Cap. 13 pellicole
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CAPITOLO 13
METABOLISMO
DEI CARBOIDRATI I:
PROCESSI ANAEROBICI
NELLA PRODUZIONE
DELL'ENERGIA
METABOLICA
I
l nostro studio dettagliato del metabolismo inizierà
considerando le fasi anaerobiche del metabolismo dei carboidrati (figura 13.1). La
maggior parte del presente capitolo è dedicata alla glicolisi, la via iniziale del catabolismo dei carboidrati. Il termine glicolisi deriva da vocaboli greci che significano “dolce” e “scissione”. Questi termini sono letteralmente corretti, dal momento che la glicolisi è la via attraverso cui zuccheri a sei atomi di carbonio (che sono dolci) sono scissi,
producendo un composto a tre atomi di carbonio, il piruvato. Durante questo processo parte dell’energia potenziale immagazzinata nella struttura degli esosi è rilasciata e
utilizzata per ottenere la sintesi di ATP da ADP. La glicolisi può procedere in condizioni di anaerobiosi, senza che avvenga un’ossidazione netta dei substrati saccaridici.
Gli anaerobi, microrganismi che vivono in ambienti privi di ossigeno, possono ricavare tutta la loro energia metabolica da questo processo. In ogni caso anche le cellule
aerobie utilizzano la glicolisi. In queste cellule la glicolisi è la parte iniziale, anaerobica, di una via degradativa che nel complesso comporta un notevole consumo di ossigeno e alla completa ossidazione dei carboidrati.
Per parecchie ragioni la glicolisi rappresenta un buon punto di partenza per iniziare uno studio dettagliato sul metabolismo. Innanzitutto è stata la prima via metabolica a essere compresa nei dettagli. In secondo luogo è una via pressoché universalmente diffusa nelle cellule viventi. Inoltre la regolazione della glicolisi ci è particolarmente chiara. Infine, non meno importante è il ruolo metabolico centrale che questa
via riveste nel generare sia energia sia intermedi metabolici per altre vie. Si tratta di
una delle autostrade più trafficate della mappa del metabolismo, ed è anche raccordata a molte strade di traffico meno intenso.
FIGURA 13.1
Processi anaerobici nella produzione dell’energia metabolica. Le porzioni in viola della mappa metabolica mostrano la via glicolitica e la scissione dei
polisaccaridi che alimentano questa via. La glicolisi produce ATP anaerobicamente e fornisce combustibile per le vie aerobiche di produzione di energia. I
numeri 1, 2, 3 identificano i tre stadi del metabolismo (vedere capitolo 12).
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M E TA B O L I S M O D E I C A R B O I D R AT I I
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1
Polysaccharides
Proteins
Nucleic acids
Lipids
Monosaccharides
Glycerol
Fatty acids
Nucleotides
Amino acids
G
l
y
c
o
l
y
s
i
s
2
Glucose
Glyceraldehyde3-phosphate
Pyruvate
G
l
u
c
o
n
e
o
g
e
n
e
s
i
s
Acetyl-CoA
3
Citric
acid
cycle
e–
CO2
e–
Reduced
electron carriers
(NADH, FADH2)
ADP
NH3
ATP
O2
Electron
transport
and
oxidative
phosphorylation
Key:
Catabolic
pathway
Anabolic
pathway
Electron flow
Oxidized
electron carriers
(NAD+, FAD)
Photosynthesis
H2O
Light
energy
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13.
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METABOLISMO DEI CARBOIDRATI I
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Sebbene le cellule possano metabolizzare diversi zuccheri esosi per mezzo della
glicolisi, lo zucchero che viene principalmente utilizzato come carburante nella maggior parte delle cellule è il glucosio. In effetti alcuni tessuti animali, come il cervello,
utilizzano normalmente il glucosio come sola fonte di energia, e qualsiasi tipo di produzione di energia in queste cellule ha inizio con la glicolisi. La maggior parte delle
cellule può comunque utilizzare altri zuccheri; ci occuperemo quindi anche delle modalità di conversione di questi zuccheri a intermedi metabolici nella glicolisi. Considereremo inoltre anche i processi in cui i carboidrati immagazzinati sotto forma di
polisaccaridi sono resi disponibili per l’utilizzazione nella glicolisi.
LA GLICOLISI: UNA VISIONE D’INSIEME
INTERRELAZIONI TRA LA GLICOLISI E LE ALTRE VIE METABOLICHE
Le dieci reazioni della glicolisi
possono essere raggruppate in una
fase di investimento energetico
(prime 5 reazioni)
e in una fase
di produzione dell’energia
(ultime 5 reazioni)
FASE DI INVESTIMENTO
ENERGETICO
Glucosio
FASE DI PRODUZIONE
ENERGETICA
GLICOLISI AEROBICA E ANAEROBICA
2 Piruvato
BILANCIO NETTO:
Glucosio
La glicolisi è una via a 10 passaggi che converte una molecola di glucosio in due molecole di piruvato con la contemporanea produzione di due molecole di ATP. Il consumo dei polisaccaridi di riserva, così come il metabolismo degli oligosaccaridi, fornisce
glucosio, altri esosi a esso correlati e zuccheri fosfati, ognuno dei quali entra attraverso un proprio percorso nella via glicolitica. Ci concentreremo inizialmente sul processo considerando il glucosio come composto di partenza, e discuteremo successivamente i percorsi di ingresso degli altri carboidrati.
Le 10 reazioni che separano il glucosio dal piruvato possono essere distinte in due
diverse fasi, schematizzate in figura 13.2. Le prime cinque reazioni costituiscono una
fase di investimento energetico, nella quale gli zuccheri fosfati vengono sintetizzati a
spese di 2 moli di ATP (che vengono convertite in ADP), e il substrato a sei atomi di
carbonio viene scisso in 2 zuccheri fosfati a tre atomi di carbonio. Le successive cinque reazioni rappresentano una fase di produzione energetica, nella quale i trioso fosfati sono convertiti in composti ad alta energia. Questi composti trasferiscono 4 moli di fosfato all’ADP, sintetizzando 4 moli di ATP. La resa netta è pari a 2 moli di ATP e
2 moli di piruvato, per mole di glucosio metabolizzato. Si noti che vengono prodotti
anche 2 equivalenti di riduzione sotto forma di NADH.
Negli organismi aerobi, la glicolisi è il primo passaggio nella combustione completa del glucosio a CO2 e acqua. Il secondo passaggio consiste nell’ossidazione del piruvato ad acetil-CoA, e il processo finale è rappresentato dall’ossidazione degli atomi di
carbonio del gruppo acetile nel ciclo dell’acido citrico (vedere figura 13.1). Il capitolo
14 presenterà in dettaglio questi ultimi due processi. La glicolisi produce anche intermedi biosintetici: essa è pertanto una via al contempo anabolica e catabolica, e riveste
un’importanza che va oltre la sintesi di ATP e di substrati per il ciclo dell’acido citrico.
Piruvato
FIGURA 13.2
Le due fasi della glicolisi e i prodotti della glicolisi.
