LA BIODINAMICA
DALLA VITE AL VINO
A cura di
Edizione del Febbraio 2013
CIVIELLE
Cantine della Valtènesi e della Lugana
Presentazione
Civielle - Cantine della Valtènesi e della Lugana, società agricola cooperativa fondata nel 1979,
è ubicata a Moniga del Garda, sulla sponda occidentale del Lago di Garda, in una storica
Cantina, al centro di una zona di antiche tradizioni vitivinicole.
Finalità della Cooperativa, che non ha scopi di lucro, è lo sviluppo della viticoltura territoriale a
difesa dell’integrità dell’ambiente tramandato nei millenni, del reddito delle imprese agricole
nel cotesto di un’economia particolarmente orientata al turismo.
L’attività si esplica nei vari segmenti della produzione, della trasformazione e nel
confezionamento dei prodotti vitivinicoli, sia presso la sede aziendale che presso le oltre 150
aziende vitivinicole che ne utilizzano le tecnologie nel territorio regionale e nelle regioni
limitrofe.
I viticoltori soci della cooperativa - 80 le aziende rappresentate - condividono rigorosi
protocolli volontari di coltivazione e di raccolta delle uve, e la cooperativa opera in
ottemperanza alle norme per la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008 e la sicurezza
alimentare UNI EN ISO 22000:2005. La cooperativa applica inoltre i metodi di produzione
dell’agricoltura biologica secondo gli standard dell’Unione Europea e I.F.O.A.M. e N.O.P. del
Nord America. I terreni coltivati, certificati per l’agricoltura biologica, ad oggi sono oggi l’80%
del totale con l’obiettivo di giungere al più presto al 100%.
Fin dal 1987 la cooperativa è accreditata dall’Amministrazione Provinciale di Brescia e dalla
Regione Lombardia per l’attuazione di progetti di assistenza tecnica e organizza
periodicamente importanti convegni, seminari, visite guidate, incontri tecnici, produce
materiale come dispense, opuscoli e bollettini periodici per informare gli operatori del mondo
vitivinicolo sulle tematiche tecniche, normative ed economiche riguardanti il settore.
In trent’anni di esperienza Civielle ha accumulato un considerevole bagaglio di conoscenze che
si estendono anche ad una problematica di rilevante interesse collettivo come quella della
sicurezza sul lavoro.
Per questo, grazie anche al contributo dell’Unione Europea e della Direzione Generale
Agricoltura della Regione Lombardia, ha ritenuto utile riassumere in questa pubblicazione, il
complesso delle informazioni necessarie alle imprese vitivinicole per porre nel giusto rilievo il
tema della sicurezza alimentare nel settore vitivinicolo.
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INDICE
• INTRODUZIONE…………………………………………………………………………………………………………………………………..4
• I PRINCIPI DELL’AGRICOLTURA BIODINAMICA…………………………………………………..………………….5
• L'AUTOSUFFICIENZA DELL’AZIENDA AGRICOLA.……………………………………………………….………….8
• LA ROTAZIONE ……………………………………………………………….……………………………….…………………………..……12
• IL SOVESCIO….. ……………………………………………………………….……………………………….…………………………..……12
• I PREPARATI BIODINAMICI ……………………………………………………………….……….…………..………………..….13
• IL COMPOST ……………………………………………………………….…………………………………….…………….………………..….18
• IL CALENDARIO LUNARE ……………………………………………………………….……………….……………….………………19
• COLTIVAZIONE DELLA VITE DA VINO SECONDO IL METODO BIODINAMICO…………..20
• ITER PER LA CERTIFICAZIONE BIODINAMICA……………………………………………..….………………….…31
• STANDARDS PER LA VINIFICAZIONE DEMETER ………………………………………….…………………….…32
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INTRODUZIONE
Paradossalmente il quanto di sostanza presente in una vacca e nella terra che la sostiene è
pressoché lo stesso. Ciò nonostante ad ogni osservatore pare evidente la differenza tra i due
soggetti. Un problema della stessa natura sorgerebbe qualora si chiedesse a un chimico di
analizzare e comparare i valori di un piccolo quadro di Raffaello e di una grande crosta di
pessimo gusto. Ancora paradossalmente, il chimico che si cimentasse in una tale analisi,
dovrebbe dichiarare che i valori maggiori di colore sono presenti nel dipinto più grande. Simile
avventura accadrebbe al biologo che volesse analizzare,comparandone gli organi, due esseri
umani. Molto dovrebbe dire delle affinità di struttura tra i due soggetti e poco sulla loro
identità. Da ciò pare legittimo pensare che spesso la pratica tecnologica, che si esprime con
analisi quantitative e con soluzioni empiriche dagli apprezzabili risultati, non riesce ad andare
di pari passo con la scienza e la stessa conoscenza.
Sulla scorta di queste riflessioni un nucleo di ricercatori, agricoltori e allevatori diede vita,
nei primi anni Venti del Novecento, a un diverso approccio alla produzione agricola, applicando
la teoria elaborata alla fine del XIX secolo da Rudolf Steiner, scienziato ed epistemologo
austriaco, che formulò i principi su cui si fonda la biodinamica e fondò l'antroposofia, una
concezione dell'uomo e del mondo che aveva portato un rinnovamento fertile nel campo della
medicina, della pedagogia, dell'arte e della scienza in genere, acquistando numerosi adepti in
tutto il mondo occidentale.
L'agricoltura fu l'ultimo settore cui Steiner si dedicò prima di morire e lo fece su richiesta di
alcuni agricoltori che vedevano con preoccupazione i primi segni di degenerazione e debolezza
che accompagnavano l'applicazione dei moderni metodi di coltivazione e in particolar modo il
crescente uso di concime chimico.
A Koberwitz, nel 1924, Steiner tenne 8 lezioni per agricoltori dove il tema centrale era la
salute della terra e il mantenimento e l'accrescimento della fertilità per migliorare la qualità
degli alimenti destinati a nutrire l'uomo. Il corso era pieno di consigli partici, in parte molto
dettagliati e in parte appena accennati. Perciò si può dire che esso non presentava un metodo
pronto ma che le grandi linee erano state tracciate. Il punto più compiutamente trattato
riguardava la preparazione di un concime di massimo rendimento. Compostare e usare i
preparati erano due momenti fondamentali di questo processo.
Steiner gettò le basi per una concezione, diremmo oggi "olistica" dell'azienda agricola:
un’azienda in relazione con l'ambiente circostante, con la Terra intera e infine con il cosmo dei
pianeti e costellazioni. Nulla doveva essere lasciato solo a se stesso, ma tutto interconnesso in
una complessità di relazioni che travalicano gli aspetti puramente causali. In biodinamica si
parla dunque di agricoltura organica intendendo con questo l’attenzione verso tutti quei
sistemi compiuti di relazioni viventi che individuiamo nella nostra osservazione, non solo
materiale. Una pianta è un organismo vivente così come il sistema humus-terreno, il compost,
l'animale, l'azienda agricola, il pianeta, il sistema planetario.
L'agricoltura biodinamica non è quindi una metodica ma un metodo, un percorso che, anche
attraverso raffinate metodiche e tecniche, a misura dei singoli casi, porta l'agricoltore ad
essere creatore di un organismo aziendale denso di vita e diffusore di prodotti sani e di
vitalità.
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I PRINCIPI DELL’AGRICOLTURA BIODINAMICA
I processi, le pratiche, i preparati, che pure costituiscono parte caratterizzante del metodo
agricolo biodinamico, sono l'applicazione di un sistema di conoscenza scientifica, che è
indispensabile anche per la comprensione piena di tale metodo. Ciò detto è necessario
conoscere "filosoficamente" l'Agricoltura Biodinamica per praticarla? Molti agricoltori
biodinamici potrebbero dimostrarvi il contrario. Se infatti è vero che si può giungere alla
conoscenza attraverso il pensiero astratto, è anche vero che l'osservazione e l'esperienza ne
costituiscono un momento fondamentale. Molti agricoltori hanno semplicemente cominciato a
sperimentare ed osservare gli effetti di un metodo e via via hanno contribuito a mantenerlo
vivo col loro apporto conoscitivo. I risultati della pratica agricola mostrano la validità stessa
fondamenti di pensiero
L'Agricoltura Biodinamica è una metodologia agricola fondata su solide conoscenze
scientifiche, anziché su accidentali constatazioni tecnologiche. Ha elaborato perciò
procedimenti produttivi del tutto innovativi rispetto a qualsiasi pratica agricola, procedimenti
i cui risultati dimostrano la infondatezza di taluni assiomi della tecnica agricola convenzionale.
Infatti conoscenze tecnologiche che di volta in volta apparivano efficaci si sono dimostrate
nel tempo imprecise o del tutto infondate. Ricordiamo che la teoria nutrizionale ignorava in
questo stesso secolo l'esistenza delle vitamine o dei microelementi e, non molto prima,
l'apporto quantitativo di proteine necessario alla sussistenza umana veniva giudicato secondo
valori che oggi sono ritenuti pregiudizievoli alla salute. Le stesse conoscenze tecnologiche che
hanno sostenuto in questo secolo l'agricoltura convenzionale si sono rivelate, in rapporto ad
una conoscenza più ampia dei processi in atto, non esatte. Il grande apporto di concimi azotati
e di pesticidi hanno determinato un danno ambientale dai costi non previsti e ancora
difficilmente quantificabili. Lo stesso aumento progressivo delle rese quantitative delle
produzioni ha determinato un crollo dei prezzi e dunque un impoverimento dei produttori, in
luogo dell'iniziale emancipazione dalla miseria. La tecnologia dunque difetta a volte della
conoscenza più estesa, che una corretta visione scientifica può dare. Le leggi che governano i
processi naturali, come quelli economici e sociali, necessitano di essere conosciuti ben al di là
della prima immediata percezione tecnologica. Del resto lo stesso sapere tecnologico, mirabile
in tanti risultati e che stima se stesso evoluto quanto mai altra civiltà abbia saputo fare
prima, si trova a dover sostenere la difficile contraddizione della progressiva distruzione
delle risorse che sono sotto il suo dominio. Una visione scientifica imprecisa della terra, delle
piante, degli animali e dell'uomo va corretta progressivamente attraverso un ampliamento
delle conoscenze ed una libera ricerca scientifica. Per far ciò occorre una pratica
sperimentale emancipata dai gravami del pregiudizio, pratica che è stata intento costitutivo
della scienza moderna, ma anche rivedere il metodo dell'osservazione e pensare il pensiero. Le
ricerche condotte nell'ambito della biodinamica consentono sia di liberare l'attuale
produzione agricola da molti dei suoi limiti strutturali, sia di costituire un rimedio a molti dei
problemi economici ad essa connessi.
Nei processi vitali lavorano insieme molte forze diverse la cui origine non è esclusivamente
materiale. Per questa ragione tutti gli interventi agricoli devono essere rivolti ad attivare i
processi che stimolano e rendono vitali le connessioni naturali.
Il metodo agricolo biodinamico consiste fondamentalmente nell’instaurare relazioni nell’ambito
del vivente, quindi non può essere standardizzato nel modo in cui può esserlo un processo di
produzione di un articolo tecnico. Tramite la cura della fertilità del suolo, delle piante
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coltivate, della semente e degli animali domestici realizzata in armonia con le condizioni locali,
il lavoro dell’uomo può portare un’azienda agricola a diventare un organismo vivente. L’enorme
diversità della natura vivente fa sì che un intervento agricolo sia appropriato in un luogo
mentre possa essere addirittura controproducente in un altro. È anche molto importante la
scelta del momento giusto in cui effettuare degli interventi che influenzano i processi vitali,
in particolare per ciò che riguarda l’uso coscienzioso e regolare dei preparati ed il rispetto dei
ritmi cosmici nella coltivazione e nell’allevamento.
Il lavoro biodinamico richiede di collegarsi profondamente con l’essenza stessa del metodo
biodinamico, con i suoi principi e con i suoi scopi. Per realizzare ciò è necessario immergersi
nei processi naturali tramite l’osservazione, il pensiero e la percezione. Lo scopo è quello di
praticare l’agricoltura in modo che essa tragga la propria produttività e la propria salute dalla
configurazione complessiva dell’azienda agricola, la quale produce al proprio interno i mezzi di
produzione di cui necessita.
L’agricoltura è l’espressione dell’incontro tra uomo e natura, il quale influisce attivamente sui
processi naturali. L’impostazione dell’agricoltura è determinata dai bisogni delle persone che
vivono all’interno di una determinata cultura, i prodotti di questa agricoltura devono orientarsi
verso l’essere dell’uomo per potere veramente assolvere al proprio compito di diventare “cibo
per la vita”. L’allevamento dei bovini (e il letame che ne risulta) era ed è tuttora il presupposto
che rende possibile una coltivazione intensiva dei campi.
L’allevamento richiede la coltivazione di piante destinate all’alimentazione degli animali;
l’allevamento dei bovini in particolare richiede la produzione di foraggio grezzo ed è quindi un
fattore determinante per l’impostazione della rotazione colturale. La produzione vegetale è
determinata dalle esigenze alimentari di uomo e animale e richiede che il suolo sia trattato
con cura.
I tre principi della biodinamica sono:
1) mantenere la fertilità della terra;
2) rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti;
3) produrre alimenti di qualità più alta possibile.
Non bisogna quindi stupirsi che, nel secolo del materialismo e dello sfruttamento estremo
delle ricchezze naturali, la biodinamica non abbia potuto espandersi su larga scala. Al
contrario bisogna rallegrarsi che, malgrado tutto, essa venga seguita in molti paesi da decenni
e con successo.
La biodinamica parte dalla conoscenza globale del pianeta e del suo rapporto col cosmo; questa
conoscenza non si acquista da un giorno all'altro ma solo attraverso un'abitudine
all'osservazione della natura e delle sue leggi che dovrebbe entrare a fare parte già
dell'educazione scolastica. Oggi si sta lentamente acquistando una certa conoscenza ecologica
ma si è ancora lontani dal capire la vita in tutte le sue manifestazioni.
La biodinamica viene spesso descritta come un modo di coltivare senza concime chimico e
senza veleni. Questi sono però solo gli aspetti secondari di un metodo che prima di tutto è
caratterizzato da una cosciente utilizzazione delle forze naturali. Osservando la produzione
vegetativa in natura, tre appaiono le espressioni fondamentali di questa forza naturale.
