Capitolo 5 Il mercato calzaturiero: le caratteristiche del mercato italiano e la dimensione e l’attrattività dei principali mercati internazionali. Pag.247 5.1 Introduzione Pag.248 5.1.1 I mercati come puzzle: segmenti e nicchie 5.1.2 La natura ibrida dell’industria della moda 5.2 Il mercato delle calzature, criteri di segmentazione e macrotends 5.2.1 Fattori demografici 5.2.1.1 La segmentazione per genere 5.2.1.2 La segmentazione per età 5.2.2 Tendenze culturali e sociali 5.2.2.1 Il fattore Moda 5.2.2.2 Da formale a casual 5.2.2.3 Il salutismo 5.2.3 La stagionalità del mercato 5.3 Il sistema distributivo 5.3.1 La struttura dei canali distributivi 5.3.2 Le principali formule distributive 5.3.2.1 Il dettaglio indipendente specializzato 5.3.2.2 Le catene di negozi 5.3.2.3 I grandi magazzini 5.3.2.4 Le grandi superfici specializzate 5.4 Il mercato italiano 5.4.1 Le dimensioni del mercato 5.4.2 La struttura distributiva 5.4.3 Le importazioni 5.4.4 Le esportazioni Pag.248 Pag.248 Pag.249 Pag.250 Pag.250 Pag.252 Pag.254 Pag.254 Pag.255 Pag.255 Pag.255 Pag.257 Pag.257 Pag.259 Pag.259 Pag.259 Pag.261 Pag.262 Pag.263 Pag.263 Pag.266 Pag.267 Pag.269 5.5 I mercati internazionali: guida alla selezione e informazioni di base sul consumo e l’interscambio di calzature nei principali paesi Pag.272 5.5.1 Un mercato globalizzato 5.5.2 Metodologie di selezione dei mercati 5.5.2.1 Capitalizzare le esperienze precedenti 5.5.2.2 Imitazione dei concorrenti 5.5.2.3 La valutazione strutturata dell’attrattività 1. Il quadro macroeconomico 5.5.2.4 La valutazione strutturata dell’attrattività 2. Le tendenze specifiche del prodotto e i comportamenti del consumatore 5.5.2.5 La valutazione strutturata dell’attrattività 3. Le competenze dell’impresa per i nuovi mercati. Il grado di coinvolgimento e di ricuperabilità dei costi e degli investimenti necessari al piano di penetrazione 5.5.2.6 La valutazione di insieme e il quadro logico del piano di penetrazione commerciale 5.5.3 Il mercato europeo 5.5.3.1 Le dimensioni del mercato 5.5.3.2 L’Unione Europea 5.5.3.3 L’est Europa 5.5.3.4 Le importazioni 5.5.4 Il mercato tedesco 5.5.4.1 Le dimensioni del mercato 5.5.4.2 La struttura distributiva 5.5.4.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Germania 5.5.5 Il mercato francese 5.5.5.1 Le dimensioni del mercato 5.5.5.2 La struttura distributiva 5.5.5.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Francia 5.5.6 I mercati emergenti europei: la Russia 5.5.7 Il mercato asiatico 5.5.7.1 Caratteristiche generali 5.5.7.2 Le dimensioni del mercato 5.5.7.3 Una nota sulle prospettive del mercato cinese 5.5.8 Il mercato giapponese 5.5.8.1 Le dimensioni del mercato 5.5.8.2 La struttura distributiva 5.5.8.3 L’interscambio commerciale con l’estero del Giappone 5.5.9 Il mercato americano 5.5.9.1 Le dimensioni del mercato 5.5.9.2 La struttura distributiva 5.5.9.3 L’interscambio commerciale con l’estero degli USA Bibliografia Pag.272 Pag.274 Pag.275 Pag.275 Pag.276 Pag.277 Pag.277 Pag.278 Pag.281 Pag.281 Pag.282 Pag.284 Pag.284 Pag.286 Pag.286 Pag.287 Pag.288 Pag.290 Pag.290 Pag.292 Pag.293 Pag.295 Pag.298 Pag.298 Pag.298 Pag.299 Pag.301 Pag.301 Pag.302 Pag.303 Pag.305 Pag.305 Pag.306 Pag.308 Pag.311 Capitolo 5 Il mercato calzaturiero: le caratteristiche del mercato italiano e la dimensione e l’attrattività dei principali mercati internazionali. A cura di Hermes lab1 1 Alla realizzazione del capitolo hanno collaborato principalmente Marco Ricchetti e Paolo Rossi. 247 5.1 Introduzione 5.1.1 I mercati come puzzle: segmenti e nicchie Il mercato a cui si rivolge l’insieme delle imprese appartenenti ad un settore esprime generalmente una domanda di beni e servizi non perfettamente omogenea, in particolare quando i prodotti sono, come le calzature, beni di consumo e presentano possibilità di differenziazione ampie e numerose. I prodotti realizzati da uno stesso settore, cioè, possono essere molto diversi tra loro, in relazione alla diversità e alla varietà dei consumatori a cui le imprese si rivolgono. Queste diversità, il grado di eterogeneità dei prodotti, possono essere minori o configurare veri e propri segmenti e nicchie che dividono il mercato in aree tra cui esistono barriere che rendono per un’impresa costoso o non conveniente servire più segmenti o passare da un segmento all’altro. L’analisi della domanda di calzature ha tra i suoi compiti quello di studiare il comportamento dei consumatori nei riguardi dei prodotti del settore per identificare i segmenti in cui si divide il mercato. In particolare la domanda rilevante per un impresa è raramente l’insieme della domanda del settore, generalmente riguarda uno o più segmenti del mercato. Un segmento di mercato è un sottoinsieme distinto di clienti di un settore, omogeneo al suo interno, ma disomogeneo rispetto ai clienti di altri segmenti. La diversità dei clienti tra i segmenti si traduce in una disomogeneità dei prodotti venduti sui diversi segmenti ed anche in diverse tattiche e strategie di marketing. Un segmento è cioè un’area di consumo che mostra caratteristiche di omogeneità al proprio interno e rappresenta, per così dire, un sub-mercato, all’interno del generale mercato del settore. All’interno del segmento, i comportamenti di acquisto dei consumatori e il loro atteggiamento verso il prodotto sono omogenei. La omogeneità dei prodotti all’interno del segmento tende a omogeneizzare anche i processi produttivi delle imprese che vi operano. L’individuazione di una segmentazione del mercato può avvenire attraverso una pluralità di caratteristiche della domanda, per esempio demografiche, sociologiche o psicografiche dei consumatori, oppure con riferimento alle funzioni d’uso dei prodotti, o ancora per caratteristiche merceologiche dei prodotti, o il loro prezzo, etc. In particolare una distinzione importante, ma di difficile realizzazione sul piano operativo, è la distinzione per contenuto moda e per stile di vita del consumatore. La segmentazione per intensità del contenuto moda, in particolare introduce una nuovo ed importante fattore, quello della difficile prevedibilità del mercato e dell’elevato rischio connesso alla introduzione di nuovi modelli e prodotti. 5.1.2 La natura ibrida dell’industria della moda Quando un nuovo prodotto, ad esempio un modello di automobile come la nuova Fiat 500, riproduce esplicitamente la linea del famoso modello precedente, riconosciuto (e valorizzato) come un’icona popolare densa di significati evocativi (l'esperienza della prima motorizzazione, un avvenimento che fa parte del vissuto collettivo di milioni di italiani) ci si trova di fronte ad un prodotto industriale che incorpora non solo le caratteristiche tecnologiche di un’auto più o meno comune a tutte le auto di quella categoria, ma anche i valori "culturali", unici e definiti dall'estetica e dal linguaggio simbolico di quello specifico modello, che costituiscono il retroterra del pubblico (o almeno di una sua parte). Una parte dei beni di consumo ha valore per il consumatore soprattutto, o esclusivamente per le sue caratteristiche funzionali specifiche (si pensi ad esempio ad un medicinale come l’Aspirina, in cui l’acido acetilsalicilico ha la specifica funzione di attenuare i dolori), ma nella moderna economia post-industriale, una parte molto ampia di essi, molto più ampia di quanto comunemente si ritenga, ha per il consumatore un valore che travalica di molto le sue funzioni (ad esempio, coprire, riscaldare, muoversi ad una certa velocità, misurare il tempo, calcolare, trasmettere la voce o 248 trasportare), estendendosi a funzioni semantiche, di rappresentazione ed emotive. I prodotti si trovano cioè a condividere due nature, la prima legata alla loro funzionalità materiale, la seconda ad una funzionalità immateriale. Il consumo di vestiti e calzature è un perfetto esempio, tra i più avanzati, di questa natura ibrida, in cui convergono gli aspetti funzionali del vestire (coprire, proteggere, contenere) e quelli attinenti alla sfera della formazione e affermazione dell’identità individuale. Nell’epoca dei consumi di massa la dialettica tra le due anime dei prodotti produce fenomeni di grande rilevanza economica, il più importante dei quali è stato l’affermarsi su ampia scala e su un orizzonte internazionale di un mercato, quello dei consumi di moda, in cui il valore economico dell’informazione veicolata dall’abito, dagli accessori, dalle calzature può essere pari o superiore a quello del supporto materiale (il tessuto, la pelle) che la trasporta. Al processo industriale manifatturiero, che determina le caratteristiche funzionali dei prodotti, l’industria della moda aggiunge una forte carica progettuale in grado di riflettere lo spirito del tempo, nella sua mutevolezza. Ai consumatori viene offerto un medium per manifestare la propria identità e mantenerla al passo coi tempi. La moda diventa cioè un prodotto industriale a contenuto culturale, il risultato della combinazione di elementi materiali e immateriali, analogo per certi versi a quello dell’industria del cinema, della musica leggera o, in un senso diverso, al software. Le merci di moda, dunque, per la loro natura di beni che hanno una funzione comunicativa e interpersonale, sono prodotti culturali ibridi, nei quali la parte materiale (fibre, tessuto, pelle) assume valore grazie alla configurazione in forma determinata da elementi culturali, creativi, comunicativi (stile, forme, riferimenti semantici, lavoro cognitivo e creativo). Il consumo di questi prodotti, siano abiti, calzature, accessori o altro, è orientato da scelte di tipo linguistico, e quindi culturale. Le scelte fatte in conformità a stili di vita, gusti estetici, riferimenti identitari riferibili al genere, al ruolo sociale, all'immaginario mediatico sono scelte di tipo culturale. Il successo di mercato di un’impresa che produce beni ad elevato contenuto moda richiede quindi di combinare nelle merci, nei prodotti, anche contenuti immateriali ossia linguistici, narrativi, emozionali e non solo quelli funzionali, che derivano dalle caratteristiche materiali dei prodotti. Malgrado l’importanza che riveste nel determinare le scelte dei consumatori oltre che i modelli organizzativi delle imprese e il loro stesso successo sul mercato, i fattori che misurano il contenuto moda dei prodotti sono labili, soggettivi e di difficile misurazione. 5.2 Il mercato delle calzature, criteri di segmentazione e macrotrends In tutto questo paragrafo si illustreranno le principali variabili di segmentazione del mercato delle calzature, che verrà segmentato soprattutto in relazione alla funzione d’uso dei prodotti, e per quanto consentito dalla disponibilità di dati ed informazioni attendibili anche per: genere (uomo, donna); età (bambino, adulto, anziano); materia prima di cui è composta la tomaia (pelle, tessuto, plastica etc.). I criteri di segmentazione che verranno presentati sono validi in generale per i prodotti del vestiario e possono essere applicati, con opportuni cambiamenti, anche ad abbigliamento e accessori. Le classificazioni statistiche ufficiali consentono solo parzialmente di effettuare segmentazioni del mercato che riflettono alcune delle definizioni sopra riportate; ciò rende spesso difficile la comparazione dei dati dei consumi per segmento di mercato con quelli relativi all’interscambio con l’estero (import-export) o alla produzione. 249 Tabella 1 – Le voci riguardanti le calzature nelle principali classificazioni statistiche ufficiali Segmenti Tomaia in gomma o plastica Tomaia in pelle Tomaia in materia tessile Altre Classificazione della produzione Prodcom 19.30.12, 19.30.21, 19.30.23 19.30.13, 19.30.21, 19.30.23 19.30.14, 19.30.22, 19.30.32 19.30.11, 19.30.31, 19.30.32 19.30.40 Classificazione del commercio estero (HS) 6402 6403, 6405 6404, 6405 6401, 6402, 6403, 6405, 6406 Fonte: Eurostat, 2004 Tabella 2 – Definizioni dei segmenti per funzione d’uso Athletic Calzature sportive, che possono essere utilizzate anche al di fuori dell’attività sportiva, nella vita quotidiana, include calzature da atletica, calcio, corsa, basket, fitness, aerobica, etc. In questo segmento, la performance, ma anche la componente moda, hanno un ruolo importante nell’orientare le scelte dei consumatori. Outdoor Calzature utilizzate in attività all’aria aperta, in genere di tipo sportivo e con caratteristiche di particolare resistenza e impermeabilità. Ad es. scarponi da sci, scarponi da montagna, scarpe da arrampicata e trekking, stivali da caccia, etc. Il fattore principale di scelta dei consumatori è, in questo segmento, la performance. Casual E’ il segmento di più complessa definizione. Include le calzature per il tempo libero, spesso questo segmento tende a confondersi o sovrapporsi a quello delle calzature sportive almeno per le caratteristiche merceologiche dei prodotti. Le tendenze moda più recenti hanno inoltre introdotto il concept della calzatura per il tempo libero che stilisticamente richiama, o è una replica con alcuni adattamenti, delle calzature per lo sport. Infine la tendenza al dressing-down negli uffici rende le calzature di questo segmento adatte anche in occasioni formali sul posto di lavoro. Il fattore moda in questo segmento esercita un ruolo chiave. Formale Questo segmento include le calzature più tradizionali e formali. In campo maschile la foggia e le caratteristiche merceologiche di queste calzature tendono a restare stabili nel tempo. In campo femminile sono più soggette alle variazioni della moda. E’ un segmento che trova una crescente pressione concorrenziale da parte sia del segmento casual che da quello sportivo. 5.2.1 Fattori demografici 5.2.1.1 La segmentazione per genere La distinzione dei generi (maschile e femminile) e l’età del consumatore (adulto e bambino) sono due fattori chiave di segmentazione del mercato. In generale, in tutti i grandi mercati dei Paesi ad elevato reddito, il mercato femminile rappresenta la componente di gran lunga maggioritaria della spesa dei consumatori. Se distinguiamo il mercato in tre parti: maschile, femminile e unisex (che include anche le calzature per bambini), le calzature femminili oscillano, con qualche differenza tra paese, tra il 40% e il 55% del totale contro il 30%-35% del segmento maschile e un 30%-40% dell’unisex. Le calzature femminili sono considerate a pieno titolo un accessorio d’abbigliamento e dell’abbigliamento femminile condividono molte caratteristiche, quali ad esempio la maggiore importanza del fattore moda, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di imprevedibilità del mercato, ciclo di vita breve dei prodotti, importanza del design, coordinamento con le proposte moda dell’abbigliamento. 250 Il mercato delle calzature maschili è, come del resto nel campo dell’abbigliamento, caratterizzato da una maggiore attenzione a funzionalità, comodità, stile più che moda e alla qualità intrinseca del prodotto. La maggiore importanza della moda nelle scelte d’acquisto delle consumatrici, fa anche si che il numero di calzature consumato pro capite sia più elevato nel mercato femminile che in quello maschile. Figura 1 – Consumi di calzature per genere nei principali mercati (*) 100% 90% 80% 70% 60% unisex/bambini femminile 50% maschile 40% 30% 20% 10% 0% Italia Germania Francia Regno Unito USA (*) USA = su totale calzature non di gomma o materie plastiche; altri mercati = su totale calzatura con tomaia in pelle Fonte: elaborazioni Hermes lab su fonti varie (Euromonitor, US Dep. of Commerce, ANCI) 251 5.2.1.2 La segmentazione per età Assieme al genere, anche l’età dei consumatori ha una grande importanza nell’influenzare gli acquisti di calzature. L’età del consumatore e la presenza all’interno del nucleo familiare di bambini influenza sia il livello della spesa, che tende a crescere in presenza di bambini, sia le caratteristiche dei prodotti acquistati. Tabella 3 – Definizioni dei segmenti per età Bambini (età 0-15) Il segmento dei prodotti per bambini (inferiori ai 15 anni) si configura come uno specifico con prodotti e canali distributivi dedicati o specifici. Questo segmento può a sua volta essere suddiviso in tre sub-segmenti. 0-3 anni - Per gli acquisti relativi a questa fascia di età i genitori prestano attenzione soprattutto alla struttura delle calzature (forma, rigidità, rinforzi e sostegni, etc.). In generale gli acquirenti sono sensibili alla qualità e sono disposti a pagare un premio di prezzo per ottenerla, poiché si ritiene che un prodotto di buona qualità favorisca uno sviluppo corretto del piede del bambino e contribuisca a prevenire problemi nel suo sviluppo. 3-7 anni - In questa fascia di età una attenzione maggiore che nella fascia 0-3 è rivolta al prezzo. I gusti dei bambini cominciano già ad influenzare la scelta d’acquisto, soprattutto quando questi sono inseriti in gruppi sociali di coetanei (scuola, attività sportive, etc.). 7-15 anni - Negli acquisti per questo gruppo d’età assumono già un ruolo significativo l’indipendenza di giudizio, i gusti e la sensibilità alla moda e di spesa dei giovani, anche se i genitori restano in larghissima parte gli acquirenti finali. La forte preferenza per i brands noti e, ad esempio, la fortissima espansione del segmento delle sneakers sono due manifestazioni della maggiore indipendenza di scelta di questa classe di età. Le politiche di marketing e di comunicazione rivolte direttamente alle comunità giovanili hanno quindi un peso rilevante. Teenagers (15-18) Questa fascia d’età è tra quelle con un elevato potenziale di mercato ed è guardata dai principali produttori che operano sui mercati di massa come un area fondamentale. Ad una crescente sensibilità alla scelta di prodotti che esprimano la personalità individuale o l’appartenenza ad un gruppo/tribù, quindi a fattori come moda o stile, si aggiunge una spiccata indipendenza nell’atto d’acquisto che viene in larga parte effettuato direttamente dal giovane e non dai genitori. I volumi di spesa individuali sono significativi e sostenuti da una disponibilità a pagare consistenti premi di prezzo per le componenti immateriali (brand, moda, stile) dei prodotti. Giovani adulti (18-30) In questa fascia di età all’indipendenza di scelta si accompagna l’indipendenza economica. I consumatori sono attenti allo stile e alla componente moda dei prodotti e mantengono un guardaroba di calzature tra i più ampi tra le varie classi di età Adulti (30-65) Gli over 30 tendono a concentrare il loro interesse sulla qualità, la convenienza, la praticità, la funzionalità, il confort e la durata delle calzature e meno sugli aspetti legati alla moda. Senior (oltre 65) La fascia degli over 65 anni è la più dinamica per quanto riguarda la crescita attesa nei prossimi anni. Si tratta di consumatori dotati di un elevato potere d’acquisto. I figli sono usciti da nucleo famigliare e si sono resi indipendenti. E’ inoltre l’età in cui il tempo di lavoro si riduce e le scelte di lavoro sono meno vincolate dal bisogno. Il tempo dedicato allo svago quindi tende ad aumentare. D’altro canto le particolari necessità degli anziani rendono gli aspetti della qualità e del confort particolarmente importanti nelle scelte del consumatore. La distribuzione della popolazione tende a spostarsi verso fasce d’età più avanzate. E’ un fenomeno diffuso in tutte le aree economiche del mondo, sia in quelle ad elevato reddito pro-capite (Europa occidentale, Stati Uniti, Giappone) sia nei paesi emergenti. Questo fenomeno ha importanti effetti sulla evoluzione del mercato. In Europa, nel decennio in corso il numero dei teenagers tra i consumatori diminuirà di circa 20 milioni (da 100 milioni a 80 milioni). Questo calo sarà compensato dalla crescita della fascia dei consumatori over 50. Tra gli effetti dell’invecchiamento della popolazione vi è una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e, in media, un innalzamento della spesa pro-capite. Ci si attende che l’avanzare di questa tendenza determinerà 252 un riposizionamento anche delle campagne di marketing e di comunicazione oggi in larga parte orientate ai giovani come principale segmento di consumo. Figura 2 – La piramide della popolazione per età, in Italia, negli USA e in Cina, 2000 e 2025 80+ 75- 79 70- 74 65- 69 60- 64 55- 59 50- 54 45- 49 40- 44 35- 39 30- 34 25- 29 20- 24 15- 19 10- 14 5- 9 0- 4 2000 2025 Italia 80+ 75- 79 70- 74 65- 69 60- 64 55- 59 50- 54 45- 49 40- 44 35- 39 30- 34 25- 29 20- 24 15- 19 10- 14 5- 9 0- 4 2000 2025 USA 80+ 75- 79 70- 74 65- 69 60- 64 55- 59 50- 54 45- 49 40- 44 35- 39 30- 34 25- 29 20- 24 15- 19 10- 14 5- 9 0- 4 2000 2025 Cina Fonte: US Census Bureau International Database 253 5.2.2 Tendenze culturali e sociali 5.2.2.1 Il fattore moda Come per gli altri prodotti del vestiario, il mercato delle calzature è molto sensibile al fattore moda, soprattutto per quanto riguarda il segmento di mercato rivolto ai giovani e alle donne. Le principali conseguenze sono un elevato tasso di innovazione di prodotto. Le nuove collezioni di calzature vengono generalmente presentate due volte all’anno in occasione delle fiere di settore (si veda più sotto il paragrafo La stagionalità del mercato) con un calendario sincronizzato con quello del vestiario, con l’introduzione, ad ogni stagione, di una quota consistente di nuovi modelli, fogge, colori e lavorazioni. Nella presentazione delle nuove collezioni la sovrapposizione con il calendario dell’abbigliamento è molto forte, nuovi modelli di calzature sono sempre presenti nelle principali fiere della moda, come il Pitti Uomo, o nelle fashion weeks. Spesso si tende a confondere il concetto di moda con quello di lusso. Trend Setter/ Consumo Fashion vistoso/ Victim status Moda di massa, Fashion follower elevato Comodità, prestazioni funzionali medio Prodotti indifferenziati attenzione al prezzo moda Livello di prezzo Figura 3 – La moda, il lusso e il fattore prezzo basso classico Fonte: Hermes lab, adattamento da Spiegel-Verlag Trendsetter: (moda e stile prima di tutto, giovani, metropolitani, interessati in nuovi marchi e nuovi negozi). Questo segmento di consumatori è estremamente interessato ai contenuti moda. Sono i primi ad adottare nuovi stili e mode e sono disposti a pagare prezzi elevati. Fashion follower: (metropolitani e non, moda e stile prima di tutto, giovani). E’ un segmento di consumatori prevalentemente giovanile e interessato alla moda, ma solo a prezzi ragionevoli. Consumo vistoso: (adulti, classici). E’ un segmento di consumatori molto attento ai marchi consolidati e alla qualità. Acquisti a prezzi elevati. Comodità, funzionalità: (adulti, problemi di calzata, ricerca della funzionalità). E’ un segmento che include una parte consistente di persone anziane; a questa si aggiungono nicchie di consumatori specialisti, sport, tempo libero, lavoro, etc. 254 Consumo indifferenziato: (adulti, classici, prevalentemente maschi). Per questo segmento di consumatori l’acquisto di calzature è considerato non problematico, e di poco impegno, in genere acquista modelli classici. Prestano poca attenzione alla moda e sono attenti al prezzo. 