La glicolisi è una via metabolica antica che probabilmante era già usata dai primi
batteri noti circa 3.5 miliardi di anni fa. Poiché ciò accadeva circa un miliardo di anni prima che i più antichi organismi fotosintetici noti cominciassero a fornire il loro
contributo di O2 all’atmosfera terrestre, la glicolisi doveva funzionare in condizioni
completamente anaerobiche, cioè senza un cambiamento netto dello stato di ossidazione nel corso della conversione dei substrati nei prodotti. Si noti tuttavia che, come
mostrato in figura 13.2, la conversione di glucosio a piruvato, che non ossida gli atomi di carbonio del glucosio, comporta la riduzione concomitante di due moli di
NAD+ a NADH. Affinché la via possa operare anaerobicamente, il NADH deve essere dunque riossidato a NAD+ mediante il trasferimento dei suoi elettroni a un accettore in modo da mantenere uno stato stazionario. Alcuni microrganismi che crescono
in condizioni anaerobiche possono generare ulteriore energia mediante il trasferimento di elettroni a sostanze inorganiche come ioni solfato o nitrato; alcuni organismi possono ridurre substrati organici. La via più diretta è quella utilizzata dai batteri lattici, che usano semplicemente il NADH per ridurre il piruvato a lattato, attra-
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LA GLICOLISI: UNA VISIONE D’INSIEME
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verso l’enzima lattato deidrogenasi. È questa la reazione che avviene quando il latte
diventa acido:
COO−
C
COO−
O + NADH + H+
HO
C
H
+ NAD+
∆G°′ = − 25.1 kJ/mol
CH3
CH3
Piruvato
L-Lattato
La glicolisi è quindi parte di una fermentazione, che è definita come un processo
metabolico che produce energia senza alcun cambiamento di stato di ossidazione. La
fermentazione lattica (conversione del glucosio a lattato) è importante nella fabbricazione del formaggio. Un’altra fermentazione importante comporta la rottura del piruvato ad acetaldeide e CO2 (vedere pagina 470), con la successiva riduzione dell’aceteldeide a etanolo da parte dell’alcol deidrogenasi:
CH3CHO NADH H
Una fermentazione è una via
metabolica producente energia che
non comporta cambiamenti di
stato di ossidazione nella
trasformazione dei substrati in
prodotti
CH3CH2OH NAD
Operata da lieviti, questa fermentazione produce l’alcol delle bevande alcoliche.
Anche i lieviti utilizzati nella panificazione operano la fermentazione alcolica: la CO2
prodotta dalla decarbossilazione del piruvato determina il rigonfiamento del pane,
mentre l’etanolo prodotto evapora durante la cottura. Tra le decine di altre fermentazioni utili, ci sono quelle che portano alla produzione di acido acetico (fabbricazione
dell’aceto) e dell’acido propionico (fabbricazione del formaggio svizzero).
Le cellule animali, simili in questo ai batteri lattici, possono ridurre il piruvato a
lattato: compiono questo processo quando il piruvato è prodotto più velocemente di
quanto possa essere ossidato attraverso il ciclo dell’acido citrico. Durante sforzi intensi, le cellule del muscolo scheletrico ottengono la maggior parte della propria
energia da questa glicolisi anaerobica: una glicolisi che ha luogo in condizioni anaerobiche.
Si consideri invece una cellula che sostenga una respirazione attiva, cioè la demolizione ossidativa e la produzione di energia a partire da molecole di nutrienti che reagiscono con l’ossigeno. In queste cellule il piruvato è ossidato ad acetil-CoA, che entra
nel ciclo dell’acido citrico. Il NADH prodotto durante la glicolisi è riossidato attraverso la catena di trasporto elettronico mitocondriale per un’ulteriore produzione di
energia (vedere capitolo 15), attraverso il trasferimento finale degli elettroni all’O2,
l’accettore elettronico terminale. La conversione del glucosio a piruvato nelle cellule
in grado di respirare è detta glicolisi aerobica.
I PRIMI FONDAMENTALI ESPERIMENTI
Sebbene se ne sia compreso il funzionamento solo nel secolo scorso, la glicolisi è stata
sfruttata da quando gli uomini hanno iniziato a utilizzare il lievito per la preparazione del pane e della birra. (La prima definizione di fermentazione è stata quella di “modificazione chimica accompagnata da effervescenza.”) La dimostrazione di Louis Pasteur, nel 1856, che le fermentazioni sono opera di microrganismi rappresenta una
pietra miliare nella storia della scienza. Ciononostante la visione dominante del tempo era che un processo quale la fermentazione del glucosio con produzione di etanolo fosse un fenomeno tanto complesso da non poter essere riprodotto all’esterno della cellula vivente. Come abbiamo visto nel capitolo 1, nel 1897 Eduard e Hans Büchner mostrarono che la fermentazione poteva aver luogo in assenza di cellule.
Nel 1905 Arthur Harden e William Young scoprirono che il fosfato inorganico,
quando aggiunto all’estratto di lievito, stimolava e prolungava la fermentazione del
glucosio. Nel corso della fermentazione il fosfato inorganico scompariva dal mezzo di
reazione, e questo portò Harden e Young a suggerire che la fermentazione procedesse
attraverso la formazione di uno o più esteri fosforici di zuccheri.
La glicolisi anaerobica (come la
glicolisi aerobica) porta alla
formazione di piruvato, che viene
però ridotto, cosicché non si ha
alcuna ossidazione netta
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Questa scoperta aprì la porta all’individuazione delle singole reazioni chimiche
coinvolte nella fermentazione, impresa riuscita in Germania negli anni ’30 del secolo
scorso, principalmente a opera di G. Embden, O. Meyerhof e O. Warburg. Per questo
la glicolisi è spesso denominata via di Embden-Meyerhof. Questi scienziati identificarono 10 diverse reazioni che portano alla trasformazione di glucosio in piruvato,
identiche in una gran varietà di organismi. Gli studi sulla glicolisi hanno fornito la
prima dimostrazione che una via metabolica consiste di una serie di reazioni chimiche definite. Sono oggi disponibili informazioni dettegliate sulla struttura e il meccanismo di azione di ciscuno degli enzimi coinvolti.
LA STRATEGIA DELLA GLICOLISI
G6P
La glicolisi è una via così importante da meritare l’analisi dattagliata di ognuna delle
sue 10 reazioni. Prima di fare ciò daremo una sguardo alla via metabolica nel suo
complesso. Innanzitutto va ricordato quanto detto nel capitolo 12, e cioè che nelle cellule eucariote la glicolisi avviene nel citosol, mentre la successiva ossidazione del piruvato avviene nei mitocondri. (Alcuni tripanosomi, i protozoi parassiti che provocano
la malattia del sonno africana, rappresentano un’interessante eccezione: in essi la glicolisi avviene in un organulo citoplasmatico organizzato, detto glicosoma.)
La figura 13.3 fornisce una rappresentazione sintetica della conversione del glucosio in piruvato. Nella fase di “investimento energetico” (le prime cinque reazioni), lo
zucchero viene attivato metabolicamente per mezzo della fosforilazione. Questo processo produce uno zucchero fosforilato a sei atomi di carbonio, il fruttosio 1,6-bisfosfato, che subisce una scissione che produce 2 moli di trioso fosfato: la gliceraldeide3-fosfato e il diidrossiacetone fosfato.
Nella fase di “produzione energetica” (le successive cinque reazioni), i triosi fosfati subiscono un’ulteriore attivazione con produzione di due composti contenenti legami fosforici ad alta energia: dapprima l’1,3-bisfosfoglicerato e quindi il fosfoenolpiruvato. Si ricordi dalla figura 3.7 che ciascuno di questi composti possiede un ∆G°′
di idrolisi maggiore di quello dell’ATP; essi possono essere considerati come composti ad altissima energia. Durante la fase di produzione energetica, ciascuno di questi
composti trasferisce il proprio fosfato ad alta energia all’ADP con formazione di ATP.
Questo processo è detto fosforilazione a livello del substrato, e consiste nel trasferimento di un gruppo fosforico da un composto a elevato contenuto energetico all’ADP, con formazione di ATP. La fosforilazione a livello del substrato è un processo
distinto dalla fosforilazione ossidativa, cioè la sintesi di ATP determinata dal trasporto elettronico (vedere capitolo 15), e dalla fotofosforilazione, l’utilizzazione dell’energia fotosintetica per la produzione dell’ATP (vedere capitolo 17).
Dal momento che per ogni mole di glucosio sono prodotte 2 moli di trioso fosfato, la resa delle due fosforilazioni a livello del substatrato della glicolisi è di 4 moli di
ATP per mole di glucosio. Sottraendo le due moli di ATP investite nella prima fase
(reazioni 1-5), si realizza un guadagno netto di due molecole di ATP sintetizzate per
molecola di glucosio convertita a piruvato (vedere figura 13.2).
