Capitolo 5
Il mercato calzaturiero: le caratteristiche del mercato italiano e la dimensione e l’attrattività dei principali mercati
internazionali.
Pag.247
5.1 Introduzione
Pag.248
5.1.1 I mercati come puzzle: segmenti e nicchie
5.1.2 La natura ibrida dell’industria della moda
5.2 Il mercato delle calzature, criteri di segmentazione e macrotends
5.2.1 Fattori demografici
5.2.1.1 La segmentazione per genere
5.2.1.2 La segmentazione per età
5.2.2 Tendenze culturali e sociali
5.2.2.1 Il fattore Moda
5.2.2.2 Da formale a casual
5.2.2.3 Il salutismo
5.2.3 La stagionalità del mercato
5.3 Il sistema distributivo
5.3.1 La struttura dei canali distributivi
5.3.2 Le principali formule distributive
5.3.2.1 Il dettaglio indipendente specializzato
5.3.2.2 Le catene di negozi
5.3.2.3 I grandi magazzini
5.3.2.4 Le grandi superfici specializzate
5.4 Il mercato italiano
5.4.1 Le dimensioni del mercato
5.4.2 La struttura distributiva
5.4.3 Le importazioni
5.4.4 Le esportazioni
Pag.248
Pag.248
Pag.249
Pag.250
Pag.250
Pag.252
Pag.254
Pag.254
Pag.255
Pag.255
Pag.255
Pag.257
Pag.257
Pag.259
Pag.259
Pag.259
Pag.261
Pag.262
Pag.263
Pag.263
Pag.266
Pag.267
Pag.269
5.5 I mercati internazionali: guida alla selezione e informazioni di base sul consumo e l’interscambio di calzature
nei principali paesi
Pag.272
5.5.1 Un mercato globalizzato
5.5.2 Metodologie di selezione dei mercati
5.5.2.1 Capitalizzare le esperienze precedenti
5.5.2.2 Imitazione dei concorrenti
5.5.2.3 La valutazione strutturata dell’attrattività 1. Il quadro macroeconomico
5.5.2.4 La valutazione strutturata dell’attrattività 2. Le tendenze specifiche del prodotto e i comportamenti
del consumatore
5.5.2.5 La valutazione strutturata dell’attrattività 3. Le competenze dell’impresa per i nuovi mercati. Il
grado di coinvolgimento e di ricuperabilità dei costi e degli investimenti necessari al piano di penetrazione
5.5.2.6 La valutazione di insieme e il quadro logico del piano di penetrazione commerciale
5.5.3 Il mercato europeo
5.5.3.1 Le dimensioni del mercato
5.5.3.2 L’Unione Europea
5.5.3.3 L’est Europa
5.5.3.4 Le importazioni
5.5.4 Il mercato tedesco
5.5.4.1 Le dimensioni del mercato
5.5.4.2 La struttura distributiva
5.5.4.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Germania
5.5.5 Il mercato francese
5.5.5.1 Le dimensioni del mercato
5.5.5.2 La struttura distributiva
5.5.5.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Francia
5.5.6 I mercati emergenti europei: la Russia
5.5.7 Il mercato asiatico
5.5.7.1 Caratteristiche generali
5.5.7.2 Le dimensioni del mercato
5.5.7.3 Una nota sulle prospettive del mercato cinese
5.5.8 Il mercato giapponese
5.5.8.1 Le dimensioni del mercato
5.5.8.2 La struttura distributiva
5.5.8.3 L’interscambio commerciale con l’estero del Giappone
5.5.9 Il mercato americano
5.5.9.1 Le dimensioni del mercato
5.5.9.2 La struttura distributiva
5.5.9.3 L’interscambio commerciale con l’estero degli USA
Bibliografia
Pag.272
Pag.274
Pag.275
Pag.275
Pag.276
Pag.277
Pag.277
Pag.278
Pag.281
Pag.281
Pag.282
Pag.284
Pag.284
Pag.286
Pag.286
Pag.287
Pag.288
Pag.290
Pag.290
Pag.292
Pag.293
Pag.295
Pag.298
Pag.298
Pag.298
Pag.299
Pag.301
Pag.301
Pag.302
Pag.303
Pag.305
Pag.305
Pag.306
Pag.308
Pag.311
Capitolo 5
Il mercato calzaturiero: le caratteristiche del mercato
italiano e la dimensione e l’attrattività dei principali
mercati internazionali.
A cura di
Hermes lab1
1
Alla realizzazione del capitolo hanno collaborato principalmente Marco Ricchetti e Paolo Rossi.
247
5.1 Introduzione
5.1.1 I mercati come puzzle: segmenti e nicchie
Il mercato a cui si rivolge l’insieme delle imprese appartenenti ad un settore esprime generalmente
una domanda di beni e servizi non perfettamente omogenea, in particolare quando i prodotti sono,
come le calzature, beni di consumo e presentano possibilità di differenziazione ampie e numerose.
I prodotti realizzati da uno stesso settore, cioè, possono essere molto diversi tra loro, in relazione
alla diversità e alla varietà dei consumatori a cui le imprese si rivolgono. Queste diversità, il grado
di eterogeneità dei prodotti, possono essere minori o configurare veri e propri segmenti e nicchie
che dividono il mercato in aree tra cui esistono barriere che rendono per un’impresa costoso o non
conveniente servire più segmenti o passare da un segmento all’altro.
L’analisi della domanda di calzature ha tra i suoi compiti quello di studiare il comportamento dei
consumatori nei riguardi dei prodotti del settore per identificare i segmenti in cui si divide il
mercato. In particolare la domanda rilevante per un impresa è raramente l’insieme della domanda
del settore, generalmente riguarda uno o più segmenti del mercato.
Un segmento di mercato è un sottoinsieme distinto di clienti di un settore, omogeneo al suo
interno, ma disomogeneo rispetto ai clienti di altri segmenti. La diversità dei clienti tra i segmenti si
traduce in una disomogeneità dei prodotti venduti sui diversi segmenti ed anche in diverse tattiche
e strategie di marketing.
Un segmento è cioè un’area di consumo che mostra caratteristiche di omogeneità al proprio
interno e rappresenta, per così dire, un sub-mercato, all’interno del generale mercato del settore.
All’interno del segmento, i comportamenti di acquisto dei consumatori e il loro atteggiamento verso
il prodotto sono omogenei. La omogeneità dei prodotti all’interno del segmento tende a
omogeneizzare anche i processi produttivi delle imprese che vi operano.
L’individuazione di una segmentazione del mercato può avvenire attraverso una pluralità di
caratteristiche della domanda, per esempio demografiche, sociologiche o psicografiche dei
consumatori, oppure con riferimento alle funzioni d’uso dei prodotti, o ancora per caratteristiche
merceologiche dei prodotti, o il loro prezzo, etc.
In particolare una distinzione importante, ma di difficile realizzazione sul piano operativo, è la
distinzione per contenuto moda e per stile di vita del consumatore. La segmentazione per intensità
del contenuto moda, in particolare introduce una nuovo ed importante fattore, quello della difficile
prevedibilità del mercato e dell’elevato rischio connesso alla introduzione di nuovi modelli e
prodotti.
5.1.2 La natura ibrida dell’industria della moda
Quando un nuovo prodotto, ad esempio un modello di automobile come la nuova Fiat 500,
riproduce esplicitamente la linea del famoso modello precedente, riconosciuto (e valorizzato) come
un’icona popolare densa di significati evocativi (l'esperienza della prima motorizzazione, un
avvenimento che fa parte del vissuto collettivo di milioni di italiani) ci si trova di fronte ad un
prodotto industriale che incorpora non solo le caratteristiche tecnologiche di un’auto più o meno
comune a tutte le auto di quella categoria, ma anche i valori "culturali", unici e definiti dall'estetica e
dal linguaggio simbolico di quello specifico modello, che costituiscono il retroterra del pubblico (o
almeno di una sua parte).
Una parte dei beni di consumo ha valore per il consumatore soprattutto, o esclusivamente per le
sue caratteristiche funzionali specifiche (si pensi ad esempio ad un medicinale come l’Aspirina, in
cui l’acido acetilsalicilico ha la specifica funzione di attenuare i dolori), ma nella moderna economia
post-industriale, una parte molto ampia di essi, molto più ampia di quanto comunemente si ritenga,
ha per il consumatore un valore che travalica di molto le sue funzioni (ad esempio, coprire,
riscaldare, muoversi ad una certa velocità, misurare il tempo, calcolare, trasmettere la voce o
248
trasportare), estendendosi a funzioni semantiche, di rappresentazione ed emotive. I prodotti si
trovano cioè a condividere due nature, la prima legata alla loro funzionalità materiale, la seconda
ad una funzionalità immateriale.
Il consumo di vestiti e calzature è un perfetto esempio, tra i più avanzati, di questa natura ibrida, in
cui convergono gli aspetti funzionali del vestire (coprire, proteggere, contenere) e quelli attinenti
alla sfera della formazione e affermazione dell’identità individuale.
Nell’epoca dei consumi di massa la dialettica tra le due anime dei prodotti produce fenomeni di
grande rilevanza economica, il più importante dei quali è stato l’affermarsi su ampia scala e su un
orizzonte internazionale di un mercato, quello dei consumi di moda, in cui il valore economico
dell’informazione veicolata dall’abito, dagli accessori, dalle calzature può essere pari o superiore a
quello del supporto materiale (il tessuto, la pelle) che la trasporta.
Al processo industriale manifatturiero, che determina le caratteristiche funzionali dei prodotti,
l’industria della moda aggiunge una forte carica progettuale in grado di riflettere lo spirito del
tempo, nella sua mutevolezza. Ai consumatori viene offerto un medium per manifestare la propria
identità e mantenerla al passo coi tempi. La moda diventa cioè un prodotto industriale a contenuto
culturale, il risultato della combinazione di elementi materiali e immateriali, analogo per certi versi a
quello dell’industria del cinema, della musica leggera o, in un senso diverso, al software.
Le merci di moda, dunque, per la loro natura di beni che hanno una funzione comunicativa e
interpersonale, sono prodotti culturali ibridi, nei quali la parte materiale (fibre, tessuto, pelle)
assume valore grazie alla configurazione in forma determinata da elementi culturali, creativi,
comunicativi (stile, forme, riferimenti semantici, lavoro cognitivo e creativo).
Il consumo di questi prodotti, siano abiti, calzature, accessori o altro, è orientato da scelte di tipo
linguistico, e quindi culturale. Le scelte fatte in conformità a stili di vita, gusti estetici, riferimenti
identitari riferibili al genere, al ruolo sociale, all'immaginario mediatico sono scelte di tipo culturale.
Il successo di mercato di un’impresa che produce beni ad elevato contenuto moda richiede quindi
di combinare nelle merci, nei prodotti, anche contenuti immateriali ossia linguistici, narrativi,
emozionali e non solo quelli funzionali, che derivano dalle caratteristiche materiali dei prodotti.
Malgrado l’importanza che riveste nel determinare le scelte dei consumatori oltre che i modelli
organizzativi delle imprese e il loro stesso successo sul mercato, i fattori che misurano il contenuto
moda dei prodotti sono labili, soggettivi e di difficile misurazione.
5.2 Il mercato delle calzature, criteri di segmentazione e macrotrends
In tutto questo paragrafo si illustreranno le principali variabili di segmentazione del mercato delle
calzature, che verrà segmentato soprattutto in relazione alla funzione d’uso dei prodotti, e per
quanto consentito dalla disponibilità di dati ed informazioni attendibili anche per: genere (uomo,
donna); età (bambino, adulto, anziano); materia prima di cui è composta la tomaia (pelle, tessuto,
plastica etc.). I criteri di segmentazione che verranno presentati sono validi in generale per i
prodotti del vestiario e possono essere applicati, con opportuni cambiamenti, anche ad
abbigliamento e accessori.
Le classificazioni statistiche ufficiali consentono solo parzialmente di effettuare segmentazioni del
mercato che riflettono alcune delle definizioni sopra riportate; ciò rende spesso difficile la
comparazione dei dati dei consumi per segmento di mercato con quelli relativi all’interscambio con
l’estero (import-export) o alla produzione.
249
Tabella 1 – Le voci riguardanti le calzature nelle principali classificazioni statistiche ufficiali
Segmenti
Tomaia in gomma o plastica
Tomaia in pelle
Tomaia in materia tessile
Altre
Classificazione della produzione
Prodcom
19.30.12, 19.30.21, 19.30.23
19.30.13, 19.30.21, 19.30.23
19.30.14, 19.30.22, 19.30.32
19.30.11, 19.30.31, 19.30.32
19.30.40
Classificazione del
commercio estero (HS)
6402
6403, 6405
6404, 6405
6401, 6402, 6403, 6405, 6406
Fonte: Eurostat, 2004
Tabella 2 – Definizioni dei segmenti per funzione d’uso
Athletic
Calzature sportive, che possono essere utilizzate anche al di fuori dell’attività sportiva, nella vita quotidiana,
include calzature da atletica, calcio, corsa, basket, fitness, aerobica, etc. In questo segmento, la
performance, ma anche la componente moda, hanno un ruolo importante nell’orientare le scelte dei
consumatori.
Outdoor
Calzature utilizzate in attività all’aria aperta, in genere di tipo sportivo e con caratteristiche di particolare
resistenza e impermeabilità. Ad es. scarponi da sci, scarponi da montagna, scarpe da arrampicata e
trekking, stivali da caccia, etc. Il fattore principale di scelta dei consumatori è, in questo segmento, la
performance.
Casual
E’ il segmento di più complessa definizione. Include le calzature per il tempo libero, spesso questo
segmento tende a confondersi o sovrapporsi a quello delle calzature sportive almeno per le caratteristiche
merceologiche dei prodotti. Le tendenze moda più recenti hanno inoltre introdotto il concept della calzatura
per il tempo libero che stilisticamente richiama, o è una replica con alcuni adattamenti, delle calzature per lo
sport. Infine la tendenza al dressing-down negli uffici rende le calzature di questo segmento adatte anche in
occasioni formali sul posto di lavoro. Il fattore moda in questo segmento esercita un ruolo chiave.
Formale
Questo segmento include le calzature più tradizionali e formali. In campo maschile la foggia e le
caratteristiche merceologiche di queste calzature tendono a restare stabili nel tempo. In campo femminile
sono più soggette alle variazioni della moda. E’ un segmento che trova una crescente pressione
concorrenziale da parte sia del segmento casual che da quello sportivo.
5.2.1 Fattori demografici
5.2.1.1 La segmentazione per genere
La distinzione dei generi (maschile e femminile) e l’età del consumatore (adulto e bambino) sono
due fattori chiave di segmentazione del mercato. In generale, in tutti i grandi mercati dei Paesi ad
elevato reddito, il mercato femminile rappresenta la componente di gran lunga maggioritaria della
spesa dei consumatori.
Se distinguiamo il mercato in tre parti: maschile, femminile e unisex (che include anche le
calzature per bambini), le calzature femminili oscillano, con qualche differenza tra paese, tra il 40%
e il 55% del totale contro il 30%-35% del segmento maschile e un 30%-40% dell’unisex.
Le calzature femminili sono considerate a pieno titolo un accessorio d’abbigliamento e
dell’abbigliamento femminile condividono molte caratteristiche, quali ad esempio la maggiore
importanza del fattore moda, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di imprevedibilità
del mercato, ciclo di vita breve dei prodotti, importanza del design, coordinamento con le proposte
moda dell’abbigliamento.
250
Il mercato delle calzature maschili è, come del resto nel campo dell’abbigliamento, caratterizzato
da una maggiore attenzione a funzionalità, comodità, stile più che moda e alla qualità intrinseca
del prodotto.
La maggiore importanza della moda nelle scelte d’acquisto delle consumatrici, fa anche si che il
numero di calzature consumato pro capite sia più elevato nel mercato femminile che in quello
maschile.
Figura 1 – Consumi di calzature per genere nei principali mercati (*)
100%
90%
80%
70%
60%
unisex/bambini
femminile
50%
maschile
40%
30%
20%
10%
0%
Italia
Germania
Francia
Regno
Unito
USA
(*) USA = su totale calzature non di gomma o materie plastiche; altri mercati = su totale calzatura con tomaia in pelle
Fonte: elaborazioni Hermes lab su fonti varie (Euromonitor, US Dep. of Commerce, ANCI)
251
5.2.1.2 La segmentazione per età
Assieme al genere, anche l’età dei consumatori ha una grande importanza nell’influenzare gli
acquisti di calzature. L’età del consumatore e la presenza all’interno del nucleo familiare di bambini
influenza sia il livello della spesa, che tende a crescere in presenza di bambini, sia le
caratteristiche dei prodotti acquistati.
Tabella 3 – Definizioni dei segmenti per età
Bambini (età 0-15)
Il segmento dei prodotti per bambini (inferiori ai 15 anni) si configura come uno specifico con prodotti e
canali distributivi dedicati o specifici. Questo segmento può a sua volta essere suddiviso in tre sub-segmenti.
0-3 anni - Per gli acquisti relativi a questa fascia di età i genitori prestano attenzione soprattutto alla struttura
delle calzature (forma, rigidità, rinforzi e sostegni, etc.). In generale gli acquirenti sono sensibili alla qualità e
sono disposti a pagare un premio di prezzo per ottenerla, poiché si ritiene che un prodotto di buona qualità
favorisca uno sviluppo corretto del piede del bambino e contribuisca a prevenire problemi nel suo sviluppo.
3-7 anni - In questa fascia di età una attenzione maggiore che nella fascia 0-3 è rivolta al prezzo. I gusti dei
bambini cominciano già ad influenzare la scelta d’acquisto, soprattutto quando questi sono inseriti in gruppi
sociali di coetanei (scuola, attività sportive, etc.).
7-15 anni - Negli acquisti per questo gruppo d’età assumono già un ruolo significativo l’indipendenza di
giudizio, i gusti e la sensibilità alla moda e di spesa dei giovani, anche se i genitori restano in larghissima
parte gli acquirenti finali. La forte preferenza per i brands noti e, ad esempio, la fortissima espansione del
segmento delle sneakers sono due manifestazioni della maggiore indipendenza di scelta di questa classe di
età. Le politiche di marketing e di comunicazione rivolte direttamente alle comunità giovanili hanno quindi un
peso rilevante.
Teenagers (15-18)
Questa fascia d’età è tra quelle con un elevato potenziale di mercato ed è guardata dai principali produttori
che operano sui mercati di massa come un area fondamentale. Ad una crescente sensibilità alla scelta di
prodotti che esprimano la personalità individuale o l’appartenenza ad un gruppo/tribù, quindi a fattori come
moda o stile, si aggiunge una spiccata indipendenza nell’atto d’acquisto che viene in larga parte effettuato
direttamente dal giovane e non dai genitori. I volumi di spesa individuali sono significativi e sostenuti da una
disponibilità a pagare consistenti premi di prezzo per le componenti immateriali (brand, moda, stile) dei
prodotti.
Giovani adulti (18-30)
In questa fascia di età all’indipendenza di scelta si accompagna l’indipendenza economica. I consumatori
sono attenti allo stile e alla componente moda dei prodotti e mantengono un guardaroba di calzature tra i più
ampi tra le varie classi di età
Adulti (30-65)
Gli over 30 tendono a concentrare il loro interesse sulla qualità, la convenienza, la praticità, la funzionalità, il
confort e la durata delle calzature e meno sugli aspetti legati alla moda.
Senior (oltre 65)
La fascia degli over 65 anni è la più dinamica per quanto riguarda la crescita attesa nei prossimi anni. Si
tratta di consumatori dotati di un elevato potere d’acquisto. I figli sono usciti da nucleo famigliare e si sono
resi indipendenti. E’ inoltre l’età in cui il tempo di lavoro si riduce e le scelte di lavoro sono meno vincolate
dal bisogno. Il tempo dedicato allo svago quindi tende ad aumentare. D’altro canto le particolari necessità
degli anziani rendono gli aspetti della qualità e del confort particolarmente importanti nelle scelte del
consumatore.
La distribuzione della popolazione tende a spostarsi verso fasce d’età più avanzate. E’ un
fenomeno diffuso in tutte le aree economiche del mondo, sia in quelle ad elevato reddito pro-capite
(Europa occidentale, Stati Uniti, Giappone) sia nei paesi emergenti. Questo fenomeno ha
importanti effetti sulla evoluzione del mercato. In Europa, nel decennio in corso il numero dei teenagers tra i consumatori diminuirà di circa 20 milioni (da 100 milioni a 80 milioni). Questo calo sarà
compensato dalla crescita della fascia dei consumatori over 50. Tra gli effetti dell’invecchiamento
della popolazione vi è una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e, in media, un
innalzamento della spesa pro-capite. Ci si attende che l’avanzare di questa tendenza determinerà
252
un riposizionamento anche delle campagne di marketing e di comunicazione oggi in larga parte
orientate ai giovani come principale segmento di consumo.