5.2.2.2 Da formale a casual La generale tendenza di lungo termine che vede i consumatori orientarsi in misura crescente verso un vestiario più informale influenza anche il mercato delle calzature. I consumatori attribuiscono un valore crescente alla comodità da un lato e a stili più casual che formali dall’altro. Calzature di fogge e materiali utilizzati in passato per calzature sportive o casual sono sempre più spesso considerate adatte anche per occasioni formali, sia in occasioni legate al lavoro che alle relazioni interpersonali. 5.2.2.3 Il salutismo Una delle macrotendenze più significative che caratterizza in generale i consumi dalla fine degli anni novanta è quella del salutismo e del wellness. Una proporzione crescente della popolazione europea è soprappeso, negli USA il fenomeno è anticipato di oltre un decennio rispetto all’Europa, ma ciò che più importa per l’evoluzione del mercato è che una parte molto rilevante dei consumatori si sente soprappeso ed è bendisposta a svolgere, anche se in modo non sistematico, attività finalizzate a contrastare questa tendenza, in particolare attività sportive e all’aria aperta. Ne deriva una espansione dei consumi di calzature da jogging, passeggio, outdoor. 5.2.3 La stagionalità del mercato Come per l’intero comparto del vestiario e della moda, gli acquisti di calzature seguono un ciclo stagionale composto da una stagione estiva ed una invernale. Le differenze climatiche influenzano i consumi di calzature e la loro stagionalità nei diversi Paesi. Nei Paesi a clima più caldo, come il sud dell’Europa il Sud degli USA o il centro America, le stesse scarpe possono essere utilizzate per quasi tutti i mesi dell’anno. In altri Paesi più freddi, come nel Nord Europa o in Canada) gli acquisti sono differenziati per stagione e le calzature pesanti (stivali, scarponi, etc.) hanno un peso maggiore sul totale. Il ritmo stagionale del mercato è dettato dal, o meglio si riflette nel, calendario delle manifestazioni fieristiche. La stretta connessione tra le diverse componenti del mercato della moda fa si che tra il sistema delle fiere dell’abbigliamento, degli accessori e delle calzature vi siano molti punti di sovrapposizione, come già ricordato sopra. Per le imprese delle calzature quindi, oltre alle fondamentali fiere specifiche del comparto sono di grande rilevanza tutte le manifestazioni che riguardano il mondo della moda (Tabella 4 e Tabella 5); ogni proposta della moda, ogni nuovo look o stile trova la sua necessaria declinazione contemporaneamente nell’abbigliamento, negli accessori e nelle calzature. Il mercato delle calzature segue il macrotrend che dagli anni novanta caratterizza tutto il mercato del vestiario, di un superamento del ciclo stagionale, soprattutto nei segmenti più fashion oriented. Molti produttori hanno così deciso di presentare più di due collezioni all’anno. La tendenza è quindi verso l’accorciamento del ciclo di vita del prodotto al di sotto della stagione. In generale, i punti di picco delle vendite si concentrano nella stagione invernale, nel mese di dicembre con la campagna natalizia e, in particolar modo nei grandi mercati europei come Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia, a settembre con la stagione del rientro dalle vacanze scolastiche. Questo punto di picco è particolarmente significativo per le sneakers e le linee più trendy. Altri mesi molto significativi per le vendite in tutta Europa sono quelli dei saldi, generalmente a gennaio e giugno. 255 Tabella 4 – Le fiere di interesse per l'industria calzaturiera in Italia ANTEPRIMA EXPORIVA SCHUH LINEAPELLE MIFUR MIPEL MICAM MILANO VENDEMODA MILANO MODA DONNA MILANO MODA UOMO MILANO UNICA MODAPRIMA MODA IN PITTI UOMO PITTI BIMBO PITTI FILATI WHITE Milano Riva Del Garda Bologna Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano Firenze Firenze Firenze Milano 1°-2 mar. 13-16 gen. 17-19 apr. 14-18 mar. 15-18 mar. 15-18 mar. 9-12 feb. 17-25 feb. 14-19 gen. 13-16 feb. 27-29 mag. 13-16 feb. 10-13 gen. 19-21 gen. 31 gen.-2 feb. 22-25 feb. 11-12 set. 16-19 giu. 16-18 ott. 20-23 set. 20-23 set. 21-24 set. 22-30 set. 24-29 giu. 11-14 set. 25-27 nov. 11-14 set. 20-23 giu. 29 giu.-1lug. 4-6 lug. 27-30 set. Fonte: ANCI Tabella 5 – Le fiere di interesse per l'industria calzaturiera in Europa T.E.C. - PARC FLORAL - VINCENNES BREAD & BUTTER GDS HELLENIC SHOE FAIR LE CUIR LE SALON DE LA MAROQUINERIE MIDEC MODA MADE IN ITALY - MOC MODACALZADO PREMIERE VISION PREMIERE CLASSE EUROSCARPA BENELUX - TOUR & TAXIS WHO'S NEXT Parigi Barcellona Duesseldorf Atene Parigi Parigi Parigi Monaco Madrid Parigi Parigi Bruxelles 25-27 mar. 17-19 gen. 9-11 mar. 5-7 mag. 20-23 feb. 3-5 feb. 2-4 feb. 13-15 apr. 23-25 mar. 20-23 feb. 1°-4 feb. 21-23 mar. 30 sett-2 ott. 4-6 lug. 14-16 set. 3-5 nov. 18-21 set. 7-9 set. 7-9 set. 5-7 ott. 27-29 set. 18-21 set. 6-9 set./5-8 ott. 26-28 set. Parigi 1°-4 feb. 6-9 set. Fonte: ANCI 256 5.3 Il sistema distributivo 5.3.1 La struttura dei canali distributivi La struttura dei canali distributivi delle calzature è molto complessa. Un numero elevato di soggetti diversi operano nelle fasi di produzione, intermediazione all’ingrosso e distribuzione al dettaglio, con ruoli che in molti casi si sovrappongono. A titolo d’esempio di funzioni sovrapposte, si consideri il caso di un grande magazzino che importi calzature utilizzando un proprio agente commerciale direttamente in contatto con un produttore estero. Lo stesso produttore può distribuire i suoi prodotti sia direttamente presso propri negozi, attraverso negozi indipendenti, grandi magazzini, cataloghi per corrispondenza o market places in internet. La multicanalità è la formula più frequentemente utilizzata. L’esposizione in questo paragrafo si basa in larga parte sul modello distributivo europeo, in linea generale meno concentrato e con una maggior presenza di negozi indipendenti rispetto ai mercati americano e asiatico. L’analisi quantitativa della struttura dei canali distributivi sarà presentata all’interno dei singoli paragrafi sui mercati nazionali. Figura 4 – Schema delle relazioni nei canali distributivi della calzature in Italia IMPORTATORI PRODUTTORI IMPORTATORI AGENTI NEGOZI INDIPENDENTI CATENE DEI PRODUTTORI CATENE COMMERCIALI GRANDI MAGAZZINI PRODUTTORI MADE IN ITALY GROSSISTI IPERMERCATI SUPERMERCATI VENDITE PER CORRISPOND. E.COMMERCE CONSUMATORI Fonte: Hermes lab 257 I profili tipici degli intermediari sono i seguenti: Importatori Il ruolo degli importatori ha assunto nell’ultimo decennio una importanza crescente nel mercato europeo, a causa della penetrazione delle importazioni dai Paesi a basso costo del lavoro. La maggior parte degli importatori rifornisce attraverso i grossisti o direttamente (svolgendo anche il ruolo di grossista) diversi canali di vendita, dai negozi indipendenti ai grandi magazzini, le società di vendita per corrispondenza ed anche alcune catene commerciali. I grandi magazzini e le grandi catene distributive possono by-passare l’importatore approvvigionandosi direttamente presso i produttori esteri. Produttori e Produttori / Importatori I produttori (e i produttori/importatori) estendono ormai la loro presenza direttamente all’interno del sistema distributivo. La maggior parte di essi, infatti, ha un canale diretto con i dettaglianti, eliminando il passaggio dell’ingrosso, e in una quota crescente di casi possiede proprie reti di distribuzione al dettaglio. Un crescente numero di marchi di produttori di abbigliamento integra l’offerta all’interno delle proprie reti distributive con linee di calzature che portano lo stesso marchio, svolgendo così una funzione ibrida di connessione tra il produttore di calzature e la distribuzione. Importatori / dettaglianti Le più grandi reti di vendita al dettaglio: catene con almeno 20 punti vendita, grandi magazzini, category killer, organizzazioni di vendita per corrispondenza, sono molto spesso dotate di proprie strutture di approvvigionamento sui mercati di importazione a basso costo. Gruppi d’acquisto Il ruolo dei gruppi d’acquisto è molto importante nel mercato europeo delle calzature. Un gruppo d’acquisto è una organizzazione che agisce in modo unitario centralizzando gli acquisti di numerosi dettaglianti o grossisti che cooperano o si alleano per trarre vantaggio da un maggior potere di negoziazione con i fornitori. Comunemente ogni dettagliante o grossista si appoggia al gruppo d’acquisto di cui fa parte per una quota del proprio fabbisogno che può andare dal 50% al 90%. A fronte di significativi vantaggi sui prezzi la partecipazione a un gruppo d’acquisto presenta lo svantaggio per il singolo dettagliante/grossista di vedere ridotta la sua autonomia di scelta dell’assortimento e di differenziazione rispetto all’offerta dei concorrenti che partecipano allo stesso gruppo d’acquisto, con cui, inevitabilmente, condivide lo stesso catalogo di prodotti e gli stessi prezzi di sell-in; per questa ragione, usualmente i negozianti mantengono una quota di approvvigionamento al di fuori del Gruppo, e su questa quota residua sviluppa le politiche di differenziazione. I gruppi d’acquisto sono particolarmente diffusi in Germania e negli altri Paesi dell’Europa del nord, dove i gruppi di maggior dimensione associano anche 2000 rivenditori con 4000-4500 punti vendita. Agenti Gli agenti (o agenti rappresentanti) sono intermediari indipendenti tra produttori (l’insieme cioè di produttori nazionali od esteri e produttori-importatori) e la distribuzione al dettaglio. Sono retribuiti dai produttori con una commissione commerciale in percentuale sul venduto. Il livello delle commissioni commerciali è variabile in relazione alle caratteristiche del prodotto (brand) al supporto promozionale che l’impresa produttrice offre, ai volumi di vendita. Il valore del servizio degli agenti rappresentanti, misurato dal livello della commissione commerciale, può essere stimato da un minimo del 10% fino a circa il 15% del venduto. Gli agenti operano in genere in un’area geografica limitata (una regione o un’area pluriregionale), possono rappresentare una sola impresa o marchio (monomandatari) o più imprese/marchi (plurimandatario); in questo secondo caso, usualmente i marchi rappresentati sono di prodotti complementari o non in diretta concorrenza tra loro (es. scarpe uomo e donna, fascia di prezzo alta e bassa, calzature e pelletteria, etc.). Sono presenti soprattutto nelle fasce di prezzo alte e medio–alte del mercato nelle produzioni classiche o moda con marchio. Buyers Il buyer è una forma più sviluppata di agente opera spesso su scala internazionale, ad esempio collocandosi nei paesi di provenienza delle importazioni, e su scala più ampia rispetto all’agente rappresentante. La sua remunerazione ha sempre la forma di commissione commerciale in percentuale sul valore della merce intermediata, che in questo caso può essere pagata dai dettaglianti, spesso di catene o in ogni caso operatori della Grande Distribuzione. 258 5.3.2 Le principali formule distributive In generale, la struttura dei sistemi distributivi differisce significativamente nei vari mercati internazionali, in conseguenza di forti differenze nello sviluppo economico, sociale e normativo nei diversi Paesi. Queste differenze si rispecchiano anche nella distribuzione delle calzature. Un elemento comune a tutti i paesi è però stata la tendenza, con intensità e rapidità diverse, a partire dagli anni ottanta, ad un rafforzamento della grande distribuzione a scapito dei negozi indipendenti. Negli USA il processo di concentrazione è iniziato prima che in Europa, dove però la Francia e il Regno Unito già presentavano una forte presenza delle grandi superfici. 5.3.2.1 Il dettaglio indipendente specializzato Il canale del dettaglio indipendente è quello più sensibile al contenuto di moda e qualità dei prodotti. La diffusione e la prossimità sul mercato locale, la conoscenza dei gusti dei clienti abituali, l'offerta personalizzata e l'ampia scelta di marchi e modelli, la capacità di creare rapporti fiduciari con la clientela sono i principali punti di forza del negozio tradizionale. Il negozio indipendente deve però sopportare un rischio elevato nell'effettuare l'ordine di acquisto. Quando il mercato è in espansione, un'offerta sufficientemente ampia può garantire un certo equilibrio tra bad e best seller. Ma quando la domanda ristagna o si contrae e si segmenta in nicchie il rischio tende a raggiungere soglie critiche. Un indicatore del rischio è la quota di vendite effettuate nei saldi e nelle promozioni. Nel tempo, l'acquisto in saldo è diventato una forma alternativa di spesa in cui il consumatore rinuncia temporaneamente ad un acquisto, comunque desiderato, in attesa di un prezzo più accessibile. Un secondo aspetto critico per il negozio indipendente è la raccolta e la gestione dell'informazione sulle tendenze del mercato. Se si escludono i punti vendita nelle vie centrali delle città, la forza commerciale del negozio indipendente si fonda quasi esclusivamente su una conoscenza limitata al mercato locale. Questo vantaggio competitivo è indebolito dall'allargamento dei confini del mercato potenziale: i consumatori sono più disposti a spostarsi per lo shopping ed a scegliere tra una molteplicità di canali alternativi. La logica della trasversalità delle mode richiede inoltre di specializzarsi in nicchie di stili di consumo invece che in nicchie di consumatori (quelli abituali e di prossimità) come è abituato a fare il negozio indipendente. Diventa essenziale la possibilità di effettuare riassortimenti continui di piccoli lotti, per effettuare un tuning continuo con il proprio mercato. Disponendo di un potenziale di vendita limitato si crea un circolo vizioso in cui i continui riassortimenti sono negati proprio a chi ne ha bisogno per migliorare le proprie performance commerciali. Un terzo significativo elemento di debolezza è il valore comunicazionale del punto vendita: se da un lato la forza comunicativa della vetrina offre un vantaggio al negoziante locale, dall'altro si rende necessario un coordinamento tra la comunicazione del prodotto e quella del negozio. Per i produttori il negozio indipendente è un importante medium con il consumatore ma, allo stesso tempo, è al di fuori della sua sfera di controllo: il commerciante non ha incentivi a sottomettersi alla strategia comunicazionale di uno specifico marchio industriale che costituisce soltanto una delle sue fonti di reddito. 5.3.2.2 Le catene di negozi Le catene di negozi hanno conosciuto uno sviluppo importante a partire dalla prima metà degli anni '90. Si tratta di sistemi distributivi organizzati con più punti vendita accomunati da una strategia commerciale, da una stessa insegna e da un'immagine coordinata. Le catene sono organizzate secondo due diversi modelli: quello dei succursalisti e quello del franchising: nel primo caso l'azienda proprietaria dell'insegna (produttore o distributore) mantiene il diritto di proprietà anche del punto vendita ma ne affida la gestione ad un operatore che risponde direttamente alla società. Nel franchising invece la partnership si fonda su un accordo con cui l'affiliante concede all'affiliato, dietro corrispettivo finanziario, il diritto di sfruttare i diritti di proprietà 259 industriale o intellettuale di un insieme di marchi, insegne e know how da utilizzare per la vendita di beni o la fornitura di servizi. In generale nella distribuzione di beni di vestiario, e quindi anche per le calzature, è assai comune utilizzare una formula mista di succursalismo e franchising al fine di modulare il grado di controllo sul punto vendita in base all'importanza del mercato presidiato e controbilanciare vantaggi e svantaggi delle due opzioni. Il franchising consente di aumentare velocemente il numero dei punti vendita con un impegno finanziario limitato: il franchisee acquisisce know how e conoscenza del proprio target mentre il franchisor vede aumentare la notorietà del marchio e radica la propria presenza sul mercato. Nel tempo tuttavia la convenienza della partnership tende a ridursi: l'affiliato prende consapevolezza della competenza acquisita e l'azienda richiede un maggior controllo gestionale sul punto vendita. Per poter sfruttare appieno i vantaggi del franchising è quindi necessario riuscire a bilanciare, in modo variabile nel tempo, controllo centralizzato e flessibilità periferica. Lo sviluppo di catene di negozi di proprietà d'altro canto impone maggiori risorse finanziarie ed è quindi mediamente più lento. Per un marchio che ha già sviluppato una buona notorietà i negozi di proprietà costituiscono l'opzione più probabile in quanto consentono un coordinamento logistico superiore e un controllo gestionale completo. Spesso le due formule sono utilizzate come stadi successivi di sviluppo (la catena di franchising trasformata progressivamente in negozi di proprietà). La formula delle catene ha due possibili varianti: - il marchio industriale che si integra a valle aprendo dei negozi monomarca, - l'insegna commerciale che sviluppa la rete di negozi prima sul mercato locale per poi ampliarli a livello nazionale ed internazionale La formula delle catene è particolarmente adatta ad ottimizzare e sintetizzare i vantaggi del dettaglio indipendente (personalizzazione dell'offerta e qualità del servizio) e della grande distribuzione (efficacia nella gestione finanziaria e logistica, miglioramento degli assortimenti). Il distributore o il produttore proprietario dell'insegna ha un triplice vantaggio: - il flusso informativo relativo al proprio target attraverso i dati sugli andamenti delle vendite e delle scorte dai singoli negozi. Nei casi più sofisticati i magazzini periferici, la gestione degli ordini, il magazzino centrale e gli input produttivi sono gestiti da un unico sistema informatico che consente di ridurre il tempo di risposta rispetto alle richieste del mercato. - l'ottimizzazione della logistica è la diretta conseguenza del miglioramento della raccolta e della gestione dell'informazione. Da un lato il sistema prevede l'investimento da parte del proprietario di notevoli risorse per migliorare l'efficienza nell'attività di approvvigionamento e/o produzione, nelle consegne ai clienti e nei riassortimenti finali. Dall'altro l'efficienza della filiera e la notorietà del marchio/insegna consentono di ridurre il rischio sulla singola collezione stagionale. - la politica comunicazionale sul punto vendita è coerente con l'immagine che l'azienda intende dare al prodotto. Anche nella formula più soft di integrazione a valle (il franchising) l'affiliato ha più capacità e più incentivi nell'operare in linea con la strategia comunicazionale dell'insegna. Il layout, la progettazione e l'arredamento del punto vendita, il materiale informativo (brochure e houseorgan), gli allestimenti delle vetrine, le promozioni periodiche sono infatti elementi spesso disciplinati direttamente dal contratto di franchising. Il rapporto con il consumatore è filtrato secondo modalità predefinite e in sintonia con gli obiettivi che l'azienda si prefigge. Il successo di questo canale distributivo ha coinciso con un profondo cambiamento della struttura organizzativa dell'azienda produttiva così come di quella distributiva. L’integrazione tra produttore e distributore non solo elimina la distinzione dei ruoli, ma modifica la concezione stessa di azienda di moda. Lo sviluppo delle catene specializzate è in qualche modo il segno di un mestiere che cambia. La gestione della propria catena di negozi ha caratteristiche solo parzialmente simili alla gestione dei clienti multimarca. Il produttore deve acquisire nuove competenze: diventa direttamente responsabile di tutte quelle decisioni che prima erano delegate al dettagliante, il distributore che si integra si trova alle prese con decisioni riguardo alla progettazione dei capi, la gestione del marchio e della comunicazione, la gestione della produzione, prima delegate al fornitore. 