carico di tante riforme intervenute negli anni immediatamente precedenti, quali la riforma del Codice Civile dell'anno 1942; quella del Codice della Navigazione dello stesso anno, la Carta del Lavoro del '41, la riforma del Codice di Procedura Civile del 1940; La riforma del Codice del Fallimento nel 1942. Tutte riforme che, anche a causa dell'incidenza del periodo bellico, non avevano potuto avere una applicazione ne rapida ne facile per mancanza di strutture giudiziarie, gravemente compromesse dalla guerra. Tutte quelle riforme, cadute quasi «a bombardamento» sugli studi professionali operanti nel civile e nel commerciale, erano state accolte con simpatia ed interesse da noi giovani, ma quasi boicottate dagli avvocati più anziani, che vedevano nei nuovi riti processuali quasi violentati i princìpi di diritto civile e commerciale che fino ad allora avevano ispirato e caratterizzato la nostra professione «libera» da prescrizioni dittatoriali. In quel periodo di assestamento, molto giovò - unitamente a tante altre pubblicazioni di illustri maestri - quella del volume «Revocatoria ordinaria e fallimentare» scritta già nel 1946 dal nostro Pio Picaro, conosciuto e utilizzato proprio nel periodo di... adattamento alle riforme intervenute. Infatti, la suddetta materia come trattata da Picaro, veniva ad inserirsi validamente nella pratica operativa del nuovo Diritto Fallimentare. A questo proposito, mi piace ricordare che in occasione di uno dei nostri congressi nazionali, alcuni autori (tra cui il noto processualista Nicola Jaeger) appresa la mia appartenenza al Foro di Tarante, si espressero in termini di apprezzamento per il lavoro del nostro collega. Le Cancellerie del nostro Tribunale non erano ancora completamente attrezzate per le esigenze delle varie e complesse riforme, specialmente per il rischio della eventuale errata applicazione del torrente delle norme di applicazione. - E chi vi dava una mano? - Un memore ricordo, per gratitudine, mi è doveroso rivolgere da queste pagine a Mario Cugini e a Poppino Graverò (addetti, in quel tormentato periodo, alla Cancelleria Civile del Tribunale di Tarante), i quali elargivano valide indicazioni esecutive anche ad autorevoli avvocati civilisti che non disdegnavano la segnalazione. Per noi, giovani operatori, il tutto avveniva senza prevenzione ne boicottaggio delle nuove norme che trovavano in noi quasi un terreno fertile di operosità che valeva anche a conquistarci le simpatie dei colleghi meno giovani e persino anche la stima di Magistrati (pur essi angustiati dalle nuove prescrizioni procedurali). In sostanza, è da dire che per tutti i giovani operatori professionali gli Anni Cinquanta furono una palestra formativa basilare per l'ulteriore lavoro. Va altresì evidenziato che anche i Magistrati operanti nel nostro Tribunale si dedicarono allo studio delle riforme, con grande impegno, mostrando di gradire anche il dialogo dialettico con l'Avvocatura dell'epoca, per-sino con affettuoso compiacimento per le capacità professionali delle nuove leve dell'Avvocatura. A quel tempo operavano (e vanno qui ricordati con stima e simpatia) Magistrati che contribuirono con il loro impegno e con la loro dottrina alla «ripresa storica» dell'amministrazione della Giustizia in Tarante e provincia. Onore, quindi, al ricordo del presidente Ridola, del procuratore Spagna, dei giudici Ferrucci, Pignatelli, Ferrara, Galbiati, Raffaelli, Cacciapaglia, Giorgio Galbiati (poi divenuto Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Bologna), Maresca e Resta. Non posso citarli tutti, ma vorrei ricordare anche Siclari a Ginosa, Fiore a Grottaglie, il presidente Castaidi, Maggi (allora pretore a Martina Franca), ed ancora Infante, Melucci, De Sinno e Resta (presidenti). Tutti magistrati di primo piano, verso i quali ( e chiedo scusa per qualche omissione) sento ancora oggi vivi i sentimenti di apprezzamento della loro cultura giuridica e delle qualità operative nell'amministrazione della Giustizia. Un ultimo (...soltanto nell'elenco) ricordo vorrei aggiungere verso altri validi operatori dell'epoca (nelle loro funzioni di cancellieri, segretari ed ufficiali giudiziari), tra i quali mi piace citare con sentimenti di stima e di affetto, il cancelliere Miccoli, il segretario Vozza, i segretari Salamina, Lasalvia, Padovani, i cancellieri Monsellato, Trunfio, Sebastio, Diotaiuti e Rusci-gno, nonché gli indimenticabili ufficiali giudiziari Sangirardi, Fantini e Gatto, i quali consentivano, specialmente a noi giovani, una puntuale e facile attività processuale esecutiva. Grazie a tutti nel ricordo sentito (e perché no, anche commosso) di quell'epoca così impegnativa per la nostra professione. V - DA UN CONGRESSO ALL'ALTRO: 1947-1967 - Ora, se sei d'accordo, usciamo un po' extra moenia, perché, se ricordo bene, tu, per esempio, hai partecipato anche ai congressi nazionali degli avvocati. - Sono d'accordo, e ti ringrazio di avermi dato questo input. Nel passato non era stata mai frequente la convocazione di un congresso giuridico-forense. La dottrina, la cultura e la fama dei grandi giuristi ed avvocati dell'epoca, erano divulgate con i mezzi di diffusione abituali per quei tempi, quali: la pubblicazione di volumi coordinati (materia per materia) in serie, gli articoli pubblicati sulle numerose riviste giuridiche e forensi nazionali e locali; la raccolta giurisprudenziale nelle famose riviste «II Foro Italiano» e «La Giurisprudenza Italiana» (tutte ampiamente diffuse, per citarne soltanto le più note). La cultura, la tecnica e l'arte oratoria forense, in particolare, venivano segnalate, commentate e diffuse a mezzo dell'altrettanto famosa rivista nazionale «L'Eloquenza», fondata ai primi del Novecento dal nostro concittadino Avv. Antonio Russo, e successivamente diretta da A. Raffaele Russo, giurista ed avvocato di chiara fama. Questa rivista, ovviamente, era partico-larmente cara ai tarentini, e veniva letta col meritato interesse, ma anche con particolare affetto, considerato che essa privilegiava l'esaltazione della «Toga Jonica», segnalando i successi oratori dei nostri grandi maestri contemporanei. Anche noi giovani, quindi, amavamo leggerla perché essa, oltre che additare progressivamente, ed esaltare, le tappe storielle della nostra oratoria forense, ne additava i pregi e ce ne consentiva l'acquisizione e l'apprendimento. Quella rivista, nella sua esposizione della materia, come antologia, critica e cronaca, L'Avv. Antonio Russo in fondo ci educava, attraverso un'attenta lettura, ad usare (sia nel campo del civile che in quello del penale) forme «espositive» corrette, efficaci, e persino gradevoli! Fu quindi accolta con particolare gradimento, cessata la guerra, la coraggiosa iniziativa dell'Ordine degli Avvocati di Firenze di convocare un Congresso Nazionale Giuridico Forense nella città del «giglio». Tale iniziativa consentiva di realizzare la conoscenza «personale» dei nostri maestri, e vivere in forma partecipativa diretta il «risveglio» morale, culturale, preparatorio e persino sentimentale dell'Avvocatura. Ciò avvenne, nella fase di ripresa, nell'anno 1947, in Firenze, presidente Piero Calamandrei, mentre l'Assemblea Costituente stava varando la nuova Carta Costituzionale. Per comprendere quale fosse, in quel momento storico per il nostro Paese, l'animo di procedere alle riforme che avessero dato un nuovo volto sostanziale ed operativo, all'avvocatura ed all'amministrazione della giustizia, è sufficiente enunciare, in elenco, gli argomenti che furono esaminati in tale consesso: la riforma della legge professionale, la riforma della legge sul gratuito patrocinio, la riforma del codice di procedura civile, la riforma del codice di procedura penale, l'ordinamento previdenziale ed assistenziale per gli avvocati. Un programma di lavoro che... faceva spavento! Ma che indicava lo stato di ansia di chi voleva subito cancellare il passato, scrivere nella nostra storia professionale il primo capitolo di lavoro da affidare agli Organi dello Stato. La nuova Costituzione Repubblicana venne approvata a dicembre del 1947 ed entrò in vigore il primo gennaio del '48. Quel primo Congresso di Firenze, pur denso di aspirazioni e di impegni, non aveva potuto avere una larga partecipazione di tutti gli Ordini Forensi Italiani, per i ridotti mezzi di informazione che ne avevano pregiudicato la rituale, formale e tempestiva convocazione. La circostanza fu «rilevata» proprio dalla rivista «L'Eloquenza», che nel numero del dicembre 1947 sollecitò «affettuosamente» gli avvocati "a riscattarsi della scanzonata diffidenza tradizionale verso la pratica dei Congressi, ed a dedicarsi ad una avvertita e responsabile attività di riforme, sulla base degli insegnamenti e dei precetti dettati da insigni maestri del Foro, quale Domenico Giuriati, Giuseppe Zanardelli, Enrico De Nicola, Antonio Russo, Genunzio Bentini e Pietro Calamandrei". L'incisiva esortazione venne ben recepita, ed il successivo Congresso di Napoli dell'aprile 1949 (al quale partecipò anche l'Ordine di Tarante a mezzo del giovane avvocato, allora trentenne, rievocatore di queste... memorie post-cinquantennali!) ebbe davvero un successo «trionfale» per oratoria profusa e per dialettica, accorta e specifica trattazione di tutte le esigenze di un'avvocatura avviata verso la storica rinascita. Il calore... napoletano contribuì a realizzare una meticolosa organizzazione, assicurando la presenza ai lavori di illustri maestri dell'avvocatura, quali non sarebbe stato altrimenti possibile conoscere di persona, contattarli e sentirli particolarmente vicini ai giovani, con un tratto affettuoso che eliminava le distanze di età... e di personalità! Acclamato presidente del Congresso, Enrico De Nicola diede subito inizio ai lavori. Tutti i congressisti tacquero per varie ore in raccolto silenzio. Eravamo, fra l'altro, anche emozionati. Non ci pareva vero di sentire la viva voce dei maestri che avevamo conosciuto in pallide fotografie e nella lettura dei loro sacri testi! In silenzio, quasi religioso, sentivamo pronunziare parole che sembravano dette col cuore, con la passione e con la fiducia nella rinascita. La guerra, le amarezze storiche vissute in tanti anni, erano ormai alle nostre spalle. Una luce già si profilava all'orizzonte, non soltanto per l'avvocatura, e per l'affermazione dei princìpi di giustizia a tutela del cittadino, ma anche per tutte le realizzazioni finalizzate per il migliore avvenire del Paese. Anno 1953: incontro a Napoli con l'Avv. De Nicola. L'autore di queste memorie è il terzo da sinistra; è presente anche l'Avv. Nardelli (il secondo da destra). Ci sentimmo tutti impegnati, professionalmente ed anche individualmente, alla realizzazione di un programma colossale, ma intimamente condiviso in ogni sua proposizione. Ci parve di vivere «una grande festa» in seno ad una «grande famiglia», ed il ricordo mi è ancora denso di commozione e di emozione, se nonostante il tempo... semisecolare passato, ne rivivo tutti i particolari! Incontrarsi, sia nell'aula del Congresso (la storica sala dei busti in Castel Capuano) che nei corridoi adiacenti, con Maestri quali Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Porzio, l'On.Ie Grassi (Ministro di Grazia e Giustizia, leccese) Pietro Calamandrei, Andrea Ferrara (Presidente della Cassazione); poter timidamente colloquiare con loro sui temi del Congresso, senza sentirsi... minorati culturalmente e quindi esclusi da qual-siasi... confidenza; avvicinare Enrico De Nicola seduti insieme ad un tavolino, ed alternare i discorsi seri attinenti agli argomenti del Congresso, con battute spiritose e confidenziali: era tutta una serie di... godimenti, commoventi ed esaltanti! Persino l'On.Le Cassiani, sottosegretario alla Giustizia, nel discorso pronunziato nell'aula congressuale, non potè fare a meno di confessare: "In Costei Capuano è possibile assistere ad uno spettacolo come quello che si è impresso ieri sera nel mio animo. Mi sia consentito il ricordo. In un corridoio di questo Palazzo storico, seduto dietro un tavolo, un Avvocato, circondato da un folto gruppo di colleghi, quasi tutti giovani, discorreva dei lavori del Congresso e lo faceva con la maniera semplice dei discorsi di casa: era Colui che fu il supremo reggitore dello Stato, quando il nostro Paese cercava ancora affannosamente le vie della rinascita: Enrico De Nicola!" A parte tutti questi commoventi ricordi, questa minicronaca può concludersi con la comprovata affermazione che tutti i temi posti all'esame del Congresso furono in seguito riprodotti nelle forme di proposte di legge, che negli anni successivi vennero analizzati e studiati nei vari congressi succedu-tisi, come ricorderò più avanti. Non posso, però chiudere questo capitolo della mia vita di entusiasta partecipante alla trattazione di argomenti attinenti alla vita dell'Avvocatura, senza richiamare, testualmente, Anno 1955: Convegno Nazionale del Sindacato Avvocati in Bari, presieduto dall'Avv. On. Porzio. De Palma è il primo a destra. Anno 1955: Stesso Convegno, incontro con l'On.Ie Porzio e con l'On.le Di Pietro. E presente anche l'Ami. Lillino Ponzio, segretario della Sezione di Tarante del Sindacato. “ i seguenti passi degli autorevoli interventi spiegati dai Maestri (che amo ricordare con particolare predilezione affettiva ed estimativa) a chiusura dei lavori del Congresso di Napoli. ENRICO DE NICOLA: "A voi Colleghi di tutte le Curie Italiane che siete oggi convenuti in questo storico salone, a Voi che riaffermate la grandezza e la forza del nostro Ordine, nel quale le quotidiane lotte non ci dividono con rivalità o con rancori, ma ci uniscono in quella fraternità che fu definita una parentela non meno sacra di quella del sangue (perché è la volontaria parentela delle intelligenze e dei cuori) a Voi tutti il mio fraterno abbraccio" (fisicamente realizzato con il presente decano degli avvocati-giuristi italiani, Vittorio Emanuele Orlando). PIETRO CALAMANDREI (che aveva presieduto il primo Congresso tenutosi in Firenze il 1947}: "Non si deve dimenticare, ora, che la voce del popolo è tornata ad essere, come avviene nei regimi liberi, non più urlo di ribellione, ma pacata parola di Leggi, come ora da Napoli comincia la traduzione dell'idea repubblicana in ordinamento giuridico. Se durante il ventennio di tenebre. Napoli fu, per virtù di un filosofo, il faro luminoso nella caligine, al quale si volgevano ansiosi tutti i fedeli della libertà (finché a Napoli c'era Benedetto Croce, sentivamo che non tutto era perduto), oggi da Napoli si è iniziato il difficile passaggio, dal disordine eroico della ordinata legalità; il ritorno dalla rivoluzione al Diritto, dalla Resistenza alla Costituzione. E si è iniziato per virtù di un grande Avvocato napoletano, Enrico De Nicola". (decano degli avvocati italiani): "II Diritto è ordinamento. Esso nasce per assicurare l'osservanza di un costume, di una regola che la collettività pone a se stessa, che però controlla attraverso il giudizio. E quindi nasce l'avvocato: perché, anzitutto, in giudizio l'avvocato è inevitabile, ed è una garanzia per tutti!" VITTORIO EMANUELE ORLANDO (maestro dell'Avvocatura, e della oratoria forense): "Nei lavori di questo Congresso, si fiuta costantemente il sentimento del Diritto e della Giustizia, onde il popolo ha intraveduto da secoli, nel Foro, l'usbergo, il palladio sicuro, la difesa immancabile dei suoi diritti e della sua libertà". GIOVANNI PORZIO GIUSEPPE GRASSI (Ministro di Grazia e Giustizia):"Consapevoli di questa particolare dignità dovete cercare di rafforzare nella coscienza popolare la convinzione che i diritti e le libertà dei cittadini sono sempre garantiti contro ogni torto e contro ogni prepotenza da qualunque parte essi vengano, perché c'è sempre un Avvocato che, in piena libertà, può assumere la difesa dinanzi ad un Giudice, indipendentemente da qualsiasi influenza e pronto ad applicare la Legge. La vostra collaborazione, diretta al funzionamento dell'attività giurisdi-zionale (che è una delle funzioni sovrane dello Stato) conferisce alla professione forense una dignità che la distingue, in maniera inconfondibile, da tutte le altre professioni liberali". » - E davvero affascinante questa rievocazione che vai facendo delle tue esperienze congressuali. Immagino che ti faccia piacere continuare.- Certo. Ora, per comprendere la particolare attenzione con cui va ricordato, da parte di chi vi partecipò, il Congresso di Trieste nell'anno 1955, basta innanzi tutto richiamare, testualmente, la parte iniziale della convocazione fatta 50 anni or sono dall'Ordine di Trieste: "II III Congresso Nazionale Giuridico Forense vuole essere anzitutto il commosso abbraccio degli Avvocati e Procuratori d'Italia, ai Fratelli di Trieste, ormai congiunta (e per sempre) alla Patria. Vuole essere, altresì, l'esaltazione della nobiltà della missione del Difensore, il riconoscimento dei doveri e l'affermazione dei diritti che ne discendono". L'Ordine di Taranto rispose, con spontanea responsabilità, alla convocazione del Congresso, e vi venne rappresentato dai colleghi Franco Albisinni, Gaspare Di Mase, Claudio Comegna e Raffaele De Palma, il quale (nella veste di Componente del Consiglio) apportò anche il personale contributo ai lavori, con una motivata comunicazione scritta che, entro i più ampi termini della riforma della legge professionale forense, auspicava nuove idonee regole per assicurare a tutti i colleghi una più equa assistenza e previdenza (come già fatto in precedenza in occasione del Congresso di Napoli). Notevole, altresì, la presenza ai lavori di illustri maestri del Diritto e della professione, quali Enrico De Nicola, Baseggio, Magrone, Frignano, Redenti, Porzio, Malcangi, Zola e altri ancora. Alla inaugurazione del Congresso, e nel corso dei successivi lavori, tutti gli interventi si ispirarono alla valutazione storica del momento che veniva vissuto dall'intero Paese, ed in particolare dal territorio di Trieste. Il Presidente del Consiglio Forense di Trieste, Avv. Edoardo Gesser, nel famoso Teatro Verdi, nel dichiarare aperti i lavori congressuali, in preda a vivissima commozione (non potuta reprimere) pronunziò, fra l'altro, queste parole che trascinarono tutti i presenti in fragorosi applausi di sentita partecipazione: "Assieme al suo benvenuto, Trieste porge a voi, illustri ospiti, il suo ringraziamento per il gesto di affetto voluto compiere, riunendovi in questa città, al quale - da incontri come questo odierno - trae conforto e sicurezza nella solidarietà dei fratelli di ogni parte d'Italia. Anno 1955: Congresso Nazionale di Trieste. Giovanni Porzio ringrazia gli avvocati di Tarante per il saluto rivoltagli; sono presenti anche gli Avvocati Gaspare Di Mase e Franco Albisinni (l'autore è il secondo da destra). Nel doloroso trascorso periodo delle occupazioni straniere, la Curia di Trieste non vacillò, ed a viso aperto ha difeso il Diritto e con esso, qui la Patria. Ora Trieste, posta ai confini del Paese, ed insieme a quelli del libero mondo occidentale, ha la necessità di mantenere i legami più stretti con il resto della Nazione, per poter svolgere la sua missione di avamposto di cultura, di punto d'incontro tra popoli diversi, ed infine per poter continuare dalle terre più lontane". Tutti i successivi lavori del Congresso, nella trattazione del copioso complesso delle riforme auspicate, e con l'intervento del Ministro di Grazia e Giustizia, Avv. Aldo Moro, si concluse con un caloroso invito da questi rivolto ai congressisti: "Nella complessa situazione storica nella quale ci troviamo, dobbiamo operare tutti insieme per la conciliazione degli interessi della collettività e dei diritti sacri della persona umana. A voi, amici Avvocati, in aiuto del Governo, veniteci incontro con le vostre osservazioni, con i vostri consigli; aiutateci a trovare la formula di giustizia, a tutela degli interessi collettivi del Paese, ed della posizione dell'uomo e del cittadino". Questa sollecitazione alla ricerca delle formule compensative degli interessi generali del Paese, e di quelli del cittadino, determinò una qualificata applicazione a tutti i lavori del Congresso, come risulta dalle mozioni finali, approvate, all'unanimità, su tutti i temi esaminati e discussi. Particolare momento di esaltazione dello spirito ebbe, da parte di tutti i presenti, l'approvazione unanime della mozione finale letta da Enrico De Nicola, che pare opportuno riportare integralmente, qui di seguito a testimonianza della storicità del momento: “Il III0 Congresso Nazionale Giuridico Forense riunito a Trieste, nella gioia della avvenuta reintegrazione nell'ambito del territorio nazionale, di Trieste, i cui abitanti hanno conservato senza soluzione di continuità la cittadinanza italiana FA VOTI: 1) Perché nella ex zona A abbiano, al più presto, coordinata ed immediata applicazione tutte le leggi nazionali vigenti ed emanando; 2) Perché la sfora di giurisdizione della Corte di Appello di Trieste venga reintegrata con conseguente rientro, nel Distretto della Corte di Trieste, dei Tribunali di Udine, Gorizia, Pordenone e Tolmezzo, finora temporaneamente aggregati ad altra Corte". Il Congresso di Trieste fu davvero, fra tutti gli altri personalmente vissuti, quello che maggiormente lascia ancora vivi, dopo circa mezzo secolo, il commosso ricordo e la soddisfazione di avervi partecipato, per sentire affermata, in quella circostanza, la funzione partecipativa appassionata dell'Avvocatura, nell'ambito solenne della tutela delle libertà democratiche del cittadino nel nostro Paese, e nella comune civiltà. - Belle pagine di italianità e di professionalità. Vuoi accennare, anche sinteticamente, agli altri congressi ai quali hai partecipato? Siamo nell'anno 1960: Viene a Tarante S.E. Eula, Presidente della Corte di Cassazione. . Si notano, anche: il dr Cacciapaglia, l'Avv. Silvio Di Palma, il dr Giorgio Galbiati, il Segretario Capo Vozza, il Cancelliere Capo Lieti, il Presidente De Luca, il Proc. della Repubblica dr.Jannelii. - Sì, ricordo quello di Bologna del 21/26 settembre del 1957. L'Ordine di Bologna, chiamato alla organizzazione del congresso, si era impegnato a riportare in questa sede l'esame e la discussione (progressivamente accentuati) dei temi già impostati nell'ambito delle necessarie riforme, particolarmente di quelle conseguenti alla ormai consolidata applicazione della nostra Carta Costituzionale. Accentuata, quindi, fu la trattazione del "rapporto fra il cittadino e lo Stato". In tali termini, l'inesauribile Enrico De Nicola tornava alla ribalta, quale presidente onorario del Congresso, lasciando la presidenza effettiva al prof. Enrico Redenti, maestro di «Procedura Civile». Alla seduta inaugurale, quindi. De Nicola, dopo aver confermato appassionatamente l'esaltazione della professione di Avvocato (nella triplice considerazione: "sociale", "giuridica", e "sentimentale"} invitava a continuare con più intenso impegno Ì lavori impostati nei precedenti congressi di Firenze, Napoli e Trieste, con l'accentuazione della proposizione delle ne-cessarie riforme, in relazione alla "difesa della professione", "la tutela del cittadino", "le guarentigie nei confronti della Pubblica Amministrazione". In particolare egli chiedeva che il Congresso sollecitasse il Governo a procedere all'esame ed approvazione del progetto di riforma della professione forense, elaborato dal prof. Calamandrei. "T nostri congressi - veri comizi delle intelligenze - devono assicurare anche in forma pratica, la efficace contribuzione alla elaborazione testuale delle leggi riformatrici che si invocano nell'interesse del cittadino". Tale formale impegno, altresì, venne assunto dal Ministro di Grazia e Giustizia dell'epoca, On.le Gonella, presente al Congresso. Con tali auspici il Congresso concluse i suoi lavori. Poi, dal 28 settembre al 3 ottobre 1959, si svolse a Palermo il quinto Congresso, che fu particolarmente interessante Anno 1960: foto di gruppo. Da sinistra: il Presidente dr Ferrara, il Presidente dr Castaidi, il Proc. delia Repubblica dr Spagna. il Presidente dr Ridota, il Presidente dell'Ordine Avv. Agilulfo Caramia, il Presidente De Luca. per l'avanzata concreta dei testi relativi alle proposte riforme. Impegnativo risultò l'intervento del sen. Zoli, che assicurò la sua personale sollecitazione presso gli Organi Legislativi dello Stato. Assente, perché indisposto, Enrico De Nicola, che inviò un caloroso messaggio. Molto apprezzati tutti gli interventi. Esauriti Ì lavori congressuali con l'approvazione unanime di tutte le mozioni conclusive, giunse la dolorosa notizia della morte di Enrico De Nicola. I lavori del Congresso si chiusero in tutta fretta (con la eliminazione di tante altre manifestazioni offerte dall'ordine di Palermo). Tutti gli avvocati di Napoli si affrettarono a tornare alle loro sedi. Fu dichiarato il lutto nazionale dell'intera avvocatura italiana. Il VI Congresso Giuridico-Forense si svolse a Genova dal 18 al 23 agosto 1961. Partecipante attivo, anche l'Avv. Cataldino Rizzo, noto collega amministrativista, particolarmente interessato a tutte le riforme annunziate in tema di rapporti con la Pubblica Amministrazione. Notata, ed apprezzata, la presenza ai lavori dell'Avv. Pietro Leccisi e dell'Avv. Vittorio Aymone, del Foro di Lecce, degli Avv.ti Armando Regina, Russo-Frattasio e Francesco Perchinunno, tutti del Foro di Bari, degli Avv.ti Stefanelli di Brindisi e Iannarelli di Foggia. Tutti cari amici e colleghi, con Ì quali amavamo scambiare le nostre opinioni, anche fuori dell'aula congressuale, in condizioni di relax. Poi, il VII Congresso ebbe luogo a Bari dal 29 settembre al 4 ottobre 1963. Magistralmente organizzato e diretto dal Presidente dell'Ordine di Bari Giuseppe Papalia, illustre avvocato, coadiuvato dall'attivissimo Avv. Francesco Perchinunno, e dai colleghi Francesco Diasparro, Luigi Losacco, Pasquale Mitelo, dal prof. Armando Regina e da Franco Silvestri (per ricordare soltanto alcuni dei presenti). A Bari si parlò, per la prima volta, anche della "Professione Forense nella Comunità Economica Europea". Tema nuovo, di grande attualità e di successiva notevole evoluzione normativa ed applicativa. Venne anche organizzata una visita dei congressisti a Padre Pio, in S. Giovanni Rotondo. Per l'VIII Congresso andammo a Milano nel settembre del 1965 e per il IX Congresso a Venezia nel settembre 1967. Entrambi i congressi vennero realizzati nel? approfondito esame di concreti «elaborati» di proposte legislative relativamente a tutti i temi discussi nei precedenti incontri. Tutto avvenne, va rilevato, con una larga partecipazione di giovani avvocati, che mostravano così di interessarsi e di impegnarsi nello sviluppo sia del "senso della giustizia" che "dell'applicazione moderna della professione forense". Mentre purtroppo, col passare degli anni, veniva a mancare la presenza quasi tradizionale dei Grandi Maestri, sempre fisicamente presenti nelle precedenti edizioni congressuali, cominciavano ad affermarsi validamente e meritatamente studiosi illustri (meno anziani), che già riversavano nei lavori congressuali il contenuto dei loro studi, delle loro critiche, e delle loro proposte (l’Avv.ssa Sbaiz di Bologna, l'Avv. Pomario di Roma, il prof. Dell'Andrò di Bari, e, considerato a parte, l'autorevole intervento dell'Avv. Di Pietro di Lecce, anche nelle sue funzioni di Presidente del Senato e di Vice Presidente del C.S.M.). Persino la mia partecipazione a tutti i congressi, che si succedevano con la biennale puntualità, cominciò ad assumere una metodica reiterazione di incontri e di interventi, e mi veniva riconosciuto (forse immeritatamente) il ruolo di "appassionato mediatore fra le glorie del passato e le speranze del futuro", col bagaglio di una esperienza... congressuale continua già per quindici anni! In entrambi i congressi in argomento cominciò a farsi notare, anche, l'attività e lo spirito di valide ed apprezzate iniziative del Sindacato Avvocati e Procuratori, nelle sue espressioni territoriali in via di unificazione. Cominciò, in detti congressi, a formularsi anche una «affettuosa accusa» nei confronti del notevole gruppo di parlamentari avvocati, Ì quali ancora non davano segni di... operante sensibilità per la soluzione dei problemi della Avvocatura. Il tutto avveniva, però, con chiari segni di cordiale... comprensione per le... difficoltà politiche che si inframmettevano nella attenzione verso problemi che, nel settore dell'amministrazione della Giustizia e quindi dell'attività forense, assumevano tuttavia una importanza primaria per la vita del Paese. Anno 1968: A Bari si svolge il 1° Congresso "Nazionale dei Giovani Avvocati. Nella foto, da sinistra: l'Avv. Carlo Petrone, l'Avv. Raffaele de Palma, l'Avv. Rita Peluso, l'Avv. Carlucci, l'Avv. De Stefano. Anno 1969: vecchio Palazzo di Giustizia, agitazione degli Avvocati per ti ridimensionamento dei servizi giudiziari. VI - DA UN CONGRESSO ALL'ALTRO: 1969-1994 Nel 1969, per il X° Congresso, ci riunimmo a TORINO. Questo congresso fu veramente completo, organico ed efficace nella trattazione dei problemi, ancora