Dichiarazione dei redditi con spedizione raccomandata Renzo La Costa Le attuali procedure telematiche di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, non hanno ancora cancellato gli effetti e le modalità di trasmissione delle dichiarazioni attraverso plico raccomandato, che si trascinano ancora in contenziosi tra fisco e contribuente. Da ultimo, se ne è occupata la Corte di Cassazione con sentenza 13 gennaio 2016, n. 372, con la quale ha sancito che l’avvenuta presentazione della dichiarazione era comprovata dalla semplice ricevuta della raccomandata, non essendo richiesta la spedizione con ricevuta di ritorno, né essendo prevista la prova dell’avvenuta ricezione da parte degli Uffici finanziari. Una società proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, fu respinto il ricorso della contribuente avente ad oggetto il rimborso del credito d’imposta patrimoniale, di cui alla dichiarazione mod. 760/98. La CTR, in particolare, affermava che non risultava in atti la prova della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della contribuente, che costituiva il presupposto del credito d’imposta richiesto. E ciò in quanto, a fronte della certezza che la dichiarazione non risultava pervenuta all’Amministrazione e del riscontro oggettivo dell’incompleto, e dunque irregolare, indirizzo apposto sulla ricevuta della raccomandata, quest’ultima, non poteva ritenersi idonea a provare la regolare presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della contribuente. Lamentava tra l’altro la contribuente nel ricorso per Cassazione che la CTR aveva affermato la mancata ricezione della raccomandata sulla base delle sole risultanze dell’anagrafe tributaria, e, pur in presenza della ricevuta prodotta, aveva invertito l’onere della prova, omettendo di considerare che, una volta che il contribuente aveva prodotto la ricevuta di spedizione l'Amministrazione può soltanto dimostrare , per vincere la presunzione, che la raccomandata non conteneva la dichiarazione o che la raccomandata in questione non le era mai stata consegnata per causa non imputabile alla stessa Amministrazione o al servizio postale. L'art. 12 Dpr 600/73 - ha esordito la suprema Corte - richiede, infatti, la semplice spedizione della dichiarazione dei redditi mediante raccomandata e ricollega l’avvenuta presentazione della dichiarazione alla ricevuta postale di spedizione e non anche alla ricezione del relativo plico, non essendo richiesto l'inoltro con avviso di ricevimento. Stante, dunque, la presunzione di normale recapito a cura del servizio postale , laddove, come nel caso di specie, venga prodotta la ricevuta di spedizione, spetta alla parte pubblica dimostrare il mancato recapito, per causa imputabile al mittente, attraverso opportune ricerche anche postali, non essendo sufficiente il dato della mera assenza della dichiarazione nella banca dati dell’anagrafe tributaria. Quanto poi al contenuto della ricevuta prodotta dalla contribuente, in assenza di diverse contestazioni, appare irrilevante la circostanza, cui invece la CTR ha attribuito valenza decisiva, che nella ricevuta prodotta, comunque contenente il timbro del l’ufficio postale, fosse unicamente indicato il destinatario della raccomandata, Ministero delle Finanze, senza specificare la sede dello stesso, notoriamente in Roma. Tale omissione non appare, di per sé, idonea ad inficiare l’efficacia probatoria della ricevuta in atti e non può dunque ritenersi tale da superare la presunzione semplice di regolare invio della raccomandata posta dall’art. 12 Dpr 600/73 e dal Dm 24/3/1998. La sentenza della CTR che ha affermato la mancata prova della regolare presentazione della dichiarazione, omettendo di considerare che l’art. 12 Dpr 600/73 ricollega l’avvenuta presentazione della dichiarazione alla ricevuta postale di spedizione, è stata dunque cassata