Biblioteca Comunale
P. P. Pasolini
Novità Librarie
martedì 27 marzo 2012
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In questo libro si parla di vita. Di amore, volontà, gioia,
amicizia, dolore. Di scienza e fede, di corpo, piacere e cibo.
E in particolare si parla tanto, profondamente, di madri e
figli. Sono molte le voci che si intrecciano in queste pagine,
voci che provengono dal lontano passato del secondo
conflitto mondiale, dagli anni difficili e pieni di speranza del
dopoguerra, e dall'oggi Un uomo decide di raccontare la
propria storia. Le battaglie etiche e scientifiche che lo hanno
visto protagonista. E lo fa attraverso le storie delle molte
donne che ha incontrato lungo tutta la sua vita, con le quali
ha condiviso sentimenti, amicizie e lavoro. Donne che di
volta in volta si sono impegnate in una battaglia: contro la
guerra, i pregiudizi, la malattia, la paura. Contro la moralità,
i dogmi religiosi, la disinformazione, l'ipocrisia. O
semplicemente contro la consuetudine e il senso comune:
né buoni né cattivi, semplicemente granitici. Donne che
hanno deciso, ognuna a proprio modo e con la propria voce
o afonia, di combattere e di non cadere. E soprattutto di non
rinunciare, difendendo con un sorriso, sopra i denti stretti,
se stesse, i propri affetti e ciò in cui credono. Così proprio il
fatto che a raccontare sia un uomo, permette di penetrare
senza ipocrisie o sbavature retoriche un universo tanto
connotato e a raccontare, senza imbarazzi e forzature, un
mondo intimamente femminile.
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martedì 27 marzo 2012
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Tancredi è l'uomo dei sogni: dotato di una bellezza
magnetica, possiede un'isola alle Fiji, ville in tutto il mondo,
jet privati. Tutte le donne prima o poi cedono al suo fascino.
Ma un'antica ferita l'ha cambiato per sempre e per questo è
un uomo che non vuole amare. Finché non incontra Sofia,
una promessa del pianoforte che ha smesso di suonare per
un voto d'amore. Basta uno sguardo perché Tancredi perda
la testa per lei. Farla sua diventerà un'ossessione divorante.
Sofia, però, un amore ce l'ha già: è Andrea ed è per
sempre. Ma una donna può rifiutare una passione che non
conosce confini, quando irrompe nella sua vita e fa vacillare
tutte le certezze?
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Roma, primi anni Novanta. Mentre i sogni del Novecento
volgono a una fine inesorabile e Berlusconi si avvia a
prendere il potere, uno scrittore trentenne cinico e ingenuo,
sbadato e profondo assieme trova lavoro in un archivio, il
Fondo Pier Paolo Pasolini. Su quel dedalo di carte
racchiuso in un palazzone del quartiere Prati, regna una
bisbetica Laura Betti sul viale del tramonto: ma l'incontro
con la folle eroina di questo libro, sedicente eppure
autentica erede spirituale del poeta friulano, equivale per il
giovane a un incontro con Pasolini stesso, come se l'attrice
di "Teorema" fosse plasmata, posseduta dalla sua presenza
viva, dal suo itinerario privato di indefesso sperimentatore
sessuale e dalla sua vicenda pubblica d'arte, eresia e
provocazione. "Qualcosa di scritto" racconta la linea
d'ombra di questo contagio e l'inevitabile congedo da esso un congedo dall'adolescenza e da un'intera epoca; ma
racconta anche un'altra vicenda, quella di un'iniziazione ai
misteri, di un accesso ai più riposti ed eterni segreti della
vita. Una storia nascosta in "Petrolio", il romanzo incompiuto
di Pasolini che vide la luce nel 1992 e che rivive qui in
un'interpretazione radicale e illuminante. Una storia che
condurrà il lettore per due volte in Grecia, alla sacra Eleusi:
come guida, prima il libro postumo di Pier Paolo Pasolini,
poi il disincanto della nostra epoca - in cui può tuttavia
brillare ancora il paradossale lampo del mistero.