Figura 2 – La piramide della popolazione per età, in Italia, negli USA e in Cina, 2000 e 2025
80+
75- 79
70- 74
65- 69
60- 64
55- 59
50- 54
45- 49
40- 44
35- 39
30- 34
25- 29
20- 24
15- 19
10- 14
5- 9
0- 4
2000
2025
Italia
80+
75- 79
70- 74
65- 69
60- 64
55- 59
50- 54
45- 49
40- 44
35- 39
30- 34
25- 29
20- 24
15- 19
10- 14
5- 9
0- 4
2000
2025
USA
80+
75- 79
70- 74
65- 69
60- 64
55- 59
50- 54
45- 49
40- 44
35- 39
30- 34
25- 29
20- 24
15- 19
10- 14
5- 9
0- 4
2000
2025
Cina
Fonte: US Census Bureau International Database
253
5.2.2 Tendenze culturali e sociali
5.2.2.1 Il fattore moda
Come per gli altri prodotti del vestiario, il mercato delle calzature è molto sensibile al fattore moda,
soprattutto per quanto riguarda il segmento di mercato rivolto ai giovani e alle donne. Le principali
conseguenze sono un elevato tasso di innovazione di prodotto. Le nuove collezioni di calzature
vengono generalmente presentate due volte all’anno in occasione delle fiere di settore (si veda più
sotto il paragrafo La stagionalità del mercato) con un calendario sincronizzato con quello del
vestiario, con l’introduzione, ad ogni stagione, di una quota consistente di nuovi modelli, fogge,
colori e lavorazioni. Nella presentazione delle nuove collezioni la sovrapposizione con il calendario
dell’abbigliamento è molto forte, nuovi modelli di calzature sono sempre presenti nelle principali
fiere della moda, come il Pitti Uomo, o nelle fashion weeks.
Spesso si tende a confondere il concetto di moda con quello di lusso.
Trend
Setter/ Consumo
Fashion vistoso/
Victim status
Moda di massa,
Fashion
follower
elevato
Comodità,
prestazioni
funzionali
medio
Prodotti indifferenziati
attenzione al prezzo
moda
Livello di prezzo
Figura 3 – La moda, il lusso e il fattore prezzo
basso
classico
Fonte: Hermes lab, adattamento da Spiegel-Verlag
Trendsetter: (moda e stile prima di tutto, giovani, metropolitani, interessati in nuovi marchi e nuovi
negozi). Questo segmento di consumatori è estremamente interessato ai contenuti moda. Sono i
primi ad adottare nuovi stili e mode e sono disposti a pagare prezzi elevati.
Fashion follower: (metropolitani e non, moda e stile prima di tutto, giovani). E’ un segmento di
consumatori prevalentemente giovanile e interessato alla moda, ma solo a prezzi ragionevoli.
Consumo vistoso: (adulti, classici). E’ un segmento di consumatori molto attento ai marchi
consolidati e alla qualità. Acquisti a prezzi elevati.
Comodità, funzionalità: (adulti, problemi di calzata, ricerca della funzionalità). E’ un segmento
che include una parte consistente di persone anziane; a questa si aggiungono nicchie di
consumatori specialisti, sport, tempo libero, lavoro, etc.
254
Consumo indifferenziato: (adulti, classici, prevalentemente maschi). Per questo segmento di
consumatori l’acquisto di calzature è considerato non problematico, e di poco impegno, in genere
acquista modelli classici. Prestano poca attenzione alla moda e sono attenti al prezzo.
5.2.2.2 Da formale a casual
La generale tendenza di lungo termine che vede i consumatori orientarsi in misura crescente verso
un vestiario più informale influenza anche il mercato delle calzature. I consumatori attribuiscono un
valore crescente alla comodità da un lato e a stili più casual che formali dall’altro. Calzature di
fogge e materiali utilizzati in passato per calzature sportive o casual sono sempre più spesso
considerate adatte anche per occasioni formali, sia in occasioni legate al lavoro che alle relazioni
interpersonali.
5.2.2.3 Il salutismo
Una delle macrotendenze più significative che caratterizza in generale i consumi dalla fine degli
anni novanta è quella del salutismo e del wellness. Una proporzione crescente della popolazione
europea è soprappeso, negli USA il fenomeno è anticipato di oltre un decennio rispetto all’Europa,
ma ciò che più importa per l’evoluzione del mercato è che una parte molto rilevante dei
consumatori si sente soprappeso ed è bendisposta a svolgere, anche se in modo non sistematico,
attività finalizzate a contrastare questa tendenza, in particolare attività sportive e all’aria aperta. Ne
deriva una espansione dei consumi di calzature da jogging, passeggio, outdoor.
5.2.3 La stagionalità del mercato
Come per l’intero comparto del vestiario e della moda, gli acquisti di calzature seguono un ciclo
stagionale composto da una stagione estiva ed una invernale.
Le differenze climatiche influenzano i consumi di calzature e la loro stagionalità nei diversi Paesi.
Nei Paesi a clima più caldo, come il sud dell’Europa il Sud degli USA o il centro America, le stesse
scarpe possono essere utilizzate per quasi tutti i mesi dell’anno. In altri Paesi più freddi, come nel
Nord Europa o in Canada) gli acquisti sono differenziati per stagione e le calzature pesanti (stivali,
scarponi, etc.) hanno un peso maggiore sul totale.
Il ritmo stagionale del mercato è dettato dal, o meglio si riflette nel, calendario delle manifestazioni
fieristiche. La stretta connessione tra le diverse componenti del mercato della moda fa si che tra il
sistema delle fiere dell’abbigliamento, degli accessori e delle calzature vi siano molti punti di
sovrapposizione, come già ricordato sopra. Per le imprese delle calzature quindi, oltre alle
fondamentali fiere specifiche del comparto sono di grande rilevanza tutte le manifestazioni che
riguardano il mondo della moda (Tabella 4 e Tabella 5); ogni proposta della moda, ogni nuovo look
o stile trova la sua necessaria declinazione contemporaneamente nell’abbigliamento, negli
accessori e nelle calzature.
Il mercato delle calzature segue il macrotrend che dagli anni novanta caratterizza tutto il mercato
del vestiario, di un superamento del ciclo stagionale, soprattutto nei segmenti più fashion oriented.
Molti produttori hanno così deciso di presentare più di due collezioni all’anno. La tendenza è quindi
verso l’accorciamento del ciclo di vita del prodotto al di sotto della stagione.
In generale, i punti di picco delle vendite si concentrano nella stagione invernale, nel mese di
dicembre con la campagna natalizia e, in particolar modo nei grandi mercati europei come
Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia, a settembre con la stagione del rientro dalle
vacanze scolastiche. Questo punto di picco è particolarmente significativo per le sneakers e le
linee più trendy. Altri mesi molto significativi per le vendite in tutta Europa sono quelli dei saldi,
generalmente a gennaio e giugno.
255
Tabella 4 – Le fiere di interesse per l'industria calzaturiera in Italia
ANTEPRIMA
EXPORIVA SCHUH
LINEAPELLE
MIFUR
MIPEL
MICAM
MILANO VENDEMODA
MILANO MODA DONNA
MILANO MODA UOMO
MILANO UNICA
MODAPRIMA
MODA IN
PITTI UOMO
PITTI BIMBO
PITTI FILATI
WHITE
Milano
Riva Del Garda
Bologna
Milano
Milano
Milano
Milano
Milano
Milano
Milano
Milano
Milano
Firenze
Firenze
Firenze
Milano
1°-2 mar.
13-16 gen.
17-19 apr.
14-18 mar.
15-18 mar.
15-18 mar.
9-12 feb.
17-25 feb.
14-19 gen.
13-16 feb.
27-29 mag.
13-16 feb.
10-13 gen.
19-21 gen.
31 gen.-2 feb.
22-25 feb.
11-12 set.
16-19 giu.
16-18 ott.
20-23 set.
20-23 set.
21-24 set.
22-30 set.
24-29 giu.
11-14 set.
25-27 nov.
11-14 set.
20-23 giu.
29 giu.-1lug.
4-6 lug.
27-30 set.
Fonte: ANCI
Tabella 5 – Le fiere di interesse per l'industria calzaturiera in Europa
T.E.C. - PARC FLORAL - VINCENNES
BREAD & BUTTER
GDS
HELLENIC SHOE FAIR
LE CUIR
LE SALON DE LA MAROQUINERIE
MIDEC
MODA MADE IN ITALY - MOC
MODACALZADO
PREMIERE VISION
PREMIERE CLASSE
EUROSCARPA BENELUX - TOUR &
TAXIS
WHO'S NEXT
Parigi
Barcellona
Duesseldorf
Atene
Parigi
Parigi
Parigi
Monaco
Madrid
Parigi
Parigi
Bruxelles
25-27 mar.
17-19 gen.
9-11 mar.
5-7 mag.
20-23 feb.
3-5 feb.
2-4 feb.
13-15 apr.
23-25 mar.
20-23 feb.
1°-4 feb.
21-23 mar.
30 sett-2 ott.
4-6 lug.
14-16 set.
3-5 nov.
18-21 set.
7-9 set.
7-9 set.
5-7 ott.
27-29 set.
18-21 set.
6-9 set./5-8 ott.
26-28 set.
Parigi
1°-4 feb.
6-9 set.
Fonte: ANCI
256
5.3 Il sistema distributivo
5.3.1 La struttura dei canali distributivi
La struttura dei canali distributivi delle calzature è molto complessa. Un numero elevato di soggetti
diversi operano nelle fasi di produzione, intermediazione all’ingrosso e distribuzione al dettaglio,
con ruoli che in molti casi si sovrappongono. A titolo d’esempio di funzioni sovrapposte, si
consideri il caso di un grande magazzino che importi calzature utilizzando un proprio agente
commerciale direttamente in contatto con un produttore estero.
Lo stesso produttore può distribuire i suoi prodotti sia direttamente presso propri negozi, attraverso
negozi indipendenti, grandi magazzini, cataloghi per corrispondenza o market places in internet. La
multicanalità è la formula più frequentemente utilizzata.
L’esposizione in questo paragrafo si basa in larga parte sul modello distributivo europeo, in linea
generale meno concentrato e con una maggior presenza di negozi indipendenti rispetto ai mercati
americano e asiatico.
L’analisi quantitativa della struttura dei canali distributivi sarà presentata all’interno dei singoli
paragrafi sui mercati nazionali.
Figura 4 – Schema delle relazioni nei canali distributivi della calzature in Italia
IMPORTATORI
PRODUTTORI
IMPORTATORI
AGENTI
NEGOZI
INDIPENDENTI
CATENE DEI
PRODUTTORI
CATENE
COMMERCIALI
GRANDI
MAGAZZINI
PRODUTTORI
MADE IN ITALY
GROSSISTI
IPERMERCATI
SUPERMERCATI
VENDITE PER
CORRISPOND.
E.COMMERCE
CONSUMATORI
Fonte: Hermes lab
257
I profili tipici degli intermediari sono i seguenti:
Importatori
Il ruolo degli importatori ha assunto nell’ultimo decennio una importanza crescente nel mercato europeo, a
causa della penetrazione delle importazioni dai Paesi a basso costo del lavoro. La maggior parte degli
importatori rifornisce attraverso i grossisti o direttamente (svolgendo anche il ruolo di grossista) diversi canali
di vendita, dai negozi indipendenti ai grandi magazzini, le società di vendita per corrispondenza ed anche
alcune catene commerciali. I grandi magazzini e le grandi catene distributive possono by-passare
l’importatore approvvigionandosi direttamente presso i produttori esteri.
Produttori e Produttori / Importatori
I produttori (e i produttori/importatori) estendono ormai la loro presenza direttamente all’interno del sistema
distributivo. La maggior parte di essi, infatti, ha un canale diretto con i dettaglianti, eliminando il passaggio
dell’ingrosso, e in una quota crescente di casi possiede proprie reti di distribuzione al dettaglio. Un crescente
numero di marchi di produttori di abbigliamento integra l’offerta all’interno delle proprie reti distributive con
linee di calzature che portano lo stesso marchio, svolgendo così una funzione ibrida di connessione tra il
produttore di calzature e la distribuzione.
Importatori / dettaglianti
Le più grandi reti di vendita al dettaglio: catene con almeno 20 punti vendita, grandi magazzini, category
killer, organizzazioni di vendita per corrispondenza, sono molto spesso dotate di proprie strutture di
approvvigionamento sui mercati di importazione a basso costo.
Gruppi d’acquisto
Il ruolo dei gruppi d’acquisto è molto importante nel mercato europeo delle calzature. Un gruppo d’acquisto è
una organizzazione che agisce in modo unitario centralizzando gli acquisti di numerosi dettaglianti o grossisti
che cooperano o si alleano per trarre vantaggio da un maggior potere di negoziazione con i fornitori.
Comunemente ogni dettagliante o grossista si appoggia al gruppo d’acquisto di cui fa parte per una quota
del proprio fabbisogno che può andare dal 50% al 90%. A fronte di significativi vantaggi sui prezzi la
partecipazione a un gruppo d’acquisto presenta lo svantaggio per il singolo dettagliante/grossista di vedere
ridotta la sua autonomia di scelta dell’assortimento e di differenziazione rispetto all’offerta dei concorrenti
che partecipano allo stesso gruppo d’acquisto, con cui, inevitabilmente, condivide lo stesso catalogo di
prodotti e gli stessi prezzi di sell-in; per questa ragione, usualmente i negozianti mantengono una quota di
approvvigionamento al di fuori del Gruppo, e su questa quota residua sviluppa le politiche di
differenziazione. I gruppi d’acquisto sono particolarmente diffusi in Germania e negli altri Paesi dell’Europa
del nord, dove i gruppi di maggior dimensione associano anche 2000 rivenditori con 4000-4500 punti
vendita.
Agenti
Gli agenti (o agenti rappresentanti) sono intermediari indipendenti tra produttori (l’insieme cioè di produttori
nazionali od esteri e produttori-importatori) e la distribuzione al dettaglio. Sono retribuiti dai produttori con
una commissione commerciale in percentuale sul venduto. Il livello delle commissioni commerciali è variabile
in relazione alle caratteristiche del prodotto (brand) al supporto promozionale che l’impresa produttrice offre,
ai volumi di vendita. Il valore del servizio degli agenti rappresentanti, misurato dal livello della commissione
commerciale, può essere stimato da un minimo del 10% fino a circa il 15% del venduto. Gli agenti operano
in genere in un’area geografica limitata (una regione o un’area pluriregionale), possono rappresentare una
sola impresa o marchio (monomandatari) o più imprese/marchi (plurimandatario); in questo secondo caso,
usualmente i marchi rappresentati sono di prodotti complementari o non in diretta concorrenza tra loro (es.
scarpe uomo e donna, fascia di prezzo alta e bassa, calzature e pelletteria, etc.). Sono presenti soprattutto
nelle fasce di prezzo alte e medio–alte del mercato nelle produzioni classiche o moda con marchio.
Buyers
Il buyer è una forma più sviluppata di agente opera spesso su scala internazionale, ad esempio collocandosi
nei paesi di provenienza delle importazioni, e su scala più ampia rispetto all’agente rappresentante. La sua
remunerazione ha sempre la forma di commissione commerciale in percentuale sul valore della merce
intermediata, che in questo caso può essere pagata dai dettaglianti, spesso di catene o in ogni caso
operatori della Grande Distribuzione.
258
5.3.2 Le principali formule distributive
In generale, la struttura dei sistemi distributivi differisce significativamente nei vari mercati
internazionali, in conseguenza di forti differenze nello sviluppo economico, sociale e normativo nei
diversi Paesi. Queste differenze si rispecchiano anche nella distribuzione delle calzature. Un
elemento comune a tutti i paesi è però stata la tendenza, con intensità e rapidità diverse, a partire
dagli anni ottanta, ad un rafforzamento della grande distribuzione a scapito dei negozi
indipendenti. Negli USA il processo di concentrazione è iniziato prima che in Europa, dove però la
Francia e il Regno Unito già presentavano una forte presenza delle grandi superfici.
5.3.2.1 Il dettaglio indipendente specializzato
Il canale del dettaglio indipendente è quello più sensibile al contenuto di moda e qualità dei
prodotti. La diffusione e la prossimità sul mercato locale, la conoscenza dei gusti dei clienti abituali,
l'offerta personalizzata e l'ampia scelta di marchi e modelli, la capacità di creare rapporti fiduciari
con la clientela sono i principali punti di forza del negozio tradizionale.
Il negozio indipendente deve però sopportare un rischio elevato nell'effettuare l'ordine di
acquisto. Quando il mercato è in espansione, un'offerta sufficientemente ampia può garantire un
certo equilibrio tra bad e best seller. Ma quando la domanda ristagna o si contrae e si segmenta in
nicchie il rischio tende a raggiungere soglie critiche.
Un indicatore del rischio è la quota di vendite effettuate nei saldi e nelle promozioni. Nel tempo,
l'acquisto in saldo è diventato una forma alternativa di spesa in cui il consumatore rinuncia
temporaneamente ad un acquisto, comunque desiderato, in attesa di un prezzo più accessibile.
Un secondo aspetto critico per il negozio indipendente è la raccolta e la gestione
dell'informazione sulle tendenze del mercato. Se si escludono i punti vendita nelle vie centrali
delle città, la forza commerciale del negozio indipendente si fonda quasi esclusivamente su una
conoscenza limitata al mercato locale. Questo vantaggio competitivo è indebolito dall'allargamento
dei confini del mercato potenziale: i consumatori sono più disposti a spostarsi per lo shopping ed a
scegliere tra una molteplicità di canali alternativi.
La logica della trasversalità delle mode richiede inoltre di specializzarsi in nicchie di stili di
consumo invece che in nicchie di consumatori (quelli abituali e di prossimità) come è abituato a
fare il negozio indipendente. Diventa essenziale la possibilità di effettuare riassortimenti continui di
piccoli lotti, per effettuare un tuning continuo con il proprio mercato. Disponendo di un potenziale di
vendita limitato si crea un circolo vizioso in cui i continui riassortimenti sono negati proprio a chi ne
ha bisogno per migliorare le proprie performance commerciali.
Un terzo significativo elemento di debolezza è il valore comunicazionale del punto vendita: se
da un lato la forza comunicativa della vetrina offre un vantaggio al negoziante locale, dall'altro si
rende necessario un coordinamento tra la comunicazione del prodotto e quella del negozio. Per i
produttori il negozio indipendente è un importante medium con il consumatore ma, allo stesso
tempo, è al di fuori della sua sfera di controllo: il commerciante non ha incentivi a sottomettersi alla
strategia comunicazionale di uno specifico marchio industriale che costituisce soltanto una delle
sue fonti di reddito.
5.3.2.2 Le catene di negozi
Le catene di negozi hanno conosciuto uno sviluppo importante a partire dalla prima metà degli
anni '90. Si tratta di sistemi distributivi organizzati con più punti vendita accomunati da una
strategia commerciale, da una stessa insegna e da un'immagine coordinata.
Le catene sono organizzate secondo due diversi modelli: quello dei succursalisti e quello del
franchising: nel primo caso l'azienda proprietaria dell'insegna (produttore o distributore) mantiene il
diritto di proprietà anche del punto vendita ma ne affida la gestione ad un operatore che risponde
direttamente alla società. Nel franchising invece la partnership si fonda su un accordo con cui
l'affiliante concede all'affiliato, dietro corrispettivo finanziario, il diritto di sfruttare i diritti di proprietà
259
industriale o intellettuale di un insieme di marchi, insegne e know how da utilizzare per la vendita di
beni o la fornitura di servizi.
In generale nella distribuzione di beni di vestiario, e quindi anche per le calzature, è assai comune
utilizzare una formula mista di succursalismo e franchising al fine di modulare il grado di controllo
sul punto vendita in base all'importanza del mercato presidiato e controbilanciare vantaggi e
svantaggi delle due opzioni.
Il franchising consente di aumentare velocemente il numero dei punti vendita con un impegno
finanziario limitato: il franchisee acquisisce know how e conoscenza del proprio target mentre il
franchisor vede aumentare la notorietà del marchio e radica la propria presenza sul mercato. Nel
tempo tuttavia la convenienza della partnership tende a ridursi: l'affiliato prende consapevolezza
della competenza acquisita e l'azienda richiede un maggior controllo gestionale sul punto vendita.
Per poter sfruttare appieno i vantaggi del franchising è quindi necessario riuscire a bilanciare, in
modo variabile nel tempo, controllo centralizzato e flessibilità periferica.
Lo sviluppo di catene di negozi di proprietà d'altro canto impone maggiori risorse finanziarie ed è
quindi mediamente più lento. Per un marchio che ha già sviluppato una buona notorietà i negozi di
proprietà costituiscono l'opzione più probabile in quanto consentono un coordinamento logistico
superiore e un controllo gestionale completo. Spesso le due formule sono utilizzate come stadi
successivi di sviluppo (la catena di franchising trasformata progressivamente in negozi di
proprietà).
La formula delle catene ha due possibili varianti:
- il marchio industriale che si integra a valle aprendo dei negozi monomarca,
- l'insegna commerciale che sviluppa la rete di negozi prima sul mercato locale per poi
ampliarli a livello nazionale ed internazionale
La formula delle catene è particolarmente adatta ad ottimizzare e sintetizzare i vantaggi del
dettaglio indipendente (personalizzazione dell'offerta e qualità del servizio) e della grande
distribuzione (efficacia nella gestione finanziaria e logistica, miglioramento degli assortimenti).
