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DIREZIONE INVESTIGATIVA
89129 REGGIO CALABRIA - Via Calamizzi, 12 - Tei, (0965)628.111 - Fax 628217
Cat.125/RC/G2/3A Sez. prot.^^
Reggio Calabria, lì 14.12.1993
OGGETTO: -
Informativa relativa agli accertamenti svolti in ordine agli
omicidi avvenuti in Reggio Calabria e zone limitrofe nel
periodo 1982 - 1985, di cui hanno fatto menzione i
collaboratori di giustizia:
-
LAURO GIACOMO UBALDO, nato a Brancaleone (RC)
il 16.05.1942;
-
BARRECA FILIPPO,
04.01.1947.
nato
a
Reggio
Calabria
il
ALLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA
(Dott. Vincenzo MAGRI')
REGGIO CALABRIA
ooOoo=
La presente esposizione viene esclusivamente dedicata
agli
omicidi, di cui hanno fatto menzione i collaboratori di giustizia in oggetto
-^^^"% . .
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•
- " - - " .
indicati, consumati nel ^pg^Qj^compre^,}^ Je localjtjà_dLB.aanara
Calabra e Bova Marjna.neLQedodo 1982 - 1985, antecedente cioè alla
MINISTERO DELL'INTERNO - DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
D, I. A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
*
c.d. "guerra di mafia" .
faiezona ricadeva, all'epoca, sotto il controllo del defunto boss
Paolo De Stefano e delle famiglie reggine allo stesso collegate, tutte
accomunate nella gestione delle attività lecite ed illecite esercitate su quel
territorio.
La maggior parte dei delitti, di seguito descritti, è scaturita da
controversie
interne
al
medesimo
sodalizio
criminoso
o
per
il
mantenimento del controllo
dei vari "locali",
o rper l'esercizio delle lucrose
-»*'M
i facenti capo alle varie consorterie mafiose (appalti pubbliciestorsioni-traffico di sostanze stupefacenti ed altro).
=ooOoo=
-pag. 2-
D.I.A. Reggio Calabria
1.
Informativa del 14.12.1993
OMICIDIO DI PALERMO LUCIANO, nato ad Archi di Reggio Calabria il
23 gennaio 1955
a)
Descrizione dell'evento - indagini svolte - esito proc. penale:
Alle ore 23,00 circa del 20 dicembre 1984, PALERMO Luciano,
attinto poco prima in modo grave alla regione temporale da un colpo
di pistola cai. 7,65 mentre stava rientrando nella sua abitazione sita
in via Mercatello nr. 5 del quartiere Archi, veniva trasportato
all'ospedale.
Dopo una degenza presso l'Ospedale Maggiore di Bologna ove era
stato trasferito per le sue gravi condizioni di salute, in data
09.06.1985 decedeva in Reggio Calabria.
La Squadra Mobile, al termine dell'attività investigativa, essendo
giunta alla conclusione che il fatto delittuoso in esame era maturato
in seno alla famiglia di ARICO1 Salvatore per motivi facilmente
individuabili nel comportamento del PALERMO Luciano nei confronti
della
convivente ARICO1 Gioconda, denunciava, in stato di
irreperibilità, quali responsabili di tentato omicidio ed altro, la già
menzionata ARICO' Gioconda, ed i familiari di quest'ultima, ARICO1
Salvatore, ARICO1 Rosario e ARICO' Domenico, sotto meglio
generalizzati ( vds. rapporto giudiziario nr. 28259/2A-M1 del 3
gennaio 1985, ali. nr. 1 ).
La ARICO1 Gioconda, sottoposta in data 10.01.1985 a fermo di P.G.
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D. I, A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
dalla Mobile reggina, si assumeva ogni responsabilità del delitto,
scagionando i propri familiari.
La Corte di Assise di Reggio Calabria in data 29.04.1987
condannava la donna, che nel frattempo aveva usufruito, in data
27.05.1986, del beneficio degli arresti domiciliari, alla pena di anni
16 di reclusione ed alla sottoposizione, a pena espiata, alla libertà
vigilata per un periodo minimo di anni tre ( vds. ali. copia sentenza -
ali. nr. 2 -)
II 16.11.1987 la Corte di Assise d'Appello di Reggio Calabria, in
riforma della sentenza di cui sopra, riduceva la pena infittale ad anni
9 e mesi 4 di reclusione, revocando la misura di sicurezza della
libertà vigilata e condonando un anno di reclusione ( vds. ali. copia
sentenza - ali. nr. 3 -).
Detta sentenza veniva confermata in data 13.07.1988 dalla S.C. di
Cassazione che rigettava i ricorsi sia del P.G. che dell'imputata.
b)
Dichiarazioni dei collaboranti:
Dichiarazioni rese da Lauro
14.09.1992, ore 10.00).
Giacomo
Ubaldo ( verbale
del
" Per quanto riguarda l'omicidio di Luciano PALERMO, devo
precisare quanto segue: la vittima era sposata con ARICO'
Gioconda; gli artefici delle nozze erano stati Pasquale Condello e
Giovanni Fontana sollecitati dai fratelli SCHIMIZZI. Il motivo era la
lunga relazione avuta dalla ARICO' con il PALERMO e originata
dalla circostanza che il PALERMO trascorse la sua latitanza in casa
*
- pag. 4 -
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
O
AR1CO1. Il PALERMO fu pertanto costretto a sposare l'ARICO'
sebbene non volesse farlo; i rapporti tra i coniugi non erano infatti
buoni e credo che il PALERMO fosse solito malmenare la donna.
