Dentifrici
&
Componenti
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1. Introduzione
1.1 Considerazione sui dentifrici
I dentifrici non vengono generalmente considerati, anche dagli addetti ai lavori, come prodotti
indispensabili per la pulizia dei denti, ma semplicemente come dei cosmetici coadiuvanti dell’unica
azione che si crede naturalmente efficace, cioè quella meccanica delle setole dello spazzolino.
I notevoli progressi scientifici e tecnologici che si sono avuti negli ultimi anni hanno però avuto riflessi
anche in campo odontoiatrico e, con la comparsa sul mercato di prodotti contenenti molecole in grado di
svolgere una ben precisa funzione nella pulizia dei denti, questo concetto sembra essere ormai
abbandonato. La presenza, nella formulazione, di principi attivi con specifiche funzioni (antiplacca,
antitartaro, desensibilizzante, antialitosica, antinfiammatoria, ecc.) ha trasformato la pasta dentifricia in
un mezzo indispensabile per un’igiene orale mirata e per un’efficace prevenzione di molte patologie
orali. Tutto questo ha reso necessario un approccio culturale completamente diverso da quello fino ad
oggi adottato. Infatti, sia la scelta degli opportuni componenti che tutti i problemi connessi con la loro
utilizzazione nei dentifrici non sono stati fino ad ora oggetto di estese e specifiche pubblicazioni,
essendo stati trattati più semplicemente come uno dei tanti aspetti della chimica dei cosmetici in opere
indirizzate quasi esclusivamente ad un pubblico con interessi rivolti al settore chimico o chimicofarmaceutico.
Questa situazione ha probabilmente reso l’argomento poco comprensibile alla maggior parte degli
odontoiatri, degli igienisti dentali o, più in generale, di tutti quei soggetti interessati al problema della
profilassi dentale e dell’igiene del cavo orale.
Da qui la necessità di una pubblicazione contenente una descrizione semplice e chiara sia della
struttura chimica che della funzione dei vari componenti che formano una moderna pasta dentifricia, e la
suddivisione di un numero considerevole di dentifrici in base ai principi attivi in essi contenuti, o meglio in
base all’azione terapeutica per la quale vengono indicati.
I prodotti descritti sono la maggior parte di quelli attualmente presenti sul mercato italiano, più un
certo numero di paste dentifricie che, benché poste fuori commercio in tempi recenti (sostituite in genere
da formulazioni diverse della stessa casa produttrice), vengono ugualmente citate, in quanto possono
essere importanti per avere un’idea del peso specifico che i vari principi attivi hanno avuto nel tempo ed
un’esatta sensazione della rapidità con la quale le formulazioni delle paste dentifricie si sono
recentemente evolute sia dal punto di vista chimico che farmacologico.
Dei vari prodotti viene inoltre riportata la composizione (o, dove non è stato possibile reperire il dato
completo, quanto comunicato dalle singole ditte produttrici nelle specifiche del prodotto o negli stampati
utilizzati per le campagne pubblicitarie) la cui conoscenza potrebbe essere di grande utilità in tutti quei
casi in cui si intenda sviluppare una ricerca nel campo della profilassi dentale che richieda la
conoscenza sia dei vari componenti di una pasta dentifricia che della loro concentrazione.
1.2 I denti
I denti permanenti sono 32 e la loro eruzione incomincia verso i sei anni con la comparsa del primo
molare inferiore, per completarsi verso i 18-20 anni con il terzo molare, detto anche dente del giudizio.
Esaminando un dente dall’esterno possiamo distinguere tre parti:
- la corona: è la parte che sporge dalla gengiva. È una struttura bianca, durissima, con una forma
diversa a seconda della funzione del dente;
- il colletto: è la zona di transizione tra corona e radice;
- la radice: è una struttura giallastra, molto dura, che fissa il dente all’osso e presenta all’apice il
cosiddetto foro apicale che permette l’ingresso dei nervi e dei vasi sanguigni che nutrono il dente.
Il dente è saldamente legato all’osso per mezzo del legamento alveolo-dentale, che ne impedisce la
fuoriuscita dalla cavità ove esso è contenuto. Esternamente l’osso è ricoperto da un tessuto morbido e
delicato, la gengiva, dal cui stato di salute dipendono le funzioni di sostegno dell’osso sottostante.