insoluti, della Giustizia e dell'Avvocatura. Omessi i dettagli di cronaca, va ricordato il particolare impegno organizzativo dei colleghi di Torino, e la onnipresenza calorosa, puntuale ed affettuosa del Presidente di quell'Ordine, l'Avv. Fulvio Croce (successivamente, dopo vari anni, onorato da tutti gli avvocati italiani come "martire dell'Avvocatura", caduto ucciso "nell'esercizio del suo dovere professionale", da mano violenta e ribelle). Presenti il Ministro On.le Gava, e tanti valorosi ed illustri rappresentanti dell'Avvocatura, quali l'Avv. Prisco (di Milano), i proff. Avv.ti Michele Spinelli ed Armando Regina di Bari, il prof. Avv. Dalfino, l'Avv. Zailone, tanti altri colleghi pugliesi e tarantini che mi spiace di non poter elencare, limitandomi a segnalare l'Avv. Lucio Caprioli di Lecce, ed infine (a tale posto collocato per maggiore evidenza) il prof. Avv. Giovanni Conso, tuttora valida e luminosa espressione di cultura giuridica e forense. Mentre ricorderò a parte la luminosa figura dell'Avv. Fulvio Croce, ritengo di richiamare in sintesi gli argomenti esaminati e discussi con particolare attenzione nel Congresso, quali: le riforme del processo civile e di quello fallimentare, la difesa dei non abbienti, la preparazione dei giovani all'accesso alla professione. E' doveroso riportare le parti essenziali del testo della mozione approvata all'unanimità a chiusura del Congresso, laddove si auspica "la immediata istituzione dei Tribunali Amministrativi ai sensi dell'art. 125 della Costituzione, comportando la situazione attuale, non solo incertezza ma soprattutto la negazione dei diritto fondamentale di agire e difendersi in giudizio"^ facendo voti affinché: "I rapporti fra Magistratura ed Avvocatura, nel quadro degli interessi comuni coincidenti con quelli generali della Nazione, siano sempre improntati a reciproca comprensione e mutuo rispetto, nell'auspicio che l'ordine Giudiziario ritrovi la sua unità nella altissima funzione di potere dello Stato, chiamato ad attuare rigorosamente la norma giuridica secondo i precetti costituzionali, e con la piena consapevolezza che l'appartenenza all'Ordine Giudiziario, autonomo ed indipendente da ogni altro potere, postula la soggezione dei Magistrati soltanto alla Legge". A Cagliari andammo dal 23 al 29 settembre 1971 per l'XI Congresso. Con la partecipazione di una nutrita rappresentanza dell'Ordine di Tarante, composta dagli Avv.ti Pio Picaro, Cesare Mattesi, Carlo Petrone, Angelo Fortunato, Benito Nicola Traversa e qualche altro di cui mi sfugge il nome, i lavori del Congresso vennero affrontati e seguiti con particolare impegno, data la novità del tema: "l'Avvocatura e la trasformazione della Società Italiana". Applauditi relatori furono, fra gli altri, l’Avv. Angiola Sbaiz (attiva rappresentante del Foro di Bologna) e l'Avv. Pietro Leccisi (autorevole rappresentante dell'Ordine di Lecce). Il Congresso, confermando tutte le precedenti istanze per la realizzazione delle chieste riforme, si pronunziò anche a favore dell'Albo Professionale «aperto», respingendo le opposte istanze tendenti a far riportare l'accesso alla professione forense («albo chiuso», rectius «limitato») ai tempi e secondo le norme operanti fino all'intervento del D.L.L. 7 settembre 1944 n. 215, che invece ne sospese la applicazione. Sospensione... tuttora operante, in attesa della prevista «radicale» riforma della legge professionale. Per tutto il resto dei lavori congressuali di Cagliari, è da ricordare la ulteriore partecipazione di avvocati giovani, sempre più interessati alla moderna regolamentazione della professione forense. Poi a settembre del 1973 ebbe luogo a PERUGIA il dodicesimo Congresso. Il programma dei lavori congressuali segnalava una notevole accentuazione analitica di tutti i temi precedentemente trattati, ma con un'attenta ed articolata specificazione dei "Problemi dell'Ordinamento Giudiziario"', dei "Nuovi aspetti di Giustizia Amministrativa" ed infine anche di Anno 1971: al Congresso di Cagliari, g!i avvocati Petrone, de Palma, Fortunato, Picaro, Carlucci, Traversa, Maltesi, preliminari considerazioni relativamente ai problemi attinenti alle "Società Professionali forensi", di notevole attualità. Infatti, tutti i relatori esprimevano concetti e teorie in corso di avanzato...ammodernamento sulla sostanziale realizzazione di nuove strutture degli studi professionali associati. Tutti i relatori furono illustri docenti di materia giuridiche e professionali, quali Natalino Irti, Giuliano Vassalli, Nicola Flascassovitti ed il sempre attivo decano degli avvocati, l'ottantaseienne Alfredo De Marsico. Come era prevedibile, l'argomento che determinò il maggiore interessamento dei congressisti, fu quello relativo ai "Problemi dell'Ordinamento Giudiziario". Occorre onestamente rilevare che la relazione scritta, letta dal prof. De Marsico, aveva evidenziato un criterio forse eccessivamente polemico, critico e persino di espressione quasi biasimevole per la funzione, come sembrava (a parere del relatore) esercitata dai magistrati. Lo spirito della detta relazione venne là per là contestato,. criticato ed espressamente disatteso, dal Ministro di Grazia e Giustizia onorevole Zagari, il quale, però, egli pure andò oltre nel fervore delle sue affermazioni, specialmente quando fece cenno alla "positiva trasformazione in atto dello Stato di Diritto in uno Stato Sociale", affermando quindi che "spetta anche al Giudice dare concreta attuazione alle dichiarazioni programmatiche in materia sociale ed economica". Un discorso che, per il suo tenore eccessivamente... politico, anzi addirittura partitico, non risultò gradito alla numerosa platea dei Congressisti, i quali... rumoreggiarono tanto da indurre il Ministro a concludere velocemente il suo discorso! Fortunatamente, seguì il discorso dell'On. le Leone, il quale dichiarò di intervenire al Congresso quale "avvocato", appassionato all'esame dei problemi forensi meritevoli della sua attenzione anche "istituzionale". Il suo discorso riuscì a placare lo stato d'animo dell'uditorio, ancora eccitato, accennando serenamente alla funzione "essenziale" che nella società moderna devono assumere gli Avvocati ed Ì Magistrati, precisando che per quanto riguarda i primi va ribadita la considerazione che l'Avvocatura libera (fondata sulla concezione della "indissolubilità" del binomio "difensore-porte"} è stata, in ogni tempo, segno di democrazia, di libertà e di indipendenza; per quanto riguarda, poi, la posizione del Giudice, proprio per assicurare la sua indipendenza, occorre approntare strumenti sempre più idonei ed attuali per renderla effettiva ed operante nell'interesse della collettività. Parole lungamente applaudite, perché... rasserenanti per lo stato d'animo dell'uditorio. Tutti gli interventi successivi, sereni ed applauditi, contribuirono all'efficace andamento dei lavori congressuali, salvo uno spiacevole incidente verificatosi il pomeriggio, quando l'uditorio rilevò che il relatore prof. De Marsico, nonostante le moderate e persuasive argomentazioni dell'On.Ie Leone, tornava a riprendere uno spirito... aggressivo nei confronti della Magistratura; L'uditorio insorse, e la seduta venne sospesa dal presidente Avv. Bellini. Alla ripresa De Marsico riprese la sua relazione in termini meno aspri e meno polemici, quasi ammettendo di essere stato indotto, in precedenza, a ricordare i suoi precedenti politici attinenti alla attività di Ministro di Grazia e Giustizia nell'ultimo Gabinetto di Mussolini, nell'anno 1943. Il Congresso, quindi, si concluse riconfermando, a titolo personale e professionale, la stima e l'affetto verso il Maestro De Marsico, omettendo ogni ulteriore riferimento alla sua pregressa attività politica ed approvando, alla unanimità, tutte le proposizioni congressuali ampiamente esaminate e discusse durante i lavori, ultimati "in piena concardia di sentimenti e di operosità, nella famiglia dell'Avvocatura Italiana, nell'interesse del cittadino e della Giustizia". I due Congressi successivi, a CATANIA (settembre 1975) e a L'AQUILA (settembre 1977), il XIII ed il XIV, realizzati con la puntuale cadenza biennale, si occuparono ampiamente dei temi già discussi ed avviati alla fase di attuazione delle auspicate riforme. Tornò, infatti, ad essere ribadita oltre che la funzione dell'avvocato "nella realizzazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo''^ anche e soprattutto la necessità di riconoscere all'Avvocatura una posizione "cogente" per la "organizzazione della giustizia nella società italiana in trasformazione” e soprattutto nella "posizione dell'Avvocato di fronte all'invocato nuovo processo penale, anche nel rispetto delle garanzie e dei limiti del segreto professionale". Tutti gli autorevoli interventi dei relatori, quali gli avvocati e docenti: Pomario, Aldo Casalinuovo, Panuccio, Nino Florio (presidente dell'Ordine di Catania), Giandomenico Pisapia, Beria D'Argentine, Delfino-Siracusano, Vincenzo Perchinunno, Valensise e Pietro Nuvolone, dettero ai lavori dei due congressi un tono d'elevata dottrina di notevole, corretta processualità. Con tutti i relatori, nelle pause delle sedute dell'Assemblea dei Congressisti, riuscivamo a realizzare frequenti incontri personali, tendenti a concordare le mozioni finali, contenenti il voto di "offrire un contributo serio, composto, consapevole e responsabile sulle concrete possibilità di riforma dei codici di rito, affinché l'aggiornamento del processo - sia civile che penale - possa corrispondere in effetti alle moderne esigenze, reclamata prima ancora che da motivazioni tecnico-giuridiche, dalla coscienza civile ed etica per la realizzazione democratica della finalità di Giustizia, nello sfondo di una considerazione parimenti fondamentale di tutela della collettività e di garanzia dei singoli cittadini". Tale voto venne responsabilmente recepito dal Ministro di Grazia e Giustizia On. le Avv. Reale (presente al Congresso di Catania), il quale assicurò il suo impegno personale ed istituzionale (quale Ministro) per il sollecito avvio delle riforme, in accoglimento delle solenni istanze formulate nei ricordati congressi. Un ricordo particolare io ho del XV° Congresso, svoltosi a LECCE tra settembre e ottobre 1979. Il ricordo di questo congresso rappresenta ancora oggi, a distanza di venti anni, un motivo di doveroso compiacimento per il successo ottenuto, ed è anche l'occasione per rivivere, quasi commosso, quel significativo incontro. Fu quella quasi una storica circostanza, lungamente attesa e sollecitata, per vedere impegnati nei lavori del congresso moltissimi avvocati del Foro di tutta la nostra Corte di Appello, con i quali quotidianamente, e da molti anni, avevamo rapporti professionali e spesso personali, specialmente nelle rispettive qualità di componenti dei tré Ordini Forensi di Lecce, Tarante e Brindisi. Vittorio Aymone (particolarmente amato e stimato quale illustre collega, ed anche quale autorevole Presidente del Congresso) riuscì a conferire a questo un tono di particolare rilievo, sia culturalmente che organizzativamente. Mi astengo dal descrivere, qui, i dettagli curati per la perfetta riuscita del congresso: Vittorio Aymone, ed i suoi diretti collaboratori, ne erano una garanzia; ed unanime fu il ringraziamento, tuttora caloroso, da parte di tutti i colleghi che vi parteciparono. Gli argomenti costituenti i temi dell'Assise vennero tutti ampiamente illustrati dalla valentia dei relatori, sotto la attenta guida del Presidente del Congresso. Essi, oltre che costituire una meditata accentuazione culturale dei problemi in esame, offrirono ai partecipanti congressisti la possibilità di affrontare anche una esigenza largamente sentita, quale quella della "tutela giuridica dell'ambiente, con particolare riguardo ai Centri Storici Urbani". Un argomento assolutamente nuovo che servì, oltre che a fare meditare sulla importanza della segnalata esigenza, anche a far richiamare le origini storiche, artistiche e culturali del nostro territorio. Con pari interesse ed attenzione, vennero trattati gli altri argomenti congressuali, quali: "La trasformazione del sistema processuale e delle strutture professionali; e la pluralità dei riti nel processo civile, evidenziando la funzione dell'Avvocato soprattutto nel nuovo codice di procedura penale" (in corso di elaborazione, come affidata all'esame della Commissione presieduta dal prof. Giandomenico Pisapia). Nella rievocazione storica dei numerosi congressi vissuti in cinquanta anni di attiva partecipazione agli stessi, quello di Lecce rappresenta, tuttora, un sentito particolare ricordo, quasi come una festa di «aficionados» uniti da sentimenti di affetto e di stima che tuttora sfidano gli anni, ed avvertiti perché collegati, anche territorialmente, ad una lunga vita professionale vissuta insieme. I tre Congressi, che seguirono quello di Lecce del 1979, furono caratterizzati tutti dalla presente esigenza che cominciava ad avvertirsi, nella Avvocatura, perché si definisse legislativamente la posizione dell’”Avvocato Italiano nella Comunità Europea". Nell'XVI Congresso di GARDONE RIVIERA (Settembre 1981), inoltre, si articolò particolarmente, per cultura giuridica dell'argomento, la discussione del tema "Prospettive di riforme della Legge fallimentare"^ con relazione dell'Avv. Pio Picaro, il quale già si era applicato nello studio della materia delle "procedure concorsuali" col suo libro "Revocatoria ordinaria e Fallimentare", pubblicato nell'anno 1946 e già largamente apprezzato in dottrina ed in giurisprudenza. Nello stesso Congresso riscosse particolare apprezzamento anche la relazione dell'Avv. Vittorio Aymone sul tema "L'Avvocato ed il processo penale, in rapporto al diritto di informazione, ed al dovere di riservatezza". Argomento che ancora oggi richiama l'attenzione della dottrina contemporanea in relazione alla pratica professionale, sia dell'avvocato che del giornalista. Anno 1982, Congresso di Rimini: gli avvocati De franco, AStamura, De Francesco, Tommasini, Petrone, Malandrino, de Palma, lavernaro, Giaccari e Fortunato. Nel Congresso di MESSINA, che fu il XVIII e che si tenne nel settembre '83, poi, venne dato particolare risalto ai problemi della "Tutela del cittadino davanti al Tribunale delle Libertà e più in generale della "Avvocatura in Europa, nella difesa dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del cittadino". Seguì anche un dibattito condotto dall'Avv. Vincenzo Siniscalchi (di Napoli) sul tema della "Difesa dei diritti di libertà nella realtà sperimentale della dialettica giudiziaria": argomento che, proprio in questi giorni» ha assicurato il dibattito sulle recenti riforme del codice di procedura penale in tema di ampliamento del potere di indagini difensive consentite e condotte dall'avvocato. Il Congresso di SALERNO/AMALFI (1985) si caratterizzò per una larga partecipazione dell'Ordine di Tarante, ed in generale degli Ordini del Meridione, e per una motivata sollecitazione per la riforma del Codice di Procedura Penale (che finalmente entrò in vigore nel febbraio 1988 grazie anche all'impegno del prof. Giandomenico Pisapia, il quale aveva assicurato, in tutti i lavori preparatori, un "meditato contributo"^ come ebbe ad apprezzare nei suoi confronti il Ministro di Grazia e Giustizia, Vassalli. A conclusione del Congresso, si affermò solennemente che "la tendenza legislativa a dotare il Giudice di più ampi poteri discrezionali, trova un correttivo tecnico proprio nel riconoscimento della funzione di garante della dialettica processuale che si identifica nell'Avvocato”. Nel quadro che si va delineando, l'Avvocatura italiana si interroga, con spunti di autocritica, sulla domanda di nuova professionalità, determinata dalle modifiche presenti anche nella "società giudiziaria", sul diverso rapporto da istituire con l'intera "società contemporanea, con i mass media, con il potere legislativo, con lo Stato". Il successivo XIX° Congresso, tenutosi ad ANCONA nel settembre 1987, consentì di realizzare responsabilmente una ampia disamina di tutti i problemi che, se pur diffusamente trattati nei precedenti congressi, si imponevano all'attenzione dell'intera Avvocatura italiana, sulla base di una cogente constatazione della "crisi delle Istituzioni e del servizio Giustizia: doveri e responsabilità dell'Avvocato". Il dibattito su tale argomento poneva quindi, in collegata e consequenziale discussione, il successivo tema relativo ai "requisiti morali e tecnico-professionali dell'Avvocato: formazione dei giovani". Si profilò, quindi, una vera e propria "responsabilizzazione" dell'Avvocatura, sulla base della storica e validissima "mozione sull'ordinamento professionale" unanimemente approvata dalla Assemblea Nazionale degli Ordini Forensi, riuni-tasi (numerosissima) in Rimini il precedente maggio 1982. Non è possibile fare una valida cronaca storica del detto Congresso, se non riportando testualmente, in appendice, la *'Mozione di Rimini", il cui contenuto costituì oggetto di ampio e responsabile esame in quasi tutti i lavori del Congresso. Così come è opportuno riportare integralmente, sempre in appendice, sia il testo della relazione avente ad oggetto "Requisiti morali e tecnicoprofessionali, dell'Avvocato: formazione dei giovani", che il testo integrale della mozione finale, approvata dal Congresso all'unanimità. Dalla lettura testuale di tutti tali atti si rileva quale importanza venne affidata, dal Congresso, alla funzione dell'Avvocato nella società moderna, e quali impegni vennero assunti dai responsabili degli Ordini Forensi, dalle libere Associazioni, e dai Movimenti Forensi: tutti effettivamente - deve darsi atto -negli anni successivi e tuttora impegnati, responsabilmente e validamente, nella soluzione dei problemi della nostra professione, per la migliore affermazione anche etico/sociale dell'Avvocatura. I lavori del XX Congresso, svoltosi a CATANZARO nel settembre 1989, si articolarono sul tema di grande attualità, quale "L'Avvocato nella Società", e vennero presieduti magistralmente da Aldo Casalinuovo (già Binarissimo presidente del Consiglio Nazionale Forense, ed illustre maestro di diritto e di avvocatura) il quale, in termini di eccezionale efficacia, con una «introduzione panoramica», indicò i termini più significativi della "funzione moderna dell'Avvocatura, nella evoluzione della Società". Egli segnalò "la triplice esigenza, per l'Avvocatura, di realizzare la propria indipendenza e l'autogoverno, al fine di partecipare responsabilmente anche alla formazione delle Leggi come garanzia di evoluzione della Società". Su tale impostazione globale del tema congressuale, seguirono interventi di alto livello culturale, politico ed operativo. Casalinuovo richiamò l'attenzione dei congressisti sulle considerazioni che Pietro Calamandrei aveva già fissato nel suo saggio "Processo e democrazia", quando affermò che "non c'è da meravigliarsi delle persecuzioni operate dai regimi autorita-ri contro l'Avvocatura: infatti, per i dittatori, l'avvocato è il simbolo pericoloso della ragione critica e della obiezione ribelle ad ogni conformismo". Venne, anche, richiamato il pensiero di Zanardelli (altro autorevole rappresentante dell'Avvocatura italiana), il quale, in un discorso del 1876, aveva affermato che "l'indipendenza è un diritto dell'Avvocato, ma nel contempo, il mantenerla e rivendicarla è un dovere". Con gli interventi altrettanto autorevoli, spiegati da altri insigni Maestri, si considerarono i "pericoli della inflazione legislativa" , e si segnalò efficacemente la necessità che l'Avvocatura realizzasse la sua unità, mediante "un ben valido ed organizzato associazionismo forense", quale poi, in effetti, risulta realizzato, con evidenti risultati positivi per la vita del nostro Paese. Seguì un autorevole, appassionato ed efficace intervento, di Franzo Grande Stevens (altro illustre esponente dell'Avvocatura italiana, ed all'epoca presidente del Consiglio Nazionale Forense), il quale dette già un tono di attualità ai lavori del Congresso, invitando a considerare le "linee giuridiche fondamentali della nostra società, ed i compiti ed il ruolo riservati in essa, alla Avvocatura". Fu quindi inevitabile ed opportuno il riferimento ai caratteri fondamentali espressi dalla nostra Carta Costituzionale (concetto, del resto, tenacemente sostenuto da Pietro Calamandrei, anche nelle sue funzioni di «compilatore della nostra Carta Costituzionale»), Dopo una particolare attenzione a tutti gli argomenti validamente illustrati durante i lavori del Congresso, vennero approvati, ad unanimità dei congressisti, i solenni princìpi esaltanti la funzione dell'Avvocatura, quali: "nell'ordinamento del nostro stato democratico, il ruolo di garanzia compete precipuamente all'avvocato, quale referente della conoscenza delle norme giuridiche e sollecitatore della loro corretta applicazione" ; nonché: "l'utilità di accelerare il processo unitario di tutte le componenti, istituzionali ed associative dell'Avvocatura, cosicché questa possa finalmente ottenere la dovuta legittimazione a concorrere tecnicamente nella formazione delle Leggi pertinenti alla propria funzione nella Società". - Ma sei stato davvero instancabile nel partecipare a tutti i congressi nazionali. Dove altro sei andato? - In effetti, ma ne avevo il dovere e il piacere, e sto per finire il racconto. A quello di Catanzaro seguirono altri congressi: a TRENTO (nel settembre 1991), a ROMA (nel settembre 1993), e quello (molto importante) che si tenne a VENEZIA nel mese di ottobre 1994. In questo ultimo «Congresso Nazionale Straordinario Forense» venne trattato compiutamente l'unico argomento "Per l'unità dell'Avvocatura", e richiamandosi tutti i voti espressi in occasione dei precedenti congressi celebrati, dopo ampia discussione venne approvata la "mozione unitaria", che viene integralmente riportata in appendice. Quella mozione era proiettata ad impegnare, nella futura attività istituzionale e giurisdizionale, il programma operativo che effettivamente, negli anni successivi, è stato esaminato e considerato in ogni occasione congressuale dell'Ordine Forense. - Scusa la disgressione e toglimi una curiosità: l'Ordine degli Avvocati o, come forse è più esatto dire, l'Ordine Forense, quando nacque? - La tua curiosità è legittima, e sono lieto di appagarla. La legge istitutiva porta la data dell'8 giugno 1874, con il numero 1938. E cento anni dopo, il 27 ottobre 1974, fu celebrato il primo centenario. Fu un grande evento al quale partecipammo in tanti. Il Teatro Eliseo, dove convennero i rappresentanti degli Ordini, la mattina del detto giorno assunse una particolare fisionomia. Tutti i partecipanti alla cerimonia fummo accolti, sulla scala del teatro, da un folto gruppo di Colleghe e di Colleghi; tutti in toga! Essi ci attendevano con un affettuoso sorriso, consegnandomi una bandierina tricolore, ed offrendo alle signore una rosa. La sala del teatro in brevissimo tempo si colmò, in tutti gli ordini dei posti. Un caloroso, particolare applauso salutò l'arrivo del Collega Giovanni Leone, Presidente della Repubblica, il quale mostrava segni di evidente, sentita emozione. L'orazione ufficiale fu tenuta dall'Avv. Aldo Casalinuovo, Presidente del Consiglio Nazionale Forense, il quale - a parte le toccanti espressioni di esaltazione della «toga» e della «funzione» sociale dell'Avvocatura - tracciò una efficace sintesi storica dell'attività degli Ordini Forensi nel periodo precedente alla promulgazione della Legge n. 1938 che - seguita a poca distanza dalla proclamata Unità dell'Italia - dette alla professione giuridica consistenza e giusta tutela, con la fissazione di una articolata disciplina unitaria sul territorio nazionale. Interessante il richiamo dei precedenti storici di vari secoli Ì quali, nonostante la frammentaria articolazione operativa di un paese non ancora «unito», avevano tuttavia, sempre e costantemente, espresso una unitaria considerazione delle funzioni etiche e sociali della Avvocatura. Particolarmente commovente il richiamo di una «consorteria» sorta intorno al 1600, con lo scopo di assistere i «poveri» nelle controversie giudiziarie, intitolata a Santo Ivone che, vissuto nella seconda metà del 1200, aveva dedicato la sua vita all'assistenza ed alla difesa dei «derelitti». Funzione costante che nobilita la professione! Casalinuovo, inoltre, con una particolare efficacia oratoria evidenziò il contributo di fede, di propaganda e di azione, fornito dagli avvocati anche nel processo storico dell'Unificazione dell'Italia. L'assemblea, in un interminabile applauso, espresse l'unità storica del momento, con particolare commozione quando si vide comparire sul palco delle autorità un Collega «centenario» il quale, profondendosi in ampi gesti di abbraccio verso tutti noi, mostrò di stringere al petto, con particolare affetto e commozione, la «sua toga», baciandola ripetutamente e invitando tutti noi a seguirlo nel commovente gesto. Egli sbandierava una toga (che mostrava segni evidenti di «utilizzazione» quasi secolare) all'insegna dell'affetto, della fede e dell'attività professionale. La sala del teatro si trasformò in una«selva» di abbracci anche fra Colleghi che non avevano rapporti personali di conoscenza, ma che in quel momento si sentivano tutti partecipanti all'unione di una «grande Famiglia». Nessuno voleva abbandonare la sala, per godere più a lungo il calore dello «storico incontro». * * * II ricordo di quella domenica di ottobre dell'anno 1974 ancora oggi - dopo trent'anni - mi tocca per commozione e per «fremito» di ricordi che infiorano mezzo secolo della mia vita professionale! INCARICHI Delegato alla Cassa Avvocati Consigliere dell’Unione Nazionale delle Curie Componente della Commissione Ministeriale per la Riforma della Cassa Presidente dell’Unione Ordini di Puglia Componente del Consiglio Nazionale Forense Consigliere e Presidente dell’Ordine di Taranto Componente di Commissione Esami Procuratori CONGRESSI NAZIONALI GIURIDICO-FORENSI Napoli, 1949 Trieste, 1955 Bologna, 1957 Palermo, 1959 Genova, 1961 Bari, 1963 Milano, 1965 Venezia, 1967 Torino, 1969 Cagliari, 1971 Perugina, 1973 Catania, 1975 L’Aquila, 1977 Lecce, 1979 Brescia, 1981 (Gardone Riviera) Messina, 1983 (Taormina) Salerno, 1985 (Amalfi) Ancona, 1987 Catanzaro, 1989 Trento, 1991 Roma, 1993 Potenza, 1995 (Maratea) VII - LA TOGA COME ONORE, COME DOVERE, COME MARTIRIO... - Andiamo avanti. A Taranto, nessun incontro fu organizzato? - Sì, infatti. Nella storia degli incontri congressuali, e nell'attività dell'Ordine di Tarante, merita un particolare ricordo Ìl VI Congresso Nazionale della FE.SA.PL, tenutosi proprio nella nostra città nel novembre del 1977. Congresso che concluse i suoi lavori con una importante mozione, nella quale si affermava che "la funzione sociale della Avvocatura richiede la esistenza di condizioni essenziali di indipendenza, capacità morale e tecnica, e di sicurezza economica che spetta ai Sindacati ed alle altre Associazioni forensi di promuovere e realizzare, ed ai Consigli dell'Ordine di garantire, nei limiti della loro competenza istituzionale", e che vide chiamati ai compiti ulteriori di realizzazione dei voti espressi, colleghi di Tarante designati a funzioni rappresentative ed operative in sede nazionale, quali gli Avvocati Carlo Petrone, Salvatore De Franco, Enrico De Francesco ed Enzo Gigante (salvo qualche involontaria omissione). Ma c'è dell'altro: i Consigli Forensi dell'intera Regione Pugliese, convinti della necessità di realizzare una struttura operativa collegiale, si erano costituiti in Unione Regionale delle Curie Pugliesi (con atto del 5 novembre 1983), la cui presidenza venne affidata ad un rappresentante del Consiglio dell'Ordine di Tarante, nella persona del... rievocatore di questi ricordi. L'Unione delle Curie Pugliesi ha effettivamente assicurato, e continua ad assicurare, l'esame di temi e problemi di interesse professionale, al fine di addivenire ad intese e deliberazioni che hanno trovato senso e vigore attuativo nella collaborazione ed intesa tra gli ordini di Bari, Lecce, Foggia, Trani, Tarante, Brindisi e Lucera; struttura regionale che attualmente ha conferito la vice presidenza all'Avv. Egidio Albanese, Presidente dell'Ordine di Taranto. In conclusione, quindi, si può affermare che questa rievocazione storica, culturale ed operativa delle attività svolte dagli Ordini Professionali Forensi nell'ultimo cinquantennio, è stata efficacemente recepita da tutte le forze dell'Avvocatura che, proprio nell'ulteriore corso degli anni (e tuttora) da prova di unità e di tenace affermazione del ruolo rivendicato, mediante l'efficace realizzazione dell'«Associazionismo Forense», che nel nostro Foro ebbe quali precursori, realizzatori e guide, gli indimenticabili colleghi Franco Miro, Rita Peluso e Lucio Tomassini, verso i quali è tuttora vivo, oltre che l'affettuoso ricordo, anche il senso di gratitudine per il loro «storico» impegno oggi validamente affidato a colleghi che ne continuano la loro opera, per le migliori affermazioni della nostra Toga! - Senti, amico mio da