260 5.3.2.3 I grandi magazzini Il grande magazzino, oltre che la prima forma di distribuzione organizzata, è stato nei beni del vestiario, abbigliamento e calzature, storicamente, il primo canale ad introdurre la produzione industriale di serie ed il libero servizio. In Italia le insegne più note sono Rinascente e Coin, nella fascia alta, Upim e Oviesse in quella bassa. Oggi questo canale sta vivendo una crisi di identità e un ridimensionamento delle proprie quote di mercato, a favore di altre formule distributive. Uno dei punti deboli della formula, in particolare, è la politica di prezzo. La localizzazione dei negozi nelle vie centrali della città costringono generalmente a prezzi mediamente più alti dei concorrenti (Matalan, Peacocks, Primark e Bon Marché). I punti vendita sono infatti generalmente situati nei centri urbani (spesso nelle vie più centrali) e di dimensioni superiori ai 400 m2. Proprio la loro ubicazione favorisce lo sviluppo verticale della superficie di vendita strutturata su diversi piani occupati da reparti specializzati. L'offerta è orientata al non-food e divisa in macro-aree merceologiche. All'interno di una stessa merceologia tuttavia sono possibili sia divisioni secondo categorie di prodotto, per marchio aziendale e infine per stili di consumo. E’ frequente l’introduzione di un marchio del distributore (private label) a prezzi inferiori a quelli dei marchi industriali, che permette al distributore di appropriarsi di una maggior quota di valore aggiunto e di migliorare nel consumatore la percezione dell’insegna. Il grande magazzino in senso stretto ha un'offerta piuttosto ampia e profonda e generalmente si colloca nella fascia medio-alta anche se a prezzi inferiori al piccolo dettaglio specializzato. Il magazzino popolare è invece una formula più orientata al prezzo in cui l'ampiezza di gamma è sacrificata a favore di un contenimento dei prezzi medi. L'ubicazione può essere anche semiperiferica per sfruttare una maggiore area piana di sviluppo. Il vestiario (abbigliamento e calzature) rappresenta per entrambe le formule un importante fonte di reddito: nel grande magazzino è circa il 70% dell'assortimento mentre nel magazzino popolare può variare tra il 30 e il 50% in relazione all’esistenza o meno di un reparto alimentare. L'accostamento di più merceologie di prodotto sia nell'area persona che nell'area casa (e nell'alimentare) è uno dei punti di forza del canale. La prossimità al mercato di consumo e un rapporto qualità/prezzo particolarmente conveniente hanno favorito la crescita della quota di mercato durante gli anni novanta. In Europa Marks&Spencer ha rappresentato per molto tempo il più importante caso di grande magazzino di successo. E' stato per anni in cima alle classifiche di redditività. E' stato il primo ad introdurre un'impostazione logistica sofisticata nei prodotti del vestiario e calzature e ad instaurare un rapporto continuativo con i fornitori che spesso è di tipo esclusivo. Fin dall'inizio della sua attività (alla fine dell'800) la società si è distinta per la sua capacità di offrire prodotti di buona qualità ad un prezzo limite molto basso (i negozi M&S venivano indicati come one-penny-stores). La logica operativa non è né quella di un distributore (non commercializza prodotti esistenti) né quella di un produttore (non gestisce una capacità produttiva propria in Inghilterra). M&S è piuttosto un filtro tra il mondo della produzione e il consumatore. La società garantisce i prodotti offerti con il proprio prestigio e la propria reputazione, partecipando allo sviluppo del prodotto pur senza essere coinvolta nella produzione. Fino al '97 ha proseguito un intenso programma di aperture di punti vendita in Belgio, Spagna, Francia e Germania, mantenendo però il baricentro organizzativo nel Regno Unito. Alla fine degli anni novanta ha subito una profonda crisi che ha comportato la sostituzione del management di direzione e la revisione delle strategie di posizionamento, di prodotto e di localizzazione, che tra l’altro hanno comportato la chiusura di molti dei punti vendita al di fuori del Regno unito. La stessa crisi sembra esser attraversa anche da altri grandi magazzini che hanno scelto la strada dell'internazionalizzazione, come l’altro gigante europeo, tedesco-olandese C&A. In Francia si sta vivendo una situazione analoga; i grandi magazzini (Nouvelles Galeries, Printemps e Galeries Lafayette) stanno perdendo quote di mercato e le unità di vendita sono numericamente in contrazione. 261 5.3.2.4 Le grandi superfici specializzate Le grandi superfici specializzate si caratterizzano per una dimensione media superiore ai 500 m2 e di norma appartengono a organizzazioni più complesse, anche se in Italia non mancano casi di punti vendita indipendenti. Hanno generalmente un'ubicazione periferica, o al più semiperiferica, per ridurre i costi relativi alle rendite immobiliari e sfruttare la disponibilità di parcheggio. L'offerta si caratterizza per l'ottimo rapporto qualità/prezzo, sia l'ampiezza che la profondità di gamma sono elevate; si tratta di un'offerta specializzata ma trasversale ai diversi segmenti (uomo e donna, infanzia, sport, etc.) e pensata per essere funzionale a tutto il nucleo familiare, nella logica dell’one-stop-shop. Rispetto agli ipermercati l'assortimento è molto più ampio; il concept distributivo è poi molto diverso, si basa sulla percezione del consumatore di un effettivo risparmio nella spesa familiare piuttosto che sulla banalizzazione del consumo. Un altro punto di forza del canale è l'industrializzazione dei servizi accessori (parcheggi, kinderheim, gestione dei resi, etc.). Tabella 6 – Le caratteristiche delle principali formule distributive: calzature e abbigliamento DIMENSIONE PDV UBICAZIONE FASCIA DI PREZZO LAYOUT OFFERTA SETTORI MERCEOLOGICI SERVIZI Dettaglio indipendente (specializzati) 180 metri quadri Centri urbani (vie centrali e semiperiferiche) Su singolo piano, vetrina, tradizionalmente è presente un bancone Alta Tendenzialmente Calzature o abbigliamento non specializzata per tipo di consumatore integrato da accessori moda (uomo, donna, bambino) Assistenza Catene di negozi 250 metri quadri Centri urbani (vie centrali e semiperiferiche); centri commerciali; altri nuclei commerciali (aeroporti) Su singolo piano, vetrine, i prodotti sono facilmente accessibili al pubblico Alta Tendenzialmente Calzature o abbigliamento specializzata per consumatore / fascia integrato da accessori moda di prezzo o funzione d’uso Assistenza Grandi magazzini > 400 metri quadri Centri urbani (vie centrali) Su più piani, divisione per settori o per marchi Medioalta Calzature, abbigliamento e Non specializzata accessori integrati con altri per tipo di consumatore prodotti (oltre ad (uomo, donna, accessori, arredo-casa, bambino) alimentare, profumeria, etc.) Assistenza, reso, altri Magazzini popolari (in Italia formula ormai scomparsa) > 400 metri quadri Centri urbani (vie centrali e semiperiferiche) Su più piani, divisione per settori Media o mediobassa Calzature, abbigliamento e Non specializzata accessori integrati con altri per tipo di consumatore prodotti (oltre ad (uomo, donna, accessori, arredo-casa, bambino) alimentare, profumeria, etc.) Reso, altri Grandi superfici specializzate > 500 metri quadri Centri urbani (vie periferiche e arterie di collegamento) Su singolo piano, divisione per settori Bassa Non specializzata Calzature e Abbigliamento Parcheggio, per tipo di consumatore integrati da accessori moda reso, (uomo, donna, con buona ampiezza di Kinderheim, bambino) gamma altri Fonte: Hermes lab 262 Tabella 7 – I principali gruppi distributivi specializzate nelle calzature in Italia Gruppo n. di punti vendita Anno di rilevazione Gruppo Compar-Bata 229 2003 Kammi 150 2007 Scarpe&Scarpe 90 2007 Gruppo Cinti >50 2007 Pittarello-Città della calzatura 46 in Italia 2007 note Bata è il primo gruppo mondiale per la produzione e commercializzazione delle calzature. E' presente in tutto il mondo con una rete capillare di 4,600 punti di vendita diretti e oltre 50000 dettaglianti indipendenti in più di 50 paesi. A questi si aggiungono le fabbriche di produzione calzaturiera, le concerie, i reparti di meccanica industriale, i laboratori controllo qualità, i centri di ricerca e sviluppo. Il Gruppo Bata serve un milione di clienti al giorno. Catena di Grande Distribuzione Associata, Presente anche in alcuni Paesi esteri è la più importante associazione tra negozi di calzature in Italia. Il negozio ottimale ha una superficie di vendita di circa 100 mq., è ubicato in zone centrali o all'interno di centri commerciali e opera con un numero di almeno tre addetti. Grandi superfici, negozi di oltre 1.000 mq, gamma ampia, calzature economiche e di fascia media, integrato con abbigliamento e accessori, spesso all’interno di Centri commerciali, attivo dal 1961 in tutta Italia Rete in Franchising specializzata nelle calzature, abbina una impostazione tradizionale con vendita assistita ad un lay-out moderno e studiato per accrescere la rotazione dello stock. Ha una superficie di vendita tra 100/200mq. con almeno complessivi 5 metri lineari di vetrine al netto degli ingressi. I punti vendita sono localizzati nei principali capoluoghi di provincia o in centri primari di almeno 60/80.000 abitanti. Gruppo succursalista. Superfici fino a 6000 mq. Forte prevalenza di calzature integrate con accessori e abbigliamento. Presente in Italia e Austria Fonte: Hermes lab 5.4 Il mercato italiano 5.4.1 Le dimensioni del mercato La spesa nel 2006 delle famiglie italiane per calzature è stimata da ANCI e Sita Ricerca essere di oltre 5,7 miliardi di Euro, a prezzi al dettaglio, sostanzialmente stabile rispetto ai livelli del 2005; a prezzi ex-fabrica il valore degli acquisti delle famiglie è stimabile in quasi 3 miliardi di Euro. Il valore della spesa corrisponde a oltre 150 milioni di paia. Per stimare la dimensione complessiva del mercato italiano, ai consumi delle famiglie vanno aggiunti gli acquisti dei turisti esteri che vengono effettuati in Italia, pari a circa 20 milioni di paia e quelli delle comunità (che include le calzature da lavoro, degli enti, delle forze armate, etc.) che superano i 13 milioni di paia. 263 Tabella 8 – La dimensione del mercato. Consumi delle famiglie in quantità e valore PAIA (000) Sportive Uomo Donna Bambini/Ragazzi Relax Totale 2006 25.389 19.047 48.716 13.479 48.166 154.798 Mln.€ (pr al dettaglio) 2005 25.112 19.009 48.359 13.36 48.136 153.976 2006 1.187 1.183 2.502 431 480 5.783 2005 1.154 1.156 2.517 430 500 5.757 Relax = Pantofole/Zoccoli e ciabatte/Espadrillas e simili, per uomo donna e bambino Fonte: ANCI-Sita Ricerca Nei consumi delle famiglie, la spesa in calzature femminili è di oltre 2,5 miliardi di Euro pari a circa 49 milioni di paia, e rappresenta la componente prevalente con oltre il 65% del totale dei consumi, con un consumo pro-capite medio annuo di 3,8 paia. La spesa per scarpe da uomo e quella per scarpe sportive sono pressoché equivalenti, con circa 1,1 miliardi di Euro ciascuna, che corrispondono però a 25 milioni di paia per le scarpe sportive, che hanno un minor valore medio unitario, e a 19 milioni di paia per le scarpe da uomo. La segmentazione per età del mercato vede una significativa prevalenza delle classi d’età oltre i 45 anni. Oltre un terzo degli acquisti (34,4%) è infatti effettuato da consumatori con almeno 55 anni di età, e i consumatori con almeno 45 anni d’età rappresentano complessivamente oltre la metà degli acquisti (54,2%). I giovani tra 15 a 35 anni d’età contano per oltre di 1/3 delle calzature acquistate (37,5%), mentre i bambini e ragazzi con meno di 15 anni rappresentano un ulteriore terzo del mercato (32,9%). Negli ultimi 10 anni la quantità di scarpe acquistate dalle famiglie italiane è rimasta stagnante, mentre il valore della spesa è aumentato considerevolmente, da meno di 4,4 miliardi ad oltre 5,7 miliardi di Euro (Figura 5), con un aumento tra il 1995 e il 2005 dei prezzi medi unitari del 34%. 264 Figura 5 – Evoluzione dei consumi di calzature delle famiglie Italiane. 1995-2006 in valore e quantità 6000 180 5800 mln Euro. Asse dx mln paia. Asse sx 5600 175 170 5400 165 5200 5000 160 4800 155 4600 150 4400 145 4200 4000 140 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Fonte: ANCI-Sita Ricerca Figura 6 – Composizione del mercato per materiali. Famiglie e acquisti dei turisti. 2005. Dati in numero di paia 100% 12% 15% 6% 75% 21% 18% 50% 25% altro gomma pantofole sintetico pelle 29% 46% 50% famiglie turisti 0% Fonte: ANCI-Sita Ricerca 265 Quasi la metà delle calzature acquistate dalle famiglie ha il tomaio in pelle; la percentuale è leggermente più elevata per gli acquisti dei turisti che hanno, rispetto alle famiglie, una maggiore propensione all’acquisto di calzature con tomaio in fibre sintetiche o plastica, 29% contro 18% delle famiglie (Figura 6). Il mercato delle comunità, che acquista un numero di calzature pari a circa l’8% di quello delle famiglie, è composto per oltre 1/3 da calzature da lavoro, acquistate da imprese industriali o di servizi. Un’altra componente importante è quella delle commesse per le forze armate, mentre le società sportive contano per 1/5 di questo mercato. Figura 7 – Il mercato delle comunità. 2005. Composizione % su dati in numero di paia Luoghi di cura 12% Religiosi 6% Militari 28% Soc Sportive 20% Industria 34% Fonte: stime ANCI 5.4.2 La struttura distributiva L’osservatorio sul commercio del Ministero dello Sviluppo Economico ha censito in Italia nel 2005 circa 18.800 negozi indipendenti con sede fissa specializzati in calzature e pelletteria e 8.500 negozi con sede fissa specializzati in calzature che sono succursali di altri negozi. In complesso quindi si può dire che l’insieme di negozi indipendenti, catene e grandi superfici specializzate è composta in Italia da quasi 27.500 punti vendita. Il numero dei punti vendita ambulanti supera le 5.000 unità. La formula distributiva preferita dai consumatori italiani è quella del negozio specializzato (Figura 8), attraverso il quale transitano 55 milioni di paia, oltre 1/3 delle calzature vendute. Il maggior prezzo unitario delle calzature vendute in questo canale ne accentua l’importanza (42%) quando la quota viene misurata in valore anziché in numero di paia. 266 Figura 8 – La struttura della distribuzione di calzature per canali in Italia. 2003. Composizione % su numero di paia altri 11% grandi magazzini 4% negozi indipendenti 36% negozi di abbigliamento 6% art.sportivi 6% grandi sup. special. 8% ambulanti 17% catene 12% Fonte: Sita Ricerca-ANCI Resta molto elevata, soprattutto in confronto agli altri principali mercati europei, la quota degli acquisti effettuata presso gli ambulanti (17%, quasi 27 milioni di paia). Attraverso il format distributivo delle catene, che negli anni novanta ha conosciuto un rapido sviluppo anche in Italia, transita ancora una quota minore di acquisti, poco più del 10% del totale. I punti vendita in cui le calzature rappresentano un complemento alla vendita di altri prodotti (grandi magazzini, negozi di abbigliamento e di articoli sportivi) rappresentano complessivamente il 16% del mercato. L’insieme della grande distribuzione organizzata (ipermercati, grandi magazzini e grandi superfici specializzate) ha intermediato circa un quinto degli acquisti, pari a circa 30 milioni di paia. Dal punto di vista della stagionalità delle vendite, i mesi più significativi, quelli in cui i consumatori italiani realizzano la maggior parte degli acquisti sono, nell’ordine: giugno, luglio e ottobre in cui si concentra circa 1/3 delle paia acquistate. Meno importante rispetto agli altri acquisti di vestiario è invece la stagione natalizia. 5.4.3 Le importazioni Oltre la metà (55%) dei consumi interni sono soddisfatti da importazioni. A causa del più basso valore unitario dei prodotti importati rispetto a quelli di produzione nazionale, la percentuale sale al 76% se consideriamo i dati in quantità (numero di paia) anziché in valore. Tra il 1995 e il 2005, le importazioni sono aumentate del 137% in volume e del 208% in valore, con un aumento complessivo dei prezzi medi dei prodotti importati di circa il 30%. L’andamento dei prezzi non è però stato omogeneo, quelle in pelle sono aumentate del 16% e la categoria delle “altre” del 57%, mentre sia quelle in sintetico e gomma e le pantofole sono tutte diminuite di prezzo, anche in 267 misura consistente, come ad esempio nel caso delle calzature con tomaio sintetico il cui prezzo è calato del 25% in 9 anni. Quasi il 70% dei prodotti importati è di fascia economica o medio-economica, il 14% di fascia media e il 18% è di fascia fine o di lusso. Secondo le rilevazioni dell’ANCI, in un decennio si sono ridotte le importazioni della fascia media e fine e sono aumentate quelle della fascia medioeconomica e del lusso (Figura 9). Figura 9 – Le importazioni per fascia di prezzo. Dati in valore, 1996-2005 100% 7.3 11.1 12.3 6.1 80% 18 13.6 60% 40.3 43.6 40% lusso fine medio medio-economico economico 20% 23.3 24.4 1996 2005 0% Fonte: ANCI Per materiale utilizzato, il 38% delle calzature importate ha la tomaia in pelle, il 30% in sintetico, il 18% in altri materiali. Nell’ultimo decennio è aumentata l’incidenza dei prodotti in sintetico e degli articoli in pelle. La Cina, con il 49% del totale delle calzature importate, pari a 164 milioni di paia, è di gran lunga il primo fornitore dell’Italia (Figura 10). Lo era già dieci anni fa, ma nel 1995 la sua quota sul totale era il 28%, quasi la metà di quella attuale, e il volume di calzature importate era di 42 milioni di paia. Il secondo Paese fornitore è la Romania con il 13% dell’import in quantità. Gran parte delle importazioni da questo paese sono il risultato della delocalizzazione della produzione da parte di imprese italiane che in precedenza producevano in Italia; tra il 1995 e il 2005 le importazioni da questo Paese sono passate da 13 milioni a 45 milioni di paia. Nei 10 anni tra il 1995 e il 2005 l’Asia ha mantenuto inalterata la sua quota ma con radicali cambiamenti nella composizione per Paese, che ha visto ridursi drasticamente le quote di Tailandia e Indonesia a favore della Cina. 268 Figura 10 – Le importazioni di calzature dell'Italia, per area geografica. 