Il distributore o il produttore proprietario dell'insegna ha un triplice vantaggio:
- il flusso informativo relativo al proprio target attraverso i dati sugli andamenti delle vendite e
delle scorte dai singoli negozi. Nei casi più sofisticati i magazzini periferici, la gestione degli
ordini, il magazzino centrale e gli input produttivi sono gestiti da un unico sistema informatico
che consente di ridurre il tempo di risposta rispetto alle richieste del mercato.
- l'ottimizzazione della logistica è la diretta conseguenza del miglioramento della raccolta e della
gestione dell'informazione. Da un lato il sistema prevede l'investimento da parte del
proprietario di notevoli risorse per migliorare l'efficienza nell'attività di approvvigionamento e/o
produzione, nelle consegne ai clienti e nei riassortimenti finali. Dall'altro l'efficienza della filiera
e la notorietà del marchio/insegna consentono di ridurre il rischio sulla singola collezione
stagionale.
- la politica comunicazionale sul punto vendita è coerente con l'immagine che l'azienda intende
dare al prodotto. Anche nella formula più soft di integrazione a valle (il franchising) l'affiliato ha
più capacità e più incentivi nell'operare in linea con la strategia comunicazionale dell'insegna. Il
layout, la progettazione e l'arredamento del punto vendita, il materiale informativo (brochure e
houseorgan), gli allestimenti delle vetrine, le promozioni periodiche sono infatti elementi spesso
disciplinati direttamente dal contratto di franchising. Il rapporto con il consumatore è filtrato
secondo modalità predefinite e in sintonia con gli obiettivi che l'azienda si prefigge.
Il successo di questo canale distributivo ha coinciso con un profondo cambiamento della struttura
organizzativa dell'azienda produttiva così come di quella distributiva. L’integrazione tra produttore
e distributore non solo elimina la distinzione dei ruoli, ma modifica la concezione stessa di azienda
di moda. Lo sviluppo delle catene specializzate è in qualche modo il segno di un mestiere che
cambia. La gestione della propria catena di negozi ha caratteristiche solo parzialmente simili alla
gestione dei clienti multimarca. Il produttore deve acquisire nuove competenze: diventa
direttamente responsabile di tutte quelle decisioni che prima erano delegate al dettagliante, il
distributore che si integra si trova alle prese con decisioni riguardo alla progettazione dei capi, la
gestione del marchio e della comunicazione, la gestione della produzione, prima delegate al
fornitore.
260
5.3.2.3 I grandi magazzini
Il grande magazzino, oltre che la prima forma di distribuzione organizzata, è stato nei beni del
vestiario, abbigliamento e calzature, storicamente, il primo canale ad introdurre la produzione
industriale di serie ed il libero servizio. In Italia le insegne più note sono Rinascente e Coin, nella
fascia alta, Upim e Oviesse in quella bassa. Oggi questo canale sta vivendo una crisi di identità e
un ridimensionamento delle proprie quote di mercato, a favore di altre formule distributive. Uno dei
punti deboli della formula, in particolare, è la politica di prezzo. La localizzazione dei negozi nelle
vie centrali della città costringono generalmente a prezzi mediamente più alti dei concorrenti
(Matalan, Peacocks, Primark e Bon Marché).
I punti vendita sono infatti generalmente situati nei centri urbani (spesso nelle vie più centrali) e di
dimensioni superiori ai 400 m2. Proprio la loro ubicazione favorisce lo sviluppo verticale della
superficie di vendita strutturata su diversi piani occupati da reparti specializzati. L'offerta è
orientata al non-food e divisa in macro-aree merceologiche. All'interno di una stessa merceologia
tuttavia sono possibili sia divisioni secondo categorie di prodotto, per marchio aziendale e infine
per stili di consumo.
E’ frequente l’introduzione di un marchio del distributore (private label) a prezzi inferiori a quelli dei
marchi industriali, che permette al distributore di appropriarsi di una maggior quota di valore
aggiunto e di migliorare nel consumatore la percezione dell’insegna. Il grande magazzino in
senso stretto ha un'offerta piuttosto ampia e profonda e generalmente si colloca nella fascia
medio-alta anche se a prezzi inferiori al piccolo dettaglio specializzato. Il magazzino popolare è
invece una formula più orientata al prezzo in cui l'ampiezza di gamma è sacrificata a favore di un
contenimento dei prezzi medi. L'ubicazione può essere anche semiperiferica per sfruttare una
maggiore area piana di sviluppo.
Il vestiario (abbigliamento e calzature) rappresenta per entrambe le formule un importante fonte di
reddito: nel grande magazzino è circa il 70% dell'assortimento mentre nel magazzino popolare può
variare tra il 30 e il 50% in relazione all’esistenza o meno di un reparto alimentare.
L'accostamento di più merceologie di prodotto sia nell'area persona che nell'area casa (e
nell'alimentare) è uno dei punti di forza del canale. La prossimità al mercato di consumo e un
rapporto qualità/prezzo particolarmente conveniente hanno favorito la crescita della quota di
mercato durante gli anni novanta.
In Europa Marks&Spencer ha rappresentato per molto tempo il più importante caso di grande
magazzino di successo. E' stato per anni in cima alle classifiche di redditività. E' stato il primo ad
introdurre un'impostazione logistica sofisticata nei prodotti del vestiario e calzature e ad instaurare
un rapporto continuativo con i fornitori che spesso è di tipo esclusivo.
Fin dall'inizio della sua attività (alla fine dell'800) la società si è distinta per la sua capacità di offrire
prodotti di buona qualità ad un prezzo limite molto basso (i negozi M&S venivano indicati come
one-penny-stores).
La logica operativa non è né quella di un distributore (non commercializza prodotti esistenti) né
quella di un produttore (non gestisce una capacità produttiva propria in Inghilterra). M&S è
piuttosto un filtro tra il mondo della produzione e il consumatore.
La società garantisce i prodotti offerti con il proprio prestigio e la propria reputazione, partecipando
allo sviluppo del prodotto pur senza essere coinvolta nella produzione. Fino al '97 ha proseguito un
intenso programma di aperture di punti vendita in Belgio, Spagna, Francia e Germania,
mantenendo però il baricentro organizzativo nel Regno Unito. Alla fine degli anni novanta ha subito
una profonda crisi che ha comportato la sostituzione del management di direzione e la revisione
delle strategie di posizionamento, di prodotto e di localizzazione, che tra l’altro hanno comportato
la chiusura di molti dei punti vendita al di fuori del Regno unito.
La stessa crisi sembra esser attraversa anche da altri grandi magazzini che hanno scelto la strada
dell'internazionalizzazione, come l’altro gigante europeo, tedesco-olandese C&A.
In Francia si sta vivendo una situazione analoga; i grandi magazzini (Nouvelles Galeries,
Printemps e Galeries Lafayette) stanno perdendo quote di mercato e le unità di vendita sono
numericamente in contrazione.
261
5.3.2.4 Le grandi superfici specializzate
Le grandi superfici specializzate si caratterizzano per una dimensione media superiore ai 500 m2 e
di norma appartengono a organizzazioni più complesse, anche se in Italia non mancano casi di
punti vendita indipendenti.
Hanno generalmente un'ubicazione periferica, o al più semiperiferica, per ridurre i costi relativi alle
rendite immobiliari e sfruttare la disponibilità di parcheggio.
L'offerta si caratterizza per l'ottimo rapporto qualità/prezzo, sia l'ampiezza che la profondità di
gamma sono elevate; si tratta di un'offerta specializzata ma trasversale ai diversi segmenti (uomo
e donna, infanzia, sport, etc.) e pensata per essere funzionale a tutto il nucleo familiare, nella
logica dell’one-stop-shop.
Rispetto agli ipermercati l'assortimento è molto più ampio; il concept distributivo è poi molto
diverso, si basa sulla percezione del consumatore di un effettivo risparmio nella spesa familiare
piuttosto che sulla banalizzazione del consumo. Un altro punto di forza del canale è
l'industrializzazione dei servizi accessori (parcheggi, kinderheim, gestione dei resi, etc.).
Tabella 6 – Le caratteristiche delle principali formule distributive: calzature e abbigliamento
DIMENSIONE
PDV
UBICAZIONE
FASCIA
DI PREZZO
LAYOUT
OFFERTA
SETTORI MERCEOLOGICI
SERVIZI
Dettaglio indipendente (specializzati)
180
metri
quadri
Centri urbani
(vie centrali e
semiperiferiche)
Su singolo
piano, vetrina,
tradizionalmente
è presente
un bancone
Alta
Tendenzialmente
Calzature o abbigliamento
non specializzata
per tipo di consumatore
integrato da accessori
moda
(uomo, donna,
bambino)
Assistenza
Catene di negozi
250
metri
quadri
Centri urbani
(vie centrali e
semiperiferiche);
centri
commerciali;
altri nuclei
commerciali
(aeroporti)
Su singolo piano,
vetrine,
i prodotti sono
facilmente
accessibili
al pubblico
Alta
Tendenzialmente
Calzature o abbigliamento
specializzata
per consumatore / fascia integrato da accessori
moda
di prezzo o funzione
d’uso
Assistenza
Grandi magazzini
> 400
metri
quadri
Centri urbani
(vie centrali)
Su più piani,
divisione
per settori
o per marchi
Medioalta
Calzature, abbigliamento e
Non specializzata
accessori integrati con altri
per tipo di consumatore
prodotti (oltre ad
(uomo, donna,
accessori, arredo-casa,
bambino)
alimentare, profumeria,
etc.)
Assistenza,
reso, altri
Magazzini popolari (in Italia formula ormai scomparsa)
> 400
metri
quadri
Centri urbani
(vie centrali e
semiperiferiche)
Su più piani, divisione
per settori
Media
o
mediobassa
Calzature, abbigliamento e
Non specializzata
accessori integrati con altri
per tipo di consumatore
prodotti (oltre ad
(uomo, donna,
accessori, arredo-casa,
bambino)
alimentare, profumeria,
etc.)
Reso, altri
Grandi superfici specializzate
> 500
metri
quadri
Centri urbani
(vie periferiche
e arterie di
collegamento)
Su singolo piano,
divisione
per settori
Bassa
Non specializzata
Calzature e Abbigliamento Parcheggio,
per tipo di consumatore integrati da accessori moda
reso,
(uomo, donna,
con buona ampiezza di
Kinderheim,
bambino)
gamma
altri
Fonte: Hermes lab
262
Tabella 7 – I principali gruppi distributivi specializzate nelle calzature in Italia
Gruppo
n. di punti
vendita
Anno di
rilevazione
Gruppo Compar-Bata
229
2003
Kammi
150
2007
Scarpe&Scarpe
90
2007
Gruppo Cinti
>50
2007
Pittarello-Città della calzatura
46 in Italia
2007
note
Bata è il primo gruppo mondiale per la
produzione e commercializzazione delle
calzature. E' presente in tutto il mondo con una
rete capillare di 4,600 punti di vendita diretti e
oltre 50000 dettaglianti indipendenti in più di 50
paesi. A questi si aggiungono le fabbriche di
produzione calzaturiera, le concerie, i reparti di
meccanica industriale, i laboratori controllo
qualità, i centri di ricerca e sviluppo. Il Gruppo
Bata serve un milione di clienti al giorno.
Catena di Grande Distribuzione Associata,
Presente anche in alcuni Paesi esteri è la più
importante associazione tra negozi di calzature
in Italia. Il negozio ottimale ha una superficie di
vendita di circa 100 mq., è ubicato in zone
centrali o all'interno di centri commerciali e
opera con un numero di almeno tre addetti.
Grandi superfici, negozi di oltre 1.000 mq,
gamma ampia, calzature economiche e di fascia
media, integrato con abbigliamento e
accessori, spesso all’interno di Centri
commerciali, attivo dal 1961 in tutta Italia
Rete in Franchising specializzata nelle
calzature, abbina una impostazione tradizionale
con vendita assistita ad un lay-out moderno e
studiato per accrescere la rotazione dello stock.
Ha una superficie di vendita tra 100/200mq. con
almeno complessivi 5 metri lineari di vetrine al
netto degli ingressi. I punti vendita sono
localizzati nei principali capoluoghi di provincia
o in centri primari di almeno 60/80.000 abitanti.
Gruppo succursalista. Superfici fino a 6000 mq.
Forte prevalenza di calzature integrate con
accessori e abbigliamento. Presente in Italia e
Austria
Fonte: Hermes lab
5.4 Il mercato italiano
5.4.1 Le dimensioni del mercato
La spesa nel 2006 delle famiglie italiane per calzature è stimata da ANCI e Sita Ricerca essere di
oltre 5,7 miliardi di Euro, a prezzi al dettaglio, sostanzialmente stabile rispetto ai livelli del 2005; a
prezzi ex-fabrica il valore degli acquisti delle famiglie è stimabile in quasi 3 miliardi di Euro. Il valore
della spesa corrisponde a oltre 150 milioni di paia.
Per stimare la dimensione complessiva del mercato italiano, ai consumi delle famiglie vanno
aggiunti gli acquisti dei turisti esteri che vengono effettuati in Italia, pari a circa 20 milioni di paia e
quelli delle comunità (che include le calzature da lavoro, degli enti, delle forze armate, etc.) che
superano i 13 milioni di paia.
263
Tabella 8 – La dimensione del mercato. Consumi delle famiglie in quantità e valore
PAIA (000)
Sportive
Uomo
Donna
Bambini/Ragazzi
Relax
Totale
2006
25.389
19.047
48.716
13.479
48.166
154.798
Mln.€ (pr al dettaglio)
2005
25.112
19.009
48.359
13.36
48.136
153.976
2006
1.187
1.183
2.502
431
480
5.783
2005
1.154
1.156
2.517
430
500
5.757
Relax = Pantofole/Zoccoli e ciabatte/Espadrillas e simili, per uomo donna e bambino
Fonte: ANCI-Sita Ricerca
Nei consumi delle famiglie, la spesa in calzature femminili è di oltre 2,5 miliardi di Euro pari a circa
49 milioni di paia, e rappresenta la componente prevalente con oltre il 65% del totale dei consumi,
con un consumo pro-capite medio annuo di 3,8 paia.
La spesa per scarpe da uomo e quella per scarpe sportive sono pressoché equivalenti, con circa
1,1 miliardi di Euro ciascuna, che corrispondono però a 25 milioni di paia per le scarpe sportive,
che hanno un minor valore medio unitario, e a 19 milioni di paia per le scarpe da uomo.
La segmentazione per età del mercato vede una significativa prevalenza delle classi d’età oltre i 45
anni. Oltre un terzo degli acquisti (34,4%) è infatti effettuato da consumatori con almeno 55 anni di
età, e i consumatori con almeno 45 anni d’età rappresentano complessivamente oltre la metà degli
acquisti (54,2%).
I giovani tra 15 a 35 anni d’età contano per oltre di 1/3 delle calzature acquistate (37,5%), mentre i
bambini e ragazzi con meno di 15 anni rappresentano un ulteriore terzo del mercato (32,9%).
Negli ultimi 10 anni la quantità di scarpe acquistate dalle famiglie italiane è rimasta stagnante,
mentre il valore della spesa è aumentato considerevolmente, da meno di 4,4 miliardi ad oltre 5,7
miliardi di Euro (Figura 5), con un aumento tra il 1995 e il 2005 dei prezzi medi unitari del 34%.
264
Figura 5 – Evoluzione dei consumi di calzature delle famiglie Italiane. 1995-2006 in valore e
quantità
6000
180
5800
mln Euro. Asse dx
mln paia. Asse sx
5600
175
170
5400
165
5200
5000
160
4800
155
4600
150
4400
145
4200
4000
140
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Fonte: ANCI-Sita Ricerca
Figura 6 – Composizione del mercato per materiali. Famiglie e acquisti dei turisti. 2005. Dati
in numero di paia
100%
12%
15%
6%
75%
21%
18%
50%
25%
altro
gomma
pantofole
sintetico
pelle
29%
46%
50%
famiglie
turisti
0%
Fonte: ANCI-Sita Ricerca
265
Quasi la metà delle calzature acquistate dalle famiglie ha il tomaio in pelle; la percentuale è
leggermente più elevata per gli acquisti dei turisti che hanno, rispetto alle famiglie, una maggiore
propensione all’acquisto di calzature con tomaio in fibre sintetiche o plastica, 29% contro 18%
delle famiglie (Figura 6).
Il mercato delle comunità, che acquista un numero di calzature pari a circa l’8% di quello delle
famiglie, è composto per oltre 1/3 da calzature da lavoro, acquistate da imprese industriali o di
servizi. Un’altra componente importante è quella delle commesse per le forze armate, mentre le
società sportive contano per 1/5 di questo mercato.
Figura 7 – Il mercato delle comunità. 2005. Composizione % su dati in numero di paia
Luoghi di
cura
12%
Religiosi
6%
Militari
28%
Soc
Sportive
20%
Industria
34%
Fonte: stime ANCI
5.4.2 La struttura distributiva
L’osservatorio sul commercio del Ministero dello Sviluppo Economico ha censito in Italia nel 2005
circa 18.800 negozi indipendenti con sede fissa specializzati in calzature e pelletteria e 8.500
negozi con sede fissa specializzati in calzature che sono succursali di altri negozi. In complesso
quindi si può dire che l’insieme di negozi indipendenti, catene e grandi superfici specializzate è
composta in Italia da quasi 27.500 punti vendita. Il numero dei punti vendita ambulanti supera le
5.000 unità.
La formula distributiva preferita dai consumatori italiani è quella del negozio specializzato (Figura
8), attraverso il quale transitano 55 milioni di paia, oltre 1/3 delle calzature vendute. Il maggior
prezzo unitario delle calzature vendute in questo canale ne accentua l’importanza (42%) quando la
quota viene misurata in valore anziché in numero di paia.
266
Figura 8 – La struttura della distribuzione di calzature per canali in Italia. 2003.
Composizione % su numero di paia
altri
11%
grandi magazzini
4%
negozi indipendenti
36%
negozi di abbigliamento
6%
art.sportivi
6%
grandi sup. special.
8%
ambulanti
17%
catene
12%
Fonte: Sita Ricerca-ANCI
Resta molto elevata, soprattutto in confronto agli altri principali mercati europei, la quota degli
acquisti effettuata presso gli ambulanti (17%, quasi 27 milioni di paia). Attraverso il format
distributivo delle catene, che negli anni novanta ha conosciuto un rapido sviluppo anche in Italia,
transita ancora una quota minore di acquisti, poco più del 10% del totale.
I punti vendita in cui le calzature rappresentano un complemento alla vendita di altri prodotti
(grandi magazzini, negozi di abbigliamento e di articoli sportivi) rappresentano complessivamente il
16% del mercato.
L’insieme della grande distribuzione organizzata (ipermercati, grandi magazzini e grandi superfici
specializzate) ha intermediato circa un quinto degli acquisti, pari a circa 30 milioni di paia.
Dal punto di vista della stagionalità delle vendite, i mesi più significativi, quelli in cui i consumatori
italiani realizzano la maggior parte degli acquisti sono, nell’ordine: giugno, luglio e ottobre in cui si
concentra circa 1/3 delle paia acquistate. Meno importante rispetto agli altri acquisti di vestiario è
invece la stagione natalizia.
5.4.3 Le importazioni
Oltre la metà (55%) dei consumi interni sono soddisfatti da importazioni. A causa del più basso
valore unitario dei prodotti importati rispetto a quelli di produzione nazionale, la percentuale sale al
76% se consideriamo i dati in quantità (numero di paia) anziché in valore. Tra il 1995 e il 2005, le
importazioni sono aumentate del 137% in volume e del 208% in valore, con un aumento
complessivo dei prezzi medi dei prodotti importati di circa il 30%. L’andamento dei prezzi non è
però stato omogeneo, quelle in pelle sono aumentate del 16% e la categoria delle “altre” del 57%,
mentre sia quelle in sintetico e gomma e le pantofole sono tutte diminuite di prezzo, anche in
267
misura consistente, come ad esempio nel caso delle calzature con tomaio sintetico il cui prezzo è
calato del 25% in 9 anni.
Quasi il 70% dei prodotti importati è di fascia economica o medio-economica, il 14% di fascia
media e il 18% è di fascia fine o di lusso. Secondo le rilevazioni dell’ANCI, in un decennio si sono
ridotte le importazioni della fascia media e fine e sono aumentate quelle della fascia medioeconomica e del lusso (Figura 9).
Figura 9 – Le importazioni per fascia di prezzo. Dati in valore, 1996-2005
100%
7.3
11.1
12.3
6.1
80%
18
13.6
60%
40.3
43.6
40%
lusso
fine
medio
medio-economico
economico
20%
23.3
24.4
1996
2005
0%
Fonte: ANCI
Per materiale utilizzato, il 38% delle calzature importate ha la tomaia in pelle, il 30% in sintetico, il
18% in altri materiali. Nell’ultimo decennio è aumentata l’incidenza dei prodotti in sintetico e degli
articoli in pelle.