sempre, tu sei anche un uomo di cultura, vuoi che non lo sappia io! Sfogliamo ora insieme qualche pagina di libri in cui si parli della toga come onore, come dovere, come martirio anche. - Mi inviti a nozze. Ecco da Edizione Corbaccio, 1932: IL PROCESSO E LA MORTE DI LUIGI XVI di Mario Mazzucchelli, "Parigi, Dicembre 1972. Esaurito l'interrogatorio di Luigi XVI, da parte del Presidente della Convenzione (Valazè), Luigi Capoto dichiara: «Ho chiesto un Collegio di Difesa!». L'Assemblea, nonostante l'opposizione di Maral («...qui non si tratta di un processo ordinario, non ci occorrono cavilli avvocateschi!...»), dopo una lunga discussione approva la proposta del Commissario Petion e decreta: «Luigi Capoto può scegliersi un Collegio di difesa». Luigi designa due difensori, nelle persone di Target e Tronchet (due celebri ed abili Avvocati del Foro parigino); ma Target, con una lettera definita «pietosa» dalla storia, dichiara di non poter accettare. L'altro difensore, nominato nella persona di Tronchet, dopo una lunga «meditazione», scrive a Garat: «Cittadino Ministro, interamente estraneo alla Corte, con la quale non ho mai avuto relazioni dirette o indirette, non mi attendevo di vedermi strappare dal fondo della mia campagna, al riposo assoluto al quale mi ero votato (!?!?) per concorrere alla difesa di Luigi Capoto. Se io non consultassi che la tendenza personale ed il mio carattere (?!?!?) non esiterei a rifiutare la missione, della quale conosco tutta la delicatezza ed il pericolo. Credo, tuttavia, il pubblico troppo giusto per non riconoscere che simile missione si riduce ad essere l'organo passivo dell'imputato, e che essa è doverosa date le attuali circostanze. Non poter, infatti, rifiutare il mio ministero senza assumermi la responsabilità di pronunziare per primo una sentenza che sarebbe temeraria, almeno allo stato attuale. Comunque sia, aderisco al dovere che m'impone l'umanità. Come uomo non posso rifiutare il mio soccorso ad una altro uomo sulla testa del quale pende la spada della giustizia. Vi prego di ricevere il giuramento che faccio nelle vostre mani e che desidero sia reso pubblico, che io non accetterò mai nessuna testimonianza di riconoscenza da chicchessia». Escluso il Tronche! (con un'abile... autodifesa che servì a salvargli la testa!), altri avvocati del Foro parigino, si offrirono spontaneamente alle funzioni della difesa di Luigi Capoto. Fra questi, il più leale ed il più sincero (cosa, però, che non gli evitò di essere giustiziato) fu Lamoignon-Malesherbes, il quale ebbe il .coraggio di dirigere al Presidente della Convenzione la seguente lettera: «Parigi, 11 dicembre 1792. Cittadino Presidente, ignoro se la Convenzione darà a Luigi XVI un collegio di difesa e se gliene lascerà la scelta. In questo caso desidero che Luigi XVI sappia se egli mi sceglierà per questa funzione sono pronto a consacrarmi. Io non vi chiedo di rendere nota alla Convenzione questa mia offerta, dato che sono ben lungi dal credermi un personaggio tanto importante perché l'Assemblea si occupi di me: ma sono stato già chiamato a difendere colui che fu mio signore, nel tempo in cui questa funzione era ambita da tutti. Gli debbo lo stesso servizio, allorché questa funzione è stimata, da molti, pericolosa. Non conosco un mezzo possibile per rendergli note queste mie disponibilità, ed oso rivolgermi a voi. Penso che, dato il posto da voi occupato, vi sarà assai facile comunicargli questo scritto. Sono, con tutto il rispetto, Lamoignon - Malesherbes». In definitiva, furono Tronche! e Malesherebes a difendere Luigi Capeto". Ed ecco quest'altro, più recente: UN MARTIRE DELLA TOGA di Fulvio Croce, Torino, aprile 1977 (da: Franco Grande Ste-vens; VITA D'UN AVVOCATO, Ediz. CEDAM). "Nel maggio 1976, alla Corte d'Assisi di Torino, gli esponenti delle Brigate Rosse revocarono il mandato ai loro difensori di fiducia e minacciarono, in caso d'accettazione dell'incarico, gli avvocati nominati d'Ufficio. Questi ultimi rifiutarono la nomina e protestarono per la loro designazione. In Consiglio, convocato ad horas, fummo naturalmente d'accordo che toccava a noi, che eravamo al governo dell'Ordine, assumere il non lieve peso della difesa d'ufficio. Croce (Presidente dell'Ordine) delegò tale difesa ai Consiglieri Pierangelo Accattino, Massimo Asti, Bruno Bonazzi; Gianvittorio Gabri, Pranzo Grande Stevens, Franco Pastore, Ettore Sisto, Domenico Sorrentino. All'udienza fu richiesto il rinvio del processo alla Corte Costituzionale. Il giorno dopo assassinarono il Procuratore Generale di Genova, Francesco Coco, ed in quello successivo, la Corte d'Assise respinse l'eccezione d'illegittimità costituzionale e rimise il processo all'udienza del 3 maggio 1977. Il 28 aprile di quell'anno (1977), alle ore 15, all'ora della ripresa del pomeridiano in studio, Fulvio Croce, giunto nell'androne, si sentì chiamare da un giovane uomo ad alta voce: «Avvocato!» Si voltò, e fu ucciso. Con l'assassinio di Fulvio Croce si lesero i diritti e gli interessi non soltanto di un Uomo, di una moglie e di una Famiglia, ma quelli dell'intera Avvocatura italiana". Nella cerimonia di celebrazione del martirio di Croce, dopo circa dieci anni dall'avvenimento, la sua figura fu commemorata dall'Avv. Franzo Grande Stevens (Presidente del Consiglio Nazionale Forense) con le parole: "La commemorazione del Martire Croce, serve a trasmettere ai più giovani Avvocati il significato del ruolo e delle tradizioni dell'Avvocatura, come gruppo (indipendentemente dalle grandi individualità) che come lui ne hanno illuminato il cammino". - Ma la mia voleva essere anche una provocazione perché ricordo che nel 1983, in Corte d'Assise di Taranto, successe qualcosa che merita di essere ricordata. - Infatti. L'Avvocatura Tarantina, chiamata allora a prestare la sua collaborazione legale e professionale in occasione del procedimento penale a carico di numerosi «brigatisti di prima linea», vi adempì in condizioni di «pericolo e di minacce»; tanto da meritare, a conclusione del processo, un solenne plauso da parte del Presidente della Corte di Assise giudicante, dott. Angelo Maggi, il quale, con una nota diretta al Presidente del Consiglio dell'Ordine Forense in data 27 gennaio 1984, esaltò la fattiva collaborazione prestata a questa Corte dagli Avvocati tarantini, lodando l'avvenuto espletamento del mandato ad loro affidato, "con dignità e con lodevole diligenza ed impegno, confermando la loro ben nota capacità professionale e la serietà del lavoro, che li contraddistingue". Nella storia delle funzioni dell'Avvocatura, il richiamo di questi, fra i tanti episodi verificatisi, serve a confermare l'importanza e la necessità della collaborazione dell'Avvocatura per la soluzione di tutti i problemi attinenti alla realizzazione di una vera giustizia. CORTE DI ASSISE DI TARANTO PRESIDENZA Taranto, lì 27/1/1984 OGGETTO: Definizione del procedimento penale a carico di Visconti Michele +17, imputati di banda armata ed altro Al Signor Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Taranto Ad avvenuta definizione del processo penale a carico dei brigatisti di prima linea, desidero esprimere il mio più vivo ringraziamento per l'ampia e fattiva collaborazione prestata a questa Corte dagli avvocati tarantini. Sia difensori di ufficio che quelli di fiducia hanno espletato il loro mandato, nell'interesse delle parti civili o degli imputati, con dignità e con lodevole diligenza e impegno, confermando la loro ben nota capacità professionale e la serietà del lavoro, che li contraddistingue. Particolarmente ho ammirato la comprensione delle difficoltà della Corte, derivanti dalla natura e complessità del processo e dalla personalità degli accusati, e il sostegno dato ai magistrati per giungere ad una decisione rapida e ponderata, che ha prodotto favorevoli ripercussioni in tutto il paese. Esprimo perciò a Lei e ai suoi validissimi colleghi, anche a nome dell'infaticabile consigliere Di Todaro, il mio più affettuoso compiacimento e invio cordiali saluti. IL PRESIDENTE DELLA CORTE DI ASSISE Magistrato di Cassazione (dott. Angelo MAGGI) VIII - LA "CORTA PICCENNA", IN VICO STATTE. VERSO LA "CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA" - Attualmente Taranto si sta avviando ad avere addirittura la sua CITTADELLA DELLA al quartiere Paolo VI: essa, a quanto se ne sa, avrà dimensioni notevoli. E il caso di dire "quantum mutatum ab ilio!", là dove, per individuare quell' "ilio", dovremmo ripartire dal Pritaneo magnogreco al quale si è accennato nelle pagine precedenti. Facciamo allora, se credi, una panoramica sintetizzata delle strutture della Giustizia nella nostra città. GIUSTIZIA, - Bene. La notizia della prossima realizzazione della Cittadella della Giustizia è stata ufficializzata recentemente con caloroso ed ottimistico compiacimento dal nostro Presidente dell'Ordine, Avv. Egidio Albanese, apprezzato «esperto della materia», come lo ha definito il nostro Sindaco. La soluzione, lungamente auspicata, finalmente varrà a correggere l'attuale «sparpagliamento» delle strutture giudiziarie in vari punti della città. Ora, il progetto, avallato dall'interessamento della Amministrazione Comunale, e quindi del sindaco Dott.ssa Di Bello, prevede l'accorpamento di tutti gli Uffici Giudiziari operanti nel nostro territorio in un unico complesso edilizio, fatta la eccezione per il Tribunale dei Minori che (per legge) se ne deve «discostare», e che quindi continuerà ad operare nella attuale sede della Città Vecchia, nel meraviglioso ex Convento di Santa Chiara. Il fatto che un lembo della struttura operativa della Giustizia continuerà a funzionare nella nostra amatissima Città Vecchia, o Centro Storico, come è meglio dire, induce ad una serie di riflessioni archeologiche, storielle ed anche di carattere personale. Come, infatti, non richiamare, anche a questo proposito, le antiche strutture che oltre due millenni orsono assicurarono alle popolazioni della Magna Grecia, e successivamente a quelle della civiltà di Roma, il funzionamento della Giustizia ed, in genere, anche il corretto rispetto delle regole disciplinanti la vita pubblica dell'epoca? Al PRITANEO, al quale abbiamo già accennato. Siamo all'epoca della Tarante greca. Fu la sede del Supremo Tribunale di Giustizia ove si riuniva anche il Senato, per la trattazione degli affari dello Stato. Dov'era ubicato? Nella parte più elevata dell'Isola dove è la Chiesa di San Domenico: a poche centinaia di metri di distanza dall'attuale Tribunale dei Minori! Poi venne il FORO CIVILE. Sorto forse in epoca immediatamente successiva a quella del Pritaneo (quando il territorio urbano della Magna Grecia si andava estendendo, nella sua vita artistica e culturale, oltre che commerciale, verso l'est), costituiva il punto di incontro della popolazione, per la trattazione degli affari di Giustizia, e per gli affari degli Amministratori Pubblici della Città, destinato alla promulgazione, anche, delle Leggi e degli Statuti Municipali: vi si ricevevano anche gli ambasciatori esteri! Relativamente ai periodi storici delle successive dominazioni straniere, non si individuano, nel territorio, altri luoghi specificatamente e tipicamente destinati alla amministrazione della Giustizia. In realtà, fino ai tempi a noi molto più vicini, il luogo esprimente il potere supremo del «dominatore», era costituito dal Palazzo del Regio Governatore, ove anche la Giustizia veniva amministrata dai cosiddetti «Giustizieri Provinciali», coadiuvati dai «Baiuli» e dai «Camerari». Va lasciata ad altri studiosi ogni ulteriore considerazione sul senso della «giustizia» amministrata dai «dominatori» come espressione «personale» del potere; così come va rimessa ad altra sede lo studio delle funzioni dell'Avvocatura dell'epoca. È più utile, per quanto attiene strettamente all'argomento, compiere un grande salto, di vari secoli, per poter giungere alla individuazione di una prima vera e propria sede del Tribunale. Una concreta traccia territoriale del Tribunale nella nostra città, si incontra sostanzialmente nell1 anno 1861. Allora, infatti, il vecchio Convento degli Olivetani (prima dei Gesuiti), annesso alla Chiesa del Gesù (ora Madonna della Salute), proprio nel centro storico della Città Vecchia, in seguito alla soppressione di tutti gli Ordini Religiosi divenne un bene «demaniale», e come tale adibito a sede del Tribunale per il periodo dal 1861 fino al 1864. In quest'ultimo anno, infatti, cessata l'autorità del Regio Governatore (o Regio Capitano), il palazzo sito in Piazza Castello venne demolito, ed in seguito alla intervenuta unità d'Italia, al suo posto venne costruito il Palazzo di Città (quello attuale), ove appunto venne allogato il Tribunale. Questa, quindi, nell'era moderna fu la prima sede del nostro Tribunale. Successivamente, appena completato il Palazzo degli Uffici, nella parte nuova della Città, vi venne trasferito anche il Tribunale nel suo complesso, pur se occupando soltanto una «modesta» parte dell'intero edificio. Questa fu la sede che resistè per vari decenni, fino cioè al 1979, anno in cui avvenne il trasferimento nel nuovo Palazzo di Giustizia in Via Marche-Corso Italia. Va rilevato e considerato che l'inaugurazione del Palazzo degli Uffici, e l'insediamento del Tribunale in tale sede, vennero considerati ed esaltati come due momenti «storici» per la vita della città, solennizzati dal discorso pronunziato da Alessandro Criscuolo, già richiamato. II Tribunale, sistemato lì, funzionò bene tanto che nella Assemblea Generale tenutasi il 12 gennaio 1897, il Procuratore del Rè, Avv. G. De Pirro, nel resoconto fatto ai presenti, solennemente dichiarò: "Prima di esporre le risultanze statistiche, consentitemi che a nome della Magistratura assolva a un debito di gratitudine verso il Municipio Tarantino se i nostri uffici, qui trasferiti da località disadatta ed impropria, siano ora con eleganza arredati, ed abbiano acquistato quella appariscenza esterna di decoro che contribuisce a mantenere il prestigio dei Pubblici Funzionar!". Nell'anno successivo (1898) lo stesso Alto Magistrato manifestava il bisogno di aumento del personale, "stante la accresciuta importanza del Tribunale". Egli, infatti, con dati alla mano, segnalava che le sentenze civili pronunciate erano passate da 51 a 55, e quelle penali da 99 a 904. E concludeva con l'aspirazione della istituzione di un'altra Sezione del Tribunale, "per fare paghi i bisogni di questa popolazione, e rendere operativa, energica ed efficace l'azione della Giustizia nell'intero Circondario". Sembra di poter oggi reiterare i medesimi voti, in funzione delle nuove strutture giudiziarie che andranno a costituire la Cittadella della Giustizia! - Ne parleremo dopo. - Sì, certo. Va aggiunto però che, nonostante le ristrettezze operative in cui si realizzò l'Amministrazione della Giustizia negli anni dal 1940 al 1950, tutti i magistrati tarantini ed i funzionar! degli Uffici Giudiziari dettero prova di tenace applicazione, di dignitoso ed autorevole prestigio, tanto da meritare in ogni sede, e quindi anche da parte degli Avvocati, le più sincere espressioni di stima, di fiducia e di apprezzamento culturale per quanto prodotto nel settore dell'Amministrazione della Giustizia, anche in tempi difficili. Tuttavia, le prime gravi carenze strutturali cominciarono ad evidenziarsi verso il 1960: ciò avvenne con la ripresa delle attività commerciali ed industriali della Provincia; con lo sviluppo dell'edilizia pubblica e privata; con un accresciuto tasso Anno 1967: il Consiglio dell'Ordine esamina ed approva il progetto per la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia in via Marche. Gruppo di Consiglieri e Presidente: VigUone, Carlucci, de Palma, Picard, Mattesi, Esposito, Mastrandrea, Scrimieri e Fortunato. di criminalità; con lo sviluppo legislativo del nuovo Diritto del Lavoro; con il contenzioso conseguente alla accresciuta circolazione stradale. E nonostante la buona volontà e l'applicazione di tutti gli operatori nel settore Giustizia, cominciò ad avvertirsi la necessità di interventi per un adeguamento delle esigenze di spazio, di operatori e di strutture moderne. Tutto ciò determinò, già negli anni "60, una pulsazione «patologica» specialmente in relazione alla insufficienza dei locali destinati alle accresciute esigenze dei servizi giudiziari. Sostanzialmente si rendeva necessaria una nuova sede. Si coltivava, da qualche anno, la illusione di poter destinare ad Uffici Giudiziari, l'intero Palazzo degli Uffici. - Lo volevate tutto per il Tribunale, il Palazzo degli Uffici? - Magari! Ma dove sistemare gli Istituti Scolastici che pur da molti anni vi erano allogati? Si faceva eccezione per il Liceo Archita, guardato da tutti in termini di «intangibilità» per motivi storici ed affettivi largamente condivisi. Ma il problema risultava insolubile nei termini auspicati, onde non restava che guardare... altrove verso le zone «nuove» della città. La decisione venne rapidamente adottata, e quindi il giorno 5 giugno 1970 si dette luogo all'avvio dei lavori di costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia. All'epoca, il problema sembrò risolto; ma poi si svilupparono altre esigenze, degne di essere separatamente considerate, nella loro imponente attualità. Dopo vari anni, precisamente nel 1979, la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia al corso Italia/via Marche, venne ultimata, e si procede (quasi alla chetichella, ed in tempi separati) al trasferimento dal Palazzo degli Uffici alla nuova, grandiosa sede. Nessuna cerimonia di inaugurazione! I vari Uffici provvidero al trasloco, e ciò fece anche l'Ordine degli Avvocati, sistemandosi al quarto piano. In verità, si profilarono persino ipotesi di negazione all'Ordine di avere nel Anno 1970: posa della prima pietra per la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia, in via Marche. Il discorso del Presidente, Avv. Pio Picaro, alla presenza del Sindaco prof. Cura e delle altre Autorità cittadine. Palazzo di Giustizia la propria sede {anche se il progetto di costruzione aveva previsto per tale sistemazione l'intero quarto piano!). Alla fine, dopo animata discussione, si concordò di utilizzare come sede dell'Ordine la parte dei quarto piano, quale è attualmente occupata. Certo la nuova sede, rispetto alla precedente, parve avere un fondo di sontuosità, così come tutti gli altri Uffici del Tribunale, della Procura della Repubblica, e della Pretura che avevano trovato una sistemazione prestigiosa, in considerazione del numero più che doppio dei locali occupati nel vecchio edificio. Seguì, in tempi brevi, anche una moderna realizzazione di arredamento che dette al Palazzo un tono di eleganza e di funzionalità. Persino la Conciliazione si sistemò al piano terra, con un numero di vani ben arredati, assicurando la immediata ripresa del servizio delle udienze e della Cancelleria. Altro che la «CORTA PICCENNA» di Vico Statte (alla Città Vecchia), ove in tempi remoti operava la Conciliazione di Taranto! - A questo punto dobbiamo dire che cos'era la «CORTA PICCENNA», perché credo che ormai pochi sappiano che cosa fosse, lo ricordo la storiella raccontata negli anni '30 da Michele De Noto sulla «Voce del Popolo», poi pubblicata insieme con tutte le altre in un volume curato dal prof. Stefano Milda (ed. Mandese, 1991). - Come no, quel racconto lo ricordo anch'io. La CORTA PICCENNA era un luogo a noi tanto caro nel ricordo della prima giovinezza, poiché avemmo occasione di vedervi confluire il popolo minuto dell'Isola, per chiedere giustizia in ordine a pretesi soprusi, a minuscole vicende finanziarie, a controversi rapporti di vicinato, a recupero di crediti di modestissima entità: quali specialmente, e numerosi, quelli degli esercenti la vendita di generi alimentari, che fornivano i viveri a modesti operai, con la forma della «libretta», sulla quale venivano annotate le prestazioni quotidiane ed il relativo importo, controfirmate magari con un... segno di croce: il tutto con pagamento differito al momento del percepimento della paga! Lo avevo conosciuto, in tenera età, il detto «luogo sacro» in compagnia di mio Padre, chiamato a rendere una testimonianza in una questione di modestissimo valore. Ma il funzionamento della CORTA PICCENNA mi fece molta impressione, ed anche in tempi successivi la visitai in compagnia di Giacinto Peluso (caro e indimenticato amico, oltre che vero «storico» della nostra Tarante) il quale, per lunghi anni, era vissuto nella zona con la famiglia. Con lui ricordammo i Giudici Conciliatori della nostra età giovanile, valorosi avvocati e figure sentitamente stimate della popolazione: don Giacinto Gazzoni, e don Abramino Mastronuzzi. Il primo, abitante nella Piazzetta dell'Arcivescovado; il secondo al Vico Nasuti, ubicato sul lato nord del Palazzo di Città. In occasione di tali ricordi, rievocammo le vicende relative alla tenuta delle udienze nella detta sede. Esse costituivano un fatto storico per le modalità con cui veniva preparata la seduta, prima dell'insediamento del Giudice nell'Aula. I «conciliatori» si muovevano, nel giorno di loro competenza, dalle rispettive suddette abitazioni, entrambe quasi equidistanti dalla Sede Giudiziaria; ma il tragitto da compiere, per entrambi, si presentava sistematicamente «disturbato» dalle parti interessate alle cause del giorno, le quali si avvicinavano lungo il percorso, facendoli giungere trionfalmente alla CORTA PICCENNA per le loro rispettive funzioni, ma «innervositi» se il detto... cerimoniale consentiva all'altro giudice di giungervi per primo, per insediarsi nella tenuta dell'udienza! Una buona parte del tempo destinato all'udienza veniva, quindi, impegnato per fare cessare, a tutti i livelli, il nervosismo che si era determinato. Unico, pacifico protagonista, era il cane da caccia di don Giacinto Gazzoni il quale, appena giunto nell'aula, si insediava sulla poltrona del Giudice, quasi a difesa della... priorità del suo padrone, che stava per arrivare! Ma infine tutto si ricomponeva, anche con la mediazione degli avvocati frequentatori dell'Ufficio, quali l'avvocato Bufalicchio, l'avvocato Casavola, ed anche il giovane, ben promettente, avvocato Alessandro Criscuolo! L'udienza, infine, si concludeva sotto la guida e l'autorità conciliativa del vero «Giudice di Pace» (ante litteram). Quanto diversi gli Uffici di Conciliazione al nuovo Palazzo di Giustizia: giudici conciliatori quasi tutti giovani (compreso l'esponente, chiamato alle funzioni nell'anno 1944, funzioni tenute per circa un quarantennio di dirigenza dell'Ufficio), con personale di cancelleria adeguatamente preparato proveniente dagli Uffici di Segreteria del Comune. La vita e l'attività di tutti gli Uffici Giudiziari nel nuovo Palazzo di Giustizia si realizzarono con grande impegno e con efficace e diligente attuazione di tutti i servizi che assicuravano l'amministrazione della Giustizia del Circondario. In tali condizioni di impegno operativo, e di produzione giudiziaria in tutti settori, non tardò a far «capolino» l'aspirazione a vedere istituita, anche a Taranto, quanto meno una Sezione Distaccata della Corte di Appello. Se ne comincia a parlare come di una segreta «ambizione». Se ne parla fra colleghi, se ne parla con i giudici; anche gli uomini politici locali mostrano di voler interessarsene. La “corta piccenna”, al Vico Statte della Città Vecchia” Va ricordato un primo incontro nella sede dell'Ordine, sotto la presidenza dell'avvocato Picaro: se ne parlò solo in termini di soluzione auspicata; la seduta è stata definita sul Notiziario del Sindacato, come "avvenimento da amarcord: la Corte di Appello a Tarante: 1968 - padri e... ragazzi padre" (la foto dell'incontro conferma tale affettuoso ricordo). Se ne parlò anche nell'ufficio del giudice Piergiorgio Acquaviva (ove ci incontrammo col dr. Cassano, con Lucio Tommasini, con l'Avv. Mattesi e con l'Avv. Castronuovo). Tutti incontri densi di auspici e di impegni operativi, per il raggiungimento di tale riconoscimento alla cospicua attività giudiziaria prodotta dai nostri uffici del circondario. In una nota di cronaca del «Corriere del Giorno» del 18 gennaio 1988, si diede atto che "l'Avv. de Palma, neo eletto quale componente del Consiglio Nazionale Forense, si batterà soprattutto per la riforma e la revisione delle circoscrizioni giudiziarie (leggi: Corte di Appello a Tarante)", sotto il titolo "Impegno dell'Ordine Forense: la Corte di Appello è di nuovo alla nostra portata". Anno 1968: i primi incontri per l'impostazione del problema dell'istituzione della Corte di Appello a Tarante, ideila foto, ripresa nel Consiglio dell'Ordine, si riconoscono Petrone, de Palma, Luigi Mancini, Pio Picaro, l'Aw.Franco De Gennaro (giornalista). In effetti, l'aspirazione a vedere istituita nella città la Corte di Appello era stata fervidamente segnalata anche al ministro Merlino, in occasione di una sua visita a Tarante nell'ottobre 1979. Pur non nascondendo problemi di burocrazia statale e di finanziamenti speciali, il ministro ebbe un colloquio «assillante» con l'Ordine degli Avvocati, col rappresentante del Sindacato Forense, ed anche con gli esponenti della Magistratura tarentina, esprimendo - alla fine - l'augurio di poter dotare la nostra città almeno di una Sezione Distaccata della Corte, Tale programma, se pure parziale, venne efficacemente sostenuto in un immediato successivo incontro a Roma, per esaminare concretamente la fondatezza «operativa» della nuova istituzione giudiziaria, validamente sostenuta, dalla delegazione dell'Ordine Forense, nonché dal rappresentante del Sindacato, l’Avv. De Francesco, il quale (quasi profeticamente per quanto poi è avvenuto con l'istituzione delle Sezioni Stralcio Anno 1988: intervento del Comitato Giustizia in Roma, presso il Consiglio Superiore della Magistratura. Insieme a! Sindaco prof. Guadagnalo (ai centro), partecipano il dr Piergiorgio Acquaviva, il dr Venuto, il dr Ippoìito, il dr Sebastio, e gli Aw.ti Tagariello, Leopardi, de Palma, Scrimieri, Castronuoro, Salerno e Mattesi. ora operanti) segnalò la disponibilità della Classe Forense a contribuire ad infoltire le unità dei giudici (numericamente non sufficienti) con l'accesso alla Magistratura di avvocati aventi i requisiti per la prestazione del servizio, nell'ambito delle istituzioni giudiziarie. Dopo l'incontro avvenuto a Roma, con la partecipazione anche di magistrati tarentini, venne realizzata una vera e propria «mobilitazione» per la sollecitazione della invocata istituzione. Seguirono, negli anni successivi, dopo un incontro col ministro Vassalli (sollecitato dal Consiglio Nazionale Forense a mezzo del rappresentante di Tarante in seno allo stesso), vari incontri con magistrati ed anche operatori politici della nostra città. Meritevole di segnalazione e gratitudine, sull'argomento, un incontro promosso dal Segretario Provinciale del PSI, Pascarella, che ebbe luogo il 3 giugno 1989 con la valida partecipazione del dr. Venuto (presidente del Comitato Giustizia di Tarante), nonché dell'Avv. Raffaele de Palma (componente del Consiglio Nazionale Forense), e dell'Avv. Carlo Petrone, Presidente Nazionale della FEDERAVVOCATI. L'incontro fu denso di considerazioni propositive validissime, e di impegno su vasta scala, perché l'aspettativa venisse finalmente realizzata. Le iniziative furono intensificate con il successivo eccezionale attivismo del Comitato Giustizia di Ta-ranto, sotto la presidenza del dr. Venuto, e con la collaborazione validissima di avvocati, magistrati e parlamentari, tanto che finalmente, con la Legge 26 luglio 1991 n. 235, venne istituita in Tarante una sezione distaccata della corte di appello di Lecce ed una sezione di corte di assise di appello. Fu necessario, per non perdere il «treno», disporre la sistemazione «provvisoria» di tutti i nuovi Uffici Giudiziari in un complesso edilizio al quartiere Paolo VI e, con la tenace volontà di tutti, in breve tempo la Sezione cominciò a funzionare con perfetta organizzazione, con diligente prestazione professionale di magistrati, avvocati e funzionar!, e con fervido impegno dell'Amministrazione Comunale di Taranto, che in breve tempo consentì la realizzazione di una sede persino elegante, quale è quella «provvisoria» attuale. Provvisoria, sì, perché ora finalmente si prevede una soluzione territoriale più ampia, più idonea e più adeguata alle funzioni giudiziarie del nostro territorio. Ben venga subito la CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA! E ben tornato, dopo tremila anni, il nostro PRITANEO! L'attuale sede "provvisoria" della Sezione Distaccata della Corte d'Appello, al "Paolo VI" IX - GLI INCONTRI CULTURALI E GIURIDICI INTERNAZIONALI. LO SCIOPERO «BIANCO» CHE... PORTÒ ALLA REALIZZAZIONE DELLA CORTE D'APPELLO IN TARANTO! - Se ricordo bene, ti è occorso, durante gli anni di intensa attività forense, di fare anche qualche puntata all'estero. Ne vuoi accennare? - Volentieri, e devo dire che è stato un piacere, oltre che un dovere, quello di partecipare, in rappresentanza degli Avvocati di Tarante, ad incontri culturali e giuridici di carattere