2005 Altri 6% Cina 19% Altri Europei 12% Altri Europei 9% Altri 4% Romania 13% Altri Asia 13% Romania 21% UE 25 29% Cina 49% UE 25 12% Altri Asia 13% in valore in n.paia Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 5.4.4 Le esportazioni I successi o gli insuccessi delle imprese calzaturiere italiane dipendono in modo cruciale dall’andamento dei mercati esteri: l’82% delle calzature italiane viene infatti venduto all’estero (il 78% se misurato in valore). Tra il 1995 e il 2005, il numero di paia di calzature esportate è diminuito di oltre il 40%, con cali molto consistenti dopo il 2000, mentre in valore l’export è rimasto pressoché costante, grazie ad un aumento dei prezzi medi di quasi il 70%. Nel corso dei dieci anni, il calo delle paia esportate si è concentrato nelle calzature con tomaia sintetica (-27%), nelle pantofole (-50%) e nella categorie delle “altre” (-69%), mentre sono rimaste stabili (+1%) le calzature con tomaio in pelle. In valore, alla stabilità generale (-1%) è corrisposto un aumento delle calzature in pelle (+3%) e di quelle in gomma (+2%) e un calo di quelle con tomaio sintetico, delle pantofole e della categoria delle “altre”. Il 30% del valore delle esportazioni riguarda prodotti che rientrano nella fascia di prezzo del lusso (Figura 11). Figura 11 – Le esportazioni per fascia di prezzo. Dati in valore, 1996-2005 100% 90% 4.2 12 29.8 80% 70% 60% 44.3 19.2 50% 40% lusso fine medio medio-economico economico 35.5 30% 32.4 20% 10% 12.2 7.1 0% 1996 3.3 2005 Fonte: ANCI 269 Lusso e fascia di prezzo fine rappresentano, insieme, metà delle esportazioni, mentre le fasce economica e medio economica meno di 1/6. Secondo le stime ANCI la quota del lusso e dei prodotti di fascia fine ha accresciuto di molto la propria quota nel periodo 1996-2005, passando complessivamente dal 16% al 30%. Questa evoluzione della struttura delle quote per fascia di prezzo corrisponde a variazioni della cifra assoluta molto negative nelle fasce dall’economica alla media (oltre il -50% per le fasce economica e medio economica e oltre il -20% per la media) e a forti incrementi nella fascia fine (+54%) e lusso in cui il valore delle esportazioni è più che sestuplicato in meno di 10 anni. Quasi il 70% delle calzature esportate è con tomaio in pelle, la quota sale ad oltre l’80% se si considera il valore invece delle quantità. I principali mercati esteri sono quelli dei Paesi dell’Unione Europea (EU 25), verso i quali si dirige il 70% circa dell’export totale in volume (Figura 12). All’interno della UE, le destinazioni principali sono Germania (20% in valore e 15% in numero paia) e Francia (14% in valore e 17% in numero paia). Gli USA sono il primo mercato extraeuropeo con una quota dell’11% in numero paia, del 14% in valore, e un prezzo medio unitario dei prodotti superiore a quello dell’UE. Le quantità esportate, misurate in numero di paia, sono in calo in tutte le macro-aree geografiche e su quasi tutti i mercati. I dati in valore, invece, mostrano una riduzione delle esportazioni concentrata in alcuni paesi: la Germania ha subito un calo del 35% in 10 anni, bilanciata da incrementi anche consistenti su altri mercati, ad esempio +16% in Francia e quasi +20% nei paesi Europei non membri dell’UE. La divaricazione tra quantità e valori è particolarmente evidente nei flussi di export verso la Russia, diminuiti in dieci anni in quantità di oltre il 40%, ma aumentati in valore di oltre il 50%. Figura 12 – Le esportazioni di calzature dell'Italia, per area geografica. 2005 Germania 15% Altri 20% Germania 20% Francia 14% Altri 28% Regno Unito 7% USA 14% in valore Altri UE 25 22% Francia 17% USA 11% Altri UE 25 23% in numero paia Regno Unito 9% Fonte: elaborazioni su dati ISTAT La bilancia commerciale del settore delle calzature è storicamente stata in surplus, ma a partire dal 2004 il numero di paia importato ha superato quello esportato, generando un deficit commerciale in numero di paia (Figura 13). Il valore delle esportazioni resta però ancora largamente superiore a quello delle importazioni (Figura 14). 270 Figura 13 – Evoluzione del saldo commerciale. 1970-2005, in milioni di paia 500 saldo negativo 450 400 esportazioni 350 300 saldo positivo 250 200 importazioni 150 100 50 19 70 19 80 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 0 Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati ISTAT Figura 14 – Evoluzione del saldo commerciale. 1970-2005, in milioni di € 8000 7000 6000 5000 esportazioni 4000 saldo positivo 3000 2000 1000 importazioni 19 70 19 80 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 0 Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati ISTAT 271 5.5 I mercati internazionali: guida alla selezione e informazioni di base sul consumo e l’interscambio di calzature nei principali paesi 5.5.1 Un mercato globalizzato Il mercato delle calzature è tra i più globalizzati tra quelli della moda e del vestiario. Le maggiori imprese mondiali di origine sia europea che americana sono network di dimensioni mondiali sia dal punto di vista della produzione (localizzata in gran parte nei Paesi a basso costo dell’Asia) sia da quello dei mercati di sbocco. Si tratta di imprese autenticamente globali con marchi come Nike, o il gruppo Adidas-Salomon-Reebok, formatosi nel 2006 dopo l’acquisizione di Reebok da parte di Adidas che ha un fatturato complessivo di circa 12 miliardi di US$ (incluse le vendite di abbigliamento e attrezzatura sportiva). Lo scenario calzaturiero mondiale è influenzato sia dalle decisioni di localizzazione delle imprese globali che dallo spostamento dell’asse competitivo mondiale da occidente ad oriente e più precisamente verso la Cina, che rappresenta ormai un polo quasi monopolistico per la produzione di calzature a basso prezzo, come mostrano i dati sulla composizione del commercio mondiale. In questo contesto, l’industria calzaturiera italiana mantiene una posizione di rilievo nel mercato mondiale al quarto posto nel ranking dei principali esportatori mondiali, unico paese ad altro reddito tra i primi 5 esportatori mondiali. Il secondo esportatore mondiale non appartenente al gruppo dei Paesi a basso costo è la Spagna, al nono posto. Figura 15 – I flussi internazionali del commercio di calzature. 2005 Fonte: elaborazioni ANCI su dati SATRA 272 Figura 16 – I principali paesi esportatori di calzature Fonte: elaborazioni ANCI su dati SATRA Si stima (fonte Datamonitor) che il mercato mondiale delle calzature abbia generato nel 2005 un ammontare totale di ricavi (misurati ai prezzi al consumo praticati dai dettaglianti) di quasi 130 miliardi di Euro, pari ad un consumo di circa 10 miliardi di paia di calzature nel 2005. In numero di paia consumate queste cifre corrispondono ad un incremento medio annuo tra il 2001 e il 2005 del +5%. Quasi metà (47%) del consumo mondiale (in valore) di calzature è concentrato negli Stati Uniti. L’Europa pesa per circa un terzo (32%) e l’insieme di Asia e Oceania per un quinto (20%). Il mercato Americano, oltre ad essere quello di maggiori dimensioni, è stato, tra il 2001 e il 2005, il più dinamico, con un tasso medio annuo di crescita del 4%, mentre l’Europa è cresciuta del 2,3% e l’Asia-Oceania del 3,3%. Le previsioni a breve e medio termine sono di una ulteriore significativa crescita dei consumi mondiali di calzature. Il principale motore della crescita è l’aumento dei redditi pro-capite e familiari nei Paesi emergenti, i Paesi dell’est Europa, ma soprattutto quelli asiatici (Cina e India). In questi paesi nei prossimi anni consistenti masse di popolazione passeranno da una condizione di povertà e da modelli di consumo rurali, ad un livello di reddito che lascia spazio a consumi voluttuari e all’avvio della adozione dei modelli di consumo tipici dei paesi a reddito più elevato. Gli analisti si attendono quindi nei prossimi anni una accelerazione dei consumi di calzature, con tassi di crescita medi annui di oltre mezzo punto percentuale superiori al 5% registrato nell’ultimo quinquennio. Dal punto di vista di un operatore europeo, questi dati positivi sulla crescita dei consumi mondiali di calzature negli ultimi anni e per l’immediato futuro vanno tuttavia commisurati alla evoluzione dei tassi di cambio. Negli ultimi anni, infatti, il panorama economico internazionale è stato fortemente condizionato da una eccezionale rivalutazione del valore dell’Euro rispetto a quasi tutte le valute mondiali, ed in particolare sul Dollaro. La rivalutazione dell’Euro ha comportato che i prezzi unitari in Euro siano fortemente diminuiti rispetto a quelli in dollari negli ultimi cinque anni. I dati di crescita del mercato mondiale espressi in Dollari sono positivi come quelli dei volumi, con una crescita media nel quinquennio 2001-2005 del 3,3%, con una accelerazione negli ultimi anni (l’ultimo dato disponibile, quello del 2005, è infatti del 4%). Tuttavia, se i dati del mercato vengono tradotti in Euro, ai tassi di cambio corrispondenti in ciascun anno, il valore del mercato in Euro nel 2005 è inferiore a quello del 2001. Il prezzo unitario medio è diminuito in 5 anni del 5% se misurato in Dollari (a causa della crescita del peso dei consumi dei paesi emergenti rispetto al peso dei consumi dei paesi ricchi), ma di ben il 32% se misurato in Euro, appunto per la rivalutazione della moneta europea. Ipotizzando per i prossimi anni una stabilità dei tassi di cambio, gli analisti si 273 attendono quindi una leggera accelerazione, con tassi di crescita intorno al 4% all’anno, oltre mezzo punto in più all’anno rispetto ai tassi di crescita degli ultimi cinque anni. Secondo queste previsioni, nel 2010, agli attuali tassi di cambio, il valore del mercato mondiale delle calzature potrebbe avvicinarsi ai 150 miliardi di Euro. Figura 17 – Il mercato mondiale delle calzature: in valore (US$) e in quantità (paia) 160 10 155 9.5 150 9 145 scala sx 140 8.5 Miliardi di US$ Miliardi di paia scala dx 135 8 2001 2002 2003 2004 2005 Fonte: elaborazione Hermes lab su dati Datamonitor 5.5.2 Metodologie di selezione dei mercati La dimensione globale del mercato richiede alle imprese di valutare continuamente quali mercati servire, in quali effettuare politiche di penetrazione, da quali ritirarsi perché non più profittevoli. Il problema della selezione del mercato si scompone in tre domande fondamentali: 1. Quali sono i paesi che possono essere considerati “interessanti” per l’impresa, per il tasso di crescita o l’ampiezza generale del mercato? 2. Tra i paesi considerati “interessanti”, in quali esiste effettivamente un mercato per il prodotto specifico dell’impresa? 3. Se anche il mercato è interessante ed interessato al prodotto specifico, quali competenze dell’impresa possono offrire un vantaggio competitivo su quel mercato? Qual è il grado di rivalità e concorrenza tra le imprese che operano su quel mercato? In altre parole, la selezione del mercato richiede una analisi della attrattività di quel mercato, ma anche un audit interno sulle capacità che l’impresa ha di aggredirlo. Nella valutazione e selezione dei mercati si possono applicare metodologie più o meno sofisticate, che possono produrre risultati a cui si può dare più o meno fiducia. E’ però opportuno non sprecare nessun elemento di conoscenza, nemmeno quelli più banali, che possono provenire da sporadiche esperienze o dalla attenta osservazione del comportamento dei concorrenti più diretti, da cui prendere le mosse per costruire sistemi di valutazione e decisione più sofisticati, che possono richiedere all’impresa il supporto di consulenti esterni, sia nel Paese di origine che nel Paese target. 274 5.5.2.1 Capitalizzazione delle esperienze precedenti Per operare una prima selezione, corrispondente alla prima delle tre domande sopra citate, un primo strumento può trovarsi già dentro l’impresa: è l’esperienza acquisita, personale o dell’impresa. L’aver già sperimentato, anche in modo occasionale, il funzionamento di un mercato, rappresenta un importante patrimonio da mettere a frutto. Se tali esperienze sono state positive, anche se sono state soltanto occasionali, possono costituire un buon punto di partenza. E’ anche possibile individuare rischi e opportunità di un mercato a partire dall’esperienza accumulata operando su mercati con forti similitudini culturali o economiche o con stretti legami con i nuovi mercati obiettivo. Questo metodo di valutazione, forse non approfondito, ma che può costituire un punto di partenza per una successiva analisi in profondità, tende a valorizzare e a concentrare l’attenzione sul capitale di conoscenze ed esperienze esistente. 5.5.2.2 Imitazione dei concorrenti Sempre in relazione alla prima delle tre domande, una ulteriore fonte di informazione preliminare è il comportamento dei concorrenti diretti più intraprendenti. Questo metodo si basa sulla supposizione che le scelte di internazionalizzazione fatte dai concorrenti diretti siano state precedute da analisi e studi più o meno approfonditi e che il livello di successo conseguito sui mercati esteri sia un indicatore dell’opportunità di fare scelte simili. Ovviamente si tratta di un metodo che comporta rischi significativi, nessuno garantisce che le scelte dei concorrenti siano ponderate od adeguate, e nemmeno che un’altra impresa possa aver lo stesso successo dei primi esploratori del mercato che, se non altro, hanno potuto contare sul cosiddetto vantaggio del primo arrivato; infine i concorrenti possono essere dotati di competenze distintive chiave per il successo su quel mercato che le altre imprese non posseggono. Il metodo dell’analisi dei comportamenti della concorrenza risulta più utile per apprendere dagli errori degli altri che non dai successi, soprattutto nelle attività di selezione dei mercati. Una regola generale che vale sia per le informazioni preliminari di tipo macroeconomico che per quelle più specifiche riguardanti il mercato di riferimento delle imprese è quella di organizzare in modo formale, quantitativo e misurabile, le informazioni. Trasformare le informazioni in cifre rende la sintesi e la valutazione delle informazioni stesse più semplice e chiara. Per questo si può utilizzare un semplice schema di screening utilizzando una matrice come quella della Tabella 9. Per compilare la tabella è necessario prioritariamente assegnare a ciascun indicatore di importanza relativa, un peso (può essere comodo esprimerlo in percentuale in modo tale che la somma di tutti i pesi sia uguale a 100) definito soggettivamente da parte dell’analista, in relazione agli obiettivi e alle caratteristiche dell’impresa (ad esempio si può dare un peso maggiore alla stabilità politica di un paese o alla crescita economica generale, o alla struttura dei canali di distribuzione o alle politiche doganali, in relazione ad esempio agli obiettivi di crescita dell’impresa, alla disponibilità ad accettare un rischio, alla consuetudine o al potere negoziale nei confronti dei partner locali, etc.). Per ciascun indicatore raccolto va espresso un voto sintetico, su una scala definita (es. da 1 a 10, 1 per i fattori più sfavorevoli, 10 per quelli più favorevoli), che esprime il giudizio sul significato positivo o negativo di quell’indicatore per le politiche di espansione dell’azienda. Il voto può essere soggettivo o basato quantitativamente. In questo secondo caso si può calcolare un campo di variazione dell’indicatore (massimo - minimo), dividerlo in categorie (10 nel caso i voti siano da 1 a 10) e quindi assegnare il voto sulla base della classe in cui l’indicatore rientra. 275 Tabella 9 – Schema per lo screening Importanza dell’indicatore Indicatore 1 Indicatore 2 (….) Indicatore N Totale Paese 1 Paese 2 (…..) Paese N 100,0 Per ogni Paese si potrà calcolare la media dei voti, ponderando il indicatore per il suo peso, secondo la formula: voto relativo a ciascun (voto all’indicatore 1 del Paese 1) x (importanza dell’indicatore) / 100 Si otterrà così una voto sintetico per ciascun Paese che può essere considerato un indice di attrattività. Questo esercizio può essere ripetuto con i diversi gruppi di indicatori relativi a ciascuna delle tre domande sopra indicate. 5.5.2.3 La valutazione strutturata dell’attrattività 1. Il quadro macroeconomico Un primo insieme di indicatori generali può servire ad effettuare una prima selezione di Paesi, scartando quelli che hanno ottenuto le valutazioni peggiori dal modello di screening e focalizzando l’attenzione su quelli che hanno ottenuto i punteggi più elevati. La organizzazione delle informazioni che possono essere raccolte a partire dall’esperienza pratica, propria o dei concorrenti, non è però sufficiente a portare a termine una analisi preliminare. E’ necessaria, almeno, anche la raccolta di alcune basilari informazioni di tipo macroeconomico. Le informazioni macroeconomiche sono facilmente reperibili, anche in modo gratuito. Vi sono molti enti e istituzioni italiane internazionali e dei paesi target che pubblicano periodicamente statistiche di vario genere. Per quanto riguarda l’Italia, una delle fonti più importanti è l’ICE. Sul sito web dell’Istituto (http://www.ice.gov.it/paesi/default.htm) è possibile trovare dati macroeconomici sui principali mercati, dati sugli scambi di merci, dati sugli investimenti diretti esteri, relativi alle imprese italiane con partecipazioni all’estero e alle imprese estere con partecipazioni in aziende italiane. Altre organizzazioni pubbliche (come ad esempio l’ISTAT (http://www.istat.it) o private utili sono ad esempio gli uffici studi delle principali banche italiane. Per le organizzazioni internazionali ed estere, un elenco molto completo di tali enti, insieme a molte altre informazioni, si trovano nel sito http://globaledge.msu.edu/ nella sezione Resource Desk. Una lista di organizzazioni internazionali e di uffici statistici di moltissimi Paesi si trova anche all’indirizzo http://www.istat.it/link.html. Tra i più interessanti si possono citare la Commissione Europea http://www.europa.eu e http://europa.eu.int/comm/eurostat e l’OCSE di Parigi ( http://www.oecd.org ). I dati raccolti potranno riguardare indicatori generali: - livello di reddito del Paese, PIL e consumi pro-capite - dinamica del Prodotto interno lordo e dei consumi - dinamica e previsioni sui tassi di cambio - apertura ai mercati internazionali (limitazioni all’import, regole tariffarie, etc.) e dinamica delle importazioni, principali Paesi che esportano su quel mercato - tasso di inflazione - distribuzione geografica della popolazione e dei redditi nelle principali città o regioni - distribuzione della popolazione per età 276 - previsioni economiche e demografiche a breve e medio termine indicatori riguardanti il sistema finanziario (credito, tassi d’interesse, etc.) indicatori riguardanti la sicurezza e la criminalità disponibilità di infrastrutture (costo e disponibilità di energia, rete telecomunicazioni, etc.) dei trasporti, 5.5.2.4 La valutazione strutturata dell’attrattività 2. Le tendenze specifiche del prodotto e i comportamenti del consumatore Definita l’attrattività generale del Paese e del clima degli affari è necessario valutare quella specifica, relativa ai prodotti dell’impresa. In questo caso le fonti informative sono più difficili da reperire e possono richiedere l’acquisto di rapporti specialistici, dei servizi di società di consulenza, visite esplorative sul posto, anche attraverso missioni commerciali organizzate dalle Associazioni di categoria, dalle Camere di Commercio, dall’ICE. Un'altra fonte cruciale di informazioni è la partecipazione alle fiere specializzate di settore e della moda sia nei Paesi target sia in Italia, dove si possono incontrare operatori commerciali e possibili partner dei Paesi selezionati. Le informazioni da raccogliere riguardano: - il potenziale attuale e le prospettive di crescita del mercato specifico e dei principali segmenti di cui è composto (es. consumo di calzature per funzione d’uso, per tipo di materiale, per fascia di prezzo, per profilo del consumatore) - i comportamenti di consumo nei segmenti rilevanti, le politiche di marketing degli operatori già presenti - la stagionalità e la ciclicità del mercato specifico - la struttura dei canali distributivi - la redditività del mercato e il panorama della concorrenza (marchi e produttori presenti, quote di mercato, politiche di marketing) - leggi e norme rilevanti per il mercato di specifico. Alcuni esempi generali del tipo di informazioni utili per rispondere alla seconda tra le tre domande iniziali, sono quelli che si trovano nelle successive parti di questo capitolo, relativamente ai principali mercati europei, asiatici e agli Stati Uniti. 