La Cina, con il 49% del totale delle calzature importate, pari a 164 milioni di paia, è di gran lunga il
primo fornitore dell’Italia (Figura 10). Lo era già dieci anni fa, ma nel 1995 la sua quota sul totale
era il 28%, quasi la metà di quella attuale, e il volume di calzature importate era di 42 milioni di
paia. Il secondo Paese fornitore è la Romania con il 13% dell’import in quantità. Gran parte delle
importazioni da questo paese sono il risultato della delocalizzazione della produzione da parte di
imprese italiane che in precedenza producevano in Italia; tra il 1995 e il 2005 le importazioni da
questo Paese sono passate da 13 milioni a 45 milioni di paia.
Nei 10 anni tra il 1995 e il 2005 l’Asia ha mantenuto inalterata la sua quota ma con radicali
cambiamenti nella composizione per Paese, che ha visto ridursi drasticamente le quote di
Tailandia e Indonesia a favore della Cina.
268
Figura 10 – Le importazioni di calzature dell'Italia, per area geografica. 2005
Altri
6%
Cina
19%
Altri Europei
12%
Altri Europei
9%
Altri
4%
Romania
13%
Altri Asia
13%
Romania
21%
UE 25
29%
Cina
49%
UE 25
12%
Altri Asia
13%
in valore
in n.paia
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
5.4.4 Le esportazioni
I successi o gli insuccessi delle imprese calzaturiere italiane dipendono in modo cruciale
dall’andamento dei mercati esteri: l’82% delle calzature italiane viene infatti venduto all’estero (il
78% se misurato in valore). Tra il 1995 e il 2005, il numero di paia di calzature esportate è
diminuito di oltre il 40%, con cali molto consistenti dopo il 2000, mentre in valore l’export è rimasto
pressoché costante, grazie ad un aumento dei prezzi medi di quasi il 70%.
Nel corso dei dieci anni, il calo delle paia esportate si è concentrato nelle calzature con tomaia
sintetica (-27%), nelle pantofole (-50%) e nella categorie delle “altre” (-69%), mentre sono rimaste
stabili (+1%) le calzature con tomaio in pelle.
In valore, alla stabilità generale (-1%) è corrisposto un aumento delle calzature in pelle (+3%) e di
quelle in gomma (+2%) e un calo di quelle con tomaio sintetico, delle pantofole e della categoria
delle “altre”. Il 30% del valore delle esportazioni riguarda prodotti che rientrano nella fascia di
prezzo del lusso (Figura 11).
Figura 11 – Le esportazioni per fascia di prezzo. Dati in valore, 1996-2005
100%
90%
4.2
12
29.8
80%
70%
60%
44.3
19.2
50%
40%
lusso
fine
medio
medio-economico
economico
35.5
30%
32.4
20%
10%
12.2
7.1
0%
1996
3.3
2005
Fonte: ANCI
269
Lusso e fascia di prezzo fine rappresentano, insieme, metà delle esportazioni, mentre le fasce
economica e medio economica meno di 1/6. Secondo le stime ANCI la quota del lusso e dei
prodotti di fascia fine ha accresciuto di molto la propria quota nel periodo 1996-2005, passando
complessivamente dal 16% al 30%. Questa evoluzione della struttura delle quote per fascia di
prezzo corrisponde a variazioni della cifra assoluta molto negative nelle fasce dall’economica alla
media (oltre il -50% per le fasce economica e medio economica e oltre il -20% per la media) e a
forti incrementi nella fascia fine (+54%) e lusso in cui il valore delle esportazioni è più che
sestuplicato in meno di 10 anni. Quasi il 70% delle calzature esportate è con tomaio in pelle, la
quota sale ad oltre l’80% se si considera il valore invece delle quantità.
I principali mercati esteri sono quelli dei Paesi dell’Unione Europea (EU 25), verso i quali si dirige il
70% circa dell’export totale in volume (Figura 12). All’interno della UE, le destinazioni principali
sono Germania (20% in valore e 15% in numero paia) e Francia (14% in valore e 17% in numero
paia). Gli USA sono il primo mercato extraeuropeo con una quota dell’11% in numero paia, del
14% in valore, e un prezzo medio unitario dei prodotti superiore a quello dell’UE.
Le quantità esportate, misurate in numero di paia, sono in calo in tutte le macro-aree geografiche e
su quasi tutti i mercati. I dati in valore, invece, mostrano una riduzione delle esportazioni
concentrata in alcuni paesi: la Germania ha subito un calo del 35% in 10 anni, bilanciata da
incrementi anche consistenti su altri mercati, ad esempio +16% in Francia e quasi +20% nei paesi
Europei non membri dell’UE. La divaricazione tra quantità e valori è particolarmente evidente nei
flussi di export verso la Russia, diminuiti in dieci anni in quantità di oltre il 40%, ma aumentati in
valore di oltre il 50%.
Figura 12 – Le esportazioni di calzature dell'Italia, per area geografica. 2005
Germania
15%
Altri
20%
Germania
20%
Francia
14%
Altri
28%
Regno Unito
7%
USA
14%
in valore
Altri UE 25
22%
Francia
17%
USA
11%
Altri UE 25
23%
in numero paia
Regno Unito
9%
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
La bilancia commerciale del settore delle calzature è storicamente stata in surplus, ma a partire dal
2004 il numero di paia importato ha superato quello esportato, generando un deficit commerciale
in numero di paia (Figura 13). Il valore delle esportazioni resta però ancora largamente superiore a
quello delle importazioni (Figura 14).
270
Figura 13 – Evoluzione del saldo commerciale. 1970-2005, in milioni di paia
500
saldo
negativo
450
400
esportazioni
350
300
saldo
positivo
250
200
importazioni
150
100
50
19
70
19
80
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
0
Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati ISTAT
Figura 14 – Evoluzione del saldo commerciale. 1970-2005, in milioni di €
8000
7000
6000
5000
esportazioni
4000
saldo
positivo
3000
2000
1000
importazioni
19
70
19
80
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
0
Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati ISTAT
271
5.5 I mercati internazionali: guida alla selezione e informazioni di base sul
consumo e l’interscambio di calzature nei principali paesi
5.5.1 Un mercato globalizzato
Il mercato delle calzature è tra i più globalizzati tra quelli della moda e del vestiario. Le maggiori
imprese mondiali di origine sia europea che americana sono network di dimensioni mondiali sia dal
punto di vista della produzione (localizzata in gran parte nei Paesi a basso costo dell’Asia) sia da
quello dei mercati di sbocco. Si tratta di imprese autenticamente globali con marchi come Nike, o il
gruppo Adidas-Salomon-Reebok, formatosi nel 2006 dopo l’acquisizione di Reebok da parte di
Adidas che ha un fatturato complessivo di circa 12 miliardi di US$ (incluse le vendite di
abbigliamento e attrezzatura sportiva).
Lo scenario calzaturiero mondiale è influenzato sia dalle decisioni di localizzazione delle imprese
globali che dallo spostamento dell’asse competitivo mondiale da occidente ad oriente e più
precisamente verso la Cina, che rappresenta ormai un polo quasi monopolistico per la produzione
di calzature a basso prezzo, come mostrano i dati sulla composizione del commercio mondiale.
In questo contesto, l’industria calzaturiera italiana mantiene una posizione di rilievo nel mercato
mondiale al quarto posto nel ranking dei principali esportatori mondiali, unico paese ad altro
reddito tra i primi 5 esportatori mondiali. Il secondo esportatore mondiale non appartenente al
gruppo dei Paesi a basso costo è la Spagna, al nono posto.
Figura 15 – I flussi internazionali del commercio di calzature. 2005
Fonte: elaborazioni ANCI su dati SATRA
272
Figura 16 – I principali paesi esportatori di calzature
Fonte: elaborazioni ANCI su dati SATRA
Si stima (fonte Datamonitor) che il mercato mondiale delle calzature abbia generato nel 2005 un
ammontare totale di ricavi (misurati ai prezzi al consumo praticati dai dettaglianti) di quasi 130
miliardi di Euro, pari ad un consumo di circa 10 miliardi di paia di calzature nel 2005. In numero di
paia consumate queste cifre corrispondono ad un incremento medio annuo tra il 2001 e il 2005 del
+5%. Quasi metà (47%) del consumo mondiale (in valore) di calzature è concentrato negli Stati
Uniti. L’Europa pesa per circa un terzo (32%) e l’insieme di Asia e Oceania per un quinto (20%). Il
mercato Americano, oltre ad essere quello di maggiori dimensioni, è stato, tra il 2001 e il 2005, il
più dinamico, con un tasso medio annuo di crescita del 4%, mentre l’Europa è cresciuta del 2,3% e
l’Asia-Oceania del 3,3%.
Le previsioni a breve e medio termine sono di una ulteriore significativa crescita dei consumi
mondiali di calzature. Il principale motore della crescita è l’aumento dei redditi pro-capite e familiari
nei Paesi emergenti, i Paesi dell’est Europa, ma soprattutto quelli asiatici (Cina e India). In questi
paesi nei prossimi anni consistenti masse di popolazione passeranno da una condizione di povertà
e da modelli di consumo rurali, ad un livello di reddito che lascia spazio a consumi voluttuari e
all’avvio della adozione dei modelli di consumo tipici dei paesi a reddito più elevato.
Gli analisti si attendono quindi nei prossimi anni una accelerazione dei consumi di calzature, con
tassi di crescita medi annui di oltre mezzo punto percentuale superiori al 5% registrato nell’ultimo
quinquennio.
Dal punto di vista di un operatore europeo, questi dati positivi sulla crescita dei consumi mondiali di
calzature negli ultimi anni e per l’immediato futuro vanno tuttavia commisurati alla evoluzione dei
tassi di cambio. Negli ultimi anni, infatti, il panorama economico internazionale è stato fortemente
condizionato da una eccezionale rivalutazione del valore dell’Euro rispetto a quasi tutte le valute
mondiali, ed in particolare sul Dollaro. La rivalutazione dell’Euro ha comportato che i prezzi unitari
in Euro siano fortemente diminuiti rispetto a quelli in dollari negli ultimi cinque anni.
I dati di crescita del mercato mondiale espressi in Dollari sono positivi come quelli dei volumi, con
una crescita media nel quinquennio 2001-2005 del 3,3%, con una accelerazione negli ultimi anni
(l’ultimo dato disponibile, quello del 2005, è infatti del 4%). Tuttavia, se i dati del mercato vengono
tradotti in Euro, ai tassi di cambio corrispondenti in ciascun anno, il valore del mercato in Euro nel
2005 è inferiore a quello del 2001. Il prezzo unitario medio è diminuito in 5 anni del 5% se misurato
in Dollari (a causa della crescita del peso dei consumi dei paesi emergenti rispetto al peso dei
consumi dei paesi ricchi), ma di ben il 32% se misurato in Euro, appunto per la rivalutazione della
moneta europea. Ipotizzando per i prossimi anni una stabilità dei tassi di cambio, gli analisti si
273
attendono quindi una leggera accelerazione, con tassi di crescita intorno al 4% all’anno, oltre
mezzo punto in più all’anno rispetto ai tassi di crescita degli ultimi cinque anni. Secondo queste
previsioni, nel 2010, agli attuali tassi di cambio, il valore del mercato mondiale delle calzature
potrebbe avvicinarsi ai 150 miliardi di Euro.
Figura 17 – Il mercato mondiale delle calzature: in valore (US$) e in quantità (paia)
160
10
155
9.5
150
9
145
scala sx
140
8.5
Miliardi di US$
Miliardi di paia
scala dx
135
8
2001
2002
2003
2004
2005
Fonte: elaborazione Hermes lab su dati Datamonitor
5.5.2 Metodologie di selezione dei mercati
La dimensione globale del mercato richiede alle imprese di valutare continuamente quali mercati
servire, in quali effettuare politiche di penetrazione, da quali ritirarsi perché non più profittevoli.
Il problema della selezione del mercato si scompone in tre domande fondamentali:
1. Quali sono i paesi che possono essere considerati “interessanti” per l’impresa, per il tasso di
crescita o l’ampiezza generale del mercato?
2. Tra i paesi considerati “interessanti”, in quali esiste effettivamente un mercato per il prodotto
specifico dell’impresa?
3. Se anche il mercato è interessante ed interessato al prodotto specifico, quali competenze
dell’impresa possono offrire un vantaggio competitivo su quel mercato? Qual è il grado di
rivalità e concorrenza tra le imprese che operano su quel mercato?
In altre parole, la selezione del mercato richiede una analisi della attrattività di quel mercato, ma
anche un audit interno sulle capacità che l’impresa ha di aggredirlo.
Nella valutazione e selezione dei mercati si possono applicare metodologie più o meno sofisticate,
che possono produrre risultati a cui si può dare più o meno fiducia. E’ però opportuno non sprecare
nessun elemento di conoscenza, nemmeno quelli più banali, che possono provenire da sporadiche
esperienze o dalla attenta osservazione del comportamento dei concorrenti più diretti, da cui
prendere le mosse per costruire sistemi di valutazione e decisione più sofisticati, che possono
richiedere all’impresa il supporto di consulenti esterni, sia nel Paese di origine che nel Paese
target.
274
5.5.2.1 Capitalizzazione delle esperienze precedenti
Per operare una prima selezione, corrispondente alla prima delle tre domande sopra citate, un
primo strumento può trovarsi già dentro l’impresa: è l’esperienza acquisita, personale o
dell’impresa. L’aver già sperimentato, anche in modo occasionale, il funzionamento di un mercato,
rappresenta un importante patrimonio da mettere a frutto. Se tali esperienze sono state positive,
anche se sono state soltanto occasionali, possono costituire un buon punto di partenza. E’ anche possibile
individuare rischi e opportunità di un mercato a partire dall’esperienza accumulata operando su
mercati con forti similitudini culturali o economiche o con stretti legami con i nuovi mercati obiettivo.
Questo metodo di valutazione, forse non approfondito, ma che può costituire un punto di partenza
per una successiva analisi in profondità, tende a valorizzare e a concentrare l’attenzione sul capitale
di conoscenze ed esperienze esistente.
5.5.2.2 Imitazione dei concorrenti
Sempre in relazione alla prima delle tre domande, una ulteriore fonte di informazione preliminare è
il comportamento dei concorrenti diretti più intraprendenti. Questo metodo si basa sulla
supposizione che le scelte di internazionalizzazione fatte dai concorrenti diretti siano state
precedute da analisi e studi più o meno approfonditi e che il livello di successo conseguito sui
mercati esteri sia un indicatore dell’opportunità di fare scelte simili. Ovviamente si tratta di un
metodo che comporta rischi significativi, nessuno garantisce che le scelte dei concorrenti siano
ponderate od adeguate, e nemmeno che un’altra impresa possa aver lo stesso successo dei primi
esploratori del mercato che, se non altro, hanno potuto contare sul cosiddetto vantaggio del primo
arrivato; infine i concorrenti possono essere dotati di competenze distintive chiave per il successo
su quel mercato che le altre imprese non posseggono. Il metodo dell’analisi dei comportamenti
della concorrenza risulta più utile per apprendere dagli errori degli altri che non dai successi,
soprattutto nelle attività di selezione dei mercati.
Una regola generale che vale sia per le informazioni preliminari di tipo macroeconomico che per
quelle più specifiche riguardanti il mercato di riferimento delle imprese è quella di organizzare in
modo formale, quantitativo e misurabile, le informazioni. Trasformare le informazioni in cifre rende
la sintesi e la valutazione delle informazioni stesse più semplice e chiara.
Per questo si può utilizzare un semplice schema di screening utilizzando una matrice come quella
della Tabella 9. Per compilare la tabella è necessario prioritariamente assegnare a ciascun
indicatore di importanza relativa, un peso (può essere comodo esprimerlo in percentuale in modo
tale che la somma di tutti i pesi sia uguale a 100) definito soggettivamente da parte dell’analista, in
relazione agli obiettivi e alle caratteristiche dell’impresa (ad esempio si può dare un peso maggiore
alla stabilità politica di un paese o alla crescita economica generale, o alla struttura dei canali di
distribuzione o alle politiche doganali, in relazione ad esempio agli obiettivi di crescita dell’impresa,
alla disponibilità ad accettare un rischio, alla consuetudine o al potere negoziale nei confronti dei
partner locali, etc.).
Per ciascun indicatore raccolto va espresso un voto sintetico, su una scala definita (es. da 1 a 10,
1 per i fattori più sfavorevoli, 10 per quelli più favorevoli), che esprime il giudizio sul significato
positivo o negativo di quell’indicatore per le politiche di espansione dell’azienda. Il voto può essere
soggettivo o basato quantitativamente. In questo secondo caso si può calcolare un campo di
variazione dell’indicatore (massimo - minimo), dividerlo in categorie (10 nel caso i voti siano da 1 a
10) e quindi assegnare il voto sulla base della classe in cui l’indicatore rientra.
275
Tabella 9 – Schema per lo screening
Importanza
dell’indicatore
Indicatore 1
Indicatore 2
(….)
Indicatore N
Totale
Paese 1
Paese 2
(…..)
Paese N
100,0
Per ogni Paese si potrà calcolare la media dei voti, ponderando il
indicatore per il suo peso, secondo la formula:
voto relativo a ciascun
(voto all’indicatore 1 del Paese 1) x (importanza dell’indicatore) / 100
Si otterrà così una voto sintetico per ciascun Paese che può essere considerato un indice di
attrattività.
Questo esercizio può essere ripetuto con i diversi gruppi di indicatori relativi a ciascuna delle tre
domande sopra indicate.
5.5.2.3 La valutazione strutturata dell’attrattività 1. Il quadro macroeconomico
Un primo insieme di indicatori generali può servire ad effettuare una prima selezione di Paesi,
scartando quelli che hanno ottenuto le valutazioni peggiori dal modello di screening e focalizzando
l’attenzione su quelli che hanno ottenuto i punteggi più elevati.
La organizzazione delle informazioni che possono essere raccolte a partire dall’esperienza pratica,
propria o dei concorrenti, non è però sufficiente a portare a termine una analisi preliminare. E’
necessaria, almeno, anche la raccolta di alcune basilari informazioni di tipo macroeconomico.
Le informazioni macroeconomiche sono facilmente reperibili, anche in modo gratuito. Vi sono
molti enti e istituzioni italiane internazionali e dei paesi target che pubblicano periodicamente
statistiche di vario genere.
Per quanto riguarda l’Italia, una delle fonti più importanti è l’ICE. Sul sito web dell’Istituto
(http://www.ice.gov.it/paesi/default.htm) è possibile trovare dati macroeconomici sui principali
mercati, dati sugli scambi di merci, dati sugli investimenti diretti esteri, relativi alle imprese italiane con
partecipazioni all’estero e alle imprese estere con partecipazioni in aziende italiane. Altre
organizzazioni pubbliche (come ad esempio l’ISTAT (http://www.istat.it) o private utili sono ad
esempio gli uffici studi delle principali banche italiane.
Per le organizzazioni internazionali ed estere, un elenco molto completo di tali enti, insieme a
molte altre informazioni, si trovano nel sito http://globaledge.msu.edu/ nella sezione Resource
Desk. Una lista di organizzazioni internazionali e di uffici statistici di moltissimi Paesi si trova anche
all’indirizzo http://www.istat.it/link.html.
Tra i più interessanti si possono citare la Commissione Europea http://www.europa.eu e
http://europa.eu.int/comm/eurostat e l’OCSE di Parigi ( http://www.oecd.org ).
I dati raccolti potranno riguardare indicatori generali:
- livello di reddito del Paese, PIL e consumi pro-capite
- dinamica del Prodotto interno lordo e dei consumi
- dinamica e previsioni sui tassi di cambio
- apertura ai mercati internazionali (limitazioni all’import, regole tariffarie, etc.) e dinamica delle
importazioni, principali Paesi che esportano su quel mercato
- tasso di inflazione
- distribuzione geografica della popolazione e dei redditi nelle principali città o regioni
- distribuzione della popolazione per età
276
-
previsioni economiche e demografiche a breve e medio termine
indicatori riguardanti il sistema finanziario (credito, tassi d’interesse, etc.)
indicatori riguardanti la sicurezza e la criminalità
disponibilità di infrastrutture (costo e disponibilità di energia, rete
telecomunicazioni, etc.)
dei
trasporti,
5.5.2.4 La valutazione strutturata dell’attrattività 2. Le tendenze specifiche del prodotto e i
comportamenti del consumatore
Definita l’attrattività generale del Paese e del clima degli affari è necessario valutare quella
specifica, relativa ai prodotti dell’impresa.
In questo caso le fonti informative sono più difficili da reperire e possono richiedere l’acquisto di
rapporti specialistici, dei servizi di società di consulenza, visite esplorative sul posto, anche
attraverso missioni commerciali organizzate dalle Associazioni di categoria, dalle Camere di
Commercio, dall’ICE. Un'altra fonte cruciale di informazioni è la partecipazione alle fiere
specializzate di settore e della moda sia nei Paesi target sia in Italia, dove si possono incontrare
operatori commerciali e possibili partner dei Paesi selezionati.
Le informazioni da raccogliere riguardano:
- il potenziale attuale e le prospettive di crescita del mercato specifico e dei principali segmenti di
cui è composto (es. consumo di calzature per funzione d’uso, per tipo di materiale, per fascia di
prezzo, per profilo del consumatore)
- i comportamenti di consumo nei segmenti rilevanti, le politiche di marketing degli operatori già
presenti
- la stagionalità e la ciclicità del mercato specifico
- la struttura dei canali distributivi
- la redditività del mercato e il panorama della concorrenza (marchi e produttori presenti, quote
di mercato, politiche di marketing)
- leggi e norme rilevanti per il mercato di specifico.
