REGIONE LAZIO
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE FROSINONE
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Protocollo Clinico dell’Osteoporosi
Definizione
E’ una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla riduzione della
massa ossea e da alterazioni qualitative strutturali della macro e
microarchitettura dell’osso e delle sue proprietà materiali, che si accompagnano
ad incremento del rischio di frattura.
Come vedremo meglio in seguito, si distinguono due forme di osteoporosi:
quella primitiva, che compare dopo la menopausa (postmenopausale) e/o
nell’età avanzata ( senile ) e quella secondaria, determinata da un ampio
numero di malattie croniche e dall’uso continuativo o prolungato di farmaci. (1)
Epidemiologia
L’osteoporosi è una malattia di rilevanza sociale e rappresenta un serio
problema di salute pubblica in tutti quei Paesi, tra cui l’Italia , in cui si assiste
ad un progressivo e crescente invecchiamento della popolazione.
L’avanzare dell’età costituisce una essenziale condizione di perdita della
massa ossea sia nei maschi che nelle femmine , ove le manifestazioni sono più
precoci.
In particolare, una donna trascorre oggi il 40% della propria esistenza in
“postmenopausa” e questo stato di protratta carenza estrogenica
induce
cospicue perdite di massa ossea
I risultati dello studio ESOPO (figura 1) , condotto nel 2001, su 16.000
soggetti , da 83 centri specialistici distribuiti in tutto il territorio nazionale,
dimostrano che circa il 23% delle donne over 40 ed il 14% degli uomini over
60 è affetto da osteoporosi .
Inoltre circa il 42% delle donne ed il 34% degli uomini in queste fasce di
età presenta osteopenia e quindi un maggiore rischio di incorrere nella
osteoporosi e nelle sue complicanze.
Struttura Semplice di Staff di Direzione Generale
Protocolli Assistenziali e Linee Guida
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Lo sviluppo di questi dati porta a stimare che attualmente nel nostro Paese
circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini siano portatori di
osteoporosi, mentre oltre 6,5 milioni di femmine e 2 milioni di maschi siano
affetti da osteopenia. (2)
Figura 1. Prevalenza di osteopenia ed osteoporosi nella popolazione femminile
Poiché , come i dati epidemiologici dimostrano , le femmine sono
colpite dalla osteoporosi circa 4 volte di più dei maschi , anche i rischi e le
complicanze fratturative sono diverse.
Una ogni 2 donne e uno ogni 8 uomini over 50 avrà nei restanti anni di
vita una frattura da fragilità del femore prossimale (F 17,5% ) (M 6% ) , della
colonna vertebrale ( F15,6% ) (M 5%) e avambraccio distale (F 16% ) (M 2,5% ), ed
i tassi di incidenza di frattura del femore crescono in modo esponenziale dal 65°
anno di età , raddoppiandosi pressappoco ogni 5 anni e superando il valore di
oltre 400/10.000 nelle donne over 85. ( 3 )
Le conseguenze delle fratture di femore, sia sotto l’aspetto della morbilità
che sotto quello dell’impatto socio-economico, sono molto pesanti con una
mortalità del 15-25% ed una disabilità motoria che colpisce più della metà dei
pazienti nel corso dell’anno successivo all’intervento. ( 4 )
Tra gli anziani le fratture osteoporotiche costituiscono una delle
maggiori cause di morte , con una incidenza pressoché sovrapponibile a
quella degli ictus, del carcinoma mammario e quattro volte superiore a
quella del carcinoma dell’endometrio.
Il 50% delle donne con frattura del femore, invece , presenta un marcata
riduzione del livello di autosufficienza che, nel 29% dei casi , richiede
istituzionalizzazione a lungo termine.Inoltre si calcola che nel nostro Paese si
verifichino , ogni anno , circa 80.000 fratture del femore , con un onere
economico di oltre 800.000.OOO di euro per la sola assistenza ospedaliera.
(tabella 1) ( 5 , 6 )
Tab.1 Incidenza e costi delle fratture di femore in Italia anno 2002
Sebbene le valutazioni sotto il profilo epidemiologico ed economico siano
di netto appannaggio per le frattura del femore , in questi ultimi anni stanno
emergendo anche le fratture vertebrali , che in due casi su tre , pari al 13%,
non sono diagnosticate ( figure 2 e 3 ).
In una donna che ha superato i 50 anni il rischio di avere nel corso della
vita una frattura vertebrale è del 35%. Il 25% di tali soggetti possono
incorrere in una nuova frattura nell’anno successivo ed il costo delle fratture
ricorrenti è quattro volte superiore rispetto al costo medio della prima
fattura.( 7 )
Figura 2 Incidenza fratture nelle donne
Figura 3 Incidenza fratture nei maschi
Appare pertanto evidente che, solo in tempi recenti, l’osteoporosi è stata
collocata nella giusta dimensione assurgendo a malattia di rilevanza sociale e
sanitaria, di cui si è iniziata la valutazione in termini di impatto socioeconomico, sia per gli aspetti legati alle fratture in fase acuta , sia per le
complicanze, per la riabilitazione e per l’eventuale disabilità.( 8 )
Inoltre , visto che la terapia delle fratture varia da centro a centro , sia per
un diverso approccio clinico che per l’utilizzo o l’accesso alla rete dei servizi postospedalaieri , si rende necessaria l’attivazione di un Registro Prospettico delle
fratture di femore , già presente in altri Paesi , allo scopo di rendere omogeneo
il profilo di cura di questi pazienti. ( 9 )
Anche in Provincia di Frosinone, l'impatto sociale della malattia
Osteoporosi e' rappresentato dal grande numero di fratture di femore, rilevato
nell’anno 2006 , attraverso le schede di dimissione ospedaliera registrate dal
sistema SIS della nostra Azienda Sanitaria.
Come indicatori della spesa sostenuta dal nostro SSN , limitatamente
alle fratture femorali , possono essere rappresentativi tutti i DRG ( Diagnosis
Related Groups ) di interesse ortopedico , relativi agli interventi ed alla degenza
ospedaliera per questa tipologia di diagnosi principale:
DRG 209, DRG 210, DRG 211, DRG 235 E DRG 236.
Il totale di tutti questi DRG, nel solo anno 2006 , e' stato di 951 su una
popolazione di circa 485.000 cittadini.
Le fratture vertebrali , essendo nella maggioranza dei casi asintomatiche
o paucisintomatiche, spesso sono misconosciute e non vengono ricoverate in
ambiente ospedaliero.
Pertanto , una indicazione dell'incidenza , potrebbe scaturire dall'analisi dei
dati rilevabili dall'attivita' ambulatoriale dell'Ambulatorio di Metabolismo
Osseo ed Osteoporosi del Polo C.
Nel corso del secondo semestre dell'anno 2007 sono state eseguite 539
visite ortopediche per osteoporosi.
E' stata applicata la nota AIFA 79 nella prescrizione della terapia,
finalizzata alla riduzione del rischio di fratture da osteoporosi a n° 115
pazienti, cui l’esame radiografico del rachide evidenziava fratture atraumatiche di
almeno un corpo vertebrale.
Sono stati, tra l’altro, messi in trattamento farmacologico, a proprio carico,
n° 308 pazienti che non rientravano nella nota 79, ma presentavano una
bassa BMD e fattori di rischio fratturativo.
Classificazione
Così come accennato nella definizione distinguiamo osteoporosi primitiva
e secondaria.
L’osteoporosi primitiva e le fratture osteoporotiche riconoscono una
multifattorialità patogenetica.
Alcuni fattori accentuano il rischio di fratture essendo responsabili della
riduzione di massa ossea , come il sesso femminile, ridotto apporto dietetico
di calcio , attività fisica ridotta o scarsa e menopausa precoce.
Altri fattori accrescono il rischio o rendono più severe le conseguenze di
cadute come disabilità , abuso di benzodiazepine , fattori ambientali e abuso
di sostanze alcoliche.
Altri ancora hanno una azione sinergica sia sulla massa ossea che sui
rischi di cadute accidentali come età , fumo , basso peso corporeo e carenza di
vitamina D.
I fattori di rischio di fratture osteoporotiche sono evidenziati nella tabella 2.
Tab.2. Fattori di rischio di fratture osteoporotiche
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Età
Sesso femminile
Menopausa prematura
Amenorrea primaria e secondaria
Ipogonadismo maschile primitivo e secondario
Etnia europea o asiatica
Storia di fratture atraumatiche
Bassa densità minerale ossea
Trattamento cortisonico
Elevato turnover osseo
Familiarità per frattura di femore
Scarsa acuità visiva
Basso peso corporeo
Malattie neuromuscolari
Fumo di sigaretta
Eccessivo consumo di alcolici
Immobilizzazione protratta
Basso apporto di calcio
Carenza di vitamina D
Le forme secondarie di osteoporosi strettamente correlate a malattie
croniche, ad abuso di sostanze come alcolici o droga o ad uso prolungato di
farmaci, sono presentate nella tabella 3.
In particolare, la terapia protratta con glucocorticoidi viene indicata
come una delle principali cause di perdita della massa ossea, prevalentemente
della componente trabecolare, con conseguente aumento del rischio di
fratture, dopo appena pochi mesi di trattamento.
Tab. 3. Condizioni associate ad osteoporosi
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Ipogonadismo
Ipercortisolismo
Iperparatiroidismo
Ipertiroidismo
Iponatriemia
Diabete mellito tipo 1
Acromegalia
Deficit GH
Malattie mielolinfoproliferative
Mieloma multiplo
Mastocitosi sistemica
Talassemia
Malattie croniche epatiche
Celiachia
Malattie infiammatorie croniche intestinali
Gastrectomia
Intolleranza al lattosio
Malassorbimento intestinale
Insufficienza pancreatica
Artrite reumatoide
LES
Spondilite anchilosante
Artrite psoriasica
Sclerodermia
Ipercalciuria idiopatica
Acidosi tubulare renale
Insufficienza renale cronica
Broncopneumopatia cronica ostruttiva
Anoressia nervosa
Emocromatosi
Fibrosi cistica
Malattie metaboliche
Trapianto d’organo
Alcoolismo
Fumo
Tossicodipendenza
Farmaci (cortisonici, diuretici, ciclosporina ,ormoni tiroidei ecc)
Immobilizzazione prolungata
Grave disabilità
Clinica
La perdita di sostanza ossea postmenopausale è assolutamente
asintomatica e proprio per questo sottostimata. ( 10 )
La sintomatologia dell’osteoporosi è quindi “silente” e le uniche
manifestazioni cliniche che evidenziano la presenza di osteoporosi sono le
fratture vertebrali , femorali e del polso, generalmente conseguenza di
traumi di lieve entità.
Le fratture vertebrali da osteoporosi sono le più frequenti nelle donne
in menopausa e, generalmente, si verificano alla giunzione dorso-lombare e
meno frequentemente nel tratto medio-dorsale.
In linea di massima si tratta di fratture non sintomatiche,
diagnosticate incidentalmente, con l’esecuzione di indagini radiologiche
effettuate per altri motivi.
