Appunti di Antenne
Ca pi t o l o 1 0 – Ra di o pr o pa g a z i o ne ( I I I )
Introduzione.......................................................................................................... 1
Formazione degli strati ionizzati ............................................................................ 2
Costante dielettrica di un gas ionizzato .................................................................. 3
Condizione di rientro a terra di un raggio elettromagnetico..................................... 6
Frequenza massima utilizzabile ......................................................................... 10
Riflessione equivalente ........................................................................................ 10
Ionogramma ad incidenza verticale.................................................................... 14
Curve di trasmissione ....................................................................................... 15
Introduzione
La ionosfera è quella regione dell’atmosfera che viene ionizzata dalle radiazioni
solari. Durante il giorno, gli strati ionizzati esistono approssimativamente ad altezze
tra 90 e 1000 km dalla superficie della Terra. La densità di elettroni è dell’ordine di
10 10 ÷10 12 elettroni per metro cubo.
Ci sono fondamentalmente tre strati in cui la densità degli elettroni presenta dei
picchi: essi sono chiamati strati D, E ed F. Durante il giorno, poi, lo strato F si divide
a sua volta in altri due livelli, chiamati F 1 ed F 2 . La figura seguente mostra questi
strati in un diagramma con la quota da terra in ordinate e la densità di elettroni in
ascisse (il cosiddetto diagramma di ionizzazione):
Sono riportate due curve, una relativa al giorno e l’altra alla notte:
•
nella curva per il giorno (curva inferiore), sono presenti tutti e quattro gli
strati: si nota che, per quota tra 50 e 100 km, la densità di elettroni cresce
monotonicamente all’aumentare della quota (strato D); a partire dai 100 km
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
in su, l’andamento diventa leggermente complicato (strati E ed F 1 ), per poi
diventare monotonicamente decrescente per quote da 400 km in su (strato
F 2 );
•
nella curva per la notte (curva superiore), invece, l’andamento della densità
di elettroni appare più semplice: a parte un paio di “curve” intorno ai 100
km di altezza (strato E), l’andamento è quasi linearmente crescente fino a
circa 500 km di quota, dopodiché è monotonicamente decrescente (strato F):
Si nota, dunque, che, di notte, sono presenti solo gli strati E ed F.
Faremo
vedere
che
questi strati ionizzati fanno in modo che le onde
elettromagnetiche a frequenze superiori ai 40 MHz vengano riflesse verso la
Terra (si parla di onde di cielo, sky-wave). Grazie a questo meccanismo, detto di
riflessione ionosferica, è possibile realizzare collegamenti radio su distanze di
diverse migliaia di km, come schematizzato nella figura seguente:
A causa dell'indice di rifrazione molto basso,le onde lunghissime e lunghe vengono
fortemente rifratte, per cui compiono solo un breve percorso all'interno della ionosfera e
vengono rimandate verso Terra, dove subiscono una nuova riflessione; si realizzano così
una serie di riflessioni multiple che permette loro di raggiungere notevoli distanze.
La concentrazione di elettroni varia durante il giorno, durante le stagioni e perfino
in periodi di diversi anni in conseguenza dell’attività solare. Da essa, come vedremo,
dipende la costante dielettrica dell’atmosfera, che è influenzata anche dalla
frequenza. Questo comporta che, per una prefissata densità di elettroni, esista una
massima frequenza utile per onde che possono essere riflesse dalla ionosfera: in
altre parole, un eventuale onda elettromagnetica che arriva nella ionosfera ed ha
frequenza superiore a quella massima appena citata, penetrerà attraverso la
ionosfera stessa senza essere riflessa.
La propagazione ionosferica non è molto stabile, per cui spesso intervengono
fenomeni di fading (affievolimento) anche rilevanti sui collegamenti ionosferica. Di
conseguenza, se si vuole ottenere un sistema sufficientemente affidabile basato sulla
propagazione ionosferica, è indispensabile implementare opportune forme di
diversità (di spazio, di frequenza o di polarizzazione) del tipo già descritto in
precedenza.