F6P
LE REAZIONI DELLA GLICOLISI
L’ATP è sintetizzato in tre
principali modi: mediante la
fosforilazione a livello del
substrato, mediante fosforilazione
ossidativa e mediante
fotofosforilazione
G
ATP
1 Fosforilazione
Esochinasi
ADP
P
2 Isomerizzazione
Fosfoglucoisomerasi
P
ATP
Consideriamo ora la sequenza delle 10 reazioni che portano dal glucosio al piruvato,
numerando ogni reazione come indicato in figura 13.3. I nomi per esteso dei substrati e dei prodotti verranno dati quando verrà descritta la relativa reazione, ma per semplicità essi verranno presentati nel testo in forma abbreviata. Per esempio, glucosio-6fosfato è equivalente a α-D-glucosio-6-fosfato.
3 Fosforilazione
Fosfofruttochinasi
ADP
P
FBP
P
4 Scissione
Aldolasi
P
DHAP
G3P
5 Isomerizzazione
Trioso fosfato isomerasi
P
REAZIONI 1-5: FASE DI INVESTIMENTO ENERGETICO
Le prime 5 reazioni, che costituiscono la fase di investimento energetico, sono riassunte qui a margine.
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LE REAZIONI DELLA GLICOLISI
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FASE DI INVESTIMENTO ENERGETICO
CH2OH
O
H
OH
H
Reazioni 1 – 3
Attivazione mediante fosforilazione
Glucosio
H
HO
OH
H
2 ATP investiti
ATP
1
OH
2
ATP
3
P
O
O CH2
H
CH2O
HO
H
Fruttosio1,6-bisfosfato
OH
OH
Reazioni 4 e 5
Scissione di uno zucchero
fosforilato a 6 atomi di carbonio
in due zuccheri fosforilati
a 3 atomi di carbonio
P
H
4
O
2
C
HC
H2C
5
H
Gliceraldeide3-fosfato
OH
O
C
HC
H2C
6
2 NADH
P
P
2
H2C
P
O
Reazione 7
Fosforilazione a livello del substrato
8
Reazioni 8 e 9
Produzione di un composto
ad altissima energia (e di acqua)
H2O
COO−
C
Reazione 6
Produzione di 2 NADH e di un
composto ad altissima energia
3-Fosfoglicerato
OH
O
OH
2 ATP prodotti
9
2
ATP
COO −
HC
O
P
1,3-Bisfosfoglicerato
OH
7
2
C
H2C
O
O
O
P
FASE DI PRODUZIONE ENERGETICA
O
2
Diidrossiacetone
fosfato
H2C
P
Fosfoenolpiruvato
CH2
10
2
2
ATP
COO−
C
O
Reazione 10
Fosforilazione a livello del substrato
2 ATP prodotti
Piruvato
CH3
FIGURA 13.3
Una visione d’insieme della glicolisi. Questo schema riassuntivo della glicolisi mostra gli intermedi chiave e le reazioni in ciascuna
delle due fasi principali. Nella fase di produzione energetica,
per ciascuna molecola di ATP utilizzata nella fase di investimento
energetico sono prodotte due molecole di ATP.
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Reazione 1: il primo investimento di ATP
Cominceremo con la fosforilazione ATP-dipendente del glucosio catalizzata dall’esochinasi.
6
CH2O P
CH2OH
5
4
O
+
1
OH
O
Mg2+
ATP
OH
HO
3
∆G°′ = − 16.7 kJ/mol
OH
HO
2
OH
OH
α -D-Glucosio
Una forma di esochinasi con KM
elevata permette al fegato, in
condizioni di glicemia elevata, di
regolare l’utilizzazione del glucosio
in funzione della sua disponibilità
+ ADP + H+
OH
α -D-Glucosio-6-fosfato
Lo ione magnesio è necessario dal momento che la forma reattiva dell’ATP è il suo
complesso chelato con Mg2+ (vedere pagina 432). Ciò è vero per tutti gli enzimi ATPdipendenti.
L’esochinasi esiste in varie forme nei diversi organismi ma è generalmente caratterizzata dalla bassa specificità per gli zuccheri e dalla bassa KM per questi substrati
(circa 0.1 mM). La bassa specificità permette la fosforilazione di vari zuccheri esosi,
inclusi fruttosio e mannosio, permettendo la loro utilizzazione attraverso la glicolisi.
Come è stato notato nel capitolo 11, l’esochinasi è inibita retroattivamente dal suo
prodotto, il glucosio-6-fosfato, un meccanismo che controlla l’ingresso dei substrati
nella via glicolitica. Va ricordato inoltre che la struttura dell’esochinasi fornisce una
chiara evidenza del modello dell’adattamento indotto della catalisi enzimatica (vedere pagina 373).
Dal momento che i livelli intracellulari di glucosio sono solitamente molto
maggiori del valore di KM dell’esochinasi, l’enzima funziona spesso in vivo a concentrazioni saturanti di substrato. Il fegato dei vertebrati contiene una distinta forma di esochinasi, caratterizzata da un valore molto alto di KM per il glucosio (circa
10 mM), da una dipendenza sigmoidale dalla concentrazione del glucosio, e dalla
insensibilità all’inibizione da glucosio-6-fosfato. Questa speciale esochinasi permette al fegato di regolare la propria velocità di utilizzazione del glucosio in risposta alle variazioni del livello di glucosio nel sangue. Come discuteremo nel capitolo
16, una delle principali funzioni del fegato è infatti la regolazione del livello di glucosio nel sangue: questo enzima rappresenta uno dei principali meccanismi attraverso i quali il fegato svolge questa funzione. Questa forma di esochinasi è spesso
chiamata glucochinasi, sebbene la sua specificità di substrato sia identica a quella
dell’esochinasi.
Reazione 2: isomerizzazione del glucosio-6-fosfato
La reazione successiva, catalizzata dalla fosfoglucoisomerasi, è l’isomerizzazione
prontamente reversibile dell’aldoso, il glucosio-6-fosfato (G6P), nel chetoso corrispondente, il fruttosio-6-fosfato (F6P).
6
4
6
CH2O P
5
P OCH2
O
OH
HO
1
2
5
OH
α -D-Glucosio-6-fosfato
CH2OH
HO
OH
3
1
O
4
3
2
∆G°′ = +1.7 kJ/mol
OH
OH
D-Fruttosio-6-fosfato
Questa reazione procede attraverso un’intermedio enediolico: B e B-H rappresentano i residui aminoacidici del sito attivo.
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B+
H
H+
O
H
H
OH
B
B
+B
H
H
H
H
O
H
O
B
O
H
C
H
C
H
OH
O
B+
H
G6P
H OH
H
O
B
OH
H
O–
O
O
H
O
C
H
B
O
H
B
Enediolo
B
F6P
Il trasferimento dell’ossigeno carbonilico dal carbonio 1 al carbonio 2 fa sì che il
gruppo idrossilico creato a livello del carbonio 1 possa essere facilmente fosforilato
nella reazione successiva. Incontreremo più avanti altre isomerizzazioni aldoso-chetoso che procedono con un meccanismo simile.
Reazione 3: il secondo investimento di ATP
Nella rezione 3, la fosfofruttochinasi dell’ATP compie un’altra fosforilazione ATP-dipendente, con formazione di un esoso fosforilato a livello degli atomi di carbonio 1 e
6. Il prodotto, il fruttosio-1,6-bisfosfato (FBP), era chiamato un tempo fruttosio-1,6difosfato; è stato deciso questo cambio di denominazione per mettere in evidenza che
i due fosfati sono separati, piuttosto che legati come nell’ADP.