Uno studio recente evidenzia che circa il 50% delle deformazioni
vertebrali, presenti sui radiogrammi, non sono refertate dai radiologi e in un
alto numero di casi , anche se refertate sulla radiografia , non sono oggetto
di alcuna terapia. (11)
Queste fratture sono gravate da accresciute morbilità e mortalità ;
circa il 20% di queste recidivano nell’anno successivo (12) ed il rischio di
fratture in altre sedi , come femore e polso, è aumentato. (13,14)
Le deformazioni vertebrali si associano poi a riduzione della statura ,
dolori acuti e recidivanti o cronici alla colonna vertebrale , deformazione
della gabbia toracica, disabilità e riduzione della qualità della vita.(15,16,17)
Infine le fratture vertebrali si accompagnano al elevata mortalità
legata non solo alle complicanze polmonari da modificazioni della gabbia
toracica , ma anche a cause diverse (18) e rappresentano un indice di cattivo
stato di salute ( figura 4).
Figura 4. Effetti delle fratture vertebrali osteoporotiche
Diagnosi
L’inquadramento clinico di pazienti affetti
o con sospetto di
osteoporosi deve necessariamente basarsi su una valutazione clinica
completa, sulla identificazione dei fattori di rischio e sulla valutazione della
densità ossea ( osteopenia/osteoporosi ).
La valutazione anamnestica delle fratture da fragilità del femore e del
polso è molto più semplice di quanto non lo siano quelle vertebrali , che
spesso non sono clinicamente evidenti ma che hanno una notevole rilevanza
diagnostica, prognostica e terapeutica .
E’ indispensabile eseguire un attento esame obiettivo finalizzato ad
escludere altre cause di osteopenia o ad individuare malattie croniche o
fattori di rischio, capaci di causare o contribuire alla riduzione della massa
ossea.
Un recente studio ha infatti dimostrato che in circa il 30% delle donne
affette da osteoporosi, la malattia veniva innescata da altre patologie non
sospettate, di cui esse erano portatrici, come per esempio la Malattia Celiaca,
sempre più facilmente identificabile dalla comparsa in commercio di tests
colorimetrici e di metodiche EIA. (19)
In condizioni sospette di frattura vertebrale, per presenza di
sintomatologia tipica, per ridotta altezza >3cm , per ipercifosi , per deformità
della gabbia toracica , per età avanzata o per marcata riduzione dei valori
densitometrici dell’osso, si impone una radiografia della colonna dorso-lombare
in proiezione laterale con esame morfometrico.
La definizione di frattura vertebrale, fornita dal CUF nelle pubblicazioni
sulla G.U. n.° 281 del 01/12/1998 e sulla G.U. n.° 7 del 10/01/2001, con la
famosa “nota 79”, richiede, sia nelle donne che negli uomini, la misura dei
corpi vertebrali ( Morfometria Vertebrale ), almeno nei casi di deformazioni
lievi che sono, comunque, piuttosto frequenti nell’osteoporosi.
Come precisato nella suddetta nota , “la frattura di un corpo vertebrale
deve essere documentata da un esame radiologico” e, quindi, il Medico
Radiologo deve verificare la presenza della frattura vertebrale con il proprio
referto, ricorrendo, in presenza di lievi deformazioni dei corpi vertebrali, alla
loro misurazione.
L’accertamento delle fratture di grado lieve, infatti, è particolarmente
importante in quanto, pur essendo asintomatiche, esse rappresentano
comunque un fattore di rischio elevato, per la successiva insorgenza di
fratture sintomatiche di grado più elevato.
Per tale ragione, si ricorre alla Morfometria Vertebrale, metodica che,
misurando le altezze dei corpi vertebrali, permette di definire in maniera
oggettiva e riproducibile le fratture vertebrali.
Tale metodica, diffusa nel Nord Europa e negli USA da ormai dieci anni,
in Italia viene attualmente usata solo in alcuni Centri Specializzati per lo
studio dell’osteoporosi.
Si sottolinea, tuttavia, che la morfometria vertebrale è già stata inserita
tra le “prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili
nell’ambito del SSN e relative tariffe”, pubblicate nel supplemento della G.U.
n.° 216 del 14/09/1996 alle voci 87.23 ed 87.24, relative alle radiografie delle
colonna dorsale e lombosacrale.
La morfometria vertebrale si esegue misurando le tre altezze, anteriore
(Ha), centrale (Hm) e posteriore (Hp) del corpo vertebrale, sui radiogrammi del
rachide dorsale e lombare, eseguiti in proiezione laterale.
Per ottenere una misura precisa dei corpi vertebrali, è indispensabile
che la proiezione sia perfettamente laterale: nei radiogrammi laterali devono
apparire una sola limitante superiore ed una sola limitante inferiore, per cui
il paziente deve essere attentamente posizionato, ricorrendo, nei casi necessari
come nella scoliosi, all’uso di supporti correttivi.
Dapprima si misura l’altezza posteriore della vertebra in esame: tale
altezza non deve essere inferiore a mm. 4 (15%), rispetto alla media
dell’altezza posteriore delle vertebre adiacenti superiore ed inferiore,
ricordando che le altezze posteriori dei corpi vertebrali aumentano in senso
cranio caudale fino ad L3.
Una volta stabilita la normalità dell’altezza posteriore della vertebra in
esame, si procede alla misura delle altezze centrale ed anteriore, che vanno
confrontate con l’altezza posteriore stessa.
I tipi di fratture vertebrali osteoporotiche vengono così definiti:
- frattura a cuneo: riduzione di almeno 4 mm. o del 15% dell’altezza
anteriore rispetto l’altezza posteriore (Ha/Hp<85%)
- frattura mono-biconcava: riduzione di almeno 4mm. o del 15% dell’altezza
centrale rispetto l’altezza posteriore (Hm/Hp<85%)
- frattura da compressione (collasso): tutte le tre altezze vertebrali sono
ridotte di 4 mm. o del 15% rispetto alla media delle corrispondenti altezze
delle vertebre adiacenti superiori ed inferiori.
La morfometria può essere effettuata manualmente misurando, con un
righello, direttamente sulle radiografie, le altezze della vertebra sospetta di
frattura.
Esistono, comunque, in commercio dei software dedicati per eseguire la
morfometria computerizzata di 14 corpi vertebrali, da D4 sino ad L5, sulle
immagini
radiologiche
digitalizzate
mediante
scanner
o
tramite
visualizzazione diretta con CR o DR.
In conclusione, al Medico Radiologo possono giungere queste richieste
dai Medici convenzionati con il SSN:
- “Rx colonna dorsale e lombosacrale per osteoporosi”
- “Rx colonna dorsale e lombosacrale per sospetta frattura vertebrale”
- “Rx colonna dorsale e lombosacrale con morfometria vertebrale”
- “Morfometria vertebrale”
In tutti questi casi, nel referto dell’esame radiologico della colonna
vertebrale dorsale e lombosacrale in proiezione laterale, il Medico Radiologo
dovrebbe anche riferire sulle altezze vertebrali: ad esempio “altezze
vertebrali normali”, oppure “frattura a cuneo di D8 per riduzione dell’altezza
anteriore oltre 4 mm., rispetto l’altezza posteriore”.
Ciò comporterà, ovviamente, la misura, manuale o computerizzata, delle
altezze soltanto di quel corpo vertebrale che, “ad occhio”, appare lievemente
“deformato”, ma che potrebbe risultare “fratturato”, secondo i criteri enunciati
dalla CUF nella nota n.° 79. ( 20,21,22,23 )
La diagnosi di frattura vertebrale, quindi, si basa su una diminuzione >
4 mm o del 15% dell’altezza anteriore o centrale del corpo vertebrale , rispetto
alla sua altezza posteriore.
Il parametro rilevabile del 15%, è da riferire a soggetti con corpi vertebrali
la cui altezza del muro posteriore è inferiore ai 2.5 cm.
In caso di crollo anche del margine posteriore, il riferimento delle
altezze va fatto con quello delle vertebre sovra e sottostanti integre, come
indicato dall'analisi semiquantitativa proposta dal Genant. ( Figura 5)
Figura 5. Analisi semiquantitativa secondo Genant.
Il laboratorio è di scarsa utilità nell'osteoporosi primitiva, poiché tutti i
parametri relativi al metabolismo fosfo-calcico sono nella norma, mentre è
indispensabile nella diagnosi delle forme secondarie.
La sua utilità risiede, quindi, nella diagnostica differenziale.
In tutti i pazienti , al di là del quadro clinico , vanno richiesti esami
semplici di laboratorio, definiti di 1° Livello ( tabella 4) poco costosi che, nella
maggior parte dei casi, sono in grado di escludere le forme più comuni di
osteoporosi secondaria, in quanto non esiste alcuna anomalia biochimica tipica
dell’osteoporosi primitiva.
Tab. 4. Esami di Laboratorio di primo livello
• VES
• Emocromo completo
• Protidemia frazionata
• Calcemia
• Fosforemia
• Fosfatasi alcalina (ALP) ed eventualmente l’isoenzima (IsoAlp)
• Transaminasi
• Creatininemia
• Calciuria delle 24 ore
• Calciuria a digiuno (Ca/creatinina sulle urine della seconda minzione)
Emocromo, VES e profilo proteico servono ad escludere malattie
ematologiche di tipo neoplastico.
Calcemia e fosforemia servono ad escludere iperparatiroidismo,
ipoparatiroidismo, ipercalcemie paraneoplastiche, osteomalacia.
In presenza di alterazioni del quadro proteico la calcemia va corretta per
l'albuminemia:
Ca corretto (mg/dl) = Ca misurato (mg/dl) + 0,8 x [(4 - Albumina (gr/dl)]
Le ALP sono utili nella diagnosi differenziale fra osteoporosi e
osteomalacia, essendo più elevate in quest'ultima.
La calciuria delle 24 ore è strettamente correlata all'assorbimento
intestinale di calcio.
L'assorbimento netto intestinale di calcio è uguale a
Calcio alimentare assorbito - calcio secreto con le secrezioni intestinali
Una riduzione della calciuria, deve fare sospettare
un ridotto
assorbimento intestinale di calcio e, prima ancora della modifica di un
qualsiasi altro parametro biochimico, deve suggerire di ricercarne le cause.
Un aumento della calciuria può essere dovuto o ad eccessivo introito di
calcio e/o di vitamina D o ad elevata perdita renale.
Per differenziare le due forme, è utile determinare la calciuria a digiuno
(elevata nelle forme renali) e rideterminare la calciuria delle 24 ore, dopo una
settimana di dieta priva di latte e latticini.
Con una dieta ipocalcica, la supplementazione media alimentare di
calcio viene ad essere di circa 400 - 500 mg al giorno.
Se la calciuria si riduce al di sotto di 150 mg/die, è probabile che
all'origine vi sia stato un eccessivo introito/assorbimento di calcio ; se la
calciuria non si riduce o si riduce di poco è probabile si tratti, invece, di una
forma renale, che dovrà essere corretta con l'assunzione di diuretici tiazidici.