1. La liberazione nella terra di materie nutritive necessarie alla pianta.
2. L'inspirazione dall'atmosfera alla terra per mezzo delle piante.
3. L'autoregolazione che esiste in tutti gli organismi viventi.
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Il principio di restituire alla terra quello che si prende non è idea fondamentale della
biodinamica ma della chimica. Il principio fondamentale della biodinamica è attivare la vita
nella terra in modo che le sostanze presenti nella terra in quantità enormemente superiore al
bisogno possono essere liberate e assimilate dalle piante nella misura necessaria. Questo
processo naturale si svolge grazie ai lombrichi, ai vermi ed ai microrganismi e ogni intervento
deve avere come scopo di proteggere e intensificare questa "microstalla". L'inspirazione di
sostanze dall'atmosfera è il secondo processo naturale. Solo in piccola parte (circa l'1%) le
piante costruiscono la loro massa vegetativa dalla terra. Per il resto utilizzano anidride
carbonica, acqua e azoto, che troviamo nel humus in grande quantità. Con la costante
distruzione e morte vegetativa l'azoto viene messo a disposizione per la vegetazione in
crescita.
La presenza di concime chimico frena e disturba questo processo naturale. Con un surplus di
azoto nel humus si rischia lo sviluppo di batteri che liberano l'azoto dalla terra in modo che
abbiamo una perdita di azoto invece di un'inspirazione.
Un altro processo naturale caratterizza tutti gli organismi viventi e i sistemi ecologici:
l'autoregolazione ovvero l'adattamento alle condizioni esterne; quello che di solito chiamiamo
l'equilibrio della natura. Lo incontriamo nel nostro corpo capace di guarire oppure di resistere
alle malattie. Lo incontriamo nei nostri muscoli che si rafforzano usandoli e nella nostra pelle
che si ispessisce dove viene consumata. Viceversa, questa caratteristica è del tutto assente
nel mondo inorganico dove il prolungato uso porta alla distruzione, non alla costruzione.
Nel nostro metabolismo il processo di autoregolazione viene influenzato e guidato da sostanze
presenti in quantità minima, per esempio vitamine, ormoni, enzimi e microelementi. Mangiando
determinati alimenti noi possiamo influenzare il nostro metabolismo e la nostra salute.
Anche nella terra noi troviamo questo processo di metabolizzazione di sostanze organiche e
possiamo aiutarlo e migliorarne l'efficacia attraverso accorgimenti specifici quali l'impiego
della rotazione, del cumulo e dei preparati biodinamici che altro non sono che strumenti per
rafforzare la capacità autoregolatrice della terra, delle piante e dell'azienda agricola nel suo
complesso.
I principi generali dell’agricoltura biodinamica sono:
· struttura dell'azienda agricola tendente al ciclo chiuso e al rispetto dell'equilibrio naturale;
· mantenimento della fertilità del suolo attraverso l'uso di ammendanti e concimi organici, la
rotazione delle colture, le semine per sovescio e alla copertura permanente del terreno;
· lavorazioni del terreno non invasive;
· rinuncia all'utilizzo di sostanze chimiche di sintesi;
· allevamento nel rispetto della natura delle specie e con un equilibrato rapporto tra capi e
superficie utile;
· scelta e miglioramento delle varietà da coltivare tra quelle rustiche e adattate
all'agricoltura biologica.
Gli strumenti operativi più importanti dell'agricoltore biodinamico sono:
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le rotazioni agricole;
i preparati biodinamici;
il compostaggio sia in cumuli con i preparati biodinamici o con trattamenti di superficie;
il calendario lunare e planetario per le semine e per le operazioni colturali;
le lavorazioni non distruttive del terreno;
la concimazione di qualità attraverso sovesci particolari e concimazione con compost.
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L'AUTOSUFFICIENZA DELL’AZIENDA AGRICOLA
Ogni azienda agricola è un'impresa biologica. Sulla terra nessun organismo vivente sopravvive
se non in simbiosi con altri esseri viventi. Così l'uomo e gli animali espirano l'anidride
carbonica necessaria alla vita vegetativa, mentre le piante producono l'ossigeno necessario
all'uomo e all'animale. Le piante hanno la capacità di assorbire sostanze inorganiche e
trasformarle in sostanza organica: fare pane dai sassi. L'uomo e l'animale fanno il contrario,
assorbono sostanze organiche, le distruggono e le mineralizzano. L'azienda biodinamica mira a
diventare un'unità biologica autosufficiente, dove si trovano in equilibrio terra, vegetazione,
animali, uomini. Bisognerebbe cercare di produrre tutto quello che serve per l'azienda
all'interno dell'azienda stessa anche grazie ad un numero proporzionato di animali.
All'interno dell'azienda dovrebbero circolare grandi quantità di sostanze animali, vegetali e
minerali. E come in un organismo vivente, i processi che si svolgono dovrebbero avere una
certa forza per mantenere la salute e la produttività. Si tratta quindi di lavorare attivamente
per stimolare questi processi e in primo luogo l'attività biologica nella terra e quindi la
fertilità. Le leguminose, il sovescio verde, il compost che agirà come un fermento nella terra,
il drenaggio e l'aratura per ottenere il giusto equilibrio fra aria e umidità nella terra, l'uso dei
preparati biodinamici, sono tutte parti di questo lavoro cosciente.
L'insieme dell'azienda in cura all'agricoltore deve svilupparsi orientando, grazie alla capacità
d'indirizzo dell'agricoltore, i processi ecologici aziendali verso un vero e proprio organismo di
relazioni che viene chiamato Organismo Agricolo. Nel tempo questo diviene sempre più
intimamente legato allo sviluppo delle capacità percettive ed al lavoro interiore
dell'agricoltore. Un legame di conoscenza spirituale e pratica che si misura dalla potenza
autoregolativa dell'organismo agricolo rispetto a tutti i macrofenomeni quali per esempio
quelli meteorologici e climatici.
L'Organismo Agricolo
Nelle strutture, nei fenomeni e nei processi del nostro pianeta vi sono profonde analogie con
la struttura ed i processi dell'essere umano. Per quel che riguarda l'agricoltura queste
analogie sono è di assoluto rilievo e utilità. L'essere umano può essere visto come tripartito
sia nella struttura che nei processi di ognuna di queste parti. Da qui è possibile iniziare una
serie di osservazioni della natura che divengono la strada per l'allestimento di strumenti
operativi importanti per chi con la natura deve lavorare.
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L'uomo
Osservando l'immagine dell'uomo vediamo che è
tripartita:
a) Testa. Sfera dura, ossea, in sé conchiusa, rigida, in
sé immobile. Sistema neurosensoriale centrale,
immobile, sostanza nervosa con scarsa capacità
rigenerativa, polo della quiete e dell'assunzione
dall'esterno, freddo. Potenza del pensiero e della
coscienza. Veglia.
b) Addome e membra. Struttura completamente aperta,
col bacino su cui appoggiano gli organi molli dell'addome.
Sistema del ricambio, processi del metabolismo forti e
sempre presenti, grande forza rigenerativa, calore. Polo dell'eliminazione. Sonno.
c) Torace. Struttura elastica, ossea, più aperta, in sé mobile. Sistema Ritmico, incontro gasliquido (aria-sangue). Polo mediano dove l'espellere e l'assumere è congiunto. Sogno.
Il suolo
Osservando quanto accade nel sottosuolo, alla superficie del suolo e sopra il suolo, possiamo
riscontrare una similitudine rovesciata con l'immagine dell'uomo:
a) Sottosuolo. Sotto la superficie del suolo tanto più si scende in profondità, tanto più tutto
diviene immobile e freddo; la roccia dura e quieta. È la testa dell'organismo agricolo.
b) Sopra il suolo. Sopra la superficie del suolo vi è un'intensa mobilità, dove domina il
metabolismo, l'ossidazione, il movimento. È l'apparato digerente dell'organismo agricolo.
c) Suolo. È quel sottile diaframma mediano tra atmosfera e sottosuolo, media tra i processi
convulsi dell'atmosfera e la quiete del sottosuolo. È il diaframma dell'organismo agricolo.
La pianta
Anche la pianta può essere vista nella sua tripartizione fisica che corrisponde a quella
dell'uomo rovesciato:
a) Radice. Vive nel buio, va verso il buio. È dura, massiccia, compatta. È la parte più
ferma. È sensibile (Cercano e "sentono" l'acqua, cercano l'humus, selezionano le sostanze). È
incolore e accumula sostanze di riserva. Ha forma contratta. Legata all’elemento “Terra”.
b) Fiore. È l'opposto della radice, vive nella luce, va verso la luce. È colorato e tenero. È pieno
di spazi d'aria, "brucia" subito, ha un metabolismo "calorico" e veloce, emana oli eterei. Tende
al calore per formare il frutto e ha forma espansa. Legata all’elemento “Aria”.
c) Foglia. Vive tra ombra e luce (un eccesso o una carenza di luce blocca la fotosintesi).
Respirazione e traspirazione, Fotosintesi (costruiscono gli zuccheri a partire dall' anidride
carbonica, acqua e luce del sole). Forma dal contratto all'espanso. Legata all’elemento “Acqua”.
d) Frutto/seme. Forma legata all’elemento “Calore” che porta maturazione e serbevolezza.
Terra e Acqua conformano e danno sostanza al Polo della vitalità, alle forze riproduttive che
la pianta sviluppa e trattiene per sé per proseguire di generazione in generazione. Aria e
Calore rappresentano invece il Polo del valore nutrizionale, cioè del valore alimentare che la
pianta ha per altri regni della natura. Tanto più la pianta si collega ad Aria e Calore, maggiore
sarà il suo valore come alimento. Con altre parole possiamo anche dire che al polo delle forze
riproduttive corrispondono processi di quantità, processi che creano nella pianta sostanzapeso. Invece alle forze del polo nutrizionale corrispondono i processi di Qualità.
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Il Fattore Terra. Il terreno ha una sua struttura fisica, chimica, biologica e una propria
identità. La struttura fisica è relativa a dati quali la composizione del suolo, la natura delle sue
argille, la dimensione delle particelle, la pietrosità, la porosità, la storia geologica, le vicende
colturali precedenti, ecc.. Grande importanza la biodinamica dà alle relazioni tra calcare silice
e argilla. La struttura chimica ha grande rilievo. Nel terreno vanno considerate le relazioni tra
sostanze e processi chimici. Non soltanto occorre accertarsi della presenza di elementi, ma
anche del loro stato, della loro disponibilità e dei processi in corso nell’alchimia tra elementi.
Si ricorda la grande importanza data all’intima relazione tra Carbonio, Ossigeno, Idrogeno,
Azoto e Zolfo. La struttura biologica va attentamente valorizzata. Il terreno è anche frutto
delle attività microbiche, vegetali e animali. La natura del humus è in forte relazione con il
comportamento della massa radicale, con le matrici delle lignine e con l’attività microbiologica
che porta alla loro depolimerizzazione in diverse forme di humus. La biodiversità e le attive
catene trofiche che la biodinamica può favorire nel terreno permettono la formazione di
composti di alta qualità e di una intensa vitalità dei suoli. Infine tutti i componenti
conferiscono una identità al suolo. Questo va considerato in relazione al paesaggio, alla
giacitura, alle manifestazioni della pianta in termini vegetativi e produttivi. Una lettura
attenta di questa identità permette di raggiungere i migliori risultati e di intraprendere il
cammino verso l’individualità aziendale.
Il Fattore Acqua. La disponibilità idrica ha relazione con gli aspetti climatici e pedologici. La
frequenza e le quantità delle precipitazioni vanno considerate insieme alla capacità drenante e
di ritenzione del terreno. L’azione dell’acqua prolunga la fase vegetativa esponendo la pianta
alle patologie. Il ristagno idrico nel terreno porta a una cattiva trasformazione delle lignine e
quindi a forme del humus di bassa qualità (sono favoriti gli acidi fulvici in luogo dell’umina). La
presenza della falda alta induce le radici a svilupparsi superficialmente e orizzontalmente,
indebolendo la vite e limitando l’espressione della pianta. La vite ha una spontanea tendenza a
crescere in profondità e lunghezza. La sua crescita è fortemente influenzata dal suolo e dalla
gravità, occorre quindi permetterle di affondare le radici in modo che esse occupino lo spazio
del sottosuolo. Una carenza idrica, d’altro canto, può portare anche a forti escursioni delle
condizioni biologiche della pianta, con picchi di attività e stasi disordinati rispetto al ciclo
vegetativo, insieme a un impoverimento radicale e allo spegnersi della vita del terreno.
Il Fattore Aria e Luce. Le condizioni climatiche e l’esposizione alla luce influenzano i
risultati dell’annata viticola. La qualità della luce di un luogo è correlata all’angolo di incidenza
dei raggi sulla superficie e alla disposizione sulle coordinate est ovest. L’esposizione alla luce
va considerata principalmente nelle sue varianti diurne, stagionali e di longitudine e latitudine.
Va considerata anche l’esposizione del vigneto rispetto alla rosa dei venti. A questi ultimi si
deve anche l’esposizione ai venti e dunque un’influenza sul microclima della pianta e
sull’erosione del suolo. In genere, inoltre, con carenze di aria nel terreno si manifestano i
sintomi dell’anaerobiosi fino all’asfissia radicale. L’aria e la luce sono componenti essenziali del
suolo agricolo.
Il Fattore Calore. Vanno considerate le condizioni climatiche in relazione alle temperature e
alle sue variazioni nell’annata. Un elemento da tenere presente è il calore restituito alla pianta
dal suolo. Questi hanno una relazione con gli aspetti fisici, per esempio con lo scheletro. I
processi di calore sono anche la manifestazione della vita del terreno e delle piante. La qualità
del calore influenza i risultati della maturazione e permette la grande variabilità dei risultati
combinandosi in modo complesso con i primi tre fattori.