5.5.2.5 La valutazione strutturata dell’attrattività 3. Le competenze dell’impresa per i nuovi mercati. Il grado di coinvolgimento e di recuperabilità dei costi e degli investimenti necessari al piano di penetrazione Una volta stabilito che il mercato di un Paese presenta interessanti opportunità di crescita e che la struttura e le caratteristiche specifiche relative al prodotto e ai segmenti di interesse delle imprese possono consentire una interessante profittabilità per un operatore del settore, è necessario valutare se quel mercato è attrattivo per l’impresa. O in altri termini se le competenze dell’impresa sono adeguate a quel mercato e se l’ingresso in quel mercato è coerente con le strategie complessive dell’impresa. I principali fattori da considerare sono: - la coerenza della qualità del prodotto con i comportamenti di consumo e il sistema distributivo del Paese target - la consuetudine ad operare con i canali distributivi prevalenti nei Paese target - l’immagine del marchio aziendale o del Made in Italy nel Paese target - la conoscenza dell’impresa nelle operations in mercati internazionali e in mercati simili a quello del Paese target - le risorse finanziarie disponibili per il piano di penetrazione 277 - le competenze interne nella gestione di un piano di comunicazione a sostegno del progetto di penetrazione la capacità produttiva in relazione al mercato potenziale nel Paese target la capacità di adattamento alle richieste specifiche dei consumatori e dei distributori nel Paese target i costi e la capacità per l’impresa di rinunciare a proseguire il piano di penetrazione qualora le condizioni di attrattività dovessero cambiare o si rivelassero diverse da quanto previsto. Alcune informazione di base per valutare questi fattori si trovano nelle successive parti di questo capitolo, relativamente ai principali mercati europei, asiatici e agli Stati Uniti. 5.5.2.6 La valutazione di insieme e il quadro logico del piano di penetrazione commerciale Le informazioni raccolte sulla attrattività dei mercati e sulla competitività e capacità dell’impresa di operare sui nuovi mercati richiedono di essere organizzate in modo sintetico. Uno strumento utile a questo scopo è la cosiddetta SWOT analysis, analisi dei punti di forza e debolezza, delle minacce e delle opportunità (Figura 18). L’Analisi SWOT consente di visualizzare contemporaneamente: - punti di forza, dell’impresa (Strenghts); - punti di debolezza, dell’impresa (Weaknesses); - opportunità, del mercato (Opportunities); - rischi-minacce, del mercato, da parte dei concorrenti (Threats). I punti di forza (Strenghts) e debolezza (Weaknesses) sono propri del contesto di analisi e sono modificabili grazie a scelte e decisioni dell’impresa, o possono modificarsi proprio in relazione alla scelta di ingresso in un nuovo mercato. Le opportunità (Opportunities) e rischi (Threats) derivano dalla situazione del mercato, sia di quello su cui l’impresa opera tradizionalmente, che di quello in cui pensa di entrare. Diversamente dal modello di selezione del Paese sopra illustrato, una analisi SWOT, di per sé, non fornisce una risposta alle domande, serve piuttosto ad organizzare la riflessione per la scelta. Serve a capire quali sono le caratteristiche della nostra organizzazione che possono favorire o frenare il successo sul nuovo mercato e quali cambiamenti o interventi sulla organizzazione aziendale sarebbero resi necessari dalla scelta di entrare in un nuovo mercato. Permette di organizzare l’analisi del comportamento e dei risultati dei concorrenti. Nella parte relativa alla analisi dell’attrattività confluiscono le informazioni sinteticamente descritte sopra nei punti 1 e 2. Nella parte relativa alla analisi della competitività confluiscono le informazioni sinteticamente descritte sopra al punto 3. 278 Figura 18 – La struttura dell’analisi SWOT OPPORTUNITA’ ATTRATTIVITA’ DEL MERCATO MINACCE COMPETITIVITA’ DELL’IMPRESA (SUL NUOVO MERCATO E EFFETTI DELL’ESPANSIONE ALLESTERO SULLA COMPETITIVITA’ COMPLESSIVA DELL’IMPRESA) PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA Fonte: Hermes lab Un ulteriore strumento di supporto alle decisioni molto noto è la cosiddetta matrice General Electric (GE), dal nome della multinazionale americana che per prima ne ha fatto un uso sistematico (Figura 19). Figura 19 – La matrice Attrattività - Competitività (GE) La matrice GE, è divisa in nove “celle”. Le tre celle in alto a sinistra individuano i Paesi target nella posizione migliore. In esse l’impresa dovrebbe investire e creare sviluppo. Le tre celle lungo la diagonale sono in una posizione intermedia: i Paesi target situati in quest’area non sono adatti a nuove strategie di espansione, ma se l’impresa vi è già presente è opportuno mantenere il livello attuale di investimenti. Le tre celle situate in basso a destra individuano i Paesi nella posizione 279 peggiore, in cui evitare ogni nuovo coinvolgimento e per i quali, se l’impresa vi è già insediata, è opportuno pensare a scelte di disinvestimento. Arrivati in fondo al processo di selezione del mercato, va definito un Piano di Marketing e piani operativi per le diverse fasi del progetto di penetrazione commerciale, a partire dalla ricerca di partner locali, sempre indispensabili soprattutto nelle prime fasi di attività. La struttura logica del piano di penetrazione commerciale (Figura 20) definisce i principi di azione. Non sempre la realtà operativa consente di mantenere la linea logico-temporale del piano, ad esempio l’individuazione di un partner affidabile può essere molto anticipata, spesso avviene nelle prime fasi di realizzazione dell’idea di espansione e può favorire l’attività di raccolta delle informazioni. Figura 20 – La struttura logica di un piano di penetrazione commerciale ANALISI DI ATTRATTIVITA’ : SELEZIONE DEI MERCATI PIU’ INTERESSANTI ANALISI DI ATTRATTIVITA’ : IL MERCATO DEI PRODOTTI DELL’IMPRESA E I SEGMENTI RILEVANTI ANALISI INTERNA : I PUNTI DI FORZA DELL’IMPRESA IN RELAZIONE ALL’INGRESSO NEI NUOVI MERCATI ANALISI SWOT E VALUTAZIONE DELLE RISORSE DISPONIBILI PIANO DI MARKETING PIANI OPERATIVI E RICERCA DEI PARTNER Fonte: Hermes lab 280 5.5.3 Il mercato europeo 5.5.3.1 Le dimensioni del mercato Il valore complessivo del mercato europeo della calzature è di circa 40 miliardi di Euro, pari a circa 2,8 miliardi di paia. E’ quindi attualmente il secondo mercato mondiale dopo quello americano, la cui dimensione è di circa un terzo superiore a quella europea (Figura 21). Figura 21 – Il mercato mondiale delle calzature per macro-area geografica. 2005 Il mercato mondiale delle calzature per macro aree geografiche 20% 48% Americhe Europa Asia-Pacifico 32% Fonte: elaborazione Hermes lab su dati Datamonitor Figura 22 – L'evoluzione di medio e lungo termine dei consumi. 1995-2004. Dati in miliardi di paia e Variazione percentuale cumulata. 3.00 1995 +26% +33% 2004 +23% 2.00 1.00 +6% +45% 0.00 Europa occ UE 15 ue 12 nuovi membri(*) usa giappone (*) I dati non comprendono Lituania, Lettonia ed Estonia Fonte: elaborazioni Hermeslab su dati SATRA 281 Il mercato europeo ha registrato negli ultimi dieci anni un incremento inferiore a quello americano. I nuovi Paesi aderenti all’Unione Europea hanno invece goduto di una crescita (+45% in dieci anni) dei consumi di calzature molto più elevata sia del resto d’Europa che degli Stati Uniti. Ma a partire da una dimensione complessiva ancora molto limitata, anche se per i prossimi 10 anni si mantenesse il gap di crescita tra UE a 15 e nuovi Paesi Membri, la quota di questi ultimi sul totale del mercato europeo resterebbe inferiore al 20%. 5.5.3.2 L’Unione Europea Il mercato europeo non cresce rapidamente come quello americano, ma è in rapido cambiamento, in particolare lo è stato dal 2002 in poi anche in conseguenza dell’introduzione della moneta unica, che ha contribuito a modificare le politiche distributive e di prezzo praticate dall’industria con effetti anche sui comportamenti di spesa dei consumatori. In Europa, malgrado la moneta unica, quello delle calzature resta in ogni caso un mercato caratterizzato da forti differenze nei modelli di consumo nei diversi Paesi, legati a diversi gusti, culture e tradizioni. I consumatori i italiani e gli spagnoli, ad esempio, sono i più esigenti ed attenti alla qualità, al contenuto moda, e alla identità del marchio delle calzature, sono cioè disposti a pagare un premio di prezzo per avere prodotti con caratteristiche che ritengono superiori o che forniscono maggiore soddisfazione. All’estremo opposto si trovano i consumatori tedeschi, più inclini a dare importanza soprattutto al fattore prezzo. Come si osserva nella Figura 5.32, il consumo pro-capite di calzature differisce notevolmente tra i diversi Paesi. L’Italia è il Paese con la maggiore spesa pro-capite annua (oltre 260 Euro per abitante) corrispondente ad oltre 6 paia di calzature per abitante. Partendo da una fonte diversa, SATRA, si arriva ad una stima del consumo pro-capite in paia degli italiani solo leggermente inferiore (oltre 5 paia). Quello italiano è dunque un mercato pressoché saturo in cui la crescita dei consumi non può essere sostenuta da un aumento della penetrazione del mercato. I paesi con il più basso consumo pro-capite, e quindi caratterizzati dai maggiori potenziali di crescita, sono i nuovi Paesi membri dell’Unione Europea: Rep. Slovacca e Rep. Ceca, Ungheria e Polonia. Figura 23 – La spesa pro-capite in calzature nei Paesi Europei. 2004 Fonte Euromonitor 282 Tabella 10 – Il mercato delle calzature in Europa Occidentale. anno 2004. Produzione, consumi e interscambio Aree geografiche Paese Produzione (milioni di paia) Importazione (milioni di paia) Esportazione (milioni di paia) Consumo (milioni di paia) 7 0 2 3 53 30 5 1 281 2 86 16 147 1 2 0 0 2 6 646 63 123 39 15 345 412 40 17 311 160 34 391 190 33 2 17 36 3 10 2 241 34 80 16 2 52 95 2 5 279 84 77 31 109 6 0 1 3 1 1 877 36 43 26 16 346 347 43 13 313 78 43 376 228 28 4 16 33 4 15 2 010 Popolazione (milioni) Consumo pro-capite (-) (paia) EUROPA OCCIDENTALE Austria Belgio-Lussemburgo Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Paesi Bassi Portogallo Regno Unito Spagna Svezia Malta Norvegia Svizzera Cipro Altri TOTALE EUROPA OCCIDENTALE 8.1 10.4 5.4 5.2 60.0 82.6 11.0 4.1 57.8 16.3 10.5 59.7 42.5 9.0 0.4 4.6 7.4 0.9 4.4 4.1 4.8 3.1 5.8 4.2 3.9 3.2 5.4 4.8 4.1 6.3 5.4 3.1 10.0 3.5 4.6 4.4 Fonte SATRA Le fonti statistiche presentano significative discordanze riguardo ai livelli assoluti dei consumi in Europa, con la Germania e l’Italia che si alternano al primo posto come mercato di sbocco, a seconda delle definizioni e delle unità di misura utilizzate. Se si prendono a riferimento i dati SATRA, tra i Paesi Europei, la Germania resta il mercato di maggior dimensione per valore dei consumi, quasi 350 milioni di Paia (stimabili pari a circa 8 miliardi di Euro) ed ha mantenuto nell’ultimo quinquennio una dinamica positiva, in un contesto sostanzialmente recessivo, sia per la spesa complessiva delle famiglie, sia per gli acquisti in generale di vestiario. Secondo i dati SATRA stimati secondo una metodologia comparabile tra i diversi Paesi europei, il secondo mercato sarebbe l’Italia con un consumo di oltre 310 milioni di paia (pari ad una spesa complessiva di oltre 6 miliardi d Euro). Va segnalato che secondo altre fonti (ANCI) che depurano i dati da possibili duplicazioni e basano la stima dei consumi su rilevazioni dirette, il livello assoluto dei consumi italiani sarebbe in realtà più basso, intorno ai 190 milioni di paia. Non sono tuttavia disponibili per gli altri Paesi statistiche che correggano i possibili effetti delle duplicazioni statistiche. Seguono molto da vicino la Francia con circa 8 miliardi di Euro e circa 340 milioni di paia e la Gran Bretagna, con circa 6 miliardi di Euro, e circa 370 milioni di paia. La Francia inoltre è il paese che nell’Europa occidentale ha registrato i tassi di crescita maggiori negli ultimi anni. La tendenza del mercato francese delle calzature a crescere più della media rappresenta ormai un trend consolidato, che dura dai primi anni novanta. Tra il 1991 e il 2000 infatti era cresciuto ad un tasso medio annuo dell’1,3%, seguito come rapidità di crescita solo dalla Germania (+1,2% medio anno). Se il differenziale di crescita dei consumi francesi rispetto a quelli inglesi si manterrà nei prossimi anni, entro il 2010 la Francia, si lascerà la Gran Bretagna alle spalle per dimensione del mercato. 283 5.5.3.3 L’est Europa L’estensione ad est dell’Unione Europea e in generale il rafforzamento dei legami commerciali con i Paesi centro-orientali dopo il collasso dei sistemi politici comunisti è uno dei fattori di maggior rilievo, assieme all’introduzione della moneta unica, che ha caratterizzato l’evoluzione dei mercati europei nell’ultimo decennio. Oggi l’est Europa, includendo in questa definizione sia i Nuovi membri dell’Unione che la Russia e i Balcani, presenta nell’immediato futuro significative prospettive di crescita. All’inizio degli anni novanta questi mercati, nel loro insieme, avevano subito il contraccolpo del crollo del sistema politico e di regolazione economica, una crisi che in molti di questi paesi si è prolungata, conoscendo fasi molto acute, fin oltre la metà del decennio. In quasi tutti i paesi, e in particolare nei nuovi membri dell’Unione, si è progressivamente affermata una situazione di stabilità economica e politica che ha favorito la crescita dei redditi e dei consumi dalla fine degli anni novanta. Oggi tutta la regione, pur con forti differenze tra i paesi, sta attraversando una fase di rapido cambiamento nei modelli di consumo, di intenso sviluppo dei sistemi distributivi, a cui partecipano con importanti investimenti le maggiori catene distributive dell’Europa Occidentale, quasi tutte ormai presenti in modo massiccio nelle maggiori città di questi paesi. Nei prossimi anni il mercato risulterà particolarmente vivace, non solo in relazione alla sua evoluzione quantitativa, ma anche ai cambiamenti nella sua composizione e struttura. Ciò comporterà per i produttori e distributori, sia occidentali che locali, un continuo riaggiustamento delle politiche di posizionamento, di pricing, di comunicazione. Con ogni probabilità questi mercati diventeranno il principale elemento di influenza sulla strategia dei più importanti marchi europei impegnati nella produzione e distribuzione di calzature. Tabella 11 – produzione e commercio di calzature in Europa Orientale. anno 2004 Aree geografiche Paese EUROPA ORIENTALE Bulgaria Croazia Repubblica Ceca Slovacchia Ungheria Polonia Romania Slovenia Russia Altri TOTALE EUROPA ORIENTALE Produzione Importazione Esportazione Consumo (milioni (milioni (milioni (milioni Popolazione pro-capite (-) Consumo di paia) di paia) di paia) di paia) (milioni) (paia) 10 8 6 16 10 36 69 3 45 75 278 10 10 40 22 50 86 83 5 170 249 725 9 8 8 19 10 17 59 3 2 12 147 11 10 38 19 50 105 93 5 213 312 856 7.8 4.4 10.2 5.4 10.1 38.2 21.7 2.0 144.1 1.4 2.3 3.7 3.5 5.0 2.7 4.3 2.5 1.5 Fonte SATRA 5.5.3.4 Le importazioni Le importazioni dei Paesi dell’Europa a 25 dalla Cina hanno raggiunto nel 2005 1,251 milioni di paia, da 862 milioni di paia nel 2004 e hanno rappresentato nel 2005 circa il 64% del totale delle calzature importate. Alla forte crescita della Cina, di gran lunga il maggior esportatore verso l’Europa, ha corrisposto un calo sia del secondo fornitore, il Vietnam, da 298 milioni di paia nel 2004 a 265 milioni nel 2005, anche a causa di provvedimenti anti-dumping, che del terzo, la Romania (che nel 2005 non era ancora membro dell’UE) da 71,6 milioni di paia a 71,4 milioni. L’India, pur con una crescita del solo 1%, ha conquistato il quarto posto tra gli esportatori a spese dell’Indonesia. I prezzi medi unitari dei prodotti cinesi sono inferiori a quelli medi degli altri paesi 284 fornitori ed anche a quelli degli altri maggiori Paesi a basso costo come Vietnam, Romania o Indonesia. Figura 24 – I principali paesi Esportatori verso l’Europa (UE25). Quota percentuale sul totale. In valore e quantità. 2005 70% inmil.Paia in valore 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Cina Vietnam Romania India Indonesia Brasile Tailandia Turchia HongKong Tunisia Altri Fonte: Eurostat Le calzature in pelle rappresentano oltre la metà delle importazioni di calzature nell’Europa a 15 (Figura 25). Figura 25 – Importazioni di calzature nella UE -15 per tipo di tomaia e merce. 2003 Parti di calzature 9% Altro 4% Tessile 15% Pelle 57% Plasticagomma 15% Fonte: Eurostat 285 5.5.4 Il mercato tedesco 5.5.4.1 Le dimensioni del mercato Il mercato tedesco è il più importante mercato europeo, con un valore complessivo dei consumi di circa 10 miliardi di Euro (prezzi al dettaglio) nel 2006, pari a circa 320 milioni di paia. Nella prima parte del decennio, la generale stagnazione dell’economia tedesca e la conseguente generale contrazione della spesa in beni di consumo delle famiglie tedesche ha però provocato un rallentamento anche degli acquisti di calzature, con un calo, ad esempio del 2% nel 2004. La debolezza del mercato interno si somma all’aggressiva concorrenza sui prezzi proveniente dalle importazioni. Come risultato di questi due fattori l’industria tedesca delle calzature ha subito tra il 2002 e il 2005 una contrazione e una riduzione del numero delle imprese. La pressione verso il basso sui prezzi esercitata dalle importazioni soprattutto dalla Cina e dal Vietnam, ha tuttavia avuto effetto prevalentemente sulle fasce più basse del mercato. All’estremo opposto, quello del lusso ha registrato uno stabile incremento nell’ultimo quinquennio, senza pressioni sui prezzi. La ripresa economica che si è avviata a partire dalla fine del 2005 favorirà un seppur lento recupero anche dei consumi di calzature che potrebbe complessivamente crescere (in valore) tra il 10% e il 15% nei 5 anni tra il 2005 e il 2010. Il segmento in più rapida crescita è quello delle calzature casual che, nel corso dei dieci anni tra il 2001 e il 2010, è previsto crescere del 3,6% in media annua. Con un livello quindi nel 2010 di circa il 30% superiore a quello del 2001. Tabella 12 – Il mercato tedesco delle calzature. Per funzione d’uso. 1991, 1995, 2005. % su dati in valore anni Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Accessori Total 1991 1995 2005 41.3 3.5 46.5 8.4 0.1 100.0 41.1 3.5 47.0 8.2 0.1 100.0 41.5 3.4 47.2 7.6 0.1 100.0 Fonte: GIA I dati mostrano una struttura dei consumi tedeschi con una quota particolarmente elevata delle calzature in pelle che contano per oltre il 60% del totale e con una quota invece molto bassa delle calzature con tomaia in materiale sintetico (gomma o plastica) che conta per meno del 4% del consumo totale. Il consumo pro-capite di calzature dei tedeschi (4,2 paia pro-capite annue secondo SATRA) non raggiunge i livelli elevati di Italia e Francia ma si mantiene ai livelli più alti con un grado di penetrazione molto elevato, con quindi minori possibilità di crescita futura. I consumatori tedeschi, secondo Euromonitor, sono meno interessati della media dei consumatori europei alla componente moda dei prodotti e più sensibili al prezzo, rispetto ad esempio agli italiani. Un recente studio svolto dal Gruppo Deichmann (uno tra i più importanti retailers tedeschi) confort e qualità sono i due principali fattori di scelta delle calzature per i consumatori tedeschi, ben più importanti della moda. In questa attenzione per la qualità e il confort trova spiegazione anche l’elevata quota di calzature di pelle sul mercato dei consumi tedesco. 