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Una Citroën scura si ferma davanti al cancello di un'antica
tenuta nei pressi di Fontainebleau. A bordo dell'auto,
l'anziano senatore Vigoureaux, eroe della Resistenza, con
sua figlia e una guardia del corpo. Nascosto tra la
vegetazione sulla cima di una collinetta, qualcuno li sta
aspettando con una mitragliatrice Browning calibro 50. Una
raffica potentissima nell'aria calda di giugno, poi i vetri che
scoppiano, la carrozzeria demolita, il sangue che impregna i
sedili. E una statuina di Babar, l'elefante dei cartoni animati,
posata per terra a osservare i corpi martoriati dai proiettili. È
un caso per il commissario Jean-Pierre Mordenti e la sua
squadra: alla Brigata Criminale di Parigi li chiamano Les
italiens, perché come il loro paese d'origine hanno fegato,
fantasia e non mollano la preda. Questa volta sarà dura
anche per loro: l'omicidio di uno dei politici più influenti della
Repubblica è una questione da maneggiare con le molle,
specialmente se il suo passato non è limpido come si
credeva. Ma se c'è uno sbirro che non ha paura di ficcare il
naso dove non dovrebbe - e, nel frattempo, di sedurre
sempre la donna sbagliata - questo è proprio Mordenti.
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In una notte d'estate, mentre la luna stenta a farsi largo tra
le nuvole cariche di pioggia, Dexter Morgan è a caccia.
Ancora una volta sta seguendo il richiamo oscuro del suo
alter ego, quello che lo spinge a eliminare criminali efferati
che sono sfuggiti alle maglie della giustizia. Questa volta la
sua preda è Steve Valentine, un uomo che ha già ucciso
almeno tre ragazzini ed è riuscito finora a farla franca. Però
accade un evento assolutamente imprevisto: qualcuno lo
vede giustiziare il pedofilo e fugge prima che lui possa
fermarlo. Un testimone. Nella prassi meticolosa di Dexter,
ciò è assolutamente impensabile. Irreprensibile analista
della Scientifica di Miami, ha sempre fatto in modo di tenere
nascosta la parte più oscura della sua vita che lo vede
trasformarsi di notte in uno spietato giustiziere di criminali
impuniti. Ma qualcosa dentro di lui lo consuma e gli
sussurra che l'equilibrio precario su cui si regge la sua vita è
in pericolo. Dexter deve assolutamente trovare il testimone,
ed è una caccia diversa da quelle a cui è abituato. A
peggiorare la situazione c'è un serial killer di poliziotti che
spappola le sue vittime a colpi di martello. E mentre al
dipartimento di polizia cresce la tensione, Dexter capisce
che l'obiettivo dell'uomo nell'ombra è diventare il suo
doppio, cercando nei modi più subdoli di indirizzare i
sospetti su di lui, di incastrarlo.
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Un maestro della poesia anaforica, incalzante, oratoria. E
però, contemporaneamente, intima, capace di far risuonare
il silenzio fra le parole per toccare le corde più riposte di un
sentimento. Sarajlic è uno dei grandi poeti del secondo
Novecento: ha affrontato temi di poesia civile, l'amore, la
morte, l'arte, sempre trovando le vie apparentemente
divergenti dell'emozione e dell'ironia. Questo grazie a un
calore umano intensissimo che passa in ogni suo verso e
arriva al lettore con forza contagiosa. Lo hanno amato poeti
molto diversi fra loro, come Enzensberger, Brodskij, Simic,
proprio perché la sua voce poetica ha un segno unificante,
è il simbolo di una poesia universale, colta ma immediata,
sempre consapevole ma lontana dalle scuole e dalle
tendenze. A dieci anni dalla morte, questo libro propone una
scelta di poesie di Sarajlic, alcune inedite in italiano, che
ripercorre circa cinquant'anni della sua straordinaria
esperienza poetica. Prefazione di Erri De Luca.
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In una tiepida notte di fine giugno del 1915, cinque
fuggiaschi si allontanano dalle rovine del loro paese nella
valle di Mush, distrutto dai turchi della terza armata con i
suoi abitanti e le millenarie tradizioni del popolo armeno.