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L'Animale
Da quanto descritto finora, si deduce l'importanza che hanno gli animali in un'azienda
biodinamica. Gli effetti della presenza degli animali quali i bovini in primo luogo, in un'azienda
sono enormemente benefici e cambiano gli equilibri di forze producendo un forte salto di
qualità dell'azienda. Basti pensare alla produzione di letame che consente di poter avere a
disposizione un prezioso ingrediente per una concimazione che produca humus. Abbiamo visto
che l'unico modo per contrastare la desertificazione in atto in tutto il pianeta è quello di
produrre humus nei terreni.
Con esso il terreno agrario diviene una "pelle" vera e propria del pianeta.
Un involucro vivente che riesce a rendere nel tempo il terreno capace di maggiore
indipendenza dalle condizioni atmosferiche, essendo un terreno umico capace di trattenere
acqua e di traspirare in una sorta di autoregolazione così come nella pelle degli animali. Ecco
quindi che il letame trattato con appositi preparati biodinamici che regolano direttamente le
forze che intervengono nel compostaggio e maturazione della sostanza organica, secondo
opportune tecniche e metodi, è lo strumento principe per l'aumento di humus nei terreni
agricoli. Naturalmente non tutte le aziende biodinamiche in Italia hanno bestiame, per diversi
motivi. Questo però non impedisce a queste aziende di potersi organizzare tra loro in una
sorta di "rete" insieme a quelle che hanno animali per ovviare in parte alla loro incompletezza.
Uno dei concetti fondamentali della biodinamica è, infatti, quello di azienda a "circolo chiuso"
cioè di organizzazione aziendale in cui minimo è l'apporto di materiali ed energia dall'esterno.
Un organismo aziendale completo riesce a ricavare dalla propria organizzazione quasi la
totalità dei mezzi di produzione (semi, concimi, sostanze per la difesa delle piante, etc.)
riducendo ai minimi termini quello che occorre dall'esterno (energia, mezzi meccanici, etc.).
Se il contesto socio economico oggi non consente ad un'azienda di poter essere pienamente a
circolo chiuso, si può ricorrere ad una collaborazione territoriale tra aziende che nel loro
insieme possano anche parzialmente ovviare alla loro singola carenza. Naturalmente anche
avere una concimazione di letame sparsa per i terreni da animali semibradi costituisce una
base di partenza, con opportune tecniche, per utilizzare la forza concimante del loro letame,
unitamente ai preparati biodinamici e ai sovesci. La concezione dell'animale nell'agricoltura
biodinamica impedisce che si adottino tecniche di allevamento contrario al benessere globale
di ogni animale. Ogni specie infatti esige di poter manifestare la propria specificità in un
contesto che gli consenta di esprimere le proprie qualità. Qualità è il filo conduttore che
interessa anche gli animali allevati per produrre carne, latte uova o esemplari giovani da
crescere. È importante comprendere che lo sviluppo delle malattie, ad esempio in un
ruminante, è strettamente legato al rapporto che ha col suolo nel quale crescono i vegetali da
cui si alimenta. Un terreno sano produce nel tempo individui sani. L'alimentazione zootecnica
deve riprendere a considerare principi legati non solo alla quantità delle sostanze, ma alla
qualità ed alla vitalità degli alimenti. La degenerazione di una specie ha una delle cause più
potenti nell'alimentazione, ovvero nelle forze apportate con gli alimenti e nella loro qualità. La
qualità della vita di un animale, in definitiva, è determinante per ottenere alimenti che si
confanno all'uomo.
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LA ROTAZIONE
Storicamente la rotazione è una pratica abbastanza recente in molte parti dell'Europa.
Soltanto 100 anni fa circa, quando si diffuse la coltivazione della patata e d'altri tuberi, si
poté frenare l'effetto deleterio delle monocolture e si cominciò a praticare la rotazione
seguendo uno schema: prato; tuberi - frumento, per esempio. Con lo sviluppo industriale e
l'uso dei concimi chimici il profitto economico divenne lo scopo ultimo dell'agricoltura e si
tornò di nuovo alla monocoltura. Le coltivazioni che si avvicendano negli appezzamenti variano
secondo la struttura del terreno, il clima e il numero delle persone e degli animali da nutrire,
essendo l'azienda a circolo chiuso un ideale a cui mira la biodinamica. Per ottenere la massima
armonia biologica sarebbe bene coltivare ortaggi con tuberi o radici e seminare vegetali che
possono dare i loro frutti nelle varie forme di semi, foglie e radici.
Lo schema della rotazione sull'appezzamento e tra gli appezzamenti in cui suddividiamo la
nostra superficie coltivabile tiene conto della parte della pianta che per noi è l'obbiettivo da
raggiungere e che osservando la pianta osserviamo quale fenomeno dominante si manifesta in
lei e quale organo noi dobbiamo maggiormente sviluppare rispetto ad altri. L'alternarsi di
queste piante segue indicativamente il seguente schema generale:
FRUTTO - FIORE - FOGLIA - RADICE - FRUTTO - FIORE - FOGLIA - RADICE.
Naturalmente è necessario nella rotazione cercare di seguire il più possibile questo schema
tenendo conto di quello qui sotto descritto, perché ciò consente di prevenire l'instaurarsi di
malattie, di mantenere la fertilità del terreno, e di rendere quindi più costanti le produzioni.
IL SOVESCIO
La fertilità dei suoli si ottiene soprattutto con le rotazioni di lunga durata, che prevedono
anche la presenza di prati per almeno due anni. Il prato può essere pascolato prestando
attenzione che non venga calpestato eccessivamente.
In caso di rotazioni i sovesci costituiscono la tecnica più adatta per migliorare la fertilità
perché promuovono la biodiversità. La scelta e la combinazione di molte varietà crea buoni
equilibri, normalmente perturbati dalla monocoltura o da rotazioni troppo corte e
semplificate, inoltre la rottura della monotonia colturale è un aiuto anche dal punto di vista
fitosanitario. Altri effetti positivi dei sovesci sono la protezione del suolo dall’erosione
invernale, la mobilizzazione degli elementi minerali del suolo e l’eliminazione della lisciviazione
dei nitrati solubili, a tutto vantaggio delle coltivazioni principali.
In viticoltura la semina di sovesci tra un estirpo e il successivo impianto è di grande aiuto per
la rivitalizzazione del suolo.
Far coabitare il maggior numero di erbe possibile è indispensabile per ottenere un netto
miglioramento della struttura del suolo e una umificazione eccellente della sostanza organica.
Si devono sempre mescolare specie appartenenti alla famiglia delle graminacee, delle
leguminose, delle crocifere e di altre ancora. Tanto più l’apparato radicale, la famiglia
botanica, le qualità terapeutiche sono varie, migliore sarà l’effetto per il suolo.
Nei vigneti la decomposizione mal gestita dei sovesci può creare delle situazioni di
concorrenza o asfissia. Quindi occorre prestare attenzione a quei suoli che non sono ancora
pronti a digerire importanti masse di sovescio, intensificando gli apporti di preparato 500.
I sovesci devono essere trinciati e interrati o lasciati in pacciamatura all’inizio della fioritura
quando la crescita radicale rallenta e comincia la produzione di maggiore lignina, meno
favorevole alla trasformazione della materia vegetale in humus.
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I PREPARATI BIODINAMICI
I preparati appartengono se così si può dire, alla parte dinamica della biodinamica. I preparati
incontrano spesso lo scetticismo e l'incredulità. Molte persone vedono in queste pratiche
qualcosa di magico o irrazionale perché manca loro il collegamento con processi e ritmi
elementari della vita. D'altra parte non è necessaria una completa comprensione delle forze
naturali che ci aiutano utilizzando i preparati. Basta provare a vedere il risultato, e infatti
migliaia di biodinamici in Europa se ne servono con successo. Del resto anche le ricerche
condotte sui prodotti biodinamici confermano la superiorità quantitativa e qualitativa dei
prodotti coltivati con l'impiego dei preparati.
Due preparati vengono spruzzati sui campi direttamente e sei vengono immessi nel cumulo. I
preparati attraversano prima un processo di dinamizzazione che somiglia a quella del compost.
Come abbiamo detto prima essi sono dei compost in miniatura. Quelli che vengono spruzzati
vanno riattivati mescolandone piccole quantità in grandi quantità d'acqua, con movimenti
circolari e per un determinato tempo.
L’agricoltura è tutta intrisa della continua e incessante opera dell’uomo per modificare i
rapporti tra le piante, gli animali, il territorio, il terreno coltivabile, in modo da raggiungere
degli scopi precisi: una produzione costante e abbondante, con qualità nutrizionali elevate di
alimenti. Il primo scopo in particolare è stato maggiormente tenuto in conto rispetto alle
qualità alimentari. Uno dei punti fondamentali su cui vi è stata una ricerca intensa è stata
quella della concimazione del terreno. Nel tempo l’evoluzione della concimazione ha portato a
trascurare la cura della sostanza organica nel terreno. Questa cura è sempre stata un
impegno faticoso degli agricoltori fino all’inizio del secolo scorso, perché vi era la
consapevolezza dell’importanza del humus per garantire la fertilità dei terreni e quindi la
sopravvivenza delle generazioni successive. Da esso, infatti, trae la sua fertilità ogni suolo
agricolo.
L’avvento della concimazione chimica ha sostituito il lavoro umano per il mantenimento del
humus nel suolo, con l’uso di sostanze chimiche che attraverso la soluzione circolante del suolo
rendessero immediatamente disponibili alla pianta gli elementi minerali necessari.
L’affermazione fondamentale dell’agricoltura chimica è quella per la quale un elemento chimico
non muta la sua natura né mantiene alcuna memoria dei processi che lo hanno afferrato e
immerso in una catena di reazioni e trasformazioni. L'idea era quindi fornire questo elemento
prodotto industrialmente direttamente alla pianta, risparmiamole uno "spreco" di energie per
trarre gli elementi che le servono dall’ humus del terreno. La concimazione chimica consente
inoltre di spingere i processi produttivi della pianta a limiti che da sola difficilmente
raggiungerebbe. La concimazione chimica in sostanza guarda e valorizza al massimo la sostanza
con una concezione unilaterale e limitata della stessa. L'agricoltura biodinamica invece ritiene
di dover lavorare con le forze che afferrano le sostanze e le organizzano, di dover quindi
tenere conto maggiormente dei processi e dell'aspetto più finemente qualitativo delle
sostanze. E lo fa anche attraverso i preparati biodinamici.
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I PREPARATI DA SPRUZZO
Il preparato 500 o cornoletame
E’ il preparato principale. È stato elaborato da Rudolf Steiner personalmente e stimola e
armonizza i processi di formazione del humus nel suolo. Gli elementi di partenza sono
costituiti da letame freschissimo senza alcuna lettiera o fibra esterna e da corna di vacca che
abbia figliato almeno una volta. Questi elementi vengono sottoposti a processi naturali lunghi
una stagione invernale. Verso la fine di settembre-fine ottobre il letame freschissimo viene
messo dentro le corna; queste vengono poi sotterrate in un luogo adatto. Intorno al periodo
pasquale vengono dissotterrate. Il letame posto internamente alle corna è completamente
trasformato in humus inodore, scuro, colloidale: l'esempio di humus allo stato puro. Tutto il
preparato derivante dalla raccolta delle corna a primavera viene conservato in contenitori
costruiti appositamente che consentano la traspirazione e che nello stesso tempo lo
proteggano dall'esterno. Una volta creato il giusto ambiente di conservazione possiamo
procedere quando occorre alla distribuzione del preparato sul suolo agricolo. La sua
distribuzione avviene dopo aver effettuato la fondamentale operazione di miscelazione e
dinamizzazione con acqua tiepida di sorgente, pozzo o piovana. Tale operazione ha una durata
di circa un'ora e può essere effettuata sia manualmente che tramite macchine speciali. Le
quantità di preparato usate per un ettaro di terra, non è molta: va da 80 grammi a 250, a
seconda della qualità del preparato. La distribuzione al suolo deve essere fatta con macchine
apposite o, se fatta manualmente, con la pompa a spalla. Il liquido contenente il "500" deve
cadere a goccia sul suolo. L'operazione di dinamizzazione e
distribuzione deve avvenire in concomitanza di lavorazioni
del terreno, concimazioni, trapianti, semine, piantagioni
etc., secondo modalità diverse a seconda dei casi.
Effettuare queste operazioni più volte l'anno e
regolarmente tutti gli anni, facendo particolare cura ad
ogni fase dalla produzione alla conservazione e
distribuzione, consente un miglioramento netto dei processi
di umificazione del terreno.
Preparato 501 o cornosilice
Il preparato 501 è il secondo preparato da spruzzo. Costituisce il secondo strumento
fondamentale dell'agricoltura biodinamica dopo il preparato 500. La Silice costituisce la
sostanza della crosta terrestre più abbondante: ne costituisce il 60%, mentre l'ossigeno si
attesta intorno al 45%. Le piante in generale sono piuttosto avide di silice. Il Quarzo bianco è
il minerale di silice più puro e quindi adatto per allestire un preparato che possa distribuire
sulle piante le qualità della silice. Attraverso questo preparato vengono concentrate e
potenziate le forze luminose proprie della silice. Tale concentrazione ha un effetto notevole
sulle piante sia erbacee che arboree: potremmo dire che le avvolge di luce e quindi stimola
tutto quello che la luce provoca nella fisiologia vegetale e quindi in modi diversi a seconda della
fase fenologica della pianta. Un errore nella scelta del momento della spruzzatura del
preparato sulle piante può provocare danni anche di una certa gravità. Viene usato per
migliorare tutto quello che ha a che fare con le qualità organolettiche e nutritive dei prodotti
agricoli. È importante per regolare l'eventuale scarsità di luce delle zone di pianura o male
esposte. Per contrastare gli eccessi delle forze di umidità che portano parassiti e
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decomposizione. Nella rigenerazione delle sementi rafforza il polo nutrizionale, quello della
qualità dei frutti e delle parti che interessano il consumo umano e animale. La qualità dei
foraggi diviene nettamente migliore.Le piante cresciute all'ombra e irrorate con preparato
501 si comportano come quelle cresciute in piena luce.
Il 501 si prepara frantumando, triturando e setacciando cristalli di quarzo bianco con mortaio
lastra di cristallo pesante e setaccio e in seguito la polvere finissima che se ne ottiene viene
inumidita a fare un pastone e inserite in corna di mucca e messe sotto terra, da Pasqua a fine
aprile fino all'autunno. Dopo aver dissotterrato le corna si preleva la polvere bianca della
silice e si conserva alla luce pronta ad ogni uso. Quando serve viene mescolata all'acqua a
temperatura ambiente dinamizzandola per circa un'ora e distribuita nebulizzandola finemente
sulle piante. Il momento in cui si distribuisce varia a seconda degli obiettivi che abbiamo.