Formazione degli strati ionizzati
In termini semplici, possiamo spiegare l’esistenza degli strati ionizzati nel modo
seguente. A quote elevate, la radiazione solare che causa la ionizzazione delle
Autore: Sandro Petrizzelli
2
Propagazione ionosferica
molecole di gas è molto intensa, ma il numero di molecole presenti è comunque
basso, per cui la concentrazione di elettroni rimane anch’essa bassa; a quote
leggermente più basse, invece, il numero di molecole è decisamente maggiore e
quindi la ionizzazione diventa più rilevante, per cui la concentrazione di elettroni
assume dei veri picchi. Se scendiamo a quote molto basse, la maggior parte della
radiazione viene invece assorbita, per cui la densità di elettroni torna nuovamente
bassa. In base a questo discorso, ci si aspetta di avere un largo strato di gas
ionizzato e alta densità di elettroni a determinate altezze dalla superficie terrestre; in
realtà, dato che l’atmosfera è composta di diversi gas, tra cui comunque
predominano ossigeno ed azoto, e questi gas hanno caratteristiche di ionizzazione e
ricombinazione diverse, quello che si ottiene sono diversi picchi o strati nella
concentrazione di elettroni.
Nell’ambito di questo discorso, gli strati E ed F sono gli unici che esistono
praticamente sempre, come visto in precedenza, nonostante la loro altezza vari su
base giornaliera. Questi due strati sono senz’altro quelli più importanti per le
comunicazioni radio a frequenze comprese tra 3 e 40 MHz. Al di sopra dei 40 MHz,
invece, le onde penetrato attraverso la ionosfera. Nello strato D, la frequenza di
collisione è abbastanza alta, per cui, nonostante anche le onde a frequenze più basse
(dell’ordine di 2 MHz e anche meno) possano essere riflesse da questo strato,
l’assorbimento è comunque molto alto. A frequenze ancora più alte, la frequenza di
collisione ha un effetto ancora più piccolo.
Costante dielettrica di un gas ionizzato
Dovendo studiare quello che accade ai raggi elettromagnetici che raggiungono la
ionosfera, vogliamo utilizzare un modello il più semplice possibile. Vediamo come
ricavarlo.
In un gas ionizzato (altrimenti detto plasma) sottoposto ad un campo elettrico,
solo il movimento degli elettroni risulta importante, in quanto gli ioni hanno una
massa circa 1800 volte maggiore e quindi sono caratterizzati da una inerzia non
indifferente rispetto agli elettroni. Si parla perciò generalmente di plasma
neutralizzato. Concentriamoci perciò su quello che accade agli elettroni.
r
Sotto l’azione di un campo elettrico ξ e nell’ipotesi di trascurare ogni effetto di
non linearità del mezzo, l’equazione del moto ci dice che
r
r
dv
− e⋅ξ = m
dt
Se ci poniamo nel dominio dei fasori, questa equazione diviene
r
r
− eE = jωmV
Se ora consideriamo N elettroni liberi per unità di volume (per cui N è la densità
di ionizzazione), la corrente indotta nel gas ionizzato ha densità
r
r Ne 2 r
J = −eNV =
E
jωm
Possiamo sostituire questa espressione nella prima equazione di Maxwell, al fine
di esplicitare meglio il rotore del campo magnetico:
3
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
r
r r
r Ne 2 r 

Ne 2  r
Ne 2  r
E
E = jωε 0 1 − 2
E =  jωε 0 +
∇ × H = jωε 0 E + J = jωε 0 E +
j
m
jωm
ω
m
ω
ε
0




In base a quanto ottenuto, deduciamo che la costante dielettrica relativa del gas
ionizzato vale
κ =1−
Ne 2
ω2 ε 0 m
Sostituendo i valori numerici della carica e della massa dell’elettrone e della
costante dielettrica del vuoto ε 0 , si trova che
κ = 1 − 81
N
f2
Ne 2
(e ωP prende il nome di frequenza del plasma),
Generalmente si pone ω =
ε0m
2
P
per cui la costante dielettrica relativa del gas ionizzato assume l’espressione
κ = 1−
ω 2P
ω2
Da qui scaturisce che l’indice di rifrazione del gas ionizzato è
n=
ε
N
= κ = 1 − 81 2
ε0
f
Soffermiamoci un attimo sull’espressione κ = 1 −
ω 2P
:
ω2
•
per ω>ωP , la costante κ risulta inferiore all’unità;
•
per ω=ωP , la costante κ risulta nulla;
•
per ω<ωP , la costante κ risulta negativa.