Se la storia clinica , l’esame obiettivo ed eventuali alterazioni degli
esami biochimici di primo livello , suggeriscono altre cause di riduzione della
massa ossea , è consigliabile l’esecuzione di esami più costosi e mirati , in
rapporto al sospetto clinico, definiti di 2° livello (Tabella 5).
Tab. 5. Esami di laboratorio di secondo livello
TSH
Paratormone sierico
25-OH-vitamina D sierica
Cortisoluria
Testosterone libero nei maschi
Elettroforesi proteine urinarie
Anticorpi anti gliadina
Esami specifici per patologie associate
Marker specifici di turnover osseo
La misurazione del 25OHD, fornisce indicazioni sullo stato della vitamina
D dell'individuo e sulla possibilità di ritrattarlo nel caso essa sia carente.
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L'aumento del PTH può identificare un iperparatiroidismo primario, se
associato ad ipercalcemia e ipofosforemia, o secondario, se associato a
calcemia normale o tendenzialmente bassa.
Un breve periodo di trattamento con calcitriolo, è in grado di
normalizzare i livelli di PTH nel caso di iperparatiroidismo secondario.
L'ipercalcemia, associata a bassi livelli di PTH, deve far sospettare la
presenza di una neoplasia.
Il dosaggio del TSH, nelle persone anziane, serve ad escludere un
ipertiroidismo che spesso, in età avanzata, può manifestarsi con segni clinici
molto sfumati e atipici (fibrillazione atriale, depressione, ecc.).
I markers specifici del turnover osseo.
Negli ultimi 20 anni si sono sviluppati numerosi metodi di dosaggio di
prodotti del metabolismo del collagene o di sostanze secrete dalle cellule
ossee, nel tentativo di valutare e monitorare modificazioni del metabolismo
osseo, non facilmente individuabili con altre tecniche.
Nonostante le numerose ricerche al riguardo, non è ancora stato possibile
individuare un sicuro marker, in grado di apprezzare lievi modificazioni del
turnover scheletrico, perché nella maggior parte dei casi, se non in tutti, i
markers non riflettono esclusivamente il metabolismo osseo, ma anche
quello di altri tessuti.
Inoltre, nell'ambito di uno stesso processo di rimodellamento osseo,
alcuni markers risultano più indicativi per le modificazioni che avvengono in
una fase piuttosto che in un'altra.
Anche se i processi di rimodellamento osseo sono strettamente
accoppiati, e quindi, teoricamente, l'aumento di un marker di riassorbimento
riflette anche un aumento dell'osteoformazione, i markers vengono
clinicamente distinti in markers del riassorbimento e markers della
neoformazione ossea.
Markers del riassorbimento osseo.
Ad eccezione della fosfatasi acida tartrato-resistente, enzima presente
negli osteoclasti, gli altri markers del riassorbimento osseo sono rappresentati
da prodotti di degradazione del collagene:
Idrossiprolina
Glucosidi dell’idrossilina
Crosslinks dell'idrossipiridinolina ( piridinolino e desossipiridinolino )
Telopeptidicarbossi-terminali del collagene
Telopeptidiamino-terminali del collagene
Sialoproteina ossea
Fosfatasi acida tartrato-resistente (TRAP)
Markers della neoformazione ossea
Fosfatasi alcalina totale e suo isoenzima osseo
Osteocalcina
Propeptidi del procollagene di tipo I
Variabilità preanalitica dei markers di rimodellamento
L'interpretazione dei dati fornitici dal dosaggio dei markers, deve tener
conto di vari fattori che influenzano la riproducibilità dei risultati;essi possono
essere suddivisi in due grandi categorie:
• fattori non controllabili
• fattori controllabili
Fattori non controllabili
Età. I markers di rimodellamento osseo sono più elevati nei bambini
che negli adulti. Essi sono molto elevati nei primi anni di vita (fino a 5-10
volte) e incominciano a diminuire nell'epoca post-puberale. Il nadir viene
raggiunto attorno ai 40 anni.
In seguito, nell'uomo, non si modificano in maniera significativa o tendono
lievemente ad aumentare.
Nella donna aumentano bruscamente alla menopausa e rimangono
elevati per il resto della vita.
La riduzione della funzione renale che si verifica in tarda età giustifica
l'aumento, nelle popolazioni molto anziane, dei markers che vengono
metabolizzati dal rene.
Sesso. I markers tendono ad essere più elevati nei giovani uomini che
nelle giovani donne. Nella popolazione anziana, invece, sono più elevati nelle
donne che negli uomini.
Razza. I soggetti di razza nera presentano livelli di markers più bassi dei
loro coetanei di razza bianca, in entrambi i sessi. Nelle donne, tuttavia, tale
differenza può apparire evidente solo dopo la menopausa
Fratture. Dopo una frattura, i markers aumentano del 20-50% e
rimangono elevati fino a 6-12 mesi dopo la frattura. Un aumento
ingiustificato dei markers, in un soggetto con bassa massa ossea, può essere
indicativo di una frattura vertebrale asintomatica.
Gravidanza e lattazione. Le richieste di calcio da parte del feto sono più
evidenti nel terzo trimestre di gravidanza e, in genere, vengono soddisfatte da
un aumento dell'assorbimento intestinale di calcio piuttosto che da un
aumento dei processi di riassorbimento osseo.
Tuttavia, già dal quarto mese, si assiste ad un lieve aumento dei
markers di riassorbimento osseo, seguito, poche settimane dopo, da un
aumento dei markers di osteoformazione.
Al termine della gravidanza l'NTX può risultare aumentato di 3 volte
rispetto ai valori basali, il PINP può mostrare valori del 60% maggiori di quelli
osservati nelle donne non gravide.
Al contrario degli altri markers, l'osteocalcina diminuisce e talora può
risultare indosabile durante la gravidanza, suggerendo una clearance
placentare della molecola.
Dopo il parto i markers persistono elevati fino alla fine della lattazione,
raggiungendo valori doppi di quelli osservati nelle donne che non allattano.
Farmaci.I farmaci inibitori del riassorbimento osseo determinano una
rapida caduta dei markers, fino al 70% in meno del valore iniziale. Tale caduta
si verifica nel giro di poche settimane e può essere considerata un indice di
efficacia della cura. Questo, anzi, sembra rappresentare l'unico utilizzo pratico
dei markers nello studio dell'osteoporosi.
I cortisonici riducono l'osteocalcina, ma non modificano sostanzialmente
le fosfatasi alcaline. I marker del riassorbimento osseo possono invece risultare
modestamente elevati.
I farmaci anticonvulsivanti e gli analoghi del GnRH, aumentano i
markers di turnover osseo, mentre i diuretici tiazidici li riducono.
Contraccezione orale.La terapia contraccettiva orale determina una
modesta riduzione dei markers di turnover osseo, solo nelle donne di oltre 35
anni.
Immobilità. L'immobilità o la mancanza di gravità determinano un rapido
e marcato incremento dei markers di riassorbimento osseo. I crosslinks del
piridinolino aumentano dopo solo due giorni di riposo a letto, e raggiungono il
massimo aumento (circa il 40% in più rispetto ai valori basali) dopo una
settimana. Essi restano poi costanti fino a che dura lo stato di immobilità.
Fattori Controllabili
Ritmo circadiano.I markers di rimodellamento osseo sono più alti di
notte che di giorno, raggiungendo uno zenith attorno alle ore 2.00 e un nadir
attorno alle 13-23. Le variazioni circadiane sono maggiori per i markers di
riassorbimento che per quelli di osteoformazione e tra lo zenith ed il nadir
possono osservarsi differenze di oltre il 50%.
La fosfatasi alcalina ossea sembra differenziarsi da questo ritmo
circadiano, mostrando un picco massimo tra le 11.00 e le 14.00 e, forse, un
altro modesto picco attorno alle 23.00.
L'assunzione di calcio, specie se serale, o di bisfosfonati sopprime il ritmo
circadiano dei markers di riassorbimento osseo.
La presenza di ritmi circadiani così importanti rende essenziale
programmare la raccolta delle urine o il prelievo di sangue in tempi ben definiti.
Ciclo mestruale. Le variazioni dei markers nel corso del ciclo mestruale
sono molto modeste e da taluni negate. Sembra che i markers di neoformazione
ossea siano più sensibili dei markers di riassorbimento alle modificazioni
ormonali del ciclo mestruale, essendo più elevati (15-20%) nella fase luteinica.
Variazioni stagionali. L'osteocalcina è più elevata durante l'invermo che
durante la primavera. Al contrario, le fosfatasi alcaline sono più alte in
primavera e più basse in inverno. I markers di riassorbimento sembrano essere
più elevati durante la stagione invernale, ma le variazioni sono modeste,
dell'ordine del 10-15%.
Attività fisica. L'attività fisica persistente e continuativa riduce i markers
di osteoformazione (specie PICP) del 15-20% rispetto ai livelli osservati in
soggetti sedentari della stessa età. Lo sforzo fisico acuto, al contrario, aumenta
sia i markers di formazione che i markers di riassorbimento in misura variabile
del 15-40%.
Tale aumento persiste fino a 3 giorni dopo la cessazione dell'esercizio fisico.
Dieta. Solo l'idrossiprolina è influenzata dal contenuto di collagene
nella dieta; i più moderni markers di riassorbimento e di formazione ossea non lo
sono.
Markers di rimodellamento osseo e perdita ossea
Un improvviso aumento del turnover scheletrico, come quello che si
verifica dopo ovariectomia bilaterale, è seguito da un rapido aumento dei
markers di riassorbimento e, dopo alcuni mesi, dall'aumento dei markers di
osteoformazione.
Dato che i processi di rimodellamento osseo seguono una stessa sequenza
(attivazione - riassorbimento - formazione), l'inizio contemporaneo dell'attività
delle BMU è accompagnato da una vistosa perdita ossea, dovuta al
riassorbimento osseo che si verifica in numerosi siti scheletrici.
Tanto maggiore è il numero delle BMU attivate, tanto maggiore è la perdita
ossea. Poiché il numero di BMU attivate nell'unità di tempo esprime il
turnover osseo, i markers di rimodellamento osseo, specie quelli di
riassorbimento, sono correlati indirettamente all'entità della perdita ossea.
Questa correlazione è valida solo per casistiche numerose e non può essere
applicata ai singoli individui. Così non è possibile prevedere l'entità della perdita
ossea in un singolo paziente di cui si conoscono i livelli dei vari markers.
Markers di rimodellamento osseo e rischio di frattura
Le fratture costituiscono, in pratica, l'unica complicanza dell'osteoporosi.
Molti fattori concorrono a determinare il rischio di frattura, ma i più
importanti sono quelli correlati alla densità ossea ed alla microarchitettura
scheletrica.
Per ogni deviazione standard di diminuzione della densità ossea,
raddoppia il rischio di frattura.
Le donne con bassa densità ossea e turnover scheletrico elevato hanno un
rischio di frattura maggiore di quelle con pari densità ossea, ma turnover lento.