Quando l'intenzione è quella di potenziare la crescita e la fruttificazione deve essere
spruzzato al mattino presto; verso l'epoca della maturazione, quando le piante stanno
appassendo e devono sviluppare ottime capacità di immagazzinamento, il periodo ideale è il
tardo pomeriggio. Da rilevare che le ultime ricerche universitarie in Francia rilevano un
effetto formativo e riordinativo molto forte nell'apparato fogliare di una pianta biodinamica
al punto che le sezioni microscopiche di una foglia biodinamica rilevano una disposizione
cellulare e tissutale "da manuale di botanica". Questo riteniamo sia dovuto al combinato
disposto dell'azione dei due preparati da spruzzo ma con un ruolo specificamente "ordinatore"
del 501 o corno silice. Il cornoletame deve avere una consistenza colloidale e leggermente
umida. Trattiene naturalmente l'umidità al suo interno e pressato tra le mani mantiene una sua
elasticità tendendo a riprendere il suo volume originario. Potremmo dire che è l'archetipo del
humus. Per le aziende professionali l'irroratore speciale per i preparati da spruzzo può essere
usato e attivato sul trattore. Dinamizzare a mano è possibile per le aziende di piccola
estensione, per i giardinieri, gli hobbysti. Può essere usato un contenitore di legno non
resinoso e di un bastone a capo del quale può essere strutturata una scopa naturale o quanto
serve per dare la giusta potenza al bastone centrale che verrà appeso in alto e sospeso a
pochi centimetri dal fondo del bidone. Il ritmo deve essere dato dall'osservazione del vortice
e dalla sua trasformazione lungo l'intero tempo di dinamizzazione. L'esperienza e
l'allenamento percettivo rende nel tempo il lavoro più preciso. La distribuzione dei preparati
da spruzzo nei campi avverrà in questo caso con la classica pompa a spalla . Noi abbiamo usato
negli istituti penitenziari il bidone col bastone e la pompa a spalla di rame con gli ugelli
appositamente regolati. Le condizioni di umidità del terreno devono consentire al preparato
che viene distribuito sopra di trasmettere le forze attivanti all'intero strato coltivabile. La
distribuzione viene fatta di pomeriggio-sera e con terreno umido o in tempera.
I PREPARATI DA CUMULO
Un'intera serie di 6 preparati è stata indicata da Rudolf Steiner quali strumenti fondamentali
per la gestione della sostanza organica da compostare e apportare al suolo. Questi preparati
hanno una funzione importante per la qualità dei processi di trasformazione della sostanza
organica grezza, in particolare del letame con lettiera, organizzata in cumuli orizzontali che
vanno allestiti con particolare cura e attenzione. I preparati da compost sono anche questi
formati dall'azione congiunta di organi animali specifici e di piante che all'interno di questi
organi trovano il luogo ideale per la loro trasformazione. Eccezione per il preparato a base di
ortica che viene interrata da sola e quello a base di Valeriana.
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Il preparato 502 di Achillea - ACHILLEA MILLEFOLIUM
È una pianta appartenente alla famiglia delle Asteracee-Composite ed è presente in tutt'Europa. Cresce in ogni
luogo purché vi sia sole. Non soffre né la siccità né il freddo. Teme però i ristagni idrici e l'eccesso di umidità.
Riesce a crescere bene sui terreni argillosi e poveri di potassio. Ha un apparato radicale diffuso e ha un effetto
benefico sulle piante e sull'ambiente circostante. È una pianta erbacea perenne. Le sommità fiorite si raccolgono
all'inizio dell'estate. I fiori si raccolgono a pieno sole quando la maggior parte dei fiorellini
dell'ombrella fiorita sia aperta. L'Achillea è ricca di zolfo e potassio ed ha una particolare
capacità di regolare i processi legati a queste due sostanze nel terreno e nel compost una
volta trasformata nel preparato 502. Lasciati leggermente appassire i fiori si mettono
dentro una vescica di cervo maschio fino a formare un sacchetto ben pieno che viene chiuso
con un legaccio e appeso in aria all'aperto in modo che sia inaccessibile a uccelli e roditori.
Il sacchetto rimane al sole e all'aria per tutta l'estate fino a metà ottobre e poi si
sotterrano in una buca a circa 30 cm di profondità. A primavera da Pasqua a fine aprile il
preparato viene dissotterrato e conservato in recipienti di cotto, vetro o rame dentro una
cassa imbottita di torba. Al dissotterramento avremo un materiale completamente
trasformato che avrà una consistenza scura e umica. Questo preparato viene messo poi
all'interno del cumulo o compost in piccole dosi e presiederà ai processi legati allo zolfo e al
potassio.
Preparato 503 di Camomilla - MATRICARIA CHAMOMILLA
Presente in tutta Europa la Matricaria Chamomilla o Chamomilla Recutita, costituisce uno dei componenti del
preparato biodinamico 503. Appartiene alla famiglia delle Asteracee - Composite. Dopo la germinazione del seme
forma una rosetta che attraversa tutto l'inverno per cominciare a fiorire all'inizio dell'estate. Fiorisce per tutto il
periodo estivo. La pianta ha un particolare legame col metabolismo del calcio e dello zolfo. Dopo la formazione dei
semi muore. Per l'allestimento del preparato 503 vengono raccolti i capolini la mattina
quando sbocciano con tempo soleggiato. I capolini vengono lasciati essiccare all'ombra in
modo che ne abbiamo una certa quantità. In autunno inumidiamo i fiori raccolti con
infuso di camomilla e li inseriamo nell'intestino medio fresco di bovino. Tale intestino
viene prelevato dalla macelleria in giornata e pulito e riempito a formare dei salsicciotti
di fiori di camomilla. Successivamente sempre in giornata viene sotterrato in una buca
di terra profonda intorno ai 30-40 cm. Il tutto attraversa l'inverno sotto terra e verso
l'inizio della primavera tra Pasqua e la fine di aprile viene dissotterrato e l'interno dei
salsicciotti, completamente trasformato, viene conservato in appositi contenitori posti
all'interno di una cassa imbottita di torba. Quando allestiamo il cumulo o compost
all'interno di esso metteremo una piccola dose di questo preparato che agirà nel
metabolismo del calcio trattenendo l'azoto che altrimenti verrebbe perso.
Il preparato 504 di Ortica - URTICA DIOICA
Appartiene alla famiglia delle Urticacee è presente in tutta Europa, prolifera su terreni abbandonati e ricchi di
sostanze azotate . La si trova laddove c'è un certo disordine (macerie, depositi di ferraglie) oppure dove c'è una
certa attività di decomposizione naturale di materiale organico. La sua presenza migliora i processi di formazione
del humus nel suolo e sottrae l'eccesso di azoto e ferro. È utilizzabile sulla pianta come
macerato di 24 ore per respingere gli afidi o macerato per alcuni giorni come concime pronto.
Nel tempo ha avuto usi più diversi da quello come fibra sostitutiva del cotone durante la
guerra in Germania fino all'uso per l'alimentazione del pollame e dei cavalli con effetto
vivificante generale. Contiene molto ferro e acido formico. È una pianta erbacea perenne.
Quando l'Ortica inizia a fiorire (verso giugno) viene sfalciata l'intera pianta e interrata in una
buca non troppo profonda. La raccolta è bene farla al mattino presto. Le piante tagliate
vengono lasciate ad appassire fino al pomeriggio e successivamente interrate in una buca
anch'essa intorno ai 30-40 cm a seconda del tipo di terreno. Dopo un anno viene prelevata
l'ortica trasformata in una massa scura di humus e conservata in appositi contenitori. Il
preparato così ottenuto ha la capacità di ordinare i processi del compost in particolare
riguardo quelli dell'azoto, del ferro e del potassio e del calcio. Ne verrà inserita nel compost
una piccola quantità assieme agli altri preparati.
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Il preparato 505 di Quercia - QUERCUS ROBUR
La specie di quercia che viene usata in questo preparato è la Quercus Robur o Farnia che appartiene alla famiglia
delle Fagacee. Non ama i ristagni idrici, cresce su terreni fertili. Ricca di calcio (77% della corteccia). Per i
preparati si usa la corteccia esterna dei rami giovani, che viene raccolta dalla fine primavera a settembre. Si
raccoglie da rami di alberi che abbiano almeno 30-40 cm di diametro del tronco,
ma si tratta di raccogliere solo la parte esterna (scorza) senza danneggiare
l'albero. Poi vengono sminuzzati i pezzi raccolti nella dimensione massima di un
chicco di grano. Verso la fine di settembre la polvere di corteccia viene messa in
un cranio di animale domestico (vacca, pecora, capra, etc..) e il tutto ben legato
viene messo dentro una pozza di acqua che scorra sempre ma lentamente. In
particolare sono adatte le piccole insenature dei ruscelli nella cui fanghiglia del
fondo si immerge il cranio. A primavera, da Pasqua a Fine aprile prendiamo il
cranio e ne preleviamo il preparato che sarà anch'esso trasformato e pronto per
essere conservato in appositi recipienti e usato per il compost assieme agli altri
preparati. Il ruolo di questo preparato è quello di contenere l'eccesso dei
processi metabolici del compost e quindi, attraverso la concimazione con
compost anche del terreno.
Il preparato 506 di Tarassaco - TARAXACUM OFFICINALIS
Il Taraxacum Officinalis, della famiglia delle Asteracee-Composite, si trova pressoché in tutto il mondo. Vegeta
nei prati incolti, nei fossi, e si adatta a una gran varietà di ambienti. Erbacea perenne molto vitale. Continua a
produrre foglie e fiori pressoché per tutto l'anno. A maggio, nelle nostre latitudini, ha il massimo della fioritura. La
sua capacità di instaurare un rapporto equilibrato al suo interno tra silice e potassio
risulta preziosa per correggere e coordinare i processi legati a questi elementi del
compost. I capolini che stanno sbocciando vengono prelevati all'inizio della primavera
prima che arrivino a fiorire completamente in una mattina di sole. Li lasciamo asciugare
e seccare in modo da poterne avere la quantità che ci serve. Li bagneremo poi in autunno
(da S.Michele fino alla fine di ottobre) con un infuso, oppure con il succo di tarassaco,
pianta intera. Poi li mettiamo nel mesentere di bovino (sacco che avvolge l'intestino del
bovino) e facciamo una sacco pieno di fiori di tarassaco. Se il clima ce lo permette
possiamo avere anche i fiori freschi e appena appassiti che metteremo subito nel
mesentere formandone delle palle singole piene di fiori. Subito dopo lo interriamo in una
buca simile a quella fatta per gli altri preparati. A primavera (da Pasqua a tutto maggio)
possiamo dissotterrare il preparato che sarà quindi pronto per essere conservato in
appositi contenitori e messo in piccole quantità nel compost.
Il preparato 507 di Valeriana - VALERIANA OFFICINALIS
La Valeriana Officinalis, della Famiglia delle Valerianacee, cresce in tutta Europa nei prati, ai
margini dei boschi, lungo i torrenti, in penombra su suolo umido e calcareo. Pianta erbacea
perenne. Stimola i processi del fosforo e quindi ha un effetto sui processi di produzione di
energia nel metabolismo vegetale. Si raccolgono i fiori appena sbocciati a partire da maggio e si
tritano e se ne fa una spremuta che può essere diluita con acqua e conservata in bottiglie.
Oppure si può far fermentare in bottiglia chiusa con tappi di gomma , mettendola in piedi e al
buio. L'aria non deve entrare ma i gas di fermentazione devono uscire. All'inizio non conviene
tappare sigillando perché la bottiglia potrebbe scoppiare.
Questo preparato viene spruzzato diluendolo con acqua tiepida o calda sul compost.
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IL COMPOST
La pratica del compost è vecchia quanto la cultura umana e nei tempi antichi era altamente
sviluppata in molte parti del mondo.
Rudolf Steiner ha studiato a fondo il carattere e l'essenza stessa del compost e ha anche
spiegato i processi che vi si svolgono. Dal punto di vista chimico e fisico il compost è una
mistura di terra, resti vegetali, acqua, calcio, ecc. ma dal punto di vista dinamico è un
concentrato di energia e impulsi vitali. Molta gente crede che il compost serva ad ottenere la
distruzione dei vegetali per facilitare il lavoro della terra. L'essenziale è invece fare del
compost il luogo in cui il processo di distruzione e costruzione che noi desideriamo nella terra
venga concentrato e stimolato fino a raggiungere un livello altissimo. Il compost guiderà e
stimolerà poi questo processo nella terra per farla più viva e produttiva.
Il compost sta fra humus della terra e un organismo vivente. Si può paragonarlo a una mucca
che sta digerendo. La materia che mettiamo sul compost equivale al foraggio per la mucca e il
prodotto finale è concime e nutrimento per altri organismi. Guardando il compost in questo
modo possiamo tracciare le direttive per il lavoro pratico:
- Il compost deve avere una certa massa, un corpo e una forma specifica. Non deve essere un
semplice mucchio di rifiuti. Ecco perché è anche importante tenere il cumulo sopra il livello
della terra.
- Per diventare terra viva ha bisogno di contatto con la terra nuda. Acqua e aria sono
necessarie per il compost come per tutti gli organismi e fondamentale è l'equilibrio fra questi
due elementi. Materiale troppo bagnato va mescolato con materiale secco. Materiale secco,
come foglie e paglia, va annaffiato.
- Il compost ha bisogno di una pelle; un sottile strato di terra; che impedisca l'evaporazione
lasciando respirare.
- Sopra questa pelle va messa una coperta di paglia, erba o foglie che possa proteggere il
compost dal freddo, dalla pioggia e dal sole per favorire lo sviluppo di una "vita interna".
- Possiamo verificare se siamo riusciti a dare vita al compost in base al calore che esso
sviluppa (circa 40°).
- In questo organismo s'introducono i preparati biodinamici che sono mini-compost di certe
erbe con funzioni specifiche per i processi di distruzione e costruzione e possono essere
paragonati agli organi interni di una mucca: cuore, fegato, reni, ghiandole.