Se un dente viene poi esaminato in sezione, andando dall’esterno verso l’interno possiamo
individuare i seguenti strati:
1) lo smalto: è il tessuto più duro presente nel nostro corpo, riveste la corona e rappresenta la vera
barriera contro la carie;
2) il cemento: è una struttura che riveste la radice fino al colletto deve si incontra con lo smalto;
3) la dentina: è simile all’avorio, costituisce la maggior parte del dente e racchiude al suo interno la polpa
dentale;
4) la polpa dentale: è un tessuto molle ricco di nervi e di vasi sanguigni che vi arrivano tramite il foro
apicale.
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I denti sono organi che durante il processo evolutivo si sono sviluppati per adempiere alla funzione
masticatoria ma, dal momento che l’alimentazione moderna non richiede più uno sforzo apprezzabile da
parte dell’apparato dentario per la masticazione, si è avuta una loro minore utilizzazione ed in parallelo si
è riscontrato un notevole aumento delle malattie dentali. Infatti è una legge generale della biologia quella
per cui un organo che viene meno, anche se solo in parte, alla propria funzione specifica perde in
proporzione le sue possibilità di difesa contro gli agenti patogeni.
Essendo il cavo orale una delle strutture con cui il mondo esterno entra in contatto con il nostro
organismo, i denti sono quotidianamente esposti ad aggressioni sia di tipo chimico che fisico. I batteri
presenti nell’aria vengono in contatto con essi e penetrano all’interno delle microfratture che sono dovute
alla demineralizzazione dello smalto, causata da un’alterazione del delicato ed importante ecosistema
dei microrganismi e dall’inevitabile usura della superficie smaltata.
I batteri, insieme alle immunoglobuline, agli anticorpi, alle proteine ed ad altri residui alimentari, si
accumulano, per scarsa igiene, sulla superficie del dente, formando una pellicola, la placca, che vi
aderisce per azione di muco-proteine contenute nella saliva. Quindi, affinché i denti siano danneggiati il
meno possibile, è utile attuare un programma di prevenzione che preveda, tra l’altro, anche l’utilizzo di
dentifrici, ossia di preparati farmaceutici che rientrano per l’appunto tra le sostanze adibite al
mantenimento dell’igiene orale.
1.3 Pellicola acquisita
Il processo di formazione della placca batterica segue un ben preciso schema che inizia con
l’adesione dei primi batteri ad una struttura fortemente adesiva, presente normalmente sulla superficie
del dente, cioè la pellicola acquisita o cuticola acquisita delle smalto. È questa un sottile strato proteico
che comincia a formarsi sulla superficie dei denti immediatamente dopo una completa procedura di
pulizia. I batteri iniziano a colonizzarla solo dopo 3-5 ore, tempo che dipende dallo stato delle gengive,
dall’igiene orale e dalla dieta. La sua formazione è dovuta ad un meccanismo di assorbimento delle
macromolecole all’idrossiapatite, fenomeno ben conosciuto dai biochimici in quanto la polvere di
idrossiapatite viene comunemente utilizzata come materiale cromatografico per la purificazione delle
proteine.
L’esatto ruolo della pellicola è sconosciuto, ma probabilmente essa ha la funzione di proteggere la
fase inorganica dello smalto dentale dall’azione degli acidi presenti nei cibi e nelle bevande e di ridurre
sia l’attrito tra i denti che quello tra questi e la mucosa orale. La pellicola costituisce la superficie sulla
quale aderiscono i batteri durante la formazione della placca; infatti è ormai accertato che si vengono a
stabilire delle vere e proprie interazioni chimiche tra le macromolecole che formano la pellicola e la
superficie di alcuni microrganismi presenti nella placca, quali lo Streptococcus mutans e lo
Streptococcus sanguinis.
La fase inorganica dello smalto (cosi come della dentina e del cemento) è un’apatite carbonata,
ovvero un’idrossiapatite altamente sostituita, nella quale alcuni ioni calcio sono stati rimpiazzati da ioni
sodio, zinco, stronzio ed altri cationi. Inoltre circa uno ione fosfato su sei viene sostituito da ioni
carbonato, mentre alcuni gruppi ossidrilici sono rimpiazzati da ioni fluoruro o, in quantità minore, da ioni
carbonato; tutte queste sostituzioni rendono tale minerale molto più reattivo dell’idrossiapatite pura.
L’importanza delle proprietà della superficie dello smalto e la natura delle forze coinvolte nella sua
interazione con le macromolecole ed i batteri nel cavo orale sono risultate chiare solo recentemente.