6
La reazione della fosfofruttochinasi
è il principale sito di regolazione
della glicolisi
6
P OCH2
5
P OCH2
1
O
CH2OH
HO
2
+
2+
Mg
ATP
1
O
5
CH2O P
HO
OH
2
+ ADP + H+
OH
4
4
OH 3
D-Fruttosio-6-fosfato
OH
3
D-Fruttosio-1,6-bisfosfato
Analogamente alla fosforilazione del glucosio, questa reazione è sufficientemente
esoergonica da essere praticamente irreversibile in vivo. Questa caratteristica è importante, in quanto la fosfofruttochinasi (PKF) rappresenta il sito primario di regolazione del flusso di carbonio attraverso la glicolisi. La PKF è un enzima allosterico la cui
attività è estrememente sensibile allo stato energetico della cellula, come pure ai livelli di vari altri intermedi, in particolare il citrato e gli acidi grassi. Le interazioni con gli
effettori allosterici, che saranno discusse più avanti in questo capitolo, attivano la
PKF. Tale attivazione aumenta il flusso di carbonio attraverso la glicolisi quando è necessario generare più ATP, mentre lo inibisce quando la cellula dispone di grosse riserve di ATP o di substrati ossidabili.
Le piante superiori possiedono due diverse forme di PKF: l’enzima ATP-dipendente e una forma specifica, la quale utilizza come agente fosforilante il pirofosfato
invece dell’ATP.
Fruttosio-6-fosfato PPi
fruttosio-1,6-bisfosfato Pi
Questo enzima, che per attività è comparabile alla fosfofruttochinasi ATP-dipendente, sembra rappresentare un’alternativa per la catalisi del terzo passaggio della glicolisi.
Reazione 4: scissione dei due triosi fosfati
La reazione 4 è catalizzata dall’enzima fruttosio-1,6-bisfosfato aldolasi, comunemente detto aldolasi, perché la reazione che catalizza è simile all’inverso di una condensa-
∆G°′ = −14.2 kJ/mol
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zione aldolica. In questa reazione avviene quella “scissione dello zucchero” che è richiamata dal termine glicolisi: in questa fase infatti il composto a sei atomi di carbonio
fruttosio-1,6-bisfosfato si scinde formando 2 intermedi a tre atomi di carbonio, la gliceraldeide-3-fosfato e il diidrossiacetone fosfato.
D-Fruttosio-1,6-bisfosfato
Nelle condizioni presenti nella
cellula, l’aldolasi scinde il fruttosio1,6-bisfosfato, anche se si può
prevedere che agisca in senso
opposto nelle condizioni standard
Questa reazione illustra un importante principio metabolico. Come si può notare, la reazione è fortemente endoergonica in condizioni standard, in modo tale che la
formazione del fruttosio-6-fosfato risulta altamente favorita. Tuttavia, dalle effettive
concentrazioni intracellulari di reagenti e prodotti determinate nel muscolo scheletrico di coniglio, si può calcolare un ∆G pari a –1.3 kJ/mol, un valore in accordo con
l’osservazione che la reazione procede verso destra in vivo. Questo esempio mette in
evidenza la necessità di considerare le condizioni nella cellula, e non le condizioni
standard, per decidere quale sia la direzione favorita di una reazione.
L’aldolasi della maggior parte dei vertebrati è una proteina tetramerica. L’enzima
attiva il substrato, rendendone possibile la scissione, mediante condensazione del carbonio chetonico in posizione 2 con il gruppo ε-amminico nel sito attivo, e conseguente formazione di una base di Schiff intermedia, come mostrato in figura 13.4.
Una base di Schiff è il prodotto della condensazione di un gruppo amminico con un
gruppo carbonilico. Il substrato attivato subisce la sottrazione di un protone dal
gruppo idrossilico del carbonio 4, seguita dall’eliminazione dello ione enolato che si
viene così a formare, con la conseguente rottura del legame tra il C-3 e il C-4.
Reazione 5: isomerizzazione del diidrossiacetone fosfato
Come si è visto precedentemente, la reazione dell’aldolasi produce 2 zuccheri fosfato
a tre atomi di carbonio. La funzione della reazione 5, catalizzata dalla trioso fosfato
isomerasi, è quella di trasformare uno di questi prodotti, il diidrossiacetone fosfato
(DHAP), in gliceraldeide-3-fosfato (G3P), il substrato della successiva reazione glicolitica; questa reazione consente l’utilizzo di tutti e 6 gli atomi di glucosio.
O
CH2OH
C
O
CH2O P
Diidrossiacetone fosfato
H
C
H
C
OH
∆G°′ = +7.6 kJ/mol
CH2O P
D-Gliceraldeide-3-fosfato
Anche questa reazione è alquanto endoergonica in condizioni standard; la concentrazione intracellulare di gliceraldeide-3-fosfato è però bassa, e questo sposta l’equilibrio sopra indicato verso destra. Come descritto nel capitolo 11 (pagina 374), l’isomerizzazione del diidrossiacetone fosfato procede attraverso un intermedio enediolico.
A questo punto la glicolisi ha consumato due molecole di ATP e ha convertito uno
zucchero esoso in due molecole di gliceraldeide-3-fosfato, ciascuna delle quali è successivamente metabolizzata a dare composti ad alta energia che promuovono la sintesi di ATP. A questo punto la fase di investimento energetico del ciclo è completata, e
sta per cominciare la fase di produzione di energia.
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LE REAZIONI DELLA GLICOLISI
ISBN 88-408-1287-3
O
H
C
4
H
463
C
Gliceraldeide3-fosfato
OH
CH2O P
C
O
C
H
C
C
2
HO
H
H
3
4
5
CH2O P
H2O
C
HO
C
N
H
H
OH
H
C
OH
OH
H
C
OH
CH2O P
CH2O P
1
Keq = 10−4
+
1
:
CH2O P
1
C
N
H
C
C
HO
B−
HO
H
HB
C
1
H 2O
+
CH2
N
H
H
C
O
CH2OH
B−
H
O P
Diidrossiacetone
fosfato
CH2O P
CH2O P
6
Fruttosio-1,6bisfosfato
Base
di Schiff
H2N
Aldolasi
B−
FIGURA 13.4
Meccanismo di reazione della fruttosio-1,6-bisfosfato aldolasi. La figura mostra la base di Schiff intermedio di reazione che si
forma tra il substrato e il residuo di lisina del sito attivo. B è un residuo basico presente nell’enzima, che riceve un protone dall’ossidrile
presente su C-4 e lo cede dopo la scissione del legame tra C-3 e C-4.
2
G3P
2 NAD+ + 2 Pi
6 Ossidazione e
fosforilazione
Gliceraldeide-3fosfato deidrogenasi
Reazione 6: produzione del primo composto ad alta energia
Questa reazione, catalizzata dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi, è tra le più interessanti della glicolisi per quanto riguarda il meccanismo, sia perché genera il primo
intermedio ad alta energia, sia perché produce due equivalenti di riduzione (vedere figura 13.5). La reazione completa è la seguente:
O
H
H
C
OH
CH2
BPG
P
+ NAD+ + Pi
O P
D-Gliceraldeide-3-fosfato
H
O
C
OH
CH2
2ADP
Fosfoglicerato
chinasi
2
2
+ NADH + H+
∆G°′ = + 6.3 kJ/mol
ATP
3PG
P
8 Isomerizzazione
Fosfoglicerato
mutasi
2
2PG
P
C
P
7 Fosforilazione
a livello
del substrato
O
C
2 NADH + 2 H+
2
REAZIONI 6-10: FASE DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA
Le cinque reazioni della fase di produzione dell’energia sono riassunte a lato.
P
P
9 Disidratazione
Enolasi
H2O
2
O P
PEP
P
1,3-Bisfosfoglicerato
La reazione 6 comporta un’ossidazione del carbonio carbonilico della gliceraldeide-3-fosfato con scambio di due elettroni e produzione di un gruppo carbossilico, un
tipo di reazione che è normalmente piuttosto esoergonica. Tuttavia la reazione completa è debolmente endoergonica (in condizioni standard), in quanto l’enzima utilizza
la maggior parte dell’energia rilasciata per sintetizzare un composto ad altissima
energia, l’1,3-bisfosfoglicerato (BPG). Questo composto contiene un’anidride carbossilico-fosforica, ossia un gruppo acil-fosfato, in posizione 1: è un gruppo funzionale con un’energia libera standard di idrolisi altissima, –49.4 kJ/mol. Questo enzima
richiede un coenzima, il NAD+, che riceve elettroni dal substrato da ossidare.