Alcuni esempi generali del tipo di informazioni utili per rispondere alla seconda tra le tre domande
iniziali, sono quelli che si trovano nelle successive parti di questo capitolo, relativamente ai
principali mercati europei, asiatici e agli Stati Uniti.
5.5.2.5 La valutazione strutturata dell’attrattività 3. Le competenze dell’impresa per i nuovi mercati. Il
grado di coinvolgimento e di recuperabilità dei costi e degli investimenti necessari al piano di
penetrazione
Una volta stabilito che il mercato di un Paese presenta interessanti opportunità di crescita e che la
struttura e le caratteristiche specifiche relative al prodotto e ai segmenti di interesse delle imprese
possono consentire una interessante profittabilità per un operatore del settore, è necessario
valutare se quel mercato è attrattivo per l’impresa. O in altri termini se le competenze dell’impresa
sono adeguate a quel mercato e se l’ingresso in quel mercato è coerente con le strategie
complessive dell’impresa.
I principali fattori da considerare sono:
- la coerenza della qualità del prodotto con i comportamenti di consumo e il sistema distributivo
del Paese target
- la consuetudine ad operare con i canali distributivi prevalenti nei Paese target
- l’immagine del marchio aziendale o del Made in Italy nel Paese target
- la conoscenza dell’impresa nelle operations in mercati internazionali e in mercati simili a quello
del Paese target
- le risorse finanziarie disponibili per il piano di penetrazione
277
-
le competenze interne nella gestione di un piano di comunicazione a sostegno del progetto di
penetrazione
la capacità produttiva in relazione al mercato potenziale nel Paese target
la capacità di adattamento alle richieste specifiche dei consumatori e dei distributori nel Paese
target
i costi e la capacità per l’impresa di rinunciare a proseguire il piano di penetrazione qualora le
condizioni di attrattività dovessero cambiare o si rivelassero diverse da quanto previsto.
Alcune informazione di base per valutare questi fattori si trovano nelle successive parti di questo
capitolo, relativamente ai principali mercati europei, asiatici e agli Stati Uniti.
5.5.2.6 La valutazione di insieme e il quadro logico del piano di penetrazione commerciale
Le informazioni raccolte sulla attrattività dei mercati e sulla competitività e capacità dell’impresa di
operare sui nuovi mercati richiedono di essere organizzate in modo sintetico.
Uno strumento utile a questo scopo è la cosiddetta SWOT analysis, analisi dei punti di forza e
debolezza, delle minacce e delle opportunità (Figura 18).
L’Analisi SWOT consente di visualizzare contemporaneamente:
- punti di forza, dell’impresa (Strenghts);
- punti di debolezza, dell’impresa (Weaknesses);
- opportunità, del mercato (Opportunities);
- rischi-minacce, del mercato, da parte dei concorrenti (Threats).
I punti di forza (Strenghts) e debolezza (Weaknesses) sono propri del contesto di analisi e sono
modificabili grazie a scelte e decisioni dell’impresa, o possono modificarsi proprio in relazione alla
scelta di ingresso in un nuovo mercato. Le opportunità (Opportunities) e rischi (Threats) derivano
dalla situazione del mercato, sia di quello su cui l’impresa opera tradizionalmente, che di quello in
cui pensa di entrare.
Diversamente dal modello di selezione del Paese sopra illustrato, una analisi SWOT, di per sé,
non fornisce una risposta alle domande, serve piuttosto ad organizzare la riflessione per la scelta.
Serve a capire quali sono le caratteristiche della nostra organizzazione che possono favorire o
frenare il successo sul nuovo mercato e quali cambiamenti o interventi sulla organizzazione
aziendale sarebbero resi necessari dalla scelta di entrare in un nuovo mercato. Permette di
organizzare l’analisi del comportamento e dei risultati dei concorrenti.
Nella parte relativa alla analisi dell’attrattività confluiscono le informazioni sinteticamente descritte
sopra nei punti 1 e 2. Nella parte relativa alla analisi della competitività confluiscono le informazioni
sinteticamente descritte sopra al punto 3.
278
Figura 18 – La struttura dell’analisi SWOT
OPPORTUNITA’
ATTRATTIVITA’ DEL
MERCATO
MINACCE
COMPETITIVITA’
DELL’IMPRESA
(SUL NUOVO MERCATO E
EFFETTI DELL’ESPANSIONE
ALLESTERO SULLA
COMPETITIVITA’ COMPLESSIVA
DELL’IMPRESA)
PUNTI DI FORZA
PUNTI DI DEBOLEZZA
Fonte: Hermes lab
Un ulteriore strumento di supporto alle decisioni molto noto è la cosiddetta matrice General Electric
(GE), dal nome della multinazionale americana che per prima ne ha fatto un uso sistematico
(Figura 19).
Figura 19 – La matrice Attrattività - Competitività (GE)
La matrice GE, è divisa in nove “celle”. Le tre celle in alto a sinistra individuano i Paesi target nella
posizione migliore. In esse l’impresa dovrebbe investire e creare sviluppo. Le tre celle lungo la
diagonale sono in una posizione intermedia: i Paesi target situati in quest’area non sono adatti a
nuove strategie di espansione, ma se l’impresa vi è già presente è opportuno mantenere il livello
attuale di investimenti. Le tre celle situate in basso a destra individuano i Paesi nella posizione
279
peggiore, in cui evitare ogni nuovo coinvolgimento e per i quali, se l’impresa vi è già insediata, è
opportuno pensare a scelte di disinvestimento.
Arrivati in fondo al processo di selezione del mercato, va definito un Piano di Marketing e piani
operativi per le diverse fasi del progetto di penetrazione commerciale, a partire dalla ricerca di
partner locali, sempre indispensabili soprattutto nelle prime fasi di attività.
La struttura logica del piano di penetrazione commerciale (Figura 20) definisce i principi di azione.
Non sempre la realtà operativa consente di mantenere la linea logico-temporale del piano, ad
esempio l’individuazione di un partner affidabile può essere molto anticipata, spesso avviene nelle
prime fasi di realizzazione dell’idea di espansione e può favorire l’attività di raccolta delle
informazioni.
Figura 20 – La struttura logica di un piano di penetrazione commerciale
ANALISI DI ATTRATTIVITA’ : SELEZIONE DEI
MERCATI PIU’ INTERESSANTI
ANALISI DI ATTRATTIVITA’ : IL MERCATO DEI
PRODOTTI DELL’IMPRESA E I SEGMENTI RILEVANTI
ANALISI INTERNA : I PUNTI DI FORZA DELL’IMPRESA
IN RELAZIONE ALL’INGRESSO NEI NUOVI MERCATI
ANALISI SWOT E VALUTAZIONE DELLE RISORSE
DISPONIBILI
PIANO DI MARKETING
PIANI OPERATIVI E RICERCA DEI PARTNER
Fonte: Hermes lab
280
5.5.3 Il mercato europeo
5.5.3.1 Le dimensioni del mercato
Il valore complessivo del mercato europeo della calzature è di circa 40 miliardi di Euro, pari a circa
2,8 miliardi di paia. E’ quindi attualmente il secondo mercato mondiale dopo quello americano, la
cui dimensione è di circa un terzo superiore a quella europea (Figura 21).
Figura 21 – Il mercato mondiale delle calzature per macro-area geografica. 2005
Il mercato mondiale delle calzature
per macro aree geografiche
20%
48%
Americhe
Europa
Asia-Pacifico
32%
Fonte: elaborazione Hermes lab su dati Datamonitor
Figura 22 – L'evoluzione di medio e lungo termine dei consumi. 1995-2004. Dati in miliardi di
paia e Variazione percentuale cumulata.
3.00
1995
+26%
+33%
2004
+23%
2.00
1.00
+6%
+45%
0.00
Europa occ
UE 15
ue 12 nuovi
membri(*)
usa
giappone
(*) I dati non comprendono Lituania, Lettonia ed Estonia
Fonte: elaborazioni Hermeslab su dati SATRA
281
Il mercato europeo ha registrato negli ultimi dieci anni un incremento inferiore a quello americano. I
nuovi Paesi aderenti all’Unione Europea hanno invece goduto di una crescita (+45% in dieci anni)
dei consumi di calzature molto più elevata sia del resto d’Europa che degli Stati Uniti. Ma a partire
da una dimensione complessiva ancora molto limitata, anche se per i prossimi 10 anni si
mantenesse il gap di crescita tra UE a 15 e nuovi Paesi Membri, la quota di questi ultimi sul totale
del mercato europeo resterebbe inferiore al 20%.
5.5.3.2 L’Unione Europea
Il mercato europeo non cresce rapidamente come quello americano, ma è in rapido cambiamento,
in particolare lo è stato dal 2002 in poi anche in conseguenza dell’introduzione della moneta unica,
che ha contribuito a modificare le politiche distributive e di prezzo praticate dall’industria con effetti
anche sui comportamenti di spesa dei consumatori.
In Europa, malgrado la moneta unica, quello delle calzature resta in ogni caso un mercato
caratterizzato da forti differenze nei modelli di consumo nei diversi Paesi, legati a diversi gusti,
culture e tradizioni. I consumatori i italiani e gli spagnoli, ad esempio, sono i più esigenti ed attenti
alla qualità, al contenuto moda, e alla identità del marchio delle calzature, sono cioè disposti a
pagare un premio di prezzo per avere prodotti con caratteristiche che ritengono superiori o che
forniscono maggiore soddisfazione. All’estremo opposto si trovano i consumatori tedeschi, più
inclini a dare importanza soprattutto al fattore prezzo.
Come si osserva nella Figura 5.32, il consumo pro-capite di calzature differisce notevolmente tra i
diversi Paesi. L’Italia è il Paese con la maggiore spesa pro-capite annua (oltre 260 Euro per
abitante) corrispondente ad oltre 6 paia di calzature per abitante. Partendo da una fonte diversa,
SATRA, si arriva ad una stima del consumo pro-capite in paia degli italiani solo leggermente
inferiore (oltre 5 paia). Quello italiano è dunque un mercato pressoché saturo in cui la crescita dei
consumi non può essere sostenuta da un aumento della penetrazione del mercato.
I paesi con il più basso consumo pro-capite, e quindi caratterizzati dai maggiori potenziali di
crescita, sono i nuovi Paesi membri dell’Unione Europea: Rep. Slovacca e Rep. Ceca, Ungheria e
Polonia.
Figura 23 – La spesa pro-capite in calzature nei Paesi Europei. 2004
Fonte Euromonitor
282
Tabella 10 – Il mercato delle calzature in Europa Occidentale. anno 2004. Produzione,
consumi e interscambio
Aree geografiche
Paese
Produzione
(milioni
di paia)
Importazione
(milioni
di paia)
Esportazione
(milioni
di paia)
Consumo
(milioni
di paia)
7
0
2
3
53
30
5
1
281
2
86
16
147
1
2
0
0
2
6
646
63
123
39
15
345
412
40
17
311
160
34
391
190
33
2
17
36
3
10
2 241
34
80
16
2
52
95
2
5
279
84
77
31
109
6
0
1
3
1
1
877
36
43
26
16
346
347
43
13
313
78
43
376
228
28
4
16
33
4
15
2 010
Popolazione
(milioni)
Consumo
pro-capite (-)
(paia)
EUROPA OCCIDENTALE
Austria
Belgio-Lussemburgo
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Paesi Bassi
Portogallo
Regno Unito
Spagna
Svezia
Malta
Norvegia
Svizzera
Cipro
Altri
TOTALE EUROPA OCCIDENTALE
8.1
10.4
5.4
5.2
60.0
82.6
11.0
4.1
57.8
16.3
10.5
59.7
42.5
9.0
0.4
4.6
7.4
0.9
4.4
4.1
4.8
3.1
5.8
4.2
3.9
3.2
5.4
4.8
4.1
6.3
5.4
3.1
10.0
3.5
4.6
4.4
Fonte SATRA
Le fonti statistiche presentano significative discordanze riguardo ai livelli assoluti dei consumi in
Europa, con la Germania e l’Italia che si alternano al primo posto come mercato di sbocco, a
seconda delle definizioni e delle unità di misura utilizzate. Se si prendono a riferimento i dati
SATRA, tra i Paesi Europei, la Germania resta il mercato di maggior dimensione per valore dei
consumi, quasi 350 milioni di Paia (stimabili pari a circa 8 miliardi di Euro) ed ha mantenuto
nell’ultimo quinquennio una dinamica positiva, in un contesto sostanzialmente recessivo, sia per la
spesa complessiva delle famiglie, sia per gli acquisti in generale di vestiario.
Secondo i dati SATRA stimati secondo una metodologia comparabile tra i diversi Paesi europei, il
secondo mercato sarebbe l’Italia con un consumo di oltre 310 milioni di paia (pari ad una spesa
complessiva di oltre 6 miliardi d Euro). Va segnalato che secondo altre fonti (ANCI) che depurano i
dati da possibili duplicazioni e basano la stima dei consumi su rilevazioni dirette, il livello assoluto
dei consumi italiani sarebbe in realtà più basso, intorno ai 190 milioni di paia. Non sono tuttavia
disponibili per gli altri Paesi statistiche che correggano i possibili effetti delle duplicazioni
statistiche.
Seguono molto da vicino la Francia con circa 8 miliardi di Euro e circa 340 milioni di paia e la Gran
Bretagna, con circa 6 miliardi di Euro, e circa 370 milioni di paia.
La Francia inoltre è il paese che nell’Europa occidentale ha registrato i tassi di crescita maggiori
negli ultimi anni. La tendenza del mercato francese delle calzature a crescere più della media
rappresenta ormai un trend consolidato, che dura dai primi anni novanta. Tra il 1991 e il 2000
infatti era cresciuto ad un tasso medio annuo dell’1,3%, seguito come rapidità di crescita solo dalla
Germania (+1,2% medio anno). Se il differenziale di crescita dei consumi francesi rispetto a quelli
inglesi si manterrà nei prossimi anni, entro il 2010 la Francia, si lascerà la Gran Bretagna alle
spalle per dimensione del mercato.
283
5.5.3.3 L’est Europa
L’estensione ad est dell’Unione Europea e in generale il rafforzamento dei legami commerciali con
i Paesi centro-orientali dopo il collasso dei sistemi politici comunisti è uno dei fattori di maggior
rilievo, assieme all’introduzione della moneta unica, che ha caratterizzato l’evoluzione dei mercati
europei nell’ultimo decennio. Oggi l’est Europa, includendo in questa definizione sia i Nuovi
membri dell’Unione che la Russia e i Balcani, presenta nell’immediato futuro significative
prospettive di crescita.
All’inizio degli anni novanta questi mercati, nel loro insieme, avevano subito il contraccolpo del
crollo del sistema politico e di regolazione economica, una crisi che in molti di questi paesi si è
prolungata, conoscendo fasi molto acute, fin oltre la metà del decennio. In quasi tutti i paesi, e in
particolare nei nuovi membri dell’Unione, si è progressivamente affermata una situazione di
stabilità economica e politica che ha favorito la crescita dei redditi e dei consumi dalla fine degli
anni novanta. Oggi tutta la regione, pur con forti differenze tra i paesi, sta attraversando una fase
di rapido cambiamento nei modelli di consumo, di intenso sviluppo dei sistemi distributivi, a cui
partecipano con importanti investimenti le maggiori catene distributive dell’Europa Occidentale,
quasi tutte ormai presenti in modo massiccio nelle maggiori città di questi paesi.
Nei prossimi anni il mercato risulterà particolarmente vivace, non solo in relazione alla sua
evoluzione quantitativa, ma anche ai cambiamenti nella sua composizione e struttura. Ciò
comporterà per i produttori e distributori, sia occidentali che locali, un continuo riaggiustamento
delle politiche di posizionamento, di pricing, di comunicazione. Con ogni probabilità questi mercati
diventeranno il principale elemento di influenza sulla strategia dei più importanti marchi europei
impegnati nella produzione e distribuzione di calzature.
Tabella 11 – produzione e commercio di calzature in Europa Orientale. anno 2004
Aree geografiche
Paese
EUROPA ORIENTALE
Bulgaria
Croazia
Repubblica Ceca
Slovacchia
Ungheria
Polonia
Romania
Slovenia
Russia
Altri
TOTALE EUROPA ORIENTALE
Produzione
Importazione
Esportazione
Consumo
(milioni
(milioni
(milioni
(milioni
Popolazione
pro-capite (-)
Consumo
di paia)
di paia)
di paia)
di paia)
(milioni)
(paia)
10
8
6
16
10
36
69
3
45
75
278
10
10
40
22
50
86
83
5
170
249
725
9
8
8
19
10
17
59
3
2
12
147
11
10
38
19
50
105
93
5
213
312
856
7.8
4.4
10.2
5.4
10.1
38.2
21.7
2.0
144.1
1.4
2.3
3.7
3.5
5.0
2.7
4.3
2.5
1.5
Fonte SATRA
5.5.3.4 Le importazioni
Le importazioni dei Paesi dell’Europa a 25 dalla Cina hanno raggiunto nel 2005 1,251 milioni di
paia, da 862 milioni di paia nel 2004 e hanno rappresentato nel 2005 circa il 64% del totale delle
calzature importate. Alla forte crescita della Cina, di gran lunga il maggior esportatore verso
l’Europa, ha corrisposto un calo sia del secondo fornitore, il Vietnam, da 298 milioni di paia nel
2004 a 265 milioni nel 2005, anche a causa di provvedimenti anti-dumping, che del terzo, la
Romania (che nel 2005 non era ancora membro dell’UE) da 71,6 milioni di paia a 71,4 milioni.
L’India, pur con una crescita del solo 1%, ha conquistato il quarto posto tra gli esportatori a spese
dell’Indonesia. I prezzi medi unitari dei prodotti cinesi sono inferiori a quelli medi degli altri paesi
284
fornitori ed anche a quelli degli altri maggiori Paesi a basso costo come Vietnam, Romania o
Indonesia.
Figura 24 – I principali paesi Esportatori verso l’Europa (UE25). Quota percentuale sul
totale. In valore e quantità. 2005
70%
inmil.Paia
in valore
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Cina
Vietnam
Romania
India
Indonesia
Brasile
Tailandia
Turchia
HongKong
Tunisia
Altri
Fonte: Eurostat
Le calzature in pelle rappresentano oltre la metà delle importazioni di calzature nell’Europa a 15
(Figura 25).
Figura 25 – Importazioni di calzature nella UE -15 per tipo di tomaia e merce. 2003
Parti di
calzature
9%
Altro
4%
Tessile
15%
Pelle
57%
Plasticagomma
15%
Fonte: Eurostat
285
5.5.4 Il mercato tedesco
5.5.4.1 Le dimensioni del mercato
Il mercato tedesco è il più importante mercato europeo, con un valore complessivo dei consumi di
circa 10 miliardi di Euro (prezzi al dettaglio) nel 2006, pari a circa 320 milioni di paia.
Nella prima parte del decennio, la generale stagnazione dell’economia tedesca e la conseguente
generale contrazione della spesa in beni di consumo delle famiglie tedesche ha però provocato un
rallentamento anche degli acquisti di calzature, con un calo, ad esempio del 2% nel 2004.
La debolezza del mercato interno si somma all’aggressiva concorrenza sui prezzi proveniente
dalle importazioni. Come risultato di questi due fattori l’industria tedesca delle calzature ha subito
tra il 2002 e il 2005 una contrazione e una riduzione del numero delle imprese.
La pressione verso il basso sui prezzi esercitata dalle importazioni soprattutto dalla Cina e dal
Vietnam, ha tuttavia avuto effetto prevalentemente sulle fasce più basse del mercato.
All’estremo opposto, quello del lusso ha registrato uno stabile incremento nell’ultimo quinquennio,
senza pressioni sui prezzi.
La ripresa economica che si è avviata a partire dalla fine del 2005 favorirà un seppur lento
recupero anche dei consumi di calzature che potrebbe complessivamente crescere (in valore) tra il
10% e il 15% nei 5 anni tra il 2005 e il 2010.
Il segmento in più rapida crescita è quello delle calzature casual che, nel corso dei dieci anni tra il
2001 e il 2010, è previsto crescere del 3,6% in media annua. Con un livello quindi nel 2010 di circa
il 30% superiore a quello del 2001.
Tabella 12 – Il mercato tedesco delle calzature. Per funzione d’uso. 1991, 1995, 2005. % su
dati in valore
anni
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Accessori
Total
1991
1995
2005
41.3
3.5
46.5
8.4
0.1
100.0
41.1
3.5
47.0
8.2
0.1
100.0
41.5
3.4
47.2
7.6
0.1
100.0
Fonte: GIA
I dati mostrano una struttura dei consumi tedeschi con una quota particolarmente elevata delle
calzature in pelle che contano per oltre il 60% del totale e con una quota invece molto bassa delle
calzature con tomaia in materiale sintetico (gomma o plastica) che conta per meno del 4% del
consumo totale.