Infatti per molto tempo le ricerche si sono concentrate principalmente sugli aspetti cristallografici dello
smalto e sulle loro modificazioni ad opera dei fluoruri. Recenti studi hanno invece chiaramente
dimostrato che alcuni aspetti dell’effetto cariostatico del fluoro possono essere spiegati in termine di
variazioni delle proprietà superficiali dello smalto.
Un dente, nel cavo orale, può essere paragonato a un reticolo cristallino immerso in un elettrolita, e
per un ben noto principio fisico gli ioni di un elettrolita si legano ai siti di carica contraria della superficie
di un cristallo. La solubilità dei “sali” così formati è un’indicazione dell’energia delle forze attrattive
coinvolte: infatti una bassa solubilità indica un’alta affinità tra gli ioni di segno opposto. Lo schema delle
cariche sulla superficie del reticolo è bilanciato dagli ioni dell’elettrolita nel guscio di idratazione e questo
porta all’elettroneutralità del cristallo.
Lo smalto dentale mostra, sulla superficie esterna, molti più siti fosfato che ioni calcio (è cioè
calciodeficente) e possiede quindi una carica negativa; è stato inoltre accertato che mentre i gruppi
fosfato della superficie dell’idrossiapatite sono carichi, i corrispondenti siti del calcio non sono polarizzati.
Questo fenomeno causa un aumento della concentrazione dei controioni carichi positivamente nel
guscio di idratazione. I cationi polivalenti spiazzano in genere da queste posizioni i cationi monovalenti
ed è per questo motivo che gli ioni calcio, adsorbiti come controioni sui cristalli di idrossiapatite, sono
una delle maggiori caratteristiche della superficie dei denti in vivo.
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La bassa solubilità del fosfato di calcio indica in generale un’alta affinità di questo catione per i gruppi
fosfato dell’idrossiapatite; cationi bivalenti possono essere adsorbiti alla superficie carica negativamente
su una base di equivalenza o di equimolarità. Tutto ciò causa una variazione della carica netta e quindi il
legame di un ulteriore anione per mantenere l’elettroneutralità (Figura 1.1).
Figura 1.1 Meccanismi di adsorbimento degli ioni calcio (Ca++) sulla superficie
dello smalto dentale su base di equivalenza (A) o di equimolarità (B)
È ormai certo che gli ioni fluoro vengono catturati dall0 smalto dentale attraverso l’adsorbimento a
ioni calcio, a Ioro volta adsorbiti equimolarmente. Questo fenomeno spiega anche perché Ie proteine
acide che Iegano il calcio e i microrganismi carichi negativamente abbiano un’alta affinità per i denti
(Figura 1.2).
Figura 1.2 Adsorbimento degli ioni fluoro (A) o di un generico
polianione (B) (come può essere una proteina acida o la
superficie di un batterio) all’idrossiapatite dello smalto
attraverso la mediazione degli ioni calcio.
Le proteine salivari hanno una funzione antibatterica, lubrificante, digestiva ed inoltre hanno la
proprietà di legare i minerali. Quest’ultima funzione è importante per prevenire la formazione del tartaro
e la demineralizzazione della pellicola acquisita della smalto. Alcune delle proteine salivari partecipano
anche alla formazione della pellicola acquisita dello smalto.
La superficie dell’idrossiapatite è anfotera in quanto è in grado di legare sia le proteine acide che
quelle basiche (Figura 1.3).
Figura 1.3 Adsorbimento delle proteine salivari sullo smalto
dentale: interazione tra l’idrossiapatite e le proteine basiche
(A) o le proteine acide (B).
Le proteine acide adsorbite possono essere eluite con fosfati o altri anioni, mentre quelle basiche
possono essere spiazzate dagli ioni calcio; entrambi i fenomeni sono il risultato di un’inibizione
competitiva.
Le proteine acide sono ovviamente adsorbite al calcio, Iegato nello strato di idratazione del cristallo,
mentre quelle basiche si Iegano ai gruppi fosfato presenti sulla superficie del cristallo; Ie proteine
basiche debbono quindi sostituire gli ioni calcio nel guscio di idratazione per raggiungere Ia Ioro
posizione.