Qualche tempo prima di venire sparato il PALERMO si era
allontanato da casa proprio a causa dei disaccordi con la moglie. Nel
medesimo
periodo
CONDELLO Pasquale
era
detenuto
per
un'espiazione di pena risalente al processo cosidetto dei 6O. Per
sanare la situazione matrimoniale il padre della Gioconda e gli
SCHIMIZZI si rivolsero a Paolo DE STEFANO il quale convocò il
PALERMO presso le sue ville in costruzione, site all'estremità lato
monte
di Archi; contestualmente convocò Carmelo BARBARO,
genero di Aricò. Il DE STEFANO usò tuttavia la cautela di far sostare
il BARBARO in una stanza diversa da quella in cui fece accomodare
il PALERMO con l'accordo, intercorso tra lui e il BARBARO, che se
fosse riuscito a convincere il PALERMO alla riappacificazione lo
avrebbe lasciato andare, altrimenti il BARBARO sarebbe dovuto
uscir fuori per primo e non visto, attendere il PALERMO appena fuori
dall'abitazione dell'ARICO', anzi, dico meglio, all'interno di detta
abitazione con il compito di ucciderlo. In effetti Carmelo BARBARO
sparò Luciano PALERMO colpendolo alla testa con revolver calibro
38, se non rammento male, e la vittima cadde proprio sul portone
d'ingresso dell'abitazione di Gioconda ARICO'. Di tale omicidio si
accuso1 la donna per benificiare di tutte le possibili attenuanti. Questi
fatti mi sono stati riferiti da Pasquale CONDELLO e Giovanni
FONTANA; in particolare Pasquale CONDELLO rimase molto ferito
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6
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
dalla morte di Luciano PALERMO anche perché era stato anche
garante per il matrimonio dell'ARICO1 e avrebbe pretesojjuantomeno
di essere informato della decisione di uccidere il PALERMO. " (vds.
ali. nr. 4)
e.
Riscontri alle dichiarazioni del collaboratore:
Dall'esame degli atti del fascicolo processuale nr. 140/85 R.G.P.M. nr. 86/85 R.G.G.I. - nr. 7/86 R.G.C.A relativo al fatto delittuoso in
argomento si rileva che:
TARI CO1 Gioconda era convivente more uxorio e non moglie del
PALERMO, come erroneamente indicato dal LAURO. I rapporti
tra i due non erano buoni in conseguenza di una relazione
sentimentale dell'uomo con altra donna. Tale circostanza veniva
confermata anche dalla sorella della Gioconda, a nome Enza, la
quale dichiarava a verbale, a seguito del delitto, che "da
qualche tempo la relazione tra la congiunta ed il PALERMO si
era alquanto deteriorata al punto che spesso la donna veniva
violentemente picchiata" ( vds. ali. nr. 5 );
ARICO1 Gioconda, interrogata in data 10.01.1985 dalla Squadra
Mobile, presso la quale si era costituita accompagnata dai
propri legali, dichiarava, tra l'altro, in ordine al ferimento del
convivente, testualmente quanto segue: "..... dopo circa un
quarto d'ora che il Palermo si era allontanato con iivespino, io
uscivo di casa per andare dai miei genitori ( tale intenzione
*
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Informativa del 14.12.1993
'
l'aveva presa poco prima, a seguito dell'ennesima lite di cui
parla nella parte precedente del verbale ). Scesi le scale, prima
che aprissi il portone d'ingresso udivo il Palermo arrivare con il
vespino ed aprire i! portone. Appena egli mi ha visto mi ha
chiesto dove stavo andando e per quale motivo uscivo a
quell'ora. Gli rispondevo che avevo deciso di andarmene di casa
perché stanca dei continui maltrattamenti e per paura delle sue
precedenti
minacce.
Egli
mi intimava
di
ritornarmene
immediatamente a casa continuando a minacciarmi. A questo
punto io prendevo dalla borsetta la pistola ( in precedenza,
come esposto in altra parte del verbale, prelevata allo scopo di
impedire al Palermo di poterla usare contro di lei come più volte
minacciato) e per intimoririo gli dicevo di farmi uscire perché
ormai la mia decisione e non intendevo più vivere in quella casa.
Nonostante ciò egli, nonostante che io impugnassi la pistola per
intimoririo, cercava di avvicinarsi sempre più. Ad un tratto, non
so come, senza che io lo volessi o me ne rendessi conto, da tale
arma evidentemente già carica e senza sicura, sono partiti
alcuni colpi che hanno attinto il Palermo. Nel momento in cui ho
sparato mi trovavo vicino al primo pianerottolo delle scale, a
destra rispetto al portone d'ingresso. Il Palermo invece aveva
già fatto salire il vespino sul gradino che delimita la strada dal
vano scale e lo stava spingendo dentro, lo ho sparato mentre
egli compiva tale operazione. La discussione fra noi due è
avvenuta mentre egli cercava di spingere dentro il vespino,
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D.LA. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
manifestando dì volermi uccidere.".
"mi sono subito accorta
di aver colpito il Palermo in quanto l'ho visto barcollare e cadere,
indietreggiando, sulla strada" (vds. ali. nr. 6).
Al P.M. il successivo giorno 23.01.1985, dichiarava invece,
proprio in relazione al ferimento: "..... non mi resi conto,
nell'immediatezza,
di
aver
colpito
il
Palermo
ed
ebbi
l'impressione che questi fosse uscito dal portone per fuggire.
Quando uscii anch'io, lo vidi a terra, e mi resi allora conto di
quello che era accaduto " ( vds. ali. nr. 7 ).
In sede dibattimentale, in data 27.02.1987, la versione si
arricchiva nel seguente modo: " sul momento non ho avuto la
sensazione di averlo colpito. Mi parve che stesse scappando,
perché lo vidi indietreggiare, sempre mostrandomi la faccia.
Indietreggiando così, sempre procedendo all'indietro, uscì dal
portoncino. Uscito dal portoncino giunse, sempre proseguendo
all'indietro, nel centro della strada e lì cadde, proprio dove è
rimasta una larga macchia di sangue" ( vds. ali. nr. 8 ).
PALERMO Luciano, interrogato dopo il ferimento, in data
25.01.1985 dal P.M. Dr. Francesco SCUDERI, dichiarava di
essere stato colpito proprio mentre stava introducendo la
motovespa nell'androne della sua abitazione senza avere avuto
modo di vedere la persona che esplose al suo indirizzo i colpi di
arma da fuoco.
Chiariva, inoltre, su richiesta specifica, quanto segue:
- pag. 8 -
D.I.A. Reggio Calabria
•
Informativa del 14.12.1993
di avere acceso la luce delle scale prima di portare
all'interno il mezzo in argomento e di non aver visto
nessuno sui gradini;
•
di avere contestualmente percepito dei rumori, come quelli
provocati da passi, nonché il fragore di un colpo d'arma da
fuoco, evidentemente andato a vuoto;
•
di essere uscito da casa con il motomezzo verso le 18.30
lasciando all'interno CARICO' Gioconda;
•
di avere con la convivente, chiamata in un primo momento
moglie, un rapporto tempestoso a causa della relazione
che lui aveva con un'altra donna;
•
di non aver sospetti su alcuno e di sconoscere che la
ARICO', così come gli veniva riferito in quel momento, si
era assunta la responsabilità del suo ferimento.