- Va sottolineato che questo tipo di compost vegetale ha bisogno solo di una piccola quantità di
concime animale; chi ha grande quantità di concime animale ne farà quindi un compostaggio a
parte.
Il preparato Fladen (Maria Thun)
Il Fladen o Preparato da Fatta è stato elaborato dalla tedesca Maria Thun e ha la funzione di
distribuire gli effetti dei preparati da cumulo sui campi nel caso non sia possibile distribuire
nei campi il cumulo compostato coi preparati biodinamici da cumulo. Stimola l'attività del
suolo, i processi di trasformazione e di inserimento della sostanza nei processi vitali.
Il fladen si prepara con:
- Letame freschissimo senza lettiera, nel quantitativo base di 5 secchi da 10 litri
- Farina di basalto (dimensione di macinatura da 0,2 a 0,5 mm) per 500 gr.
- Gusci d'uovo (possibilmente biodinamici o almeno biologici) per 100 gr.
- Una serie di preparati da cumulo.
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IL CALENDARIO LUNARE
La biodinamica guarda alla terra come parte dell'universo e perciò soggetta alle leggi e alle
influenze cosmiche. Basta però riflettere un attimo su alcuni fenomeni noti a tutti per
renderci conto di questa dipendenza cosmica.
Sappiamo che senza il sole non è possibile la vita e grazie alla luce avviene uno dei processi più
meravigliosi della natura: la fotosintesi.
Il sole determina il giorno e la notte e le stagioni, cioè tutto il ritmo vitale della terra. La
scienza
studia
oggi
le
macchie
solari
e
la
loro
influenza
sul
clima.
La luna governa i liquidi: le maree e il ciclo mestruale ne sono solo due esempi. In Italia ci sono
ancora moltissimi contadini che seminano, potano e travasano seguendo i movimenti della luna.
Nel suo corso di agricoltura Steiner parla degli influssi dei vari pianeti sulla terra, ma nella
pratica si ricorre più semplicemente al Calendario delle semine. Esso è il risultato di 20 anni di
ricerche e di studi sull'influenza lunare per l'agricoltura, condotti da una studiosa tedesca,
Maria Thun.
Essa scoprì che la pianta sviluppa più o meno ognuna delle sue parti, (radice - foglia - fiore frutto) secondo la posizione della luna al momento della semina. Seguendo il passaggio della
luna attraverso lo zodiaco che fascia la sfera celeste, Maria Thun ha osservato che la pianta
sviluppa la parte radicale se la semina avviene quando la luna transita in certi segni, sviluppa
invece i fiori se transita in altri e così via.
Da sempre si dividono i segni zodiacali in quattro gruppi ognuno dei quali appartenenti a un
elemento:
Ariete - Leone - Sagittario appartengono al fuoco
Toro - Vergine - Capricorno appartengono alla terra
Gemelli - Bilancia - Acquario appartengono all'aria
Cancro - Scorpione - Pesci appartengono all'acqua.
Così anche le quattro parti della pianta si possono riferire agli elementi:
Frutto - Fuoco.
Radice – Terra
Fiore – Aria
Foglia – Acqua
Quando la luna transita nei segni di fuoco seminiamo piante di cui vogliamo un buon sviluppo
fruttifero.
Quando la luna transita nei segni d'acqua seminiamo piante di cui vogliamo usare le foglie.
Quando la luna transita nei segni di terra seminiamo piante di cui raccoglieremo radici e
tuberi.
Quando, infine, la luna transita nei segni d'aria semineremo piante di cui vogliamo i fiori.
Questi esperimenti, che Maria Thun iniziò negli anni cinquanta, sono stati ripresi da altri
studiosi e negli ultimi anni sono stati pubblicati lavori che confermano la tesi della Thun. E'
anche stato notato che il rispetto del calendario da buoni risultati solo se la terra è coltivata
biodinamicamente, cioè se essa presenta un'alta attività biologica. Gli esperimenti su terra
concimata chimicamente non hanno portato ad alcun risultato, nemmeno quando sono stati
fatti in ambiente climatico identico a quello della terra usata per le ricerche biodinamiche.
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COLTIVAZIONE DELLA VITE DA VINO SECONDO IL METODO BIODINAMICO
Il percorso per l’ottenimento di un vino biodinamico passa per la compiuta conoscenza del
metodo di coltivazione e per l’applicazione degli standard Demeter a partire dagli “Standards
Demeter di produzione”.
Accanto a tutte le indicazioni e le prescrizioni degli standard interviene comunque la
creatività e la professionalità del viticoltore biodinamico, che è chiamato a verificare
continuamente quanto prescritto e a portare alla migliore espressione le potenzialità della
propria azienda.
I risultati della produzione vitivinicola sono l’effetto tanto di una buona gestione del vigneto,
quanto della efficace trasformazione in cantina. I due aspetti vanno seguiti con grande
attenzione senza trascurare l’uno a scapito dell’altro.
È invalsa comunemente una certa pratica dell’agricoltura industriale che tende ad apportare,
durante il processo di trasformazione, alcune qualità ai vini, talvolta effimere, che non
esprimono nulla della natura delle uve di partenza. Ciò permette di arrivare a sapori e aromi
programmabili e standardizzabili, ma viene spesso ottenuto facendo ricorso a mezzi che
snaturano le uve e omologano i gusti. D’altro canto si è sviluppata una tendenza opposta che
invita a trascurare l’impegno in fase di vinificazione, facendo affidamento quasi del tutto, alla
qualità delle materie prime. Certamente il vino è una metamorfosi dell’uva dovuta alle
fermentazioni, tale che si manifesti con una nuova natura proprio la qualità intrinseca nel
frutto. Non per questo si dovrà mettere in secondo piano il processo di trasformazione, che
dovrà essere adeguato e coerente con il valore delle uve da agricoltura biodinamica.
Il vino va considerato l’espressione di un territorio, del clima, del terreno, delle forze
periferiche, delle attività biologiche e della pianta adattata al paesaggio. Mentre il terreno
conferisce ai vini la caratterizzazione, il clima influisce sulle vocazioni determinando le annate
enologiche. Ogni attività agricola comporta un impatto sull’ambiente. Questo può essere tale
da danneggiare il paesaggio o, viceversa, da plasmarlo secondo indirizzi coerenti e armonici col
genius loci. L’attenta conduzione del processo di impianto di un vigneto restituirà un prodotto
di valore. Un buon impianto biodinamico tende dunque a lavorare coerentemente con le
evidenze degli studi pedoclimatici, le emergenze storiche, le vocazioni manifeste, le evidenze
fenologiche ed epidemiologiche. Lavorare in una direzione contraria, permettendo persino di
produrre uve in zone non vocate, richiede un input ingente, tipico dell’agricoltura industriale.
Il grande impiego di energie può essere accantonato grazie all’azione dell’agricoltore in
armonia con la dinamica delle forze formative e con la valorizzazione del patrimonio biologico
del luogo. Questo approccio si deve alla conoscenza del metodo biodinamico.
Sugli aspetti dinamici si ricorda che agiscono costantemente sulla Terra forze plasmatrici che
sostengono la formazione dei viventi. L’agire combinato e complesso di esse porta a una
grande variabilità delle espressioni della forma della pianta di vite. I metodi analitici per
immagini (si vedano per questo le forme della cristallizzazione sensibile) possono dare un’idea
visibile del disporsi di queste forze che agiscono dalla periferia verso il centro in forma
tangente e in modo ipercomplesso.
Tali azioni si ritrovano nel paesaggio e nell’equilibrio generale dell’individualità agricola che può
essere osservata in modo vivente a condizione che le si permetta una base biologica attiva che
possa accoglierle. Senza sostanza organica umificata nei suoli non è possibile il ricongiungersi
della dinamica con la vitalità biologica, tanto che persino l’azione dei preparati risulta
fortemente compromessa.
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Accanto ai fattori dinamici provenienti dalla periferia cosmica sussistono dunque quelli
biologici propriamente terrestri. Sono quindi da considerare i quattro fattori Terra, Acqua,
Aria, Calore che agiscono in relazione con i quattro eteri di Vita, Suono, Luce e Calore.
L’articolazione originale di questi fattori tra loro e con le dinamiche che agiscono intorno
all’azienda, concorre all’armonia di un vino biodinamico. In buone condizioni potrà giungersi a
risvegliare l’organismo agricolo verso l’individualità, secondo la direzione data dal viticoltore.
Esaminiamo dunque i quattro fattori terrestri.
La pianta
La vite è una pianta dalle origini antichissime. Per una buona coltivazione va dunque tenuto
nella massima attenzione il carattere archetipico di Vitis vinifera. Per comprenderla nel
profondo occorre procedere per immagini rapportando la sua considerazione nei tempi antichi
in associazione con i caratteri di riferimento tipici della pianta. Proprio i processi più
metabolici e terrestri sono connessi con l’espressione della vite, che vive legata alle
profondità terrestri e chiede di potersi ricongiungere con esse nell’apparato radicale. Questo
legame straordinario che la vite ha con il terroir ha permesso il riconoscimento di una
connessione dei vitigni con gli areali di coltura, giustificando le denominazioni di origine
controllata, come dato oggettivo presente nel prodotto finale. Con l’agricoltura biodinamica la
pianta di vite viene anche educata al rapporto con le forze aeree e di calore. Punto di arrivo
che è possibile raggiungere dopo aver assicurato alla pianta la sua vita nell’elemento terrestre
e vitale del suolo e sostenendosi con i preparati biodinamici, specie col preparato 501.
Il legame terrestre si esprime in tutte le manifestazioni della pianta, anche in quelle aeree e
infine nel frutto. Il ricongiungersi con esse, attraverso il vino, permetteva agli esseri umani
dell’antichità di sperimentare un isolamento del devoto di Bacco dal gruppo etnico e un
rafforzarsi dell’individualizzazione personale. Il vino cambiò il modo stesso di pensare dei
greci. L’Occidente deve molto del suo stato attuale di coscienza ordinaria all’influenza che
allora il vino ebbe sull’Io individuale. Ancora oggi l’assunzione di alcol porta degli effetti sullo
stato di coscienza. Le culture sviluppate intorno alla vite sanno gestire e metabolizzare
l’assunzione di alcol, mentre altre, che non hanno sviluppato questa tradizione in tempi remoti,
come gli indiani d’America, ne sono state sopraffatte. Oggi il vino continua ad avere l’effetto
di far sentire l’essere umano solo con sé stesso (influenza che si esprime nella caduta delle
difese inibitorie negli stati di alterazione etilica), anche se ai nostri tempi questo effetto non
svolge più la funzione evolutiva rispetto alla coscienza, ma involutiva.
Di origine incerta, la vite è diffusa principalmente nelle zone temperate e ha un areale di
coltivazione immenso, anche se la casistica indica che, per la grande maggioranze, è coltivata
nei paesaggi europei.
Adattamento pedologico e zonazione
La coltivazione della vite a partire da tempi antichissimi ha portato a un lento adattamento ai
luoghi e a una interazione attiva tra suolo, paesaggio e pianta. Sono state plasmate piante
capaci di esprimersi in condizioni pedologiche e paesaggistiche molto differenti. La zonazione
della vite è parte dell’arte della viticoltura. Essa va affrontata attraverso una attenta
conoscenza dei luoghi. Innanzitutto va esaminata la variabilità dei profili pedologici dell’areale,
considerandone anche la storia geologica. In biodinamica un’attenta osservazione sulla natura
e stato del suolo e sui processi della sua formazione servono a una comprensione che supera la
comune analisi minerale e dei nutrienti. Nella valutazione si terranno presenti lo stato fisico,
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chimico e biologico dei suoli, riuscendo a distinguere tra natura intima e condizioni
temporanee. I prelievi potranno perciò essere effettuati di norma nella fase di stasi
vegetativa della pianta, ma, all’occorrenza, anche confrontati con quelli della fase vegetativa.
Occorre inoltre percepire la natura del paesaggio e la sua storia, l’interazione dell’uomo con
l’ambiente nel tempo. Infine bisogna considerare le emergenze storiche delle coltivazioni
autoctone rintracciabili in zona. Questo studio va messo in relazione con i vitigni e con i
portainnesti che potranno essere impiantati o che già insistono nelle aree di interesse
colturale e che si intende coltivare col metodo biodinamico. In genere si prediligono piante
meno vigorose ed esigenti. Le varianti dei vitigni realizzate nei secoli sono però tali da offrire
vitigni con caratteristiche estremamente diversificate in relazione ai suoli e ai paesaggi, tali
da offrire soluzioni e condizioni non standardizzabili.
Lotta alle virosi per il rimpianto di un vigneto
Dopo l’espianto del vigneto occorre cercare di vivificare al massimo il suolo affinché le radici
ancora presenti possano decomporsi.
I lombrichi giocano un ruolo molto importante poiché le loro secrezioni inibiscono lo sviluppo
dei nematodi, che sono fra i vettori delle virosi.
Dopo la vendemmia si devono estirpare e togliere dal terreno più radici possibili con attrezzi a
denti, come gli estirpatori. Spargere e interrare superficialmente il compost di buona qualità,
maturato almeno 6 mesi (5-10 t/ha a seconda delle necessità). In suoli carenti di calcio e
magnesio si distribuisce 250-800 kg/ha di litotamnio.
Appena possibile seminare il sovescio multiflora e applicare il preparato 500 lo stesso giorno
della semina. Scegliere giorni di radice e di Luna discendente può ottimizzare il lavoro ma si
ricorda che è più importante operare con buone condizioni agronomiche.
Sovesci
Per il sovescio autunnale seminare ogni ettaro: 6 cereali per un totale di 100 kg (in ordine
d’importanza: segale, avena, criticale, farro, frumento, e orzo), 50 kg di veccia, 50 kg di
pisello proteico, 30 kg di favino, 5 kg di senape e 2 kg di colza.