1.4 Placca dentale
La placca dentale è una sostanza molle, biancastra, che ricopre i denti, specie in corrispondenza del
colletto e degli spazi interdentali, ed è formata da microcolonie di batteri incorporati in una pellicola
gelatinosa invisibile ad occhio nudo. Tra i diversi batteri particolarmente numerosi sono gli streptococchi,
capaci di produrre, a partire dai saccarosio (ovvero il normale zucchero da cucina), il destrano: un
composto che essendo molto vischioso fa aderire tanto tenacemente la placca batterica allo smalto del
dente da renderne quasi impossibile l’eliminazione sciacquandosi semplicemente la bocca. A seconda
della localizzazione e distribuzione si possono distinguere una placca sopragengivale da una
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sottogengivale, anche se depositi batterici possono formarsi su tutte le superfici dentali, sulle superfici
dei restauri e sui manufatti protesici.
Essa è formata da due costituenti principali: i batteri e la matrice extrabatterica, la cui presenza
determina la capacità stessa dei batteri di organizzarsi sulle superfici lisce. La matrice, di natura
polisaccaridica, viene sintetizzata dai batteri stessi ed è formata da due tipi di polimeri glucidici: i levani e
i destrani.
I levani, che rappresentano circa il 5% del peso totale della placca, sono dei polimeri lineari, o
talvolta ramificati, del fruttosio con legami 2-6 β-glicosidici. I destrani sono invece polimeri del glucosio
sia lineari, con legami 1-6 α, che ramificati mediante legami glicosidici 1-3 o 1-4-α.
La struttura ramificata conferisce ai destrani l’elevata viscosità che è responsabile di una forte
coesione della placca e che viene ulteriormente rinforzata dai numerosi legami ionici che si vengono a
formare fra le proteine e i polisaccaridi delle membrane batteriche; essi rappresentano circa il 10% del
peso totale della placca.
La presenza della placca batterica è indipendente dall’assunzione di cibo, ma vari fattori, la maggior
parte dei quali sono riportati in tabella 1.1, ne possono modificare la quantità e la composizione.
Un’alimentazione priva di saccarosio tende a dare una placca di spessore minimo e inoltre poco
strutturata; al contrario, in presenza dei batteri detti cariogeni quali lo Streptococcus mutans ed il
sanguinis, un’alimentazione ricca di zuccheri porterà ad un rapido ispessimento della placca.
Tabella 1.1
Fattori che influenzano la crescita della placca batterica
Fattori fisici
Fattori nutritizi endogeni
Anatomia del dente
Saliva
Struttura della superficie
Cellule di sfaldamento
Presenza di restauri
Liquido crevicolare
Presenza di apparecchiature
Autodetersione di parti molli
Masticazione
Fattori nutritizi esogeni
Igiene orale
Dieta
pH
Temperatura
1.5 Tartaro
La formazione del tartaro avviene essenzialmente per un meccanismo di mineralizzazione della
placca batterica, in particolare nelle zone dove la concentrazione di protoni (cioè il pH) e quella di calcio
e fosforo siano tali da consentire la formazione e la precipitazione del fosfato di calcio e dove risulti
ridotta la presenza di inibitori specifici come i pirofosfati. È inoltre probabile che, mediante nucleazione,
il materiale organico presente sulle superfici dentali acceleri tale processo di mineralizzazione.
Dalle indagini biochimiche ed istologiche risulta che il tartaro è costituito per il 25% da componenti
organici (microrganismi morti, carboidrati, proteine e residui alimentari) e per il 75% da materiale
inorganico calcificato (soprattutto cristalli di fosfato di calcio e ioni magnesio, zinco, sodio, potassio e
carbonato).
Il processo di formazione del tartaro può essere descritto dividendolo in tre fasi:
1) sullo smalto del dente sono presenti particolari siti chiamati recettori, costituiti dagli ioni superficiali di
calcio, aventi carica positiva, e dagli ioni fosfato, aventi carica negativa. L’inizio della formazione del
tartaro si ha quando gli ioni calcio e fosfato, di origine salivare, si fissano sui recettori posti sullo smalto,
attratti dalle cariche elettriche di segno contrario. Le molecole di fosfato di calcio, così formate, crescono
fino a costituire minuscoli cristalli che si accumulano uno sull’altro e che, legandosi tra di loro in modo
poco compatto, creano una matrice molle e amorfa;
2) nella seconda fase, che dura solo da 7 a 24 ore, il tartaro presenta ancora cavità e spazi vuoti che lo
rendono abbastanza molle da consentirne l’asportazione tramite l’azione meccanica delle spazzolino e
del filo interdentale;
3) l’ultima fase consiste nella trasformazione della matrice amorfa in una massa dura e cristallina (fase di
calcificazione); sia gli ioni calcio che quelli fosfato riempiono gli spazi vuoti provocando l’indurimento
della matrice. A questo punto il tartaro e talmente duro da richiedere, per la rimozione, l’intervento del
dentista o dell’igienista dentale.