Il consumo pro-capite di calzature dei tedeschi (4,2 paia pro-capite annue secondo SATRA) non
raggiunge i livelli elevati di Italia e Francia ma si mantiene ai livelli più alti con un grado di
penetrazione molto elevato, con quindi minori possibilità di crescita futura. I consumatori tedeschi,
secondo Euromonitor, sono meno interessati della media dei consumatori europei alla componente
moda dei prodotti e più sensibili al prezzo, rispetto ad esempio agli italiani. Un recente studio
svolto dal Gruppo Deichmann (uno tra i più importanti retailers tedeschi) confort e qualità sono i
due principali fattori di scelta delle calzature per i consumatori tedeschi, ben più importanti della
moda. In questa attenzione per la qualità e il confort trova spiegazione anche l’elevata quota di
calzature di pelle sul mercato dei consumi tedesco.
286
Figura 26 – Il mercato tedesco delle calzature. Per materiali utilizzati. 2004. % su dati in
numero di paia
Plastica
4%
Altro
6%
Tessile
21%
Pelle
69%
Fonte: Eurostat
In Germania nell’agosto del 2005 si è realizzata la più importante operazione di acqisizione nel
settore della calzature dell’ultimo decennio, con l’acquisizione dell’americana Reebok da parte del
gruppo tedesco Adidas.
L’operazione ha coinvolto il secondo ed il terzo gruppo mondiale delle calzature sportive, con
importanti interessi anche nell’abbigliamento. Il nuovo gruppo realizza, nel suo insieme circa 12
miliardi di dollari di ricavi, e si avvicina Nike, il leader mondiale che nel 2005 ha raggiunto un
fatturato di circa 14 miliardi di dollari.
5.5.4.2 La struttura distributiva
Secondo le analisi di Euromonitor, i negozi indipendenti sono il canale più importante e contano
per il 62% delle vendite di calzature in Germania. La persistenza di una quota elevata di vendite
attraverso il commercio indipendente è stata resa possibile dal diffuso utilizzo da parte dei
dettaglianti di formule di associazione all’interno di centrali d’acquisto, a cui vengono affidati dai
negozi associati i compiti di sourcing, selezione della gamma dei prodotti, logistica e spesso anche
di definizione delle strategie generali di marketing.
Le due maggiori centrali d’acquisto sul mercato tedesco sono Garant Schuh+Mode AG, una
centrale di dimensione europea che opera anche negli articoli sportivi e negli accessori, con oltre
4.800 associati, di cui quasi 2.000 solo in Germania, e ANWR (Ariston/Nord-West-Ring), la più
grande tra quelle specializzate nelle calzature con 1.600 associati tutti in Germania. Attraverso
questi due gruppi d’acquisto transita circa il 25% di tutto il mercato.
Come in tutti i maggiori mercati europei, le catene specializzate sono stata la componente più
dinamica della struttura distributiva a cavallo tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo
287
secolo. La più importante in Germania è Deichman che opera con le insegne Deichman (quasi
mille negozi) e Roland Schuhe (60 negozi).
Anche il canale dei negozi e delle catene specializzate nell’abbigliamento sportivo è in forte
crescita, trascinato dalla generale tendenza all’utilizzo delle scarpe sportive anche nell’attività non
sportiva quotidiana. Anche negli articoli sportivi la formula dei gruppi d’acquisto è molto diffusa, i
principali sono Intersport (di dimensione europea e presente anche in Italia) con 1.500 negozi
serviti e Sport2000 (mille negozi serviti).
Guadagnano quote anche grandi magazzini e ipermercati, che offrono la possibilità ai consumatori
di acquistare in un unico luogo le calzature e altre categorie di prodotti, secondo la formula
dell’one-stop shop, quando i prodotti acquistati sono molto standardizzati e di acquisto semplice.
Un limite importante di questo canale è l’ambiente asettico e caratterizzato da una immagine non
alla moda. Alcuni dei principali operatori del settore negli ultimi anni hanno messo in atto politiche
di cambiamento del marketing e dei layout della aree promuovendo, nei limiti delle caratteristiche
delle grandi superfici non specializzate, atmosfere e ambienti più coinvolgenti.
Figura 27 – La struttura della distribuzione di calzature per canali in Germania. 2003
negozi
abbigliam.
per
corrispondenza 3%
6%
altri
1%
iper-supermercati
8%
negozi indipendenti
30%
art.sportivi
8%
grandi magazzini
12%
catene
32%
Fonte: Eurostat
5.5.4.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Germania
Il saldo commerciale è negativo. Le importazioni sono oltre il doppio delle esportazioni, ma
l’evoluzione rispetto al 2000 è verso una riduzione dello squilibrio: per effetto della sensibile
crescita dell’export (+50%) a fronte della sostanziale stabilità dell’import. La crescita delle
esportazioni è in buona parte attribuibile alle calzature in pelle che rappresentano il 66% totale.
288
Tabella 13 – Germania: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro
Calzature
Di cui con tomaia in pelle
2000
Import
4.540
2.957
Export
1.457
967
Saldo
-3.083
-1.990
2006
Import
4.587
2.886
Export
2.186
1.445
Saldo
-2.401
-1.441
Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt
Nel 2006 l’export è stato pari a 2.186 milioni di euro. I primi 3 Paesi destinatari assorbono il 33%
del totale, i primi 10 il 66%. Rispetto al 2000 la concentrazione dell’export verso pochi Paesi clienti
si è attenuata, principalmente per la riduzione del peso dell’Austria, il più importante Paese cliente
che tra il 2000 e il 2006, pur aumentando del 14% le importazioni dalla Germania, ha ridotto di 4
punti percentuali la sua quota sul totale. In seconda posizione si trovano i Paesi Bassi con il 12%.
Nelle posizioni successive si notano cambiamenti significativi (Tabella 5.14):
- la Russia quasi quadruplica l’import dalla Germania (+291% in 6 anni) portandosi dal 14° al 6°
posto nella graduatoria dei clienti,
- la Polonia cresce del 203% salendo dalla nona alla settima posizione,
- la Repubblica Ceca che nel 2000 era al sedicesimo posto, con un aumento del 196%, sale alla
decima posizione,
- gli USA dal terzo arretrano al nono posto con un calo dell’import dalla Germania del 32%.
L’Italia nel 2006 è l’undicesimo Paese destinatario dell’export tedesco. Tra il 2000 e il 2006 il flusso
di export dalla Germania verso l’Italia è aumentato del 79%.
Tabella 14 – Germania: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
2.186
TOTALE EXPORT
301
Austria
252
Paesi Bassi
159
Francia
136
Svizzera
131
Regno Unito
126
Russia
112
Polonia
94
Belgio
75
U.S.A.
Rep. Ceca
66
%
100%
14%
12%
7%
6%
6%
6%
5%
4%
3%
3%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
1.445
TOTALE EXPORT
197
Paesi Bassi
178
Austria
111
Francia
110
Russia
103
Regno Unito
102
Svizzera
73
Belgio
53
Polonia
48
U.S.A.
Danimarca
40
%
100%
14%
12%
8%
8%
7%
7%
5%
4%
3%
3%
Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt
Le esportazioni di calzature in pelle nel 2006 sono state pari a 1.445 milioni di euro (+49,4%
rispetto al 2000). Come nel caso per il totale delle calzature la concentrazione dei mercati di
sbocco si attenua, sempre per la riduzione di peso dell’Austria, che da primo Paese partner
scende al secondo posto. I cambiamenti più rilevanti riguardano i forti incrementi dell’export verso
la Russia (+298%) e la Polonia (+291%), da un lato, e il ridimensionamento del mercato USA (42%), dall’altro. L’Italia, in quattordicesima posizione nel 2006, ha aumentato le importazioni del
74%.
289
Tabella 15 – Germania: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
4.587
TOTALE IMPORT
1063
Cina
670
Italia
591
Vietnam
254
Portogallo
196
Austria
195
Romania
188
India
173
Rep.Slovacca
169
Paesi Bassi
Indonesia
135
%
100%
23%
15%
13%
6%
4%
4%
4%
4%
4%
3%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
2.886
TOTALE IMPORT
519
Italia
417
Cina
307
Vietnam
208
Portogallo
153
Romania
149
India
140
Rep.Slovacca
136
Austria
115
Paesi Bassi
Indonesia
86
%
100%
18%
14%
11%
7%
5%
5%
5%
5%
4%
3%
Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt
L’import tedesco di calzature nel 2006 è stato pari a 4.587 milioni di euro, più del doppio
dell’export. La concentrazione delle provenienze è elevata e in crescita rispetto al 2000. Il quadro
dei principali Paesi fornitori cambia radicalmente nelle prime posizioni:
- l’Italia, al primo posto con il 25% del totale nel 2000, scende al secondo con il 15% e una
contrazione dei valori di ben il 41%,
- la Cina, che con l’8% occupava la quarta posizione, diventa il primo Paese fornitore con il 23%
del totale e un incremento dei valori esportati prossimo al 193%,
- il Vietnam si consolida con una quota del 13%,
- crescite significative anche per Romania (+164%), India (+82%) e Slovacchia (+52%), mentre
tra i Paesi in contrazione si segnalano: Spagna (-64%) e Portogallo (-43%).
Le calzature in pelle rappresentano il 63% dell’import in valore. I primi 3 Paesi fornitori concentrano
il 43% del totale, i primi 10 il 77%. Per questo prodotto, l’Italia si conferma in prima posizione, ma
fortemente ridimensionata rispetto al 2000 (-40%) e tallonata dalla Cina da cui la distaccano solo 4
punti percentuali. In sei anni l’import dalla Cina è cresciuto del 212% e la quota detenuta sul totale
dell’import è passata dal 5% al 14%. Il Vietnam si conferma al terzo posto con un rafforzamento
della posizione. Tra i Paesi che perdono quota troviamo l’Ungheria (-72%) e la Spagna (-69%).
5.5.5 Il mercato francese
5.5.5.1 Le dimensioni del mercato
Il mercato delle calzature francese è il terzo mercato più importante per dimensione in Europa, con
un valore complessivo dei consumi di circa 6 miliardi di Euro (prezzi al dettaglio) nel 2006, pari a
circa 340 milioni di paia. E’ un mercato stabile ed in moderata crescita, tra il 2001 e il 2005 è
cresciuto, in valore di circa il 5%. Le previsioni di GIA, basate principalmente su variabili
macroeconomiche, indicano per il 2010 un livello di spesa superiore di circa il 12% a quello del
2001. Il consumo pro-capite oscilla tra 5,5 e 6 paia annue corrispondente a circa 137 Euro per
abitante.
Le calzature femminili rappresentano poco più della metà del mercato (51%), quelle maschili il
32%, quelle per bambini e ragazzi il 17%.
In termini di volumi (numero paia) Il segmento più importante ed in più rapida crescita è quello
delle calzature casual che nel corso dei dieci anni tra il 2001 e il 2010 è previsto crescere del 3,6%
in media annua. Con un livello quindi nel 2010 di circa il 30% superiore a quello del 2001.
290
Tabella 16 – Il mercato francese delle calzature. Per funzione d’uso. 1991, 1995, 2005. % su
dati in valore
anni
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Accessori
Total
1991
1995
2005
38.9
3.2
46.4
11.2
0.1
100.00
38.6
3.2
46.9
11.0
0.1
100.00
38.9
3.3
47.2
10.3
0.1
100.00
Fonte: GIA
I dati disponibili mostrano una struttura dei consumi francesi merceologicamente molto diversa da
quella tedesca, con una quota di calzature in pelle solo di poco superiore al 40% ed un peso molto
più elevato delle calzature con tomaia in materiale sintetico (gomma o plastica) che arriva a
rappresentare quasi 1/3 del consumo totale.
Il mercato francese, come quello italiano presenta un elevato consumo pro-capite (5,8 paia procapite annue secondo SATRA) e quindi un grado di penetrazione molto elevato, con minori
possibilità di crescita futura. In compenso i consumatori francesi, secondo Euromonitor, prestano
attenzione più della media dei consumatori europei alla componente moda dei prodotti e pur
cominciando ad adottare stili di consumo più informali anche nelle calzature, restano più ancorati
agli acquisti di calzature formali (che contano ancora oltre il 10% dei consumi) rispetto ai
consumatori tedeschi e degli altri Paesi del nord Europa.
Figura 28 – Il mercato francese delle calzature. Per materiali utilizzati. 2004. % su dati in
numero di paia
Altro
5%
Pelle
41%
Plastica
31%
Tessile
23%
Fonte: Eurostat
291
5.5.5.2 La struttura distributiva
A partire dagli anni sessanta, la Francia è il Paese in cui la modernizzazione del commercio e la
tendenza ad una ipercompetizione nel commercio si è sviluppata maggiormente.
Il concept dell’ipermercato, grandissime superfici e organizzazione focalizzata sulla esasperata
ricerca dell’efficienza (grandissimi volumi a margini unitari molto ridotti) ha visto la sua origine in
Francia dove nel 1963, a Sainte-Geneviève-des-Bois nel dipartimento dell'Essonne, Carrefour ha
aperto il primo ipermercato. Sempre in Francia, all’inizio degli anni novanta si sono sviluppate,
soprattutto nel vestiario, le prime grandi catene monomarca. Anche nelle calzature la struttura
distributiva francese è più sbilanciata che in altri paesi europei verso le grandi superfici, solo 1/4
delle vendite passa oggi attraverso il canale del dettaglio indipendente.
L’evoluzione verso forme distributive più organizzate nell’ultimo decennio ha visto prevalere, come
in molti altri mercati europei, le catene specializzate, nelle calzature, o in abbigliamento e
calzature, seguite dalle grandi superfici, soprattutto nella formula molto diffusa in Francia degli
ipermercati.
Una lunga storia distributiva, dominata dalla distribuzione moderna, ha reso i consumatori francesi
particolarmente sensibili al prezzo. Il grande potere di contrattazione con i fornitori e l’efficienza
distributiva che caratterizzano le catene specializzate e le grandi superfici offrono ai consumatori il
vantaggio di prezzi bassi.
Le principali catene specializzate nelle calzature sono il gruppo Vivarte (le insegne più importanti
del gruppo sono La Halle aux Chassures nel segmento discount e Chaussland e Besson nel
segmento medio), con poco più della metà del fatturato complessivo proveniente dalla vendita di
calzature e il resto dall’abbigliamento. Il gruppo Eram, secondo distributore francese di calzature,
1,6 miliardi di Euro di fatturato, 13.000 dipendenti, oltre 1.700 punti vendita, sia specializzati di
piccola superficie e di fascia media (come ad esempio Eram, France Arno, Rigoletto, Texto, Na!)
che grandi superfici (come Gémo, L’Hyper aux vetements, Fabio Lucci, etc.), possiede inoltre
direttamente anche quattro impianti di produzione in Francia.
Figura 29 – La struttura della distribuzione di calzature in Francia. 2003
grandi magazzini
4%
negozi di
abbigliamento
4%
altri
5%
negozi indipendenti
26%
art.sportivi
10%
iper supermercati
13%
vend per
corrisponenza
3%
catene
35%
Fonte Euromonitor
292
Se alcune catene calzaturiere realizzano una quota importante di fatturato anche con capi di
abbigliamento (come il gruppo Vivarte sopra citato) analogamente i negozi di abbigliamento hanno
ampliato la gamma di prodotto alle calzature arrivando ormai a contare per il 4% di tutte le vendite
di calzature in Francia. Casi particolarmente significativi di catene specializzate nell’abbigliamento
con una componente significativa di vendite di calzature sono ad esempio C&A, Hennes&Mauritz,
Zara, Alain Manoukian.
La quota dei Grandi Magazzini resta stabile da diversi anni, le principali insegne hanno infatti
marchi consolidati ed elevata reputazione presso i consumatori, come Les Galeries Lafayette e
Printemps.
La distribuzione di calzature nelle grandi superfici (ipermercati) sono ovviamente dominate dalle
grandi insegne come Carrefour, E. Leclerc e Auchan. Gli Ipermercati sono sempre più orientati ad
espandere la quota di ricavi provenienti dal non-food, dove i margini unitari sono più elevati che nel
food, in particolare aumentando le superfici dedicate all’abbigliamento e alle calzature. Nella
categoria merceologica delle calzature, così come in altri segmenti del non-food, gli ipermercati
hanno avviato politiche di ampliamento di gamma, migliorando la qualità dei prodotti e, pur
mantenendo il focus principale sulle fasce più basse, introducendo prodotti di prezzo più elevato
che si posizionano nelle fasce di prezzo medio-basse e medie. Ciò permente loro di differenziarsi
dalle insegne discount (come ad esempio L’ Hyper aux Chaussures and L’Hyper aux Vêtements)
che hanno guadagnato quote di mercato negli anni recenti.
La quota degli acquisti attraverso il canale dei cataloghi per corrispondenza, tradizionalmente più
elevata in Francia che nel resto d’Europa, è in declino e solo parzialmente compensata dal canale
dell’e-commerce.
5.5.5.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Francia
La bilancia commerciale delle calzature è in Francia largamente deficitaria con valori dell’import
pari a tre volte quelli dell’export. Il saldo commerciale negativo è cresciuto del 30% tra il 2000 e il
2006. Quasi i due terzi del deficit sono originati dalle calzature in pelle il cui import è aumentato del
42% nel periodo considerato.
Tabella 17 – Francia: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro
Import
Calzature
Di cui con tomaia in pelle
3.031
1.733
2000
Export
Saldo
Import
2006
Export
Saldo
1.001
584
-2.029
-1.149
3.990
2.464
1.336
825
-2.654
-1.638
Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances
Nel 2006 l’export è stato pari a 1.336 milioni di euro con un incremento del 33,4% rispetto al 2000.
Quasi i tre quarti dell’export (73% in valore) si dirigono in soli 10 Paesi e i primi tre paesi clienti
(Italia, Spagna e Germania) assorbono il 35% del totale. Il grado di concentrazione dei mercati di
sbocco è rimasto pressoché inalterato tra il 2000 e il 2006, anche se si sono verificati cambiamenti
nella graduatoria dei principali partner (Tabella 18):
- l’Italia dalla quinta posizione nel 2000 è diventato nel 2006 il primo Paese di sbocco delle
calzature francesi, con un raddoppio della quota in valore (dal 6% al 12%),
- la Spagna è arrivata al secondo posto 2006, anch’essa con un forte aumento della quota che
passa dal 6% al 12%,
- si è invece ridotto il peso degli USA (dall’11% all’8%), che scendono dalla terza alla sesta
posizione.
293
Tabella 18 – Francia: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
TOTALE EXPORT
1.336
Italia
165
Spagna
154
Germania
149
Belgio
125
Regno Unito
104
U.S.A.
103
Giappone
48
Svizzera
42
Paesi Bassi
42
Portogallo
40
%
100%
12%
12%
11%
9%
8%
8%
4%
3%
3%
3%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
TOTALE EXPORT
825
Italia
105
Germania
96
U.S.A.
88
Spagna
850
Belgio
85
Regno Unito
71
Giappone
38
Paesi Bassi
28
Hong Kong
27
Svizzera
27
%
100%
13%
12%
11%
10%
10%
9%
5%
3%
3%
3%
Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances
Le calzature in pelle rappresentano nel 2006 il 62% dell’export in valore, con una crescita del 41%
rispetto al 2000 e una maggiore incidenza sul totale dell’export (nel 2000 rappresentavano il 58%).
Come per le calzature in genere, anche nel caso della pelle principali mercati di sbocco sono i
Paesi della UE, gli USA e il Giappone e anche in questo caso le esportazioni sono estremamente
concentrate (35% e 79% i primi 3 e i primi 10 Paesi). Simili sono anche i movimenti nella
graduatoria dei mercati di sbocco (Tabella 19) con:
- la Germania che lascia la prima posizione all’Italia, che sale di 4 posti e porta la sua quota dal
6% del 2000 al 13% del 2006,
- la Spagna che dal 6% sale al 10%,
- gli USA che dal 14% scendono all’11%.
Tabella 19 – Francia: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
TOTALE IMPORT
3.990
Cina
879
Italia
844
Vietnam
402
Portogallo
338
Spagna
304
Indonesia
144
Tunisia
144
Romania
122
Germania
107
India
98
%
100%
22%
21%
10%
8%
8%
4%
4%
3%
3%
2%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
%
TOTALE IMPORT
2.464
100%
Italia
679
28%
Portogallo
302
12%
Cina
280
11%
Spagna
221
9%
Vietnam
206
8%
Indonesia
104
4%
Tunisia
92
4%
Germania
80
3%
Paesi Bassi
67
3%
India
66
3%
Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances
Le importazioni francesi di calzature sono cresciute tra il 2000 e il 2006 quasi come l’export (+32%
contro +33%). La concentrazione delle provenienze è particolarmente elevata e crescente: i primi
tre Paesi forniscono il 53% del totale in valore, i primi 10 l’85%. Nel 2000 queste quote erano,
rispettivamente, del 53% e dell’83%. Il principale fornitore estero è la Cina con il 22% del totale
import in valore, tallonato a breve distanza dall’Italia. Nel 2000 al primo posto c’era l’Italia con il
294
22% e la Cina era in seconda posizione con il 13%. Quindi nell’arco di soli sei anni la Cina, con
uno sviluppo del fatturato pari al 128%, ha incrementato la sua quota di ben 9 punti percentuali.