Poiché i markers sono correlati al turnover osseo, un aumento dei loro
livelli sierici o urinari consente di identificare con maggior precisione le donne
maggiormente a rischio di frattura.
Quest'affermazione è stata dimostrata in numerosi studi prospettici per i
markers di riassorbimento osseo, mentre vi sono ancora molti dubbi sull'utilità
dei markers di osteformazione.
Monitoraggio della terapia dell’Osteoporosi
I farmaci inibitori del riassorbimento osseo sono largamente impiegati
nella terapia dell'osteoporosi.
Alcuni di essi si sono dimostrati realmente efficaci nel prevenire le
fratture e nell'aumentare la densità ossea.
Questi effetti, tuttavia, sono evidenziabili solo dopo anni di cura e non
sono uguali per tutti gli individui trattati.
Il monitoraggio dei markers di riassorbimento osseo, invece,
rappresenta un valido elemento per saggiare la risposta individuale alla
terapia antiosteoporotica, in quanto una loro diminuzione testimonia
l'efficacia dei farmaci nel ridurre l'attività osteoclastica.
I bisfosfonati, specie l'alendronato, il pamidronato ed il risedronato,
sono quelli più attivi e sono in grado di ridurre del 60-80% i livelli dei più
sensibili markers di riassorbimento (ad esempio NTX e CTX), entro poche
settimane dall'inizio della cura.
Per alcuni mesi il livello di questi markers resta basso, ma,
successivamente, tende ad aumentare, anche se non raggiunge mai i livelli
precedenti alla terapia.
Il raloxifene e la calcitonina determinano riduzioni più modeste, ma
significative, dei markers di riassorbimento, dell'ordine del 20-40%.
Sono stati sviluppati dei modelli matematici che, in base alla
diminuzione dei markers di riassorbimento osseo, osservata dopo 3-6 mesi di
cura, possono calcolare il recupero di massa ossea dopo due anni.
Certamente, questi modelli possono avere un senso se applicati ad intere
popolazione, e non al singolo paziente.
Le variazioni dei markers di neoformazione ossea sono sempre molto
più modeste e tardive ed iniziano ad essere evidenti solo dopo alcuni mesi di
terapia.
Nei pazienti con osteoporosi, il riscontro di un aumento notevole dei
markers di rimodellamento osseo deve far sospettare la presenza di altre
malattie metaboliche (osteomalacia, neoplasie, ecc.).
Markers utilizzati nella pratica clinica
Vanno considerati vari fattori, quali il costo del dosaggio, la variabilità
intrinseca od estrinseca, la reale utilità nel valutare il metabolismo osseo.
Nella malattia di Paget, il solo dosaggio della fosfatasi alcalina totale è
sufficiente a monitorare l'andamento della malattia e a stabilire l'efficacia di
una cura.
In linea di massima, per lo studio del metabolismo osseo, valgono le
seguenti indicazioni:
-dosare un solo marker di riassorbimento e uno di formazione
-tipo di marker
riassorbimento
U-DPD
neoformazione
ALP ossea, Osteocalcina
-raccolta dei campioni
siero
dalle 7.00 alle 9.00 dopo una notte di digiuno
urineprima o secondaima prima prima o seconda minzione del mattino, dopo una
urine
di digiuno (rapportanotte di notte digiuno (rapportare valore alla creatinina)
-intervallo fra le misure
riassorbimento
prima della terapia poi a 3 e a 6 mesi
formazione
prima della terapia poi a 6 mesi
Quando la riduzione può considerarsi significativa per predire un aumento
della massa ossea > +3%?
Crosslinks
da - 20% a - 30%
ALP e OC
da - 20 a - 40%
Attualmente questi marcatori non servono per la diagnosi di
osteoporosi , né per stimare il bilancio osseo tra neoformazione e
riassorbimento.Come indici complessivi di turnover osseo potrebbero invece
rivelarsi utili nel monitoraggio della terapia e , secondo alcuni studi , nella
valutazione del rischio di frattura. E’ stato infatti osservato che il grado di
turnover osseo è correlato alla velocità di perdita di massa ossea ed è un
predittore indipendente del rischio di frattura.
Tuttavia , poiché si tratta di osservazioni ricavabili solo da ampie casistiche
e considerati il costo e l’attuale grande variabilità biologica ed analitica di tali
markers , il ruolo di questi ultimi nella gestione clinica del singolo paziente è
ancora in discussione.
Nella pratica clinica, come indice di laboratorio di turnover osseo, è
spesso sufficiente il dosaggio della fosfatasemia alcalina totale nei pazienti
senza concomitanti patologie epatiche o intestinali.
L’utilità dei markers laboratoristici nel monitoraggio della terapia
dell’osteoporosi nel singolo paziente è ancora in discussione, a causa della loro
elevata variabilità biologica, analitica e dei costi. (24-40)
DIAGNOSTICA STRUMENTALE
La Diagnostica strumentale si basa sulla densitometria ossea
che
permette di misurare in modo accurato e preciso la massa ossea ,
consentendo la diagnosi strumentale, la valutazione del rischio di frattura, il
monitoraggio della malattia ed il successo terapeutico.
Le metodiche attualmente in uso sono principalmente tre : la DEXA,
l'indagine ultrasonografica QUS e la tomografia computerizzata quantitativa
QCT.
La DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry ) e' la metodica più diffusa per
la valutazione della densita' ossea.
E' un esame rapido che comporta una minima esposizione alle radiazioni
ionizzanti ed è riconosciuto come “ gold standard” , per la determinazione della
massa ossea.
Consente di valutare sia la BMC che la BMD a livello dei primi 4
metameri vertebrali lombari, sul collo femore ed , in alcuni casi , al radio
distale.
L'accuratezza dell'esame, a livello vertebrale , potrebbe essere condizionata
da alcuni parametri, che devono essere corretti dall'esecutore.
Per tale motivo nei pazienti con età superiore ai 65 anni e' preferibile
l'esecuzione dell'esame al collo femore.
La valutazione “total body” non trova riscontro clinico di predittivita'
del rischio di frattura.
Esistono evidenze di I livello che la DEXA fornisce la migliore stima per
il rischio di frattura nelle donne in postmenopausa.
Il rischio relativo di frattura aumenta di 1,5-3 volte per ogni
deviazione standard di riduzione del valore della densità minerale ossea (unità
di T score).
Le valutazioni densitometriche a radio, calcagno, colonna e femore
prossimale sono in grado di predire il rischio di ogni tipo di frattura, anche se
ogni sede densitometrica predice meglio il rischio di frattura per la sede misurata.
La valutazione densitometrica “total body” non ha ancora sufficienti
documentazioni in termini di predittività del rischio di frattura.
Alcuni indici ultrasonografici dell’osso sono risultati predittivi del
rischio di frattura in donne in menopausa in maniera non inferiore alla
DEXA.
Pertanto, nell’impossibilità di una documentazione DEXA, un basso
valore ultrasonografico , in presenza di altri fattori di rischio clinico per
frattura, è ritenuto adeguato per definire la soglia di intervento terapeutico.
Il valore esprime l’aumento del rischio relativo (con intervallo di
confidenza al 95%) per ogni calo del valore di una deviazione standard (T score)
La valutazione delle variazioni della massa ossea nel tempo possono
essere utili sia per monitorare l’efficacia di alcune terapie, sia per individuare
soggetti che stanno perdendo osso ad una velocità eccessiva.
L'esame ultrasonografico quantitativo (QUS), soprattutto quello
calcaneare, fornisce oltre a indici indiretti riconducibili alla massa ossea ,
parametri della integrità ossea, che sicuramente, in un futuro prossimo,
troveranno riscontri in clinica.
L’indagine ultrasonografica quantitativa , fornisce due parametri
(velocità ed attenuazione), che sono indici indiretti di massa e integrità
strutturale ossea.
Questi indici, talora combinati in uno cumulativo , sono predittivi del
rischio di frattura in donne in menopausa , in maniera non inferiore alla DEXA.
I dati relativi alla popolazione maschile , sono simili a quelli ottenuti
nella popolazione femminile, ma non sono ancora conclusivi.
L’impiego combinato degli ultrasuoni e della densitometria può
migliorare la predizione del rischio di frattura.
Dal momento che l’ultrasonografia non misura direttamente la densità o
il contenuto minerale osseo, non può essere usata per la diagnosi
dell’osteoporosi secondo i criteri OMS.
Un ulteriore limite di questa indagine è la ampia eterogeneità di
strumenti che danno valori non correlabili tra loro.
L’indagine ultrasonografica, anche considerando i costi relativamente più
bassi rispetto alla DEXA, può essere raccomandata per uno screening di
primo livello.
La tomografia computerizzata quantitativa (QCT), invece, consente la
misurazione della densita' vera a livello di substrutture ossee , ma espone i
pazienti alle radiazioni ionizzanti , che sono circa 300 volte superiori a
quelle della DEXA.
L'indagine strumentale densitometrica e' refertata esprimendo la
distanza, misurata in deviazioni standard (distanza con il valore medio), rispetto
ai controlli normali del giovane adulto con picco di massa osseo ottimale Tscore, oppure con la distanza dai valori medi rilevati in soggetti di stesso sesso
ed età Z-score .
Questo tipo di refertazione consente la diagnosi strumentale come
stabilito dalla Organizzazione Mondiale della Sanita' come segue:
• Normalità , T-score fino a -1,0 deviazioni standard
• Osteopenia , T-score da – 1,0 a -2,5 deviazioni standard
• Osteoporosi , valori superiori a – 2,5 deviazione standard.
La tomografia computerizzata quantitativa o QCT ( Quantitative
Computerized Tomography ) , consente di misurare oltre che BMC e BMD anche
la densità vera (g/cm3 di tessuto) a livello di substrutture ossee , come ad
esempio la componente trabecolare o corticale e l’area sezionale.
La tecnica DEXA è stata , sinora , preferita alla QCT vertebrale per
precisione , tempi di scansione più brevi, calibrazione più stabile, minore
dose di radiazioni e per costi inferiori.
Esiste anche una strumentazione QCT dedicata allo studio di segmenti ossei
periferici (p-QCT) , ma la diffusione e le esperienze cliniche con questa metodica
sono ancora limitate. (41-53)
Criteri di Appropriatezza Prescrittiva
Le difficoltà economiche attraversate dal nostro Paese impongono
necessariamente di tenere sempre sotto controllo il governo clinico della
gestione sanitaria .
Lo sviluppo delle conoscenze in Medicina , i progressi della ricerca
scientifica e la crescita della tecnologia applicata alla diagnosi e terapia ,
consentono alla classe medica, una vasta gamma di strumenti utili nella
soluzione di tanti problemi.
Muoversi in questa molteplicità di soluzioni, in assenza di chiare e
valide raccomandazioni, comporta un elevato livello di variabilità che può
produrre interventi inefficaci, con un inutile dispendio di risorse ed inutili
rischi per i pazienti.
La diffusione delle informazioni scientifiche, a volte non proprio
corrette, da parte dei media e la crescita dell’attenzione, da parte del cittadino
sui temi della salute, possono ingenerare false aspettative e la percezione di
aver subito interventi inefficaci.