Il preparato 500 va applicato al suolo subito dopo aver seminato. Il preparato 501, va
distribuito in primavera, in giorni di foglia, a condizione che il terreno sia sufficientemente
umido. A fine aprile - inizio maggio si può partire con la trinciatura per mezzo di trincia a
martelli all’inizio della fioritura, in Luna discendente. Subito dopo aver effettuato
l’interramento della massa trinciata si passerà con un attrezzo a denti, come un coltivatore o
un erpice per preparare il terreno ad un’altra semina; la sera stessa distribuire sul terreno il
preparato 500. La risemina con una miscele di semi deve avvenire il prima possibile quando il
suolo è ancora ben umido. Si potranno aggiungere ai miscugli proposti altri semi di piante
terapeutiche, scelte in virtù dei principi di compensazione e di diversificazione necessaria allo
sviluppo del terroir.
Per il sovescio primaverile seminare ogni ettaro: 6 cereali per un totale di 100 kg (in ordine di
importanza: segale, avena, criticale, farro, frumento, orzo), 25 kg di vecce, 25 kg di pisello,
25 kg di favino, 1 kg di trifoglio bianco, 1 kg di trifoglio violetto, 2 kg di girasole, 3 kg di
senape, e 2 di colza. Il sovescio va trinciato verso fine giugno – inizio luglio, prima che la
senape maturi il seme. Il preparato 500 va sparso sul terreno appena la trinciatura è
avvenuta. A questo punto si può lasciare il suolo a riposo senza seminare. Se la produzione di
biomassa abbondante fare il fieno, realizzando degli insilati o dei compost vegetali poiché
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troppa trinciatura disturba il ricaccio delle erbe. Una nuova semina dopo la lavorazione
grossolana del suolo con un attrezzo a denti è l’ideale, se il clima è piovoso o se avete la
possibilità di irrigare. In questo caso si possono riseminare delle piante estive a ciclo corto
come la facezia, il grano saraceno, il trifoglio incarnato o l’alessandrino e altri miscugli più
complessi. L’orzo ha un’azione nematocida. E’ auspicabile continuare per svariati anni il
programma di sovesci continui, introducendo anche un raccolto di cereale come per esempio
l’avena che asporta il rame in eccesso.
La regola d’oro è far trascorrere 7 anni tra due impianti di vite successivi. Spesso le
situazioni economiche dell’azienda non permettono di realizzare dei sovesci così lunghi e in
questo caso l’intensificazione dell’uso dei preparati biodinamici favorirà lo sviluppo del suolo
nel migliore dei modi. L’ultimo anno di sovescio, precedente all’impianto, va trinciato
abbastanza presto, a fine autunno – inizio inverno, per garantire un buono stato del terreno al
momento dell’impianto della vite, senza che vi sia materia organica fresca.
Altre possibilità. Un altro modo di preparazione del terreno è la semina dell’erba medica o,
meglio ancora, di un prato con almeno 5 graminacee diverse: loietto inglese e italico, festuche,
fleoli, dactylis e cinque specie di leguminose (trifoglio bianco, nano, violetto, erba medica,
meliloto, veccia, lupinella).
Ciò permetterà di raccogliere fieno per diversi anni. Distribuire preparati 500 e 501, tranne
l’ultimo anno di rotazione in cui va seminato un sovescio di facezia, grano saraceno e altri.
Prima del nuovo impianto, in autunno-inverno va eseguita la rottura del prato, così facendo, si
otterrà un suolo ben strutturato anche in profondità.
Lavori di impianto
Evitare tutte le lavorazioni in profondità, in particolar modo l’aratura. Le lavorazioni a denti
sono le più efficaci: non rovinano la struttura del suolo e non distruggono la vita presente al
suo interno. L’impianto va installato a Luna discendente, in giorno di radici se possibile, ma
soprattutto sono da evitare i giorni sfavorevoli indicati nel calendario delle semine. Il
passaggio di preparato 500 sul terreno e una inzaffardatura delle radici delle piante con
misto di letame, argilla , basalto e 500 sono due operazioni estremamente importanti. Il
preparato 500 può essere applicato nuovamente qualche settimana dopo il trapianto,
soprattutto se le condizioni climatiche risultano secche e calde.
Materiale di propagazione
Le barbatelle o il materiale vegetale per i nuovi impianti devono provenire, preferibilmente, da
agricoltura biodinamica e certificate o, se non disponibile, da agricoltura biologica certificata.
Qualora si dimostrasse, con prove documentali, che non vi è disponibilità di piante provenienti
da agricoltura biodinamica certificata o da agricoltura biologica certificata, sono ammesse
per la realizzazione del nuovo impianto anche viti provenienti da coltivazione convenzionale
purché non trattata.
Scegliere sempre piante che non abbiano ricevuto ormoni, né per il portinnesto, né per i nesti,
né il barbatellaio. Evitare di acquistare piante in vaso troppo adulte, perché le radici hanno già
preso una direzione non verticale. Se non si può fare altrimenti, è meglio tagliare corte le
radici affinché possano ricominciare a scendere in profondità. Le piantine devono essere
trattate con il preparato corno silice dopo la ripresa vegetativa, quando ci sono 5-6 foglie
grandi. Per favorire il radicamento e lo sviluppo della futura vigna si sceglierà preferibilmente
un giorno di radici. In caso di problemi di siccità o di debolezza vegetativa sono raccomdante
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applicazioni fogliari di preparato 500. Si possono applicare anche tisane di ortica, di consolida,
di achillea o di camomilla.
Concimazione
Essa deve tendere soprattutto alla vivificazione del suolo. La vite adulta ha scarse esigenze e
queste sono connesse più che ai nutrienti chimici, allo stato del suolo nel suo complesso, ossia
alla possibilità delle radici di entrare in un’attiva relazione col terreno. Un buona fertilità
dipende innanzitutto dalla struttura del suolo che favorisce la vita in rapporto alla sua base
fisica, chimica, biologica e da come la pianta è stata adattata al luogo durante il suo sviluppo.
La fertilità verrà pertanto conseguita principalmente per mezzo delle lavorazioni complessive
e sarà sostenuta, in attenta relazione ai suoli e alle piante, dai preparati biodinamici da
spruzzo, dall’apporto di sostanza organica proveniente, preferibilmente, da sovesci multi
specie e con l’uso all’occorrenza di letame prodotto da animali domestici, soprattutto dai
bovini, ben compostato e inoculato con i preparati biodinamici da cumulo.
L’azienda produttrice di uve deve tendere a realizzare al suo interno l’autosufficienza di tutto
il concime necessario, tuttavia in molti casi questo non è possibile per la specializzazione
aziendale alla sola coltivazione viticola, pertanto è consentito acquistare dall’esterno concimi,
derivanti anch’essi da allevamenti Biodinamici o Biologici Certificati.
La vite per sua natura non richiede particolari apporti di nutrienti anzi, suoli tendenti alla
vigoria finiscono per favorire l’insorgere di squilibri e patologie. Nella concimazione della vite
appare chiaro quanto sia distante dalla vita vegetale il processo del “dare - avere” , mutuato
dalla vita economica contemporanea. In terreni tendenti all’accumulo delle sostanze
osserviamo crescita rigogliosa delle infestanti, maturazioni ritardate o incomplete delle uve e
in uno stesso grappolo, maggiori problemi sanitari in presenza di piante più vigorose. Queste
ultime raramente danno buoni vini. In luogo della concimazione chimica di azoto, fosforo,
potassio, occorrerebbe considerare come sono attivi in azienda i processi principalmente di
carbonio, ossigeno e idrogeno. Elementi come l’azoto e lo zolfo vanno considerati nella loro
relazione combinata con questi tre nella formazione del humus. La nutrizione della pianta in
termini di NPK rispecchia una filosofia di azioni dirette che vanno dalla causa all’effetto,
tipiche della scienza contemporanea. Questa cerca di ottenere risultati immediati sui sintomi.
In particolare sappiamo che azoto, fosforo e potassio possono realmente agire ciascuno
singolarmente su di una delle tre parti in cui è articolata la pianta: la parte aerea fogliare, le
radici e il fiore-frutto. Usando in modo mirato uno dei tre elementi si ha un’azione di stimolo
su una delle tre parti. In realtà questo finisce spesso per squilibrare la pianta, che per sua
vocazione si nutre dal suolo vivente che si esprime nei composti argillo-umici e non da sostanze
mineralizzate per via sintetica.
Ad ogni modo, considerando l’uso invalso nelle aziende di aggiungere sostanza organica, si
fornisce una indicazione limite sugli apporti di azoto. La quantità totale di azoto organico
apportato con la concimazione non può superare in media, la quantità che verrebbe asportata
dalla pianta. Non si devono superare i 112 kg/ha/anno di azoto.
Nel nutrirsi dal suolo la pianta entra in relazione col mondo ipercomplesso della vita terrestre
e assume sostanze in equilibrio con i propri bisogni. Per questo in biodinamica non si concima la
pianta con elementi di sintesi, ma si arricchisce il terreno di vitalità e struttura. Concimare è
soprattutto vivificare la Terra, un atto di fiducia nelle forze che sostentano il pianeta e che
sapranno restituire alla pianta molto più di quello che l’uomo ha immesso sul suolo.
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La triarticolazione della pianta è comunque una realtà da tenere presente. La parte aerea
della vite ha una relazione con i processi ritmici e con l’elaborazione delle sostanze e degli
elementi. La proporzione quantitativa di fusto e foglie incide sulla qualità finale della
produzione. I frutto è innanzitutto fortemente determinato dalle condizioni del suolo. La
maturazione armonica dipende in parte rilevante dalle condizioni pedologiche e dall’ambiente
ipercomplesso del terreno, preferendo la vite terreni poveri, sciolti e privi di ristagni idrici. A
partire da ciò lo sviluppo e la maturazione del frutto sono poi influenzati dalle condizioni
idriche, da quelle della luce e dalle condizioni e dai tempi in cui si manifesta il calore. In modo
peculiare la vite ha una espressione rilevante nelle radici, che in questa pianta tenderebbero a
occupare lo spazio del sottosuolo ampiamente e in profondità. La radice è la parte della pianta
dove si esprime maggiormente la sensibilità. Steiner l’ha paragonata al sistema nervoso
centrale umano. La pianta però ha solo reazioni agli stimoli esterni e non una sensibilità vera e
propria. Proprio questo sensorio della vite va assecondato nel terreno, grazie all’aiuto
dell’uomo. Si devono tenere presenti 12 sensi della coltivazione della vite che in buona parte
risiedono nelle radici e che potranno svilupparsi in una azienda individualizzata. Senso del
tatto, che la pianta può esprimere in relazione alla profondità e ampiezza di radicazione,
grazie al sesto d’impianto, alle cure colturali e alla qualità del terreno. Senso della vita che la
pianta esprime autoregolandosi nei suoi bisogni nutrizionali e in maggiore o minore vigoria,
grazie alle condizioni del terreno e al suo scheletro superficiale. Senso del movimento che
tiene connessi la crescita radicale, più o meno ramificata nel suolo e la posizione delle foglie e
dei tralci rispetto all’angolo dell’obliquità dell’eclittica. Senso dell’equilibrio che appare nello
sviluppo verticale delle radici in relazione alla struttura del terreno e ai suoi spazi. Senso
dell’olfatto, che nella pianta si esprime nella relazione tra radici e attività chimiche e
biologiche del suolo. Senso del gusto che si manifesta soprattutto nel rapporto della pianta e
del terreno con il frutto. Senso della vista, che si esprime nel colore del suolo nelle sue
relazioni con il complesso argillo-umico e con l’attitudine al riscaldamento.
Senso del calore, in relazione alla presenza di scheletro superficiale e alla pendenza dei suoli
e all’angolo di incidenza dei raggi solari. I quattro sensi che seguono appartengono alla vite
solo nella misura in cui sia l’uomo a guidare la relazione. Senso dell’udito ha a che fare col
ritmo del suono e del chimismo, ossia a come si combinano le sostanze nelle loro intime
relazioni e come queste sono favorite dall’attività fertilizzante adottata dall’uomo. Senso del
linguaggio che si esprime nell’appellazione o denominazione data ai vitigni. Senso del pensiero
che si esprime nella pianificazione e gestione dell’impianto. Senso dell’Io con cui l’agricoltore
dirige l’azienda verso l’individualità.
Vanno inoltre tenute presenti sette funzioni vitali della vite che qui ricordiamo brevemente:
qualità della respirazione, capacità di metabolizzare il calore, modalità di crescita, capacità di
secernere sostanze, tanto negli essudati radicali, tanto nell’atmosfera, funzione della auto
guarigione e del mantenimento in salute ed efficienza, capacità di nutrizione autonoma,
tendenza alla riproduzione della pianta. Per brevità accenneremo solo alla funzione vitale
centrale, quella della secrezione, perché ha una relazione fondamentale con la possibilità della
pianta di esistere in una individualità agricola. Sappiamo che la pianta non ha un’individualità in
sé stessa e non ha pensiero, tuttavia in una condizione di gestione biodinamica, tendente
all’individualità agricola, le condizioni del suolo e la relazione con gli equilibri complessivi,
permettono alla pianta di vivere in un mondo di relazione cooperativa con le altre viti e con la
struttura ipercomplessa del suolo. In queste condizioni gli essudati radicali influenzano
fortemente la dotazione geochimica del suolo (p. es. chelazione), aumentando l’assimilabilità
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delle sostanze. Attraverso una buona attività escretoria sia radicale che fogliare la pianta
crea dunque un ambiente sotterraneo favorevole alla vita, adotta un comportamento evolutivo
non selettivo, sostiene la biodiversità nell’ambiente atmosferico, entra in relazione con la vita
circostante. Favorendo la cooperazione in luogo della competizione e della
selezione la pianta di vite può convivere con altre essenze vegetali e con la vita animale e
microbica. Se la pianta vive in un terreno vitale e attivato grazie all’uso dei preparati, è in
grado di regolare la propria nutrizione e secernere liberamente. Al contrario la costipazione
originata da una nutrizione minerale di sintesi e da errate lavorazioni del terreno, porta la
pianta a trattenere le sostanze più ponderali, specie nelle sue foglie e perdere la capacità di
secrezione. Se si verifica la condizione di buona secrezione la pianta è nelle condizioni di
distinguere tra sostanze che le appartengono e che vanno conservate all’interno, rispetto a
sostanze che deve portare fuori da sé per liberarsene. Questa azione continua di emissione
delle sostanze ormai estranee e il trattenimento di quelle riconosciute come costitutive, vitali,
o funzionali per sé, è condizione per la pianta per esprimere una sua autonomia nel processo
generale di tensione all’individualità agricola dell’azienda.