Un’onda elettromagnetica che si propaga in un gas ionizzato presenta una
costante di propagazione
k = ω µε = ω µ 0 ⋅ κε 0 = ω µ 0 ε 0 ⋅ κ = k 0 ⋅ κ = k 0 ⋅ n = k 0 ⋅ 1 − 81
N
f2
Allora, quando ω<ωP , questa costante di propagazione risulta puramente
immaginaria, il che indica che l’onda è evanescente, ossia decade esponenzialmente
con la distanza. Questo mostra dunque che, per ogni prefissato valore di N, esiste
una minima frequenza utile per la quale le onde non diventano evanescenti
nel momento in cui penetrano le gas ionizzato :
f min > 81 ⋅ N
Autore: Sandro Petrizzelli
4
Propagazione ionosferica
Tornando all’espressione n = 1 − 81
N
dell’indice di rifrazione, è evidente che, a
f2
parità di frequenza, esso è funzione della densità di ionizzazione N e questa, a sua
volta, è funzione della quota da terra. Di conseguenza, sembrerebbe di essere in
presenza di un mezzo dielettrico a stratificazione sferica. In realtà, possiamo renderci
conto di una particolarità. Vediamo.
Per un mezzo a stratificazione sferica, vale la legge di Snell generalizzata, ossia
n ⋅ r ⋅ sin ϕ = cos t
dove ϕ è, punto per punto, l’angolo formato dal versore della direzione radiale e da
quello del raggio elettromagnetico.
In questa espressione, r è la distanza radiale dal centro della stratificazione, ossia
dal centro della Terra: scriviamo perciò che r=R T +h≅R T , in quanto la quota h è
senz’altro trascurabile rispetto al raggio della Terra (che è di circa 6300 km). Quindi,
l’equazione diventa
n ⋅ R T ⋅ sin ϕ = cos t
Del resto, essendo una costante, R T si può eliminare, per cui otteniamo l’equazione
n⋅⋅ sinϕ
ϕ =cost, che è la legge di Snell, caratteristica di un mezzo a stratificazione
piana:
n ⋅ sin ϕ = cos t
In definitiva, possiamo ritenere, con buona approssimazione (ottenuta
trascurando la quota rispetto al raggio della Terra), che la ionosfera sia un
mezzo a stratificazione sferica , sul quale è senz’altro più facile ragionare.
Il valore della costante a secondo membro può essere facilmente calcolato: infatti,
quella relazione vale anche nel punto in cui il raggio elettromagnetico parte e cioè in
corrispondenza dell’antenna trasmittente TX: quindi, l’angolo diventa l’angolo di
lancio ϕ 0 , mentre invece l’indice di rifrazione è quello della troposfera; in condizioni
standard, sappiamo che n≅n 0 ≅1, per cui
n (h ) ⋅ sin ϕ(h ) = sin ϕ 0
dove naturalmente abbiamo evidenziato la dipendenza di n e di ϕ dalla quota a cui ci
troviamo, appunto perché il mezzo è a stratificazione piana.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
Condizione di rientro a terra di un raggio elettromagnetico
Consideriamo dapprima il caso semplice di un’onda piana che incide normalmente
(ϕ=0) su uno strato ionizzato in cui la densità di ionizzazione N aumenta con
l’altezza:
quota di
riflessione
κ=0
In base all’equazione κ = 1 − 81
N
, per una data frequenza dell’onda, l’aumento di
f2
N con la quota è tale per cui esista una quota h 0 in corrispondenza della quale la
costante dielettrica relativa si annulla:
κ = 0
→ N(h 0 ) =
f2
81
Arrivata dunque a questa quota, la propagazione termina in quanto l’onda diventa
evanescente.
Facciamo ora il seguente ragionamento. Esiste, per ogni strato ionizzato, un valore
massimo N max per la densità di ionizzazione. Supponiamo allora che, salendo di
quota, N aumenti verso il valore N max e supponiamo inoltre che il valore iniziale
dell’indice di rifrazione sia un valore reale; ci sono tre possibili situazioni al crescere
della quota h raggiunta dal raggio:
•
può capitare che, alla frequenza di lavoro utilizzata, n rimanga reale e
positivo, pur diminuendo fino al valore minimo che si ottiene quando
N=N max :
n min = 1 − 81
N max
>0
f2
In questo caso, quindi, la propagazione dell’onda non termina nello strato
considerato, in quanto n non si annulla mai.