Pertanto si impone alle Aziende Sanitarie e agli Operatori della salute
l’esigenza di riferimenti basati sull’appropriatezza, sulla efficacia e sulla
equità, garantendo così al cittadino, di fronte ai suoi bisogni di salute, lo stesso
trattamento a qualsiasi latitudine si trovi.
Proprio in relazione all’appropriatezza, sono stati definiti da 18 Regioni
Italiane, tra cui il Lazio, e stabiliti nel 2005 dal Ministero della Salute ( 52 ), i
criteri di accesso alla Densitometria.
Tale esame, infatti, prescrivibile ma senza le caratteristiche di urgenza,
ha come principale finalità la valutazione del rischio di frattura ed è indicato
solo quando è rilevante nella gestione clinica del paziente.
Attualmente non vi sono evidenze scientifiche né stime costo-beneficio
tali da giustificare la Densitometria come screening di massa, ma l’indicazione
al suo impiego è solo su base individuale e quando ricorrano specifiche condizioni
di rischio clinico come: fratture da traumi minimi e nella conferma del dubbio
diagnostico di osteoporosi.
E’ certamente inappropriato, in assenza di fattori di rischio
osteoporotico, nel caso in cui il paziente lamenti sintomatologia dolorosa e
segni e sintomi attribuibili ad artrosi, rachialgie o lombosciatalgie.
•
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•
Pertanto i criteri di accesso alla Densitometria Ossea sono:
Pregresse fratture da fragilità
Riscontro radiologico di osteoporosi
Donne in menopausa con anamnesi familiare di frattura osteoporotica
in età <75 anni
Donne in menopausa in età <45 anni
Donne in menopausa con indice di massa corporea inferiore a 19/Kg/m2
Donne in post-menopausa con presenza di uno dei seguenti fattori di
rischio: inadeguato apporto di Vitamina D, fumo > 20 sigarette/die e
abuso di alcool > 60 gr/die
Donne in menopausa precoce o chirurgica
Donne ed uomini in trattamento prolungato con farmaci, come:
corticosteroidi, levotiroxina, antiepilettici, anticoagulanti (eparina),
immunosoppressori, antiretrovirali, sali di litio, agonisti del GnRH,
chemioterapia e radioterapia in età pediatrica
Donne ed uomini in presenza di condizioni patologiche a rischio di
osteoporosi, come: amenorrea primaria non trattata, amenorrea
primaria da oltre un anno, ipogonadismi, iperparatiroidismi, S. di
Cushing, acromegalia, deficit di GH, iperprolattinemia, diabete mellito
di tipo 1, rachitismo/osteomalacia, sindromi da denutrizione,
anoressia nervosa e sindromi collegate,celiachia, sindomi da
malassorbimento,
malattie
infiammatorie
croniche
intestinali
severe(MICI), epatopatie croniche colestatiche, fibrosi cistica,
insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica, tubulopatie croniche,
ipercalcemia idiomatica, emopatie con rilevante coinvolgimento
osseo(mielosa,
linfoma,
leucemia,
thalassemia,
drepanocitosi,
mastocitosi), reumatismi infiammatori cronici (artrite reumatoide, e
patologie reumatiche correlate) e connettiviti sistemiche, patologie
genetiche con alterazioni metaboliche e displastiche dell’apparato
scheletrico, trapianto d’organo, allattamento o immobilizzazioni >3
mesi, paralisi cerebrale, distrofia muscolare ed atrofia muscolare e
spinale
L’iter diagnostico della Osteoporosi nella AUSL Frosinone, è
strettamente collegato alle risorse strutturali, professionali e soprattutto
tecnologiche, che sono costituite da:
• una apparecchiatura Densitometrica DEXA allocata al Polo C - Sora
● una apparecchiatura ad ultrasuoni calcaneare al Polo A - Ferentino
● un Ambulatorio per lo studio la diagnosi e la terapia , del “Metabolismo
Osseo ed Osteoporosi”, allocato al Polo C - Sora
Gli accessi alle prestazioni, erogabili dalla AUSL Frosinone, sono gestiti
dal RECUP Regionale e quindi fruibili facilmente da tutti gli utenti.
Il primo approccio al paziente prevede la valutazione dei fattori di
rischio, familiari e personali, che, comparati ai valori densitometrici,
consentono di esprimere un rischio fratturativo individuale.
Nei pazienti, sottoposti per la prima volta a valutazione per
Osteoporosi, in presenza di valori densitometrici bassi e fattori di rischio
rilevanti, vengono richiesti esami bioumorali di 1 livello ( Tabella 4) allo
scopo di consentire la diagnosi differenziale delle forme secondarie dalla più
frequente osteoporosi post-menopausale, e vengono prescritte le radiografie
del rachide dorsale e lombosacrale con esame morfometrico, anche per
monitorizzare, nella maniera più congrua il soggetto.
Per ulteriori approfondimenti, quando con gli esami di primo livello
non sono sufficienti a dirimere i quesiti diagnostici, si passa agli esami di
secondo livello. ( Tabella 5)
Spesso può essere utile il ricorso ai marcatori specifici bioumorali,
per la valutazione del metabolismo osseo.
Attualmente i marcatori utilizzati sono la Desossipiridinolina, come
marker di riassorbimento osseo, e l'isoenzima osseo della Fosfatasi alcalina,
come marker di osteoformazione.
E’ prevedibile, in un prossimo futuro, l'introduzione routinaria di altri
marcatori che hanno dimostrato una valenza scientifica appropriata ( CTX, NTX)
Di regola viene eseguito un controllo clinico a 6 mesi, soprattutto per
valutare l'aderenza al trattamento farmacologico e non farmacologico e per
evidenziare la presenza di eventuali effetti collaterali.
I controlli strumentali densitometrici di regola vengono eseguiti a
seconda della valutazione clinica, ma mai prima dei 12 mesi per i pazienti
osteoporotici gravi, 18 mesi nei pazienti osteopenici e 24/36 mesi nei
pazienti con fattori di rischio ma con massa ossea nella norma.
Per i pazienti oncologici, in particolare quelli in trattamento con
inibitori delle aromatasi, sono previste corsie preferenziali per consentire, in
tempi certi, i controlli oncologici e gli aggiustamenti terapeutici.
Trattamento farmacologico
Per quanto riguarda la terapia è necessario rispettare l’appropriatezza
prescrittiva ed il rapporto costo-beneficio, che sono affrontati nella Nota 79,
riproposta integralmente, allo scopo di lasciare a chi legge l’onere di risolvere le
differenze interpretative tra prescrittori ed autorità sanitarie. (54)
Nota 79 AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). La prescrizione a carico
del SSN è limitata alle seguenti condizioni a rischio:
• soggetti di età superiore a 50 anni in cui sia previsto un trattamento > 3
mesi con dosi > 5 mg/die di prednisone o dosi equivalenti di altri
cortisteroidi.
Ac. Alendronico, ac risedronico, ac alendronico+vitamina D3.
• Soggetti con pregresse fratture osteoporotiche vertebrali o di femore
• Soggetti di età superiore a 50 anni con valori di T-score della BMD femorale
o ultrasonografica del calcagno < - 4 ( o > - 5 per ultrasuoni delle falangi)
• Soggetti di età superiore a 50 anni con valori di T- score della BMD
femorale o ultrasonografica del calcagno < - 3 ( o < - 4 per ultrasuoni delle
falangi) e con almeno uno dei seguenti fattori di rischio aggiuntivi:
Storia familiare di fratture vertebrali
Artrite reumatoide e altre connettiviti
Pregressa frattura osteoporotica al polso
Menopausa prima 45 anni di età
Terapia cortisonica cronica
Ac,alendronico, ac. Aendronico+vitamina D3, ac risedronico, ac.
Ibandronico, raloxifene, anelato di stronzio.
• Soggetti che incorrono in una nuova frattura vertebrale moderata-severa o
in una frattura di femore in corso di trattamento con uno degli altri farmaci
della nota 79 (alendronato, risedronato, raloxifene, ibandronato,
ralenato di stronzio) da almeno un anno per una pregressa frattura
vertebrale moderata-severa. Soggetti, anche se in precedenza mai trattati
con gli altri farmaci della nota 79 (alendronato, risedronato, raloxifene,
ibandronato, ranelato di stronzio ), che si presentano con 3 o più
fratture vertebrali severe (diminuzione di una delle altezze dei corpi
vertebrali > 50% rispetto alle equivalenti altezze di corpi vertebrali adiacenti
integri) o con 2 fratture vertebrali severe ed una frattura femorale
prossimale. La nota si applica su diagnosi e piano terapeutico, della
durata di 6 mesi prolungabili di ulteriori periodi di 6 mesi per non più
di altre due volte ( per un totale complessivo di 18 mesi), di Centri
Specializzati, Universitari o delle Aziende Sanitarie, individuate dalle
Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
Teriparatide, ormone paratiroideo.
Prima di avviare la terapia con i farmaci sopraindicati, in tutte le
indicazioni è raccomandato un adeguato apporto di calcio e vitamina D,
ricorrendo, ove dieta ed esposizione solare siano inadeguate, a supplementi
con sali di calcio e vitamina D3 (e non ai suoi metabolici idrossilati). La
prevenzione delle fratture osteoporotiche deve anche prevedere un
adeguato esercizio fisico,la sospensione del fumo e la eliminazione di
condizioni ambientali favorenti i traumi. Non deve essere dimenticato,
infine, che tutti principi attivi non sono privi di effetti collaterali per cui
va attentamente valutato il rapporto vantaggi e rischi terapeutici. Inoltre
la loro associazione è potenzialmente pericolosa e va pertanto evitata. Per
l’applicazione della Nota 79 la valutazione della massa ossea con tecnica
DEXA o ad ultrasuoni deve essere fatta presso strutture pubbliche o
convenzionate con il SSN.
La prescrizione va fatta nel rispetto delle indicazioni e delle avvertenze
della scheda tecnica dei singoli farmaci Legge 94/03 art.3).
Background
Il trattamento dell’osteoporosi deve essere finalizzato alla riduzione del
rischio di frattura. I provvedimenti non farmacologici ( adeguato apporto di
calcio e vitamina D, attività fisica) o la eliminazione di fattori di rischio
modificabili ( fumo, rischi ambientali di cadute), non hanno controindicazioni e
possono essere raccomandati a chiunque.
L’uso di farmaci è sempre associato a potenziali rischi per cui il loro
utilizzo deve essere riservato ai pazienti a rischio più elevato di frattura, che
sono poi gli unici per i quali esiste una adeguata documentazione di efficacia.
L’utilizzo di farmaci è anche condizionato dal rapporto tra vantaggi e
svantaggi la cui stima individuale è spesso complessa e deve tener conto di
aspetti di farmaco-economia. Ciò appare particolarmente rilevante per l’utilizzo
di teriparatide da riservare ai pazienti più gravi e quindi a maggior rischio di
nuove fratture.