Qui di seguito si riportato i concimi e ammendanti di cui è consentito l’uso, i quali, prima
dell’uso in campo, devono essere, nella maggior parte dei casi, compostati con i preparati
biodinamici da cumulo.
Concimi prodotti in aziende biodinamiche o biologiche certificate
-
composto
stallatico, liquame (anche conseguente alla produzione di biogas)
colaticcio
scarti organici (residui colturali, etc.)
Concimi organici reperibili in commercio
- letami, se possibile inoculati con i preparati biodinamici da cumulo nel luogo di origine (non è
consentito l’uso del liquame e/o colaticcio preveniente da aziende convenzionali)
- paglia e altre sostanze di origine vegetale
- prodotti secondari della trasformazione (concimi di pura sostanza cornea, scarti di peli e
penne, residui ittici e prodotti analoghi) solo come aggiunta ai concimi prodotti in azienda
- prodotti a base di alghe
- vinacce, farina di ricino
Concimi complementari reperibili in commercio
- farina di roccia la cui composizione deve essere nota
- farine di argilla, come per esempio la bentonite
- ammendanti calcarei a lento effetto (dolomite,carbonato di calcio, calcare conchilifero,
alghe marine calcaree, calce metallurgica) . Sostanze calcaree a rapido effetto come la calce
viva solo per la disinfezione.
Solo se necessario in base alle analisi del suolo
- fosfati naturali a basso tenore di metalli pesanti (fosforiti)
- scorie Thomas
- Sali di potassio greggio , solfato di magnesio potassico e solfato di potassio (con contenuto
in cloro non superiore al 3%) solo provenienti da Sali potassici naturali.
- Oligoelementi
Altri
- estratti di alghe idrosolubili
- estratti e preparati vegetali
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- attivatori di composto di origine microbica e vegetale.
Preparati biodinamici
I preparati biodinamici dovranno essere allestiti preferibilmente all’interno dell’azienda o in
collaborazione con altre aziende biodinamiche del territorio. È importante che il preparato sia
allestito in modo professionale e conservato in modo da serbarne le qualità. Nell’allestire e
nell’usare i preparati biodinamici si deve tener conto delle esperienze e conoscenze acquisite
finora tramite osservazione e sperimentazione, ma anche sviluppare una propria sensibilità ed
esperienza nell’applicazione. Un pieno effetto delle azioni dei preparati biodinamici si può
ottenere se essi, nella loro interezza, vengono usati ogni anno con irrorazioni ripetute e
secondo lo le indicazione che seguono.
Il preparato biodinamico da spruzzo 500 [cosiddetto cornoletame]
Usarlo sul terreno almeno una volta nel ciclo vegetativo, almeno nella misura di 300 grammi
all’anno per ettaro, tuttavia per ottenere un buon effetto qualitativo sul miglioramento e
conservazione della vitalità del terreno si suggerisce di usarlo più volte in autunno e in
primavera. Si raccomanda una grande cura nella conservazione e nella distribuzione. Si
raccomanda di conservare il 500 in contenitori che lo proteggano da escursioni di temperatura
e di umidità. Un recipiente che non disperda l’umidità, non sigillato e protetto da una cassa
imbottita di torba è l’usuale strumento di conservazione. Il preparato va sciolto in acqua e
gradualmente portato alla temperatura di 36 gradi circa, aggiungendo via acqua calda. Va
dinamizzato in acqua tiepida per un’ora precisa. L’acqua è bene sia di buona qualità nella
quantità di circa 40 litri per ettaro. Si consiglia di usare circa 200 grammi di preparato. Dopo
la dinamizzazione il prodotto va distribuito sul terreno in gocce e ciò va fatto il prima
possibile, cercando di non superare i 90 minuti. Il momento migliore per la distribuzione è
sempre la sera, da fine marzo fino all’inizio di maggio, quando la vite sta per germogliare.
Il preparato biodinamico da spruzzo 501 [cosiddetto cornosilice]
Usarlo sulla pianta almeno una volta nel ciclo vegetativo annuale, tuttavia per ottenere un buon
effetto qualitativo sulla pianta che induca maggiore resistenza ai patogeni e migliorare la
qualità delle uve si suggerisce usarlo con regolarità. L’agricoltore Demeter dovrà fare
attenzione a comprendere quando la pianta è pronta a ricevere il preparato. Per una migliore
azione dovrà essersi sviluppato una buona base di fertilità e struttura del terreno e si dovrà
combinare sinergicamente l’azione del 501 con quella del 500. Si consiglia di irrorare il
preparato 501 innanzitutto a partire dalla ripresa vegetativa e al formarsi delle prime foglie.
Questa azione porta a una connessione tra le forze di luce che agiscono sulla parte aerea e il
lavoro intenso delle radici. Il preparato 501, passa un intero anno nei corni del suo
allestimento. Nei sei mesi della stagione fredda in terra e nei sei mesi successivi della
stagione calda fuori dal suolo. Si raccomanda una grande cura nella conservazione e nella
distribuzione. Il 501 si conserva in recipienti di vetro esposti costantemente alla luce del sole.
Il preparato va sciolto in acqua e gradualmente portato alla temperatura di 36 gradi circa,
aggiungendo via via acqua calda. Va dinamizzato in acqua tiepida si effettua per un’ora precisa.
L’acqua è bene sia di buona qualità nella quantità di circa 40 litri per ettaro. Si consiglia di
usare circa 2 grammi di preparato per ettaro. Dopo la dinamizzazione il prodotto va
distribuito sulla parte aerea della pianta, in forma sottilmente nebulizzata il prima possibile,
cercando di non superare i 90 minuti dal termine della dinamizzazione.
Il 501 va applicato al mattino prima della fioritura, da quando la vite presenta 5 foglie
sviluppate, quando il ritmo di crescita della pianta è al massimo.
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I preparati biodinamici da cumulo
Tutti i concimi organici usati nella concimazione preventivamente all’uso, devono essere
inoculati con i preparati da cumulo. Essi sono: 502 (da fiori di achillea milefolium); 503 (da
fiori di Matricaria Camomilla); 504 (da parte epigea di Urtica dioica); 505 (da corteccia di
Quercus robur); 506 (da fiori di Taraxacum officinalis); 507 (da succo di fiori di Valeriana
officinalis). Nel caso si eseguisse solo la pratica del sovescio in sostituzione della pratica di
apporto di compost, i preparati da cumulo vanno usati ugualmente spruzzando il terreno con il
cosiddetto preparato biodinamico da spruzzo 500P contenente i preparati biodinamici da
cumulo, oppure usando il Fladen che li contiene. Si ribadisce che tutti i preparati biodinamici,
sia da spruzzo sia da cumulo, vanno usati almeno una volta ad ogni ciclo vegetativo, ma che
l’uso frequente porta ai migliori risultati.
Inerbimento e lavorazioni del terreno
In agricoltura biodinamica si tende sempre a mantenere un minimo inerbimento diversificato,
preferibilmente spontaneo oppure seminato apportando al terreno le essenze locali scelte in
modo opportuno sulla base di eventuali carenze o probletiche fitosanitarie riscontrate nel
vigneto.
In estate, in autunno o in inverno, in funzione del clima, del terreno e delle varietà, si
effettueranno delle lavorazioni superficiali del suolo, in accordo, quando possibile, con i ritmi
del cielo.
La lavorazione totale, a fine autunno, impedisce lo sviluppo corretto nel periodo invernale.
E’ preferibile lavorare superficialmente a fine inverno-inizio primavera, interrompendo così la
crescita delle erbe che possono fare concorrenza alla vite.
La lavorazione del suolo va effettuata quando il terreno è ben asciutto e quando si ha la
certezza che le piante estirpate possano facilmente essiccarsi. Effettuare le lavorazioni in
primavera permette di regolare ed eventualmente di diminuire il vigore vegetativo: questo
infatti arresta la crescita delle piante a partire dalla fine di giugno. Le lavorazioni lungo i
filari durante il periodo primaverile e l’inizio dell’estate sono quasi sempre indispensabili.
L’inerbimento sotto le piante è possibile ma è da falciare manualmente o con attrezzi sicuri
che evitino danni al ceppo della vite.
In viticoltura biodinamica è frequente il ricorso al sovescio a file alterne. Il filare oggetto del
sovescio viene seminato o lasciato sviluppare spontaneamente per tutta la stagione e non viene
mai calpestato con macchine né per trattamenti né per lavorazioni. Solo l’altro interfilare
viene calpestato, in modo che ogni due anni ogni interfila possa trascorrere un anno di riposo
per consentire alla pedofauna ed al humus di rigenerarsi.
Difesa
Le più rilevanti patologie della vite si sono manifestate a partire dal XIX secolo,
contemporaneamente alla diffusione delle lavorazioni profonde e dei primi apporti sistematici
di sostanze minerali al suolo. Come è noto patologie come la fillossera arrivarono persino a
mettere in crisi la stessa sopravvivenza della vite coltivata. La vite per la sua speciale
connessione con il suolo ha subito più di altre colture gli effetti dei cambiamenti agronomici
degli ultimi due secoli.
L’impoverimento della vitalità del suolo e delle forze che contribuiscono al mantenimento della
struttura si manifestano in essa con particolare intensità. Si tratta di risposte a condizioni
ambientali, poiché la pianta è parte del paesaggio stesso. I vegetali infatti, per la propria
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natura, non sviluppano in senso proprio patologie, ma reagiscono legandosi alle sorti
dell’ambiente. Quanto si manifesta come patologia va ascritto più generalmente ad uno stato
patologico del contesto in cui la pianta vive. Pertanto si farà attenzione innanzitutto a portare
equilibrio e salute all’organismo agricolo e a sostenere il suo sviluppo verso l’individualità.
È buona norma dunque di prevenire le avversità sostenendo la pianta e i luoghi in cui vive.
Questo principio è alla base di ogni attività di cura e profilassi aziendale delle aziende
organiche, che deve anticipare i trattamenti. In questa chiave è dunque da tenere presente
che l’agente eziologico indicato è solo uno dei fattori, spesso non determinante, dell’insorgere
dello squilibrio e della patologia.
La difesa della vite deve tener presente che l’uso di mezzi tecnici, di seguito indicati, può
danneggiare le popolazioni di insetti utili. Pertanto è buona norma che l’agricoltore , prima di
usare i mezzi tecnici ,metta in atto ogni misura preventiva atta a limitare la diffusione dei
patogeni, attraverso per esempio: l’inerbimento, appropriate potature, tipo di allevamento,
prevenzione sull’azione degli insetti, etc..
Provvedimenti biologici e biotecnici
- favorire ed introdurre i nemici naturali degli agenti patogeni e dei parassiti della vite
- insetti maschiosterili
- trappole per insetti (tavole cromotropiche, trappole adesive, trappole con sostanze
attrattive)
- feromoni (attrattivi sessuali; attrattivo in trappole e dispenser)
- mezzi meccanici di difesa (trappole meccaniche, barriere, etc.)
- sostanze repellenti non chimiche
Adesivanti, fisiofarmaci
- preparati che stimolano la capacità di resistenza della pianta e inibiscono determinati
parassiti e malattie: preparati vegetali (macerati, decotti, infusi,oli essenziali, etc.)
- propoli, latte e latticini
- silicato di sodio e silicato di potassio
Prodotti antimicotici
- zolfo bagnabile e silicato di sodio
- in caso di necessità, rame fino a 3 kg/ha/anno calcolati nella media di un periodo di tempo di
5 anni e usando ,preferibilmente, al massimo 500g per ogni trattamento
Prodotti contro parassiti animali
-
preparati a base di virus, funghi e batteri
estratti e polveri a base di piretro (sono vietati i piretroidi di sintesi)
emulsioni oleose (non contenenti insetticidi chimici) a base di olii vegetali o olii minerali
sapone di Marsiglia
decotto di Quassia Amara
Peronospora
Il disciplinare Demeter limita il quantitativo di rame a 15 kg di rame metallo nell’arco di 5 anni
con una media di 3 kg di rame all’anno e un massimo di 500 g ogni trattamento. Il programma
di riduzione del rame prevede l’utilizzo del decotto di equiseto in primavera, aggiunto ad ogni
trattamento con rame. E’ meglio iniziare abbastanza precocemente con piccole quantità di
rame piuttosto che attendere che le piante si ammalino. I trattamenti vanno ripetuti dopo
piogge superiori a 20 mm e non vanno lasciate più di 3-4 foglie giovani scoperte dal
trattamento.
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Oidio
In caso di problemi nella trasformazione dell’uva in cantina o di eccessiva acidificazione di
suoli, può essere necessario ridurre le dosi di zolfo usate nella lotta contro l’oidio, sostituendo
con il latte o latticello alla dose di 20-25 l/ha. Anche la tisana di achillea se applicata alla dose
di 10-50 g/ha, o l’olio essenziale di finocchio selvatico permettono di ridurre la quantità di
zolfo.
In caso di forti contaminazioni l’anno precedente, spargere poliosolfuro di calcio alla caduta
delle foglie e poi applicare una pasta liquida sul tronco. Nelle regioni in cui l’oidio è
particolarmente persistente e per le varietà sensibili, iniziare molto presto la polverizzazione
con zolfo quando la pianta presenta 1-2 foglie, aggiungendo bentonite e litotamnio per ridurne
le dosi a 10 kg/ha. Non bisogna mai superare la dose di 15 kg/ha.
Tignola e tignoletta
L’impiego della tecnica della confusione sessuale è una pratica mirata a rilasciare sostanze di
sintesi nell’ambiente perciò si è dubbiosi circa gli effetti neutro di queste molecole sulla
salute dell’uomo e sulla regolazione degli insetti nella vigna nel lungo periodo.
L’impiego di Bacillus thuringiensis, 1 o 2 interventi per generazione a seconda della pressione,
è una misura valida ma richiede precisione: attraverso trappole di monitoraggio valutare il
momento giusto per colpire l’insetto in fase di fuoriuscita dall’uovo. Tale trattamento può
essere completato da incenerimenti degli insetti adulti e spandimento delle ceneri.