Dopo quest'ultima dichiarazione il P.M. si vedeva costretto ad
interrompere l'interrogatorio in quanto il PALERMO dichiarava
di sentirsi male. Tale stato di malessere visibile veniva anche
rilevato dal P.M. ( vds. ali. nr. 9 ).
Relativamente alla famiglia PALERMO è opportuno sottolineare
che detto nucleo familiare, nel corso della recente guerra di
mafia, si è schierata con i CONDELLO di Archi per vincoli di
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parentela. Infatti PALERMO Giovanna, nata a Reggio Calabria il
10.02.1947, era coniugata con CONDELLO Antonino,
fu
Domenico, nato a Reggio Calabria il 18.03.1935, ucciso in data
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D.LA. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
21.06.1991. Questi era cugino di Pasquale, meglio conosciuto
nell'ambiente della malavita come " il supremo ").
In conseguenza di tale allineamento subiva l'omicidio
di
Palermo Maurelio, figlio di un fratello del Luciano a nome Paolo;
PALERMO Eugenio, nato a Reggio Calabria il 29.01.1958,
fratello della vittima, interrogato in data 27.02.1987 in sede
dibattimentale, dichiarava, in relazione alla famiglia ARICO',
quanto segue: " con gli ARICO', a seguito dell'omicidio di mio
fratello, non abbiamo nessun rapporto. Dopo che hanno ucciso
mio fratello (lapsus freudiano che evidenzia la sua reale
conoscenza della dinamica dell'omicidio) non potevamo
certo andare a pranzo insieme.... Alla contestazione della S.V.
che non loro ma la figlia avrebbe ucciso mio fratello, rispondo,
alzando le mani: "questo solo lei lo può sapere". Alla
domanda del perché dubita che sia stata la ARICO' ad uccidere
suo fratello dopo che la stessa ha confessato risponde: "se le
donne ora vanno in giro con le pistole non lo so, come
poteva ucciderlo lei se non aveva la pistola ? A casa sua
non ha mai avuto una pistola". A.D.R. "Mio fratello non ha mai
avuto pistole. Anche quando l'hanno arrestato con l'accusa di
omicidio non gli hanno trovato pistole." Alla contestazione che il
fratello avrebbe tenuto una pistola nel cassetto del mobile della
camera da letto, a detta della ARICO', risponde: "la ARICO' può
dire quello che vuole, tanto mio fratello è morto e non può
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D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
contestare che lui non teneva armi a casa
omissis
-i*
Se ne
avesse avute me lo avrebbe detto perché ci confidavamo tutto"
(vds. ali. nr. 10).
Per quanto riguarda i personaggi citati dal LAURO nelle sue
dichiarazioni, si rappresenta che gli stessi sono stati identificati così
come segue:
BARBARO Carmelo, nato a Reggio Calabria il 23.06.1948 è
cognato dell'ARICO1 Gioconda avendone sposato la sorella
Maria. Lo stesso è sempre stato elemento di rilievo del clan
mafioso dei DE STEFANO, al pari del suocero
AR1CO'
Salvatore, ucciso in data 08.05.1987 nel corso della guerra di
mafia. Risulta essere attualmente ricercato poiché colpito
dall'ordinanza di custodia cautelare nr. 31/93 R.G.N.R.-D.D.A. e
nr. 86/93 R.G. GIP.-D.DA, emessa in data 04.10.1993 dal
G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, poiché imputato di
omicidio nel contesto delle indagini svolte da questo Centro
Operativo sulla cosca facente capo al clan IAMONTE di Melito
P.S. ( vds. ali. scheda biografica ).
CONDELLO Pasquale si identifica per il medesimo nato a
Reggio Calabria il 24.09.1950, noto boss mafioso, in atto
latitante. In stato di libertà nel periodo in esame, sarà ristretto
dal 10 gennaio 1985 al 22 gennaio 1988;
- pag. 11 -
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D. I, A. Reggio Calabria
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FONTANA Giovanni si identifica per il medesimo nato a
Reggio Calabria il 13.05.1945 esponente di spicco del clan
CONDELLO-IMERTI, in atto detenuto;
-
i fratelli SCHIMIZZI, affiliati alla cosca TEGANO-DE STEFANO,
si identificano per :
SCHIMIZZI Giovanni nato a Reggio Calabria il 19.02.1946;
SCHIMIZZI Giuseppe di Paolo nato a Reggio Calabria il
06.05.1943;
rispettivamente uccisi, nel corso della guerra di mafia, in data
29.07.1987 ed in data 07.11.1990;
Un ulteriore riscontro alle dichiarazioni del LAURO lo si può ricavare
dalla deposizione, eccezionalmente conforme alla versione del
collaboratore
in argomento,
resa, particolare questo che si
sottolinea, già sette anni fa e, precisamente, in data 17.09.1986 da
SERPA Stefano Carmelo, nato ad Archi il 18.07.1951, all'epoca
detenuto presso la Casa Circondariale di Perugia. Al G.l. presso il
Tribunale di Reggio Calabria, Dott. Vincenzo MAGRI', dichiarava:
"...a proposito della ARICO' devo aggiungere che ella si è assunta la
responsabilità dell'omicidio di Luciano PALERMO, che in realtà era
stato ucciso dal cognato Carmelo BARBARO su incarico di DE
STEFANO e CONDELLO per punirlo delle sue ambizioni di
- pag. 12 -
D.LA. Reggio Calabria
13
Informativa del 14.12.1993
supremazia. Tali discorsi ho sentito all'interno del carcere".
Affermazioni, come visto, perfettamente collimanti con quanto sta
emergendo
nel contesto della presente indagine
e che non
necessitano di ulteriore commento. Si può soltanto aggiungere che il
7 aprile 1987 il SERPA inviava una sorta di memoriale
al Dott.
Saverio MANNINO, Presidente della Corte d'Assise di Reggio
Calabria, nel quale puntualizzava di non considerarsi un "pentito",
come invece riportato sugli organi di stampa, ma di avere riferito le
notizie a sua conoscenza in ordine al delitto PALERMO per tutta una
serie di circostanze che lo legavano, in qualche modo, agli "attori"
della vicenda.