internazionale. Si aveva, così, la possibilità di «confrontarsi» con i colleghi di altri Paesi, e di realizzare una conoscenza oltre che analitica, anche comparativa dei sistemi giudiziari operanti in altre Sedi. UNA SETTIMANA IN RUSSIA. L'incontro con i Colleghi, ed anche con i Giudici Moscoviti, fu certamente molto interessante per il momento storico in cui esso avveniva (eravamo nell'anno 1985). Il viaggio a Mosca e a Leningrado potè realizzarsi soltanto con la collaborazione, valida e diligente, dei rappresentanti in Tarante della Associazione Culturale Italia-URSS, e con l'assistenza del collega Avv. Piero Pierri, il quale si attivò perché - in tale occasione - si realizzasse il desiderato incontro con gli esponenti del mondo giudiziario e forense di Mosca. Il gruppo dei partecipanti al viaggio era costituito prevalentemente da avvocati (anche di altri Fori Pugliesi), e di esso facevano parte i colleghi tarantini Nicola Sebastio, Claudio Comegna e Natalia Boccuzzi, con la gradita presenza, anche, di vari amici e signore di Tarante. A parte le «varianti» turistiche, l'incontro con gli Avvocati ed i Giudici (questi ultimi tutti di provenienza elettiva dal popolo), ebbe un vero successo! Eravamo nell'anno in cui in Russia si avvertivano i segni premonitori di un mutamento della politica sociale ed estera dell'URSS, con l'assunzione del potere da parte di Gorbaciov, il quale proponeva al popolo russo un nuovo programma politico all'insegna del realismo, e con lo sviluppo di una necessaria «democrazia socialista». Si sentiva, nel Paese, un clima di «cambiamento» con marcato desiderio di pace e di progresso, come i colloqui «sinceri» che quotidianamente avevamo con esponenti di vari ceti sociali della popolazione, ci confermavano. Per noi tarantini, poi, si aggiungeva la circostanza che proprio da poco tempo era stato avviato il «gemellaggio» della nostra Città, con quella di DONETSK, impegnata in attività industriale affine a quella del nostro Centro Siderurgico. In presenza di tale coincidenza, fu più facile realizzare il desiderato incontro che avvenne, con sinceri sentimenti di stima e di apprezzamento per i valori del diritto assicurati, nella Giustizia Moscovita, da una classe forense particolarmente esperta nella soluzione di problemi di carattere socioeconomico, e con la presenza di una Magistratura, «eletta dal popolo» e come tale garante della tutela dei diritti del cittadino. L'incontro avvenne con uno scambio di saluti, ed a conferma dei citati rapporti di amicizia insorti fra le due città, la nostra comitiva fece dono ai colleghi di Mosca di una copia del tuo volume «IMMAGINI TARANTO», con meravigliose fotografie del nostro territorio, tali da invogliare il «dichiarato proposito» di venire a conoscerlo di persona! Ovviamente, lo scambio di considerazioni sui due sistemi giudiziari attenne essenzialmente alla particolare natura delle strutture giudiziarie, prevalentemente impegnate nella tutela dei diritti dei lavoratori. La Rappresentante della Magistratura Moscovita si associò al saluto, esprimendo anche riferimenti storici ai principi indistruttibili della cultura vetero-romana. In occasione del detto incontro, vennero assicurate considerazioni di particolare simpatia per il popolo italiano, del quale si segnalava, come meritevole di ogni umana considerazione, il comportamento usato verso le popolazioni della Russia nel periodo della invasione tedesca, in termini di comprensione e di aiuto. I partecipanti all'incontro finirono con l'abbracciarsi, nella esaltazione delle bellezze del nostro Paese, e dello spirito sincero dell'amicizia fra i due popoli. IL FORUM DI GINEVRA. La partecipazione al «Forum» di Ginevra costituì un altro tipo di incontro. Eravamo ancora lontani dalla costituenda area operativa della Comunità Europea, ma si avvertiva, già di fatto, il bisogno di intensificare, reciprocamente, la conoscenza dei metodi di studio e di realizzazione delle attività giudiziarie e forensi dei vari Paesi aderenti, Tali incontri si realizzavano ai fini dello studio di istituti giuridici che, se pur confermati dal riferimento al classicismo del diritto romano, risultavano tuttavia abbisognevoli di revisioni applicative adatte alle esigenze ed ai nuovi rapporti della società moderna. In occasione di tali incontri internazionali, per noi italiani era un vero piacere (ed anche un motivo di orgoglio) il constatare che tutti i riferimenti essenziali al Diritto ed alla attività giudiziaria e forense, finivano col richiamarsi ai precetti dell'antico Diritto Romano, noti a tutti i partecipanti, anche se operanti in altri Paesi. In quasi tutti gli interventi, infatti, si reiteravano le citazioni di Giustiniano e di Cicerone; ed accadeva persino che interi passi e definizioni del Digesto Romano venissero enunciati in lingua latina, anche se con un'inevitabile «deformazione» di pronuncia! La realizzazione di tali incontri all'estero era stata anche sollecitata dal nostro Ministro di Grazia e Giustizia del tempo, sin dai primi dell'anno 1986, quando l'On.Le Avv. Virginio Rognoni, in tale funzione, consigliò la realizzazione dello scambio di informazioni e di documenti, mediante la costituzione di vari Centri di Studi destinati a tenersi reciprocamente al corrente di leggi, progetti di legge, dibattiti ed interrogazioni parlamentari, provvedimenti di natura giudiziaria e costituzionale, nonché con l'acquisizione di dottrine attinenti ai «diritti dell'uomo». Attività complessa, ma ben coordinata, la quale servì poi anche alla riuscita dell'organizzazione del Convegno che ebbe luogo a Ginevra, nel Palazzo dell'O.N.U., nell'ottobre 1986 per la durata di tre giorni, densi di applicazione. Il dibattito fu sempre particolarmente elevato, per la presenza di autorevoli esponenti degli Ordini Forensi di vari paesi. Le relazioni ufficiali furono tenute da valorosi studiosi di Diritto, quali il prof. Bedel del Foro di Parigi, dell'Avv. Scamoni dell'Ordine di Milano e dell'Avv. Prof. Robert Me Kay dell'Ordine di New York. Al Foro partecipavano ufficialmente anche i dirigenti del «Centro dell’ONU per i diritti dell'uomo», proprio in preparazione della successiva, ampia ed aggiornata normativa, in aggiunta alla enunciazione già fissata nella convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950, e già effettivamente operante presso i Paesi aderenti. Il ricordo di quell’incontro mi rimane particolarmente gradito, perché in quella sede mi fu consentito di rilevare quali funzioni anche operative, politiche e sociali, può avere il contributo di una attenta Avvocatura, impegnata nella sua essenziale funzione di tutela dei diritti del cittadino, in tutti i paesi sensibili alla autorità democratica della Giustizia, ed impegnati alla realizzazione delle progressive riforme. - Mi viene voglia di chiederti come e perché nacque una clamorosa protesta degli avvocati tarantini, mi pare nel 1988: un lunghissimo sciopero di cui si interessarono giornali, radio e televisioni. Che cosa successe e come finì. - In effetti, si trattò di una questione seria. Nella primavera del 1988, proprio mentre si svolgevano (presso gli organi legislativi) i lavori «valutativi» della Commissione Ministeriale addetta alle riforme delle strutture e delle Circoscrizioni Giudiziarie (fra cui l'auspicata istituzione di una Sezione della Corte di Appello di Lecce nella nostra città), scoppiò la «grana» del cosiddetto «sciopero bianco» del personale delle Cancellerie e delle Segreterie del nostro Tribunale. L'iniziativa, fondata su valide ragioni di carattere sindacale, coinvolse e condizionò l'attività di tutti gli operatori nel settore giustizia, quali i Magistrati, gli Avvocati e le stesse parti. La decisione adottata, e posta a base operativa dello «sciopero bianco», si realizzava prevalentemente nella tenuta «corretta» delle udienze, mediante la redazione dei verbali, unicamente ad opera dei cancellieri presenti in udienza, e sotto la dettatura del giudice di turno, oltre che (ovviamente) con la partecipazione degli Avvocati e, se necessario, anche delle parti, nel caso di assunzione di mezzi istruttori orali. Encomiabile proposito di «correzione» processuale, ma compromissione seria della concreta attività forense. Era quindi, prevedibile (come avvenne) che l'intera classe forense tarantina, in contrapposizione alla protesta dei funzionar! giudiziari, realizzasse una vibrata agitazione unitaria, validamente motivata, ed anche tatticamente utilizzabile per la soluzione dei gravi problemi dell'amministrazione giudiziaria nel territorio della Provincia. Pertanto, sotto la valida guida, anche organizzativa, del presidente del nostro Ordine, Avv. Armando Esposìto (che nella circostanza utilizzò, oltre che il suo «carisma», anche l'esperienza operativa che gli derivava dalla ultra trentennale attività di Componente del Consiglio dell'Ordine, ed in particolare di Consigliere Segretario dello stesso), in concorde intesa con i rappresentanti delle organizzazioni professionali forensi, oltre che con l'autorevole intervento del presidente della Camera Penale di Tarante Aw. Cesare Maltesi, si realizzò la contro-agitazione. Ometto qui di rilevare che qualche «malinteso», ed anche qualche fondato dubbio che l'Ordine potesse obbligare i pro-pri iscritti ad attenersi alle direttive dell'agitazione (sotto formale comminatoria di adozione di provvedimenti disciplinari per gli... inadempienti; sul che anche io ho espresso le mie perplessità, condividenti con quelle del Sindacato Forense, nel senso che nel contrasto fra il dovere di osservare le direttive dell'Ordine, e quello di assolvere ai propri doveri istituzionali e professionali a favore del cittadino-cliente, dovesse prevalere l'osservanza di tale «dovere»), è certo che nel mantenimento del... calore dell'agitazione, che durò oltre due mesi, si inserì e si confermò la formale rivendicazione in atto, relativamente all'adeguamento delle strutture giudiziarie del nostro territorio. La manovra presso i Superiori Organi Ministeriali e Legislativi, quindi, trovò tutti uniti. Infatti, il Consiglio Nazionale Forense, a mio mezzo (quale rappresentante degli Ordini della Corte di Lecce in seno a tale Organo), evidenziò la gravita dei problemi che assillavano la nostra Classe Forense tanto da provocare, ed ottenere, un colloquio con il ministro Vassalli, il quale prese in considerazione le rivendicazioni strutturali della categoria, e nel salutarmi (avevo avuto con lui anche rapporti professionali della... prima giovinezza) disse una augurale frase, seriamente impegnativa: "Arrivederci in Corte di Appello a Taranto!" Devo qui doverosamente dare atto che il collega Carlo Petrone, attivo operatore nel settore dell'associazionismo forense (quale, all'epoca. Presidente Nazionale della FEDERAVVOCATI), con appropriate motivazioni, anche nel senso comparativo della duplice, concordabile funzione dell'Ordine Forense e delle Associazioni di categoria, esplicò un valido intervento, tendente a caldeggiare la soluzione dei problemi attinenti alla "revisione delle Circoscrizioni Giudiziarie" come mezzo valido per la corretta e sollecita amministrazione della Giustizia. Grazie anche al validissimo attivismo del Comitato della Giustizia, operante in Tarante sotto la presidenza del dott. Enzo Venuto, i problemi si avviarono verso la loro soluzione, a passi di «posta celere»; e ciò che avvenne nel giro di pochi mesi, è storia: la sezione della Corte di Appello di Lecce a Taranto. Giova infine annotare, per la completa valutazione operativa delle Associazioni Forensi, che l'argomento, e la migliore strutturazione delle agitazioni degli avvocati (volta a sollecitare sempre la realizzazione delle valide riforme per la puntuale amministrazione della Giustizia) trovarono la più valida regolamentazione nel "Codice di autoregolamentazione degli scioperi", deliberato dall'Assemblea dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura italiana, nell'assemblea del 19 gennaio 1996, di cui mi limito a riportare il punto più impegnativo e significativo, come espresso nell'ari. 4 del detto Codice, ove si afferma solennemente che: "La astensione è proclamata ogni volta si verifichino, anche in ambito locale, gravi lesioni dei diritti fondamentali dei cittadini, delle garanzie essenziali del processo, della libertà, dell'indipendenza e della dignità dell'Avvocatura, o in presenza di atti o comportamenti che offendano o limitino gravemente la funzione del difensore". Tutte le norme operative, previste dal detto Codice, sono l'espressione più genuina della tutela dei diritti dei cittadini, affidata all'avvocato, con assoluta esclusione di interessi parti-colaristici di categoria. Il che fa proprio bene, per l'affermazione sociale della nostra professione! La solidarietà del Consiglio Nazionale Forense agli Avvocati tarantini (27 maggio 1988) MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE IL CONSIGLIERE SEGRETARIO Roma, 27 maggio 1988 Prot. N. 862/88 Onorevole Avv. prof. Giuliano VASSALLI Ministro di Grazia e Giustizia ROMA Ill. mo signor Avv. Raffaele DE PALMA Componente il Consiglio nazionale forense Lungomare Vitt. Emanuele III", n. 29 TARANTO Onorevole Signor Ministro, nella seduta di questo Consiglio nazionale forense del 26 u.s. è stata ascoltata la relazione del Consigliere avv. Raffaele de Palma in ordine alle gravi difficoltà in cui si dibatte il funzionamento degli Uffici giudiziari nel Distretto della Corte di Appello di Lecce e, più gravemente nel circondario del Tribunale di Tarante, ed è stata espressa la solidarietà del Consiglio nazionale forense ai colleghi di quel Distretto che da molti giorni sono in stato di agitazione mediante totale astensione della partecipazione alle udienze civili e penali, comprese quelle relative a processi con detenuti. Data l'eccezionale gravita della situazione, il Consiglio nazionale forense, ha delegato il consigliere avv. Raffaele de Palma perché, di concerto con i rappresentanti degli Ordini forensi interessati, prenda contatto con l'Onorevole Ministero di Grazia e Giustizia e con il Consiglio Superiore della Magistratura allo scopo di sollecitare l'esame della situazione segnalata, per l'adozione degli urgenti interventi di rispettiva competenza. Con ossequio (f.to EDILBERTO RICCIARDI) X - ONORE AI PRESIDENTI Avv. Cav. di Gran Croce ALESSANDRO CRISCUOLO (1852/1938) Per vari anni ricoprì la carica di Presidente del nostro Ordine. Giurista, scrittore, oratore brillante, ed epigrafista illustre. Birico Messina, giurista ed Avvocato di fama nazionale, definì la sua eloquenza "aurea", e Francesco Rubichi, insigne penalista di Lecce, riconobbe in Criscuolo "una delle più preziose e seducenti espressioni del pensiero e dell'arte magno-greca". Il suo stile oratorio, applicato alla professione forense, era davvero superiore."Fin dalle prime battute si sentiva che il tono era diverso da quello degli altri; che la sua personalità era diversa da quella che egli ostentava nella vita. Egli si rivelava, pienamente, quando la fiamma dell'eloquenza lo squassava, quando la tempesta gli sconvolgeva il lago del cuore, scoprendone il fondo". Così la sua oratoria venne definita da un valoroso concittadino, il prof. Gioacchino De Vincentis, che illustrò la figura di Criscuolo in una nota biografica pubblicata dalla Rivista "L'ELOQUENZA", sul n. 5/6 Voi. I del maggio 1936 (ANTOLOGIA CRITICA E CRONACA, fondata dal concittadino, pure egli illustre, quale fu l'Avv. Antonio Russo). Nella citata nota, si ricordava anche il grande amore che Criscuolo aveva avuto per la TOGA: "Nessuno forse l'ha amata come lui, di un amore così esclusivo, così nobile, così appassionato". Ed infine si ricorda che, quando Magistrati ed Avvocati gli offrirono una medaglia d'oro, egli disse: "Come il granatiere di Heine, io vi dico: Che questa vostra medaglia mi sia posta sul lato del cuore, perché anche spento - voglio ergermi, avvolto nella TOGA, e starvi accanto non visto". Molto apprezzabile quindi l'iniziativa della locale sezione dell'A.I.G.A, per aver a suo tempo organizzato una conversi-zione finalizzata al ricordo della figura «cittadina», oltre che forense, dell'Avv. Criscuolo: incontro che ebbe un carattere di «solennità» per la presenza oltre che di varie autorità locali, anche del sindaco On.ie Cito, che vi intervenne all'ombra del Gonfalone della nostra Città. Va anche dato atto della successiva iniziativa della stessa AIGA di intestare un'aula, del nostro Tribunale, al nome dell'Avv, Alessandro Criscuolo, mediante applicazione di una lapide all'interno dell'aula, avente il richiamo della medaglia d'oro conferita in vita all'Avv. Criscuolo il 3 maggio 1925, e con l'integrale richiamo delle parole pronunziate dal Festeggato in tale circostanza, quali: "La storia delle genti civili è legata alle sorti del nostro ministero". Il primo solenne ricordo (in questa parte del nostro lavoro), viene quindi rivolto con affettuosa "esaltazione della Toga" verso chi ci insegnò ad amarla "di un amore nobile, esclusivo ed appassionato". On.le Avv. AGILULFO CARAMIA Si era da poco spenta l'eco di una robustissima arringa pronunziata fa Oronzo Massari, l'indimenticabile principe della parola, allorché in difesa di un imputato di duplice omicidio volontario aggravato sorgeva Agilulfo Caramia. Il compito del difensore era difficilissimo sia per l'estrema gravita dei delitti contestati sia perché nell'aula della Corte di Assise si avvertiva la profonda impressione suscitata nell'animo dei giudici dal precedente oratore. Tanto che Caramia esordì facendo cenno a tale circostanza. Nel corso della sua arringa, impeccabile sul piano formale, densa di contenuti nella analisi dei fatti e nella introspezione psicologica dell'agente e profonda nella valutazione delle circostanze aggravanti, Agilulfo Caramia ripercorse puntualmente la storia della evoluzione del concetto di premeditazione con superba maestria sì che Alfredo De Morsico, che col Caramia divideva la responsabilità della sorte dell'imputato, ebbe a confessare di avere appreso nella circostanza preziose nozioni non riportate nei testi da lui letti. La corte ritenne l'imputato colpevole di omicidio continuato. Il processo di cui sopra fu celebrato in Tarante nel 1954 dinanzi alla Corte di Assise e la difesa del Caramia fu una delle ultime pronunziate dall'insigne penalista. Questi, per circa cinquanta anni, tenne alta la fama del Foro di Tarante nell'arengo nazionale. Fu allievo del grande avvocato ed umanista tarantino Alessandro Criscuolo. La sua oratoria presentava un periodare assai articolato ed era ricchissima di citazioni giuridiche e letterarie. La sua eloquenza fu barocca, elegantissima, penetrata di finissima psicologia. Caramia fece parte di quella fulgida costellazione che si inarcò intorno al nome solare di Francesco Rubichi. Come tutti i grandi penalisti, Caramia possedette una profonda conoscenza del diritto civile, conoscenza che riteneva indispensabile alla formazione dell'avvocato penale. Ai giovani che si affacciavano alla carriera forense soleva ripetere che "Nella nostra professione si entra con i piedi di colomba e non con la fanfara trionfale". Il Caramia utilizzò per sé medesimo la massima di vita professionale che ho ricordato. Spiccato il volo, per solito gli si opponevano avversar! di immenso valore quali Michele De Pietro, i fratelli Massari, Pietro Di Mase ed Antonio Altamura. Protagonista nella Corte di Assise, assurse a fama nazionale. Il suo nome è riportato anche nella "STORIA DELLA ELOQUENZA" di Titta Madia: tra i grandi avvocati di ogni tempo. Vantò allievi di eccelso valore che ne onorarono l'insegnamento, tenendo alto il prestigio del nostro Foro. Per lunghi anni fu Presidente del Consiglio degli Ordini Forensi di Tarante. Con la sua scomparsa (1963) venne meno l'ultimo dei classici. SÌ spense un astro nel firmamento del nostro Foro ma già altri astri nascenti cominciavano a brillare. Avv. Francesco Smiraglia Avv. PIO PICARO Conobbi l'Avv. Pio Picaro versò la metà degli anni Cinquanta, quando, ancora studente in giurisprudenza, mi affacciai timidamente, accompagnandomi a mio zio, negli ambienti forensi. Avevo avuto modo di sapere che, per una sua monografìa in tema di revocatoria fallimentare, era dai più citato in trattati di diritto commerciale e di apprendere, nel contempo, che era uno dei principi del foro tarantino. Pertanto, rimasi sorpreso del suo modo di accostarsi, di trattare, di discutere con tono calmo, pacato, modesto, tanto da porre l'interlocutore su un piano di inaspettata parità, sempre a proprio agio, e mai col tono cattedratico che, pure, poteva competergli per unanime riconoscimento. Nel corso degli anni, nonostante la mia esclusiva pratica penale, frequenti furono le occasioni di incontri professionali e gli episodi nei quali compresi come la sua preparazione e le sue doti di sintesi logica fossero veramente eccezionali, originalmente caratterizzate nella esposizione del suo «non ti pare che» che ancor oggi ricordo con affetto e commozione. Era un Avvocato, un uomo pratico, senza fronzoli, che aveva il dono incommensurabile di rendere sinteticamente e facilmente comprensibile, con mirabile efficacia, qualsiasi tesi, qualsiasi principio, ed a chiunque gli si accostasse - ai più giovani ed ai meno giovani - con inarrivabile disponibilità. Confesso che in qualche occasione, al tempo della sua presidenza dell'Ordine, avrei preferito minore disponibilità e maggiore fermezza. Ma mi resi conto di sbagliare quando essendo consigliere ebbi modo veramente di cogliere, ancora più da vicino, la sua vera fierezza di avvocato e la sua vera fermezza come primo rappresentante dell'Ordine. Perché appresi come si è veramente grandi quando si è fermi e fieri senza ostentazione, quasi senza che traspaia: con la forza della convinzione e degli argomenti e non con il tono od il volume della voce. I Convegni Forensi di Cagliari, Perugia, Catania ed in ultimo di Brescia mi consentirono di essergli ancora accanto. A Gardone - da relatore ufficiale del tema del convegno -mi pose in serio imbarazzo, domandandomi le mie impressioni sul Suo intero vento tra i grandi. Era sempre il Maestro che, per insegnare, non gradiva una cattedra sopraelevata ; perché, in effetti, insegnava un metodo serio e completo di vita. La sua completezza era anche nel nome: Pio. Che dalla accezione virgiliana appariva teso, ancor più, alla comprensione, alla disponibilità, alla carità cristiana. - Nomen omen Avv. Cesare Mattesi Avv. ARMANDO ESPOSITO Nato a Taranto 1'8 febbraio 1923. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio ARCHITA di Taranto, si laureava in Giurisprudenza, a pieni voti, presso l'Università degli Studi di Bari, dove aveva seguito Ì corsi di insigni Maestri quali Aldo Moro, Del Prete, Giannini, De Robertis, Dell'Andrò, Coviello e Vocino. Formatosi professionalmente alla prestigiosa scuola degli Avvocati Alfredo e Bernardino Pasanisi senior, alla fine degli anni cinquanta apriva il proprio studio forense in Tarante. Particolarmente versato nel diritto civile, fallimentare ed agrario, alla sua scuola si è formato un foltissimo numero di Colleghi. Ha esercitato la professione forense con dedizione assoluta, passione, riconosciuto prestigio ed inconcussa probità. Per tali virtù è stato eletto Consigliere dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Tarante dal 1960 al 1990, rivestendo lacarica di Presidente nel biennio 19881989. Vice Pretore Onorario presso la Pretura di Tarante dal 1970 al 1981, su proposta del Consigliere Dirigente Dott, Ettore Castaidi veniva nominato nel 1979 Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Autore di numerose pubblicazioni su riviste specializzate forensi, in virtù delle quali veniva associato nel 1976 all'Accademia Tibertina. Nel 1988 la Fondazione «Nuove Proposte» di Manina Franca gli conferiva il Premio Giuridico Forense. Decedeva improvvisamente in Taranto il 1° marzo 1995 nel pieno dell'attività professionale; alla sua memoria è dedicato lo studio legale attualmente condotto dal figlio Angelo. Degne di una particolare menzione le sue dichiarazioni, rese alla Stampa a conclusione della lunga «agitazione» protrattasi per circa due mesi nei nostri Uffici Giudiziari: "L'agitazione degli Avvocati è stata utile per far capire dapprima allo Stato, una volta per tutte, che quello della Giustizia è un bene insopprimibile, e non un atto o un fatto di ordinaria amministrazione; poi ai Cittadini, veri utenti della Giustizia, che gli Avvocati hanno attuato l'agitazione con personali e gravi sacrifici economici, anche e soprattutto per una auspicabile sollecita definizione delle controversie". Avv. FRANCESCO MANCINI Quando, inaspettata e funesta, la notizia della dipartita di un amico lascia sbigottiti ed increduli; quando, profonda ed irrefrenabile, la commozione offusca la mente; quando il dolore rigonfia il cuore e pervade l'animo, non è facile tradurre sulla carta la moltitudine dei pensieri e delle emozioni suscitate dal ricordo. Senza alcun intento retoricamente celebrativo, intendo, più semplicemente, fissare i miei sentimenti di stima, di affetto e di amicizia ed esprimere i sensi del mio più intimo e convinto apprezzamento per l'Uomo ed il Professionista. Ho conosciuto l'Avv. Francesco Mancini verso la fine degli anni Cinquanta, poco dopo il mio ingresso nella famiglia forense tarantina, allorché il caso volle che, nell'interesse di una parte convenuta in giudizio, dovessi contraddire alla domanda da lui proposta nell'interesse di un suo cliente: ne apprezzai subito, oltre l'elevato grado di cultura e preparazione giuridica, la compostezza e la signorilità del comportamento, congiunte all'affabilità dell'approccio con un inesperto ed insicuro contraddittore, quale io ero, e subito, in verità, lo idealizzai come modello professionale da emulare. La successiva quasi quotidiana frequenza e, ancor più, la ultra decennale comune esperienza nel Consiglio dell'Ordine, che ci ha visti sempre seduti accanto, sono valse ad accrescere la mia ammirazione e la mia stima ed a rivelarmi "da vicino" e senza infingimenti l'incommensurabile umanità, la serenità di giudizio, il rigore valutativo dei fatti, l'intransigenza morale, la passione per la professione forense, la tenacia del- la difesa della dignità e del prestigio dell'avvocatura. Mi sono esaltato nell'essere stato frequentemente in sintonia con lui sui problemi connessi all'esercizio della professione ed ho un solo cruccio: quello di non aver potuto concorrere, non essendo tra i consiglieri eletti, alla sua meritata elezione alla presidenza dell'Ordine Forense di Tarante. Con la scomparsa dell'Avv. Francesco Mancini, il Foro tarantino ha indubbiamente perso un sicuro punto di riferimento ed una guida illuminante non agevolmente sostituibili! Per onorarne e conservarne la memoria, l'auspicio e l'esortazione non possono che essere quelli di fedeltà ai principi ed ai valori, dei quali è stato, in ogni occasione, fiero alfiere e che in definitiva costituiscono l'imprescindibile presupposto di un'avvocatura all'altezza della sua funzione sociale e condizione della sua esaltazione. Da parte mia, affidandolo a queste mie povere e scarne parole, rendo riverente ed affettuoso omaggio alla Tua memoria, carissimo Franco. Avv. Angelo R. Lovelli XI-LE TOGHE D'ORO - Credo sia arrivato a questo punto il momento di rievocare il lungo ed esaltante capitolo riguardante il conferimento delle Toghe d'oro m riconoscimento di mezzo secolo di attività professionale. - Giusto e doveroso. E devo partire dall'ottobre del 1959, quando la notizia della delibera adottata dal Consiglio dell'Ordine il 7 di quel mese, per il conferimento delle Toghe d'oro, si diffuse rapidamente in tutti gli uffici del Tribunale e della Pretura, oltre che, naturalmente, tra tutti i colleghi. Toccò proprio a me, essendo il più giovane dei Consiglieri, organizzare i tempi e le modalità della prima cerimonia. Ne informai doverosamente il Presidente del Tribunale dottor Riccardo Ridola, anche per chiedergli l'autorizzazione ad usare per la cerimonia, che si sarebbe svolta ai primi dell'anno nuovo, la sala delle udienze della Corte d'Assise. Il consenso fu immediato e favorevole. Ebbe inizio l'organizzazione, a cominciare dall'allerta dato alla tipografia Leggieri per tutto il materiale di stampa occorrente. Poi il primo incarico venne conferito al collega Mario Bruno Fornaciari, pregandolo di scrivere una nota di presentazione dell'iniziativa, il che egli fece, stendendo un ottimo «pezzo»; "Inchino ai Maestri". Intanto presero a giungere i primi messaggi augurali: quello del Presidente Ridola, il quale formulava anche Pauspicio che l'iniziativa fosse continuata nel tempo "perché essa - nella esaltazione dei valori professionali degli Avvocati festeggiati - venisse affidata all'entusiasmo e alla consapevolezza dei più giovani colleghi che seguono e seguiranno la strada da essi tracciata". Seguì il saluto del Procuratore della Repubblica dottor Nicolino Spagna il quale, nell'esprimere il suo compiacimento per l'iniziativa, sottolineò "lo sconfinato valore