Le importazioni dall’Italia si sono invece sviluppate ad un tasso di poco inferiore al totale, da qui la
leggera perdita di quota.
Le calzature in pelle rappresentano il 62% dell’import in valore, quota in aumento rispetto al 57%
del 2000. Il tasso di concentrazione delle provenienze di questo prodotto è simile a quello generale
(51% i primi 3 Paesi, 85% i primi 10), ma l’Italia è il primo fornitore con il 28% del totale e una
crescita dei valori esportati di quasi il 50%. La Cina è in terza posizione con l’11% del totale in
valore. La distanza tra i due fornitori è ancora rilevante, ma anche in questo caso le performances
della Cina si presentano più elevate.
5.5.6 I mercati emergenti: la Russia
L’analisi del mercato russo presenta non poche difficoltà. E’ infatti caratterizzato da una forte
componente sommersa ed illegale. Quasi la metà delle calzature vendute ai consumatori russi
proviene da importazioni illegali e della restante metà circa un terzo (pari a poco meno di un quinto
del mercato totale) da produzione nazionale sommersa. Secondo l’opinione di un campione
significativo di esperti di settore, intervistati da una società di consulenza europea, solo 1/3 delle
calzature vendute sul mercato russo ha una provenienza “ufficiale”.
Figura 30 – Il mercato delle calzature in Russia. L’importanza del sommerso e dell’import
illegale
Prodotti
nazionali ufficiali
17%
Import illegale
49%
Prodotti
nazionali
"sommerso"
17%
Import ufficiale
17%
Fonte: IMCN. Stime basate su un indagine qualitativa presso esperti di settore, 2003
Un secondo elemento di difficoltà nella stima della dimensione e delle caratteristiche del mercato è
la forte differenziazione tra i mercati metropolitani e quelli dei piccoli centri, e tra le diverse regioni.
Secondo un’indagine svolta nel 2003 nei principali centri urbani di tutta la Russia, il 36% di coloro
che abitano nelle città acquistano almeno un paio di scarpe nel corso di un semestre. Nella città di
295
Mosca questa percentuale è del 20% più elevata, significativamente più elevata della media è
anche nelle altre città delle Russia Centrale e in quelle delle regioni dell’estremo oriente. In altre
regioni è invece molto più bassa della media: è solo il 62% della media nella regione del
Chernozemny e il 78% nelle regioni del Nord e Nord-Ovest (Figura 31).
Oltre 1/4 (il 28%) della popolazione urbanizzata che acquista almeno un paio di scarpe in un
semestre si trova nella Russia Centrale, includendovi anche la città di Mosca (Figura 32).
Figura 31 – Consumi di calzature della popolazione urbana in Russia. Indice delle quantità
acquistate. Media totale = 100
Fonte: elaborazione Hermeslab su dati di un indagine IMCN, 2003
Figura 32 – I consumatori di calzature in Russia. Popolazione dei centri urbani. Peso % delle
regioni sul totale (*)
(*) La percentuale è calcolata come: (n. di consumatori della regione che ha acquistato almeno un paio di calzature
nell’ultimo semestre) / (totale consumatori russi che hanno acquistato almeno un paio di calzature nell’ultimo semestre).
Fonte: indagine IMCN, 2003
296
A causa di queste difficoltà la dimensione del mercato può essere stimata solo
approssimativamente in oltre 200 milioni di paia nel 2005 per un valore che oscilla tra i 5 e i 7
miliardi di Euro.
Il mercato russo è ancora in una fase iniziale della diffusione di comportamenti di consumo
occidentali di tipo consumistico. Ciò fa prevedere una elevata vivacità del mercato russo nei
prossimi anni, sia in generale che nei segmenti del lusso.
Il segmento casual rappresenta oltre la metà degli acquisti, e ha guadagnato quote di mercato
nell’ultimo quinquennio (Tabella 20), mentre il segmento del formale conta per meno del 5% del
numero di paia vendute.
Tabella 20 – Il mercato russo delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in
valore
anni
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Total
2001
2005
26.4
2.2
66.5
4.8
100.0
25.9
2.2
67.1
4.8
100.0
Fonte: GIA
Le calzature europee trovano grande favore presso i consumatori russi, che in generale
considerano le calzature europee di qualità molto migliore di quelle prodotte in Russia. I profitti
realizzati da importatori e distributori di calzature europee sono molto elevati. Oltre che al prezzo,
tradizionalmente la gran parte dei consumatori russi è molto sensibile alla qualità intrinseca delle
calzature e alla loro comodità e praticità. L’attenzione al contenuto moda rappresenta ancora un
comportamento di consumo non diffuso, se non nei segmenti del lusso e per ragioni di
ostentazione.
Figura 33 – I luoghi d’acquisto delle calzature preferiti dai consumatori russi (*)
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
mercato all'aperto
negozi specializzati
negozi monomarca
grandi magazzini
supermercati e minimarket
altro
(*) distribuzione dei consumatori urbani secondo il luogo d’acquisto preferito
Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati IMCN, 2003
297
I mercati all’aperto sono la forma di distribuzione al dettaglio che ha maggiormente guadagnato in
popolarità presso i consumatori russi. Circa la metà dei consumatori preferisce questo canale di
vendita dove si trovano calzature di basso costo e di importazione, provenienti soprattutto dalla
Cina, dalla Turchia e dalla Polonia. I bassi prezzi che i consumatori possono spuntare nei mercati
all’aperto, dipendono in larga parte da pratiche di importazione irregolare o illegale che consentono
in ogni caso agli intermediari commerciali elevati margini di profitto.
Secondo le stime più accreditate, le importazioni contano per circa 4/5 dei consumi di calzature
della Russia. La scelta di acquistare beni importati dipende dalla diffusa convinzione tra i
consumatori russi che, oltre ad avere un minore contenuto moda, i prodotti fabbricati localmente
siano di qualità inferiore e meno confortevoli. Un esempio di grande successo per la sua
reputazione in termini di confort, resistenza e qualità costruttiva dei prodotti è il marchio tedesco
Salamander, tra i più apprezzati dai consumatori russi per la capacità di isolamento dal freddo e la
resistenza agli agenti chimici ed atmosferici che sottopongono le calzature a dura prova nel
mercato russo durante il lungo inverno nelle regioni del nord.
Dalla esterofilia dei consumatori russi deriva anche la tendenza da parte dei produttori locali a
scegliere per i propri prodotti marchi di assonanza estera, spesso scritti in caratteri latini e non in
cirillico, tra i marchi più noti di questo tipo vi sono ad esempio Carlo Pazolini, TJ Collections,
Aragona, E-collection, Wind.
L’Italia resta il maggior fornitore in termini di valore delle merci esportate e va rafforzando la sua
posizione grazie al crescente favore dei consumatori russi per i prodotti di lusso e al diffondersi di
comportamenti di acquisto consumistici e ostentativi, soprattutto nelle grandi città. Dopo gli USA e
la Svizzera, la Russia è diventato il terzo Paese cliente dell’Italia, al di fuori dell’Europa. Germania
ed Austria seguono nella graduatoria dei maggiori esportatori. In generale i marchi europei
rappresentano circa 1/4 del totale delle vendite di calzature in Russia, mentre il resto delle
importazioni proviene dall’Asia e dal Nord-Africa.
5.5.7 Il mercato asiatico
5.5.7.1 Caratteristiche generali
Il consumo di calzature e di altri accessori in pelle si va espandendo ad un passo costante in tutto
il mercato asiatico. Le ragioni per le quali si può prevedere che l’espansione dei consumi di
calzature si svilupperà stabilmente anche nei prossimi anni sono molteplici.
La prima, che attiene ad un orizzonte di lungo periodo, è certamente il rapido espandersi nei
principali Paesi di un’ampia classe media di consumatori che adotta comportamenti di consumo,
gusti e consuetudini occidentali, in particolare in tutto quanto attiene alla sfera della moda e
dell’apprezzamento della qualità.
In secondo luogo, ed in una prospettiva di più breve termine, è il persistere, dopo la crisi finanziaria
della fine degli anni novanta, di un ciclo macroeconomico vivace che sostiene i redditi di tutti i
consumatori.
5.5.7.2 Le dimensioni del mercato
Il mercato delle calzature nella regione Asia-Pacifico è stimato da GIA di oltre 26 miliardi di Euro
nel 2006, pari a circa 3 miliardi di paia, con una previsione di crescita a oltre 32 miliardi di Euro
(agli attuali tassi di cambio) nel 2010. Il segmento casual è la componente principale del mercato,
pari a quasi 13 miliardi di Euro nel 2005 (2 miliardi di paia) e ha mostrato un progressivo
incremento della quota sul totale dei consumi negli ultimi 15 anni.
298
Tabella 21 – Il mercato asiatico delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in
quantità (paia)
anni
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Total
1991
1995
31.3
3.8
58.6
6.3
100.0
2005
30.1
3.6
60.1
6.2
100.0
28.4
3.6
61.9
6.1
100.0
Fonte: GIA
La regione Asia Pacifico è il mercato a più rapida crescita nel mondo, ma è anche la regione in cui
sono localizzati i maggiori produttori mondiali: Cina, India, Vietnam, Indonesia, Corea del Sud e
Taiwan. Questi ultimi tre Paesi hanno progressivamente ridotto il loro ruolo come produttori
mondiali a favore di Cina, India e Vietnam, che oggi presentano costi di produzione inferiori.
La Cina in Particolare è oggi leader mondiale incontrastato con volumi di esportazioni (quasi 6
miliardi di paia) dieci volte maggiori a quelli del secondo Paese, il Vietnam (420 milioni di paia).
5.5.7.3 Una nota sulle prospettive del mercato cinese
Quello cinese è oggi il mercato a più elevata crescita mondiale. E’ già uno dei maggiori mercati di
sbocco per le materie prime e i beni di investimento. E’ destinato a diventare nel giro di pochi
decenni anche il più grande mercato mondiale per i beni di consumo, e in realtà lo è già in parte
per i prodotti più economici e di qualità inferiore. Ad esempio, secondo alcune stime, il consumo
della Cina di calzature in plastica (quasi un miliardo di paia secondo uno studio del 2000)
rappresenta già i 2/3 dei consumi mondiali di calzature di plastica, la stragrande maggioranza delle
quali consumate dalle popolazioni rurali. Chiunque si avvicini al mercato cinese rischia di essere
soggetto a quello che potremmo chiamare effetto il Milione, ossia di essere abbagliato, come già
Marco Polo 750 anni fa, dalla larga scala dei numeri in gioco, in un Paese che da solo rappresenta
1/5 della popolazione mondiale, quasi 1,3 miliardi di consumatori. Non è però solo il fattore di scala
a rendere di non facile interpretazione il mercato cinese dei beni di consumo. La società cinese si
sta trasformando con una rapidità sconosciuta ai Paesi occidentali, e più rapidamente anche degli
altri Paesi emergenti.
Combinando le varie fonti disponibili, e misurando i fenomeni economici ai tassi di cambio correnti,
si può stimare che alla fine del 2004 il valore della spesa delle famiglie cinesi in beni di consumo
sia pari a circa 570 miliardi di Euro. Questa cifra è ancora pari soltanto al 3% del mercato mondiale
dei consumi delle famiglie ed è equivalente a poco meno di un decimo dei consumi americani o
europei, o al 70% dei consumi italiani, ed è circa uguale al volume dei consumi spagnoli.
Attualmente, poco meno del 40% della popolazione cinese vive all'interno di aree urbane, ma la
percentuale salirà al 50% tra il 2001 e il 2015. In media, ogni anno, la popolazione dell'insieme
delle grandi metropoli cinesi aumenta di 13 milioni di abitanti. Attualmente, il reddito medio di una
famiglia in un area urbana è circa il triplo di quello di una famiglia che abita in una zona rurale. La
classe dei consumatori, in senso occidentale, cioè i membri di quelle famiglie che possiedono un
reddito superiore a quello che copre i bisogni basici di vitto, alloggio e abbigliamento e possono
quindi disporre di una parte del loro reddito per spese voluttuarie, si trova quasi esclusivamente tra
gli abitanti delle grandi aree urbane. Tenendo conto del costo della vita nelle metropoli cinesi e
della sottovalutazione del cambio, si stima che la soglia che definisce l'appartenenza alla classe
urbana dei consumatori si collochi ad un reddito familiare tra i 4.000 Euro e i 4.500 Euro annui. Il
numero di famiglie che supera tale soglia è attualmente di circa 40 milioni, che con una media di
componenti per famiglia tra 3,2 e 3,3 individui significa circa 130 milioni di consumatori. La crescita
del numero di queste famiglie è molto rapida, e ci si attende che possano arrivare a circa 80 milioni
nel 2010, pari ad un numero di consumatori superiore ai 250 milioni.
299
Fino alla fine di questo decennio il fenomeno principale, per milioni di famiglie cinesi, sarà quello
della scoperta del consumo voluttuario, cioè del superamento della soglia che divide il reddito che
permette solo il consumo di base a quello che consente di disporre liberamente di una parte del
reddito per consumi non necessari, cioè il passaggio di quella soglia di 4.000-4.500 Euro annui
netti da tasse per famiglia sopra indicata.
Già dagli ultimi anni del decennio, tuttavia, comincerà a manifestarsi un secondo fenomeno, quello
della crescita dei redditi, che secondo gli standard cinesi si possono definire da classe media (da
4.500 a 10.000 Euro annui netti da tasse per famiglia). Nel 2005 le famiglie con questo reddito
sono ancora meno del 10%, ma nel 2015 supereranno il 21% e conteranno per quasi il 28% del
reddito delle famiglie urbane. In termini assoluti questo gruppo di consumatori spenderà oltre 380
miliardi di Euro in beni di consumo, una cifra circa pari al totale dei consumi attuali della Spagna.
Se alle spese della classe media si aggiungono quelle dei nuovi consumatori (consumo
voluttuario) si arriva ad un totale di circa 900 miliardi di Euro, una cifra superiore al consumo
attuale totale delle famiglie italiane.
Figura 34 – Composizione per tipologia di reddito delle famiglie urbane in Cina
100%
Elite internaz.
75%
Benestanti
Classe media
50%
Consumo
voluttuario
25%
Sussistenza
0%
1985
1995
2005
2015
2025
Fonte: elaborazioni Hermes lab su National Statistics Bureau of China e McKinsey
Se si estende ulteriormente l'orizzonte, fino al 2025, le cifre diventano ancora più consistenti: ai
tassi di cambio attuali, i consumi della classe media superano i 1.400 miliardi di Euro, una cifra
superiore agli attuali consumi dell'intera popolazione tedesca.
Alcuni primi indicatori si avvertono già anche sul mercato delle calzature, ad esempio la crescita
della quota delle calzature di maggiore qualità, quelle con tomaia in pelle, che in dieci anni sono
passate dal 9% al 35% del totale dei consumi della popolazione urbana. Il consumo di calzature di
fascia media e medio alta, che possono essere paragonabili a quelle tipiche dei modelli di
consumo occidentali, è cresciuto a tassi vicini al 30% all’anno tra il 2000 e il 2005 secondo un
rapporto di China International Capital. Il mercato si va inoltre caratterizzando anche per la
presenza di grandi catene specializzate, come ad esempio Belle, un gruppo specializzato nelle
calzature femminili con oltre 3.800 punti vendita in tutta la Cina. Il basso consumo pro-capite di
calzature in Cina che è pari a 2,3 paia annue, ancora inferiore a quello di Corea (3,9) e di Hong
Kong, caratterizzata da modelli occidentali (5,3 paia pro-capite) mostra quanto ampi siano ancora i
margini di crescita nel medio periodo.
300
I valori soglia utilizzati per la definizione delle tipologie di famiglie consumatrici meritano una breve
osservazione sui tassi di cambio dello Yuan. Un reddito di 10.000 Euro a famiglia è certamente da
considerarsi molto basso, secondo il metro europeo o americano, per definire una famiglia come
appartenente alla classe media. Si deve tuttavia tenere conto del fatto che il potere d'acquisto di
un Euro in Cina è molto maggiore di quello dello stesso Euro in Europa. In termini economici, ciò
equivale a dire che i tassi di cambio correnti non riflettono il principio della Parità del Potere
d'Acquisto tra le monete e lo Yuan sarebbe sottovalutato. Secondo la Banca Mondiale tra il tasso
di cambio corrente tra Yuan e dollaro e quello che garantisce la parità del potere d'acquisto c'è un
rapporto circa di 1 a 4. In Cina cioè 10.000 dollari hanno un potere d'acquisto pari a circa 40.000
dollari negli Stati Uniti. Ciò ha anche come conseguenza il fatto che se nell'arco di tempo sopra
considerato, di quasi vent'anni, il tasso di cambio Yuan/€ o Yuan/$ si muovesse verso il valore di
Parità del Potere d'Acquisto, le cifre in Euro sopra riportate, che misurano il volume di spesa in
consumi della classe media, andrebbero moltiplicate per quattro.
Il rapido ritmo di invecchiamento della popolazione cinese non modificherà, per i prossimi 20-30
anni, il fatto che i consumi della classe media emergente saranno realizzati da consumatori tra i 25
e i 40 anni, mediamente più giovani rispetto agli standard europei e soprattutto italiani, in cui i
percettori di redditi elevati sono più spostati verso i 45-50 anni. L'emergere della classe media
metterà in secondo piano la categoria di consumatori a cui oggi le imprese occidentali si rivolgono
principalmente, quella della elite internazionale e quella dei benestanti, che anche nel 2025 non
supereranno il numero di 40 milioni di famiglie. Un numero pur elevato (oltre 100 milioni di
consumatori) ma che complessivamente rappresenta una frazione intorno al 10% del complesso
dei consumi delle famiglie urbanizzate, e meno della metà (il 40%) della spesa complessiva della
classe media.
Questo segmento di consumatori, i principali consumatori di beni di lusso e dal prezzo molto
elevato, resterà importante per molte imprese italiane ed europee, in particolare per le imprese
della moda e dell’industria delle calzature, che anche sui mercati occidentali si rivolgono a mercati
di nicchia, o per le imprese che offrono servizi finanziari e di wealth management.
Il mercato di maggior dimensione e a più rapida crescita sarà tuttavia quello della classe media (e
fino al 2010 soprattutto quello dei nuovi consumatori nella estremità più bassa dei redditi della
classe media). Questi consumatori, diversamente da quelli dell'elite internazionale e dai
benestanti, resteranno estremamente attenti al prezzo dei prodotti acquistati che dovrà essere
cinese più che europeo. In altre parole questi consumatori, che apprezzano l'immagine, lo stile e la
qualità occidentale, mostreranno una preferenza per quei beni, che pur conservando gran parte di
quelle caratteristiche europee saranno prodotti in Cina, e presenteranno, appunto, prezzi di tipo
cinese.
E' interessante osservare che queste previsioni sullo sviluppo della struttura del consumo in Cina
nei prossimi decenni disegnano un'evoluzione della struttura sociale radicalmente diversa da
quella che è prevalsa in altri Paesi emergenti che hanno avviato una fase di rapido sviluppo
economico. Generalmente queste fasi di intensa crescita nei Paesi emergenti si accompagnano ad
una crescente polarizzazione della ricchezza, dei redditi e dei consumi, con una ristretta elite di
popolazione che resta per molto tempo la protagonista assoluta del mercato dei beni di consumo.
In Cina al contrario la società sembra evolversi in una direzione più simile a quella che caratterizza
la struttura sociale attuale dei paesi occidentali di prima industrializzazione. Una struttura meno
polarizzata, più egualitaria con una diffusa classe media.
5.5.8 Il mercato giapponese
5.5.8.1 Le dimensioni del mercato
La dimensione del mercato giapponese delle calzature è stimata a 7,4 miliardi di Euro, a prezzi al
dettaglio, nel 2006. Nel 2005 il segmento più importante è quello del casual con oltre il 43% del
mercato, mentre il segmento formale supera di poco il 12%, con una velocità di crescita negli ultimi
cinque anni leggermente inferiore alla media.
301
Tabella 22 – Il mercato giapponese delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati
in valore
Anni
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Total
2001
2005
40.7%
4.6%
41.8%
12.8%
100.0%
39.5%
4.4%
43.6%
12.4%
100.0%
Fonte: GIA
Si stima che il mercato delle calzature formali generi ricavi, a prezzi al dettaglio, pari a circa 800
milioni di Euro. Come nella maggior parte degli altri mercati extraeuropei le esportazioni italiane di
calzature verso il Giappone riguardano soprattutto calzature di lusso. I giapponesi mostrano un
particolare apprezzamento per le calzature italiane, tra i primi 5 marchi del lusso, per vendite sul
mercato giapponese 3 sono italiani: Ferragamo al primo posto con una quota di mercato del 3,5%
sul segmento lusso, Prada al terzo posto e Gucci al quarto. Gli altri due posti tra i primi cinque
sono occupati dalla svizzera Bally al secondo posto e da Louis Vuitton al quinto.
5.5.8.2 La struttura distributiva
La struttura distributiva giapponese nel mercato delle calzature è estremamente concentrata e
dominata da distributori della categoria discount. Le principali catene del settore hanno una
attenzione quasi nulla al merchandising e al servizio al cliente che si trova abitualmente circondato
da vere e proprie cataste di prodotti disposti in modo disordinato.