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1.6 Ipersensibilità dentinale
La teoria idrodinamica della sensibilità dentinale sostiene che gli stimoli (caldo, freddo, ecc.) che
colpiscono i tubi dentinali esposti causano il movimento del fluido presente nei tubuli stessi che va a
stimolare i recettori nervosi procurando in tal modo sensazioni dolorose o fastidi. Tutti gli agenti capaci di
ostruire efficacemente i tubuli dentinali favoriscono la riduzione della circolazione del fluido in essi
presente e procurano quindi una significativa diminuzione della sensibilità dentinale.
1.7 Carie
La carie è una distruzione localizzata dei tessuti duri dentali dovuta all’azione demineralizzante di
acidi organici prodotti dai batteri in anaerobiosi. Il fenomeno è dovuto a vari fattori, ma semplificando
possiamo attribuirlo alla presenza contemporanea, per un certo periodo di tempo, di un substrato
sensibile di placca batterica e di sostanze fermentabili.
In assenza di placca lo smalto è bagnato dalla saliva che possiede una notevole capacità tampone e
si oppone alle piccole variazioni di pH. L’idrossiapatite a pH neutro è poco solubile e vi è inoltre un
equilibrio dinamico tra gli ioni calcio e fosfato della superficie dello smalto e quelli della saliva.
I batteri presenti sulle superfici dentarie producono, durante il loro metabolismo, grandi quantità di
acido lattico che abbassa il valore del pH soprattutto negli strati più profondi della placca, dove sono
inefficaci i sistemi tampone salivari. Se il pH scende a valori inferiori a 5,7-5,2, la solubilità
dell’idrossiapatite aumenta notevolmente e tale si mantiene fino a che il pH rimane al di sotto di questo
valore critico. Il livello critico di PH, detto anche pH critico, corrisponde quindi al grado di acidità al quale
l’idrossiapatite dello smalto si solubilizza ed ha inizio la demineralizzazione.
Se lo smalto rimane esposto per lungo tempo ad un ambiente acido la demineralizzazione diventa
irreversibile, si ha cioè una disgregazione della struttura cristallina dell’idrossiapatite con creazione di
tutta una serie di microanfrattuosità nelle quali il processo, per la completa assenza di ossigeno, tende a
proseguire ancora più velocemente.
In base al concetto di pH critico, i batteri della placca sono stati suddivisi in due gruppi in funzione
della capacità, o meno, di metabolizzare i carboidrati al di sotto del pH critico. Mentre la maggior parte
dei batteri del cavo orale è in grado di catabolizzare i carboidrati in condizioni di neutralità, solo poche
specie batteriche riescono a farlo in condizioni di notevole acidità. Quindi la capacità di produrre acidi
organici, cioè il potenziale acidogeno, può variare enormemente a seconda del tipo di placca e della
specie batterica considerata.
Mentre il pH critico per la carie dello smalto è di 5,5 quello per la carie radicolare è di circa 6,7 e la
differente vulnerabilità tissutale è una conseguenza della maggiore solubilità della componente minerale
dei tessuti duri della radice rispetto a quelli dello smalto.
Questo fenomeno assume oggi notevole importanza, in quanto l’invecchiamento della popolazione,
associato al fatto che sempre un maggior numero di soggetti conserva fino a tarda età i denti naturali, ha
portato la patologia paradontale ad un ruolo primario. Questo non soltanto per il danno paradontale in se
stesso, ma anche perchè, come conseguenza della recessione gengivale, si realizza un’esposizione dei
tessuti radicolari all’ambiente orale che permette lo sviluppo della carie.
1.8 Gengiviti
La gengivite è un’infiammazione che colpisce i tessuti gengivali e la sua insorgenza è favorita da
un’insufficiente igiene orale. Il progressive accumulo della placca batterica fra denti e gengive provoca
un’infiammazione; il processo infiammatorio, se trascurato, può coinvolgere i tessuti più profondi fino a
raggiungere la base del dente (paradontite). Il persistere dell’infiammazione provoca inoltre lo
scollamento della gengiva dal dente e la formazione delle cosiddette tasche gengivali. A causa del
progressivo scollamento delle gengive il dente inizia a vacillare e può infine cadere.