della professione forense che è impareggiabile perché senza armi spaventa, senza forza arresta la violenza". Si aggiunse altresì il caloroso augurio del Dirigente la Pretura, dott. Ettore Castaldi: "Lo studio del Diritto - scrisse diviene sempre più faticoso e difficile per le proporzioni e la diversità delle norme che devono adeguarsi al progresso, vario e complesso, della vita moderna ma i principi restano e le vecchie toghe sono quasi la materiale rappresentazione di essi; fedeli ai primi, onoriamo le seconde e seguiamole come fossero le insegne di questo continuo cimento che è l'attività giudiziaria". Per le cerimonie che seguirono negli anni, vanno citati con doverosa gratitudine gli autori delle note «di fondo» elaborate da valorosi Colleghi: oltre Fornaciari, Pio Picaro, Giuseppe Carlucci {"omaggio dei giovani colleghi") Cesare Mattesi, Antonio Scrimieri, Francesco Smiraglia, Franco Mancini, Vincenzo Gigante, Nicola Nardelli, Giovanni Morgioni (che scrisse in versi), Bruno Buonfrate, Cosimo D'Elia, Pasquale Caroli, Carmino Lafratta, Salvatore Leopardi, Carlo Petrone, Onofrio Ferrareis, Cristina Gigante; e anche cari colleghi festeggiati: Francesco Melissari, Giovanni Margiotta, Gaetano Caroli Casavola, Antonio Ricco, Angelo Esposito (figlio del pure festeggiato, in memoria, Armando Esposito, eccezionale Presidente dell'Ordine, prematuramente scomparso). La partecipazione di tutti i colleghi sopra elencati conferì, alle varie cerimonie che si sono susseguite fino all'ultima del 1999, un significativo tono di affettuosa simpatia nei confronti dei festeggiati, molto stimati ed amati da tutti. Ci furono messaggi augurali dei Presidenti della Repubblica, e, sempre, ricevemmo calorosi messaggi dai Capi degli Uffici Giudiziari di Tarante e di Lecce. Ricordo, fra gli altri, il Presidente del Tribunale Cosimo De Luca, S.E. Romano, Presidente della Corte di Lecce, S.E. Luigi Mastropasqua, Procuratore Generale a Lecce, il dott. Giuseppe Raffaeli!, Procuratore della Repubblica, il Presidente dott. An-drea De Sinno, l'altro Presidente dott. Paolo Biotti, il dott. Vincenzo Venuto, all'epoca Consigliere Dirigente della Pretura e successivamente Procuratore Generale presso la Sezione della Corte di Appello, il dott. Antonio La Penna, Presidente della Sezione della Corte d'Appello, il Presidente del Tribunale dott. Cataldo Gigantesco, il Procuratore della Repubblica dott. Giovanni Massagli, il Procuratore della Pretura dott. Francesco Sebastio, il dott. Evan Boccuni, Presidente di Sezione della Corte di Appello, il dott. Vito Pace, dirigente della Pretura, il dott. Bernardo Mastrogiacomo, Presidente del Tribunale per i Minori, il dott. Augusto Bruschi, Presidente del Tribunale di Sorveglianza, il dott. Piergiorgio Acquaviva, Procuratore presso il Tribunale dei Minori, il dott. Pasquale Di Todaro, dirigente la Sezione Penale della Pretura, il dott. Luciano La Marca, Ufficio del GIP presso il Tribunale. Ovviamente, le qualifiche sopra indicate si riferiscono ai periodi di successione delle varie cerimonie. A tutti va espresso il più sentito ringraziamento per la loro personale ed ufficiale partecipazione alle varie cerimonie, nelle quali, pur festeggiandosi gli Avvocati anziani per 50 anni di professione, si sono anche esaltati i valori comuni a tutti gli operatori nel settore dell'amministrazione della Giustizia, Magistrati ed Avvocati, uniti, nelle rispettive funzioni, da una UNICA TOGA simbolo del loro elevato ministero. Tutte le cerimonie sopra richiamate, pertanto, può dirsi abbiano costituito la Celebrazione Solenne della unica TOGA, che unisce Avvocati e Magistrati nel servizio a favore della Collettività. Taranto, gennaio 1958 Lealtà LA TOGA Ci unisce tutti: Magistrati ed Avvocati - giovani e vecchi - senza distinzione di ceto, di censo. Materna livellatrice di intenti, purché pura. Tu, Magistrato, sacerdote, eterno geloso custode della Maestà della Legge. Io, Avvocato, combattente, difensore, eroe. Uniti nella lotta, nella passione, nella fede. A tè la Toga fu imposta con rito di consacrazione sacerdotale. Io me la diedi con libera elezione di missione, con caldo impulso di patrocinio. La tua Toga, senza la mia, rende - sì - Giustizia, ma fredda. La mia, senza la tua, rende vano ogni oprare. L'ombra che fra tè e me si adergesse maligna, farebbe della tua opera arbitrio, della mia opera vana tenzone. Pure, le tue mani, sì come puri i miei intenti. Uniti: due cuori, un solo spirito. Coperti da una unica Toga, mano nella mano, lo sguardo fisso all'infinito: che è Giustizia che è Amore. Raffaele de Palma INCHINO AI MAESTRI E CAVALIERI DEL FORO "In un mondo che - nei pochi momenti rimastigli - libero dalle sue crisi e dalle sue guerre, si indugia tanto a disquisire sul «tempo libero» e sulla «filosofia dei consumi», anziani «Cavalieri del Foro» rivendicano la libertà dall'ingiuria del tempo, che tanto poco hanno mai avuto libero, e si riscattano ogni giorno, con la sobrietà, dalla soggezione ad ogni lusso: persino quello della ambizione". "Noi li stringiamo al cuore e sentiamo che la medaglia del cinquantennio sul petto di ciascuno di loro è un poco anche oro per noi." Avv. Mario Bruno Fornaciari, 1960/68 Avv. MARIO BRUNO FORNACIARI (1916/1990) Amo ricordarlo, ancora, come "luminoso ed ammirato compagno di studi, illustre Collega., nonché uomo di grande cultura e di spiccata personalità morale e sociale". Egli affrontò ed esercitò la professione, soprattutto nel ramo del diritto penale, con entusiasmo e con notevole impegno (specialmente oratorio), conquistando subito la stima e la simpatia dei colleghi e dei Magistrati. Sono storiche e puntuali le sue affermazioni, come evidenziate anche negli scritti, in suo onore, dei colleghi avvocati LeLlo Basile e Franco Smiraglia, quali: "II dovere dell'Avvocato è quello di insorgere contro le prepotenze ed i soprusi", ed ancora: "L'Avvocatura è la necessaria collaborazione tecnica, più preziosa e più prestigiosa della funzione giudiziaria, con la quale condivide l'alta dignità sociale riconosciuta dalla Legge". Nella discussione dei processi penali Egli, quasi imbevuto della tecnica del suo Maestro ed estimatore quale fu Alfredo De Marsico (che Io volle anche suo assistente universitario), aveva uno stile personale ed originale. Svolgeva la tesi difensiva andando al vivo della causa, senza abbandonarsi a voli di vacua eloquenza, ma insistendo nel tracciato logico dell'arringa, soprattutto con lucidità espositiva e con forza di persuasione. La sua morte prematura non ci consentì di essere insigniti nella medesima cerimonia, dell'anno 1996, della «Toga d'Oro», ed oggi mi è davvero caro e commovente il compito di ricordarlo in questo capitolo delle mie memorie. Aggiungendo, per debito di riconoscenza, che fu proprio lui, per il compito specifico a lui assegnato dal nostro Consiglio dell'Ordine, a redigere le due note storico-illustrative della cerimonia, sia nella prima edizione del 1960, che nella seconda edizione del 1968, con i rispettivi titoli: "INCHINO AI MAESTRI" ed "I CAVALIERI DEL FORO”. Motivi di spazio non consentono la pubblicazione integrale dei detti scritti, e spero che in una successiva pubblicazione di tutti Ì nove fascicoli a suo tempo editi dall'Ordine, sìa consentito, specialmente ai giovani colleghi, di apprezzare anche sentimentalmente le espressioni culturali e morali dei nostri grandi colleghi scomparsi. Va almeno ricordato un punto essenziale dello scritto del carissimo Mario Bruno, ove egli afferma, col calore della sua passione: "Vecchia ed uguale può apparire questa nostra fatica quotidiana, al confronto delle orbite spaziali che ora affascinano il mondo, al confronto di tante materiali edificazioni che le scienze esatte hanno elevato in questo mezzo secolo (siamo nell'anno 1960); altrettanto è vero - però - che proprio per questa sua transustanziazione della materia caduca, la nostra TOGA resta un miracolo di resistenza nei secoli: dai rostri di Roma ed ancor prima. In questo sentimento (Egli disse ai Colleghi festeggiati) noi vi stringiamo al cuore e sentiamo che la medaglia del cinquantennio sul petto di ciascuno di Voi è un poco, anche, oro per noi. Anche in questo caso» ciascuno di noi potrà ripetere col Poeta: Io ho quel che ho donato" GRAZIE, Mario Bruno, anche a nome di tutti i cento Colleghi festeggiati nelle successive cerimonie. Consenti ora a me, con la sola autorità del ricordo affettuoso verso un amico e un grande Avvocato, di assegnarti idealmente, in commossa comunione, la «Toga d'Oro» che avremmo ottenuto, insieme, proprio nell'anno 1996! AGILULFO CARAMIA AURELIO MARCHI DOMENICO MANIGRASSO ALFREDO PASANISI ANTONIO DE GENNARO CESARE PICARO GIUSEPPE DE CESARE LEONARDO MANDRAGORA NICOLA PAPPACENA RODOLFO SANGIORGIO PASQUALE IMPERATRICE SALVATORE PELILLO SILVIO DI PALMA Aula della Corte d'Assise, nei Palazzo degli Uffici; cerimonia del gennaio 1960 II gruppo delle Autorità intervenute, fra cui l'Arcivescovo mons. Motolese ed il Sindaco dr Monfredi Il gruppo dei festeggiati, fra i quali si notano gli Avvocati On.le Caramia, De Gennaro, Silvio Di Palma, Onlie Mandragora, Cesare Picaro, Salvatore Pelillo; la vedova dell'Avv. Pasquale Imperatrice, gli Avv.ti Primicerj, Pappacena e De Cesare. Parla l'On.le Caramia. Il saluto del Presidente del Tribunale 4 gennaio 1960 Riallacciandosi a quella che è divenuta una significativa consuetudine dell'Avvocatura Italiana, anche il Foro Jonico si accinge ad onorare solennemente, con la simbolica offerta della «toga d'oro», gli Avvocati che hanno esercitato la professione per un cinquantennio. E, nello spirito di stima profondamente sentita e di franca e leale collaborazione che caratterizza, in questa Città, i rapporti fra Magistratura e Foro, l'iniziativa, quanto mai opportuna, trova consenzienti e plaudenti i Magistrati tutti di Taranto. Magistrati ed Avvocati, invero, accomunati non soltanto dalla toga che indossano, ma dalla consapevolezza di far parte di una medesima famiglia e di concorrere, pur muovendo da posizioni distinte e talora contrapposte, all'attuazione della funzione più alta nella collettività civilmente organizzata, non possono non trovarsi uniti e solidali nel rendere onore a coloro che tutta una vita hanno dedicato all'esercizio della nobile professione forense. Cinquant'anni di vita forense! Quale inestimabile patrimonio di esperienze e di ricordi, quante battaglie giudiziarie combattute, nello studio severo delle liti civili o nell'appassionato arengo penale! E quale intima, gioiosa soddisfazione per chi, volgendo indietro lo sguardo attraverso dieci lustri di professione, possa, con sicura e tranquilla coscienza, affermare di avere sempre indossato la toga con onore! Ma, se è questo il premio cui l'Avvocato, consapevole dell'altezza e della nobiltà della propria professione, più che ad ogni altro ambisce, è pur giusto e doveroso che pubblica e solenne attestazione di stima e di plauso e di riconoscenza venga tributata a quegli Avvocati che hanno superato il traguardo del mezzo secolo di esercizio professionale, onde additarli particolarmente, quale esempio di fedele attaccamento alla professione, ai più giovani loro colleghi: affinché essi intendano di quale onorata tradizione siano divenuti depositari, nel momento in cui hanno, per la prima volta, indossato la toga. E così che il rito che sta per celebrarsi non si esaurisce nella commossa, ma sterile, rievocazione di un ciclo ormai concluso di vita forense tarantina, ma assume il significato di una testimonianza solenne della continuità e della vitalità di una tradizione, che, formatasi e consolidatasi mercé l'opera di coloro cui si rende oggi meritato onore, si affida all'entusiasmo ed alla consapevolezza dei loro più giovani colleghi, che seguono e che seguiranno la strada da essi tracciata. RICCARDO RIDOLA CORRIERE DEL GIORNO MARTEDÌ 5 GENNAIO 1960 IERI MATTINA NELL'AULA DELLA CORTE D'ASSISE, PRESENTE S.E. DE PIETRO Ai 15 "senatori" dell'avvocatura tarantina solennemente consegnate le "medaglie d'oro - ricordo" Hanno presenziato alla cerimonia i Magistrati e gli avvocati del Foro di Tarante e Lecce, nonché le più alte autorità civili, militari e religiose -II saluto del vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, di S.E. Romano e degli avvocati De Palma, Altamura, Caramia e Mormando. In un'atmosfera di particolare solennità, ieri mattina, ha avuto luogo nell'aula della Corte d'Assise l'attesa cerimonia in onore delle "Toghe d'oro" per la consegna di medaglìe-ricordo a 15 avvocati del nostro Foro che hanno compiuto 50 anni di attività professionale. Davanti all'ingresso del Tribunale, Carabinieri e Vigili Urbani in grande uniforme salutavano sull'attenti le autorità e personalità che man mano giungevano, accolte dai componenti il Consiglio dell'Ordine Forense. Nella grande aula della Corte erano state disposte file di poltrone dove hanno preso posto i numerosi intervenuti: al centro un lungo tappeto rosso, che dall'ingresso raggiungeva l'emiciclo, divideva in due settori la sala. Intanto nella sala degli avvocati si erano riuniti i dodici festeggiati e Ì familiari degli altri tré, impossibilitati ad intervenire. Apparivano quasi impacciati, era evidente in essi l'emozione che cercavano di celare con battute di spirito e sorrisi; si tenevano sotto braccio, in cordiale conversazione, qualcuno tirava lunghe boccate alle sigarette o al "toscano", qualche altro camminava nervosamente su e giù. Tutti ansiosi e commossi, come all'epoca del loro debutto nella professione. Poco prima dell'inizio della cerimonia, l'avv. Raffaele De Palma che è stato tra i più attivi organizzatori della bella cerimonia, decisa all'unanimità dall'intero Consiglio dell'Ordine, li ha invitati a seguirlo nell'ufficio del Presidente del Tribunale dott. Ridola,, dove erano convenute le più alte autorità. Quindi, tutt'assieme, facevano il loro ingresso nell'aula della Corte d'Assise, accolti da calorosi applausi dei presenti. Nell'emiciclo, al posto d'onore, sedevano S.E. Michele De Pietro V. Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; S.E. Romano Presidente della Corte d'Appello di Lecce; il dott. Gustapane, S. Procuratore Generale della Corte d'Appello di Lecce, il dott. Ridola Presidente del Tribunale, il dott. Spagna, Procuratore Capo della Repubblica, il dott. Castaidi, Primo Pretore, l'avvocato Francesco Minervini in rappresentanza del Consiglio dell'Ordine Forense. Nel settore di destra prendevano posto le autorità nel seguente ordine: l'Amministratore Apostolico, Mons. Motolese, il Vice Prefetto, dott. Blasi, il Presidente del Tribunale Militare Ammiraglio Nucci, il Sindaco dott. Monfredi, il Comandante la Base Navale Ammiraglio Maccaferri, il Procuratore Militare Gen. D'Ambrosio, il Gen. Medaglia di oro Cerbino e Fon. Raffaele Leone, il Presidente dell'Amministrazione Provinciale avv- Diasparro, il Questore dott. De Stefano, il Col. Vienna, Comandante il Gruppo della Guardia di Finanza, il Cap. Tumminiello Comandante la Compagnia Interna dei C. C., il Giudice Ferrara, l'avv. Parlapiano Presidente della Camera di Commercio, il comm. Buono, Presidente del Rotary, il dott. Ruggieri, Presidente dell'Ordine dei Medici, e molte altre autorità, i magistrati, gli avvocati, tra cui molti del Foro di Lecce e una larga rappresentanza del gentil sesso. Nel settore di sinistra i festeggiati: Agilulfo Caramia, Antonio de Gennaro, la signora Teresa Imperatrice, consorte dell'avv. Pasquale, Silvio di Palma, Cesare Picaro, Giuseppe De Cesare, Nicola Pappacena, il dottor Emanuele Barnaba per il padre avv. Vincenzo, Leonardo Mandragora, Aurelio Marchi, la signora Rosaria Amato-Pasanisi per il padre Alfredo Pasanisi, Ugo Primicerj, Domenico Manigrasso, Salvatore Pelillo, Rodolfo Sangiorgio. La cerimonia aveva inizio col saluto che l'avv. Raffaele De Palma, a nome del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Tarante, porgeva alle autorità e alle personalità intervenute. "La vostra ambita presenza è significativa, perché, oltre tutto, sta a mostrare quale sia il vostro apprezzamento per la nostra categoria professionale. Voi certo sapete che non v'è ufficio, non v'è ente dove, prima o poi, direttamente o indirettamente l'avvocato non abbia lasciato traccia del suo operato a tutela di un diritto, a difesa da una ingiustizia. Non è, poi, luogo comune affermare quanto sia stretta ed efficace, sentita e preziosa la collaborazione tra la classe degli avvocati e quella dei Magistrati nell'applicazione della legge. Tale collaborazione nel nostro Foro, è affettuosa, sicché può dirsi che la cerimonia odierna unisce una unica famiglia, sotto il manto di una unica toga". Dopo aver rivolto un commosso, filiale, devoto saluto ai festeggiati, l*avv. De Palma ha concluso con l'augurio che essi continuino ad essere di sprone e di esempio ai giovani e a quanti sono già anziani nella vita forense. Un nutrito battimani ha salutato la fine delle belle parole pronunziate dall'avv. De Palma che dava, quindi, lettura del telegramma inviato dalla Presidenza della Repubblica, ascoltato in piedi da tutto l'uditorio: "Presidente Repubblica ringrazia per cortese indirizzo rivoltogli, mentre celebrasi festa «Toghe di oro» et invia suo cordiale saluto at autorità e partecipanti tutti manifestazioni. Moccia, Segretario Generale Presidenza Repubblica". Si alzava a parlare, poi, S.E. Romano che pronunziava un breve elevato discorso. Dopo essersi reso interprete del vivo compiacimento del Distretto Giudiziario per la felice iniziativa presa dal Consiglio dell'Ordine Forense tarantino, rivolgeva ai festeggiati con nobili parole un fervido augurio di ancora nuove battaglie nelle aule giudiziarie, dove essi avevano già dato tante prove di valore e di rettitudine professionale. Infine, con felice sintesi, ha voluto porre in risalto la missione dei Magistrati e degli avvocati, missione di civiltà qual è la difesa del Diritto. Un prolungato applauso accoglieva la conclusione de nobile indirizzo. Prendeva la parola l’avv. Antonio Altamura a nome del Consiglio Nazionale Forense. Riesce quasi impossibile anche ad un abile cronista poter rendere, sia pure in forma approssimativa, il volo oratorio di questo penalista che è tra i migliori d'Italia. Basterà, perciò, annotare che il suo discorso, seguito con la più viva attenzione, è stato pronunziato con sincera passione. Dopo aver con rapidi, indovinati tocchi sottolineata la carriera di ciascuno dei festeggiati, degli emuli dei grandi avvocati tarantini, Criscuolo, Rochira, Latagliata, Perrone, e di quanti altri avevano illuminato di gloria il nostro Foro, ha voluto puntualizzare il perché della sua commozione. Non si tratta di un elogio a coloro che avevano e continuano ad onorare la toga, ma di una schietta attestazione di gratitudine ai maestri, da cui tanto - egli tra gli altri - aveva appreso i primi passi in questa difficile e faticosa professione. Oggi, ha continuato l'avv. Altamura più che altro si celebra la toga, del cui valore morale sarebbe assolutamente superfluo indicare l'eccezionale misura; ed oggi che vengono premiati coloro che sono i più degni di questa toga, tutti gli avvocati tarentini si sentono onorati. La smagliante orazione dell'avv. Altamura è stata calorosamente applaudita. Si è passato, poi alla fase culminante della solenne cerimonia e naturalmente la più commovente. Ciascuno dei quindici festeggiati è salito sulla pedana a ricevere dalle mani di S.E. De Pietro la medaglia e il pregevole "numero unico" edito per l'occasione col titolo "Toghe d'oro". Per ciascuno S.E. De Pietro e gli alti Magistrati che erano al suo fianco hanno avuto parole di stima e di simpatia, assieme ai più fervidi auguri. Particolarmente festeggiati la signora Imperatrice, la signora Amato Pasanisi ed il dott. Barnaba che hanno ritirato i doni per i propri familiari. Quindi, nel silenzio più raccolto, prendeva la parola l'on. avv. Agilulfo Caramia. Questo valorosissimo ed intrepido milite della parola, che tante battaglie aveva vinto in quest'aula nei processi più difficili, non ha saputo resistere all'onda della commozione che l'ha preso, senza però mi appannare la purezza cristallina della sua oratoria magistrale, che subito dopo è diventata travolgente, come nei suoi giorni migliori. E come allora ha saputo incantare l'uditorio con la potenza evocatrice della sua "classe" forense, perché non v'è dubbio che Agilulfo Caramia appartiene alla più eccelsa classe dell'avvocatura italiana. Più d'una nota patetica nei suoi accenti, specie quando ha esaltato la religiosità della funzione forense che riempie d'orgoglio l'animo dei superstiti d'una battaglia rinnovellata per oltre 50 anni "durante i quali non si è mai persa la fede nella Giustizia, e non si è mai venuti meno al proprio dovere, perché fu sempre salda l'ispirazione all'insegnamento dei maestri, dei quali fiaccola vivente e più che mai lucente S.E. De Pietro". Una vera ovazione ha reso omaggio alla chiusa dell'on. Caramia. Quindi l'avvocato Mormando ha portato il saluto del Foro di Lecce. Insistentemente poi, pregato da Magistrati ed avvocati si è alzato a parlare S.E. De Pietro, il quale con quella arte della parola che lo ha innalzato alle maggiori vette dell'oratoria e che con quella gentilezza d'animo che è la sua più bella caratteristica, ha voluto invitare tutti a non lasciarsi vincere dalla tristezza, perché questa cerimonia non andava considerata come l'ultima tappa, anche se la più gloriosa, di quanti avevano lottato per oltre 50 anni sulle trincee della Giustìzia, bensì doveva essere ritenuta una breve sosta per festeggiare coloro che maggiormente si erano distinti, e per rivolgere loro l'augurio di continuare ad essere di esempio alle nuove generazioni. Bando, quindi, alla tristezza, per la più dolce malinconia, che è più consona all'ora e al significato della bella cerimonia. S.E. De Pietro ha concluso auspicando che i giovani negli anziani colleghi festeggiati non vedano solo il raggiungimento d'un successo professionale, ma innanzi tutto e soprattutto la piena fedeltà ad una vita di lavoro, ad una missione sempre interamente e scrupolosamente adempiuta, a costo di tanti sacrifìci. E, comunque, sappiano Ì giovani e ricordino sempre, che il successo è perseguibile solo sentendo alto il senso del dovere. La felice improvvisazione di S.E. De Pietro ha entusiasmato l'uditorio che gli ha tributato un affettuosissimo applauso. Conclusasi così l'austera cerimonia, le autorità, i festeggiati e numerosi avvocati, con le gentili consorti, hanno raggiunto il Circolo Nautico, g.c., dove è stato loro offerto un signorile convivio, al termine del quale hanno pronunziato applaudite parole di circostanza l'avv. Pietro Diasparro, Fon. Caramia e l'avv. Silvio Di Palma. Cerimonia del 22 giugno 1968: ALESSANDRO AMADUZZI GIOVANNI PELLE’ ALESSANDRO BARI NICOLA MASTROBUONO Cerimonia delle Toghe d'Oro 1968: arrivo dell'Arcivescovo mons. Motolese e del Sindaco Prof. Curci. Un gruppo di Avvocati «insigniti» della Toga d'Oro nel 1968, festeggiati dai Colleghi del Consiglio. ORDINE DEGLI AVVOCATI E PROCURATORI TARANTO IL CONSIGLIO nel costante intento di esternare solennemente la stima. l'ammirazione e l'affetto di tutti gli Iscritti a questi Albi Forensi, verso gli Avvocati e procuratori che, da lungo tempo, ininterrottamente, con dignità ed oliare esercitano la professione DELIBERA di conferire una medaglia d'oro ai Colleghi: — avv. Cesare BLANDAMURA — avv. Antonio CHIRULLI — avv. Pietro LANZO — avv. Luigi Ennìo MANCINI — avv. Giuseppe Giustino RUGGIERI — avv, Emanuele SCAPANO i quali, da oltre cinquanta anni profondono, nell’esercizio della professione forense, i valori di cultura, diligenza e dignità, per l'assolvimento dell'ampio compito di tutela dei diritti del Cittadino. Taranto, 1° ottobre 1974 EMANUELE SCARANO LUIGI ENNIO MANCINI CESARE BLANDAMURA GIUSEPPE GIUSTINO RUGGIERI PIETRO LANZO ANTONIO CHIRULLI Anno 1974: un gruppo di Avvocati «insigniti» della Toga d'Oro, festeggiati dai Colleghi del Consiglio. Anno 1981: Toga d'Oro conferita all'Avv. Raffaele Viglione (a destra) Anno 1983: Toga d'Oro conferita all'Avv. Armando Dell'Aquila (al centro) dal Presidente Biotti. ORDINE DEGLI AVVOCATI E DEI PROCURATORI LEGALI TARANTO IL CONSIGLIO nel costante intento di esternare la stima e l'affetto dell'Ordine nei confronti di Colleghi che vantano una notevole anzianità di iscrizione agli Albi, ed esercitano la professione con dignità ed onore DELIBERA di conferire ima medaglia d'oro ai Colleghi: — avv. Giuseppe ACQUAVIVA — avv. Ezelindo CAUSO — avv. Gaspare DI MASE — avv. Bernardino PASANISI — avv. Angelo TOCCI — avv. Giuseppe VOLPE I quali da lungo tempo confermano li loro attaccamento alla Toga, e profondono, nell'esercizio della professione, notevoli valori di cultura, di dignità e di probità. Taranto 3 luglio 1982 TRIBUNALE DI TARANTO IL PRESIDENTE Taranto, 7 luglio 1982 I magistrati, i funzionavi ed i collaboratori tutti del Tribunale di Taranto prestano, come sempre, la più cordiale e convinta adesione alla cerimonia, che si ripete, delle «Toghe d'oro», che vede ora meritata-mente festeggiati sei illustri Avvocati di questo foro, che hanno compiuto cinquanta anni di iscrizione all'albo professionale. In occasione della cerimonia dell'ottobre 1974 ebbi a dire, in un breve indirizzo di saluto, che gli Avvocati sono sempre più da vicino e sempre più intensamente partecipi dell'opera dei Giudici. Credo di dover aggiungere che in uno Stato di diritto, come vuole essere il nostro, in una società pluralistica, come la nostra, protesa all'affermazione delle libertà individuali, come garantite dalla Costituzione, e alla salvaguardia in ogni caso del principio di legalità, non è addirittura immaginabile una funzione giudiziaria senza la necessaria: presenza viva degli Avvocati: onde bene, e a ragione, è stato detto che l'Avvocatura non è una professione soltanto, ma una istituzione che si stringe con vincoli inscindibili a tutto l'ordinamento politico-sociale dello Stato. Adesione, dunque, convinta e sentita dei magistrati del Tribunale e dei loro collaboratori a questa tradizionale cerimonia che, con l'attestato di stima, di solidarietà e di gratitudine a sei illustri Avvocati per quanto hanno fatto in un cinquantennio di esercizio professionale, vuole, evidentemente, anche celebrare ed esaltare i valori dì libertà e, insieme, di giustizia. PAOLO BLOTTI GIUSEPPE VOLPE BERNARDINO PASANISI EZELINDO CAUSO ANGELO TOCCI GASPARE Di MASE GIUSEPPE ACQUAVIVA ORDINE DEGLI AVVOCATI E DEI PROCURATORI LEGALI TARANTO IL CONSIGLIO nell’intento di esternare la stima e l'affetto dell'Ordine nei confronti dei Colleghi che vantano una notevole anzianità di iscrizione agli Albi ed esercitano la professione con dignità ed onore DELIBERA di conferire una medaglia d'oro ai Colleghi; — avv. Giuseppe DE PALMA — avv. Bonaventura GIULIANI — avv. Nicola LEONETTI — avv. Tommaso MASELLA — avv. Mario ROSSANO — avv. Giuseppe SPARTERA i quali, da lungo tempo, confermano il loro attaccamento alla Toga e, profondono, nell’esercizio della professione, notevoli valori di culturam di dignità e di probità. inoltre, nel doveroso ricordo dell’Avv. Pio PICARO che ha dato lustro al nostro Foro per cultura, professionalità e rettitudine nonché per l’impegno profuso nella difesa dell’Avvocatura quale Presidente dell’Ordine di Taranto e Componente del Consiglio Nazionale Forense. DELIBERA l’assegnazione di una medaglia d’oro al suo nome. Taranto, lì 28 Marzo 1986 Anno 19S6: sono festeggiati i figli deìì'Avv. fio Picaro, con la consegna della «Toga d'Oro» alla Sua memoria. Parla il dr Piergiorgio Acquaviva.. Donna Mimina Genovese partecipa ad una Cerimonia per la consegna della sua offerta di varie “toghe d’onore” conferite, a nome dell’Avv. Calogero Genovese, ai giovani affermatisi negli ultimi esami di Procuratore Legale. Stesso anno: foto ricordo dei fratelli Avv.ti Raffaele e Giuseppe de Palma GIUSEPPE SPARTERA TOMMASO MASELLA BONAVENTURA GIULIANI MARIO ROSSANO NICOLA LEONETTI GIUSEPPE DE PALMA ORDINE DEGLI AVVOCATI E DEI PROCURATORI LEGALI TARANTO Il Consiglio nella riunione del giorno 15/6/1996 ha deliberato di conferire la medaglia d'oro ai Colleghi: - Avv. Raffaele de Palma - Avv. Angelo Airò - Avv. Angelo Calabrese - Avv. Gaetano Caroli Casavola - Avv. Vitantonio Chiarelli - Avv. Claudio Comegna - Avv. Salvatore Erario - Avv. Armando Greco - Avv. Gregario fontana - Avv. Ermando Franco - Avv. Salvatore Gaudio - Avv. Tommaso Imperio - Avv. Amando Lupo - Avv. Giovanni Margiotta - Avv. Castano Matrìcardi - Avv. Francesco Melissari - Avv. Francesco Nardelli - Avv. Gaetano Pasanisi - Avv. Angelo Prete - Avv. Franco Putignano - Avv. Cataldo Rizzo - Avv. Mario Russo - Avv. Salvatore Scaramuzza - Avv. Michele Scarinci - Avv. Cosimo Solito che con grande dignità, probità ed onestà hanno dedicato 50 anni della loro vita professionale al servizio della comunità e dei cittadini per la tutela dei principi di legalità e giustizia. Ha deliberato altresì di conferire la "Toga d'Oro" alla memoria al Collega Avv. Armando Esposito, che, dopo avere profuso il massimo