Si definisce frequenza critica dello strato ionizzato considerato quella
frequenza in corrispondenza della quale risulta n min =0: in base all’ultima
relazione, deduciamo che tale frequenza vale
n min = 0 
→ f critica STRATO = 9 N max
La frequenza critica di uno strato è dunque quella in corrispondenza della
quale, per un assegnato N max , risulta n=0; quindi, la situazione di n che
diminuisce senza però annullarsi presuppone che risulti f>f CRITICA ;
Autore: Sandro Petrizzelli
6
Propagazione ionosferica
•
la seconda situazione possibile è quella per cui, per qualsiasi frequenza
inferiore al valore critico (f<f CRITICA ), n diventa nullo prima che N raggiunga
il suo massimo valore: l’altezza alla quale questa condizione si verifica è
anche quella alla quale l’onda diventa evanescente e cessa di propagarsi;
•
la terza ed ultima possibilità è chiaramente quella per cui si lavora a
frequenza esattamente pari al valore critico (f=f CRITICA ): in questo caso, n
diventa nulla proprio quando N raggiunge il suo valore massimo.
In definitiva, in caso di incidenza normale, lavorando a frequenza uguale o
inferiore al valore critico f C , l’onda in propagazione smette di propagarsi (cioè
diventa evanescente) all’interno dello strato considerato . In caso contrario, l’onda
prosegue oltre lo strato in questione.
Adesso mettiamoci in una situazione generica di incidenza obliqua del raggio
elettromagnetico, come schematizzato nella figura seguente:
n1>n2>n3>n4
n4
n3
n2
n1
Dato che N aumenta con l’altezza, κ diminuisce con l’altezza e lo stesso avviene
per l’indice di rifrazione
Nella schematizzazione della figura, abbiamo ipotizzato di poter scomporre un
singolo strato, con indice di rifrazione linearmente decrescente con la quota, in tanti
strati secondari più piccoli, ognuno con indice di rifrazione costante. Così facendo, il
discorso diventa semplice, in quanto si tratta di considerare quello che avviene alle
interfacce tra i vari strati secondari: in base alla legge di Snell n(h)⋅⋅ sinϕ
ϕ (h)=sinϕ
ϕ 0 , il
raggio elettromagnetico, incontrando stratificazioni con indice di rifrazione sempre
minore, subisce un incurvamento via via maggiore, in quanto l’angolo ϕ deve
aumentare per compensare la diminuzione di n. Si può allora arrivare ad una quota
h max in corrispondenza della quale risulta ϕ=π/2 (incidenza orizzontale):
ϕ=
π
π

→ n (h max ) ⋅ sin = sin ϕ 0 
→ n (h max ) = sin ϕ 0
2
2
Se questa condizione risulta verificata, il raggio prosegue verso il basso, con una
curvatura che adesso diminuisce, in quanto, nella propagazione, incontra indice di
rifrazione via via maggiore. Per simmetria rispetto al percorso seguito “all’ andata”, il
raggio emergerà dal mezzo con lo stesso angolo con cui era inizialmente penetrato:
7
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
In definitiva, se, nello strato in questione, esiste una quota h max in
corrispondenza della quale risulta n(h max )=sinϕ
ϕ 0 , allora il raggio tornerà
sicuramente verso la Terra . Sostituendo ad n la sua espressione completa,
otteniamo
sin ϕ 0 = n (h max ) = 1 − 81
N (h max )
f2
In base a quanto detto prima (nel caso dell’incidenza normale), sussistono 2
possibili situazioni:
•
se siamo a frequenza inferiore al valore critico (f<f CRITICA ), il valore minimo
n min che l’indice di rifrazione può raggiungere è 0 e quindi esiste senz’altro una
quota h max alla quale è verificata la condizione n (h max ) = sin ϕ 0 . Quindi, per
frequenze inferiori
sicuramente ;
•
al
valore
critico,
il
rientro
del
raggio avviene
se invece siamo a frequenza superiore al valore critico (f>f CRITICA ), l’indice di
rifrazione non potrà mai annullarsi (ossia n min >0, che si ottiene per N=N max ) e
quindi non è detto che ci sia una quota h max (nello strato considerato) alla
quale risulti n (h max ) = sin ϕ 0 ; perché questa condizione venga ottenuta, deve
risultare sin ϕ 0 = n (h max ) ≥ n min . Quindi, per frequenze superiori al valore
critico, il rientro del raggio avviene solo se sinϕ
ϕ 0 ≥ n min . In caso contrario, il
raggio “bucherà” lo strato in questione, penetrando nello strato superiore, nel
quale andranno ripetute le stesse considerazioni.