286 Figura 26 – Il mercato tedesco delle calzature. Per materiali utilizzati. 2004. % su dati in numero di paia Plastica 4% Altro 6% Tessile 21% Pelle 69% Fonte: Eurostat In Germania nell’agosto del 2005 si è realizzata la più importante operazione di acqisizione nel settore della calzature dell’ultimo decennio, con l’acquisizione dell’americana Reebok da parte del gruppo tedesco Adidas. L’operazione ha coinvolto il secondo ed il terzo gruppo mondiale delle calzature sportive, con importanti interessi anche nell’abbigliamento. Il nuovo gruppo realizza, nel suo insieme circa 12 miliardi di dollari di ricavi, e si avvicina Nike, il leader mondiale che nel 2005 ha raggiunto un fatturato di circa 14 miliardi di dollari. 5.5.4.2 La struttura distributiva Secondo le analisi di Euromonitor, i negozi indipendenti sono il canale più importante e contano per il 62% delle vendite di calzature in Germania. La persistenza di una quota elevata di vendite attraverso il commercio indipendente è stata resa possibile dal diffuso utilizzo da parte dei dettaglianti di formule di associazione all’interno di centrali d’acquisto, a cui vengono affidati dai negozi associati i compiti di sourcing, selezione della gamma dei prodotti, logistica e spesso anche di definizione delle strategie generali di marketing. Le due maggiori centrali d’acquisto sul mercato tedesco sono Garant Schuh+Mode AG, una centrale di dimensione europea che opera anche negli articoli sportivi e negli accessori, con oltre 4.800 associati, di cui quasi 2.000 solo in Germania, e ANWR (Ariston/Nord-West-Ring), la più grande tra quelle specializzate nelle calzature con 1.600 associati tutti in Germania. Attraverso questi due gruppi d’acquisto transita circa il 25% di tutto il mercato. Come in tutti i maggiori mercati europei, le catene specializzate sono stata la componente più dinamica della struttura distributiva a cavallo tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo 287 secolo. La più importante in Germania è Deichman che opera con le insegne Deichman (quasi mille negozi) e Roland Schuhe (60 negozi). Anche il canale dei negozi e delle catene specializzate nell’abbigliamento sportivo è in forte crescita, trascinato dalla generale tendenza all’utilizzo delle scarpe sportive anche nell’attività non sportiva quotidiana. Anche negli articoli sportivi la formula dei gruppi d’acquisto è molto diffusa, i principali sono Intersport (di dimensione europea e presente anche in Italia) con 1.500 negozi serviti e Sport2000 (mille negozi serviti). Guadagnano quote anche grandi magazzini e ipermercati, che offrono la possibilità ai consumatori di acquistare in un unico luogo le calzature e altre categorie di prodotti, secondo la formula dell’one-stop shop, quando i prodotti acquistati sono molto standardizzati e di acquisto semplice. Un limite importante di questo canale è l’ambiente asettico e caratterizzato da una immagine non alla moda. Alcuni dei principali operatori del settore negli ultimi anni hanno messo in atto politiche di cambiamento del marketing e dei layout della aree promuovendo, nei limiti delle caratteristiche delle grandi superfici non specializzate, atmosfere e ambienti più coinvolgenti. Figura 27 – La struttura della distribuzione di calzature per canali in Germania. 2003 negozi abbigliam. per corrispondenza 3% 6% altri 1% iper-supermercati 8% negozi indipendenti 30% art.sportivi 8% grandi magazzini 12% catene 32% Fonte: Eurostat 5.5.4.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Germania Il saldo commerciale è negativo. Le importazioni sono oltre il doppio delle esportazioni, ma l’evoluzione rispetto al 2000 è verso una riduzione dello squilibrio: per effetto della sensibile crescita dell’export (+50%) a fronte della sostanziale stabilità dell’import. La crescita delle esportazioni è in buona parte attribuibile alle calzature in pelle che rappresentano il 66% totale. 288 Tabella 13 – Germania: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro Calzature Di cui con tomaia in pelle 2000 Import 4.540 2.957 Export 1.457 967 Saldo -3.083 -1.990 2006 Import 4.587 2.886 Export 2.186 1.445 Saldo -2.401 -1.441 Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt Nel 2006 l’export è stato pari a 2.186 milioni di euro. I primi 3 Paesi destinatari assorbono il 33% del totale, i primi 10 il 66%. Rispetto al 2000 la concentrazione dell’export verso pochi Paesi clienti si è attenuata, principalmente per la riduzione del peso dell’Austria, il più importante Paese cliente che tra il 2000 e il 2006, pur aumentando del 14% le importazioni dalla Germania, ha ridotto di 4 punti percentuali la sua quota sul totale. In seconda posizione si trovano i Paesi Bassi con il 12%. Nelle posizioni successive si notano cambiamenti significativi (Tabella 5.14): - la Russia quasi quadruplica l’import dalla Germania (+291% in 6 anni) portandosi dal 14° al 6° posto nella graduatoria dei clienti, - la Polonia cresce del 203% salendo dalla nona alla settima posizione, - la Repubblica Ceca che nel 2000 era al sedicesimo posto, con un aumento del 196%, sale alla decima posizione, - gli USA dal terzo arretrano al nono posto con un calo dell’import dalla Germania del 32%. L’Italia nel 2006 è l’undicesimo Paese destinatario dell’export tedesco. Tra il 2000 e il 2006 il flusso di export dalla Germania verso l’Italia è aumentato del 79%. Tabella 14 – Germania: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro 2.186 TOTALE EXPORT 301 Austria 252 Paesi Bassi 159 Francia 136 Svizzera 131 Regno Unito 126 Russia 112 Polonia 94 Belgio 75 U.S.A. Rep. Ceca 66 % 100% 14% 12% 7% 6% 6% 6% 5% 4% 3% 3% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro 1.445 TOTALE EXPORT 197 Paesi Bassi 178 Austria 111 Francia 110 Russia 103 Regno Unito 102 Svizzera 73 Belgio 53 Polonia 48 U.S.A. Danimarca 40 % 100% 14% 12% 8% 8% 7% 7% 5% 4% 3% 3% Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt Le esportazioni di calzature in pelle nel 2006 sono state pari a 1.445 milioni di euro (+49,4% rispetto al 2000). Come nel caso per il totale delle calzature la concentrazione dei mercati di sbocco si attenua, sempre per la riduzione di peso dell’Austria, che da primo Paese partner scende al secondo posto. I cambiamenti più rilevanti riguardano i forti incrementi dell’export verso la Russia (+298%) e la Polonia (+291%), da un lato, e il ridimensionamento del mercato USA (42%), dall’altro. L’Italia, in quattordicesima posizione nel 2006, ha aumentato le importazioni del 74%. 289 Tabella 15 – Germania: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro 4.587 TOTALE IMPORT 1063 Cina 670 Italia 591 Vietnam 254 Portogallo 196 Austria 195 Romania 188 India 173 Rep.Slovacca 169 Paesi Bassi Indonesia 135 % 100% 23% 15% 13% 6% 4% 4% 4% 4% 4% 3% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro 2.886 TOTALE IMPORT 519 Italia 417 Cina 307 Vietnam 208 Portogallo 153 Romania 149 India 140 Rep.Slovacca 136 Austria 115 Paesi Bassi Indonesia 86 % 100% 18% 14% 11% 7% 5% 5% 5% 5% 4% 3% Fonte: Deutsches Statistisches Bundesamt L’import tedesco di calzature nel 2006 è stato pari a 4.587 milioni di euro, più del doppio dell’export. La concentrazione delle provenienze è elevata e in crescita rispetto al 2000. Il quadro dei principali Paesi fornitori cambia radicalmente nelle prime posizioni: - l’Italia, al primo posto con il 25% del totale nel 2000, scende al secondo con il 15% e una contrazione dei valori di ben il 41%, - la Cina, che con l’8% occupava la quarta posizione, diventa il primo Paese fornitore con il 23% del totale e un incremento dei valori esportati prossimo al 193%, - il Vietnam si consolida con una quota del 13%, - crescite significative anche per Romania (+164%), India (+82%) e Slovacchia (+52%), mentre tra i Paesi in contrazione si segnalano: Spagna (-64%) e Portogallo (-43%). Le calzature in pelle rappresentano il 63% dell’import in valore. I primi 3 Paesi fornitori concentrano il 43% del totale, i primi 10 il 77%. Per questo prodotto, l’Italia si conferma in prima posizione, ma fortemente ridimensionata rispetto al 2000 (-40%) e tallonata dalla Cina da cui la distaccano solo 4 punti percentuali. In sei anni l’import dalla Cina è cresciuto del 212% e la quota detenuta sul totale dell’import è passata dal 5% al 14%. Il Vietnam si conferma al terzo posto con un rafforzamento della posizione. Tra i Paesi che perdono quota troviamo l’Ungheria (-72%) e la Spagna (-69%). 5.5.5 Il mercato francese 5.5.5.1 Le dimensioni del mercato Il mercato delle calzature francese è il terzo mercato più importante per dimensione in Europa, con un valore complessivo dei consumi di circa 6 miliardi di Euro (prezzi al dettaglio) nel 2006, pari a circa 340 milioni di paia. E’ un mercato stabile ed in moderata crescita, tra il 2001 e il 2005 è cresciuto, in valore di circa il 5%. Le previsioni di GIA, basate principalmente su variabili macroeconomiche, indicano per il 2010 un livello di spesa superiore di circa il 12% a quello del 2001. Il consumo pro-capite oscilla tra 5,5 e 6 paia annue corrispondente a circa 137 Euro per abitante. Le calzature femminili rappresentano poco più della metà del mercato (51%), quelle maschili il 32%, quelle per bambini e ragazzi il 17%. In termini di volumi (numero paia) Il segmento più importante ed in più rapida crescita è quello delle calzature casual che nel corso dei dieci anni tra il 2001 e il 2010 è previsto crescere del 3,6% in media annua. Con un livello quindi nel 2010 di circa il 30% superiore a quello del 2001. 290 Tabella 16 – Il mercato francese delle calzature. Per funzione d’uso. 1991, 1995, 2005. % su dati in valore anni Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Accessori Total 1991 1995 2005 38.9 3.2 46.4 11.2 0.1 100.00 38.6 3.2 46.9 11.0 0.1 100.00 38.9 3.3 47.2 10.3 0.1 100.00 Fonte: GIA I dati disponibili mostrano una struttura dei consumi francesi merceologicamente molto diversa da quella tedesca, con una quota di calzature in pelle solo di poco superiore al 40% ed un peso molto più elevato delle calzature con tomaia in materiale sintetico (gomma o plastica) che arriva a rappresentare quasi 1/3 del consumo totale. Il mercato francese, come quello italiano presenta un elevato consumo pro-capite (5,8 paia procapite annue secondo SATRA) e quindi un grado di penetrazione molto elevato, con minori possibilità di crescita futura. In compenso i consumatori francesi, secondo Euromonitor, prestano attenzione più della media dei consumatori europei alla componente moda dei prodotti e pur cominciando ad adottare stili di consumo più informali anche nelle calzature, restano più ancorati agli acquisti di calzature formali (che contano ancora oltre il 10% dei consumi) rispetto ai consumatori tedeschi e degli altri Paesi del nord Europa. Figura 28 – Il mercato francese delle calzature. Per materiali utilizzati. 2004. % su dati in numero di paia Altro 5% Pelle 41% Plastica 31% Tessile 23% Fonte: Eurostat 291 5.5.5.2 La struttura distributiva A partire dagli anni sessanta, la Francia è il Paese in cui la modernizzazione del commercio e la tendenza ad una ipercompetizione nel commercio si è sviluppata maggiormente. Il concept dell’ipermercato, grandissime superfici e organizzazione focalizzata sulla esasperata ricerca dell’efficienza (grandissimi volumi a margini unitari molto ridotti) ha visto la sua origine in Francia dove nel 1963, a Sainte-Geneviève-des-Bois nel dipartimento dell'Essonne, Carrefour ha aperto il primo ipermercato. Sempre in Francia, all’inizio degli anni novanta si sono sviluppate, soprattutto nel vestiario, le prime grandi catene monomarca. Anche nelle calzature la struttura distributiva francese è più sbilanciata che in altri paesi europei verso le grandi superfici, solo 1/4 delle vendite passa oggi attraverso il canale del dettaglio indipendente. L’evoluzione verso forme distributive più organizzate nell’ultimo decennio ha visto prevalere, come in molti altri mercati europei, le catene specializzate, nelle calzature, o in abbigliamento e calzature, seguite dalle grandi superfici, soprattutto nella formula molto diffusa in Francia degli ipermercati. Una lunga storia distributiva, dominata dalla distribuzione moderna, ha reso i consumatori francesi particolarmente sensibili al prezzo. Il grande potere di contrattazione con i fornitori e l’efficienza distributiva che caratterizzano le catene specializzate e le grandi superfici offrono ai consumatori il vantaggio di prezzi bassi. Le principali catene specializzate nelle calzature sono il gruppo Vivarte (le insegne più importanti del gruppo sono La Halle aux Chassures nel segmento discount e Chaussland e Besson nel segmento medio), con poco più della metà del fatturato complessivo proveniente dalla vendita di calzature e il resto dall’abbigliamento. Il gruppo Eram, secondo distributore francese di calzature, 1,6 miliardi di Euro di fatturato, 13.000 dipendenti, oltre 1.700 punti vendita, sia specializzati di piccola superficie e di fascia media (come ad esempio Eram, France Arno, Rigoletto, Texto, Na!) che grandi superfici (come Gémo, L’Hyper aux vetements, Fabio Lucci, etc.), possiede inoltre direttamente anche quattro impianti di produzione in Francia. Figura 29 – La struttura della distribuzione di calzature in Francia. 2003 grandi magazzini 4% negozi di abbigliamento 4% altri 5% negozi indipendenti 26% art.sportivi 10% iper supermercati 13% vend per corrisponenza 3% catene 35% Fonte Euromonitor 292 Se alcune catene calzaturiere realizzano una quota importante di fatturato anche con capi di abbigliamento (come il gruppo Vivarte sopra citato) analogamente i negozi di abbigliamento hanno ampliato la gamma di prodotto alle calzature arrivando ormai a contare per il 4% di tutte le vendite di calzature in Francia. Casi particolarmente significativi di catene specializzate nell’abbigliamento con una componente significativa di vendite di calzature sono ad esempio C&A, Hennes&Mauritz, Zara, Alain Manoukian. La quota dei Grandi Magazzini resta stabile da diversi anni, le principali insegne hanno infatti marchi consolidati ed elevata reputazione presso i consumatori, come Les Galeries Lafayette e Printemps. La distribuzione di calzature nelle grandi superfici (ipermercati) sono ovviamente dominate dalle grandi insegne come Carrefour, E. Leclerc e Auchan. Gli Ipermercati sono sempre più orientati ad espandere la quota di ricavi provenienti dal non-food, dove i margini unitari sono più elevati che nel food, in particolare aumentando le superfici dedicate all’abbigliamento e alle calzature. Nella categoria merceologica delle calzature, così come in altri segmenti del non-food, gli ipermercati hanno avviato politiche di ampliamento di gamma, migliorando la qualità dei prodotti e, pur mantenendo il focus principale sulle fasce più basse, introducendo prodotti di prezzo più elevato che si posizionano nelle fasce di prezzo medio-basse e medie. Ciò permente loro di differenziarsi dalle insegne discount (come ad esempio L’ Hyper aux Chaussures and L’Hyper aux Vêtements) che hanno guadagnato quote di mercato negli anni recenti. La quota degli acquisti attraverso il canale dei cataloghi per corrispondenza, tradizionalmente più elevata in Francia che nel resto d’Europa, è in declino e solo parzialmente compensata dal canale dell’e-commerce. 5.5.5.3 L’interscambio commerciale con l’estero della Francia La bilancia commerciale delle calzature è in Francia largamente deficitaria con valori dell’import pari a tre volte quelli dell’export. Il saldo commerciale negativo è cresciuto del 30% tra il 2000 e il 2006. Quasi i due terzi del deficit sono originati dalle calzature in pelle il cui import è aumentato del 42% nel periodo considerato. Tabella 17 – Francia: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro Import Calzature Di cui con tomaia in pelle 3.031 1.733 2000 Export Saldo Import 2006 Export Saldo 1.001 584 -2.029 -1.149 3.990 2.464 1.336 825 -2.654 -1.638 Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances Nel 2006 l’export è stato pari a 1.336 milioni di euro con un incremento del 33,4% rispetto al 2000. Quasi i tre quarti dell’export (73% in valore) si dirigono in soli 10 Paesi e i primi tre paesi clienti (Italia, Spagna e Germania) assorbono il 35% del totale. Il grado di concentrazione dei mercati di sbocco è rimasto pressoché inalterato tra il 2000 e il 2006, anche se si sono verificati cambiamenti nella graduatoria dei principali partner (Tabella 18): - l’Italia dalla quinta posizione nel 2000 è diventato nel 2006 il primo Paese di sbocco delle calzature francesi, con un raddoppio della quota in valore (dal 6% al 12%), - la Spagna è arrivata al secondo posto 2006, anch’essa con un forte aumento della quota che passa dal 6% al 12%, - si è invece ridotto il peso degli USA (dall’11% all’8%), che scendono dalla terza alla sesta posizione. 293 Tabella 18 – Francia: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro TOTALE EXPORT 1.336 Italia 165 Spagna 154 Germania 149 Belgio 125 Regno Unito 104 U.S.A. 103 Giappone 48 Svizzera 42 Paesi Bassi 42 Portogallo 40 % 100% 12% 12% 11% 9% 8% 8% 4% 3% 3% 3% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro TOTALE EXPORT 825 Italia 105 Germania 96 U.S.A. 88 Spagna 850 Belgio 85 Regno Unito 71 Giappone 38 Paesi Bassi 28 Hong Kong 27 Svizzera 27 % 100% 13% 12% 11% 10% 10% 9% 5% 3% 3% 3% Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances Le calzature in pelle rappresentano nel 2006 il 62% dell’export in valore, con una crescita del 41% rispetto al 2000 e una maggiore incidenza sul totale dell’export (nel 2000 rappresentavano il 58%). Come per le calzature in genere, anche nel caso della pelle principali mercati di sbocco sono i Paesi della UE, gli USA e il Giappone e anche in questo caso le esportazioni sono estremamente concentrate (35% e 79% i primi 3 e i primi 10 Paesi). Simili sono anche i movimenti nella graduatoria dei mercati di sbocco (Tabella 19) con: - la Germania che lascia la prima posizione all’Italia, che sale di 4 posti e porta la sua quota dal 6% del 2000 al 13% del 2006, - la Spagna che dal 6% sale al 10%, - gli USA che dal 14% scendono all’11%. Tabella 19 – Francia: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro TOTALE IMPORT 3.990 Cina 879 Italia 844 Vietnam 402 Portogallo 338 Spagna 304 Indonesia 144 Tunisia 144 Romania 122 Germania 107 India 98 % 100% 22% 21% 10% 8% 8% 4% 4% 3% 3% 2% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro % TOTALE IMPORT 2.464 100% Italia 679 28% Portogallo 302 12% Cina 280 11% Spagna 221 9% Vietnam 206 8% Indonesia 104 4% Tunisia 92 4% Germania 80 3% Paesi Bassi 67 3% India 66 3% Fonte: Ministere de l’Economie et des Finances Le importazioni francesi di calzature sono cresciute tra il 2000 e il 2006 quasi come l’export (+32% contro +33%). La concentrazione delle provenienze è particolarmente elevata e crescente: i primi tre Paesi forniscono il 53% del totale in valore, i primi 10 l’85%. Nel 2000 queste quote erano, rispettivamente, del 53% e dell’83%. Il principale fornitore estero è la Cina con il 22% del totale import in valore, tallonato a breve distanza dall’Italia. Nel 2000 al primo posto c’era l’Italia con il 294 22% e la Cina era in seconda posizione con il 13%. Quindi nell’arco di soli sei anni la Cina, con uno sviluppo del fatturato pari al 128%, ha incrementato la sua quota di ben 9 punti percentuali. Le importazioni dall’Italia si sono invece sviluppate ad un tasso di poco inferiore al totale, da qui la leggera perdita di quota. Le calzature in pelle rappresentano il 62% dell’import in valore, quota in aumento rispetto al 57% del 2000. Il tasso di concentrazione delle provenienze di questo prodotto è simile a quello generale (51% i primi 3 Paesi, 85% i primi 10), ma l’Italia è il primo fornitore con il 28% del totale e una crescita dei valori esportati di quasi il 50%. La Cina è in terza posizione con l’11% del totale in valore. La distanza tra i due fornitori è ancora rilevante, ma anche in questo caso le performances della Cina si presentano più elevate. 