dell' impegno quale Consigliere Segretario dell'Ordine, ha rotto per un biennio il Consiglio stesso con umanità e preparazione culturale unanimemente riconosciutegli, impedito da un crudele destino di raggiungere il prestigioso traguardo dei 50 anni di attività professionale. Il Segretario Aw. Aldo Carlo Feola II Presidente Avv. Francesco Mancini COSIMO SOLITO MICHELE SCARINCI SALVATORE SCARAMUZZA MARIO RUSSO CATALDO RIZZO FRANCO PUTIGNANO ANGELO PRETE GAETANO PASANISI FRANCESCO NARDELLI FRANCESCO MELISSARI GAETANO MATRICARDI GIOVANNI MARGIOTTA ARMANDO LUPO TOMMASO IMPERIO SALVATORE GAUDIO ERMANNO FRANCO GREGORIO FONTANA ARMANDO GRECO VITANTONIO CHIARELLI ANGELO CALABRESE GAETANO CAROLI CASAVOLA ANGELO AIRÒ TRIBUNALE DI TARANTO IL PRESIDENTE Taranto, 5 ottobre 1996 In occasione del conferimento delle "Toghe d'Oro" a ventisei componenti dell'avvocatura del Foro di Taranto mi è gradito porgere a ciascuno degli insigniti i miei più cordiali auguri per il lungo cammino già compiuto a servizio della giustizia e per quello ancora da compiere, per chi fra loro volesse proseguirlo, nonostante la non più giovane età. Colgo l'occasione per riconfermare quanto ho avuto l'onore di dire in occasione del mio recente insediamento in questa sede. Il giudice senza l'apporto intelligente degli avvocati, non può adempiere al suo compito, perché è soltanto dall'opera dei difensori e dalla corretta contrapposizione delle loro tesi che può scaturire la giusta decisione, Ciò è tanto più vero in Taranto, in questo momento di gravissime difficoltà di funzionamento degli Uffici Giudiziari, in particolare del Tribunale, afflitto da enormi carichi di lavoro civile e penale e dalla cronica penuria di personale ad ogni livello. Se, nonostante ciò, è possibile assicurare in qualche modo il servizio giustizia, gran parte del merito va proprio alla classe forense che dimostra comprensione e offre collaborazione fattiva per il superamento dei problemi di ogni giorno, Di tanto desidero dare atto al Consiglio dell'Ordine e a tutti i singoli avvocati, ai quali riconfermo considerazioni e stima vivissime, certo che la cordialità dei rapporti tra Avvocatura e Magistratura non verrà mai meno e costituirà lo strumento più valido per il superamento delle attuali difficoltà . Con rinnovati auguri, porgo a tutti il mio più cordiale saluto. Il Presidente Dott. Cataldo Gigantesco Taranto, 5 ottobre 1996 Sono sempre con Noi La consegna delle "Toghe d'Oro" ai decani della Professione Forense è sicuramente una irripetibile occasione per frenare le lancette, inarrestabili, dei nostri orologi che segnano il tempo di una svolta tanto frenetica da cancellare, spesso, anche i valori fondamentali che dovrebbero ispirarla. Non è vero, forse, che nelle aule di Giustizia scorre senza pausa la dinamica della società civile? Non è vero, forse, che tra i fascicoli apparentemente aridi dei processi si dibatte quel che è giusto e quello che giusto non è? E dunque si discute del nostro essere cittadini, soggetti di diritti e destinatari di norme comportamentali, protagonisti della convivenza civile nel senso più alto della parola. Ebbene se così è, non vi è dubbio che il sistema Giustizia si muove con la storia del mondo e ne interpreta la crescita evolutiva, proiettandosi sempre nel futuro, con l'insegnamento dei maestri del passato e delle loro esperienze. Ha pertanto immenso significato fermarci, oggi, un attimo e riflettere, nell'ambito di questa solenne cerimonia, sulla strada percorsa e su quella che percorreremo. Avremo tutti il comprensibile orgoglio di dire: "Sono anch'io parte di questo prodigioso sviluppo che la Giustizia suggella, attraverso i suoi atti, le sue comparse, le sue sentenze ". Appena venti, trenta anni addietro gli avvocati erano costretti a patrocinare senza i mezzi oggi accessibili a tutti. Non vi era l'ausilio delle fotocopiatrici, dei fax, dei computer, della stenotipia. Soltanto lavoro manuale. Viaggi difficili per discutere cause a Lecce o nelle Preture più disparate. La modernità ha alleviato quelle fatiche. Ma chi oggi è insignito della "Toga d'oro", per averla onorata nell'intera sua vita, sa e può testimoniare che la professione forense, ancora oggi tra le più difficili, lo era ancora di più quando gli orari di lavoro erano impossibili, i tempi insufficienti ed i mezzi inesistenti. Se potessimo chiedere ai Maestri del primo dopoguerra cosa era la professione forense, cosa ci racconterebbero? Calogero Genovese, vulcanico protagonista che ho visto prematuramente raggiungere la Casa del Signore, potrebbe negare che per Lui anche un processo di Pretura si trasformava in un agone oratorio? E Antonio Altamura, Principe del Foro, non ci direbbe che, in fondo, l'intelligenza vince sempre con il mezzo tecnico-processuale quando non emerge la giustizia sostanziale? Mario Bruno Fornaciari, retorica e pratica, cuore e cervello, forma e sostanza, potrebbe adeguarsi al nuovo. Lui che da tempo cominciò a contestarlo. E Leonardo Mazzia, non ci farebbe pensare che, nel Foro di Tarante, ebbero grandezza anche i professionisti che, come lui, provenivano da altre Regioni? E come dimenticare l'umanità di Raffaele Catapano, sempre vicino ai più poveri e più deboli, testimonianza della più viva tarentinità. La grandezza culturale umana e professionale di Antonio Cofano, Giuseppe Acquaviva, Pio Picaro, Nicola Sebastio e di tanti altri che la commozione di questo momento ingiustamente mi fa dimenticare, Molti giovani avvocati, a volte, non ebbero il tempo di assaporare le gioie della professione in età avanzata. E fu così per Rita Peluso, Cesare Ciaccia, Franco Miro e tanti altri. Oggi i giovani, tantissimi, si affacciano alla professione con sospetto, e spesso si sentono subito delusi dalle difficoltà che l'inserimento, lungo ed oneroso, impone loro. Ma cinquant'anni addietro era ancora più difficile. Questo i giovani dovrebbero sapere. Questo bisognerebbe spiegare ai giovani. IL CONSIGLIERE Avv. Nicola Nardelli ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TARANTO Il Consiglio nella riunione del giorno 28 luglio 1997 ha deliberato di conferire la medaglia d'oro al Colleghi: Avv. Domenico Arnò Avv. Stefano Casavola Avv. Ernesto lorìo Avv. Giuseppe Lapomarda Avv. Damiano Marseglia Avv. Michele Minervini Avv. Mario Montanucci Avv. Enrico Palmi Avv. Giuseppe Pelillo Avv. Sante Rondo Avv. Francesco Ranieri Avv. Vittorio Ricapito Avv. Renato Ruggiero Avv. Salvatore Salerno Avv. Antonio Scrimieri Avv. Lorenzo Valente che con grande dignità, probità ed onestà hanno dedicato 50 anni della loro vita professionale al servizio della comunità e del cittadini per la tutela .dei principi di legalità e giustizia. Il Segretario Avv. Aldo Carlo Feola Il presidente Avv. Francesco Mancini LORENZO VALENTE ANTONIO SCRIMIERI RENATO RUGGIERO FRANCESCO PANIERI SALVATORE SALERNO VITTORIO RICAPITO SANTE RANDO GIUSEPPE PELILLO ENRICO PALMI MARIO MONTANUCCI DAMIAMO MARSEGLIA ERNESTO IORIO MICHELE MINERVINI GIUSEPPE LAPOMARDA STEFANO CASAVOLA DOMENICO ARNO La «Toga d'Oro» consegnata nel 1997 all'Avv. Raffaele de Palma da! Presidente, Avv. Mancini;era presente il Presidente della Corte d'Appello, dr Fedele. Stesso anno: un gruppo di “insigniti” della Toga d’Oro, festeggiati dai Colleghi del Consiglio dell’Ordine Taranto, 11 ottobre 1997 Heri dicebamus… Proprio così, carissimi Colleghi oggi insigniti della «Toga d'Oro». Con questa frase - che da secoli viene usata per significare la continuità dei sentimenti, la costanza dei principi e degli insegnamenti, il ricordo di un rapporto intensamente vissuto - desidero porgervi il più affettuoso saluto in uno con le più calorose espressioni di fraterna amicizia... Sembra quasi ieri - appunto - quando 50 anni orsono avemmo il primo rapporto di conoscenza, di stima e di affettuoso spirito di colleganza! Rispetto a voi - allora - mi pareva di essere un «anziano» sol perché percorrevo i corridoi del Tribunale da appena pochi anni prima. Però - poi -subito, la nostra quotidiana frequentazione professionale livellò la differenza di età, ed oggi siamo tutti insieme a vivere la medesima gioia nella solennità di questa Cerimonia. Sia benedetta quella «toga maliarda» che in tanti anni di vita comune, nel Tempio della Giustizia, ci ha visto vivere insieme giorni di lotte, di contrasta di accesa dialettica, tutto sempre nello spirito della leale, reciproca considerazione, e consapevoli di esercitare la elevata funzione della difesa del Cittadino. Proprio «heri dicebamus», quando nel 1960 - tutti ancora giovani - vivemmo insieme con tanti Colleghi, la emozione della prima Cerimonia, delle «Toghe d'Oro», conferite solennemente dal nostro Ordine a quindici autentici Maestri della Avvocatura tarantina. In quella occasione - lo ricordo benissimo e col più vivo compiacimento -proprio alcuni di voi, unitamente a me, nell'entusiasmo della Cerimonia ci formulammo reciprocamente l'augurio di poter giungere, anche noi, a vivere personalmente, la gioia del conferimento della prestigiosa «Toga d'Oro». Dopo di allora ben otto cerimonie si sono succedute, e sessanta insigni Colleghi hanno visto esaltata la loro lunga militanza forense. Ebbene, oggi siamo ancora numerosamente insieme, con l'affetto immutato di allora, con i sentimenti della stima più sincera e con l'augurio di poter ricordare lungamente la solennità di questo incontro! Anche Voi tutti avete meritato il compiacimento, la stima e la gratitudine della Collettività a favore della quale avete operato con capacità professionale, con l'ausilio della meditata cultura giuridica, e soprattutto con la aristotelica «anima sensitiva» che vi ha reso partecipi delle vicende umane, spesso sofferte, di chi si è affidato a Voi. Sulla Toga di ciascuno di Voi, oggi, si appunta la medaglia d'oro, a conferma che avete agito nello spirito del precetto del nostro Maestro Piero Calamandrei, che solennemente affermò che "la nostra professione è fatta di comprensione, di dedizione e di solidarietà umana, perché gli uomini sperano nella Giustizia e vedono, nella Toga, il vigile simbolo di questa speranza". Siate orgogliosi di questo riconoscimento! Vi abbraccio tutti. RAFFAELE DE PALMA ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIUDICI DI PACE TARANTO Taranto, 11 ottobre 1997 Cosa dire a sedici colleghi incanutiti sotto il peso di una Toga portata con dignità e che oggi fa scintillare l'oro? E' difficile per un avvocato non più giovane e che tuttavia si rivolge ancora a questi colleghi non con l'egualitario "Tu" ne con il distaccato "Lei" ma con il rispettoso "Voi" pronunciare qualche frase augurale senza il rischio di cadere nella banalità. Allora ho preferito il silenzio e nel silenzio ascoltare essi che attraverso le pagine della loro storia forense mi dicono di non mollare, di continuare a difendere gli interessi e i diritti dei cittadini uti singuli et uri populos ovunque io sia chiamato a farlo, rifuggendo da comportamenti di basso profilo appannati la dignità di uomini ad processum vocati. GRAZIE cari colleghi - TOGHE D'ORO 1997 - per questa lezione di vita durata 50 anni. GRAZIE per avermi insegnato il coraggio nella lotta, la dignità nella sconfitta, l'indulgenza nella vittoria. Avv. COSIMO D'ELIA Coordinatore Giudice di Pace Vice Presidente Ass. Naz. Giudici di Pace ORDINE DEGLI AVVOCATI TARANTO TARANTO, 2 DICEMBRE 1999 OLTRE LA MEDAGLIA! UNA CRONACA DOVUTA Nel dicembre 1958 la Confederazione Generale Italiana Professionisti ed Artisti, dopo un lungo periodo di stasi operativa (causata anche dagli eventi bellici) deliberò di consegnare le «medaglie d'oro al merito professionale» ai professionisti che avevano dato prestigio alla libera professione. La iniziativa entusiasmò - fra i primi in Italia " l'Ordine Forense di Ta-ranto, che però ritenne di estendere a tutti i Colleghi aventi "una onorata anzianità professionale" il conferimento, oltre che della medaglia, anche della simbolica «Toga d'Oro»; ciò che conferì il titolo già alla prima manifestazione solenne, che ebbe luogo nella splendida Sala delle Udienze di Corte di Assise al vecchio Palazzo degli Uffici, nel gennaio 1960. La delibera del Consiglio dell'Ordine era stata già adottata il 7 ottobre 1959, ed i due mesi successivi vennero freneticamente dedicati alla preparazione della cerimonia che mirava ad esprimere solennemente ai festeggiati, oltre che nella materialità della consegna della medaglia, anche e soprattutto "l'alto riconoscimento del dovere professionale da essi compiuto Anno 1999: l'Avv. Raffaele de Palma, Presidente Emerito dell'Ordine, e l'Avv. Egidio Albanese, Presidente in carica con onore e scrupoloso attaccamento alla loro funzione, nella giornaliera consacrazione dell'alto ministerio, nel quale raccolsero ed impiegarono tutte le energie intellettuali e spirituali della loro esistenza professionale". Tale motivazione, sicuramente, ampliava il pregio ed il valore della medaglia d'oro, per assurgere a sentita e commossa esaltazione della Toga, nelle espressioni personali dei Festeggiati. E fu un vero trionfo! La documentazione fotografica dell'avvenimento, vale a rendere l'idea di quale e quanto consenso di stima, di ammirazione e di gratitudine, oltre che di affetto, circondò tutti i Festeggiati. Tutti Maestri del Diritto e della oratoria forense: quindici campioni «venerati» da tutti Ì Colleghi che intanto si erano aggregati progressivamente alla Classe Forense, nel costante apprendimento professionale: quelli che, poi, nelle successive cerimonie delle Toghe d'Oro, espressero luminosa conferma dell'esempio e dell'insegnamento ricevuti. Senza, qui, fare nomi, tutti i festeggiati nella prima e nelle successive cerimonie, vennero onorati nella loro individualità morale e professionale, in tutti i fascicoli pubblicati, di volta in volta a ricordo dei solenni incontri. Dalla lettura delle dette pubblicazioni, è possibile ancora oggi rilevare quanta larga partecipazione e collaborazione vennero sempre assicurate, sia da parte di tutti i Capi dei nostri uffici Gìudiziari, che da parte di tanti valorosi colleghi. Infatti, tutti gli scritti (ed anche i versi) che ornano le varie edizioni elaborate, hanno sempre garantito, con efficacia e solenne tono di esaltazione dell'Avvocatura Tarantina, la importanza delle varie Cerimonie realizzate in questi quarant'anni! Un ringraziamento, quindi, a tutti, anche se qui non nominativamente elencati. E' doveroso, però, quanto meno a titolo di cronaca, ricordare con commossa espressione di gratitudine il particolare e personale contributo che assicurò il successo della prima Cerimonia del 1960 dato da Agilulfo Caramia, da Riccardo Ridola (come espressione di sentita partecipazione della Magistratura) e da Antonio Altamura. Agilulfo Caramia polarizzò l'attenzione di tutti i festeggiati e dei numerosissimi intervenuti, con la sua oratoria classica e forbita, fatta anche di non repressa commozione personale. Riccardo Ridola, Presidente del Tribunale, dedicò tutta la sua personale attenzione alla migliore organizzazione e riuscita della Cerimonia, confessando di viverla come cordiale partecipe alla esaltazione del ruolo della Avvocatura nel sistema giudiziario, con spirito di "stima profondamente sentita e di franca e leale collaborazione" nonché esaltando i festeggiati "quali esempio di fedele attaccamento alla professione, da affidare ai più giovani loro colleghi, affinchè essi intendano di quale onorata tradizione siano divenuti depositar! nel momento in cui hanno, per la prima volta, indossata la toga". Antonio Altamura, oratore ufficiale, il quale profuse all'uditorio - attento e partecipe - il dono della sua oratoria moderna, fatta anche di cultura umanistica, di profonda conoscenza del diritto e della psiche umana, nonché di una particolare «vis» comunicativa e persuasiva. A tutti costoro va, ancora oggi, il nostro particolare ringraziamento nel vivissimo ricordo delle loro indimenticabili Figure! * Le successive cerimonie, realizzate nelle progressive scadenze, hanno avuto tutte sempre intatto - lo spirito di ammirazione, di gratitudine e di affetto verso i Festeggiati. Purtroppo, dolorosi eventi luttuosi, succedutisi in questi quaranta anni, non hanno consentito di festeggiare da vivi, altri valorosi Colleghi, tutti presenti nel nostro ricordo: sono tré Presidenti dell'Ordine: Pio Picaro, Armando Esposito e Franco Mancini il ricordo dei quali resta tuttora vivo e luminoso, con denso apprezzamento dei loro meriti e del loro esempio, nella professione e nelle espletate Funzioni Istituzionali dell'Ordine Forense di Tarante. La Cerimonia con cui, ora, il nostro Ordine festeggia altri Colleghi insigniti della «Toga d'Oro» ci trova, come sempre, partecipi affettuosi ed uniti come in una grande Famiglia, nella solenne considerazione che, oltre la medaglia d'oro è la Toga, che si continua ad indossare, e che rappresenta l'eterno simbolo della dignità della nostra professione al servizio della Giustizia, nell'interesse del cittadino. * Questi sono, ancora oggi, i nostri sentimenti! Taranto, 2 dicembre 1999 Raffaele de Palma ORDINE DEGLI AVVOCATI TARANTO Il Presidente da lettura della missiva 15/11/1999 con la quale il Consigliere anziano Avv. Raffaele de Palma comunica, in vista della scadenza del mandato in seno al Consiglio dell'Ordine, anche per motivi di carattere familiare, di aver deciso di chiudere il lungo periodo della sua attività istituzionale forense. All'unanimità tutti i Consiglieri prendono atto del contenuto di quella missiva confermando ancora una volta la più viva stima e il più affettuoso consenso di cui il Consigliere Avv. Raffaele de Palma ha ininterrottamente goduto durante la sua lunga attività istituzionale nei cui corso ha speso la più appassionata e sentita dedizione personale nell’affrontare le sempre più crescenti e complesse problematiche proposte dalia professione forense. Al termine delle manifestazioni di stima per li Consigliere Avv. Raffaele de Palma e cosi interpretando i sentimenti e il giudizio di tutti gli iscritti all'Avvocatura Jonica; II Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Taranto, quale riconoscimento per aver speso l'intera vita in favore dell'Avvocatura Italiana e del Foro di Taranto che lo annovera quale prestigiosissimo Figlio e si onora del suo contributo infaticabile e diuturno; in segno di filiale, devoto omaggio ad una carriera professionale irripetibile, straordinario esempio di dedizione per la Toga e la Classe Forense DELIBERA all'unanimità di nominare l’Avv. Raffaele de Palma Presidente emerito dell'Ordine degli Avvocati di Taranto. Il Presidente propone al Consiglio dì deliberare in merito ai conferimento della medaglia d'oro al Colleghi che hanno onorato l'Avvocatura con l'esercizio dell'attività professionale per un cinquantennio. il Consiglio, dato atto di quanto innanzi DELIBERA di conferire la medaglia d'oro ai Colleghi: - Avv. Nicola Angiulli - Avv. Emanuele Bamaba - Avv. Giovanni Chisena - Avv. Fiorio Di Donna - Avv. Luigi Palumbo - Avv. Mario Prenna - Avv. Emidio Zecca che con grande dignità, probità ed onestà hanno dedicato 50 anni della loro vita professionale al servizio della comunità e dei cittadini per la tutela dei principi di legalità e giustizia. DELIBERA altresì, di conferire la Toga d'Oro" alla memoria del Collega Avv. Francesco Mancini che, dopo aver profuso il massimo dell'impegno quale Consigliere dell'Ordine e aver retta per un biennio il Consiglio stesso con umanità e preparazione culturale riconosciutegli, è stato impedito da un crudele destino al raggiungimento del prestigioso traguardo di 50 anni di attività professionale. Taranto, 2 dicembre 1999 Correva l'anno 1959, quando l'alloro Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori Legali di Tarante decise per la prima volta di conferire la medaglia d'oro a quei colleghi che, con grande dignità, avevano dedicato 50 anni della loro vita professionale al servizio della comunità. Da allora, in maniera più o meno periodica, questo importante momento per l'Avvocatura Tarantina si è ripetuto; e così per 40 anni. Questo Consiglio sin dal momento dell'insediamento ha programmato questa manifestazione: ma tutta una serie di problemi non hanno consentito di realizzarla prima. Oggi sia pure in limine litis, riusciamo a festeggiare i Colleghi che nel frattempo hanno svolto per 50 anni la loro attività professionale. E' questo un meritato omaggio che si vuoi rendere a coloro che, nella professione hanno saputo tenere alto il prestigio e la dignità della Toga. E l'onore reso ai festeggiati vuoi essere pure un riconoscimento alla nobiltà e dignità della professione di Avvocato che ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà una delle forme più importanti di contributo alla vita civile. I festeggiati costituiscono per tutti un esempio concreto della dignità della nostra professione. Ad essi va il grazie dell'intera Avvocatura Jonica e l'augurio di tanti, meritati, giorni felici! EGIDIO ALBANESE Presidente del Consiglio dell'Ordine ORDINE DEGLI AVVOCATI TARANTO IL CONSIGLIO letta la richiesta dell'Avv. Angelo Esposito e sentita la proposta del Presidente DELIBERA di inserire la cerimonia di consegna delle «Toghe d'Onore» in ricordo dell'Avv. Armando Esposito, Consigliere e Presidente di questo Consiglio dell'Ordine, nella cerimonia delle Toghe d'Oro 1999. L'Ordine forense di Tarante è lieta di invitarLa alla cerimonia per il conferimento della medaglia ricordo ai Signori avvocati: Nicola Angiulli Emanuele Barnaba Giovanni Chisena Florio DÌ Donna Luigi Palumbo Mario Prenna Emidio Zecca alla memoria: Francesco Mancini per i cinquant'anni di professione forense che si terrà giovedì 2 dicembre 1999 alle ore 10 nell'aula della Corte d'Appello. Nell'occasione sarà consegnata la Toga d'onore in ricordo dell'avv. Armando Esposito. Sarà presente, quale oratore ufficiale, l'avvocato Emilio Nicola Buccico Presidente del Consiglio Nazionale Forense che parlerà sul tema: "Avvocatura al bivio, tra tradizioni e mercato globale: prospettive". Il Presidente dell'Ordine AVV. EGIDIO ALBANESE EMIDIO ZECCA LUIGI PALUMBO MARIO PRENNA FLORIO DI DONNA EMANUELE BARNABA GIOVANNI CHISENA NICOLA ANGIULLI QUOTIDIANO 3 DICEMBRE 1999 L'avvocatura in festa: premiati decani e nuove leve Solenne festa dell'Avvocatura jonica, ieri mattina, nell'aula bunker della Corte d'Appello. A sette professionisti che hanno raggiunto la soglia dei cinquant'anni di attività forense l'omaggio del Consiglio dell'Ordine di Tarante, presieduto dall'avvocato Egidio Albanese, e presente al gran completo. A loro il conferimento dell'ambita "Toga d'Oro", per aver contribuito al prestigio e alla dignità della libera professione e dato lustro ad essa con impegno costante, onestà intellettuale e irreprensibile probità. I sette cinquantenari del Foro premiati sono Nicola Angiulli, Emanuele Barnaba, Giovanni Chisena, Florio Di Donna, Luigi Palumbo, Mario Prenna, Emidio Zecca. La "Toga d'Oro" è stata anche conferita alla memoria del compianto avvocato Francesco Mancini, con queste motivazioni: "Per aver profuso il massimo impegno quale Consigliere dell'Ordine e aver retto per un biennio il Consiglio stesso con umanità e preparazione culturale". E' stata anche inserita all'interno della prestigiosa manifestazione, la consegna delle "Toghe d'onore", intitolate alla memoria dell'avvocato Armando Esposito, Anno 1999: il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Avv.. Nicola Buccico, saluta la nomina di Raffaele de Palma a Presidente Emerito dell'Ordine riservate ai primi classificati nel biennio 98/99, all'esame per l'abilitazione all'esercizio professionale nel distretto di Lecce, Brindisi e Tarante. A porgere la Toga sulle spalle del primo l'avv. Mario Roccaforte, la vedova dell'avvocato Esposito; il figlio, invece, l'avv. Angelo Esposito, ha consegnato il simbolo dell'avvocatura all'avvocato Sabrina Esposito. Ad augurare ai due giovani professionisti un futuro ricco di soddisfazioni, anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, l'avvocato Nicola Luccico, chiamato a relazionare su un tema di grande attualità: "Avvocatura al bivio, tra tradizioni e mercato globale: prospettive". Un discorso impostato su toni forti quello di Buccico, che non ha risparmiato di scoperchiare le storture di un sistema incapace di contrastare la "tumefazione" del numero di avvocati: 1500 solo a Tarante, 120.000 in Italia. Tra critiche e proposte, la cerimonia ha ceduto nelle fasi finali alla commozione. All'avvocato Raffaele De Palma, già "Toga d'Oro", ex Presidente dell'Ordine di Tarante, la nomina di "Presidente emerito" dello stesso Consiglio, dal quale aveva dichiarato di allontanarsi, con una lettera di dimissioni datata 15 novembre 1999. Anno 1999. A sinistra: la «Toga d'Onore», a nome dell’Avv. Armando Esposito, consegnata da! figlio di questi, Avv. Angelo, alla collega Aw. Sahrma Esposito, prima classificata nell'esame di Procuratore Legale. A destra: altra «Toga d'Onore», anch'essa a nome dell'Ami. Armando Esposito, consegnata dalla vedova Sig.ra Emilia al collega Avv. Mario Roccaforte, primo classificato in altra sessione di Esami di Procuratore. Nota sulle «Toghe d'Onore» Negli anni precedenti, altre «Toghe d'Onore», istituite alla memoria dell'Avv. Calogero GENOVESE - insigne penalista - ed offerte dalla vedova Donna Mimina CARAMIA GENOVESE , erano state consegnate, con varie solenni cerimonie, a giovani Colleghi che si erano particolarmente distinti nel superamento degli esami di Procuratore legali, quali Giuseppe Carlucci, Salvatore De Franco, Giovanni Pignatelli, Luigi Pignatelli e Giovanna Semeraro. Tutti effettivamente esercenti ed affermati operatori del nostro Foro; fatta la sola eccezione della dott.ssa Giovanna Semeraro, la quale entrò altrettanto brillantemente nella carriera della Magistratura, ove tuttora occupa una posizione operativa presso il nostro Tribunale dei Minorenni. E doveroso, altresì, ricordare che, per ammirevole iniziativa personale del Collega Giuseppe Adeo Ostillio, è stato istituito il Pre-mio«Avv. Pio Picaro», nel ricordo della sua pratica professionale realizzata nello studio di detto Maestro. Il Premio, consistente in una medaglia d'oro da assegnarsi ad un Collega che abbia particolarmente illustrato la nostra Toga, è stato già conferito alcuni anni or sono - con una cerimonia a larga partecipazione di Avvocati e Magistrati - all'Avv. Bernardino Pasanisi (anche «Toga d'Oro») il quale, nel ricevere la medaglia ebbe a pronunziare un discorso esaltante il "nostro Ministero a favore della collettività sociale". XII - SFOGLIANDO UN VECCHIO ALBO Quando, nel 1945, i cosiddetti «alleati vincitori» finalmente decisero di lasciare i vari locali che avevano occupato militarmente al Palazzo degli Uffici, appena dichiarato l'armistizio nel settembre 1943, ci rendemmo conto della «devastazione» operata, giacché anche la solenne, austera, aula della Corte di Assise era stata umiliata con la degradazione a «cucina» delle truppe. Infatti nell'ampio locale erano installate due «cucine» a petrolio, e la gabbia destinata ai detenuti era stata utilizzata per appendervi Ì voluminosi pezzi di animali squartati, macellati e destinati alle esigenze alimentari della truppa! A noi, che tuttavia frequentavamo, per quanto possibile, i locali «concessi in uso» per le esigenze giudiziarie, era assolutamente vietato l'accesso al reparto... alimentare. Le due stanze destinate all'Ordine erano state salvate dalla «occupazione», ma non dalla devastazione che, nei primi giorni post-armisciziali, avevano subito. Tutti gli armadi che ancora conservavano alcune «toghe» erano stati scassinati, ed il contenuto distrutto! L'Archivio della Segreteria dell'Ordine era stato letteralmente messo sottosopra, e tutti i fascicoli personali degli iscritti, esaminati uno per uno e poi abbandonati come carta straccia negli angoli delle due stanze. Utilizzando una sia pure scarsa conoscenza della loro lingua con un nostro innato senso di «cortesia», ne chiedemmo il perché, e pregammo l'ufficiale comandante dell'Ufficio di Vigilanza, di consentirci di rimettere un po' di ordine nelle carte cosi... maltrattate. Venimmo, così, a scoprire che la «devastazione» era stata operata dai Servizi Segreti dell'A.M.G. (Allied Military Government), alla ricerca di notizie circa soggetti «pericolosi» che potessero annidarsi negli Albi Forensi! La «fama» degli Avvocati per gli Alleati era quella di «pericolosi cospiratori». Ma ne restarono delusi! Infatti, soltanto pochissimi colleghi, palesemente impegnati nella vita politica del «Ventennio»,n erano già stati individuati ed assoggettati a «misure di sicurezza»(!). Così, conseguita una certa «correttezza» nei rapporti con gli alleati vincitori, ci fu consentito di mettere mano al riordino, per quanto possibile, dei fascicoli personali degli iscritti, già parzialmente distrutti ed irrecuperabili. Questo fu davvero il primo nostro sentimento, quello di salvare la «sacralità» della nostra TOGA, mediante la ricomposizione, quasi commovente, degli atti basilari della nostra professione! L'On.le Agilulfo Caramia persino si sorprese, e