La catena discount Chiyoda è l’attore largamente dominante del mercato, con oltre 1.200 negozi e
una quota di circa il 12% del mercato totale. Il posizionamento di mercato di Chiyoda è: grandi
quantitativi, prezzi bassi, negozi fuori dalle città e lungo le arterie di traffico che attirano i
consumatori interessati al prezzo e poco attenti alla qualità, secondo i tipici format e le politiche di
prodotto dei discount. La fonte di approvvigionamento sono i Paesi asiatici a basso costo ed in
primo luogo la Cina. Il grande successo di Chiyoda negli ultimi anni si è scontrato con un calo dei
profitti che ha comportato una riduzione di punti vendita al fine di razionalizzare la rete.
Al secondo posto per volumi di vendita si trova ABC Mart, controllata dalla grande Trading
Company ITC (International Trading Corporation), ha una dimensione di circa un quarto del leader
Chiyoda, ma è in forte crescita e sta riducendo la distanza. E’ una catena nota soprattutto per la
vendita di sneakers, che si è fatta un nome grazie alla licenza di marchi americani come GT
Hawkins e Vans. La strategia di ABC è di operare sul mercato dei prodotti a prezzo contenuto:
scarpe economiche ma più riconoscibili e alla moda di quelle del leader Chiyoda. Attualmente, il
30% circa degli articoli ABC Mart hanno un marchio proprio (private label della catena) e non
derivano dalle attività di trading della casa madre ITC che rappresenta invece ancora il restante
70% e che è costituito dalle più famose marche di sneakers prevalentemente americane. Negli
ultimi anni, ABC Mart ha avviato una strategia di diversificazione sperimentando nuovi format
distributivi, con l’insegna Nuovo, che è specializzata nelle calzature da donna con un target più
mirato: donne fra 20 e 30 anni attente alla moda e alla dimensione estetica. I prodotti in vendita
sono per oltre la metà marchi private label di ABC stessa con linee di décolleté classiche, stivali,
sandali e altri modelli di tendenza. I prezzi restano ragionevoli e compresi in media fra 3.900 e
5.900 yen (tra i 24 ed i 36 euro ca.). Il restante 40% delle vendite proviene da marchi più noti come
Adidas by Stella McCartney, ed altri. I prezzi sono ancora ragionevoli a circa 10.000 yen (circa 70
Euro).
302
La terza catena, con 330 negozi è Onezone, che è stata acquisita nel 2005 dal gruppo distributivo
FirstRetailing, che possiede una estesa rete vendita nell’abbigliamento.
La quarta catena di calzature in ordine di importanza nel paese, con circa 100 punti vendita, è
NuStep che fa parte di Aeon, una multinazionale giapponese della distribuzione che fattura
complessivamente 30 miliardi di Euro, principalmente ubicata in shopping center.
Nel 2005, soltanto un quarto delle principali 100 catene di calzature ha aumentato le vendite,
mentre soltanto sette delle ultime 50 hanno registrato una qualche crescita. Secondo gli analisti del
settore, la tendenza è ad un ulteriore aumento della già elevata concentrazione distributiva del
settore: entro il 2010, la grande distribuzione di calzature potrebbe essere nelle mani di tre sole
società: Chiyoda, ABC Mart, e NuStep, con One Zone come possibile contendente.
Tabella 23 – I primi 10 retailer di calzature in Giappone. 2002
milioni di €
% su totale
mercato
% su primi 50
1 018
259
246
214
149
122
114
107
102
102
12%
3%
3%
2%
2%
1%
1%
1%
1%
1%
28.6%
7.3%
6.9%
6.0%
4.2%
3.4%
3.2%
3.0%
2.9%
2.9%
1 Chiyoda
2 ABC Mart
3 One Zone
4 Nustep
5 Fit House
6 Kanematsu
7 Washington Kutsuten (Tokyo)
8 Akakura
9 Diana
10 Cordoba
Fonte: ICE Tokio
5.5.8.3 L’interscambio commerciale con l’estero del Giappone
Il Giappone è un forte importatore di calzature (oltre 3 miliardi di Euro), con un export pressoché
nullo (meno di 50 milioni di Euro nel 2006) la bilancia commerciale è quindi largamente deficitaria.
Le calzature con tomaia in pelle rappresentano una quota minore delle importazioni (meno del
30%). Tra il 2000 e il 2006 l’interscambio complessivo del Giappone ha mantenuto una sostanziale
stabilità. Le esportazioni sono dirette per oltre il 70% verso Hong Kong, Cina e Taiwan.
Tabella 24 – Giappone: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro
2000
Import
Calzature
Di cui con tomaia in pelle
2006
Export
Saldo
Import
Export
Saldo
3.169
53
-3.116
3.044
46
-2.998
804
17
-787
830
9
-821
Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone
303
Tabella 25 – Giappone: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
TOTALE EXPORT
Hong Kong
Mln. Euro
%
45.5
100%
16.1
Cina
11.3
Taiwan
5.1
Corea
4.6
Singapore
1.7
U.S.A.
1.3
Italia
0.9
Viet Nam
0.6
Indonesia
Filippine
Di cui calzature con tomaia in pelle
0.6
0.6
35%
25%
11%
10%
4%
3%
2%
1%
1%
1%
TOTALE EXPORT
Hong Kong
Taiwan
Corea
Cina
Italia
U.S.A.
Singapore
Francia
Regno Unito
Filippine
Mln. Euro
%
9.5
100%
3.6
38%
1.6
16%
1.3
14%
0.6
7%
0.6
7%
0.5
5%
0.3
4%
0.1
2%
0.1
1%
0.1
1%
Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone
La Cina domina l’import del Giappone con il 70% del totale. L’Italia è al secondo posto con il 9%.
Rispetto al 2000 la quota della Cina su totale delle importazioni è aumentata del 5%, quella
dell’Italia è invece rimasta pressoché stabile con una leggera riduzione di mezzo punto
percentuale. In cifra assoluta le importazioni dall’Italia sono diminuite del 9% nei 6 anni.
La crescita della Cina è avvenuta a scapito di altri Paesi fornitori, sono infatti crollate le
importazioni dalla Corea e dagli USA. Sono invece in crescita il Vietnam e la Cambogia.
Tabella 26 – Giappone: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e %
Totale calzature
TOTALE IMPORT
Cina
Italia
Viet Nam
Indonesia
Cambogia
Tailandia
Myanmar
Spagna
Germania
Bangladesh
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
%
3.044
100%
2.137
269
127
94
83
44
32
30
30
24
70%
9%
4%
3%
3%
1%
1%
1%
1%
1%
TOTALE IMPORT
Cina
Italia
Cambogia
Viet Nam
Indonesia
Myanmar
Bangladesh
Spagna
U.S.A.
Germania
Mln. Euro
%
830
100%
249
30%
223
27%
80
10%
56
7%
31
4%
30
4%
24
3%
23
3%
17
2%
15
2%
Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone
Le importazioni di calzature in pelle sono meno concentrate, per la presenza meno dominante
della Cina, che anche in questo caso è il fornitore più importante con una quota del 30%. L’Italia è
304
al secondo posto con una quota (27%) molto vicina a quella cinese. Tra il 2000 e il 2006 la
posizione dell’Italia è molto migliorata: in sei anni la sua quota è cresciuta di 2 punti percentuali
(era il 25% nel 2000) mentre quella della Cina è diminuita. E’ in crescita anche la quota delle
Cambogia, che ha superato gli USA.
5.5.9 Il mercato americano
5.5.9.1 Le dimensioni del mercato
Il mercato americano è il più grande mercato mondiale per le calzature. Si stima che il suo valore
sia al 2005 di circa 45 miliardi di dollari, pari a circa 34,5 miliardi di Euro, che corrispondono a circa
1,8-2 miliardi di paia.
E’ anche un mercato molto concentrato, in cui la larga parte delle vendite è concentrata nelle mani
di pochi grandi distributori.
Tabella 27 – Il mercato USA delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in
valore e numero di paia
In numero paia
anni
In valore
2001
2005
2001
2005
27%
29%
42%
44%
3%
3%
5%
4%
61%
59%
42%
41%
8%
8%
11%
11%
100%
100%
100%
100%
Segmento
Athletic
Outdoor
Casual
Formale
Total
Fonte: GIA
Le componenti più dinamiche del mercato americano sono:
- I consumatori metropolitani, prevalentemente giovani ed attenti alla moda. Una componente
importante sia per numero sia per la capacità di influenzare complessivamente i
comportamenti giovanili è quella della cultura Hip-hop. La cultura Hip-hop trova le sue origini
negli anni cinquanta, ma è solo negli anni novanta che emerge come uno dei fenomeni più
importanti tra le subculture giovanili e metropolitane. Coinvolge giovani di differenti gruppi
etnici, di cui circa metà bianche e la restante prevalentemente afro-americani ed ispanici. La
loro influenza sulle mode giovanili nell’abbigliamento e in misura particolarmente rilevante nelle
calzature è molto forte. Marchi come Tommy Hilfiger, Nautica e Gianni Versace sono molto
popolari tra questi consumatori. Abbigliamento e calzature sportive sono una delle componenti
preferite e spesso i gusti degli hip-hoppers sono una importante fonte di ispirazione per i
disegners di abbigliamento e calzature sportive.
- Le comunità delle minoranze etniche, in particolare di quelle ispaniche e afro-americane e
asiatiche. Questo mercato rappresenta negli USA circa 85 milioni di consumatori, cresciuti di
oltre 16 milioni di unità tra il 1995 e il 2005, contro un crescita della popolazione bianca di circa
6 milioni di unità nello stesso periodo. Il potere d’acquisto complessivo delle minoranze etniche
è stimato in oltre 600 miliardi di dollari. La spesa pro-capite in calzature di questi consumatori è
305
-
-
stimata essere superiore a quella media. L’importanza di questi mercati è testimoniato dalla
crescente presenza di campagne di marketing e pubblicitarie specificamente mirate a queste
comunità.
I cosiddetti cacciatori di occasioni (bargain hunters), pronti a muoversi alla ricerca di negozi a
buon prezzo, ad affrontare lunghe code quando i negozi offrono svendite, ad accontentarsi dei
colori o dei modelli a prezzi ribassati;
I consumatori smaliziati (value shoppers), una categoria di consumatori in rapida crescita
caratterizzati da elevati livelli di consumo pro-capite, elevata competenza riguardo ai prodotti,
consapevoli delle caratteristiche che richiedono ai prodotti e in grado di giudicarne l’effettivo
valore. Scelgono non in base all’insegna del negozio o al marchio del prodotto, ma alla sua
qualità, intrinseca o legata al fattore moda. Acquistano una quota elevata di prodotti nei
discount, negli spacci o presso gli stocchisti (si veda più sotto per la definizione di stocchista).
5.5.9.2 La struttura distributiva
Il mercato americano è fortemente concentrato: le prime 10 insegne commerciali contano per oltre
1/3 del mercato. Tra queste le più importanti sono:
Wal-Mart Storse
Il gigante della distribuzione Americana, realizza oltre 350 miliardi di dollari di ricavi all’anno con
1,9 milioni di dipendenti in 7.000 punti vendita di grande superficie, che seguono la formula degli
ipermercati, in molti paesi del mondo, è il maggior canale distributivo per le calzature. Da solo WalMart rappresenta oltre il 7% del valore delle vendite di calzature negli USA.
Payless ShoeSource
E’ una catena specializzata in calzature per tutta la famiglia. Fondata nel 1956 è oggi un network di
oltre 4.500 negozi, la maggior parte dei quali negli Stati Uniti, ma con presenza anche in centro e
sud America. Nel 2006 ha registrato ricavi per circa 3 miliardi di dollari e venduto circa 180 milioni
di paia di scarpe. Payless rappresenta circa il 5% del mercato americano delle calzature.
Federated Department Stores
Se Wal-Mart è il più importante attore tra le catene di ipermercati e Payless lo è tra gli specializzati,
Federated è la più importante catena americana di grandi magazzini. Le due principali insegne
commerciali del gruppo sono Macy’s e Bloomingdale’s. I ricavi complessivi annui nel 2006 sono
stati 27 miliardi di dollari realizzati nell’abbigliamento, accessori per la casa, calzature e cosmetici,
di cui le calzature rappresentano poco più del 10%. La quota di Federated sul mercato delle
calzature americano è di poco inferiore al 5%.
FootLocker
E’ una catena specializzata in calzature ed abbigliamento sportivo, che conta circa 4.000 negozi in
20 paesi con un fatturato complessivo di poco meno di 5 miliardi di dollari, di cui 4 miliardi negli
Stati Uniti, dei quali la metà circa in calzature corrispondenti ad una quota di mercato di poco
superiore al 3,5%.
Il peso della grande distribuzione organizzata lascia poco spazio al dettaglio indipendente e alle
altre forme distributive. La grande distribuzione rappresenta infatti oltre 2/3 delle vendite di
calzature negli USA; i negozi indipendenti (di calzature + abbigliamento) contano insieme per circa
il 10%; la stessa quota è rappresentata dal canale degli stocchisti, più diffuso negli USA che in
Europa). Si può quindi stimare la quota di mercato complessivamente detenuta da negozi
indipendenti, includendovi le piccole catene, intorno al 20%.
La dimensione media di un negozio indipendente è di circa 900 mila dollari di ricavi annui, con un
numero di dipendenti medio di 6,5 unità, con una tendenza ad aumentare la quota delle vendite a
libero servizio (senza l’assistenza dei commessi di negozio) e quindi ad una riduzione del numero
di addetti medio per negozio e un aumento delle vendite per addetto.
I negozi indipendenti sono focalizzati sulle fasce alte e medio alte del mercato. Secondo una
306
recente ricerca della Associazione americana dei negozianti di calzature, il prezzo medio di un
paio di calzature venduto nei negozi indipendenti è di 87 dollari, contro i circa 29 dollari medi.
Le vendite per corrispondenza occupano una buona quota di mercato, vicina al 7%. Non del tutto
irrilevante, e in crescita, è il canale delle vendite via internet, che sommato al canale delle vendite
per corrispondenza porta questa tipologia di acquisto a distanza all’8%.
Figura 35 – La struttura della distribuzione di calzature negli USA. 2005
Negozi indipendenti
4%
Spacci Internet
1%
2%
Per corrispondenza
7%
Catene e Grandi
Magazzini
32%
Negozi di
abbigliamento
8%
Stocchisti (*)
10%
Grandi
sup.specializzate
13%
Discount
23%
(*) Il canale degli stocchisti (off-price store) è particolarmente importante nel mercato dell’abbigliamento e delle calzature
negli USA. Questo canale ha caratteristiche simili a quello degli spacci (outlet) ma in questo caso i negozi non sono di
proprietà dell’azienda produttrice. In genere, si riforniscono della merce in eccesso dai grandi magazzini (prodotti di
marca e di elevata qualità) e li rivendono a prezzi fortemente scontati. Esempi di off-price store negli USA sono
Marshall's and T.J. Maxx.
Fonte: GIA
I segmenti del mercato a più basso prezzo, in particolare gli stocchisti e i discount, crescono ad
una velocità maggiore della media. Secondo uno studio della società di ricerche di mercato NPD
Fashionworld, ad esempio, nel 2005 la crescita delle vendite in questi segmenti è stata di quasi il
20%, contro il 6,5% complessivo del mercato.
Questa generale tendenza dei consumatori, che deriva non solo da una minore propensione a
spendere, quanto da un approccio più maturo ed informato agli acquisti, ha avviato un processo di
rapida trasformazione del mercato, con effetti negativi sui canali distributivi indipendenti.
307
5.5.9.3 L’interscambio commerciale con l’estero degli USA
Il fenomeno più importante che ha trasformato nel medio-lungo termine il mercato americano è
però stata la crescita delle importazioni, che in 20 anni ha completamente spiazzato la produzione
americana. Il fenomeno è più accentuato che in Europa.
Nel 1970 oltre 3/4 dei consumi americani di calzature erano soddisfatti da produzione nazionale
(Figura 36), nel 1980 questa quota era già scesa sotto il 50% e nel 2000 sotto il 5%.
Figura 36 – Origine delle calzature consumate negli USA. % su dati in numero di paia:
importazione e produzione interna. 1970-2004
100%
21.4
75%
50.9
importazioni
85.9
95.3
50%
98.4
produzione
americana
78.6
25%
49.1
14.1
4.7
0%
1970
1980
1990
2000
2004
Fonte: American Apparel and Footwear Association
Gli USA sono dunque un forte importatore di calzature (oltre 15 miliardi di Euro), con un export che
invece è di gran lunga inferiore, 500 milioni di Euro nel 2005, che non raggiunge il 4% dell’import in
valore. La bilancia commerciale è quindi largamente deficitaria. Le calzature con tomaia in pelle
rappresentano una quota molto importante delle importazioni (oltre il 60%), ma contano per meno
di un terzo (29%) delle esportazioni. La riduzione dei valori sia di import che di export espressi in
Euro (Tabella 28) dipende dalla forte rivalutazione dell’Euro nei confronti del Dollaro (+43%) che si
è verificata durante i cinque anni intercorsi tra il 2001 e il 2005: in questo periodo, se misurate in
Euro, le esportazioni americane sono diminuite del 18,1%; misurate invece in dollari sono
aumentate del 18,0%.
308
Tabella 28 – USA: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro
Import
Calzature
Di cui con tomaia in pelle
18.848
11.420
2001
Export
Saldo
Import
2005
Export
Saldo
949
239
-17.899
-11.181
15.460
9.466
594
172
-14.866
-9.294
Fonte: US Department of Commerce
Il principale mercato di sbocco per le calzature americane è il Canada, con il 49% del totale. I
Paesi che seguono in graduatoria non raggiungono singolarmente il 10%.
Per quanto riguarda le calzature in pelle, i primi 3 Paesi clienti assorbono il 62% del totale, i primi
10 l’80%. La prima posizione è occupata dal Canada con il 49%. Gli altri Paesi hanno quote ben
più modeste: il Giappone, che è al secondo posto, ha solo l’8%.
Tabella 29 – USA: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2005. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
TOTALE EXPORT
594
Canada
179
Messico
42
Hong Kong
41
Cina
34
Rep. Dominicana
30
Giappone
26
Viet Nam
25
Paesi Bassi
19
Corea
19
Regno Unito
18
%
100%
30%
7%
7%
6%
5%
4%
4%
3%
3%
3%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
TOTALE EXPORT
172
Canada
84
Giappone
14
Hong Kong
9
Paesi Bassi
8
Regno Unito
6
Corea
5
Messico
4
Mozambico
3
Italia
2
Francia
2
%
100%
49%
8%
5%
5%
4%
3%
2%
2%
1%
1%
Fonte: US Department of Commerce
Dalla Cina provengono quasi i tre quarti delle importazioni americane. La crescita della Cina è
stata molto rapida: nel 1990 le importazioni di calzature dalla Cina erano pari a circa 1,5 miliardi e
si sono decuplicate raggiungendo i 12,6 miliardi di dollari nel 2005 (pari a 11 miliardi di Euro)
(Figura 30).
L’Italia occupa la seconda posizione, con il 6% delle calzature esportate negli USA, il Brasile è il
terzo Paese fornitore con una quota molto vicina a quella italiana.
La posizione della Cina è dominante anche nelle calzature in pelle (65% del totale delle
importazioni), mentre l’Italia è al terzo posto dopo il Brasile. Sia il Brasile che l’Italia hanno perso
quote tra il 2001 e il 2005 (entrambi circa tre punti e mezzo) mentre ha guadagnato la Cina.
309
Tabella 30 – USA: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2005. Milioni di Euro e %
Totale calzature
Mln. Euro
TOTALE IMPORT
15.460
Cina
11.003
Italia
962
Brasile
876
Viet Nam
629
Indonesia
452
Tailandia
259
Messico
204
Spagna
163
India
123
Rep. Dominicana
117
%
100%
71%
6%
6%
4%
3%
2%
1%
1%
1%
1%
Di cui calzature con tomaia in pelle
Mln. Euro
TOTALE IMPORT
9.466
China
6.115
Brasile
787
Italia
756
Viet Nam
421
Indonesia
345
Tailandia
166
Messico
152
Spagna
123
India
116
Rep. Dominicana
57
%
100%
65%
8%
8%
4%
4%
2%
2%
1%
1%
1%
Fonte: US Department of Commerce
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BIBLIOGRAFIA
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http://www.ice.it/lifestyle/moda2.htm?newsletter_moda
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http://www.itint.gov.it/ice/cda/doc/selezionare_mercato.pdf
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http://www.strategyr.com/
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Eu 25
http://ec.europa.eu/enterprise/footwear/index_en.htm
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http://www.euromonitor.com/
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http://www.census.gov/ipc/www/idb/
Satra Technology Centre, World Footwear Markets
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http://www.satra.co.uk/
ISTAT, Banca dati del commercio estero Coeweb
http://www.coeweb.istat.it/
Altri siti utili:
http://www.shoeinfonet.com/
http://www.shoelinks.com/
http://www.worldshoe.com/
http://www.hermeslab.it/
312
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Capitolo 5 Il mercato calzaturiero: le caratteristiche del mercato