Riepilogando, abbiamo quanto segue: nel caso generico di incidenza obliqua, il
ritorno a terra del raggio si ottiene sicuramente per frequenze inferiori al valore
critico, mentre invece, per frequenze superiori al valore critico, potremo ottenere il
ritorno a terra del raggio solo a patto che risulti
sin ϕ 0 ≥ n min
Autore: Sandro Petrizzelli
8
Propagazione ionosferica
Dato che
n min = 1 − 81
2
N max
f CRITICA
=
1
−
f2
f2
la condizione da imporre diviene dunque
sin ϕ 0 ≥ 1 −
2
f CRITICA
f2
da cui, elevando al quadrato ambo i membri e ponendo sin 2 ϕ 0 =1-cos 2 ϕ 0 , si ottiene
facilmente che
2
f CRITICA
≥ cos 2 ϕ 0
f2
Quindi, la condizione per il rientro del raggio, nell’ipotesi di frequenze
superiori al valore critico, è
2
f CRITICA
> f 2 cos 2 ϕ 0
La quantità a secondo membro prende il nome di frequenza virtuale (o anche
frequenza apparente):
f V = f cos ϕ 0 
→
f V < f CRITICA
Il motivo di questo nome è evidente: se il raggio in questione fosse verticale
(ϕ 0 =0), risulterebbe cosϕ 0 =1 e quindi la frequenza virtuale coinciderebbe con la
frequenza di lavoro, per cui otterremmo nuovamente la condizione vista nel caso di
incidenza verticale del raggio (f V =f<f CRITICA ).
Appare evidente una cosa: se volessimo che il raggio elettromagnetico bucasse
tutti gli strati ionosferici, ad esempio per raggiungere un satellite geostazionario,
dovremmo garantire la condizione
(
f V ≥ f CRITICA
)
max
Bisogna cioè fare in modo che la frequenza virtuale risulti superiore alla
massima frequenza critica ottenibile dagli strati da bucare.
Abbiamo dunque compreso che, per un dato strato (e cioè per una data frequenza
critica) e per un dato angolo di lancio ϕ 0 , la frequenza virtuale consente di risalire
alla massima frequenza di lavoro per onde che vogliamo siano riflesse a terra:
( f )max
=
f CRITICA STRATO
cos ϕ 0
Supponiamo ad esempio che ϕ 0 =π/4 e N max =2⋅10 10 m -3 : risulta (f) max ≅1.8 MHz. Se,
per esempio, scegliessimo di lavorare a 2 MHz, otterremmo n min =0.77 e non
corrisponde al valore sin45°=0.707 richiesto per la riflessione. L’unica possibilità
9
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
sarebbe quella di aumentare l’angolo di lancio: ad esempio, se prendiamo ϕ 0 =60°,
risulta (f) max ≅2.5 MHz e quindi i 2 MHz sono una frequenza utilizzabile.
F
Frreeqqu
ueen
nzzaa m
maassssiim
maa u
uttiilliizzzzaabbiillee
La frequenza massima appena descritta dipende evidentemente dal valore
dell’angolo di lancio ϕ 0 . Allora, quando il termine cosϕ 0 assume il suo minimo
valore (cioè quando ϕ 0 è massimo), parliamo propriamente di frequenza massima
utilizzabile (brevemente MUF):
MUF =
f critica STRATO
(cos ϕ0 )min
Generalmente, questa frequenza massima non supera i 40 MHz e, anzi, durante i
periodi di bassa attività solare, scende a 30 MHz o anche meno.
Di questo concetto riparleremo anche più avanti.
Riflessione equivalente
Consideriamo quanto riportato nella figura seguente:
quota virtuale di riflessione
quota reale di riflessione
ionosfera
raggio
e.m.
h'
superficie terrestre
Abbiamo
riportato
un
andamento
approssimato
del
generico
raggio
elettromagnetico che penetra nella ionosfera e viene da essa rifratto fino a tornare
indietro verso la superficie terrestre. Individuando schematicamente il “percorso di
andata” ed il “percorso di ritorno” come due tratti sostanzialmente rettilinei fino ad
una certa quota vicina a quella di riflessione, abbiamo estrapolato tali due tratti, fino
a farli incontrare in un punto distante h’ dalla superficie terrestre: questa quota h’
prende il nome di quota virtuale dello strato in questione.
In pratica, l’altezza virtuale consente di fissare una equivalenza tra il raggio
elettromagnetico che torna sulla Terra dopo essere stato rifratto dalla ionosfera ed
un teorico raggio elettromagnetico equivalente che si propaga in condizioni di
spazio libero (per cui segue un percorso perfettamente rettilineo) e viene
completamente riflesso ad una quota pari proprio ad h’.