La Nota 79 prevede il trattamento farmacologico dell’osteoporosi, a
carico del SSN, per pazienti con rischio di frattura sufficientemente elevato
da giustificare gli inevitabili rischi connessi a trattamenti di lungo termine.
I pazienti con pregresse fratture osteoporotiche sono quelli più a
rischio di ulteriori fratture ( < 20% a 10 anni). Va anche sottolineato che
l’efficacia anti-fratturativa di tutti i prodotti in nota è stata prevalentemente
dimostrata in pazienti con una storia pregressa di frattura vertebrale (studi
FIT.VERT. BONE e SOTI). Una condizione di rischio analoga è stata anche
documentata per i pazienti ultra-cinquantenni in trattamento cortisonico
cronico. La documentazione di efficacia nell’osteoporosi cortisonica per
alcuni farmaci, giustifica l’estensione della Nota 79 a donne e uomini in
trattamento con dosi medio-elevate di corticosteroidi.
In altre condizioni ( ad esempio bassa massa ossea ) la definizione di
una soglia di intervento, è complicata dall’interagire di più fattori di rischio
oltre che dalla minor documentazione di efficacia dei farmaci disponibili.
Dall’analisi di studi epidemiologici di grandi dimensioni, condotti in NordEuropa e negli USA, è stato possibile sviluppare algoritmi per una stima del
rischio di frattura a 10 anni, basata sulla valutazione densitometrica (DEXA)
del femore o ultrasonografica delle falangi, in combinazione con altri fattori di
rischio. Una ragionevole semplificazione dei suddetti algoritmi consente di
identificare due soglie densitometriche ossee a femore o falangi, al di sotto
delle quali il rischio di frattura clinica vertebrale a 10 anni sia < - 4.0 o – 3.0
di T score, in relazione alla presenza o meno di ulteriori importanti fattori di
rischio.
La teriparatide per il suo profilo di sicurezza va riservato a pazienti con
una osteoporosi severa e ad altissimo rischio di nuove fratture da fragilità.
Questo livello di rischio è identificato dalla presenza di multiple fratture
vertebrali severe o dalla comparsa di nuove fratture dopo un congruo periodo
di terapia con altri farmaci. La nota prevede che una paziente può essere in
nota 79 per teriparatide se ha una delle seguenti condizioni (a) 3 fratture
vertebrali severe, (b) 2 fratture severe e storia di una frattura femorale, (c) 2
fratture vertebrali moderate-severe se una delle due fratture è insorta in corso di
terapia con altri farmaci della Nota 79, frattura moderata-severa e storia di
frattura di femore se una delle due fratture è insorta in corso di terapia con
altri farmaci della Nota 79. La definizione di severità di frattura è quella
descritta da Genant ( Figura 5).
Evidenze disponibili. Per tutti i farmaci della Nota 79 è stata
documentata l’efficacia sul rischio di fratture vertebrali post-menopausali
con percentuali di riduzione del rischio comprese tra 30 e 60 % e con un
numero di donne da trattare per 3 anni per evitare una frattura vertebrale
(Number Needel to Treat, NNT), compresa fra 10 e 20, tra i soggetti a più elevato
rischio. In soggetti a minor rischio il NNT a 3 anni è superiore a 200.
L’effetto della frattura di femore manca del tutto o risulta da sub-analisi o è
marginale. Va ricordato che in soggetti anziani, per la prevenzione delle
fratture di femore, sono disponibili più solide documentazioni di efficacia con
la correzione dell’apporto di vitamina D. L’alendronato è disponibile in Nota
79, anche in associazione con vitamina D. L’unico studio comparativo condotto
con questa associazione in soggetti non vitamino D-carenti, non dimostra
alcun vantaggio rispetto alla formulazione standard.
Nel maschio l’efficacia terapeutica è stata valutata in un trial
controllato e randomizzato per il solo alendronato, al quale pertanto si
riferisce la nota. Il numero dei pazienti del trial (N-241) non era calcolato per
valutare gli effetti del trattamento sulle fratture osteoporotiche,
L’efficacia per la prevenzione delle fratture è quindi in parte surrogata
dai dati sulla massa ossea.
In soggetti in trattamento cortisonico, effetti favorevoli dei bifosfonati
sulla densità minerale ossea sono stati rilevati in più trials randomizzati.
L’efficacia per la prevenzione delle fratture vertebrali ( ma non delle fratture
non vertebrali) è stata dimostrata in trials randomizzati per risedronato e
l’alendronato. In questi studi, l’esposizione ai corticosteroidi in grado di
aumentare in maniera clinicamente rilevante il rischio di fratture
osteoporotiche, è generalmente stimata in 7,5 mg/die o più di prednisone o
equivalenti. E’ importante l’osservazione che gli effetti favorevoli dei
bifosfonati sulle fratture e sulla densità minerale ossea, sono più evidenti in
uomini ultra-cinquantenni ed in donne in post-menopausa.
Il trattamento con teriparatide riduce il rischio di frattura vertebrale a valori
inferiori al 10%, in 10 anni, in soggetti ad alto rischio. Il suo utilizzo è
limitato a questi ultimi pazienti per il suo ancora incerto profilo di sicurezza.
Tra le forme severe di osteoporosi va inclusa anche la Osteogenesi Imperfetta.
Il neridronato è l’unico farmaco con indicazioni e prescrivibilità a carico del
SSN per questa patologia.
Particolari
avvertenze.
Alendronato,
risedronato
ed
ibandronato
appartengono alla classe dei bifosfonati. I tre farmaci non sono privi di effetti
indesiderati. Tra questi il più comune è la comparsa o accentuazione di
esofagite particolarmente in persone con reflusso gastro-esofageo o alterata
motilità esofagea o che assumono FANS o che sono incapaci di eseguire le
raccomandazioni del foglietto illustrativo (compressa presa a digiuno con
abbondante acqua, rimanendo in posizione eretta o seduta per almeno trenta
minuti). Questo effetto collaterale è apparentemente meno frequente con le
formulazioni intermittenti ( settimanale o mensile). La terapia con bisfofonati è
stata associata alla comparsa di osteoporosi della mandibola. Questo grave
effetto collaterale è stato osservato, quasi esclusivamente tra pazienti che
assumono dosi elevate di bisfosfonati per via venosa, per il trattamento della
ipercalcemia neoplastica e delle metastasi ossee. Le osservazioni tra pazienti
che assumono le dosi indicate per l’osteoporosi rimangono sporadiche.
Il raloxifene è un modulatore dei recettori estrogenici. I suoi effetti
sono simil-estrogenici su osso (riduzione del turnover) o fegato ( riduzione di
colesterolo e lipoproteine LDL) e anti-estrogenici su endometrio e mammella.
Da studi specifici è emerso che il raloxifene ha un effetto neutro sul rischio
cardio-vascolare, mentre si associa ad un significativo aumento del rischio di
ictus e trombo-embolismo venoso.
Il meccanismo d’azione del ranelato di stronzio è per il momento
sconosciuto.Va ricordato che circa il 50-70% delle variazioni densitometriche
sono legate ad un artefatto, l’elevato peso atomico dello stronzio che si
deposita nel tessuto osseo.
La teriparatide stimola la neoformazione di osso soprattutto a livello
della colonna. Il trattamento cronico provoca nei ratti la comparsa di
osteosarcomi. Ciò giustifica sia la limitata durata dei trattamenti, sia la
necessità di limitare la prescrivibilità a centri specialisti particolarmente
qualificati. (55-77)
Le norme contenute nella nota AIFA 79 risultano piuttosto complesse e
di non univoca interpretazione, ma sicuramente rappresentano un
ampliamento delle possibilità terapeutiche, erogabili a carico del SSN per la
prevenzione e la cura dell'osteoporosi.
La previsione di trattamenti con corticosteroidi, a dosi superiori ai 5
mg die di prednisone o dosi equivalenti di altri cortisonici per periodi superiori
ai 3 mesi, consente finalmente di attuare una efficace prevenzione primaria
in questa condizione terapeutica, che e' la principale causa di osteoporosi
secondaria da farmaci.
La Nota introduce, per la prima volta, soglie di trattamento per
prevenzione primaria, basate sulla comparazione di dati densitometrici e
fattori clinici di rischio, con alcune difficoltà, generate prevalentemente dalla
interpretazione delle tecniche densitometriche.
Nell'intento di offrire alcuni chiarimenti, si precisa che nella Nota non si
fa riferimento ad apparecchiature specifiche, per questo motivo possono
essere accettati i dati densitometrici correttamente eseguiti di BMD femorale,
ricavati con metodica DEXA o dati ultrasonografici calcaneali e/o falangei.
Il T-score femorale e' inteso esclusivamente delle regioni collo del
femore o del femore prossimale totale, ricavati con tecnica DEXA (non con
metodica total body).
Per il T-score ultrasonografico calcaneale i parametri da considerare
sono i dati clinici più importanti, ottenuti con lo Stifness:
• SOS è il parametro con migliore precisione e più elevata correlazione
con la densità.
• BUA presenta una precisione inferiore e l’uso di apparecchi, che
misurano solo il BUA, non sembra al momento raccomandabile.
Pertanto, per la diagnostica densitometrica
ultrasonografica
calcaneale, si deve considerare il valore di T-score dei parametri di
combinazione che includono il SOS (Stiffness per Achilles-GE e QUI per
Sahara-Hologic).
La valutazione degli esami ultrasonografici delle falangi deve essere
limitata ai parametri che misurano la velocità di propagrazione degli
ultrasuoni ed espressi in T-score; l’uso di altri parametri come quelli ottenuti
dall’analisi della traccia grafica, non è al momento raccomandabile.
L’AD-SOS è l’unico parametro ultrasonografico della falange con
dimostrata predittività del rischio di frattura a 10 anni.
Si ricorda che, anche se nella Nota 79 si parla di “ soggetti”, non si deve
prescindere dal rispetto delle indicazioni di ogni singolo farmaco. (Legge
94/03, art 3)
Infatti, ad oggi, alcuni farmaci prescrivibili con nota 79 mantengono le
indicazioni solo per le donne.
Per i soggetti con pregresse fratture osteoporotiche vertebrali o di
femore, la nota non fornisce alcuna indicazione quantitativa per la diagnosi
di frattura vertebrale in prevenzione secondaria, pertanto, qualsiasi
deformità vertebrale secondo Genant, garantisce la prescrivibilità dei
farmaci in Nota.
Soprattutto, in assenza di esplicite indicazioni dei referti radiologici, e'
legittimo utilizzare l'indice semiquantitativo secondo Genant, per
l'applicazione della nota.
Ma è altrettanto doveroso, in fase di prescrizione di esame radiologico
del rachide, ricordare il sospetto diagnostico di frattura vertebrale o la
diagnosi di osteoporosi, per consentire un corretto esame morfometrico dei
metameri vertebrali da parte del radiologo.
Il metodo di Genant è definito semiquantitativo e contempla una
valutazione soggettiva. In generale una frattura lieve si caratterizza per una
diminuzione dell’altezza del 20-25% dei corpi vertebrali, rispetto alle
dimensioni originarie.