Poiché il gruppo acilfosfato è molto più ricco in energia dei legami anidridici tra
residui di fosfato dell’ATP, l’1,3-bisfosfoglicerato può promuovere la sintesi di ATP a
partire dall’ADP. Questo è infatti ciò che avviene nella reazione successiva della via
metabolica, la prima delle due fosforilazioni a livello del substrato nella glicolisi. Poiché è evidentemente importante comprendere i meccanismi della sintesi dell’ATP,
2ADP
10 Fosforilazione
a livello
del substrato
Piruvato chinasi
2
2
ATP
Piruvato
La gliceraldeide-3-fosfato
deidrogenasi produce un composto
ad alto contenuto energetico e una
coppia di equivalenti di riduzione.
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13.
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METABOLISMO DEI CARBOIDRATI I
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O
−O
CH2O P
CH2O P
H
C
OH
H
C
O
1
H
C
OH
H
C
OH
Gliceraldeide3-fosfato
NAD+
NADH + H+
2
H
S
P
O−
CH2O P
C
OH
C
O
OH
CH2O P
3
H
S
C
OH
C
O
O
−O
P
OH
O
SH
Tioemiacetale
1,3-Bisfosfoglicerato
Gliceraldeide-3-fosfato
deidrogenasi
FIGURA 13.5
molto lavoro sperimentale è stato dedicato a chiarire come i composti ad altissima
energia siano sintetizzati nel corso della fosforilazione a livello del substrato.
Nel caso della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi questa conoscenza deriva in
gran parte dall’antica osservazione che la glicolisi è inibita dallo iodoacetato e da metalli pesanti come il mercurio. Entrambi questi composti reagiscono con gruppi sulfidrilici liberi, come mostrato qui di seguito nel caso dello iodoacetato:
Schema di reazione della gliceraldeide-3fosfato deidrogenasi. Passaggio 1: formazione dell’intermedio iniziale tioemiacetalico
tra la gliceraldeide-3-fosfato e l’enzima. Passaggio 2: ossidazione dell’intermedio iniziale
da parte del NAD+, con formazione di un intermedio acil-enzima. Passaggio 3: scissione fosforolitica del legame tioestere nell’intermedio
acil-enzima.
RSH ICH2COO
RS — CH2COO HI
La scoperta che questi composti inibiscono la glicolisi inibendo specificamente la
gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi implica necessariamente che l’enzima contiene
uno o più gruppi tiolici essenziali. Oggi sappiamo che la reazione procede come schematizzato in figura 13.5, iniziando con la formazione di un gruppo tioemiacetale che
coinvolge il gruppo carbonilico del substrato e un gruppo tiolico di un residuo di cisteina dell’enzima. Il tioemiacetale viene quindi ossidato dal NAD+ con formazione di
un intermedio acil-enzima, cioè un tioestere. I tioesteri sono composti ad alta energia;
la fosforolisi di questo tioestere da parte di Pi permette la conservazione di gran parte
dell’energia sotto forma di acil-fosfato, che costituisce il prodotto.
La stechiometria complessiva della reazione prevede la riduzione di 1 mole di
NAD+ a NADH + H+. Questa reazione è la fonte del NADH formato nella glicolisi,
come già messo in evidenza in figura 13.2.
Reazione 7: la prima fosforilazione a livello del substrato
Come abbiamo precedentemente notato, l’1,3-bisfosfoglicerato, a causa del suo elevato potenziale di trasferimento di gruppo, possiede una forte tendenza a trasferire il
proprio gruppo acil fosfato all’ADP, con conseguente formazione di ATP. Questa reazione di fosforilazione a livello del substrato è catalizzata dalla fosfoglicerato chinasi,
come mostrato qui di seguito:
O
H
C
O P
C
OH
CH2
+ ADP
Mg2 +
COO−
H
O P
1,3-Bisfosfoglicerato
C
CH2
+
ATP
∆G°′ = −18.8 kJ/mol
OH
O P
3-Fosfoglicerato
A questo punto il bilancio netto di ATP del processo glicolitico è zero. Si ricordi
che sono state investite due moli di ATP per mole di glucosio per generare 2 moli di
trioso fosfato. La reazione qui riportata genera una mole di ATP per mole di trioso fo-
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LE REAZIONI DELLA GLICOLISI
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sfato, ovvero due moli di ATP per mole di glucosio. La via metabolica nel complesso
diviene esoergonica nelle rimanenti tre reazioni. In quest’ultima fase è prevista l’attivazione del fosfato residuo, che nel 3-fosfoglicerato (3PG) possiede un potenziale di
trasferimento relativemente basso.
465
La fosfoglicerato chinasi catalizza
la prima reazione glicolitica che
comporta la produzione di ATP
Reazione 8: preparazione alla sintesi del successivo composto ad alta energia
L’attivazione del 3-fosfoglicerato inizia con un’isomerizzazione catalizzata dalla fosfoglicerato mutasi. L’enzima trasferisce il fosfato dalla posizione 3 alla posizione 2
del substrato a dare il 2-fosfoglicerato. È richiesto Mg2+.
COO−
H
C
COO−
Mg2 +
OH
CH2
H
O P
CH2
3-Fosfoglicerato
∆G°′ = +4.4 kJ/mol
O P
C
OH
2-Fosfoglicerato
La reazione è leggermente endoergonica in condizioni standard. Ancora una volta, il livello intracellulare di 3-fosfoglicerato è elevato rispetto a quello del 2-fosfoglicerato (2PG), e ciò fa sì che la reazione proceda in vivo verso destra senza difficoltà.
L’enzima contiene un residuo di fosfoistidina nel sito attivo. Nel primo passaggio della reazione, il gruppo fosfato è trasferito al substrato a dare un intermedio, il 2,3-bisfosfoglicerato. La demolizione dell’intermedio legato all’enzima rigenera l’enzima
fosforilato e dà luogo alla formazione del prodotto, che viene rilasciato.
Enzima–P 3-P-glicerato
[Enzima–2,3-bis-P-glicerato]
Enzima–P 2-P-glicerato
C
O
HO
P
CH2
N
NH
O
CH
NH
O–
Residuo di
N-fosfoistidina
Reazione 9: sintesi del secondo composto ad alta energia
La reazione 9, catalizzata dalla enolasi, produce un altro composto ad altissima energia, il fosfoenolpiruvato (PEP), che partecipa alla seconda fosforilazione a livello del
substrato della glicolisi.
COO−
H
C
COO−
Mg2 +
O P
C
CH2OH
O
+ H2O
P
∆G°′ = +1.7 kJ/mol
CH2
2-Fosfoglicerato
Fosfoenolpiruvato
La reazione prevede una semplice disidratazione, o α,β-eliminazione, con una variazione complessiva di energia libera piuttosto modesta. Tuttavia l’effetto è di aumentare enormemente l’energia libera di idrolisi del legame fosfato: da –15.6 kJ/mol per il
2-fosfoglicerato a –61.9 kJ/mol per il fosfoenolpiruvato. Il carbonio 2 del fosfoenolpiruvato è “bloccato” nella configurazione enolica sfavorita e, come discusso nel capitolo
3, la grande instabilità termodinamica dell’enolpiruvato è la principale responsabile
della valore estremamente negativo dell’energia libera di idrolisi del fosfoenolpiruvato.
Reazione 10: la seconda fosforilazione a livello del substrato
Nell’ultima reazione, catalizzata dalla piruvato chinasi, il fosfoenolpiruvato trasferisce il proprio gruppo fosfato all’ADP nel corso di un’altra fosforilazione a livello del
substrato. Si noti che l’enzima riceve il proprio nome come se la reazione catalizzata
indicata di seguito procedesse verso sinistra, anche se è fortemente esoergonica nella
direzione in cui è scritta. A molti enzimi è stato dato un nome prima che venissero
identificate la loro funzione o la direzione della catalisi intracellulare.