5.5.6 I mercati emergenti: la Russia L’analisi del mercato russo presenta non poche difficoltà. E’ infatti caratterizzato da una forte componente sommersa ed illegale. Quasi la metà delle calzature vendute ai consumatori russi proviene da importazioni illegali e della restante metà circa un terzo (pari a poco meno di un quinto del mercato totale) da produzione nazionale sommersa. Secondo l’opinione di un campione significativo di esperti di settore, intervistati da una società di consulenza europea, solo 1/3 delle calzature vendute sul mercato russo ha una provenienza “ufficiale”. Figura 30 – Il mercato delle calzature in Russia. L’importanza del sommerso e dell’import illegale Prodotti nazionali ufficiali 17% Import illegale 49% Prodotti nazionali "sommerso" 17% Import ufficiale 17% Fonte: IMCN. Stime basate su un indagine qualitativa presso esperti di settore, 2003 Un secondo elemento di difficoltà nella stima della dimensione e delle caratteristiche del mercato è la forte differenziazione tra i mercati metropolitani e quelli dei piccoli centri, e tra le diverse regioni. Secondo un’indagine svolta nel 2003 nei principali centri urbani di tutta la Russia, il 36% di coloro che abitano nelle città acquistano almeno un paio di scarpe nel corso di un semestre. Nella città di 295 Mosca questa percentuale è del 20% più elevata, significativamente più elevata della media è anche nelle altre città delle Russia Centrale e in quelle delle regioni dell’estremo oriente. In altre regioni è invece molto più bassa della media: è solo il 62% della media nella regione del Chernozemny e il 78% nelle regioni del Nord e Nord-Ovest (Figura 31). Oltre 1/4 (il 28%) della popolazione urbanizzata che acquista almeno un paio di scarpe in un semestre si trova nella Russia Centrale, includendovi anche la città di Mosca (Figura 32). Figura 31 – Consumi di calzature della popolazione urbana in Russia. Indice delle quantità acquistate. Media totale = 100 Fonte: elaborazione Hermeslab su dati di un indagine IMCN, 2003 Figura 32 – I consumatori di calzature in Russia. Popolazione dei centri urbani. Peso % delle regioni sul totale (*) (*) La percentuale è calcolata come: (n. di consumatori della regione che ha acquistato almeno un paio di calzature nell’ultimo semestre) / (totale consumatori russi che hanno acquistato almeno un paio di calzature nell’ultimo semestre). Fonte: indagine IMCN, 2003 296 A causa di queste difficoltà la dimensione del mercato può essere stimata solo approssimativamente in oltre 200 milioni di paia nel 2005 per un valore che oscilla tra i 5 e i 7 miliardi di Euro. Il mercato russo è ancora in una fase iniziale della diffusione di comportamenti di consumo occidentali di tipo consumistico. Ciò fa prevedere una elevata vivacità del mercato russo nei prossimi anni, sia in generale che nei segmenti del lusso. Il segmento casual rappresenta oltre la metà degli acquisti, e ha guadagnato quote di mercato nell’ultimo quinquennio (Tabella 20), mentre il segmento del formale conta per meno del 5% del numero di paia vendute. Tabella 20 – Il mercato russo delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in valore anni Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Total 2001 2005 26.4 2.2 66.5 4.8 100.0 25.9 2.2 67.1 4.8 100.0 Fonte: GIA Le calzature europee trovano grande favore presso i consumatori russi, che in generale considerano le calzature europee di qualità molto migliore di quelle prodotte in Russia. I profitti realizzati da importatori e distributori di calzature europee sono molto elevati. Oltre che al prezzo, tradizionalmente la gran parte dei consumatori russi è molto sensibile alla qualità intrinseca delle calzature e alla loro comodità e praticità. L’attenzione al contenuto moda rappresenta ancora un comportamento di consumo non diffuso, se non nei segmenti del lusso e per ragioni di ostentazione. Figura 33 – I luoghi d’acquisto delle calzature preferiti dai consumatori russi (*) 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% mercato all'aperto negozi specializzati negozi monomarca grandi magazzini supermercati e minimarket altro (*) distribuzione dei consumatori urbani secondo il luogo d’acquisto preferito Fonte: elaborazioni Hermes lab su dati IMCN, 2003 297 I mercati all’aperto sono la forma di distribuzione al dettaglio che ha maggiormente guadagnato in popolarità presso i consumatori russi. Circa la metà dei consumatori preferisce questo canale di vendita dove si trovano calzature di basso costo e di importazione, provenienti soprattutto dalla Cina, dalla Turchia e dalla Polonia. I bassi prezzi che i consumatori possono spuntare nei mercati all’aperto, dipendono in larga parte da pratiche di importazione irregolare o illegale che consentono in ogni caso agli intermediari commerciali elevati margini di profitto. Secondo le stime più accreditate, le importazioni contano per circa 4/5 dei consumi di calzature della Russia. La scelta di acquistare beni importati dipende dalla diffusa convinzione tra i consumatori russi che, oltre ad avere un minore contenuto moda, i prodotti fabbricati localmente siano di qualità inferiore e meno confortevoli. Un esempio di grande successo per la sua reputazione in termini di confort, resistenza e qualità costruttiva dei prodotti è il marchio tedesco Salamander, tra i più apprezzati dai consumatori russi per la capacità di isolamento dal freddo e la resistenza agli agenti chimici ed atmosferici che sottopongono le calzature a dura prova nel mercato russo durante il lungo inverno nelle regioni del nord. Dalla esterofilia dei consumatori russi deriva anche la tendenza da parte dei produttori locali a scegliere per i propri prodotti marchi di assonanza estera, spesso scritti in caratteri latini e non in cirillico, tra i marchi più noti di questo tipo vi sono ad esempio Carlo Pazolini, TJ Collections, Aragona, E-collection, Wind. L’Italia resta il maggior fornitore in termini di valore delle merci esportate e va rafforzando la sua posizione grazie al crescente favore dei consumatori russi per i prodotti di lusso e al diffondersi di comportamenti di acquisto consumistici e ostentativi, soprattutto nelle grandi città. Dopo gli USA e la Svizzera, la Russia è diventato il terzo Paese cliente dell’Italia, al di fuori dell’Europa. Germania ed Austria seguono nella graduatoria dei maggiori esportatori. In generale i marchi europei rappresentano circa 1/4 del totale delle vendite di calzature in Russia, mentre il resto delle importazioni proviene dall’Asia e dal Nord-Africa. 5.5.7 Il mercato asiatico 5.5.7.1 Caratteristiche generali Il consumo di calzature e di altri accessori in pelle si va espandendo ad un passo costante in tutto il mercato asiatico. Le ragioni per le quali si può prevedere che l’espansione dei consumi di calzature si svilupperà stabilmente anche nei prossimi anni sono molteplici. La prima, che attiene ad un orizzonte di lungo periodo, è certamente il rapido espandersi nei principali Paesi di un’ampia classe media di consumatori che adotta comportamenti di consumo, gusti e consuetudini occidentali, in particolare in tutto quanto attiene alla sfera della moda e dell’apprezzamento della qualità. In secondo luogo, ed in una prospettiva di più breve termine, è il persistere, dopo la crisi finanziaria della fine degli anni novanta, di un ciclo macroeconomico vivace che sostiene i redditi di tutti i consumatori. 5.5.7.2 Le dimensioni del mercato Il mercato delle calzature nella regione Asia-Pacifico è stimato da GIA di oltre 26 miliardi di Euro nel 2006, pari a circa 3 miliardi di paia, con una previsione di crescita a oltre 32 miliardi di Euro (agli attuali tassi di cambio) nel 2010. Il segmento casual è la componente principale del mercato, pari a quasi 13 miliardi di Euro nel 2005 (2 miliardi di paia) e ha mostrato un progressivo incremento della quota sul totale dei consumi negli ultimi 15 anni. 298 Tabella 21 – Il mercato asiatico delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in quantità (paia) anni Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Total 1991 1995 31.3 3.8 58.6 6.3 100.0 2005 30.1 3.6 60.1 6.2 100.0 28.4 3.6 61.9 6.1 100.0 Fonte: GIA La regione Asia Pacifico è il mercato a più rapida crescita nel mondo, ma è anche la regione in cui sono localizzati i maggiori produttori mondiali: Cina, India, Vietnam, Indonesia, Corea del Sud e Taiwan. Questi ultimi tre Paesi hanno progressivamente ridotto il loro ruolo come produttori mondiali a favore di Cina, India e Vietnam, che oggi presentano costi di produzione inferiori. La Cina in Particolare è oggi leader mondiale incontrastato con volumi di esportazioni (quasi 6 miliardi di paia) dieci volte maggiori a quelli del secondo Paese, il Vietnam (420 milioni di paia). 5.5.7.3 Una nota sulle prospettive del mercato cinese Quello cinese è oggi il mercato a più elevata crescita mondiale. E’ già uno dei maggiori mercati di sbocco per le materie prime e i beni di investimento. E’ destinato a diventare nel giro di pochi decenni anche il più grande mercato mondiale per i beni di consumo, e in realtà lo è già in parte per i prodotti più economici e di qualità inferiore. Ad esempio, secondo alcune stime, il consumo della Cina di calzature in plastica (quasi un miliardo di paia secondo uno studio del 2000) rappresenta già i 2/3 dei consumi mondiali di calzature di plastica, la stragrande maggioranza delle quali consumate dalle popolazioni rurali. Chiunque si avvicini al mercato cinese rischia di essere soggetto a quello che potremmo chiamare effetto il Milione, ossia di essere abbagliato, come già Marco Polo 750 anni fa, dalla larga scala dei numeri in gioco, in un Paese che da solo rappresenta 1/5 della popolazione mondiale, quasi 1,3 miliardi di consumatori. Non è però solo il fattore di scala a rendere di non facile interpretazione il mercato cinese dei beni di consumo. La società cinese si sta trasformando con una rapidità sconosciuta ai Paesi occidentali, e più rapidamente anche degli altri Paesi emergenti. Combinando le varie fonti disponibili, e misurando i fenomeni economici ai tassi di cambio correnti, si può stimare che alla fine del 2004 il valore della spesa delle famiglie cinesi in beni di consumo sia pari a circa 570 miliardi di Euro. Questa cifra è ancora pari soltanto al 3% del mercato mondiale dei consumi delle famiglie ed è equivalente a poco meno di un decimo dei consumi americani o europei, o al 70% dei consumi italiani, ed è circa uguale al volume dei consumi spagnoli. Attualmente, poco meno del 40% della popolazione cinese vive all'interno di aree urbane, ma la percentuale salirà al 50% tra il 2001 e il 2015. In media, ogni anno, la popolazione dell'insieme delle grandi metropoli cinesi aumenta di 13 milioni di abitanti. Attualmente, il reddito medio di una famiglia in un area urbana è circa il triplo di quello di una famiglia che abita in una zona rurale. La classe dei consumatori, in senso occidentale, cioè i membri di quelle famiglie che possiedono un reddito superiore a quello che copre i bisogni basici di vitto, alloggio e abbigliamento e possono quindi disporre di una parte del loro reddito per spese voluttuarie, si trova quasi esclusivamente tra gli abitanti delle grandi aree urbane. Tenendo conto del costo della vita nelle metropoli cinesi e della sottovalutazione del cambio, si stima che la soglia che definisce l'appartenenza alla classe urbana dei consumatori si collochi ad un reddito familiare tra i 4.000 Euro e i 4.500 Euro annui. Il numero di famiglie che supera tale soglia è attualmente di circa 40 milioni, che con una media di componenti per famiglia tra 3,2 e 3,3 individui significa circa 130 milioni di consumatori. La crescita del numero di queste famiglie è molto rapida, e ci si attende che possano arrivare a circa 80 milioni nel 2010, pari ad un numero di consumatori superiore ai 250 milioni. 299 Fino alla fine di questo decennio il fenomeno principale, per milioni di famiglie cinesi, sarà quello della scoperta del consumo voluttuario, cioè del superamento della soglia che divide il reddito che permette solo il consumo di base a quello che consente di disporre liberamente di una parte del reddito per consumi non necessari, cioè il passaggio di quella soglia di 4.000-4.500 Euro annui netti da tasse per famiglia sopra indicata. Già dagli ultimi anni del decennio, tuttavia, comincerà a manifestarsi un secondo fenomeno, quello della crescita dei redditi, che secondo gli standard cinesi si possono definire da classe media (da 4.500 a 10.000 Euro annui netti da tasse per famiglia). Nel 2005 le famiglie con questo reddito sono ancora meno del 10%, ma nel 2015 supereranno il 21% e conteranno per quasi il 28% del reddito delle famiglie urbane. In termini assoluti questo gruppo di consumatori spenderà oltre 380 miliardi di Euro in beni di consumo, una cifra circa pari al totale dei consumi attuali della Spagna. Se alle spese della classe media si aggiungono quelle dei nuovi consumatori (consumo voluttuario) si arriva ad un totale di circa 900 miliardi di Euro, una cifra superiore al consumo attuale totale delle famiglie italiane. Figura 34 – Composizione per tipologia di reddito delle famiglie urbane in Cina 100% Elite internaz. 75% Benestanti Classe media 50% Consumo voluttuario 25% Sussistenza 0% 1985 1995 2005 2015 2025 Fonte: elaborazioni Hermes lab su National Statistics Bureau of China e McKinsey Se si estende ulteriormente l'orizzonte, fino al 2025, le cifre diventano ancora più consistenti: ai tassi di cambio attuali, i consumi della classe media superano i 1.400 miliardi di Euro, una cifra superiore agli attuali consumi dell'intera popolazione tedesca. Alcuni primi indicatori si avvertono già anche sul mercato delle calzature, ad esempio la crescita della quota delle calzature di maggiore qualità, quelle con tomaia in pelle, che in dieci anni sono passate dal 9% al 35% del totale dei consumi della popolazione urbana. Il consumo di calzature di fascia media e medio alta, che possono essere paragonabili a quelle tipiche dei modelli di consumo occidentali, è cresciuto a tassi vicini al 30% all’anno tra il 2000 e il 2005 secondo un rapporto di China International Capital. Il mercato si va inoltre caratterizzando anche per la presenza di grandi catene specializzate, come ad esempio Belle, un gruppo specializzato nelle calzature femminili con oltre 3.800 punti vendita in tutta la Cina. Il basso consumo pro-capite di calzature in Cina che è pari a 2,3 paia annue, ancora inferiore a quello di Corea (3,9) e di Hong Kong, caratterizzata da modelli occidentali (5,3 paia pro-capite) mostra quanto ampi siano ancora i margini di crescita nel medio periodo. 300 I valori soglia utilizzati per la definizione delle tipologie di famiglie consumatrici meritano una breve osservazione sui tassi di cambio dello Yuan. Un reddito di 10.000 Euro a famiglia è certamente da considerarsi molto basso, secondo il metro europeo o americano, per definire una famiglia come appartenente alla classe media. Si deve tuttavia tenere conto del fatto che il potere d'acquisto di un Euro in Cina è molto maggiore di quello dello stesso Euro in Europa. In termini economici, ciò equivale a dire che i tassi di cambio correnti non riflettono il principio della Parità del Potere d'Acquisto tra le monete e lo Yuan sarebbe sottovalutato. Secondo la Banca Mondiale tra il tasso di cambio corrente tra Yuan e dollaro e quello che garantisce la parità del potere d'acquisto c'è un rapporto circa di 1 a 4. In Cina cioè 10.000 dollari hanno un potere d'acquisto pari a circa 40.000 dollari negli Stati Uniti. Ciò ha anche come conseguenza il fatto che se nell'arco di tempo sopra considerato, di quasi vent'anni, il tasso di cambio Yuan/€ o Yuan/$ si muovesse verso il valore di Parità del Potere d'Acquisto, le cifre in Euro sopra riportate, che misurano il volume di spesa in consumi della classe media, andrebbero moltiplicate per quattro. Il rapido ritmo di invecchiamento della popolazione cinese non modificherà, per i prossimi 20-30 anni, il fatto che i consumi della classe media emergente saranno realizzati da consumatori tra i 25 e i 40 anni, mediamente più giovani rispetto agli standard europei e soprattutto italiani, in cui i percettori di redditi elevati sono più spostati verso i 45-50 anni. L'emergere della classe media metterà in secondo piano la categoria di consumatori a cui oggi le imprese occidentali si rivolgono principalmente, quella della elite internazionale e quella dei benestanti, che anche nel 2025 non supereranno il numero di 40 milioni di famiglie. Un numero pur elevato (oltre 100 milioni di consumatori) ma che complessivamente rappresenta una frazione intorno al 10% del complesso dei consumi delle famiglie urbanizzate, e meno della metà (il 40%) della spesa complessiva della classe media. Questo segmento di consumatori, i principali consumatori di beni di lusso e dal prezzo molto elevato, resterà importante per molte imprese italiane ed europee, in particolare per le imprese della moda e dell’industria delle calzature, che anche sui mercati occidentali si rivolgono a mercati di nicchia, o per le imprese che offrono servizi finanziari e di wealth management. Il mercato di maggior dimensione e a più rapida crescita sarà tuttavia quello della classe media (e fino al 2010 soprattutto quello dei nuovi consumatori nella estremità più bassa dei redditi della classe media). Questi consumatori, diversamente da quelli dell'elite internazionale e dai benestanti, resteranno estremamente attenti al prezzo dei prodotti acquistati che dovrà essere cinese più che europeo. In altre parole questi consumatori, che apprezzano l'immagine, lo stile e la qualità occidentale, mostreranno una preferenza per quei beni, che pur conservando gran parte di quelle caratteristiche europee saranno prodotti in Cina, e presenteranno, appunto, prezzi di tipo cinese. E' interessante osservare che queste previsioni sullo sviluppo della struttura del consumo in Cina nei prossimi decenni disegnano un'evoluzione della struttura sociale radicalmente diversa da quella che è prevalsa in altri Paesi emergenti che hanno avviato una fase di rapido sviluppo economico. Generalmente queste fasi di intensa crescita nei Paesi emergenti si accompagnano ad una crescente polarizzazione della ricchezza, dei redditi e dei consumi, con una ristretta elite di popolazione che resta per molto tempo la protagonista assoluta del mercato dei beni di consumo. In Cina al contrario la società sembra evolversi in una direzione più simile a quella che caratterizza la struttura sociale attuale dei paesi occidentali di prima industrializzazione. Una struttura meno polarizzata, più egualitaria con una diffusa classe media. 5.5.8 Il mercato giapponese 5.5.8.1 Le dimensioni del mercato La dimensione del mercato giapponese delle calzature è stimata a 7,4 miliardi di Euro, a prezzi al dettaglio, nel 2006. Nel 2005 il segmento più importante è quello del casual con oltre il 43% del mercato, mentre il segmento formale supera di poco il 12%, con una velocità di crescita negli ultimi cinque anni leggermente inferiore alla media. 