restò ammirato, che un giovanissimo collega si dedicasse a tale opera di «recupero», e me ne diede atto in una pubblica assemblea degli iscritti che, finalmente, potè realizzarsi nel 1947, dopo vari anni di... astinenza. Devo dichiarare, sul piano storico, che in tale attività di «recupero» venni amorevolmente coadiuvato, oltre che da Raffaele Viglione, da Angelo Ponzio: due colleghi che mostravano i segni della sofferenza per quanto era accaduto ad opera degli «invasori». Lillino Ponzio, in verità, lo faceva con uno spirito di collaborazione che si ispirava ai suoi principi politici, ed utilizzava la sua esperienza ultra decennale di valido organizzatore del Sindacato degli Avvocati che, negli anni successivi, si sviluppò su linee moderne e più idonee alla difesa della nostra professione! Comunque, mentre procedevamo al «riordino» delle carte, Ponzio mi confidò che nel suo studio in Piazza Ebalia egli aveva dei veri e propri «cimeli» che riguardavano la nostra professione. Gli chiesi di poterli vedere ed egli vi acconsentì, col suo abituale stile! L'incontro avvenne nel suo studio, una mattina del settembre 1947. Appena giunsi mi sembrò di entrare in un sacrario e - nel complesso - in un museo storico. Le pareti erano tappezzate di bandiere patriottiche, di medaglioni di bronzo provenienti dalle unità della nostra Marina Militare, moltissime fotografìe di personaggi della vita pubblica del Ventennio, a livello locale ma anche a livello nazionale; moltissime le fotografie di alti ufficiali della nostra Marina. Albo del nostro Ordine, pubblicato nel 1937-a cura della "Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti-Sindacato Fase. Avvocati e Procuratori della Giurisdizione del Tribunale di Taranto" edito "ai sensi dell'art. 3 della legge 27 novembre 1933 n. 1578". Non potei negare la graditissima sorpresa di vederne uno, per giunta a stampa, come avevo sperato di trovarlo nell'archivio del Consiglio, ove quello rinvenuto era ancora compilato «amano». Mi buttai avidamente a consultare il volume offertomi in visione. Lillino Ponzio si esaltava a constatare il mio entusiasmo, particolarmente quando, aprendo il fascicolo, rilevai nella prima pagina il testo integrale della "Parola del Duce agli Avvocati d'Italia", in data 28 maggio 1935! I nostri sguardi si intrecciarono in un sussulto, specialmente quando vi rilevammo affermato - al termine del discorso -il principio che tuttora ispira la «necessaria» tutela del nostro ministero: "E ripeto alto e forte che considero gli avvocati come le colonne del Regime, in quanto collaborano a quella che è una missione ed un compito fondamentale dello Stato:l'amministrazione della Giustizia". Mentre ero quasi stordito dal fatto, Lillino volle aggiungere e mostrare un altro «documento» dell'anno 1945, proveniente questa volta dal Ministro di Grazia e Giustizia On.le Togliatti, mediante il quale si riaffermavano tutti i principi democratici volti ad assicurare una severa, ma serena ed efficace «amministrazione della Giustizia»; concetti ampiamente condivisi da tutte le forze operanti in tale settore, quindi anche dalla Avvocatura. Dopo questa iniziale «stordimento storico», cominciammo a sfogliare uno per uno i fogli dell'Albo Forense di cui sopra. Furono due ore di vero godimento. Superata la prima emozione nel rilevare i nomi dei componenti il Comitato Direttivo dell'Ordine nell'anno 1937 (fra Ì quali l'On.le Leonardo Mandragora ed il giovane Avv. Viglione), la successiva lettura del volume portava a considerare che una buona parte degli Avvocati, allora esercenti, era stata iscritta nel periodo dal 1874 al 1900! Fra questi primeggiavano, per anzianità e per prestigio professionale, Alessandro Criscuolo, Ignazio Luccarelli, Vittorio Rochira, Alfredo Pasanisi (per citarne soltanto alcuni). Seguivano altri colleghi che a mano a mano si iscrivevano all'Albo (fino al periodo immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale), quali Agilulfo Caramia, Armando Callari, Antonio De Gennaro, Cesare Picaro, Alfredo Fighera, Giuseppe Turi, Ugo Raimondi e Cesare Blandamura (per citare quelli che mostravano di avere comprensione e disponibilità verso i colleghi più giovani), che in quel periodo già cominciavano a emergere nella professione e che si offrivano alla stima e alla devozione dei giovani. Essi erano, per limitato ricordo, Paolo Punzi, Donato Leila, e in successione nel tempo Antonio Altamura, Pietro Diasparro, Emanuele Scarano, Giuseppe Acquaviva, Tonino Cofano, Donato Nota, Pietro Ramellini, Gaspare Di Mase e Giuseppe de Palma. In tutto, in quel periodo, si trattava di poco più di cento iscritti all'Albo, che davvero venivano a costituire quasi una famiglia, con legami di affettuosa amicizia. Va evidenziato che negli anni immediatamente precedenti al 1937, i nostri Maestri si erano impegnati anche nella pubblicazione di Riviste Giuridiche locali, come «IL FORO DELLE PUGLIE», diretto dal nostro Avv. Ugo Raimondi, e la «RIVISTA GIUDIZIARIA PUGLIESE», diretta dall'Avv. Ignazio Luccarelli (valoroso civilista del nostro Foro), nonché la «VITA GIUDIZIARIA A TARANTO», curata da Giovanni Sparlerà, Silvio Di Palma, Cesare Picaro e Leonida Colucci. La lettura del vecchio Albo costituì, quindi, un vero tuffo nella storia della nostra Avvocatura. Così come una successiva e più recente pubblicazione, a cura del Collega Avv. Gaetano Caroli Casavola (carissimo componente del nostro Consiglio Forense), quale «TESTIMONIANZE FORENSI DI MARTINA FRANCA», valse a manifestare l'affetto e la stima, largamente espressa da tutti noi, anche verso le figure di illustri Avvocati di Martina Franca (fra i quali il prof. Giuseppe Chiarelli, Presidente della Corte Costituzionale) con i quali avevamo avuto rapporti di amicizia e di ammirazione: Antonio Chirulli, Giuseppe Chirulli, Alfredo Fighera, Donato Leila, Paolo Punzi, Giovanni Serio, Bonaventura Giuliani e tanti altri - che sfuggono a questo limitato elenco - ma che sono ampiamente ricordati da tutti i Colleghi che ebbero la possibilità di conoscerli, ammirandone le doti umane e professionali. La lettura dei nostri vecchi Albi, quindi, determina inevitabilmente sentimenti di commozione, di stima e di gratitudine verso coloro che furono, per tutti noi, dei veri e propri Maestri. Non è possibile citarli tutti, ma è doveroso che essi siano ricordati: per il che formulo - per me e per chi vorrà farlo - un caldo augurio, di poter esaltarne il ricordo in una pubblicazione più ampia e più degnamente idonea al doveroso impegno! Essi non hanno potuto avere il privilegio di venire insigniti materialmente della «Toga d'Oro», o per essere vissuti in epoca in cui la cerimonia non era ancora realizzata, o perché prematuramente scomparsi. Con la mia parola, però, io penso di realizzare spiritualmente una simbolica cerimonia, mediante la quale, sulle spalle di tutti i Colleghi ricordati, sia posta una «Toga d'Oro» che esprima il nostro perenne ricordo, l'affetto e la nostra gratitudine per i loro validi insegnamenti elargitici in vita. L'attuale sede del Palazzo di Giustizia, in via Marche (foto di R. Cofano) XIII - AVVOCATO, CONCLUDA... - A questo punto, mi viene da usare quell’ esortazione che anch'io da giovane cronista, sentivo ripetere nel corso delle udienze in Tribunale: Avvocato, concluda; nel senso che essendo giunti, mi pare, alla fine del nostro colloquio, è arrivato il momento di por fine alle esternazioni. Come ti viene di concludere? - Anche qui con un po' di Storia. La «intimazione» amichevole che mi rivolgi (e che accolgo) era.,, usata quasi esclusivamente nella prassi giudiziaria del procedimento penale, nel momento più... nevralgico del dibattimento. E ti dirò che non è stata mai gradita per il difensore. Essa, infatti (fortunatamente in fase di estinzione), è valsa per lunghi anni a significare quasi una offensiva presunzione della inutilità del seguito della discussione. In tale particolare momento del rapporto... personale «giudice-avvocato» si sono verificati numerosi... storici episodi di reazioni e controreazioni, da parte dei protagonisti del momento. Anche il nostro Alessandro Criscuolo era intollerante della «intimazione» e talvolta reagiva con frasi ed epiteti «roventi» che non vale qui ricordare!... Certo è che nel procedimento civile attuale la formula è molto «dolcificata», quando è testualmente previsto che "il Giudice invita le parti a precisare le conclusioni". Devo dire che, statisticamente, in mezzo secolo di attività professionale, anche io non ho mai tollerato l'accentuazione di un rapporto... autoritario! Comunque, qui non siamo in dibattimento! Il nostro incontro, fra e me e tè, è nato con la spontaneità della nostra lunga amicizia, e qui si conclude con una verifica" ta «dolce stagionatura» dei nostri rapporti. E tè ne ringrazio. In questo momento del nostro lavoro, in cui entrambi rendiamo alle nostre coscienze, ed al lettore, il conto della nostra... gestione, vale quanto disse il grande CRONIN: "Credo che la vita possa risultare molto più allegra di quella che è, se si ha un amico con cui fare due passi insieme, ogni tanto". Ed io spero di farne ancora altri! Penso che le finalità che ci eravamo prefìsse, siano state validamente conseguite. Nei nostri colloqui, infatti, abbiamo rievocato vari momenti esaltanti della storia della nostra Taranto, rilevando che i secoli che si sono succeduti hanno segnato momenti di esaltazione e di appassionato ricordo. Come, infatti, non esprimere sentimenti quasi di commozione al pensiero che l'amministrazione della Giustizia - quindi per un polmone essenziale nella vita di un popolo - i nostri Padri realizzarono persino strutture monumentali, le cui tracce ancora toccano i nostri sentimenti umani, civili e culturali? Quando l'arco dei ricordi ha abbracciato secoli di storia, e si conclude ora in una visione esaltante di progresso e di socialità, il parlare di «PRITANEO» e di «CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA») ci impegna in un fremito di passione! Li era il Pritaneo - Lì sta per realizzarsi la Cittadella della Giustizia: di questa noi abbiamo plasmato una territorialità palpitante di sentimenti umani, di aspirazioni civili per la realizzazione della Giustizia. Abbiamo immaginato il palpito di una vita quotidiana, dell'impegno di TEMI, la Dea della Giustizia che vivifica le lotte, i conflitti, Ì contrasti, per contenerli, conclusivamente, nei termini del pacifico vivere sociale. Perciò: AVE CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA! Se non sarà dato di vivervi nell'umano agire, il nostro spirito è già nel Tuo sacro territorio! Alla storia dei luoghi, i nostri colloqui hanno aggiunto la storia delle nostre vite, attive e operanti con entusiasmo e con senso di responsabilità. La nostra storica esposizione è valsa sicuramente a far considerare, da parte dei giovani, che nella scelta degli impegni sociali e professionali, il timone è sempre affidato alla passione. E questa ha animato, noi, per mezzo secolo, e tuttora ci inebria.Ecco perché il nostro discorso è diretto essenzialmente .ai giovani. Quando, vari anni orsono, mi accadde di leggere un lavoro di GASTON BOISSER (celebre storico francese della vita giuridica dei popoli, che scrisse il famoso libro CICERONE ED I SUOI AMICI) venni seccato dalla lettura di questa riflessione: "Cicerone amava la gioventù: la frequentava volentieri e ridiveniva facilmente giovane con essa. Nel tempo in cui era da poco stato Pretore e Console, lo vediamo circondarsi di giovani dal grande avvenire, come Celio, Curione e Bruto, che egli conduce con sé nel foro, ed ai quali fa patrocinare cause al suo fianco, dando loro lezioni di eloquenza". Ebbene le mie parole, i miei ricordi, le mie considerazioni, sono diretti - con lo spirito ciceroniano - a voi miei Celio, Curione e Bruto: venti, cento, mille che siate, per affidarvi la mia passione e, perché no?, anche il frutto della mia esperienza. Cogliete il meglio di un sentimento tuttora vivo e pulsante! Ed infine. La Giustizia, operante nello spirito della equità, della comprensione, della correzione degli errori, della affermazione eterna dei diritti dell'Uomo, ci ha sempre avuti come validi assertori, fiduciosi operatori, sereni partecipi ad una missione di «Alta umanità». Il grande Piero Calamandrei, Maestro di vita e di diritto, nell'entusiasmo della sua passione per la nostra TOGA e quindi per il nostro MINISTERO, definì l'Avvocatura, come "una professione di comprensione, di dedizione e di carità". Tali sentimenti, siano eterni, per il bene dell'Umanità! Il Maestro, nel salutarsi dal mondo, abbracciò la TOGA "alla quale siamo affezionati perché sappiamo che essa è servita a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso; e soprattutto a ravvivare nei nostri cuori umani la fede nella vincente Giustizia, senza la quale la vita non merita di essere vissuta". Chiudo con KlERKEGAARD, giovane filosofo danese del primo Ottocento: "Per me, vivere nel ricordo è il modo più compiuto di vita che si possa immaginare: il ricordo sazia più di tutte le realtà, ed ha una certezza che nessuna realtà possiede. Un fatto della vita, che sia ricordato, è già entrato nell'eternità, e non ha più alcun interesse temporale". (SOREN KlERKEGAARD - Enten -Elleri». Così rassegnate le «conclusioni», il giudizio ora tocca al Lettore. Grazie. APPENDICE I - «ET AB HIC ET AB HOC», DA UNA TOGA ALL'ALTRA. DIVAGAZIONI... "Mi sono proposto di riportare la vita di un avvocato al suo «paesaggio» più vero, più intimo, (o quanto meno al «mio paesaggio»). Paesaggio di tutta una vita, sintesi di tutta una vita: fatiche-, difficoltà, senso angosciato dei propri limiti e, nel medesimo tempo, tanta strenua volontà, tanto appassionato orgoglio, tanta profonda felicità, se non per quello che si è riusciti a realizzare, almeno per quello di cui c'è stata data coscienza e che (forse) ci sarebbe stato concesso di «poter» realizzare. Mi sono reso conto che la Giustizia non si deve chiedere in elemosina, ma si deve pretenderla come un diritto, e che solamente a questo patto sì può rivendicare a fronte alta, in cospetto di chicchessia, la nostra funzione e la nostra autorità di Avvocati" (Casteinuovo Tedesco, L'UDIENZA È TOLTA, Editore Vallecchi, Firenze 1961) "Un altare ed un Giudice sono la stessa cosa perché presso di loro cercano rifugio quelli che patiscono ingiustizia, affermava ARCHI-TA di Tarante, come riportato da Aristotile in «I Pitagorici»". (Ernesto Cianciola, IL SENSO DELLA GIUSTIZIA, Cacucci Editore, 1997) Una inconsueta giurisprudenza deontologica: "Avvocato e Procuratore - Norme deontologiche - rapporti con i Colleghi e con i clienti - partecipazione ad anomala e ridicola forma di pagamento di £ 11 milioni nell'interesse di collega avversario & mezzo monete metalliche - Illecito deontologico Avvertimento. Il professionista che partecipi personalmente, ed assista senza intervenire, alla anomala e ridicola forma di pagamento di credito del collega avversario, ideata dal proprio cliente, e consistente nel pagare la somma di £.11 milioni a mezzo monete metalliche, trasportate nello studio del collega mediante camion in appositi socchi; che dopo aver costatato, in tale situazione, la presenza di un cronista e di un fotografo di un giornale locale, non presti la propria opera di dissuasione del cliente, pur essendo a ciò espressamente richiesto sia prima che dopo le operazioni di scarico dei socchi, tiene un comportamento lesivo della dignità professionale forense e merita la sanzione dell'avvenimento". (Decisione del Consiglio Nazionale Forense del 18 febbraio 1989 n. 30. Presidente Grande Stevens - Relatore DE PALMA - P.M. Valeri - Rigetta ricorso, in RASSEGNA FORENSE, anno 1990) VITTORIO EMANUELE ORLANDO (famoso giurista, avvocato ed uomo politico dell'epoca), nel discorso pronunziato per l'inaugurazione del Congresso Nazionale Forense tenutosi in Palermo il 16 maggio 1914, così definì la funzione dell'Avvocato (nella società dell'epoca): "Mentre la Legge, ora sta ferma, ed ora procede per salti, il diritto si_muove_ sempre, ma si muove lentamente. E di tale perpetuo divenire, egli stesso - l'Avvocato - è uno degli artefici più preziosi, poiché, normalmente, è controverso o litigioso proprio quel diritto che non ancora si è definitivamente acquietato in una formula, che cerca ancora la sua orientazione, e che la regola tradizionale, or contiene ed ora estende, in rapporto ai mutati sentimenti ed ai nuovi bisogni. Così l'Avvocato svolge la sua attività, proprio in quella zona giuridica più tormentata del lavorio incessante del diritto, che viene sempre evolvendo con un impegno ed un senso di responsabilità consapevole che l'errore dell'oggi può essere la verità del domani". In tali parole sembra enunciata, con l'anticipo di mezzo secolo, la funzione della Corte Costituzionale attivata proprio, con impegno responsabile ed appassionato, dalla Avvocatura! Occorre, quindi, una Avvocatura che si dia una nuova identità, e quindi "adeguamento della funzione dell'avvocato e dei modi del suo esercizio all'attuale difficile stagione di transizione dell'esperienza giuridica, con una maggiore professionalità, intesa come capacità di fornire la prestazione richiesta con elevata e specifica competenza, in considerazione della responsabilità della professione forense rispetto alla dimensione che ha assunto in questi ultimi tempi la crisi della certezza del diritto (una questione di cui si occupò anche Calamandrei sin negli anni trenta!) " (Massimo Di Lauro,UNA TOGA PER IL FUTURO, Edizione Cedam,con prefazione di Giandomenico Pisapia). "L'avvocato deve ricordare che, nell'ambito ristretto in cui opera, vi è tuttavia un nucleo importante di libertà. Egli, infatti, riconosce il potere, ma si contrappone ad esso per testimoniare, e tentare di far prevalere, le esigenze della gente, l'anticipazione di quelle regole che la storia fa lievitare per rendere umanamente accettabili i cambiamenti dei costumi e dei giudizi di valore che, nel futuro prossimo, determineranno i principiguida della civile convivenza. Il successo dell'Avvocato nasce essenzialmente dall'amore portato ad un mestiere difficile e nobilissimo", (Casella-Rimini: DICA PURE, AVVOCATO, Ed. Mondadori). "Una circostanza essenzialissima per la Giustizia è di amministrarla prontamente e senza dilazione; il farla attendere è ingiustizia". (La Bruyère) "II Legislatore deve essere sempre l'eco della ragione, ed il Magistrato quello della Legge" (Pitagora) "L'arte del Legislatore deve essere di far retrocedere l'uomo fin dai primi passi che da nella strada dei delitti" (Filangieri, DELLA PREVENZIONE) ELOGIO DEI GIUDICI SCRITTO DA UN AVVOCATO (P. Calamandrei, 1935): "II diritto, fino a che nessuno lo turba e lo contrasta, ci attornia invisibile ed impalpabile come l'aria che respiriamo: inavvertito come la salute, di cui si intende il pregio solo quando ci accorgiamo di averla perduta. Ma quando il diritto è minacciato e manomesso, allora esso, scendendo nel mondo dei sensi dal mondo astrale in cui riposava in forma di ipotesi, si incarna nel giudice e diventa espressione concreta di volontà operativa attraverso la sua parola. Il giudice è il diritto fatto uomo; solo da questo uomo io posso attendermi nella vita pratica quella tutela che in astratto la legge mipromette: solo se questo uomo saprà pronunciare a mio favore la parola della Giustizia, potrò accorgermi che il diritto non è un'ombra vana. Per questo si indica nella «iustitia», non semplicemente nel «jus», il vero «fundamentum regnorum»: perché, se il Giudice non è desto, la voce del diritto rimane evanescente e lontana come le irraggiungibili voci dei sogni. Come non amarti, quando so che quella assistenza continua ad ogni mio atto, che il diritto mi promette, può attuarsi nella realtà solo attraverso l'opera Tua^ Io so che di tutto quello che mi è intimamente più caro. Tu sei custode e garante: in tè saluto la pace del mio focolare, il mio onore e la mia libertà". CONSIGLI DI UN AVVOCATO-SANTO: S. ALFONSO M. DE' LIGUORI (Napoli 1696/1733); - Non bisogna mai accettare cause ingiuste, perché sono perniciose per la coscienza e pel decoro; - Non si deve difendere una causa con mezzi illeciti ed ingiusti; - Non si deve aggravare il cliente da spese indoverose; altrimenti resta all'avvocato l'obbligo della restituzione; - Le cause dei clienti si devono trattare con quell'impegno con cui si trattano le cause proprie; - È necessario lo studio dei processi, per dedurre gli argomenti validi alla difesa della causa; - La dilazione e la trascuratezza degli avvocati, spesso danneggiano i clienti, e si pecca contro la Giustizia; - L'avvocato deve implorare da Dio l'aiuto nella difesa, perché Iddio è il primo protettore della Giustizia. - La giustizia e l'onestà non devono mai separarsi dagli Avvocati, anzi si devono sempre custodire, come la pupilla degli occhi; - Nel difendere le cause bisogna essere veridico, sincero, rispettoso e ragionato; - I requisiti di un Avvocato sono: la scienza, la diligenza, la verità, la fedeltà e la giustizia. RIFLESSIONI DI UN GIUDICE (Giuseppe Francavilla, 1932): "La vita e l'esperienza di Giudice mi suggeriscono che la filosofia non è saper molte cose, ma mettersi in alto nella branca che si esercita, adeguare la coscienza all'opera, sentire il criterio di responsabilità di quello che si compie, apprezzare nel giusto valore la missione affi-dataci, la quale - estrinsecandosi, nel caso nostro, nel giudicare il simile -è la più nobile di quante ad uomini siano state mai conferite. Il Giudice deve metter cura nel far sì che il concetto sacro della «Giustizia» sia sempre presente, per modo che, ogni qualvolta egli si trovi a pronunziare una sentenza limitatrice dell'altrui libertà, o definitrice di gravi rapporti civili, senta nell'animo il tremito di quella parola che attribuisce al piccolo uomo la potestà quasi divina, che va esercitata con infinita sapienza ed onniveggenza". ELOGIO DELL'AVVOCATO SCRITTO DA UN GIUDICE (Piero PaÌardi,1986): "Nutro la massima convinzione che l'Avvocato sia il primo e più importante - spesso l'unico - tutore della persona umana. A me sembra che il più alto, sintetico e panoramico livello del ruolo dell'Avvocato sia proprio questo: tutelare e difendere l'Uomo, la sua vita, i suoi rapporti con le persone, le sue sfere esistenziali, i suoi legittimi interessi, e finanche i suoi beni, non tanto intesi come fattori materiali, quanto rapportati al senso ed al valore che la persona vi attribuisce. In questo, la figura dell'Avvocato è - almeno nelle sue potenzialità - universale ed al contempo indispensabile per la vita dell'Uomo. Del Giudice, al limite dei limiti, si può fare anche, e talvolta in concreto si fa, a meno. Dell'avvocato, no." L'intervento di Paiardi termina - persino— con una affermazione di estrema umiltà: "Se potessi ricominciare da capo e volessi realizzare una variante, farei con grande entusiasmo l'Avvocato. Mi sto pubblicamente confessando: forse in questo pensiero si annida un desiderio nascosto, quello di concludere la mia vita lavorativa provando - per soddisfare una prepotente curiosità esistenziale - a fare l'AVVOCATO. Ma, se fosse così, sarebbe un desiderio sbagliato, perché sono convinto che non ne sarei capace" (!?!?!?) ORATORI SI NASCE O SI DIVENTA? Nel 1° Libro «DE ORATORE» Cicerone, in conflitto di opinioni con Marco Antonio, sostiene che - in generale - gli oratori, «diventano» tali dopo l'acquisizione di tutte le conoscenze che deve possedere un uomo «illuminato»; mentre il suo contraddittore sostiene che, in fondo, l'abilità oratoria consiste in una specie di «talento naturale conseguente all'esercizio della parola». Invero, si continua a credere - quasi assiomaticamente -che "poeta nascitur, orator fit". È certo che gli oratori che «nascono» sono molto più rari degli oratori che «divengono». Basta considerare le sorti e le vicende di Demostene, del quale Plutarco ci fa sapere, che aveva difetti di pronunzia, tono di voce antipatico, ma tuttavia, un «forza di volontà»; per cui, dopo essere stato alla Scuola di Iseo e di Plafone, decise di isolarsi in un locale buio e disadatto, mentre scriveva e parlava «reiteratamente» fino ad assicurarsi che il suo pensiero risultasse espresso in maniera efficace e corrispondente alle finalità del suo discorso; e dopo vari esperimenti pesino «ridicolizzati» dagli ascoltatori «divenne» quell'oratore che «stupiva» gli Ateniesi! Cosi come - del resto - accadde anche a Cicerone che soltanto dopo estenuanti manifestazioni, finì col risultare gradito anche ai Greci, parlando nella loro lingua! La storia sarebbe molto lunga: io voto: «ORATOR FIT»! II – I DOCUMENTI Documento n. 1: L’Albo degli Avvocati e Procuratori del Tribunale di Taranto con il saluto di Mussolini (1937) Documento n. 2: l’attestato di inizio pratica forense (10.10.1940) Documento n.3: La domanda di iscrizione all’Albo dei Praticanti Procuratori e la relativa delibera di iscrizione (14.10.1940) Documento n. 4: nomina a Vice Conciliatore della Seconda Sezione del Comune di Taranto (6 giugno 1940) Documento n. 5: Saluto del Ministro Togliatti alla Magistratura MINISTERO DI Roma, 28 giugno 1945 GRAZIA E GIUSTIZIA GABINETTO N. 8417/10-I-I Alle Direzioni Generali ed Uffici Autonomi del Ministero Al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione AI Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione Ai Primi Presidenti delle Corti d'Appello Ai Procuratori Generali del Regno Ai Presidenti dei Tribunali Ai Procuratori del Regno Ai Pretori Ai Direttori degli Istituti di Prevenzione e di Pena Ai Consigli degli Ordini Forensi Nell'assumere la carica di Ministro Guardasigilli invio un saluto cordiale a tutta la Magistratura italiana, ed a quanti altri direttamente o indirettamente collaborano all'opera della giustizia nella nuova democrazia italiana. Conscio dell'ampiezza e gravita dei compiti che stanno oggi davanti a chi deve dirigere l'amministrazione della giustizia, sono certo che la Magistratura mi darà la collaborazione che le chiedo per assolvere questi compiti. Mentre altri pensano a dare al popolo pane e lavoro, a noi spetta dargli la giustizia, soddisfare una delle più profonde esigenze della nostra vita nazionale in questo periodo di profondo sconvolgimento materiale e morale,causato dalla tirannide fascista. Desideriamo tutti, ed è necessario al prestigio del paese, che cessino al più presto tutte le forme illegali di rappresaglia a carico di coloro che colpirono la Patria e ridussero il paese ad un'odiosa schiavitù. A questo scopo però dobbiamo dare a tutto il popolo, la prova che la giustizia severa e sollecita è compiuta sulla base di una legge. A voi, magistrati italiani, spetta in prima linea dare al Paese questa sicurezza, e quindi fargli compiere un enorme passo in avanti sulla via della sua riabilitazione e del ritorno ad un ordine democratico. Il Legislatore vi ha dato a questo fine le leggi necessario. Il governo e il Paese attendono da voi una cosa sola; che forniate prova nell'applicarle di una continua e solerte iniziativa, e che la legge democratica, per quanto possa essere dura nelle sue sanzioni, sia da voi applicata secondo lo spirito stesso in cui il legislatore, cosciente delle gravi condizioni politiche l'ha concepita e redatta. In questo modo aiuterete l'Italia a uscire rapidamente dalla grave crisi odierna e avvicinerete il momento in cui, severamente puniti i responsabili della catastrofe e i traditori, tutte le forze della Nazione potranno riconciliarsi e procedere unite nello sforzo della ricostruzione. So che non può esistere Stato Democratico se la Magistratura non è indipendente da qualsiasi influenza politica, e sarà mia costante cura, liquidando ogni residuo dell'ingiustizia e della corruzione fascista, di mantenere e difendere questa indipendenza. Conosco d'altra parte le dure condizioni di lavoro e di esistenza della maggior parte dei magistrati e pongo tra i miei compiti quello di alleviarle. II Paese, anche in mezzo ai tormenti che lo dilaniano, ha fiducia nei suoi magistrati, eredi e continuatori di una grande tradizione. Sappiate essere all'altezza di questa fiducia. Il Ministro PALMIRO TOGLIATTI DOCUMENTO N. 6 VARIE MARCHE “CICERONE” Documento n. 7: II Congresso Nazionale Giuridico - Forense (20/23 aprile 1949) ATTI del 2° Congresso Nazionale Giuridico - Forense Napoli, 20-23 Aprile 1949 (Editi a cura d«l Consiglio dell’Ordine degli Avvocati • d«l Procuratori di Napoli) Seduta del 23 aprile 1949, ore 9 Assume la presidenza S. E. l’On. De Nicola, Segretario l'avvocato Origo. Presidente: Poiché il figlio dell’Avv. La Falce destina un premio di lire 10.000 da mettere a concorso fra avvocati ex-combattenti, per un tema di scelta dei Congressisti, io credo che, praticamente, non sia possibile che tutti i Congressisti scelgano il tema. Ed allora io propongo che questo tema sia scelto dalla Presidenza del Congresso, cioè non soltanto dal Presidente, ma anche dai due Presidenti delle due sezioni, con l'assistenza del Segretario generale Avv. Origo. Metto ai voti questa proposta. Coloro che sono favorevoli sono pregati di alzare la mano (Approvata). Allora possiamo iniziare la discussione. Debbo fare alcune dichiarazioni preliminari. 