1.9 Discromie
Sono le variazioni più o meno estese di colore (macchie grigie, gialle o nere) che si possono avere a
carico del dente. Le discromie dipendono da vari fattori in base ai quali sono generalmente suddivise.
Dei vari tipi di discromie alcuni sono più o meno permanenti e per essere corretti richiedono l’intervento
dell’odontoiatra. Si possono avere:
- discromie acquisite: dovute a traumi che hanno prodotto emorragie o necrosi della polpa;
- discromie da farmaci: sono le macchie provocate dall’assunzione di particolari molecole. Un esempio
classico è la formazione di estese discromie dopo la somministrazione come antibiotici di tetracicline ai
bambini, motivo per il quale la medicina legale ne prescrive oggi l’uso solo dopo la completa formazione
dei denti permanenti;
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- discromie da amalgama: è un fenomeno che si verifica piuttosto raramente ed è provocato dal rilascio
nel tempo, da parte di un amalgama usata per le otturazioni, di prodotti di ossidazione che anneriscono i
denti.
Altri tipi di discromie sono solo temporanei e possono essere facilmente eliminati con l’uso di una
pasta dentifricia con una buona azione abrasiva:
- discromie da alimenti: vengono provocate dal consumo abituale di particolari tipi di alimenti quali il tè, il
caffè, le bevande colorate, la liquirizia, ecc.;
- discromie da fumo: sono provocate dalla deposizione sulla superficie dei denti di nicotina e di prodotti
parzialmente incombusti come i residui catramosi;
- discromie da clorexidina: sono le macchie che si possono formare per la precipitazione di composti
formatisi per interazione di questo antisettico con altre sostanze.
1.10 Alitosi
È un fenomeno associato ad un’alterazione nell’equilibrio metabolico della normale flora batterica
orale. In condizioni fisiologiche l’alito non presenta alcun odore; l’alito cattivo o alitosi, con il caratteristico
odore spesso descritto simile a quello delle uova marce o del pesce guasto, è dovuto allo svilupparsi di
una flora batterica anaerobica, che cresce in assenza più o meno assoluta di ossigeno, soprattutto nella
placca dentaria, sulle gengive, sulla lingua, oppure nelle cavità cariate dei denti, dovunque la saliva non
possa scorrere liberamente.
Le cause fisiologiche possono essere la mancata salivazione durante il sonno, l’assunzione di
particolari cibi e le mestruazioni; le cause patologiche sono invece molteplici e le più comuni vengono
riportate nella tabella 1.2.
Tabella 1.2
Importanti cause patologiche di alitosi
Malattie del cavo orale
placca e carie dentaria
gengivite e stomatite
pariodontite e carcinoma orale
Malattie sistemiche
leucemia e agranulocitosi
chetoacidosi e uremia
insufficienza epatica
Disordini neurologici
patologie del gusto e dell’olfatto
deficit di zinco
Disordini psichiatrici
psicosi e depressione
Malattie dell’apparato respiratorio
sinusite cronica e adenoidite
ostruzione nasale
carcinoma laringeo e polmonare
Malattie faringee
ascesso peritonsillare
faringite secca
Disfunzioni salivari
disidratazione e radioterapia
Farmaci
Le sostanze che danno il pessimo odore tipico dell’alitosi sono spesso composti gassosi dello zolfo,
come il metantiolo o metilmercaptano, e il solfuro di idrogeno o idrogeno solforato. Essi originano dai
residui di cibo in seguito all’idrolisi delle proteine, dalle quali si formano tra l’altro due aminoacidi
solforati: la metionina e la cisteina, che subiscono la trasformazione in sostanze volatili; possono inoltre
formarsi composti azotati come la dimetilamina, la trimetilamina, la piridina e le metilpiridine. Alcune
abitudini sono causa di specifiche alitosi, come ad esempio è il caso del fumo, dell’alcolismo o di
particolari alimenti come l’aglio o la cipolla.
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2. Calcio e fosforo
Il calcio e il fosforo, dopo i costituenti organici, sono i due elementi più abbondanti nel nostro
organismo dove rappresentano circa il 2% del peso totale medio.