Maturità e maturazione delle uve
La coltura dei vigneti biodinamici deve avere come obbiettivo la piena maturazione. Si fa
spesso confusione tra maturità e maturazione. Un frutto che completi il suo ciclo naturale
raggiunge la maturità: una fase oltre la quale inizia il processo di decadimento. Non sempre
però i frutti maturi sono pienamente maturati. Spesso l’apice del processo viene toccato
quando il frutto non ha ancora compiuto pienamente l’elaborazione delle sostanze e portato
alla massima espressione il suo potenziale. Questo è dovuto a diversi fattori, naturali e
indotti. L’agricoltura industriale tende spesso a inibire la piena maturazione del frutto,
lasciando sostanze più grezze e povere di qualità organolettiche e salutari. L’alimentazione
delle piante attraverso l’elemento minerale e dell’acqua fu stigmatizzato da Steiner nel corso
di Agricoltura, come causa di questo stato. La nutrizione minerale tende a saturare
innanzitutto foglia e fiore impedendo la loro piena funzione fisiologica, mentre l’acqua che
veicola i Sali e viene trattenuta nelle foglie, prolunga la fase vegetativa della pianta,
esponendola alle patologie. Questo porta a una riduzione delle difese naturali delle piante, a
tessuti delicati e più attaccabili dai predatori, al sovraccarico fogliare della pianta che, in
piante sensibili, porta a uno squilibrio dell’umidità nel microclima. In queste condizioni vi è
anche una minore esposizione del frutto alla luce e al calore.
La piena maturazione cui deve tendere l’agricoltura biodinamica consente alla pianta di
portare agli esiti più alti la sua intima vocazione e permette l’elaborazione complessa delle
sostanze nel frutto, influendo sulla qualità del prodotto finale. Anche per questo fine è
importante il supporto assicurato dall’uso costante dei preparati biodinamici.
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ITER PER LA CERTIFICAZIONE BIODINAMICA
Il movimento italiano di agricoltura biodinamica si è strutturato nel '900 in due organizzazioni
principali che tuttora operano sull'intero territorio italiano: L'Associazione per l'Agricoltura
Biodinamica e la Demeter Associazione Italia.
Il marchio Demeter garantisce che i prodotti alimentari contrassegnati o i loro ingredienti
provengano da coltivazioni o allevamenti biodinamici. Il marchio è presente in tutti i continenti
e controlla e certifica l'intera gamma dei prodotti biodinamici provenienti da tutto il mondo.
L’azienda che intende ottenere la certificazione Demeter deve:
1) prendere contatto con la Demeter, segnalando l'invio del modulo di presentazione della
propria azienda. Si raccomanda l'importanza che il titolare di azienda agricola, zootecnica o di
trasformazione, abbia una formazione solida e continua in agricoltura biodinamica ed in
particolare abbia svolto almeno un corso base completo e riconosciuto dall'Associazione per
l'Agricoltura Biodinamica e l'intera azienda abbia raggiunto una routine completa e stabile
della pratica biodinamica secondo la tradizione biodinamica e in particolare rispettando lo
Standard di produzione o lo Standard di trasformazione Demeter.
2) notificare la sua attività di produzione con il metodo biodinamico alla Demeter
Associazione Italia compilando il modulo di presentazione dell'azienda.
3) stipulare una scrittura privata con la Demeter Associazione Italia con la quale chiede la
verifica relativa alla corretta applicazione delle “Linee Direttive Demeter” per l’Italia.
4) ricevere le ispezioni da parte della Demeter Associazione Italia, attraverso tecnici che
hanno i requisiti idonei della conoscenza del metodo biodinamico di agricoltura. I tecnici
possono essere direttamente incaricati dalla Demeter Associazione Italia oppure possono
essere incaricati, per conto della Demeter associazione Italia, da organismi di controllo
riconosciuti dal Mi.P.A.A.F.
5) Le relazioni delle ispezioni vengono consegnate dal tecnico esecutore alla Demeter
Associazione Italia. La segreteria tecnica della Demeter Associazione Italia visiona le
relazioni ispettive ed esamina preliminarmente se l’applicazione del metodo biodinamico di
agricoltura è conforme agli standard approvati dalla Demeter International.
6) Le relazioni ispettive, corredate da sintetico parere della segreteria tecnica vengono
esaminate dalla Commissione di Certificazione Demeter che invia il proprio parere al Consiglio
Direttivo della Demeter Associazione Italia per la loro valutazione.
7) Il Consiglio Direttivo Demeter delibera in merito a:
- nuove autorizzazioni all’uso del marchio Demeter
- conferma all’autorizzazione all’uso del marchio negli anni successivi
- eventuale conferimento delle sanzioni
La certificazione Demeter delle uve è concessa annualmente alle aziende agricole solo se
ricorrono contestualmente i seguenti parametri:
- aver superato la fase di conversione al metodo biodinamico di agricoltura
- l’intera azienda – o gli appezzamenti destinati a vigneto – è/sono conforme/i ai Regg.CE
834/07-889/08 da almeno anni tre
- l’azienda ha ricevuto almeno una visita ispettiva rispettivamente dal proprio O.d.C. ai sensi
dei Regg .CE 834/07-889/08 e dalla Demeter Associazione Italia
- la Commissione di Certificazione Demeter ha valutato conforme del rispetto delle presenti
Norme l’elaborato ispettivo redatto dal tecnico ispettore Demeter appositamente incaricato
- l’azienda possiede l’attestato di conformità ai sensi dei Regg. CE 834/07-889/08 e può
dimostrare di non aver subito sanzioni.
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STANDARDS PER LA VINIFICAZIONE DEMETER
Il vino certificato Demeter contribuisce idealmente allo sviluppo della natura e dell’uomo
parlando ai sensi e alla mente. La viticoltura Demeter non può essere considerata quale mezzo
per il solo raggiungimento di un determinato fine, ma contribuisce alla bellezza del paesaggio e
alla qualità della vita dell’uomo. Il vino certificato Demeter è ottenuto dalle uve certificate
bio ai sensi del Reg. CE 834/07 e coltivate con il “metodo biodinamico di agricoltura” ai sensi
degli “Standards Demeter di produzione”. Le ricerche nei campi della produzione biodinamica
e della vinificazione biodinamica sono in continua evoluzione. Gli Standards Demeter vengono
per tale motivo continuamente aggiornati. Gli operatori biodinamici sono invitati ad effettuare
ricerche e sperimentazioni negli ambiti della fertilità e vitalità del terreno, armonico sviluppo
delle piante e delle relazioni sociali. È richiesto inoltre che i viticoltori siano continuamente
alla ricerca di metodi per migliorare la vinificazione.
La trasformazione delle uve avviene attraverso un processo dovuto all’azione di microrganismi.
Il rapporto tra la natura minerale, fisica, chimica e biologica del suolo in cui le uve sono state
prodotte dovrebbe essere in armonia con l’ambiente di vinificazione ove sia possibile trovare
un diretto proseguimento delle azioni vitali del suolo. Questa condizione dovrebbe permettere
che il dato ipercomplesso dei microrganismi del suolo possa avere una sua prosecuzione
nell’azione di fermentazione a cura di un complesso articolato di agenti biologici autoctoni.
Il lavoro eseguito in cantina è un perfezionamento dei processi iniziati con la produzione delle
uve nella vigna. In tutte le fasi del processo di vinificazione deve essere impiegata meno
tecnologia possibile, e vanno usati meno coadiuvanti e additivi possibili. I coadiuvanti ed
additivi attualmente permessi dovrebbero essere ridotti o gradualmente eliminati nel
progressivo miglioramento delle tecniche di vinificazione. Le pratiche di vinificazione adottate
in accordo con questo Standards devono rispettare ed essere in armonia con l’ambiente
circostante ed il luogo e le persone coinvolte nella produzione. Lo scopo principale nella
attività di vinificazione è di mantenere nel vino la qualità biodinamica presente nell’uva. Per
questa ragione è da preferire la raccolta a mano dell’uva, per poter garantire una qualità più
alta possibile della materia prima destinata alla vinificazione.
Tutte le fasi e metodologie di vinificazione usate per la lavorazione dell’uva e del prodotto che
ne deriva devono seguire i seguenti principi:
- Il vino prodotto deve essere di alta qualità in termini sensoriali e di digeribilità ed avere un
sapore piacevole.
- L’Anidride solforosa va usata al minimo dosaggio possibile
- I Processi che necessitano dell’uso di grandi quantità di energia o di materia prima esterna
all’organismo agricolo sono da evitare.
- Coadiuvanti e additivi che incidono su questioni ambientali o di salute riguardanti, la loro
origine, il loro impiego o il loro smaltimento sono da evitare.
- I Metodi fisici sono da preferire ai metodi chimici.
- Tutti i sottoprodotti, che derivano dalla lavorazione delle uve , siano essi residui organici o
acque reflue, devono essere gestiti in modo che gli effetti negativi sull’ambiente vengano
minimizzati.
Tutti i materiali con cui sono realizzate le attrezzature per la vinificazione, inclusi i recipienti
usati per la fermentazione e la conservazione dei mosti e dei vini non devono compromettere
la qualità del mosto o vino o sottoporli a rischio di contaminazione.
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Standards di vinificazione
- Origine delle uve: devono essere al 100% uve certificate da agricoltura biodinamica DEMETER.
- Vendemmia: la raccolta deve essere preferibilmente manuale ma è consentita la raccolta meccanica
- Le vinacce o il restante della distillazione, se possibile devono tornare in vigna, ma è consentita la trasformazione.
- I macchinari di cantina devono sfruttare al massimo la gravità e non sono ammesse pompe che generano alte forze di
taglio e alte velocità periferiche ( esempio: pompe centrifughe).
- Recipienti: devono essere in materiali naturali ma sono consentiti contenitori di cemento, botti di legno, contenitori in
porcellana, cisterne in acciaio, ceramica, anfore in terracotta. E’ escluso l’impiego di plastica (i contenitori ed i
rivestimenti in plastica sono consentiti in deroga per la conservazione solo fino al 2012. Essi sono comunque consentiti
senza deroga per il trasporto).
- I trattamenti fisici del prodotto sarebbero da evitare ma è consentito il riscaldamento del pigiato di vino rosso fino a
max.35° C. E’ consentito il riscaldamento o refrigerazione dei mosti per governare la fermentazione; è vietata la
pastorizzazione.
- Aumento del grado alcolico: sarebbe preferibile non praticare alcuna aggiunta. E’ consentito aumentare il contenuto
alcoolico fino a un massimo di 1,5% in volume con : a) zucchero Demeter b) Concentrato di succo d’uva Demeter; Se non
reperibile zucchero o mosto concentrato Demeter, si può usare zucchero o concentrato di succo d’uva certificato
biologico chiedendo deroga alla Demeter Associazione Italia.
- Concentrazione del succo liquido nel pigiato: sarebbe preferibile non praticarla e non è permessa la concentrazione
dell’intero mosto né la riduzione alcolica attraverso metodi tecnici.
- Fermentazione alcolica: è consentito il riscaldamento del pigiato per accelerare la fermentazione e non è consentita la
pastorizzazione
- Lieviti: impiegare solo lieviti indigeni ma è consentita l’aggiunta di lieviti indigeni, pied de cuive (Demeter o biologico),
lievito Demeter o biologico, lievito commerciale OGM free solo per un giustificato blocco della fermentazione.
- Nutrienti per lievito: è consentita l’aggiunta di Scorze di lievito Demeter/biologico.
- Riduzione biologica dell’acidità solo con batteri malolattici indigeni ma è consentita l’aggiunta di Batteri acidolattici
OGM free.
- Solfitazione: è consentita l’aggiunta di SO2 nella soglia massima di:
- per vini con <5g/l zucchero: Bianco mg/l SO2 140 - Rosso mg/l SO2 110
- per vini con >5g/l zucchero: Bianco mg/l SO2 180 - Rosso mg/l SO2 140
- vini dolci: da uve con Botrytis mg/l SO2 360 - Da uve senza Botrytis mg/l SO2 250
- vini frizzanti e spumanti: mg/l SO2 come per i vini bianchi
- Stabilizzazione tartarica: sarebbe preferibile la stabilizzazione a freddo ed è ammesso l’impiego di Tartrato da
produzione di vino Demeter.
- Chiarificazione organica: è preferibile non impiegare alcun agente di chiarificazione di derivazione Animale; è consentito
l’uso di chiara d’uovo (Albumina) di uova Demeter e/o biologiche, prodotti derivati da siero di latte Demeter, se non
reperibili anche biologici. Caseina.
Chiarificazione inorganica: è consentito l’uso di Bentonite (livelli non rilevabili di diossina e arsenico), carbone attivo,
solfato di rame, ossigenazione, compresa la micro-ossigenazione (la micro-ossigenazione è consentita per prevenire la
riduzione solo nelle prime fasi).
- Filtrazione organico: è consentito l’uso di Cellulosa, tessuto (non sbiancato, senza cloro) non organico Bentonite (livelli
non rilevabili di diossina e arsenico) , Terra di Diatomee, perlite.
- Regolazione acidità: è preferibile non attuare alcuna regolazione di acidità ma è consentito l’ uso di Bicarbonato di
potassio, carbonato di calcio, acido tartarico. Aggiunta limitata a 1.5 g/l.
- Maturazione del vino: è preferibile non attuare alcun intervento e per la maturazione del vino è consentito solo l’ uso
delle botti in quercia
- Coadiuvanti imbottigliamento: CO2, N2
- Imbottigliamento: impiegare vetro.
- Chiusura: impiegare vetro, sughero, tappi a vite, tappi a corona, chiusure in plastica
- Incapsulatura: impiegare capsule inox, plastica o stagno, poly cap, ceralacca o cera.
- Pulizia e disinfezione dei locali e attrezzi: impiegare acqua, vapore, zolfo, sapone molle, soda caustica, ozono, acido
peracetico, acido citrico seguito da risciacquo con acqua potabile.
Sono espressamente vietati i seguenti prodotti:
- Microrganismi geneticamente modificati [OGM]
- Ferrocianuro di potassio
- Acido ascorbico, acido sorbico
- PVPP (Polyvinylpolypyrrolidone)
- Fosfato diammonico
- Colla di pesce, sangue e gelatina
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LA BIODINAMICA DALLA VITE AL VINO