Carolina Capria e Mariella Martucci la ba n da e o l p p t e e l t del Il fatto della forchetta d’oro Illustrazioni di Ivan Bigarella PRIMO CAPITOLO Il fatto di Ulisse e della maga Circe La Scassarola era vuota come la ciotola di Signora Cozzoli- www.ragazzi.mondadori.it Progetto e realizzazione editoriale: Atlantyca Dreamfarm s.r.l. Illustrazioni di Ivan Bigarella Colorazione di Alessandro Muscillo © 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Prima edizione aprile 2012 Stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento N.S.M., Cles (TN) Printed in Italy ISBN 978-88-04-62079-2 no a pappa terminata. Sui fili sopra le aiuole, il bucato steso ad asciugare non era mosso da un alito di vento. E nemmeno una cicala friniva al sole. Il cortile del ristorante Da Nicola alle Scalette era deserto e silenzioso. Ma solo per altri 3 secondi… 2 secondi… 1 secondo… SBAM! La porta dell’uscita d’emergenza si spalancò di colpo e la Banda delle Polpette attraversò correndo il cortile, diretta verso il proprio rifugio segreto a quattro ruote. Senza fiato per la corsa e per l’irrefrenabile attacco di risa, Emma, Alessandro e Gianpaolo s’infilarono sghignazzando 5 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII nell’Autobianchi Giardiniera (di recente ridipinta di rosso) e si lasciarono cadere sfiniti sul sedile posteriore. «Se avessi saputo che avremmo corso così tanto, a ricreazione mi sarei mangiato tre pagnottelle, anziché due» ansimò Alessandro. «Ho una fame…» «Però ne è valsa la pena!» ridacchiò Gianpaolo mentre si sfilava il giubbetto. «Non dimenticherò mai il momento in cui Marta e Martino sono arrivati in piazzetta travestiti da Ulisse e da maga Circe.» «E qualcosa mi dice che anche loro se lo ricorderanno per un pezzo!» scherzò Emma. Se quel giorno i gemelli Palumbo erano travestiti da Ulisse e da maga Circe, era perché avevano partecipato a una recita scolastica. Se quel giorno i gemelli Palumbo travestiti da Ulisse e da maga Circe si erano ritrovati in piazzetta, invece, era perché erano incappati nella Banda delle Polpette. Tutto era iniziato un mese prima dell’inizio della recita, e cioè l’infausta mattina in cui Martino aveva scoperto che la parte di Ulisse nella recita Ulisse, che fantastiche avventure! non era stata assegnata a lui. A lui, che forse non era il più grande esperto undicenne della storia di Ulisse, ma di certo era il più bell’undicenne della storia. Che aveva il naso all’insù, i denti drittissimi, la pelle perfetta e gli occhi azzurri. Che era sempre così alla moda che le mode, il più delle volte, le lanciava direttamente lui. Che era così affascinante che una volta una ragazza di terza lo aveva invitato a mangiare un gelato. E invece, in quell’infausta mattina, Martino aveva scoperto non solo che a lui era toccata la ridicola parte del “compagno di Ulisse”, ma che il ruolo del protagonista era andato ad Aldo Manzo. Aldo Manzo, che era sì il più grande esperto undicenne della storia di Ulisse, ma era anche il più brutto undicenne della storia. Aldo Manzo, che aveva il naso schiacciato, i denti tutti storti, la fronte brufolosa e gli occhialoni spessi. Aldo Manzo, che si vestiva peggio del preside (che aveva millemila anni e una passione per i cardigan scozzesi). Aldo Manzo, che era così imbranato che ormai in tutta la scuola il suo nome veniva usato come sinonimo di imbranato al quadrato (per esempio: “Sei troppo aldomanza quando balli, prova a scioglierti un po’!”; oppure: “Non mi note- 6 7 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII rà mai, ogni volta che le parlo mi sento aldomanzissimo”). Aldo Manzo, insomma, che da quel giorno avrebbe fatto meglio a guardarsi le spalle da Martino Palumbo. 