COO−
C
O
P
CH2
Fosfoenolpiruvato
+
H+
+
Mg2 +
ADP
K+
COO−
C
O
CH3
Piruvato
+
ATP
∆G°′ = −31.4 kJ/mol
La piruvato chinasi catalizza
la seconda reazione glicolitica che
comporta produzione di ATP
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13.
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O
O
P
O–
C
H
H
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COO–
C
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H+
O–
O
–O
P
O–
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O
O
P
O
O–
Adenosina
ATP
COO–
H
C
O
C
H
H
I carboidrati introdotti con
l’alimentazione inducono
l’espressione della piruvato chinasi
e aumentano la capacità del corpo
di ottenere energia mediante
la glicolisi
L’enzima richiede Mg2+ e K+. Sebbene la reazione includa la sintesi endoergonica
di ATP, il processo è nel complesso fortemente esoergonico, poiché, come già sottolineato nel capitolo 3, la tautomerizzazione spontanea del prodotto, l’enolpiruvato, con
formazione della forma chetonica altamente favorita, produce una forte spinta termodinamica al procedere della reazione nella direzione indicata.
La reazione della piruvato chinasi è un altro punto di regolazione metabolica. Nel
fegato dei vertebrati l’enzima, un tetramero di Mr (peso molecolare) di circa 250 000,
è inibito allostericamente da alte concentrazioni di ATP e attivato dal fruttosio-1,6bisfosfato. La sintesi dell’enzima nel fegato è regolata dalla dieta; la sua attività intracellulare può aumentare fino a 10 volte per effetto di un’aumentata sintesi di enzima,
o induzione, come risultato dell’ingestione di una forte dose di carboidrati. Quale che
sia il meccanismo genetico implicato, questa induzione contribuisce all’efficacia del
“carico da carboidrati”, la pratica di mangiare una grande quantità di zuccheri prima
di affrontare una prova sportiva che richiede una grande resistenza fisica, come per
esempio una maratona. L’aumentato livello di piruvato chinasi aumenta la velocità di
produzione dell’energia a opera della glicolisi.
L’attività piruvato chinasica nel fegato è inoltre regolata dalla fosforilazione e
defosforilazione della proteina enzimatica. La forma defosforilata è molto più attiva
di quella fosforilata. Quando l’ossidazione degli acidi grassi e il ciclo dell’acido citrico sono già operanti a velocità sufficienti per soddisfare il bisogno di energia della
cellula, questo meccanismo di regolazione, che è sotto controllo ormonale, instrada
il fosfoenolpiruvato verso la gluconeogenesi (vedere capitolo 16). In caso contrario
tutto il fosfoenolpiruvato prodotto nel muscolo viene virtualmente convertito in piruvato.
Le insufficienze genetiche di piruvato chinasi eritrocitaria sono state studiate nell’uomo. L’accumulo di fosfoenolpiruvato determina eccessivi livelli ematici di altri intermedi glicolitici. Di particolare rilevanza clinica è l’accumulo di 2,3-bisfosfoglicerato, che è stato introdotto nel capitolo 7 come inibitore allosterico del legame dell’ossigeno all’emoglobina. Questo accumulo determina la compromissione dell’assunzione di ossigeno a livello polmonare e la compromissione del trasporto di ossigeno ai
tessuti attraverso il flusso sanguigno.
La reazione piruvato chinasica trasforma la via glicolitica da un processo nell’insieme energeticamente neutro a un processo che comporta una sintesi netta di ATP.
In questa fase vengono prodotti due gruppi fosfato ad alta energia per mole di esoso,
e questi vanno ad aggiungersi agli altri due gruppi formati dalla fosfoglicerato chinasi. Sottraendo i due ATP investiti a livello delle reazioni catalizzate dalla esochinasi e
dalla fosfofruttochinasi, si ottiene un bilancio netto di due gruppi fosfato ad alta
energia per mole di glucosio: certamente non una resa elevata, ma che rende il processo in grado di soddisfare le esigenze energetiche di molti anaerobi. Inoltre il successivo metabolismo del piruvato attraverso le vie aerobiche produce ulteriore fosfato ad alta energia.
La tabella 13.1 riassume le reazioni della glicolisi, mettendo in evidenza le variazioni di energia libera e la resa in ATP di ogni passaggio.
I DESTINI METABOLICI DEL PIRUVATO
Il piruvato rappresenta un momento centrale del metabolismo. Il suo destino è strettamente correlato allo stato ossidoriduttivo della cellula, il quale è a sua volta in relazione alla reazione catalizzata dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (reazione 6).
Si ricordi che questa reazione converte 1 mole di NAD+ a NADH per ogni mole di
trioso fosfato. Questo NADH deve essere riossidato a NAD+ perché la glicolisi possa
continuare. Come notato precedentemente, durante la glicolisi aerobica questo
NADH è ossidato dalla catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri, con il trasferimento finale degli elettroni all’ossigeno. L’ossidazione del NADH, che considereremo in dettaglio nel capitolo 15, fornisce ulteriore energia, con circa 3 moli di ATP
sintetizzato a partire da ADP per ogni mole di NADH ossidato. Dal momento che per
ogni mole di glucosio che entra nella via sono prodotte 2 moli di NADH, la glicolisi
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TABELLA
467
13.1 Sommario della glicolisi
Reazione
Enzima
Resa
in ATP
G°
(kJ/mol)
G
(kJ/mol)
Esochinasi (HK)
1
16.7
33.5
1.7
2.5
14.2
22.2
Aldolasi (ALD)
23.9
1.3
Trioso-fosfato isomerasi (TPI)
7.6
2.5
Gliceraldeide-3-fosfato
deidrogenasi(G3PDH)
12.6
3.4
37.6
2.6
Fosfogliceromutasi (PGM)
8.8
1.6
Enolasi(ENO)
3.4
6.6
2
62.8
33.4
2
73.3
96.2
FASE DI INVESTIMENTO ENERGETICO
Glucosio (G)
ATP
1
ADP
Glucosio-6-fosfato (G6P)
Fosfoglucoisomerasi (PGI)
2
Fruttosio-6-bisfosfato (F6P)
ATP
Fosfofruttochinasi (PFK)
3
1
ADP
Fruttosio-1,6-bisfosfato (FBP)
4
Gliceraldeide-3-fosfato (G3P)
+ diidrossiacetone fosfato (DHAP)
5
Due gliceraldeide-3-fosfato
FASE DI
g PRODUZIONE ENERGETICA
2NAD+ + 2Pi
6
2NADH + 2H+
Due 1,3-bisfosfoglicerato (BPG)
2ADP
Fosfoglicerato chinasi (PGK)
7
2
2
ATP
Due 3-fosfoglicerato (3PG)
8
Due 2-fosfoglicerato (2PG)
9
2H2O
Due fosfoenolpiruvato (PEP)
2ADP
Piruvato chinasi (PK)
10
2
ATP
Due Piruvato (Pyr)
Bilancio netto: Glucosio 2ADP 2Pi 2NAD
2 piruvato 2ATP 2NADH 2H 2H2O
Nota: I valori di G sono stimati sulla base delle concentrazioni intracellulari approssimative degli intermedi glicolitici nel muscolo scheletrico di coniglio.
Tutti i valori di G dopo la reazione 5 sono stati raddoppiati, dato che ciascuna reazione coinvolge 2 molecole di substrato a tre atomi di carbonio per molecola
di glucosio.
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13.
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METABOLISMO DEI CARBOIDRATI I
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aerobica fornisce considerevolmente più ATP rispetto alla glicolisi anaerobica. L’ossidazione del piruvato attraverso il ciclo dell’acido ciclico produce inoltre molta altra
energia.