Aggiungeva, inoltre, che:
ARICO1 Gioconda non era la diretta responsabile dell'omicidio
di Luciano Palermo, per come la stessa insisteva a definirsi,
bensì una delle cause;
per le notizie a sua conoscenza, non aveva bisogno di rifugiarsi
nel ed. "sentito dire" in quanto, essendo di Archi, era a lui nota
perfettamente quella realtà;
nel quartiere in argomento tutti conoscevano bene la "facciata
sommersa" legata agli intrighi leciti ed illeciti della cosca dei f.lli
DE STEFANO tant'è che, secondo i "sentito dire", centinaia di
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persone sapevano i retroscena dell'omicidio in esame;
il Palermo gli aveva confidato di essere il responsabile
dell'omicidio VOTANO per conto della cosca DE STEFANO
oggetto delle sue censure per non avergli fatto fare il salto di
qualità nell'ambito della consorteria, lasciandolo al livello di
mero esecutore di ordini.
Le lamentele, in particolare, erano
indirizzate soprattutto nei confronti di Carmelo BARBARO, suo
"superiore" in seno all'organizzazione, (circostanza questa che
conferma le dichiarazione del LAURO
secondo cui il
BARBARO Carmelo era un killer con incarico di "capo
decina" ) il quale era solito trattarlo con aria di sufficenza;
II PALERMO nutriva sentimenti di ammirazione per i fratelli
Giorgio e Paolo DE STEFANO, al punto tale di volerli emulare
nella loro quotidiana condotta di 'ndranghetisti anche in
relazione alla loro abitudine di "prendersi" le donne altrui. Fu
proprio questo spirito di competizione che lo spinse ad unirsi
alla Gioconda ARICO', pur essendo legato sentimentalmente ad
altra ragazza. Questa situazione fu accettata dalla famiglia della
donna, fermo restando che da lì a poco si sarebbero dovuti
unire in matrimonio; intenzione che, di contro, il PALERMO non
aveva minimamente. A differenza dei DE STEFANO che
potevano permettersi impunemente tali "passatempi" in virtù del
loro stesso cognome, il Palermo non era, certo, nella posizione
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D.I.A. Reggio Calabria
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di poterlo fare senza conseguenze;
la
Gioconda ARICO' era difesa a spada tratta dalla sorella
Enza (il Serpa incorre in merito in un errore in quanto è Maria la
moglie del Barbaro mentre Enza è l'altra sorella), moglie di
Carmelo BARBARO, la quale incitava il marito a farsi rispettare
(evidentemente conosceva che il congiunto aveva il grado
superiore
di
"capo-decina"
nell'ambito
della
consorteria
mafiosa) imponendo al Luciano PALERMO il matrimonio con la
Gioconda. Il Carmelo BARBARO era, inoltre, ulteriormente
richiamato a farsi rispettare in tale controversia anche dai suoi
amici mafiosi;
il PALERMO continuava, invece, imperterrito in quanto, a suo
dire, nessuno, e tanto meno il Carmelo BARBARO si poteva
permettere di richiamarlo. Sempre a suo avviso si sarebbero
dovute rivedere le rispettive posizioni gerarchiche in seno
all'organizzazione;
tale situazione di conflittualità latente sfociò, nei primi giorni del
novembre 1984, in un quasi definitivo raffredamento dei rapporti
tra il PALERMO ed il BARBARO, al punto che il primo,
sentendosi in pericolo,
camminava armato e ciò anche per
evitare di lasciare l'arma in casa alla mercé di Gioconda
ARICO'. Della stessa, infatti, ormai non si fidava più anche in
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virtù delle sue continue pressioni per il matrimonio, tanto da
arrivare a picchiarla in alcune occasioni;
il PALERMO, in un incontro avuto pochi giorni prima della
sparatoria,
gli aveva confidato l'intenzione di liquidare il
BARBARO, chiedendogli appoggio per una eventuale latitanza.
In merito a nulla valsero i suoi tentativi di dissuaderlo;
la sua versione dei fatti, dopo la morte del PALERMO che
avrebbe potuto confermare, ovviamente si scontrava con la
deposizione della Gioconda ARICO1.
Il SERPA, comunque, al fine di dimostrare la veridicità di quanto
asserito,
continuava
circostanze
la
successive
sua
alla
esposizione
morte
del
dei
fatti,
PALERMO,
riferendo
apprese
direttamente da esponenti della famiglia ARICO1.
Aggiungeva, in particolare, che:
sin dai primi giorni della detenzione di Gioconda ARICO1 si
recava tre volte la settimana presso il banco di vendita del
mercatino di Piazza del Popolo del padre ARICO1 Salvatore per
prelevare generi alimentari al fine di farli avere in carcere alla
figlia;
nel corso dei colloqui avuti con ARICO1 Salvatore si era reso
- pag. 16 -
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conto, senza alcun dubbio, che l'omicidio era stato studiato a
tavolino. Infatti la famiglia voleva regolarizzare la convivenza
dei due con il matrimonio anche allo scopo di "non far
ulteriormente parlare la gente" e dimostrare contestualmente
che "a Luciano non l'avrebbero fatta passare liscia per essersi
presa Gioconda per farne i propri comodi e poi rimandarla a
casa";
la sera del 20 dicembre BARBARO Carmelo e la moglie Enza,
unitamente alla stessa Gioconda, si recarono a casa di
quest'ultima per farle prendere gli effetti personali di modo che
la gente vedesse che gli ARICO1 ed i BARBARO si
riprendevano
la figlia
a
casa
dello 'ndranghetista,
per
costringerlo anche a fare la prima mossa allorquando non
avrebbe trovato la Gioconda in casa;
le cose non andarono, però, secondo il programma prestabilito,
anche se era già pronto per lui "// comitato dì ricevimento a suon
di proiettili". L'omicidio, non previsto per quella sera, fu però
ugualmente eseguito perché il PALERMO, rientrato prima del
previsto, incontrò i tre sul pianerottolo, venendo ferito dal
BARBARO che era armato.