8 9 Pagnottelle Tutto era proseguito mezz’ora prima della recita, e cioè quando Alessandro aveva notato qualcosa di sospetto. Nello spogliatoio della palestra, mentre la professoressa Autiero gli disegnava sulla fronte il gigantesco occhio che lo avrebbe trasformato nel ciclope Polifemo, il ragazzino si era accorto che i suoi infidi cuginastri Marta e Martino ronzavano attorno ad Aldo Manzo. Quei due stavano tramando qualcosa. Ed era proprio questo che aveva sussurrato cinque minuti dopo, quando, con tre occhi sul viso, i ricci cotonati sulla testa e una toga leopardata addosso, si era avvicinato a Gianpaolo, suo fedele amico, nonché compagno della Banda delle Polpette: “Quei due stanno tramando qualcosa”. E Gianpaolo aveva immediatamente drizzato le orecchie, che in quel momento erano coperte da un paio di orecchie da Sus Scrofa Domesticus, accessorio fondamentale del suo costume da compagno di Ulisse trasformato in maiale. Che i gemelli Palumbo avessero una nuova vittima e che si trattasse di Aldo Manzo, a un altro ragazzino non avrebbe probabilmente fatto un grande effetto. Sotto la felpa rosa di Gianpaolo, però, batteva un cuore da supereroe, che lo fece subito allontanare dal gruppo di compagni maiali che ripetevano grufolando la loro parte per tenere d’occhio quei prepotenti dei gemelli Palumbo. E così Gianpaolo aveva assistito in diretta alle manovre di Marta e Martino per mettere in atto un dispetto tanto odioso da meritare il primo posto nella classifica dei dispetti più odiosi della storia dei dispetti odiosi. “Aldo Manzo, vieni, ti metto un po’ di trucco sui brufoli, così si vedono di meno” aveva detto Marta, nelle sembianze di una maga Circe talmente chic che più che dalle illustrazioni del libro di epica sembrava uscita da una sfilata di alta moda. “Sì, così sarai un Ulisse perfetto!” aveva aggiunto Martino. “Dammi gli occhiali, te li reggo mentre Marta ti trucca.” A quel punto, mentre Aldo Manzo era frastornato dalla vicinanza della ragazzina più carina della I B e dalla mancanza delle sue fidate lenti, Martino aveva lasciato cadere gli occhiali e li aveva calpestati senza pietà. Del parapiglia che ne era seguito Gianpaolo aveva capito poco, ma una cosa gli era da subito sembrata chiarissima: ancora una volta Marta e Martino erano riusciti a ottenere ciò che volevano e a farla franca. Aldo Manzo infatti era fuori gioco, dato che senza occhiali non vedeva a un metro di distanza, e la parte di Ulisse era stata affidata a Martino, che, guarda caso, la conosceva a memoria. E per di più i gemelli Palumbo, sfoggiando la loro migliore espressione angelica, erano riusciti a convincere tutti (persino il povero Aldo Manzo) che si fosse trattato di un incidente. Ma non si era trattato di un incidente. Ed era proprio questo che Gianpaolo aveva sussurrato cinque minuti dopo all’orecchio di Emma: “Non si è trattato di un incidente”. Emma si era subito sentita avvampare dalla rabbia. Dopo un respiro profondo, però, la ragazzina si era rimboccata le maniche della tunica (un po’ perché il travestimento da Penelope le andava grande, ma soprattutto perché stava prendendo in mano la situazione) e aveva detto: “Non possiamo far finta di niente. Quei due si meritano uno scherzetto degno di quello che hanno fatto al povero Aldo Manzo”. Lo scherzo perfetto le era venuto in mente poco dopo, quando aveva visto Aldo Manzo che si sfilava la tunica da Ulisse per porgerla rassegnato a Martino: se il cuginastro ci 11 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII teneva così tanto a indossare i panni dell’eroe greco, allora lei, Alessandro e Gianpaolo avrebbero fatto in modo che li tenesse addosso mooolto a lungo! “Vuoi rubare i vestiti di Marta e Martino?” aveva domandato Alessandro quando la cugina aveva esposto a lui e