L’utilità di questo raggio equivalente appare evidente: fissati l’angolo di lancio e la
posizione del trasmettitore TX, il raggio equivalente consente di individuare in modo
Autore: Sandro Petrizzelli
10
Propagazione ionosferica
estremamente facile il punto in cui il segnale verrà ricevuto, ossia la posizione in cui
collocare il ricevitore RX:
raggio e.m.
equivalente
ionosfera
h'
ϕ0
superficie terrestre
TX
RX
Non solo, ma il raggio equivalente consente anche di stimare il ritardo di gruppo
subito dall’onda, in quanto la lunghezza del percorso seguito dal raggio effettivo
(rifratto dall’atmosfera) risulta identica a quella del percorso seguito dal raggio
equivalente, che vale evidentemente
l = 2⋅
h'
cos ϕ 0
Il corrispondente ritardo di gruppo, pari al rapporto tra lo spazio percorso e la
velocità di gruppo (pari a sua volta al prodotto della velocità della luce per l’indice di
rifrazione ( 1), che in questo caso possiamo ritenere ≅1), risulta
τg =
l
=
vg
2⋅
h'
cos ϕ 0
2h '
2h '
≅
=
c⋅n
c ⋅ 1 ⋅ cos ϕ 0 c ⋅ cos ϕ 0
L’altezza virtuale di uno strato corrisponde dunque alla quota di un ideale piano
riflettente perfetto che consente al raggio di tornare indietro verso la Terra. L’altezza
virtuale dello strato F2 varia tra 250 e 400 km, mentre invece quella dello strato F1
varia tra 200 e 250 km. Nello strato F, invece, che raccoglie F1 ed F2 durante la
notte, l’altezza virtuale è sempre dell’ordine di 300 km. Nello strato E, l’altezza
virtuale è di circa 110 km.
Una proprietà fondamentale, relativa al raggio equivalente, è la seguente: tutti i
raggi elettromagnetici che presentano la stessa quota reale di riflessione h max
hanno anche la stessa quota virtuale .
Per dimostrare questa affermazione, partiamo dalla relazione
n (h max ) = sin ϕ 0
1
Ricordiamo che la velocità di gruppo è la velocità del segnale nel suo complesso, mentre invece la velocità di fase è la
velocità del fronte d’onda ad una frequenza prefissata. La velocità di fase è vP=ω
ω/k=c/n (rapporto tra la pulsazione
angolare ω e la costante di propagazione k); al contrario, la velocità di gruppo è vg=dω
ω/dk=c⋅⋅ n (derivata di ω rispetto a k).
11
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
Questa è la condizione che deve essere rispettata, con riferimento ad un raggio
che parte con angolo di lancio ϕ 0 , affinché tale raggio venga riflesso a quota h max .
Sostituendo l’espressione di n in funzione della densità di ionizzazione, otteniamo
che
1 − 81
N(h max )
= sin ϕ 0
f2
Elevando ambo i membri al quadrato e considerando che sin 2 ϕ 0 =1-cos 2 ϕ 0 ,
deduciamo da qui che
81 ⋅ N(h max ) = f 2 cos 2 ϕ 0
Calcoliamo la radice quadrata di questa espressione:
9 ⋅ N(h max ) = f cos ϕ 0
Il termine a primo membro di questa relazione è una costante una volta fissata
h max . Di conseguenza, il secondo membro di questa relazione è a sua volta una
costante per h max fissata:
f cos ϕ 0 = cos t
Abbiamo dunque ottenuto che tutti i raggi che vengono riflessi a quota h max sono
caratterizzati dallo stesso prodotto f⋅cosϕ 0 , che abbiamo chiamato in precedenza
frequenza virtuale.
Premesso questo, consideriamo quanto illustrato nella figura seguente:
h
piano virtuale di riflessione
raggio 1
raggio 2
piano reale di riflessione
h'
ϕ2
hmax
ϕ1
TX
D/2
D
x
Sono stati qui considerati due distinti raggi, 1 e 2, che partono con due generici
angoli di lancio ϕ 1 e ϕ 2 ed hanno frequenze per il momento generiche. Il primo raggio
giunge sulla Terra a distanza D dal trasmettitore. Si è assunto che i due raggi
abbiano la stessa quota h max di riflessione; allora, se la proprietà affermata prima è
vera, le frequenze dei due raggi sono tali che anche le rispettive quote equivalenti
siano uguali.
Il nostro obbiettivo è quello di ottenere una espressione dell’altezza equivalente h’
che confermi la nostra tesi.