IL METABOLISMO DEL LATTATO
Il piruvato deve essere ridotto a
lattato quando i tessuti non sono
sufficientemente aerobici per
ossidare tutto il NADH prodotto
dalla glicolisi
Nelle cellule aerobiche che sostengono una glicolisi a ritmi molto elevati, il NADH
prodotto in questa via non può essere completamente riossidato nel mitocondrio con
una velocità confrontabile. In questo caso, come anche nel caso delle cellule anaerobiche nelle quali mancano i mitocondri, il NADH deve essere utilizzato per ridurre un
substrato organico, al fine di garantire l’omeostasi. Come osservato precedentemente,
questo substrato è costituito dal piruvato stesso sia nelle cellule eucariotiche sia nei
batteri lattici, mentre il prodotto è costituito dal lattato. L’enzima che catalizza questa
reazione è la lattato deidrogenasi (vedere pagina 457). L’equilibrio della reazione è
molto spostato a destra. La figura 13.6, che illustra il profilo energetico della glicolisi
anaerobica, mostra che il NADH prodotto dall’ossidazione della gliceraldeide-3-fosfato è utilizzato per ridurre il piruvato a lattato. Quindi, durante la glicolisi anaerobia, o fermentazione lattica, viene rispettato il bilancio ossidoriduttivo complessivo.
Nei vertebrati alcune cellule, come i globuli rossi del sangue, ricavano molta della
propria energia da un metabolismo anaerobico. Il muscolo scheletrico, che a riposo
ricava la maggior parte della propria energia dalla respirazione, sotto sforzo è fortemente dipendente dalla glicolisi, una circostanza in cui le scorte di glicogeno sono rapidamente consumate, o mobilizzate, per fornire substrati alla via glicolitica. Normalmente il lattato prodotto diffonde dai tessuti e viene trasportato dal flusso sanguigno
verso tessuti fortemente aerobi, quali cuore e fegato. I tessuti aerobi sono in grado di
catabolizzare ulteriormente il lattato attraverso la respirazione, o possono convertirlo
nuovamente a glucosio mediante la gluconeogenesi. Se però il lattato è prodotto in
grosse quantità non può essere consumato rapidamente. In questo caso, come abbiamo discusso nel capitolo 7, il pH del sangue scende e agisce l’effetto Bohr, con aumento di apporto di ossigeno ai tessuti.
Glucosio
(5000)
FIGURA 13.6
0
ATP
20 ADP
∆G' relativo al glucosio, kJ/mol
Profilo energetico ed elettronico della
glicolisi anaerobica. Il grafico mostra il ∆G′
di ciascuna reazione, calcolato dal valore di
∆G°′ e dalle concentrazioni molari stimate di
ciascun intermedio nell’eritrocita umano. (I numeri in parentesi sono le concentrazioni micromolari stimate). Si notino questi punti: (1) due
dei quattro ATP prodotti sono usati per compensare l’investimento iniziale di ATP; (2) in
condizioni di anaerobiosi gli equivalenti di riduzione prodotti dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi devono essere usati per ridurre un
substrato organico; (3) gli enzimi soggetti a
controllo sono quelli che catalizzano reazioni
così fortemente esoergoniche da essere praticamente irreversibili (frecce), e (4) poiché una
reazione per procedere deve avere un ∆G′ negativo, eventuali inesattezze nella misura della
concentrazione dei metaboliti sono probabilmente all’origine dei valori di ∆G′ positivi, misurati per alcune reazioni.
G6P
(83)
40
F6P
(14)
2ADP 2
(1850)
ADP
(138)
60
ATP
ATP
3PG 2PG
(118) (30)
G3P
FBP
G3P (19)
(31)
(19)
DHAP
(138)
Pi
(1000)
BPG
(1)
2NAD+
2NADH + 2H+
PEP
(23)
2ADP
2
Pyr
(51)
ATP
Lac
(2900)
80
Percorso avanzato
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469
LDH-1
Fino a tempi recenti, si riteneva che l’accumulo di lattato nel muscolo scheletrico
fosse principalmente una conseguenza del metabolismo anaerobico, che si verifica
quando la domanda di energia dei tessuti eccede la loro capacità di ossidazione del piruvato prodotto nella glicolisi. Recenti studi metabolici, tra cui l’analisi mediante 31P
NMR dei livelli degli intermedi fosforilati nelle cellule muscolari in attività, suggeriscono che il lattato è in realtà un intermedio e non un prodotto metabolico terminale. Questi studi dimostrano che anche in tessuti perfettamente ossigenati, circa il 50%
del glucosio metabolizzato è convertito in lattato. Questo può rappresentare un mezzo per il coordinamento tra le vie deputate all’immagazzinamento dell’energia e quelle deputate alla sua produzione in tessuti diversi, anche se i meccanismi coinvolti non
sono ancora chiari.
Miscela (1 + 5)
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LDH-5
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Struttura in subunità
Cap. 13 pellicole
(+)
B4
A1B3
ISOENZIMI DELLA LATTATO DEIDROGENASI
La lattato deidrogenasi, come molti altri enzimi, esiste nei tessuti animali in forme
molecolari multiple. Diverse forme molecolari di un enzima che catalizzano la stessa
reazione sono dette isoenzimi o isozimi. La lattato deidrogenasi è stato il primo enzima per il quale fu stabilita la base fisica dell’esistenza di isoenzimi. La maggior parte
dei tessuti contengono cinque isoenzimi della lattato deidrogenasi; questi possono essere separati elettroforeticamente, come mostrato in figura 13.7.
La lattato deidrogenasi (LDH) è una proteina tetramerica che consiste di due diversi tipi di subunità, indicate con M e H, che presentano piccole differenze di sequenza aminoacidica. Le subunità M predominano nel muscolo scheletrico e nel fegato, mentre le subunità H predominano nel cuore. Le subunità M e H si combinano
a caso l’una con l’altra, in modo che i cinque principali isoenzimi hanno composizione M4, M3H, M2H2, MH3 e H4. A causa dell’assortimento casuale delle subunità, la
composizione isoenzimatica di un tessuto è determinata principalmente dall’attività
dei due geni che specificano le due subunità.
Il significato fisiologico dell’esistenza di forme differenti di questo enzima non è
chiaro. In ogni caso, la specificità tissutale del profilo isoenzimatico è utile in medicina clinica. Condizioni patologiche quali infarto del miocardio, epatite infettiva, o affezioni muscolari determinano necrosi cellulare nei tessuti colpiti, con il rilascio del
contenuto cellulare nel sangue. La composizione isoenzimatica della LDH nel siero
del sangue è indicativa del tessuto responsabile del rilascio degli isoenzimi. Questa
informazione può essere usata per la diagnosi di queste condizioni patologiche e per
seguire l’andamento della terapia.
METABOLISMO DELL’ETANOLO
Il piruvato ha numerosi destini alternativi nei microrganismi anaerobi. Come precedentemente osservato, i batteri lattici riducono il piruvato a lattato in un unico passaggio (vedere qui sotto). Il lievito invece converte il piruvato in etanolo in una via costituita da due passaggi. Questa fermentazione alcolica inizia con la decarbossilazio-
Piruvato
a Fermentazione lattica
Cellule animali e batteri
che producono
acido lattico
H+
b Fermentazione alcolica
Lievito
CO2
Acetaldeide
H+
NADH + H+
+ NADH
NAD+
NAD+
Lattato
Etanolo
A2B2
A3B1
A4
Origine
(–)
FIGURA 13.7
Basi strutturali dell’esistenza di isoenzimi della lattato deidrogenasi. Delle preparazioni sono state analizzate mediante elettroforesi su gel d’amido, che è stato successivamente trattato per rivelare le bande contenenti
proteina enzimaticamente attiva. LDH-1 è un
tetramero contenente soltanto la subunità H,
mentre LDH-5 contiene solo subunità M. La
corsia centrale deriva da un esperimento nel
quale sono state mescolate uguali quantità di
LDH-1 e LDH-5. Le subunità sono state dissociate e quindi lasciate riassociare. La presenza di
cinque differenti forme enzimatiche e le loro
quantità relative dimostrano che le singole subunità M e H possono associarsi casualmente a
formare tetrameri di composizione mista di subunità.