301 Tabella 22 – Il mercato giapponese delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in valore Anni Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Total 2001 2005 40.7% 4.6% 41.8% 12.8% 100.0% 39.5% 4.4% 43.6% 12.4% 100.0% Fonte: GIA Si stima che il mercato delle calzature formali generi ricavi, a prezzi al dettaglio, pari a circa 800 milioni di Euro. Come nella maggior parte degli altri mercati extraeuropei le esportazioni italiane di calzature verso il Giappone riguardano soprattutto calzature di lusso. I giapponesi mostrano un particolare apprezzamento per le calzature italiane, tra i primi 5 marchi del lusso, per vendite sul mercato giapponese 3 sono italiani: Ferragamo al primo posto con una quota di mercato del 3,5% sul segmento lusso, Prada al terzo posto e Gucci al quarto. Gli altri due posti tra i primi cinque sono occupati dalla svizzera Bally al secondo posto e da Louis Vuitton al quinto. 5.5.8.2 La struttura distributiva La struttura distributiva giapponese nel mercato delle calzature è estremamente concentrata e dominata da distributori della categoria discount. Le principali catene del settore hanno una attenzione quasi nulla al merchandising e al servizio al cliente che si trova abitualmente circondato da vere e proprie cataste di prodotti disposti in modo disordinato. La catena discount Chiyoda è l’attore largamente dominante del mercato, con oltre 1.200 negozi e una quota di circa il 12% del mercato totale. Il posizionamento di mercato di Chiyoda è: grandi quantitativi, prezzi bassi, negozi fuori dalle città e lungo le arterie di traffico che attirano i consumatori interessati al prezzo e poco attenti alla qualità, secondo i tipici format e le politiche di prodotto dei discount. La fonte di approvvigionamento sono i Paesi asiatici a basso costo ed in primo luogo la Cina. Il grande successo di Chiyoda negli ultimi anni si è scontrato con un calo dei profitti che ha comportato una riduzione di punti vendita al fine di razionalizzare la rete. Al secondo posto per volumi di vendita si trova ABC Mart, controllata dalla grande Trading Company ITC (International Trading Corporation), ha una dimensione di circa un quarto del leader Chiyoda, ma è in forte crescita e sta riducendo la distanza. E’ una catena nota soprattutto per la vendita di sneakers, che si è fatta un nome grazie alla licenza di marchi americani come GT Hawkins e Vans. La strategia di ABC è di operare sul mercato dei prodotti a prezzo contenuto: scarpe economiche ma più riconoscibili e alla moda di quelle del leader Chiyoda. Attualmente, il 30% circa degli articoli ABC Mart hanno un marchio proprio (private label della catena) e non derivano dalle attività di trading della casa madre ITC che rappresenta invece ancora il restante 70% e che è costituito dalle più famose marche di sneakers prevalentemente americane. Negli ultimi anni, ABC Mart ha avviato una strategia di diversificazione sperimentando nuovi format distributivi, con l’insegna Nuovo, che è specializzata nelle calzature da donna con un target più mirato: donne fra 20 e 30 anni attente alla moda e alla dimensione estetica. I prodotti in vendita sono per oltre la metà marchi private label di ABC stessa con linee di décolleté classiche, stivali, sandali e altri modelli di tendenza. I prezzi restano ragionevoli e compresi in media fra 3.900 e 5.900 yen (tra i 24 ed i 36 euro ca.). Il restante 40% delle vendite proviene da marchi più noti come Adidas by Stella McCartney, ed altri. I prezzi sono ancora ragionevoli a circa 10.000 yen (circa 70 Euro). 302 La terza catena, con 330 negozi è Onezone, che è stata acquisita nel 2005 dal gruppo distributivo FirstRetailing, che possiede una estesa rete vendita nell’abbigliamento. La quarta catena di calzature in ordine di importanza nel paese, con circa 100 punti vendita, è NuStep che fa parte di Aeon, una multinazionale giapponese della distribuzione che fattura complessivamente 30 miliardi di Euro, principalmente ubicata in shopping center. Nel 2005, soltanto un quarto delle principali 100 catene di calzature ha aumentato le vendite, mentre soltanto sette delle ultime 50 hanno registrato una qualche crescita. Secondo gli analisti del settore, la tendenza è ad un ulteriore aumento della già elevata concentrazione distributiva del settore: entro il 2010, la grande distribuzione di calzature potrebbe essere nelle mani di tre sole società: Chiyoda, ABC Mart, e NuStep, con One Zone come possibile contendente. Tabella 23 – I primi 10 retailer di calzature in Giappone. 2002 milioni di € % su totale mercato % su primi 50 1 018 259 246 214 149 122 114 107 102 102 12% 3% 3% 2% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 28.6% 7.3% 6.9% 6.0% 4.2% 3.4% 3.2% 3.0% 2.9% 2.9% 1 Chiyoda 2 ABC Mart 3 One Zone 4 Nustep 5 Fit House 6 Kanematsu 7 Washington Kutsuten (Tokyo) 8 Akakura 9 Diana 10 Cordoba Fonte: ICE Tokio 5.5.8.3 L’interscambio commerciale con l’estero del Giappone Il Giappone è un forte importatore di calzature (oltre 3 miliardi di Euro), con un export pressoché nullo (meno di 50 milioni di Euro nel 2006) la bilancia commerciale è quindi largamente deficitaria. Le calzature con tomaia in pelle rappresentano una quota minore delle importazioni (meno del 30%). Tra il 2000 e il 2006 l’interscambio complessivo del Giappone ha mantenuto una sostanziale stabilità. Le esportazioni sono dirette per oltre il 70% verso Hong Kong, Cina e Taiwan. Tabella 24 – Giappone: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro 2000 Import Calzature Di cui con tomaia in pelle 2006 Export Saldo Import Export Saldo 3.169 53 -3.116 3.044 46 -2.998 804 17 -787 830 9 -821 Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone 303 Tabella 25 – Giappone: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature TOTALE EXPORT Hong Kong Mln. Euro % 45.5 100% 16.1 Cina 11.3 Taiwan 5.1 Corea 4.6 Singapore 1.7 U.S.A. 1.3 Italia 0.9 Viet Nam 0.6 Indonesia Filippine Di cui calzature con tomaia in pelle 0.6 0.6 35% 25% 11% 10% 4% 3% 2% 1% 1% 1% TOTALE EXPORT Hong Kong Taiwan Corea Cina Italia U.S.A. Singapore Francia Regno Unito Filippine Mln. Euro % 9.5 100% 3.6 38% 1.6 16% 1.3 14% 0.6 7% 0.6 7% 0.5 5% 0.3 4% 0.1 2% 0.1 1% 0.1 1% Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone La Cina domina l’import del Giappone con il 70% del totale. L’Italia è al secondo posto con il 9%. Rispetto al 2000 la quota della Cina su totale delle importazioni è aumentata del 5%, quella dell’Italia è invece rimasta pressoché stabile con una leggera riduzione di mezzo punto percentuale. In cifra assoluta le importazioni dall’Italia sono diminuite del 9% nei 6 anni. La crescita della Cina è avvenuta a scapito di altri Paesi fornitori, sono infatti crollate le importazioni dalla Corea e dagli USA. Sono invece in crescita il Vietnam e la Cambogia. Tabella 26 – Giappone: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2006. Milioni di Euro e % Totale calzature TOTALE IMPORT Cina Italia Viet Nam Indonesia Cambogia Tailandia Myanmar Spagna Germania Bangladesh Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro % 3.044 100% 2.137 269 127 94 83 44 32 30 30 24 70% 9% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 1% TOTALE IMPORT Cina Italia Cambogia Viet Nam Indonesia Myanmar Bangladesh Spagna U.S.A. Germania Mln. Euro % 830 100% 249 30% 223 27% 80 10% 56 7% 31 4% 30 4% 24 3% 23 3% 17 2% 15 2% Fonte: Ministero delle Finanze del Giappone Le importazioni di calzature in pelle sono meno concentrate, per la presenza meno dominante della Cina, che anche in questo caso è il fornitore più importante con una quota del 30%. L’Italia è 304 al secondo posto con una quota (27%) molto vicina a quella cinese. Tra il 2000 e il 2006 la posizione dell’Italia è molto migliorata: in sei anni la sua quota è cresciuta di 2 punti percentuali (era il 25% nel 2000) mentre quella della Cina è diminuita. E’ in crescita anche la quota delle Cambogia, che ha superato gli USA. 5.5.9 Il mercato americano 5.5.9.1 Le dimensioni del mercato Il mercato americano è il più grande mercato mondiale per le calzature. Si stima che il suo valore sia al 2005 di circa 45 miliardi di dollari, pari a circa 34,5 miliardi di Euro, che corrispondono a circa 1,8-2 miliardi di paia. E’ anche un mercato molto concentrato, in cui la larga parte delle vendite è concentrata nelle mani di pochi grandi distributori. Tabella 27 – Il mercato USA delle calzature. Per funzione d’uso. 2001, 2005. % su dati in valore e numero di paia In numero paia anni In valore 2001 2005 2001 2005 27% 29% 42% 44% 3% 3% 5% 4% 61% 59% 42% 41% 8% 8% 11% 11% 100% 100% 100% 100% Segmento Athletic Outdoor Casual Formale Total Fonte: GIA Le componenti più dinamiche del mercato americano sono: - I consumatori metropolitani, prevalentemente giovani ed attenti alla moda. Una componente importante sia per numero sia per la capacità di influenzare complessivamente i comportamenti giovanili è quella della cultura Hip-hop. La cultura Hip-hop trova le sue origini negli anni cinquanta, ma è solo negli anni novanta che emerge come uno dei fenomeni più importanti tra le subculture giovanili e metropolitane. Coinvolge giovani di differenti gruppi etnici, di cui circa metà bianche e la restante prevalentemente afro-americani ed ispanici. La loro influenza sulle mode giovanili nell’abbigliamento e in misura particolarmente rilevante nelle calzature è molto forte. Marchi come Tommy Hilfiger, Nautica e Gianni Versace sono molto popolari tra questi consumatori. Abbigliamento e calzature sportive sono una delle componenti preferite e spesso i gusti degli hip-hoppers sono una importante fonte di ispirazione per i disegners di abbigliamento e calzature sportive. - Le comunità delle minoranze etniche, in particolare di quelle ispaniche e afro-americane e asiatiche. Questo mercato rappresenta negli USA circa 85 milioni di consumatori, cresciuti di oltre 16 milioni di unità tra il 1995 e il 2005, contro un crescita della popolazione bianca di circa 6 milioni di unità nello stesso periodo. Il potere d’acquisto complessivo delle minoranze etniche è stimato in oltre 600 miliardi di dollari. La spesa pro-capite in calzature di questi consumatori è 305 - - stimata essere superiore a quella media. L’importanza di questi mercati è testimoniato dalla crescente presenza di campagne di marketing e pubblicitarie specificamente mirate a queste comunità. I cosiddetti cacciatori di occasioni (bargain hunters), pronti a muoversi alla ricerca di negozi a buon prezzo, ad affrontare lunghe code quando i negozi offrono svendite, ad accontentarsi dei colori o dei modelli a prezzi ribassati; I consumatori smaliziati (value shoppers), una categoria di consumatori in rapida crescita caratterizzati da elevati livelli di consumo pro-capite, elevata competenza riguardo ai prodotti, consapevoli delle caratteristiche che richiedono ai prodotti e in grado di giudicarne l’effettivo valore. Scelgono non in base all’insegna del negozio o al marchio del prodotto, ma alla sua qualità, intrinseca o legata al fattore moda. Acquistano una quota elevata di prodotti nei discount, negli spacci o presso gli stocchisti (si veda più sotto per la definizione di stocchista). 5.5.9.2 La struttura distributiva Il mercato americano è fortemente concentrato: le prime 10 insegne commerciali contano per oltre 1/3 del mercato. Tra queste le più importanti sono: Wal-Mart Storse Il gigante della distribuzione Americana, realizza oltre 350 miliardi di dollari di ricavi all’anno con 1,9 milioni di dipendenti in 7.000 punti vendita di grande superficie, che seguono la formula degli ipermercati, in molti paesi del mondo, è il maggior canale distributivo per le calzature. Da solo WalMart rappresenta oltre il 7% del valore delle vendite di calzature negli USA. Payless ShoeSource E’ una catena specializzata in calzature per tutta la famiglia. Fondata nel 1956 è oggi un network di oltre 4.500 negozi, la maggior parte dei quali negli Stati Uniti, ma con presenza anche in centro e sud America. Nel 2006 ha registrato ricavi per circa 3 miliardi di dollari e venduto circa 180 milioni di paia di scarpe. Payless rappresenta circa il 5% del mercato americano delle calzature. Federated Department Stores Se Wal-Mart è il più importante attore tra le catene di ipermercati e Payless lo è tra gli specializzati, Federated è la più importante catena americana di grandi magazzini. Le due principali insegne commerciali del gruppo sono Macy’s e Bloomingdale’s. I ricavi complessivi annui nel 2006 sono stati 27 miliardi di dollari realizzati nell’abbigliamento, accessori per la casa, calzature e cosmetici, di cui le calzature rappresentano poco più del 10%. La quota di Federated sul mercato delle calzature americano è di poco inferiore al 5%. FootLocker E’ una catena specializzata in calzature ed abbigliamento sportivo, che conta circa 4.000 negozi in 20 paesi con un fatturato complessivo di poco meno di 5 miliardi di dollari, di cui 4 miliardi negli Stati Uniti, dei quali la metà circa in calzature corrispondenti ad una quota di mercato di poco superiore al 3,5%. Il peso della grande distribuzione organizzata lascia poco spazio al dettaglio indipendente e alle altre forme distributive. La grande distribuzione rappresenta infatti oltre 2/3 delle vendite di calzature negli USA; i negozi indipendenti (di calzature + abbigliamento) contano insieme per circa il 10%; la stessa quota è rappresentata dal canale degli stocchisti, più diffuso negli USA che in Europa). Si può quindi stimare la quota di mercato complessivamente detenuta da negozi indipendenti, includendovi le piccole catene, intorno al 20%. La dimensione media di un negozio indipendente è di circa 900 mila dollari di ricavi annui, con un numero di dipendenti medio di 6,5 unità, con una tendenza ad aumentare la quota delle vendite a libero servizio (senza l’assistenza dei commessi di negozio) e quindi ad una riduzione del numero di addetti medio per negozio e un aumento delle vendite per addetto. I negozi indipendenti sono focalizzati sulle fasce alte e medio alte del mercato. Secondo una 306 recente ricerca della Associazione americana dei negozianti di calzature, il prezzo medio di un paio di calzature venduto nei negozi indipendenti è di 87 dollari, contro i circa 29 dollari medi. Le vendite per corrispondenza occupano una buona quota di mercato, vicina al 7%. Non del tutto irrilevante, e in crescita, è il canale delle vendite via internet, che sommato al canale delle vendite per corrispondenza porta questa tipologia di acquisto a distanza all’8%. Figura 35 – La struttura della distribuzione di calzature negli USA. 2005 Negozi indipendenti 4% Spacci Internet 1% 2% Per corrispondenza 7% Catene e Grandi Magazzini 32% Negozi di abbigliamento 8% Stocchisti (*) 10% Grandi sup.specializzate 13% Discount 23% (*) Il canale degli stocchisti (off-price store) è particolarmente importante nel mercato dell’abbigliamento e delle calzature negli USA. Questo canale ha caratteristiche simili a quello degli spacci (outlet) ma in questo caso i negozi non sono di proprietà dell’azienda produttrice. In genere, si riforniscono della merce in eccesso dai grandi magazzini (prodotti di marca e di elevata qualità) e li rivendono a prezzi fortemente scontati. Esempi di off-price store negli USA sono Marshall's and T.J. Maxx. Fonte: GIA I segmenti del mercato a più basso prezzo, in particolare gli stocchisti e i discount, crescono ad una velocità maggiore della media. Secondo uno studio della società di ricerche di mercato NPD Fashionworld, ad esempio, nel 2005 la crescita delle vendite in questi segmenti è stata di quasi il 20%, contro il 6,5% complessivo del mercato. Questa generale tendenza dei consumatori, che deriva non solo da una minore propensione a spendere, quanto da un approccio più maturo ed informato agli acquisti, ha avviato un processo di rapida trasformazione del mercato, con effetti negativi sui canali distributivi indipendenti. 307 5.5.9.3 L’interscambio commerciale con l’estero degli USA Il fenomeno più importante che ha trasformato nel medio-lungo termine il mercato americano è però stata la crescita delle importazioni, che in 20 anni ha completamente spiazzato la produzione americana. Il fenomeno è più accentuato che in Europa. Nel 1970 oltre 3/4 dei consumi americani di calzature erano soddisfatti da produzione nazionale (Figura 36), nel 1980 questa quota era già scesa sotto il 50% e nel 2000 sotto il 5%. Figura 36 – Origine delle calzature consumate negli USA. % su dati in numero di paia: importazione e produzione interna. 1970-2004 100% 21.4 75% 50.9 importazioni 85.9 95.3 50% 98.4 produzione americana 78.6 25% 49.1 14.1 4.7 0% 1970 1980 1990 2000 2004 Fonte: American Apparel and Footwear Association Gli USA sono dunque un forte importatore di calzature (oltre 15 miliardi di Euro), con un export che invece è di gran lunga inferiore, 500 milioni di Euro nel 2005, che non raggiunge il 4% dell’import in valore. La bilancia commerciale è quindi largamente deficitaria. Le calzature con tomaia in pelle rappresentano una quota molto importante delle importazioni (oltre il 60%), ma contano per meno di un terzo (29%) delle esportazioni. La riduzione dei valori sia di import che di export espressi in Euro (Tabella 28) dipende dalla forte rivalutazione dell’Euro nei confronti del Dollaro (+43%) che si è verificata durante i cinque anni intercorsi tra il 2001 e il 2005: in questo periodo, se misurate in Euro, le esportazioni americane sono diminuite del 18,1%; misurate invece in dollari sono aumentate del 18,0%. 308 Tabella 28 – USA: bilancia commerciale del settore calzature. Milioni di Euro Import Calzature Di cui con tomaia in pelle 18.848 11.420 2001 Export Saldo Import 2005 Export Saldo 949 239 -17.899 -11.181 15.460 9.466 594 172 -14.866 -9.294 Fonte: US Department of Commerce Il principale mercato di sbocco per le calzature americane è il Canada, con il 49% del totale. I Paesi che seguono in graduatoria non raggiungono singolarmente il 10%. Per quanto riguarda le calzature in pelle, i primi 3 Paesi clienti assorbono il 62% del totale, i primi 10 l’80%. La prima posizione è occupata dal Canada con il 49%. Gli altri Paesi hanno quote ben più modeste: il Giappone, che è al secondo posto, ha solo l’8%. Tabella 29 – USA: primi 10 Paesi clienti dell’export di calzature. 2005. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro TOTALE EXPORT 594 Canada 179 Messico 42 Hong Kong 41 Cina 34 Rep. Dominicana 30 Giappone 26 Viet Nam 25 Paesi Bassi 19 Corea 19 Regno Unito 18 % 100% 30% 7% 7% 6% 5% 4% 4% 3% 3% 3% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro TOTALE EXPORT 172 Canada 84 Giappone 14 Hong Kong 9 Paesi Bassi 8 Regno Unito 6 Corea 5 Messico 4 Mozambico 3 Italia 2 Francia 2 % 100% 49% 8% 5% 5% 4% 3% 2% 2% 1% 1% Fonte: US Department of Commerce Dalla Cina provengono quasi i tre quarti delle importazioni americane. La crescita della Cina è stata molto rapida: nel 1990 le importazioni di calzature dalla Cina erano pari a circa 1,5 miliardi e si sono decuplicate raggiungendo i 12,6 miliardi di dollari nel 2005 (pari a 11 miliardi di Euro) (Figura 30). L’Italia occupa la seconda posizione, con il 6% delle calzature esportate negli USA, il Brasile è il terzo Paese fornitore con una quota molto vicina a quella italiana. La posizione della Cina è dominante anche nelle calzature in pelle (65% del totale delle importazioni), mentre l’Italia è al terzo posto dopo il Brasile. Sia il Brasile che l’Italia hanno perso quote tra il 2001 e il 2005 (entrambi circa tre punti e mezzo) mentre ha guadagnato la Cina. 309 Tabella 30 – USA: primi 10 Paesi fornitori dell’import di calzature. 2005. Milioni di Euro e % Totale calzature Mln. Euro TOTALE IMPORT 15.460 Cina 11.003 Italia 962 Brasile 876 Viet Nam 629 Indonesia 452 Tailandia 259 Messico 204 Spagna 163 India 123 Rep. Dominicana 117 % 100% 71% 6% 6% 4% 3% 2% 1% 1% 1% 1% Di cui calzature con tomaia in pelle Mln. Euro TOTALE IMPORT 9.466 China 6.115 Brasile 787 Italia 756 Viet Nam 421 Indonesia 345 Tailandia 166 Messico 152 Spagna 123 India 116 Rep. Dominicana 57 % 100% 65% 8% 8% 4% 4% 2% 2% 1% 1% 1% Fonte: US Department of Commerce 310 BIBLIOGRAFIA ICE, Notizie e analisi sul mercato del tessile e della moda http://www.ice.it/lifestyle/moda2.htm?newsletter_moda Ministeri degli Affari Esteri, del Commercio Estero e dell’Economia, ICE, SACE, ITALIA INTERNAZIONALE. Progetto sei regioni per cinque continenti. 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