Nessuno si perse d'animo in quanto tutto era preparato e la
Gioconda si accollò il delitto;
-pag. 17-
D.I.A. Reggio Calabria
I ±o
o
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il programma criminoso appena esposto era stato da lui
ricostruito sulla scorta delle frasi spezzettate dette dal padre di
ARICO' Gioconda, il quale, alle sue domande, rispondeva:
"Stefano sappiamo cosa fare, abbiamo tutto pronto dal primo
giorno e mia figlia in carcere ci starà poco, abbiamo pensato ad
ogni cosa, godiamo di buoni appoggi" ( il padre ha evidenziato
doti da chiaroveggente in quanto la figlia è rimasta in carcere
dal 10.01.1985 al 27.05.1986, data in cui gli venivano concessi
gli arresto domiciliari);
la malattia riscontrata alla ARICO1 Gioconda in carcere e cioè
"epatite virale di gruppo B" era inesistente e sicuramente gli era
stata fatta venire con un sistema che lo stesso ignorava, ma che
nel carcere di Reggio era stato più volte attuato nei confronti di
altri carcerati, specialmente dopo l'estate calda del 1983;
era disposto a confermare il tutto davanti al Presidente della
Corte d'Assise.
In data 13.04.1987 il SERPA Stefano, interrogato quale teste nel
procedimento
in Corte di Assise, confermava sostanzialmente
quanto esposto nel memoriale testé citato, ribadendo alla Corte di:
-
aver visto personalmente in varie occasioni il PALERMO in
possesso di una pistola cai. 7.65, forse marca Bernardelli,
- pag. 18 -
D. I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
19
detenuta dallo stesso senza dubbio in casa in un nascondiglio
che
non avrebbe mai
rivelato
alla
Gioconda
ARICO',
specialmente negli ultimi tempi;
-
aver visto il Palermo molto preoccupato ed irritato per le
pressioni esercitate per la regolarizzazione della convivenza nei
suoi confronti dagli ARICO' i quali gli avevano lanciato persine
un ultimatum: " o si sposava con Gioconda ARICO1 oppure
prima o dopo lo avrebbero fatto fuori";
aver capito in virtù delle confidenze fattegli
dall'ARICO'
Salvatore che l'omicidio era stato provocato dal rifiuto del
Palermo di sposare la figlia Gioconda e che il delitto era stato
programmato a tavolino;
Alla contestazione del Presidente della Corte il quale gli faceva
notare che il l'omicidio in argomento si era rivelato un insuccesso per
gli ARICO' che non avevano ottenuto quanto richiesto, il SERPA
testualmente rispondeva: "non era un insuccesso, come la S.V.
obbietta, ma era un atto di forza verso il Palermo, il quale non era
tipo da acquietarsi ed avrebbe sicuramente reagito andando dagli
ARICO1 a riprendersi la figlia con la forza".
Per quanto riguarda, poi, l'affermazione che l'autore dell'omicidio del
Luciano PALERMO era stato Carmelo BARBARO su incarico di DE
STEFANO e CONDELLO, chiariva che intendeva riferirsi allo
- pag. 19 -
D.I.A. Reggio Calabria
20
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schieramento mafioso, ancora unitario,
dei DE STEFANO -
CONDELLO, anche se già dall'estate 1983 era a conoscenza
dell'esistenza di una conflittualità latente tra gli IMERTI ed i DE
STEFANO.
( vds. ali. verbale di interrogatorio reso nel carcere di Perugia, copia
del memoriale inviato al Dr. MANNINO e copia del verbale di
interrogatone a dibattimento - all.ti nrr. 11-12-13).
In ordine alla deposizione del Serpa si sottolinea che nella sentenza
emessa in primo grado, il Presidente estensore evidenzia
quanto
segue:
" sembra necessario porre la premessa, rilevante per quanto
concerne sia la qualità della fonte che il contenuto della prova,
dell'assoluta superfluità1 di essa rispetto alla decisione già presa
sulla colpevolezza dell'imputata ". La Corte in seguito fa anche delle
considerazioni sulle parziali difformità di quanto dallo stesso riferito
rispetto alla dinamica dei fatti.
Tuttavia, nell'affrontare il complesso delle vicende narrate dal
SERPA, i giudici di Assise non possono esimersi dal considerare
che: "
la deposizione del SERPA deve essere sottoposta a
verifica mediante un esame critico, condotto in base agli elementi già
acquisiti alla causa. Sotto questo aspetto bisogna riconoscere che la
narrazione del teste offre elementi di chiarificazione per quanto
riguarda i prodromi dell'attentato, dando significato ai vari aspetti
della vicenda e arricchendone il profilo della causale. Un contributo
- pag. 20 -
D. I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
di radicale novità viene dal SERPA in rapporto allo svolgimento
dell'episodio.
Si tratta, tuttavia, di un adattamento che risente del vizio di
formazione costituito dall'essere frutto della ricostruzione del teste,
ottenuta sulla base di quanto il padre della ARICO' ha inteso fargli
conoscere.
Infatti, malgrado la sua reale diversità rispetto alla tesi della ARICO',
neppure la versione acquisita dal SERPA supera il confronto con gli
elementi oggettivi propri della vicenda e, più in generale, con i
risultati dell'analisi svolta".
La Corte prosegue nella sua disamina dei fatti facendo rilevare una
serie di discordanze tra la versione del SERPA e gli elementi
oggettivi propri del delitto, tra cui, in particolare, quello dell'incontro
casuale del BARBARO e delle due donne con il PALERMO
nell'androne della sua abitazione e del conseguente ferimento del
giovane. Circostanza quest'ultima smentita dalla vittima in occasione
del suo interrogatorio al P.M.
Il fatto che il PALERMO sia stato colpito subito dopo aver introdotto il
capo oltre la linea del portone d'ingresso sta a dimostrare, per
l'appunto, che non vi fu alcun incontro inatteso tra lui e l'assassino, al
quale la sorpresa non avrebbe altrimenti consentito la repentinità
dell'intervento che si è constatata nell'azione esecutiva del delitto.
CONSIDERAZIONI FINALI
- pag. 21 -
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
<=*£
Sulla base delle risultanze sopra esposte la conclusione logica ed
obbligata è quella che la ricostruzione del delitto fatta dal LAURO è
da considerarsi del tutto rispondente alla realtà dei fatti.
La deposizione del SERPA resa qualche anno dopo
l'omicidio in
trattazione è perfettamente coincidente con quella del collaboratore
sia in relazione al movente che in ordine all'esecutore materiale
dell'omicidio del Palermo. Ovviamente il SERPA non poteva essere
perfettamente a conoscenza di tutti i risvolti della vicenda al pari del
LAURO, personaggio di
rilevante caratura
mafiosa
il
quale,
esercitando, come è noto, le funzioni di consigliori, era in contatto
con i vertici dell'organizzazione CONDELLO-IMERTI, all'epoca
coallzzata con i DE STEFANO, che controllavano la realtà criminale
reggina.