Per concessione di C.L. Markert, Science (1963) 140:1329.
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ne non ossidativa del piruvato ad acetaldeide, catalizzata dalla piruvato decarbossilasi. La reazione è seguita dalla riduzione NADH-dipendente dell’acetaldeide a etanolo,
catalizzata dall’alcol deidrogenasi.
La prima reazione richiede tiamina pirofosfato come coenzima. Questo coenzima, che deriva dalla vitamina B1, partecipa a varie reazioni di trasferimento di gruppo in cui sia presente un’aldeide attivata (vedere capitolo 14).
La produzione industriale di etanolo ha assunto un’enorme importanza nell’ambito degli sforzi fatti dall’umanità per risolvere due gravi problemi: (1) la sostituzione
del petrolio, fonte energetica non rinnovabile, con una fonte di energia rinnovabile e
(2) lo smaltimento dei materiali biologici di scarto. Attraverso la bioingegneria si cerca di ottenere la produzione di ceppi batterici che possano convertire in esosi materiali come la cellulosa proveniente dagli scarti della lavorazione del legno, o la paglia,
oppure anche materiali più complessi presenti nei rifiuti umani e animali. Si studia
inoltre con particolare attenzione la regolazione della glicolisi, allo scopo di massimizzare la produzione di etanolo una volta prodotti i substrati adatti a questa via.
Anche i tessuti animali contengono alcol deidrogenasi, sebbene l’etanolo non sia
un prodotto metabolico importante in queste cellule. Alcune delle principali conseguenze metaboliche dell’intossicazione da etanolo derivano dall’ossidazione dell’etanolo nel fegato da parte di questo enzima. Per prima cosa si ha una massiccia riduzione del NAD+ a NADH, che riduce il livello stesso di NAD+, diminuendo così il flusso
attraverso la gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi con la conseguente inibizione della
produzione di energia. Inoltre l’acetaldeide è piuttosto tossica, e molti degli effetti
spiacevoli dei postumi di un’ubriacatura dipendono dall’azione dell’acetaldeide e dei
suoi metaboliti.
PRODUZIONE DI ENERGIA
E BILANCIO ELETTRONICO
Scrivendo l’equazione chimica bilanciata della glicolisi, possiamo calcolare la quantità di energia associata alla trasformazione di 1 mole di glucosio. Per la glicolisi
anaerobica o per la fermentazione lattica è possibile scrivere la seguente equazione
chimica:
Glucosio 2ADP 2Pi
2 lattato 2ATP 2H2O
Analogamente è possibile scrivere un’equazione bilanciata per la fermentazione
alcolica:
Glucosio 2ADP 2Pi 2H
2 etanolo 2CO2 2ATP 2H2O
Si noti che nessuno dei due processi coinvolge un cambiamento nello stato di ossidazione complessivo: NAD+ e NADH, anche se partecipano entrambi ai processi
metabolici, non appaiono nelle reazioni complessive, come è anche mostrato in figura 13.6.
Nel caso della glicolisi aerobica, nell’equazione completa compaiono i nucleotidi
nicotinammidici, come mostrato di seguito:
Glucosio 2ADP 2Pi 2NAD
2 piruvato 2ATP 2NADH 2H 2H2O
Nel mitocondrio, il NADH genera equivalenti di riduzione in un processo di tra-
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sporto che richiede energia, come descritto nel capitolo 15. È noto sperimentalmente
che la riossidazione di 1 mole di NADH nel mitocondrio produce circa 3 moli di ATP.
2NADH 8H O2 6ADP 6Pi
2NAD 8H2O 6ATP
Sommando queste due ultime equazioni si comprende perché la glicolisi che ha
luogo in concomitanza con la respirazione produce 8 moli di ATP per mole di glucosio.
Glucosio 8ADP 6H 8Pi O2
2 piruvato 8ATP 10H2O
Il metabolismo del glucosio, sia che produca lattato o etanolo, rappresenta un
processo non ossidativo, come si può osservare confrontando le formule brute del
glucosio (C6H12O6) e del lattato (C3H6O3). È evidente che non c’è cambiamento dello stato di ossidazione complessivo degli atomi di carbonio, in quanto il numero di
atomi di idrogeno e ossigeno legati per atomo di carbonio sono identici per il glucosio e il lattato. La stessa cosa vale quando si formano etanolo e CO2, se nella valutazione vengono inclusi gli atomi di entrambi i composti. Tuttavia, alcuni singoli atomi di
carbonio del lattato o dell’insieme di etanolo e CO2 subiscono un’ossidazione mentre
altri vengono ridotti. Al contrario il piruvato ha un livello di ossidazione superiore a
quello del glucosio, come si può vedere dalla sua formula bruta (C3H4O3).
Si noti anche che la glicolisi, sia essa aerobica o anaerobica, libera solo una piccola
frazione dell’energia potenziale contenuta nella molecola di glucosio. Come osservato precedentemente (vedere i capitoli 3 e 12), la combustione completa del glucosio a
CO2 e H2O produce 2870 kJ/mol di energia libera in condizioni standard. Come vedremo nel prossimo capitolo, circa 38 moli di ATP sono sintetizzate dall’ADP per mole di glucosio metabolizzato completamente dalla via glicolitica e dal ciclo dell’acido
citrico. L’energia libera necessaria per spingere la sintesi di queste 38 moli di ATP rappresenta circa il 40% dell’energia potenziale rilasciata durante la combustione del
glucosio. Dal momento che il catabolismo del glucosio a lattato o piruvato rende soltanto rispettivamente 2 o 8 moli di ATP, è chiaro che molta dell’energia potenziale
presente nel glucosio è, al termine della glicolisi, ancora in attesa di essere resa disponibile. Il metabolismo aerobico produce più energia di quello anaerobico; di conseguenza, gli organismi aerobi hanno generalmente più successo e sono più diffusi degli organismi anaerobi. La precoce evoluzione del metabolismo aerobico ha reso possibile l’esistenza dei grandi e vigorosi animali che conosciamo oggi. Ciononostante alcuni animali di grosse dimensioni ricavano ancora una grande porzione della propria
energia metabolica dalla glicolisi, almeno in determinate condizioni fisiologiche. Un
buon esempio è costituito dal coccodrillo: torpido (e aerobio) per molta parte della
propria esistenza, è capace di brevi e rapidissimi scatti. In quest’ultima situazione la
glicolisi, accopppiata alla demolizione delle riserve saccaridiche, rappresenta un modo rapido, anche se inefficiente, di produrre energia.
La glicolisi, che produce 2 moli
di ATP per mole di glucosio
ossidato anaerobicamente oppure 8
moli di ATP per mole di glucosio
ossidato nella via aerobica,
rilascia solo una piccola
percentuale dell’energia contenuta
nella molecola di glucosio
LA REGOLAZIONE DELLA GLICOLISI
La glicolisi è strettamente coordinata ad altre importanti vie metaboliche per la produzione e l’utilizzazione dell’energia, in particolare alla sintesi e degradazione del glicogeno (o dell’amido), alla gluconeogenesi, alla via del pentoso fosfato e al ciclo dell’acido citrico. I fattori metabolici che controllano la glicolisi spesso regolano anche altre vie in modo coordinato. È quindi difficile considerare la regolazione della glicolisi
indipendentemente da queste altre vie, e di conseguenza ritorneremo sull’argomento
solo dopo aver presentato le altre principali vie del metabolismo energetico (vedere
capitolo 23). È comunque importante descrivere qui i due enzimi chiave che fungono
da siti di regolazione: la fosfofruttochinasi (il sito principale) e la piruvato chinasi. Si
noti che l’esochinasi catalizza anche un passaggio regolato (vedere pagina 373 e figura 11.8). La regolazione dell’esochinasi da parte del suo prodotto, il glucosio-6-fosfato, è coinvolta anche in altri processi, come la sintesi del glicogeno e l’omeostasi del livello ematico di glucosio.
La fosfofruttochinasi e la piruvato
chinasi sono i principali siti
di controllo della glicolisi
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