Autore: Sandro Petrizzelli
12
Propagazione ionosferica
In primo luogo, possiamo evidentemente scrivere che tanϕ=dx/dh; andiamo allora
ad esprimere la distanza D/2 nel modo seguente:
D
=
2
D/2
∫ dx =
0
h max
h max
0
0
∫ tan ϕ(h)dh =
∫
sin ϕ(h )
dh =
cos ϕ(h )
sin ϕ(h )
h max
∫
1 − sin 2 ϕ(h )
0
dh =
h max
1
dh
1
−1
sin 2 ϕ(h )
∫
0
A questo punto, in base alla legge di Snell risulta n⋅sinϕ=n 0 ⋅sinϕ 0 ≅sinϕ 0 , per cui
abbiamo che
h max
D
=
2
1
∫
n 2 (h )
−1
sin 2 ϕ 0
0
dh
D
= h '⋅ tan ϕ 0 , per cui,
2
Del resto, una banale costruzione geometrica ci dice che
uguagliando le due espressioni di D/2, otteniamo
h '⋅ tan ϕ 0 =
h max
1
∫
dh
2
n (h )
−1
sin 2 ϕ 0
0
Esplicitando da qui solo h’ e facendo gli opportuni passaggi, si ha quanto segue:
1
h' =
tan ϕ 0
=
h max
∫
0
h max
∫
0
1
2
n (h )
−1
sin 2 ϕ 0
cos ϕ 0
dh =
sin ϕ 0
cos ϕ 0
81 ⋅ N (h )
− sin 2 ϕ 0
1−
f2
dh =
h max
1
∫
2
n (h )
−1
sin 2 ϕ 0
0
0
cos ϕ 0
∫
n (h ) − sin 2 ϕ 0
2
0
cos ϕ 0
h max
∫
dh =
h max
81 ⋅ N (h )
cos ϕ 0 −
f2
dh =
2
f cos ϕ 0
h max
∫
0
dh =
f cos 2 ϕ 0 − 81 ⋅ N(h )
2
dh
A questo punto, dato che risulta f cos ϕ 0 = f V per tutti i raggi che vengono riflessi a
quota h max , concludiamo che
h' =
h max
∫
0
fV
f − 81 ⋅ N(h )
2
V
dh
In base a questa espressione, è evidente che, a parità di parametri dell’onda
(angolo di lancio e frequenza), h’ dipende solo da h max , per cui la proprietà prima
citata è vera.
L’utilità di questa proprietà è la seguente: l’altezza virtuale è misurabile per
raggi ad incidenza verticale (ϕ=0) ed il valore così misurato a frequenza f V
fornisce l’altezza virtuale di tutti i raggi caratterizzati da f⋅cosϕ 0 =f V .
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
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nooggrraam
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nzzaa vveerrttiiccaallee
Abbiamo visto, tra le altre cose, che tutti i raggi che vengono riflessi alla stessa
quota h max sono caratterizzati dalla stessa frequenza virtuale f V =f⋅cosϕ 0 .
L’altezza virtuale può essere calcolata allora tramite raggi ad incidenza verticale. Si
ottiene così un diagramma in cui si riporta l’andamento della quota virtuale h’ con la
frequenza virtuale:
h'
ionogramma a
incidenza verticale
ϕ0
fV
Questo prende il nome di ionogramma ad incidenza verticale.
interpretazione è riportata a fianco: all’aumentare della frequenza virtuale,
quota equivalente e quindi, a parità di angolo di lancio ϕ 0 , cresce anche la
che può essere coperta dal collegamento. Analiticamente, fissati l’angolo di
e la frequenza di lavoro f, abbiamo quanto segue:
La sua
cresce la
distanza
lancio ϕ 0
ionogramma
f cos ϕ 0 = f V dallo


→ h ' 
→ D = 2 ⋅ h '⋅ tan ϕ 0
In pratica, una volta noti ϕ 0 ed f, ci calcoliamo la frequenza virtuale e da essa,
tramite lo ionogramma ad incidenza verticale, ricaviamo l’altezza equivalente, da cui
quindi la distanza D dal trasmettitore alla quale il raggio torna sulla Terra.
Non solo, ma risulta evidente un altro concetto: dato che, per ottenere la
riflessione del raggio verso terra, non possiamo lavorare con frequenza virtuale
superiore alla frequenza critica, quest’ultima determina la minima distanza che può
essere coperta dal collegamento e, per contro, la cosiddetta zona d’ombra, cioè la
zona in cui non potremo sperare di ottenere alcun segnale. La figura seguente
chiarisce il concetto:
h'
ionogramma a
incidenza verticale
ϕ0
fC R I T I C A
Autore: Sandro Petrizzelli
fV
Dmin
zona
d'ombra
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Propagazione ionosferica
La distanza minima, cioè l’estensione della zona d’ombra, è quella che si ottiene
per f V ≤f C e per una prefissata frequenza di lavoro.
