◗ Alla ribalta dopo il sisma L’Aquila: il teatro crolla ma lo spettacolo continua A ll’Aquila avevano una scuola di recitazione e due teatri. La scuola ha riaperto da poco e dei due teatri ne è rimasto uno. Poteva non esserci neanche quello. Una canzone di De Gregori diceva che «la Storia siamo noi». Per dirla in altra maniera, la Storia è di chi si rimbocca le maniche. Così, la compagnia stabile Teatro Zeta si è rimboccata le maniche e ha iniziato a girare l’Italia, per continuare a esserci. E giovedì 21 gennaio, ore 21, sarà al Teatro Condominio di Gallarate - che è stato tra le prime sale a offrire ospitalità facendo spazio al "fuori programma" nei «Sotto le macerie abbiamo ritrovato costumi e materiali di un solo allestimento. E abbiamo deciso di metterlo in scena in giro per l’Italia, di lavorare per ricostruire quello che il terremoto ci ha tolto: una scuola e due sale» propri cartelloni - con «Dorian Gray», l’unico spettacolo sopravvissuto al terremoto. Ne parliamo con il direttore artistico e fondatore della compagnia. Manuele Morgese, perché «Dorian Gray»? ◗ Si ricomincia dal «Dorian Gray» giovedì a Gallarate Teatro Condominio di Gallarate, giovedì 21, ore 21: la storia che, dietro le quinte, racconta il terremoto in Abruzzo, è tratta da un romanzo di Oscar Wilde. «Il ritratto di Dorian Gray» è una riflessione sulla caducità delle cose, l’ambizione dell’eterna giovinezza e il ruolo dell’arte: un ritratto invecchia in luogo della persona ritratta, Dorian, che invece si abbruttisce interiormente. La scena è dominata da tre personaggi: il sofisticato e fatuo Henry, il morboso e solitario Basil e il vanitoso quanto perfido Dorian. Scritto da Giuseppe Manfridi e interpretato dal solo Manuele Morgese, in collaborazione con Compagnia Italiana diretta da Maurizio Scaparro, lo spettacolo è diretto da Pino Micol, che dice: «E’ il teatro l’unico luogo in grado di reggere l’impossibile, unico luogo in cui 16 - Lombardia Oggi un attore, impasto di realtà e sogno impersona tre personaggi insieme, confrontandoli, diventando ora l’uno ora l’altro, presentando la verità di ognuno come la verità assoluta, sempre e comunque in bilico fra lucidità e follia». Biglietti euro 25, 23 e 20 euro, info 0331.784140. (c.col.) «Perché lo spettacolo ha debuttato il 4 aprile, due giorni prima del terremoto, e perché gli abbiamo affidato il nostro futuro. Solo un caso fortunato ha risparmiato costumi e scenografia. Il materiale tecnico no, quello è rimasto sotto le macerie, quando uno dei due teatri che gestiamo è crollato. È il Sant’Agostino, nel centro dell’Aquila. Il Teatro Zeta, invece, che sta in periferia, non ha riportato gravi danni». Ma vi ha fatto penare anche lo Zeta. «Sì, ma non a causa del terremoto. Purtroppo, quella tragedia ha fatto un po’ da spartiacque tra le persone. Chi reagiva spinto dallo spirito di solidarietà e chi faceva l’opposto, in nome del proprio egoismo. Non molti sono a conoscenza dei numerosi casi di sciacallaggio. Gente che ha approfittato del terremoto per lucrare su una disgrazia collettiva: affitti di un posto letto da 150 a 400 euro mensili. Noi abbiamo avuto il diktat dalla proprietaria dello Zeta. Poiché eravamo in mora, ha tentato di sfrattarci. Per fortuna il tribunale ci ha dato ragione e questo mese salderemo anche gli arretrati». Grazie al Dorian Gray? «Sì, dopo un appello al Tg5 sono stati molti i teatri italiani che ci hanno ospitati, permettendoci di lavorare. Grazie anche al Goethe Institut di Roma, che ci ha commissionato uno spettacolo sul crollo del Muro di Berlino, premiandoci con un lauto compenso. Poi ci sono stati gli spettacoli che abbiamo fatto gratis, per la nostra gente, nelle tendopoli». Che cosa ricorda di quella notte del 6 aprile quando la terra tremò? «Mi trovavo a Teramo. La casa rimase in piedi, diversamente da altre. Capimmo subito che all’Aquila aveva fatto un vero disastro. Infatti, casa mia è tuttora inagibile: ci sono entrato solo una volta, per recuperare gli abiti di scena. Tornando a quella notte, con mia moglie ci organizzammo subito per andare a prendere più parenti e amici possibili. Ne abbiamo ospitati dodici in casa per mesi». Sciacallaggi a parte, non sono mancati soccorsi e generose donazioni. «Certo che no. Come dimenticare i volontari accorsi da tutta Italia, o i vigili del fuoco. Tuttavia, c’è da dire che molte donazioni non si sa che fine abbiano fatto. In particolare, penso che le istituzioni locali abbiano dato una pessima dimostrazione di sé: un Comune allo sbando. Meglio hanno fatto i poteri centrali e i benefattori del Nord, che hanno "adottato" un asilo o una scuola». Un bilancio è possibile? «Penso che nella disgrazia del terremoto abbiamo perso una grande occasione. Quella di ricostruire il tessuto sociale, a partire dall’aggregazione». Carlo Colombo 17 Gennaio 2010