Inoltre, proprio in relazione alla vicenda che trattiamo, non si deve
trascurare che Pasquale CONDELLO era cugino di CONDELLO
Antonino coniugato con una sorella del Palermo.
Giustamente, la stessa Corte di Assise, ha evidenziato come il
SERPA,
pur
offrendo
elementi
di
chiarificazione
in
ordine
all'attentato, abbia il limite di avere ricostruito la vicenda sulla base
di quanto il padre della ARICO1 intese fargli conoscere.
La stessa Corte di Assise, d'altronde, con la sentenza più volte
richiamata giunge alla seguente conclusione: "il delitto presenta
evidentemente una architettura di tipo familiare, alla quale si collega
sia la fase preparatoria del delitto (la ragazza era stata quello stesso
giorno a casa dei genitori) sia quella successiva, caratterizzata, dalla
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D.I.A. Reggio Calabria
irreperibilità,
Informativa del 14.12.1993
in coincidenza, non solo di Salvatore, Rosario e
Domenico, ma anche di Gioconda ARICO', che dopo il delitto compie
la scelta, altrimenti illogica, di rifugiarsi altrove piuttosto che presso i
suoi genitori. Le prove relative alla programmazione ed alla
esecuzione del delitto, raccolte a seguito dell'esame compiuto, sono
ampiamente sufficenti a stabilire la colpevolezza di Gioconda
ARICO1 per concorso nel reato ascrittole, compiuto assicurando un
contributo essenziale alla commissione di esso.
D'altronde non si spiegherebbe altrimenti come l'Aricò dopo il delitto,
se è vero come dice di essere stata solo lei ad uccidere il
convivente, si sia rifugiata a casa di parenti non meglio indicati e non
già a casa dei genitori ove stranamente non sono stati reperiti dalla
polizia il padre ed i due fratelli.
Partendo, quindi, dalle considerazioni dei giudici testé esposte, la
conclusione logica è che solo il cognato BARBARO Carmelo, killer,
come si ricorda, della consorteria DE STEFANO, con l'incarico di
"capo-decina", cioè capo di un rilevante numero di affiliati, poteva
fornire alla famiglia ARICO' quel contributo determinante per portare
a termine l'azione delittuosa, così come riferisce sia il LAURO che il
SERPA.
Lo stesso, peraltro, già indicato dal collaboratore di giustizia
BARRECA Filippo quale responsabile dell'omicidio in pregiudizio di
FAMILIARI Antonio di Saline di Montebello Jonico, risulta, come
detto sopra, attualmente ricercato proprio per tale reato.
-pag. 23-
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
^
Ultimo, ma non per questo da ritenere meno importante, è il dato che
si ricava da una telefonata pervenuta sulla linea telefonica del "113"
verso le ore 12.25 del 01.10.1987, nel corso della quale un anonimo
interlocutore
riferiva
che
ad
uccidere
PALERMO
Luciano,
erroneamente chiamato Domenico, erano stati ARICO1 Rosario, LO
PRESTI
Antonino
(zio
materno
della
moglie
del
Barbaro),
SARACENO Antonino e BARBARO Carmelo in qualità di mandante.
Quest'ultimo
particolare non fa altro che
confermare
come
nell'ambiente di Archi, così come ne parla espressamente il SERPA
Stefano, fosse noto il reale svolgimento dei fatti, a fronte di quanto
emerso in sede giudiziaria.
Il riferimento a BARBARO Carmelo quale mandante dell'omicidio
non fa altro che corroborare ulteriormente la deposizione dei
collaboratori di giustizia LAURO e SERPA.
Questa telefonata effettuata, senza dubbio, da "uno dell'ambiente", è
il sintomo più evidente che nel contesto della malavita reggina era
ormai notorio il fatto che l'ARICO' Gioconda non aveva ucciso da
sola il convivente.
Non è superfluo ora ricordare che il notorio degli ambienti malavitosi
corrisponde a ciò che per le persone normali è il fatto notorio.
Per tale motivo quando un soggetto di quel contesto afferma di
conoscere un particolare dato od una particolare realtà, a questa sua
cognizione sono da attribuirsi le caratteristiche dell'assoluta certezza
perché queste persone facilmente sono a conoscenza di tutto ciò che
per le persone normali è difficilissimo o spesso impossibile
- pag. 24 -
D. I. A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
25
conoscere.
A conclusione dell'iter processuale ed investigativo sopra esposto,
questo ufficio segnala quali responsabili, in concorso tra di loro,
dell'omicidio di Luciano PALERMO, oltre alla Gioconda ARICO', già
condannata, le sottonotate persone, in quanto sia DE STEFANO
Paolo che ARICO' Salvatore, altri correi, sono stati uccisi, come è
noto, nei corso della c.d. "guerra di mafia":
1.
(/I.
BABfìAgO Carmelo, nato a Reggio Calabria il 23.06.1 948;
ARICO' Maria Carmela, nata a Reggio Calabria il 02.12.1956,
moglie del BARBARO, ambedue residenti in via vecchia
provinciale Archi nr. 28;
3.
ARICO' Rosario, nato a Reggio Calabria il 25.10.1959,
residente ad Archi in via Borgo Sarlo nr. 8, fratello di Gioconda
(vds. ali. scheda biografica);
4.
A£1£O' Domenico, nato a Reggio Calabria il 21.12.1968, ivi
residente come sopra, altro fratello di Gioconda (vds. ali.
scheda biografica).
- pag. 25 -
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2.
26
Informativa del 14.12.1993
OMICIDIO DI MORELLI COSIMO, nato a Reggio Calabria il 2
febbraio 1957.
a.
descrizione dell'evento - indagini svolte - esito
procedimento penale:
Alle ore 00,45 circa del 19 luglio 1982 il soprascritto MORELLI
Cosimo, pregiudicato, veniva ucciso a colpi di pistola in questo
rione Modena da due persone a bordo di una moto, mentre si
trovava sulla sua autovettura Alfa Sud targata RC-158479 in
compagnia della convivente RIMETTI Maria, rimasta ferita
nell'occasione.
La Squadra Mobile, a conclusione delle indagini esperite,
procedeva al fermo di P.G. di Cento Antonio di Francesco, nato
a Condofuri (RC) il 13.06.1939, rottamaio, perché riconosciuto,
senza
ombra di dubbio,
tramite foto,
dalla
convivente
dell'ucciso.