1) A norma del regolamento, per partecipare alla discussione dei temi bisogna iscriversi il giorno precedente quello della seduta di chiusura. Poiché i lavori ieri sera terminarono ad ora molto inoltrata, io credo che si possa introdurre una piccola modifica nel regolamento cioè autorizzare coloro i quali vogliono partecipare alla discussione dei temi ad iscriversi anche oggi, purché s'iscrivano prima che si inizi la discussione del relativo tema. Vi sono osservazioni? Coloro i quali sono favorevoli sono pregati di alzare la mano. La proposta è approvata. 2) Si era pensato di distribuire tutte le mozioni approvate dalle sottosezioni a tutti i Congressisti, ma non si è potuto, data l'ora tarda in cui i lavori delle sottosezioni ebbero termine ieri sera. Si è fatto ricorso allora ad una via intermedia, cioè si sono fatte molte copie, durante la notte, di ogni mozione - credo circa duecento. I Congressisti, che, prima della discussione dei temi e delle mozioni potranno rivolgersi durante la seduta al Segretario Salminci. L’Avv. de Palma di Taranto legge un suo ordine del giorno di soppressione dell'Ente di previdenza; su tutto il resto si interpellino i singoli Collegi professionali. L'Avv. De Simone di Monza, chiede che i singoli delegati si impegnino a dichiarare di aver ricevuto una regolare delega per questa votazione. L'Avv. Galante, di Catania, dice: "Come si farebbe durante il periodo intermedio? Non ci sarebbe una previdenza, la quale sarebbe ammazzata". L'Avv. Parelio propone di lasciare le cose come stanno fino a che i Consigli dell'Ordine non abbiano interpellato gli iscritti, uno per uno: Avv. Valente: La richiesta circa l'ordine della votazione non mi sembra giusta. La proposta del referendum non è una questione di carattere pregiudiziale. La votazione si deve svolgere sulla mozione del relatore. Presidente: Non credo di violare il diritto di nessuno mettendo ai voti la mozione prima presentata. Le divergenze sono: referendum o Consigli dell'Ordine, con o senza Assemblea. Non è il caso di parlare di questione pregiudiziale. Sono due metodi diversi, secondo la mozione Cattaneo si deve seguire un metodo; secondo la mozione de Palma se ne deve seguire un altro. Il Segretario Avv. Origo procede all'appello. Fatto l'appello, comunica l'esito della votazione. Presidente: Proclamo l'esito della votazione: hanno risposto sì 108; hanno risposto no 48. La mozione Cattaneo è approvata. Vi sono molte mozioni, che sono state presentate nel corso dei nostri lavori. L’Avv. Carlo Venduti propone che all'ordine del giorno del futuro Congresso si segni, quale assoluzione di un dovere nazionale, la commemorazione di un nostro indimenticabile Caduto; nobilissimo come tutti i Caduti per la Patria, il più grande degli avvocati caduti: Vincenzo Ianfolla. L'Assemblea in piedi approva con voto unanime la proposta. Gli Avvocati Valente e Maino, di Milano, pronunciano vivissime parole di ringraziamento e di riconoscenza a S. E. Enrico De Nicola, per la brillante e inimitabile valentia, con la quale Egli ha presieduto i lavori del Congresso. S. E. Enrico De Nicola dice: "Io vi dico una sola parola, perché le mie condizioni vocali non mi consentono ormai di parlare; perdonate". Indi si stabilisce di tenere il prossimo Congresso nella città di Torino, nel 1951, e ì'Avv. Fiasconara dice che Torino sarà ben lieta ricevere ed ospitare gli avvocati che parteciperanno a quel Congresso, Tra le grida di "Viva De Nicola", "Viva Napoli", "Vìva Torino", "Viva gli Avvocati d'Italia" il Congresso si chiude, nella prima ora del giorno 24 aprile 1949. I congressisti si congratulano anche con il Comm. Avv. Pepe e con l'Avv. Origo, Presidente del Comitato esecutivo e Segretario Generale del Congresso, per l'ottima organizzazione predisposta. L'Avv. Maino dice di essergli sembrato, come tutti i congressisti di trovarsi come in casa sua. Belle parole l'Avv. Maino ha avuto per l'Avv. Origo "il quale ci ha sorpresi fisicomente anche perché è sempre in tensione, ma non si scarica mai". Presidente: I lavori del Congresso sono terminati. La seduta è tolta alle ore 2 antimeridiane del giorno 24 aprile 1949. Documento n. 8: Il rilascio della tessera per partecipare al Convegno Meridionale Forense (1955) Documento n. 11: Pergamena-ricordo dell’inizio dei lavori per il Palazzo di Giustizia (5 giugno 1970) Documento n. 12: Assunzione della Carica di Presidente dell’Ordine Avvocati e Procuratori (14 novembre 1974) Documento n. 9: Le lapidi nelle Aule del vecchio Tribunale di Tarante (Palazzo degli Uffici) GIUSEPPE DE CESARE INCLITO NELLA CURIA MERAVIGLIÒ PE' BAGLIORI DELLA GRANDE - VIRILE ELOQUENZA E SIGNORE MAGNIFICO DEL DIRITTO DIE RESPONSI COME UN LATINO - LE LEGGI DI ROMA - ROMANAMENTE INSEGNANDO FILOSOFO E UMANISTA LEVÒ AD ECCELSE DOTTRINE - EDUCÒ A MAGNANIMI SENSI UNA GAGLIARDA GIOVENTÙ - SUPERBA DI TANTO MAESTRO DECRETO LIBERTICIDA DELL'ANNO 1848 - LO TOLSE ALLA SCUOLA DISCESO DALLA CATTEDRA - SALÌ LA BARRICATA SOTTO LA MITRAGLIA SVIZZERA E ETRA DEL MAGGIO OMERICO ANIMA GLADIATORIA PREPARÒ CON GLI EPICI DEL MEZZOGIORNO LE NUOVE FORTUNE ITALICHE DAL CARCERE E DALL'ESILIO NON VINTO FULMINÒ IN PUGNACI CONCIONI IL RÈ SANGUIGNO DESIGNATO CODIFICATORE DA PISANELLI E DA MANCINI PORTÒ SAPIENZA AI CODICI DELLA TERZA ITALIA LEGIFERA MAGISTRATO CITTADINO DIE SENNO CIVILE AL COMUNE NOBILMENTE REGGENDOLO LO DIFESE DA PLEBEE INSIDIE DI NON DOMI BORBONICI LO MUNÌ DI RIGIDO EFORATO - LO GHIRLANDÒ DI FASTO PLUTARCHIANA VIRTÙ DI CARATTERE NON PIEGÒ IN FOSCHI GIORNI DI TIRANNIDE E IN LIBERI GIORNI - STIMANDO DOVERE L'OPERA COMPIUTA NON CHIESE 'ONDE TARANTO - LACEDEMONIA E MEMORE LO ADDITA ESEMPIO GLORIOSO A VOI - CUI PUNGE DESIO DI GLORIA PER DECRETO DEL CIVICO CONSIGLIO MURATA 1 novembre 1906 DOMENICO ACCLAVIO NEL FASTIGIO DEL SECOLO DELLA RINASCENZA GIURIDICA GIURECONSULTO SOMMO PROCURATORE GENERALE DEL RÈ ALLA CORTE CRIMINALE SEDENTE IN ALTAMURA INDI PRESIDENTE DELL'ALTA CORTE DI GIUSTIZIA IN NAPOLI, FIERO AUSTERO - INCORROTTO MENTRE SOLDATESCO DECRETO DI MURAT DELL'ANNO 1812 - MAGISTRATI AULICI E PAUROSI CREAVA -INTENDENTE SUPREMO AGLI ORFANATROFI RECÒ ALLA TERRA DI PUGLIA - RUTILANTE SPIRITO D'AMORE UMANO NUOVI TEMPI ANTIVEGGENDO MINISTRO PER L'INTERNO - IMPERANTE FERDINANDO I L'ALTO SENNO DIEDE A LIBERE LEGGI - DAL PARLAMENTO LODATE - DA UN POPOLO DI SERVI - NON COMPRESE NEL TRAGICO ANNO 1821 IL FAVORE AUSTRIACO RESPINSE E NE COMBATTÈ LA LURCA CODARDIA SPARTANAMENTE REGGITORE DEL COMMISSARIATO FEUDALE CONTINUATA L'OPERA CIVILE DI GAETANO FILANGIERI E DI DAVIDE WINSPEARE PENSÒ E PREPARÒ I RESCRITTI EVERSIVI CON TALE INSIGNE ISTITUTO - FAMOSO ANCHE ORA PRINCIPE E'MONARCATO E L'ETÀ CHE FU SUA GLORIFICANDO PROTERVIA DI BARONI - CUPIDIGIA DELLA CHIESA ABBIEZIONE DI VASSALLI NON VALSERO CONTRO IL SAPIENTE - CHE IN UN FERREO DECENNIO MORTIFICÒ LA RESTANTE ALBAGIA FEUDALE E L'ESTINSE PENSOSO NON DEL FACILE PLAUSO DE- COEVI - MA DEL GIUDICIO DELLA STORIA - CHE LO SACRÒ LAURIGERO LA PATRIA DECRETÒ - POSE 1 novembre 1906 Documento n.l3: Le lapidi nelle Aule del Tribunale di Taranto (Palazzo di Giustizia, via Marche) LA STORIA DELLE GENTI CIVILI È LEGATA ALLE SORTI DEL NOSTRO MINISTERO. QUESTA VOSTRA MEDAGLIA MI SIA POSTA SUL LATO DEL CUORE PERCHÉ - ANCHE SPENTO -VOGLIO ERGERMI NELLA TOGA, E STARVI ACCANTO, NON VISTO. ALESSANDRO CRISCUOLO: Palazzo di Giustizia di Taranto, 3 maggio 1925 A.I.G.A. Sezione di Taranto Associazione Italiana di Giovani Avvocati 30 novembre 1996 EMILIO ALESSANDRINI ALLA MEMORIA DEL GIUDICE EMILIO ALESSANDRINI E DI QUANTI COME LUI CON IL SACRIFICIO DELLA VITA AFFERMARONO E DIPESERO LIBERTÀ DEMOCRAZIA GIUSTIZIA I MAGISTRATI E GLI AVVOCATI DI TARANTO 19 dicembre 1981 FRANCESCO MARTEMUCCI PER VOLONTÀ UNANIME E DI TUTTI GLI OPERATORI DI GIUSTIZIA QUEST'AULA È DEDICATA ALLA MEMORIA DEL DOTT. FRANCESCO MARTEMUCCI FIGURA ESEMPLARE DI MAGISTRATO E DI UOMO, PREMATURAMENTE SCOMPARSO, CHE PUR TRA INENARRABILI SOFFERENZE FISICHE, VOLLE E SEPPE ONORARE LA TOGA, SEMPRE CON GRANDE DIGNITÀ E PRESTIGIO, FINO ALL'ESTREMO ISTANTE DELLA PROPRIA VITA 14 gennaio 1998 MARCELLO FISCHETTI NELL'AULA CHE FU DEI GIUDICI DEL LAVORO OGGI DESTINATA ALLA VALUTAZIONE PENALE DEGLI UMANI COMPORTAMENTI, RESTI IL RICORDO DELLA CALDA UMANITÀ, DELLA PROFESSIONALITÀ, DELLA DEDIZIONE AL SERVIZIO DEL LORO PRESIDENTE DOTT. MARCELLO FISCHETTI CHE IL 10 GENNAIO 2001 CESSÒ DI VIVERE E DI SERVIRE LA GIUSTIZIA. IL PRESIDENTE, I COLLEGHI, IL PERSONALE TUTTO DEL TRIBUNALE, CON IL CONCORSO DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA E DEL FORO DI TARANTO UNANIMI POSERO IL 24 MARZO 2001 Documento n.14; La mozione dell'Assemblea degli Ordini Forensi al Congresso di Rimini (maggio1982) MOZIONE SULL'ORDINAMENTO PROFESSIONALE L'Assemblea Nazionale degli Ordini Forensi, riunita a Rimini il 14, 15 e 16 maggio 1982; Udita la relazione sui pareri espressi dai Consigli forensi, in risposta all'apposito questionario; Esaminate le proposte avanzate dai Consigli dell'Ordine, dalle Associazioni Forensi, dalle delegazioni e dai singoli delegati partecipanti ai lavori per la elaborazione delle linee del nuovo ordinamento professionale forense; Sentiti gli interventi; Formula le considerazioni che seguono: L'Avvocato è partecipe attivo e necessario dell'amministrazione della giustizia; adempie una funzione che rende effettivo l'esercizio dei diritti enunciati dall'art.24 della Costituzione; l'Ordine cui appartiene realizza, perciò, fini dello Stato. L'esercizio del diritto inviolabile di difesa postula l'assoluta autonomia dell'Ordine Forense e la piena indipendenza del difensore: ogni vincolo, ogni condizionamento, ogni subordinazione della funzione difensiva viola le garanzie che la Costituzione ha predisposto per i cittadini. Il nuovo ordinamento deve quindi affermare che gli Ordini nell'esercizio delle loro funzioni e gli Avvocati nell'esercizio della loro professione sono soggetti soltanto alla legge. Nella crisi di valori e di competenze che la società sempre più drammaticamente evidenzia, l'Avvocatura - conscia della rilevanza del proprio ruolo - avverte l'esigenza ed esprime la necessità della massima qualificazione, sotto il duplice profilo professionale e deontologico. Pertanto, in applicazione dei suddetti principi, l'ordinamento professionale dovrà articolarsi sulle seguenti direttrici: 1 - Autonomia degli Ordini Circondariali. 2 - C.N.F. curerà gli interessi dell'Ordine, esprimerà pareri sulle iniziative legislative e regolamentari concernenti la professione forense e l'amministrazione della giustizia; eserciterà la funzione disciplinare ed Ìl sindacato sulle funzioni amministrative degli Ordini. Ai Consigli dell'Ordine compereranno le funzioni pubbliche di tenuta degli albi, di disciplina professionale, di partecipazione all'attività dei pubblici poteri connessa all'esercizio della professione, di garanzia nei confronti dei terzi dell'adempimento dei doveri professionali, nonché di tutela della indipendenza, della dignità e degli interessi dell'Avvocatura nell'ambito di tutte le suddette funzioni. 3 - Riaffermazione e riconoscimento delle capacità di tutela della categoria; per quanto attiene gli interessi economici, alle associazioni che raccolgono il fiduciario consenso degli aderenti. 4 - Severo accesso alla professione (effettivo tirocinio triennale dei praticanti con frequenza obbligatoria di scuole forensi da istituirsi in sede distrettuale in collaborazione con l'Università); previsione del «diario della pratica» con responsabilizzazione dei titolari degli studi; dell'esame di abilitazione, a livello nazionale, da sostenersi nella sede del distretto di compiuta pratica, con obbligo di prima iscrizione ad un Albo dello stesso distretto. Le commissioni d'esame saranno composte da avvocati e docenti universitari nominati dal C.N.F. su proposta dei Consigli dell'Ordine Distrettuale. 5 - Requisiti della continuità e dell'effettività dell'esercizio professionale per mantenere l'iscrizione all'Albo. 6 - Esclusione delle iscrizioni di diritto, severo regime della incompatibilità e prefissazione di un «limite» di età (40 anni) per l'iscrizione all'Albo; limitazione della iscrizione all'elenco aggiunto agli avvocati appartenenti ad Enti Pubblici e agli Enti autonomi e autarchici territoriali e definizione della figura dell'avvocato dell'Ente Pubblico, inteso come il professionista che esercita esclusiva attività di consulenza ed assistenza legale, limitatamente alle cause e dagli affari dell'Ente al quale appartiene, presso un ufficio legale appositamente costituito, funzionalmente dipendente dal legale rappresentante dell'Ente, e la cui istituzione deve essere notificata al Consiglio dell'Ordine territorialmente competente; il distinto ordinamento dei suddetti Uffici Legali deve rispondere ai principi della piena autonomia professionale e della responsabilità personale a norma di legge dei professionisti dipendenti; nonché del rispetto di tutti gli altri diritti ed obblighi correlati al loro status professionale; i concorsi per l'accesso agli Uffici Legati degli Enti Pubblici sono riservati agli iscritti agli Albi; 7 - Rigoroso sindacato disciplinare demandato agli Ordini e precisa definizione dei doveri di correttezza professionale (specchiata integrità e costante, decoro di condotta anche nella vita privata in quanto ne possa derivare discredito alla dignità dell'Ordine Forense, esercizio professionale ispirato a probità, dignità, diligenza, lealtà, discrezione e spirito di colleganza; Si considerano infrazioni particolarmente gravi l'accaparramento di clientela, il patto quotalitizio ed ogni forma di richiamo pubblicitario). 8 - Tutela del segreto professionale. 9 - Nella materia disciplinare: a) esclusione delle radiazioni di diritto ed abrogazione dell’ art. 140 c.p. nella parte riguardante l'applicazione della pena accessoria della sospensione dell'esercizio professionale; b) affermazione dell'esclusiva competenza del Consiglio dell'Ordine per l'eventuale irrogazione di sanzioni in caso di abbandono della difesa. 10 - Nella difesa dei non abbienti con spese a carico dello Stato: a) affermazione della libertà del difensore di accettare o declinare l'incarico, in quest'ultimo caso quando ricorrono apprezzabili motivi da rassegnarsi, all'occorrenza riservatamente, al Presidente del Consiglio dell'Ordine; b) previsione, per i non abbienti, della consulenza in materia stragiu-diziale. 11 - Nel sistema elettorale: a) reiezione di ogni normativa che determini conflittualità, istituzionalizzi divisioni in seno all'Ordine (quali sistemi proporzionali con liste contrapposte) o che impedisca ad ogni avvocato di scegliere in piena libertà i propri rappresentanti; b) istituzione di un sistema che consenta la massima partecipazione alla vita dell'Ordine ad esempio: limitazione del voto a due terzi degli eligendi); c) durata triennale di Consigli dell'Ordine e del Consiglio Nazionale Forense. 12 - Disciplina delle società professionali ed interprofessionali sullo schema della società semplice. Gli statuti saranno sottoposti all'esame del Consiglio dell'Ordine. 13 - Un'espressa norma richiamerà la legge 9 febbraio 1982 n.31 in tema di libera prestazione dei servizi degli Avvocati cittadini degli Stati Mèmbri delle Comunità europee e sarà predisposta all'applicazione dell'ari.52 del Trattato di Roma. In ogni caso, l'esercizio professionale in Italia degli Avvocati stranieri in attività giudiziali e stragiudiziali, comporterà l'osservanza delle norme deontologiche dell'Ordinamento nazionale italiano. Raccomandazione: L'Unione Nazionale delle Curie, nella sua attuale composizione, assolverà compiti di consultazione, di promozione e di iniziativa anche in collaborazione con il Consiglio Nazionale Forense e con la cassa di Previdenza. I Consigli degli Ordini potranno associarsi in Unioni distrettuali e interdistrettuali. Documento n. 15: Passaggio di consegne tra il vecchio ed il nuovo dirigente dell’Ufficio di Conciliazione del capoluogo (dal Corriere del Giorno del 24 gennaio 1986) Documento n.l6 REQUISITI MORALI E TECNICO-PROFESSIONALI DELL'AVVOCATO: FORMAZIONE DEI GIOVANI (Relazione al Congresso di Ancona 1987) II tema della formazione professionale e morale dei giovani aspiranti all'esercizio della professione forense, non sembra - almeno nel nostro ricordo di partecipante a 18 dei 19 Congressi Nazionali Giuridico-Forensi tenutisi dal 1947 ad oggi - abbia trovato, nelle precedenti occasioni congressuali, uno spazio adeguato di dibattito, ne abbia determinato formulazioni precise d'interventi. Le notevoli mutazioni che il Paese aveva subito a causa degli eventi storici dell'immediato dopoguerra (caduta di un regime, modificazione della struttura costituzionale con l'avvento della Repubblica, Carta Costituzionale ed altri problemi di fondo) sollecitarono, e giustamente, nei primi Congressi il dibattito su argomenti che riguardavano - nella realizzazione bivalente dell'assise biennale - sìa il "giuridico" sia il "forense". E fu l'epoca delle divergenze di opinioni su problemi di carattere generale attinenti alle necessarie riforme legislative, specialmente dei riti civile e penale, determinandosi, così, quasi un accantonamento di altri dibattiti che riguardavano più da presso l'Avvocatura, nell'attesa della tormentata e contrastata riforma della nostra legge professionale. Oggi, però, il problema dell'Avvocatura - come elemento essenziale nella gamma dei rapporti sociali, e particolarmente di quelli che si realizzano nel settore dell'Amministrazione della Giustizia - deve essere considerato e dibattuto con urgenza, indipendentemente dai supporti legislativi che tardano a venire, realizzando iniziative a propulsione endogena che impegnino direttamente gli Ordini nell'ambito dei loro compiti (funzioni e doveri) e mediante l'attività dei Consigli Forensi. Il tema generale di questo 19° Congresso si incentra sulla posizione dell'avvocatura in ogni aspetto della sua attività, ed in particolare - per quanto riguarda il nostro gruppo di relatori - attiene ai "requisiti morali e tecnico-professionali dell'Avvocato: formazione dei giovani". È fuor di dubbio che la società moderna, nell'articolazione di tutti i suoi rapporti giudiziari e paragiudiziari, di qualsiasi contenuto e rito, richiede particolari garanzie circa l'idoneità del professionista chiamato a fornire l'assistenza e la difesa. Si disse, in un Convegno di Studi Giuridici tenutosi due anni or sono in RagusaVittoria-Kamarina che Sa "necessaria mediazione fra la domanda e l'offerta di giustizia compete (soltanto) all'Avvocato, ma occorre che egli abbia la consapevolezza del ruolo che la società gli affida, e che agisca in conseguenza" (avv. prof. Edoardo Grasso), e si aggiunse - nella medesima sede - "che l'Avvocato, come ogni altro uomo di legge, deve oggi preoccuparsi di ricostruire intorno a sé fiducia, e nei cittadini, fiducia nell'ordinamento e nelle sue istituzioni" (avv. prof. Elio Falazzari). Onde la validità e l'attualità della impostazione generale del tema congressuale sotto il profilo dei "doveri e responsabilità degli Avvocati". I relatori colleghi Roberto G.Aloisio, Remo Danovi, Giuseppe Frigo e Marco Weingmann hanno affrontato gli aspetti del tema, limitatamente al settore affidatoci, ed hanno apprestato con competenza ed impegno le quattro relazioni il cui contenuto essi presentano, con vero spirito di "servizio", all'attenzione dei colleghi congressisti per un adeguato dibattito congressuale. A me è stato riservato - aetatis causa - il compito di coordinare la presentazione degli elaborati: cosa che sono lieto di rare con vero senso di umiltà, ma anche con sentito apprezzamento per il valido contenuto delle relazioni del nostro gruppo. Il collega Aloisio, con ampiezza di richiami, pone all'attenzione del Congresso la necessità di intervenire, non più astrattamente, sulla definizione del "ruolo dell'Avvocato", ma concretamente "sull'assolvimento da parte dell'Avvocato dei compiti che di quel ruolo sono propri". Viene, quindi, segnalata la necessità di accrescere la "statura culturale" dell'Avvocato, allo scopo di assicurare il livello di competitività dialettica, direttamente con l'avversario, ed indirettamente anche col giudice; tutto ciò per assicurare il miglior prodotto di giustizia. Necessità, quindi, di intervenire "ab novo" nel processo di formazione culturale e professionale dell'aspirante all'esercizio della professione forense. Omettendosi, per la necessaria brevità espositiva, ogni considerazione sulla necessità - che sembra essere legislativamente in itinere - dì riformare il corso degli studi universitari (non tanto per prolungarne la durata, quanto per assicurare una Intensificazione della settorialità di cultura giuridica per gli studenti destinati, in particolare, ad affrontare la scelta della libera professione forense) appare di essenziale importanza la necessità di assicurare, e far concretamente realizzare, ai giovani un valido tirocinio. Il relatore avv. Aloisio non esita a definire - quell'attuale - "una scandalosa farsa del tirocinio". La definizione, tuttavia, merita per molti casi, una notevole mitigazione in considerazione del fatto che, spesso, i giovani praticanti incontrano gravi difficoltà ad effettuare la pratica presso studi validamente organizzati, cosi come -spesso - difettano colleghi propensi e disponibili ad assolvere il ruolo della comuni-catività di tutti gli elementi formativi per il giovane praticante. Si reclama, quindi, a gran voce l'intervento dei Consigli Forensi, perché gli stessi oltre che effettuare un controllo "ex post" dell'eseguito tirocinio - assicurino la loro intermediazione sia per la segnalazione degli studi disponibili ad accogliere il praticante, che realizzando corsi di pratica professionale. Aloisio accenna, anche, ad una "deontologia" del praticantato, ma sull'argomento - anche se in via più generale - si è lungamente intrattenuto, in appresso, il collega Danovi. Il relatore avv. Aloisio conclude lanciando ai giovani un cordiale appello ad "essere sempre qualcuno", sforzandosi di uscire dall'amorfismo e dal grigiore culturale, che avviliscono e non costruiscono. Il relatore l’ avv. Remo Danovi non ha bisogno di presentazione. Le sue pubblicazioni, in tema di "deontologia forense" sono note, e costituiscono fonte di consultazione per i Consigli Forensi. La sua relazione, tuttavia, non è affatto ripetitiva rispetto ai suoi precedenti scritti. Si riscontra, invece, nella relazione un senso nuovo quando viene rimarcato il concetto che l'Avvocato, per essere rispettato nel ruolo che la società gli affida, deve avere oltre che "una forte carica professionale" anche una "forte carica morale". Egli deve, cioè, presentarsi all'opinione pubblica non soltanto come il detentore di un potere culturale, ma anche come il titolare di una fisionomia morale che ne accresca il prestigio. La tematica di Danovi, conduce a considerare l'opportunità e la possibilità di pervenire ad una codificazione unitaria di deontologia forense, anche nel quadro più ampio di un codice di deontologia e che quasi tutti i Paesi Europei hanno fatto altrettanto. Pur dichiarandoci favorevoli a siffatta iniziativa, riteniamo necessario che il Congresso si pronunzi sulla possibilità e sul contenuto di un codice unitario di comportamento dell'Avvocato, sia in generale, che nei particolari rapporti col cliente, con i colleghi, con il giudice ed anche con il pubblico, non senza trascurare il comportamento dell'Avvocato nei confronti del proprio Ordine e del suo Consiglio. Il collega Frigo, anche nella sua veste di componente della Commissione Governativa incaricata di redigere il nuovo codice di Procedura Penale, delinea il profilo dell'Avvocato nuovo "che deve impegnarsi nel nuovo processo penale con le carte m regola per quanto attiene ai requisiti tecnico-professionali e nell'osservanza dei principi di deontologia forense". Le cronache giudiziarie ed i "mass media" in genere non sempre segnalano alla valutazione del cittadino i migliori esempi degli operatori nel settore forense, e talvolta il difensore è presentato come un sabotatore del corretto corso dell'amministrazione della giustizia. Non sono mancate critiche severe nei confronti di avvocati impegnati in processi penali di gran notorietà, ma - a riguardo - sono intervenute valide e decise prese di posizione da parte di Associazioni e Camere Penali le cui mozioni sono valse a far ridimensionare il giudizio dell'opinione pubblica. Sulla posizione del difensore del nuovo processo penale, non mancherà un adeguato dibattito allorché il collega Frigo illustrerà oralmente l'iter legislativo del progetto di riforma del codice di Procedura Penale, ed il Congresso porrà fornire agli organi governativi un valido contributo per la normativa finale. Più dettagliatamente operative le proposizioni formulate dall'altro relatore avv.Wejngmann. Si parte dalla necessità di chiarire i rapporti con i Magistrati e si critica che, una volta superato l'esame dì Procuratore Legale, l'accesso all'albo degli Avvocati ed a quello speciale dei Patrocinanti davanti alle Giurisdizioni superiori, avvenga quasi automaticamente e per anzianità. Richiamando la "Carta di Rimini", Weingmann esprime, in linea di massima, l'adesione al sistema d'accesso alla professione legale come recepito dai disegno di legge Rìcci ed altri, n. 231 del Senato, comunicato alla Presidenza il 14 ott. 1983. A parte le osservazioni già in varie sedi formulate al detto disegno di legge - sul che certamente si animerà il dibattito congressuale - il relatore evidenzia la necessità che lo sviluppo della professionalità debba muoversi sulle stesse direttrici, sia per U giudice sia per l'Avvocato, al fine di assicurare una dialettica paritaria. Il collega Weingmann, con le sue puntuali ed efficaci Dotazioni, segnala una serie d'interventi che toccano molto da presso l'iter formativo della cultura tecnicoprofessionale dell'Avvocato, ed auspica un praticantato che valga ad assicurare un livello di preparazione tecnico-professionale che possa soddisfare ogni forma di mandato. Tutti i relatori concordano sulla necessità che i problemi dell'Avvocatura - a parte le indispensabili normative di legge - siano risciti all'interno degli Ordini con una più efficace presenza ed un più rigoroso controllo. AVV. RAFFAELE DE PALMA DOCUMENTO N. 17: INVITO PER LA CONFERENZA SULL’ISTITUZIONE A TARANTO DELLA SEZIONE DI CORTE D’APPELLO (3 GIUGNO 1989) Anno 1987: II saluto ai Consiglieri dell'Ordine, dopo l'elezione al Consiglio Nazionale Forense. Anno 1987: Convegno a Taranto di tutti gli Ordini Forensi della Puglia, Presidente dell'Unione Pugliese l'Avv. de Palma, Segretario l'Avv. Esposito Anno 1989: Seduta del Consiglio Nazionale Forense, con la partecipazione del Prof. Vassalli, Ministro di Grazia e Giustizia. Anno 1998: si insedia il nuovo Consiglio dell'Ordine, Presidente l'Avv. Egidio Albanese. Partecipa l’Avv. Cesare Maltesi, componente del Consiglio Nazionale Forense (sullo sfondo, i ritratti dei Presidenti Criscuoio e Caramia). CORRIERE DEL GIORNO SABATO, 19 DICEMBRE 1999 Un commosso ricordo di Caterina Leandro, «anima» dell'Ordine degli Avvocati "... Ero poco più che un ragazzo quando misi piede per la prima volta negli uffici del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori, correva l'anno 1978 ed avevo bisogno di sapere quali documenti fossero necessari per l'iscrizione al registro dei praticanti. Ricordo, come se fosse oggi, con quanto calore e disponibilità mi accogliesti, mettendomi subito a mio agio. Quella era la tua grandezza, la grande semplicità, la comunicatività, la grande preparazione non ostentata senza inutile vana, gloria e presunzione. Per Ì ragazzi della mia generazione eri come una sorella più grande sempre pronta al sorriso e alla battuta nei momenti buoni e discretamente comprensiva e calorosa nei momenti brutti. Oggi, non ci sei più e mancherai a tutti noi..." AVV. Giancarlo Catapano RINA LEANDRO QUESITONIO, trentennale collaboratrice di Segreteria dell'Ordine INDICE Cap. I GLI ANNI DIFFICILI pag. 9 Cap. II I MIEI MAESTRI pag. 17 Cap. III I PRIMI RAPPORTI PROFESSIONALI. L’INCONTRO CON IL SOSTITUTO PROCRATORE SCALFARO A NOVARA Cap. IV IL PRITANEO, LA LEX MUNICIPII TARENTI, IL PALAZZO DEGLI UFFICI pag. 31 pag. 39 Cap. V DA UN CONGRESSO ALL’ALTRO: 1947-1967 pag. 49 Cap. VI DA UN CONGRESSO ALL’ALTRO: 1969-1994 pag. 65 Cap. VII LA TOGA COME ONORE, COME DOVERE, COME MARTIRIO Cap. VIII LA “CORTA PICCENNA”, IN VICO STATTE. VERSO LA “CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA” Cap. IX GLI INCONTRI CULTURALI E GIURIDICI INTERNAZIONALI. LO SCIOPERO “BIANCO” CHE… PORTO’ ALLA REALIZZAZIONE DELLA CORTE D’APELLO IN TARANTO! pag. 85 pag. 99 Cap. X ONORE AI PRESIDENTI pag. 107 Cap. XI LE TOGHE D’ORO pag. 117 Cap. XII SFOGLIANDO UN VECCHIO ALBO pag. 175 Cap. XIII AVVOCATO, CONCLUDA pag. 181 APPENDICE I – “ET AB HIC ET AB HOC”, DA UNA TOGA ALL’ALTRA. DIVAGAZIONI II – I DOCUMENTI pag. 187 pag. 193