Questi valori aumentano a >25%-40% per le fratture moderate e >40%
per le fratture severe.
Con il metodo di Genant le diminuzioni dell’altezza non sono stimate
rispetto a vertebre adiacenti. Ciò invece viene chiaramente richiesto nella
Nota 79, senza peraltro indicare se la vertebra di riferimento sia quella sovra o
sottostante.
In mancanza di indicazioni è autorizzato l’utilizzo o del muro
posteriore della stessa vertebra o della prima vertebra integra sottostante. In
quest’ultimo caso i valori soglia sopraindicati possono essere ragionevolmente
stabiliti a 25%-35% per fratture lievi, >35-50% per fratture moderate e >50%
per fratture severe.
Questa interpretazione della Nota, qualifica la diminuzione in altezza >
50% come deformità vertebrale severa.
Per quanto riguarda la prescrizione di teriparatide e ormone
paratiroideo, la Nota 79 può indurre delle difficoltà interpretative nei
seguenti due punti:
•
“Soggetti che incorrono in una nuova frattura vertebrale moderatasevera ……”
Analogamente alla precedente versione, la nuova Nota fa riferimento,
per la terapia con PTH, a pazienti che incorrono in una nuova frattura
dopo un anno di terapia con farmaci della Nota 79. Nella nuova versione,
tuttavia, i pazienti dovevano avere “ab initio” una frattura vertebrale
moderata-severa.
Una interpretazione letteraria della Nota farebbe quindi escludere
pazienti, messi in Nota 79, per una pregressa frattura di femore.
Appare tuttavia legittima anche una lettura meno conservativa, ed in
linea con il razionale della Nota (ultimo capoverso del Background).
Sarebbe comunque auspicabile una modifica che preveda esplicitamente
“ ... in corso di trattamento con uno degli altri farmaci della Nota 79 ...
da almeno un anno per una pregressa frattura vertebrale moderatasevera o una frattura di femore ... ”.
La nota fa specifico riferimento a “soggetti che incorrono in una nuova
frattura vertebrale………”. Una lettura conservativa sembrerebbe quindi
escludere peggioramenti di pregresse deformità, anche se non è
riportato
espressamente
“frattura
di
un
corpo
vertebrale
precedentemente integro”.
Va anche sottolineato che per la Nota, la nuova frattura deve essere
moderata-severa e che deve preesistere una frattura moderata-severa.
Si ritiene che possa essere preso in considerazione anche un
peggioramento di una pregressa deformità vertebrale lieve, se la stessa
non era stata utilizzata per accendere la Nota 79, con farmaci
antiriassorbitivi.
• “Soggetti che si presentano con 3 o più fratture vertebrali severe, con
diminuzione di una delle altezze dei corpi vertebrali>50% rispetto alle
equivalenti altezze di corpi vertebrali adiacenti integri …”, vanno
inseriti in nota sulla base di fratture pregresse.
La definizione di frattura severa, riportata in nota (>50% rispetto alle
equivalenti altezze dei corpi vertebrali adiacenti integri), sembra in
disaccordo con la definizione di Genant, cui si fa riferimento nel
Background della nota (>40% di una delle altezze vertebrali ) . (78 )
Per una corretta applicazione della Nota, appare legittimo far
riferimento ad un calo di una delle altezze vertebrali >50%, rispetto
alla prima vertebra integra sottostante.
Qualora fossero presenti moltissime deformità vertebrali o fosse
comunque difficile riconoscere un corpo vertebrale integro, appare
ragionevole considerare come riferimento l’altezza media posteriore di
L4 (3,3 cm) . (79 )
TERAPIA
Sulla base di quanto previsto dalla nota AIFA n° 79 e alla luce delle sue
interpretazioni, l’osteoporosi va affrontata sia con misure preventive, allo scopo
di impedire o rallentare la progressione della malattia, sia con terapie specifiche
rivolte a soggetti già osteoporotici, con o senza fratture preesistenti, ad
elevato rischio di prima o ulteriore frattura.
La prevenzione si pone quindi i seguenti obiettivi:
• Favorire la crescita scheletrica per consentire il raggiungimento del
massimo sviluppo osseo alla maturità
• Prevenire la perdita ossea nel corso dell’invecchiamento
• Prevenire il deterioramento microstrutturale dello scheletro
• Prevenire le frattura
I mezzi attraverso cui attuare la prevenzione sono:
• Misure non farmacologiche (dieta, attività fisica, igiene di vita)
• Misure farmacologiche in soggetti selezionati ad alto rischio di sviluppo di
osteoporosi
Candidati alla prevenzione sono:
• Misure non farmacologiche: tutti i pazienti
• Misure farmacologiche: soggetti con riduzione della densità ossea
compatibile con osteopenia (T-score tra -1 e -2,5)
La Terapia specifica ha alla base le seguenti finalità:
• Prevenire le fratture
• Stabilizzare o aumentare la massa ossea
• Limitare le conseguenze cliniche delle fratture e delle deformità ossee
•
•
•
•
•
•
Ottimizzare le capacità funzionali e la qualità della vita
Ridurre la frequenza e l’impatto della cadute
I mezzi mediante i quali attivare la terapia sono:
Misure farmacologiche (calcio e vitamina D, terapia ormonale sostitutiva,
modulatori selettivi dei recettori estrogenici, bifosfonati).
Misure non farmacologiche per ridurre frequenza ed impatto delle cadute
(hip protetors)
I candidati al trattamento sono:
Uomini e donne con precedenti fratture da fragilità (in particolare
vertebre, femore, radio e omero dovuti a traumi a bassa energia)
Donne con riduzione della densità ossea (T-score <-2,5)
Misure non farmacologiche
• Dieta con adeguato apporto di calcio. Numerosi studi epidemiologici
sia in soggetti giovani che in anziani hanno dimostrato che un corretto
apporto di calcio con la dieta, svolge un ruolo critico nel controllo della
perdita ossea senile e rappresenta la premessa a qualsiasi trattamento
farmacologico.
• Se l’apporto di calcio dietetico è incongruo, sono raccomandate
supplementazioni con sali di calcio. La dose giornaliera raccomandata varia a
seconda dell’età, ma generalmente è compresa tra 1000 e 1500 mg (non sono
consigliabili dosaggi superiori a 2500 mg/die)
• Mantenimento di un adeguato status di vitamina D. La carenza di tale
vitamina favorisce lo sviluppo di osteoporosi attraverso la riduzione
dell’assorbimento intestinale di calcio con conseguente iperparatiroidismo
secondario. La vitamina D può essere sintetizzata a livello cutaneo con
l’irraggiamento solare o introdotta con la dieta, anche se non è largamente
disponibile negli alimenti. Per mantenerne un adeguato apporto è raccomandata
una supplementazione di 400ui/die nei giovani adulti e da 400 ad 800 ui/die
negli anziani, in rapporto al grado di esposizione solare, alla capacità di sintesi
cutanea,
allo
stato
nutrizionale
e
alle
terapie
potenzialmente
dannose(Anticonvulsivanti, glucocorticoidi).
La somministrazione di dosi di vitamina D sino a 2000 ui/die ( anche
in dosi depot, ogni 1-4 mesi), è priva di effetti collaterali ed ha costi molto
contenuti.
• Attività fisica regolare. L’esercizio fisico sotto carico favorisce lo
sviluppo osseo nei giovani e può rallentare la perdita ossea nei soggetti
anziani, anche con attività a basso impatto come il cammino,che possono avere
effetti benefici in generale sulla salute e sulle capacità funzionali. Inoltre,
l’esercizio regolare, migliorando forza muscolare, agilità e mobilità, può prevenire
le cadute.
•
Limitazione o cessazione del fumo. Il fumo ha vari effetti dannosi
sull’osso (aumenta la degradazione degli ormoni sessuali, accelera la
menopausa, i fumatori sono più magri) e rappresenta un fattore di rischio
per le fratture osteoporotiche.
• Riduzione del rischio di cadute. La maggior parte delle fratture deriva da
una caduta. Trials clinici randomizzati e controllati dimostrano che un
intervento multidisciplinare ( medico, infermieristico, fisioterapico, terapia
occupazionale) sui fattori di rischio per caduta, può ridurre la frequenza di
cadute in soggetti anziani dal 30% al 60%.Il numero limitato di soggetti
osservati in questi studi, non consente tuttavia di mostrare un effetto significativo
sull’incidenza di fratture.
• Riduzione dell’impatto delle cadute. La maggior parte delle fratture del
femore dipende da una caduta laterale. Un possibile mezzo per attenuare
l’impatto di questo tipo di caduta, è l’uso di protettori esterni dell’anca (hip
protetors). Un recente trial randomizzato e controllato ha evidenziato l’efficacia
di questi dispositivi nel ridurre l’incidenza di fratture del femore in soggetti
anziani di circa il 60%. Il limite principale dei protettori esterni è legato alla
scarsa accettazione da parte degli anziani. Pertanto, il loro uso è limitato a
soggetti selezionati.
Misure Farmacologiche
• Calcio e vitamina D. L’effetto di calcio e di vitamina D sulle fratture, se
somministrati singolarmente, ne riduce il rischio in tutti i pazienti. Questa
terapia è caratterizzata da un favorevole rapporto costi/benefici.
• Selective Estrogen Receptor Modulators (SERM). I composti di questa
classe hanno un effetto estrogeno-simile a livello di alcuni tessuti-bersaglio
(osso in particolare) ed effetti antagonisti su altri (utero, mammella).
Presentano i benefici della terapia ormonale sostitutiva, riducendo nel
contempo i rischi associati agli estrogeni, come lesioni neoplastiche invasive
mammarie.
Il Raloxifene è attualmente indicato nella prevenzione della perdita
ossea postmenopausale. Per la prevenzione delle fratture, il farmaco si è
dimostrato in grado di ridurre, già entro un anno, del 30-50% le fratture
vertebrali nelle donne sia con precedenti fratture, sia con osteoporosi
densitometrica. Non sono stati però osservati effetti significativi sulle
fratture extravertebrali, compresa la frattura di femore. Di contro, è emerso che
il raloxifene ha aumentato i rischi relativi di troboembolia venosa del 44% e di
ictus fatale del 49%.
• Bisfosfonati. Si tratta di una classe di farmaci attualmente più usata e
più efficace nella cura dell’osteoporosi. Sono sostanze che si fissano all’osso
evitando il riassorbimento da parte degli osteoclasti, provocando la riduzione
della fratture vertebrali del 60-70% e delle fratture dell’anca del 50% ed
aumentando la densità ossea. Inoltre i bifosfonati vengono usati nella cura di
altre malattie dello scheletro, quali Morbo di Paget ed Osteogenesi
Imperfetta.
• Ranelato di stronzio. Nuovo farmaco per il trattamento dell’osteoporosi,
agisce sul metabolismo osseo impedendo il riassorbimento, con conseguente
diminuzione del turnover osseo, senza modificare il processo di
mineralizzazione.