Nel corso dell'attività investigativa (vds. rapporto giudiziario
della Squadra Mobile nr.9799/2A/MI del 26 Iuglio1982 ali. nr. 1)
è
- pag. 26 -
D.I.A. Reggio Calabria
27
Informativa del 14.12.1993
si seguì, tra l'altro, anche la pista della ritorsione per un furto di
auto. Emerse, infatti, che tale LABATE Antonino, nato a Reggio
Calabria T08.03.1956, all'epoca residente alla via Sbarre Sup.
nr. 8/B, proprietario della Fiat 127 targata RC-245491 asportata
dai soliti ignoti, per poter recuperare l'auto si rivolse a ZINDATO
Francesco classe 39, grosso esponente mafioso che controllava
il territorio di MODENA, affiliato al clan LIBRI (vds. rapporto
giudiziario della Squadra Mobile del 28.04.1987
relativo
all'omicidio dello stesso ali. nr. 2).
Lo ZINDATO, ucciso, poi, nel corso della successiva guerra di
mafia, alcuni giorni prima dell'omicidio, chiese al MORELLI di
interessarsi per il ritrovamento dell'auto rubata (vds. p.v. di s.i.t.
rese dallo stesso, ali. nr. 3).
Per tale motivo sorsero contrasti con il gruppo dei "NOMADI"
cui apparteneva il MORELLI, risultato, essere dedito a furti di
autovetture ( Vds. dichiarazioni della convivente della vittima e
dichiarazioni di altri nomadi all.ti nr. 4), il quale tentò anche di
far ricadere la colpa del furto su altri nomadi.
L'autovettura in questione venne, poi, ritrovata dalla Polizia
Stradale lungo l'autostrada Salerno - Reggio Calabria qualche
giorno dopo la denuncia del furto sporta ai Carabinieri in data
17.07.1992 e cioè solo quando lo ZINDATO gli riferì che
l'autovettura
non
era
stata
recuperata
(vds.
verbale
dichiarazione rese da LABATE Antonino ali. nr. 5).
Successivamente a detto fatto delittuoso, in data 11.09.1982 si
-pag. 27-
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
28
verificò a Reggio Calabria il duplice tentato omicidio dei giostrai
FONTI Paolo e FONTI Giuseppe, la cui responsabilità venne
fatta risalire a LIBRI Pasquale Rocco, pregiudicato, ucciso in
carcere in data 18.09.1988, figliastro del più noto LIBRI
Domenico, boss di Cannavo ( Vds. R.G. Nr. 10515/2A/M1 del
15.09.1982-ali. nr. 6).
Poiché dall'esame comparativo delle ogive recuperate in
occasione del duplice tentato omicidio sopra descritto, risultò
che le medesime presentavano analogie con quella, dello
stesso calibro, rinvenuta in occasione dell'omicidio di MORELLI
Cosimo, in data 14.04.1983 il Giudice Istruttore presso il
Tribunale di Reggio Calabria, dr. Pasquale Ippolito, emise un
mandato di cattura ( vds. allegato nr. 7) nei confronti del citato
CENTO nonché di LIBRI Pasquale Rocco, nato a Reggio
Calabria il 18.03.1962, all'epoca detenuto nella locale Casa
Circondariale, poiché ritenuti responsabili, in concorso, del
delitto in esame. Dalla perizia balistica emerse, infatti, come già
detto, che i colpi che attinsero il MORELLI erano stati esplosi
dalla stessa arma usata successivamente per ferire FONTI
Paolo, (nato a Caltanissetta il 10.1.1933) ed il figlio Giuseppe,
(nato a Modugno il 26.10.1954), giostrai che si trovavano a
Reggio Calabria in occasione della festa della SS. Madonna
della Consolazione. I responsabili del ferimento dei FONTI
vennero identificati nel già menzionato LIBRI Pasquale Rocco e
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D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
2$
in RICHICHI Salvatore, nato a Reggio Calabria il 21.12.1961, i
quali, unitamente ad altre persone della stessa risma, fecero
scoppiare una lite conclusasi in modo cruento per i citati FONTI
perché questi ultimi il giorno precedente si erano rifiutati di farli
divertire gratis al luna park.
Il LIBRI Pasquale, in particolare, riconosciuto sia dalle parti
offese che da altri
giovani intervenuti al momento della
contesa, nel corso del dibattimento penale relativo all'omicidio
del MORELLI Cosimo svoltosi innanzi alla Corte di Assise di
Reggio
Calabria,
si
proclamò
innocente
dell'omicidio
ammettendo di essere responsabile, invece, del ferimento dei
FONTI ai quali aveva risarcito anche i danni (vds. verbale di
dibattimento del 13.XII.1985 ali. nr. 8).
Nel medesimo contesto giudiziario il LIBRI ammise anche di
conoscere il MORELLI, insieme al quale prendevano di tanto in
tanto qualche caffè, così come si era verificato lo stesso giorno
dell'omicidio. In
detta circostanza il MORELLI gli offrì uno
stereo. Anche la convivente del MORELLI, PINETTI Maria
confermò che la stessa sera dell'omicidio a Mosorrofa, seduto
davanti ad un bar, il LIBRI Pasquale aveva chiamato il
MORELLI per prendere un caffè. I due, successivamente, si
appartarono per pochi minuti. La PINETTI aggiungeva, inoltre,
che il LIBRI poco tempo prima, e precisamente, la sera del
giorno in cui il MORELLI esplose colpi di pistola contro il recinto
del deposito di auto vecchie di tale Cento, si era recato a casa
-pag.29-
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informativa del 14.12.1993
fecero rilevare uno scambio del proiettile contenuto nel plico
marcato "4880" (omicidio MORELLI) con uno dei due proiettili
del plico "4881" (ferimento FONTI), che ovviamente avrebbero
dovuto essere identici tra di loro in quanto esplosi dalla
medesima
arma ed, invece presentavano delle diversità
morfologiche.
Essendo risultata, pertanto, confermata la tesi dell'avvenuto
scambio dei proiettili in sede di repertazione, si spiega il motivo
per cui il primo perito ( prof. Domenico Compagnini) concluse in
modo perentorio per la equiprovenienza dallo stesso revolver
dei proiettili usati per l'omicidio MORELLI e per la vicenda
FONTI.