Se si vuole ridurre la zona d’ombra, bisogna abbassare la frequenza virtuale, il che
significa, a parità di angolo di lancio, abbassare la frequenza di lavoro ( 2). In
alternativa, fissata la frequenza di lavoro, bisogna aumentare l’angolo di lancio.
Se invece siamo interessati ad estendere la distanza coperta dal collegamento, a
parità di angolo di lancio, dobbiamo evidentemente aumentare la frequenza di lavoro,
in modo da aumentare la frequenza virtuale (sempre mantenendola inferiore alla
frequenza critica).
C
Cu
urrvvee d
dii ttrraassm
miissssiioon
nee
E’ interessante trovare una relazione che leghi direttamente l’altezza virtuale h’
alla frequenza virtuale f V =f⋅cosϕ 0 . Possiamo scrivere quanto segue:
D
cos ϕ 0
fV / f
D cos ϕ 0 D
D
h' = 2 =
=
=
tan ϕ 0 2 sin ϕ 0
2 1 − cos 2 ϕ 0
2 1 − ( f / f )2
V
dove D si ritiene fissata (pari alla distanza che si intende coprire con il
collegamento).
Questa relazione, per un prefissato valore della frequenza di lavoro, corrisponde
ad una curva nel piano h’,f V . Al variare della frequenza di lavoro, avremo invece una
famiglia di curve, dette curve di trasmissione. Andiamo allora a riportare tali curve
di trasmissione insieme alla ionogramma ad incidenza verticale dello strato ionizzato
che stiamo considerando:
h'
f1
f1<f2
h'2
ionogramma a
incidenza verticale
h'1
f2
fV
D
Si notano allora frequenze in corrispondenza delle quali le curve di trasmissione
hanno due punti di intersezione con lo ionogramma e altre frequenze in cui invece
non ci sono intersezioni. L’interpretazione di questo fatto è semplice ed è riportata
nella stessa figura:
•
in corrispondenza della frequenza di lavoro f 1 (la più bassa), si hanno due
punti di intersezione, che quindi corrispondono a due quote equivalenti (e
2
Si presuppone ovviamente che stiamo usando una frequenza di lavoro superiore alla frequenza critica, in quanto, in caso
contrario, la zona d’ombra non esiste, data la possibilità di inviare raggi anche con incidenza normale (ϕ=0) essendo certi
che possano essere riflessi verso terra. Tuttavia, per frequenze inferiori al valore critico, si presenta un altro problema, che
è quello dell’interferenza dei raggi riflessi dalla ionosfera con l’onda di terra che si propaga da TX ad RX.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 10 (parte III)
quindi a due valori di frequenza virtuale e cioè anche, essendo fissata la
frequenza, a due angoli di lancio) utilizzabili per coprire la stessa distanza D;
•
salendo in frequenza, abbiamo ancora due intersezioni, corrispondenti però a
due quote equivalenti più vicine tra loro (h’ 2 scende e h’ 1 sale);
•
con frequenza ancora superiore, i due punti vengono a coincidere (una sola
quota equivalente) e, infine, salendo ulteriormente (f 2 ), non ci sono più punti
di intersezione, ossia non è più possibile effettuare il collegamento.
Abbiamo perciò ritrovato il concetto di massima frequenza utilizzabile (MUF),
intesa quindi come la massima frequenza di lavoro che possiamo usare per coprire
una data distanza D. Si tratta di un parametro importante in quanto, in ogni
collegamento, è nostro interesse elevare il più possibile la frequenza di lavoro,
al fine di minimizzare le perdite nel mezzo di propagazione .
Naturalmente, in base a questo discorso, si sarebbe portati a dire che, per ogni
collegamento, sia opportuno lavorare proprio alla massima frequenza utilizzabile; in
realtà, esistono invece delle norme internazionali che impongono di lavorare ad una
frequenza tale da avere due intersezioni, ossia sostanzialmente due possibili
collegamenti: questo serve in quanto, in caso di problemi (ad esempio fading) su un
collegamento, è sempre possibile utilizzare l’altro.
Autore: Sandro Petrizzelli
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Autore: Sandro Petrizzelli
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