all’amico il suo piano. “Macché rubare!” aveva replicato Emma. “Semplicemente spostare: li prendiamo dallo spogliatoio e li portiamo da un’altra parte.” “Così per recuperarli saranno costretti a uscire da scuola travestiti da Ulisse e maga Circe!” aveva esclamato Gianpaolo. “Geniale!” Detto fatto: gli abiti griffatissimi dei gemelli Palumbo erano finiti dagli appendiabiti dello spogliatoio negli zaini di Alessandro e Gianpaolo e nella tracolla di Emma. Tutto si era concluso cinque minuti dopo la fine della recita, e cioè quando i tre si erano liberati in tutta fretta di tuniche e orecchie suine e, mentre Marta e Martino mettevano sottosopra lo spogliatoio alla ricerca dei loro vestiti, si erano precipitati fuori dalla scuola diretti verso la piazzetta. Per la precisione, verso la Fontana Invisibile. In realtà, la Fontana Invisibile non si chiamava davvero 12 Fontana Invisibile. Emma, Alessandro e Gianpaolo l’avevano soprannominata così perché, a prima vista, quasi nessuno si accorgeva della sua esistenza. La Fontana Invisibile, infatti, non era una fontana di quelle con la vasca di marmo e l’acqua che zampillava al centro. No, la Fontana Invisibile era costituita da una serie di buchini nell’asfalto che formavano una circonferenza da cui, senza alcun preavviso, fuoriuscivano spruzzetti d’acqua. E così capitava che il pedone ignaro dell’esistenza di quella fontana passeggiando per la piazzetta si ritrovasse intrappolato in una gabbia di spruzzi simili a quelli degli irrigatori da giardino. “Ok, direi che qui stanno benissimo” aveva detto Emma poggiando i vestiti di Marta e Martino al centro della Fontana Invisibile (che in quel momento era, appunto, invisibile). “Ora possiamo anche farglieli ritrovare. Mandiamogli un messaggino.” In piazzetta c’è qualcosa che potrebbe interessarvi… Una volta spedito l’sms, a Emma, Alessandro e Gianpaolo non era rimasto altro da fare che nascondersi dietro un furgoncino parcheggiato e godersi lo spettacolo di Marta e Mar- 13 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII tino che arrivavano in piazzetta travestiti da Ulisse e maga Circe, correvano al centro della piazza e, sotto lo sguardo allibito dei passanti, restavano intrappolati per almeno cinque minuti nella Fontana Invisibile (che in quel momento era, invece, visibile). Un rasp rasp risuonò all’interno della Scassarola: «Mi sa che Signora Cozzolino vuole entrare» disse Gianpaolo, riconoscendo la tipica bussata unghiosa del cane della famiglia Sorrentino. E infatti, quando il ragazzino aprì la portiera, il bastardino dalle sopracciglia cespugliose era lì, che stringeva tra le zanne un pezzo di stoffa appallottolato e scodinzolava alla velocità della luce. «Eh, no, direi che vuole che usciamo noi» spiegò Emma. Nel linguaggio di Signora Cozzolino, infatti, la “scodinzolata a tergicristalli” significava “è il momento di giocare!” A conferma di ciò, il cane aprì le fauci e, con sguardo di sfida, lasciò cadere quello che si rivelò essere un calzino. Un calzino verde bottiglia di filo di Scozia. «I calzini di Martino!» esclamò Alessandro tirando fuori dalla tasca dei jeans il gemello del calzino portato da Signora Cozzolino. «Nello zaino non c’era più spazio, e così li avevo messi in tasca… ma quando siamo arrivati in piazzetta mi sono scordato di lasciarli insieme agli altri vestiti!» «Che facciamo, glieli portiamo domani a scuola?» chiese Gianpaolo. «Ehm…» disse Emma facendo cenno con la testa in direzione di Signora Cozzolino. Il bastardino si era steso e, tenendo fermo tra le zampe anteriori il calzino, lo faceva a brandelli con le zanne utilizzando il filo di Scozia come fosse filo interdentale. «Va be’» disse Gianpaolo «volete che Martino non abbia un altro paio di calzini verdi?» 15