Nel caso in questione la Corte rilevò, inoltre, che anche se
effettivamente l'arma con la quale venne ucciso il MORELLI
fosse appartenuta al LIBRI, ciò non avrebbe comportato
necessariamente responsabilità dello stesso, potendo egli
averla prestata senza conoscere l'uso che ne sarebbe stato
fatto.
Essendosi, poi, verificato il ferimento dei FONTI all'incirca due
mesi dopo, il LIBRI poteva essere venuto in possesso della
pistola dopo l'omicidio del MORELLI. Nelle specie, infine, non
emergevano affatto prove della identità dell'arma usata nei due
episodi criminosif v<iv cJJL v*.
b.
dichiarazioni dei collaboranti:
-pag. 31 -
D./.A. Reggio Calabria
31
Informativa del 14.12.1993
sua da dove andò via per qualche minuto assieme al convivente
(vds. verbale di dichiarazione ali. nr. 9).
La Corte di Assise di primo grado di Reggio Calabria, con
sentenza datata 31.07.1985, assolse CENTO Antonio per
insufficienza di prove (vds. ali. nr. 10).
Nell'illustrare
i motivi
a base della decisione,
l'Organo
Giudiziario, tra l'altro, fa notare che la RIMETTI Maria,
portatrice di un visus molto deficitario (5 diottrie per occhio), non
portava gli occhiali né la sera dell'omicidio né durante la
ricognizione personale. La stessa, infatti, in sede di dibattimento
affermò "Non porto gli occhiali se non quando guido". Il visus
deficitario
veramente
della
PINETTI
incredibile)
emerse
solo molti
(particolare
questo
mesi dopo il
delitto
allorquando nel corso dell'istruttoria formale la difesa di CENTO
presentò la documentazione sanitaria relativa al conseguimento
della patente di guida della PINETTI nella quale risultava il
visus deficitario sopra descritto e l'obbligo all'uso delle lenti
durante la guida.
La stessa Corte in data 19.12.1985 assolse pure LIBRI
Pasquale Rocco per non aver commesso il fatto, a seguito di
una nuova perizia balistica richiesta dal suo difensore di fiducia
e disposta dalla stessa Corte in data 30.07.1985.
Gli autori dell'ultima perizia collegiale ordinata dalla citata A.G.
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DJ.A. Reggio Calabria
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Dichiarazioni rese
da LAURO Giacomo Ubaldo (verbale del
28.10.1992 ore 09,45 pag.2 ali. nr. 11):
"Per quanto riguarda
MORELLI COSIMO, ricordo che la
causale è da ricercare in una serie di furtarelli che questi aveva
commesso nelle zone di Modena e S.Sperato dando fastidio ai
Libri e a Francesco ZINDATO".
CONSIDERAZIONI FINALI
Quanto sopra esposto conferma ulteriormente la bontà e la
validità delle dichiarazioni del LAURO che ha individuato la
causa
dell'omicidio
del
MORELLI
proprio
nell'attività
delinquenziale svolta dal medesimo, ritenenuto colpevole, come
si è visto, di non aver rispettato il principio, sempre valido, della
inviolabilità del territorio soggetto al .controllo della cosca
mafiosa dei LIBRI e, soprattutto di non aver ottemperato
all'ordine di restituzione dell'auto rubata.
Anche
se
le
indagini
fecero
emergere
all'epoca
il
coinvolgimento dello ZINDATO Francesco e del LIBRI Pasquale
Rocco, poi come si è detto prosciolto, devono essere
considerati
correi, per l'omicidio
de quo, anche gli altri
componenti del clan LIBRI, appresso indicati.
E1 caratteristica, infatti, delle cosche mafiose, quella della
-pag. 32-
D.I.A. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
33
ripartizione dei compiti e dei ruoli tra i vari componenti, di modo
che un qualsiasi apporto che chiunque presti allo svolgimento di
una qualsiasi attività criminale del gruppo, vada sempre a
beneficio dell'intera consorteria mafiosa.
E' impensabile, infatti, che il LIBRI Pasquale, a prescindere
dall'esito
del procedimento penale
conclusosi
in modo
favorevole allo stesso per la singolare vicenda dello scambio
dei proiettili repertati, ( ci si chiede come mai non sia stata
presa in considerazione l'ipotesi che i due FONTI siano stati
colpiti con due armi diverse in quanto anche il RICHICHI
Salvatore, elemento con fama di killer, ucciso nella guerra di
mafia, poteva essere come era logico, pure armato ) abbia
operato autonomamente senza l'imprimatur dei vertici della sua
organizzazione.
E' un dato ormai giuridicamente acquisito che tutti i gruppi
criminali, prima di realizzare fatti delittuosi particolarmente
gravi, riuniscano il loro vertice al fine di meglio ponderare e
valutare le conseguenze di quel tipo di attività criminale nel
contesto generale dei già precari equilibri esistenti tra le varie
consorterie mafiose.
L'invito rivolto dallo ZINDATO Francesco, affiliato al clan dei
LIBRI, all'indirizzo del MORELLI, ucciso, particolare questo
importantissimo, appena due giorni dopo il recupero dell'auto
del LABATE, ha una sua valenza per la sussistenza della
ipotesi delittuosa in questione quantomeno in capo al gruppo
- pag. 33 -
D.LA. Reggio Calabria
Informativa del 14.12.1993
dirigente della famiglia LIBRI identificato così come segue:
>
1.
«
2.
»
3.
4.
LIBRI DOMENICO, nato a Cataforio (RC) 24.05.1934
(vds. scheda ali. nr. 12);
LIBRI PASQUALE, nato a Cataforio (RC) 26.01.1939 (vds.
scheda ali. nr. 13);
LIBRI GIUSEPPE, nato a Cannavo il 12.08.1958 (vds.
scheda ali. nr. 14);
LIBRI ANTONIO, nato a Reggio Calabria il 20.09.1960
(vds. scheda ali. nr. 15).
Si trasmettono i fascicoli processuali nr. 6/84 RC Ass. e nr.
relativo a CENTO Antonino e nr. 16/85 RC Ass. relativo a LIBRI Pasquale
Rocco, nonché quello concernente l'omicidio PALERMO.
Si fa riserva di trasmettere l'esito degli accertamenti concernenti
gli altri omicidi di mafia consumati nel periodo antecedente al 13.10.1985.
IL DIRIGENTE
(Ten.Col. Anulalo PELLEGRINI)
\l
- pag. 34 -
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DIREZIONE INVESTIGATIVA