Hanno perso tutto, casa e famiglia, ma hanno
fortunosamente recuperato un tesoro di inestimabile valore
e sono determinati a portarlo in salvo ad ogni costo. Questa
è l'ultima storia dell'antichissimo Libro di Mush.
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Le ragazze capiscono tutto. È il loro modo speciale di
essere nel mondo. Sanno tutto dell'amore, sanno consolare
chi ne ha bisogno, hanno una spiccata intelligenza emotiva
e affettiva, sanno anche quali colori abbinare, ma non per
civetteria, solo per un innato senso del gusto. Spesso
invece chi le guarda, chi vive con loro, sa poco o quasi
niente delle loro vite. I genitori, la società, la religione
vogliono etichettarle, manipolarle, impedire che si
esprimano liberamente. Le pretendono belle, perfette,
magre, obbedienti, sante. Non è difficile intuire quanto
possa essere soffocante la condizione di ragazza, ma
anche come renda le menti più attive e sognatrici, più
ironiche rispetto a quelle dei loro coetanei maschi; come ne
alimenti la forza, la consapevolezza. In queste pagine,
adolescenti di ogni parte del mondo si esprimono,
lamentano la solitudine, le imposizioni, i soprusi. Le
ragazzine occidentali ossessionate dalla dieta e dal look,
che fanno sesso senza sapere perché, le bambine
segregate in casa, mutilate e picchiate in nome di un
qualche Dio, le piccole operaie prigioniere nelle fabbriche,
tutte raccontano lo stesso grande vuoto che da sempre è
stato modellato intorno a loro. Come un paese senza nome,
agli altri incomprensibile, sconosciuto. E svelano che non
c'è niente di più falso della convinzione generale che la vita
delle ragazze sia scandita esclusivamente da sequenze di
fatti frivoli.
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Un'ambientazione quasi western fa da sfondo allo strano
caso di Joe Whip, 15 anni: non sa chi sia suo padre e la
sola cosa che gli dà soddisfazione è fare trucchi di magia.
Quando sua madre lo mette alla porta, vaga per i bar di
Reno intrattenendo i clienti con giochi di prestigio. Norman
Terence, il più abile mago della zona, lo accoglie da subito
in casa sua e Joe sembra trovare in lui un padre oltre che
un mentore. Riuscirà l'allievo a superare il maestro? Un
romanzo in forma di partita di poker sentimentale...
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martedì 27 marzo 2012
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In novant'anni di storia, dal 1922 al 2011, abbiamo avuto il
Ventennio fascista e il quasi-ventennio berlusconiano: per
poco meno di metà della nostra vicenda nazionale abbiamo
scelto di farci governare da uomini con una evidente, e
dichiarata, vocazione autoritaria. Perché? Una risposta
possibile è che siamo un popolo incline all'arbitrio, ma
nemico della libertà. Vantiamo record di evasione fiscale,
abusi edilizi, scempi ambientali. Ma anche di compravendita
di voti, qualunquismo: in poche parole una tendenza ad
abdicare alle libertà civili su cui molti si sono interrogati. Da
Leopardi a Carducci che dichiarava "A questa nazione,
giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca del tutto
l'idealità", fino a Gramsci che lamentava un individualismo
pronto a confluire nelle "cricche, le camorre, le mafie, sia
popolari sia legate alle classi alte". Per tacere di Dante con
la sua invettiva "Ahi serva Italia, di dolore ostello!" e di
Guicciardini con la denuncia del nostro amore per il
"particulare". Con la libertà vera, faticosa, fatta di coscienza
e impegno sembriamo trovarci a disagio, pronti a
spogliarcene in favore di un qualunque Uomo della
Provvidenza. Questo libro, un'indagine colta e curiosa su
una pericolosa debolezza del nostro carattere, è anche un
appello a ritrovare il senso alto della politica e della
condivisione di un destino. La libertà, intesa come il rispetto
e la cura dei diritti di tutti, non è un'utopia da sognare ma un
traguardo verso cui tendere
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