• Calcitonina. La terapia con calcitonina ha modesti effetti sugli indici
laboratoristici di turnover osseo e sulla densità minerale. Per la prevenzione
delle fratture mancano a tutt’oggi documentazioni convincenti di utilità.
Nell’unico trial clinico adeguato per casistica, condotto con calcitonina
somministrata per spray nasale, è stata osservata una riduzione dell’incidenza
di fratture vertebrali solo dopo 5 anni di trattamento ed al dosaggio di 200
ui/die.
Prescrivibilità Farmaci Osteoporosi
L’impiego dei farmaci prescrivibili per l’osteoporosi, in regime di SSN in
classe “A”, secondo le indicazioni autorizzate e con le limitazioni rappresentate
dalla NOTA AIFA 79, è segnalato nella Tabella 6.
Tab.6. Farmaci prescrivibili in regime SSN secondo la nota 79
Bifosfonati:
acido alendronico
acido risedronico
acido ibandronico
acido
alendronico+vitamina D3
raloxifene
ranelato di stronzio
teriparatide
ormone paratiroideo
La prescrizione a carico del SSN è limitata alle seguenti condizioni di
rischio:
soggetti di età superiore a 50 anni, in cui sia previsto un trattamento > 3
mesi con dosi > 5 mg/die di prednisone o dosi equivalenti di altri
corticosteroidi: ac. alendronico, ac. risedronico, ac. alendronico + vitamina
D3.
soggetti con pregresse fratture osteoporotiche vertebrali o di femore
soggetti di età superiore a 50 anni, con valori di T-score della BMD
femorale o ultrasonografica del calcagno < - 4 (o < -5 per ultrasuoni falangi)
soggetti di età superiore a 50 anni, con valori di T-score della BMD
femorale o ultrasonografica del calcagno < -3 (o < - 4 per ultrasuoni falangi) e
con almeno uno dei seguenti fattori di rischio aggiuntivi:
- storia familiare di fratture vertebrali
- artrite reumatoide e altre connettiviti
- pregressa frattura osteoporotica al polso
- menopausa prima 45 anni di età
- terapia cortisonica cronica
ac. alendronico, ac. alendronico + vitamina
ibandronico, raloxifene, ranelato di stronzio.
D3,
ac.
risedronico,
ac.
soggetti che incorrono in una nuova frattura vertebrale moderata-severa o in
una frattura di femore in corso di trattamento con uno degli altri farmaci della
nota 79 (alendronato, risedronato, raloxifene, ibandronato, ranelato di stronzio), da
almeno un anno per una pregressa frattura vertebrale moderata-severa.
soggetti, anche se in precedenza mai trattati con gli altri farmaci della Nota
79 (alendronato, risedronato, raloxifene, ibandronato, ranelato di stronzio), che si
presentano con 3 o più fratture vertebrali severe (diminuzione di una delle
altezze dei corpi vertebrali > 50% rispetto alle equivalenti altezze di corpi vertebrali
adiacenti integri) o con 2 fratture vertebrali severe ed una frattura femorale
prossimale.
La nota si applica su diagnosi e Piano Terapeutico, della durata di 6
mesi prolungabile di ulteriori periodi di 6 mesi per non più di altre due volte
(per un totale complessivo di 18 mesi), redatto da Centri Specializzati,
Universitari o delle Aziende Sanitarie, individuate dalle Regioni e dalle Province
autonome di Trento e Bolzano
teriparatide, ormone paratiroideo
Prima di avviare la terapia con i farmaci sopraindicati, in tutte le
indicazioni autorizzate è raccomandato un adeguato apporto di calcio e
vitamina D, ricorrendo, ove dieta ed esposizione solari siano inadeguati, a
supplementi con sali di calcio e vitamina D3 (e non ai suoi metaboliti
idrossilati).
La prevenzione delle fratture osteoporotiche deve anche prevedere un
adeguato esercizio fisico, la sospensione del fumo e la eliminazione di
condizioni ambientali ed individuali favorenti i traumi.
Non deve essere dimenticato, infine, che tutti principi attivi non sono
privi di effetti collaterali, per cui va attentamente valutato il rapporto
vantaggi e rischi terapeutici. Inoltre la loro associazione è potenzialmente
pericolosa e va pertanto evitata.
Per l' applicazione della Nota 79 la valutazione della massa ossea con
tecnica DEXA o ad ultrasuoni deve essere fatta presso strutture pubbliche o
convenzionate con il SSN. La prescrizione va fatta nel rispetto delle
indicazioni e delle avvertenze della scheda tecnica dei singoli farmaci.
Dati per valutazioni farmacoeconomiche di costo terapia, aggiornati al
mese di gennaio 2008, per i farmaci prescrivibili con Nota AIFA 79, sono
presentati nella Tabella 7.
Tab. 7 . Dati per la valutazione farmacoeconomica di costo-terapia .
PRINCIPIO
ATTIVO
Acido
Alendronico
SPECIALITÀ CONFEZIONE
Ac.Alendronico
70 mg 4 cpr
equivalente
10 mg 14 cpr
Alendros
70 mg 4 cpr
Adronat
10 mg 14 cpr
Dronal
Fosamax
70 mg 4 cpr
Genalen
22,51
5,63
11,79
22,51
0,84
5,63
17,22
1,23
24,05
6,01
70 mg 4 cpr
25,31
6,33
Actonel
Optinate
5 mg 28 cpr
35 mg 14 cpr
32,00
36,34
1,15
9,08
Bonviva
150 mg 1 cpr
43,70
43,70
Evista
Optruma
Osseor
Protelos
60 mg 14 cpr
60 mg 28 cpr
17,93
34,64
1,28
1,24
50
mg
60
mg
2 g 28 bs
50,96
1,82
Forsteo
1 penna 3 ml
570,71
20,38
Ac.
Alendronico+ Fosavance
colecalciferolo Adrovance
Ac.
Risedronico
Ac.
ibandronico
Raloxifene
Ranelato di
stronzio
Teriparatide*
Ormone
pratiroideo*
COSTO
COSTO DDD COSTO COSTO
CONFEZIONE UNITÀ
DDD
SETTIMANA
100 mcg iniet.
1,61 mg 2 cart. 500,47
(14 dosi)
*su diagnosi e piano terapeutico
Preotact
35,74
10
mg
0,80
5,63
0,84
0,80
5,90
5,63
1,23
8,61
0,86
6,01
6,33
1.15
2.06
8,00
9,08
14.56
10,92
1,28
1,24
8,96
8,66
2g
1,82
12,74
20
mcg
20,38
142,67
5 mg
250,23
•
Si ricorda inoltre che prima di iniziare la terapia con i farmaci
sopraindicati, in tutte le indicazioni, è raccomandato un adeguato apporto di
calcio e vitamina D. I farmaci a base di sali di calcio e Vitamina D3 sono
prescrivibili in fascia A.
PRINCIPIO
ATTIVO
Sali di calcio
(A12AA)
Calcio + Vit.D3
(A12AX)
COSTO
MEDIO
CONFEZIONE
5,74
COSTO
MEDIO
UNITÀ
0,19
COSTO
MEDIO
SETTIMANA
1,33
6,63
0,22
1,54
•
I farmaci a base di acido clodronico, presentano come indicazione in
scheda tecnica: Prevenzione e Trattamento dell’osteoporosi post
menopausale, ma non sono inseriti nella Nota 79, per questo possono essere
prescritti per tale evenienza in fascia C, a totale carico dell’assistito.
•
I farmaci a base di calcitonina presentano come indicazione in scheda
tecnica: Osteoporosi di varia origine, ma non sono inseriti nella Nota 79, per
questo possono essere prescritti per tale evenienza in fascia C, a totale carico
dell’assistito.
Considerazioni
Le linee guida correntemente in uso, raccomandano di sottoporsi alla
misurazione della densità minerale ossea all'età di 65 anni.
In realtà esistono indicatori di rischio di fratture, come la precedente
fragilità ossea, che possono consigliare l'esame prima dei 65 anni, quindi non
soltanto tra le donne, che hanno già superato la menopausa, ma anche tra gli
uomini, che comunque non sono esenti da osteoporosi.
La stessa regola vale quando si osservano riduzioni improvvise del peso
e dell'altezza, probabilmente dovuta, quest'ultima, a fratture vertebrali.
Osservare queste raccomandazioni contribuirebbe a trasformare il
controllo della densità minerale ossea in un esame di routine, ma condensato
nel
tempo,
che
non
dovrebbe
interessare
solo
le
donne
ultrasessantacinquenni, ma anche uomini e donne più giovani.
Una volta riscontrata osteoporosi, intesa come perdita di massa ossea
e deterioramento dell'architettura microscopica dello scheletro, il test va
ripetuto ogni due anni, ogni cinque se il parametro risulta essere nella
norma. ( 80-92)
FLOW CHART OSTEOPOROSI
MMG o altro
SPECIALISTA
Individuazione fattori di
rischio anamnestici e
valutazione criteri LEA
Prescrizione VISITA ORTOPEDICA PER
OSTEOPOROSI
Prescrizione esame DEXA
Prescrizione esame DEXA e VISITA
ORTOPEDICA PER OSTEOPOROSI
RECUP
VISITA
ESAME CLINICO
VALUTAZIONE FATTORI
DI RISCHIO
OSTEOPOROSI
ESAME DEXA,
VERTEBRALE E
COLLO FEMORE
( OVER 65)
PRESCRIZIONE ULTERIORI
ACCERTAMENTI:
• EMATOCHIMICI di 1°
LIVELLO
• RX RACHIDE DORSALE
ED RX RACHIDE
LOMBOSACRALE CON
MORFOMETRIA
VERTEBRALE
DIAGNOSI
STRUMENTALE
Controllo DEXA 12/18 mesi
OSTEOPENIA
DIAGNOSI
STRUMENTALE
VALORI
NORMALI
Controllo DEXA 18/24 mesi
DIAGNOSI CLINICA
OSTEOPOROSI
PRIMITIVA
OSTEOPOROSI
SECONDARIA
FLOW CHART OSTEOPOROSI
OSTEOPOROSI
PRIMITIVA
OSTEOPOROSI
SEVERA
OSTEOPOROSI
OSTEOPENIA
Presenza di fattori
di rischio
Trattamento
farmacologico
Assenza di fattori di
rischio
Supplementazione di calcio e
vitamina D
+
Consigli di igiene di vita
( attività fisica, alimentazione,
fumo, esposizione al sole ….)
Controllo clinico a 6 mesi
con markers metabolismo
osseo.
FLOW CHART OSTEOPOROSI
OSTEOPOROSI
SECONDARIA
ESAMI BIOUMORALI di 2°
LIVELLO
e
VIDEAT SPECIALISTICI
TRATTAMENTO
PATOLOGIE EMERSE
DALLO SCREENING
TRATTAMENTO
FARMACOLOGICO PER RIDURRE
IL RISCHIO RELATIVO di
FRATTURE E MIGLIORARE LA
MASSA OSSEA.
Controllo clinico
e
DEXA a 12 mesi.
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Protocollo Clinico dell`Osteoporosi Definizione