2.1 Calcio
Il calcio (Ca) e un elemento appartenente al II gruppo della tavola periodica, cioè a quello detto dei
metalli alcalino terrosi. Si tratta di elementi estremamente reattivi che in natura non si trovano mai nella
forma metallica ma sempre sotto forma di composti a spiccato carattere ionico.
Lo ione calcio è presente in molti minerali quali la fluorite (CaF2), che è la sorgente naturale dello
ione fluoro nelle acque potabili, il fosfato di calcio (Ca3(PO4)2) e il carbonato di calcio o aragonite
(CaCO3), presenti nelle ossa e nei denti, ed inoltre disciolti nelle acque potabili dove costituiscono la
principale sorgente di calcio, e il solfato di calcio diidrato o gesso (CaSO4-H2O). Il corpo di un uomo
adulto contiene circa 1 kg di calcio prevalentemente sotto forma di fosfato insolubile ma in parte anche
come ione calcio nei liquidi intra ed extracellulari. Il calcio presente nelle strutture ossee neoformate e in
equilibrio dinamico con gli ioni calcio dei fluidi corporei e, quotidianamente, vengono scambiati circa 20 g
di calcio tra i due compartimenti.
Il nostro organismo richiede una quantità giornaliera di ioni calcio che va da 1,5 g per un bambino in
crescita a 0,5 g per un adulto; esso è indispensabile soprattutto per la corretta mineralizzazione del
tessuto osseo e dei denti, ma è anche necessario per la precipitazione nello stomaco della caseina del
latte, per il mantenimento di un corretto ritmo di pulsazione cardiaca, per la conversione del fibrinogeno
in fibrina durante la coagulazione e per numerosi altri processi biologici.
2.2 Fosforo
Il fosforo (P) appartiene alla famiglia del V gruppo della tavola periodica ed è un non metallo
estremamente reattivo dal punto di vista chimico; non si trova mai libero in natura ma sempre allo stato
di combinazione sotto forma di sale, principalmente fosfato di calcio. Esso è anche uno dei maggiori
componenti di tutta la materia vegetale e animale.
Il fosforo forma con l’aria e l’ossigeno una serie di anidridi di cui le più importanti sono: l’anidride
fosforosa (P4O6) e l’anidride fosforica (P2O5); ambedue i composti si idrolizzano formando
rispettivamente l’acido fosforoso (H3PO3) e l’acido fosforico (H3PO4).
Per riscaldamento, due molecole di acido fosforico o ortofosforico possono reagire ed eliminando
una molecola di acqua formare l’acido pirofosforico (H4P2O7). Questo composto per ulteriori reazioni può
dare origine a prodotti ancora più complessi contenenti catene ed anelli di gruppi PO4, detti acidi
polifosforici.
Tra i suoi numerosi sali quelli di maggior interesse odontoiatrico sono il fosfato di calcio bibasico sia
anidro (CaHPO4) che diidrato (CaHPO4-2H2O) e il metafosfato di sodio insolubile che vengono utilizzati
come abrasivi. I pirofosfati di sodio e potassio vengono utilizzati come agenti antitartaro, mentre i
polifosfati vengono aggiunti ai detersivi per allontanare i cationi responsabili della durezza dell’acqua e
quindi della precipitazione delle molecole di tensioattivi.
I fosfati si trovano nella saliva ad una concentrazione maggiore rispetto a quella del plasma e si
presentano in varie forme. Il 10% sono fosfati organici, cioè composti nei quali il fosforo è legato a
molecole organiche; tra questi ricordiamo gli esteri dell’acido fosforico con il glucosio, il fruttosio ed altri
carboidrati che sono composti di notevole importanza biologica, ad esempio come prodotti intermedi
della degradazione (ovvero glicolisi in presenza di ossigeno e fermentazione in ambiente anaerobico)
del glucosio che ha luogo nei processi muscolari. Un’altro 10% si trova sotto forma di pirofosfati,
composti in grado di inibire la precipitazione del fosfato di calcio.
2.3 Calcio e fosforo nei denti
I denti sono costituiti da diversi tessuti duri formati in gran parte da sostanze inorganiche la cui
struttura chimica, pur rassomigliando a quella del tessuto osseo, in generale se ne differenzia soprattutto
per la composizione dello smalto, il quale presenta un elevato grado di calcificazione, superiore a quello
dell’osso e degli altri tessuti duri del dente (dentina e cemento). Il costituente inorganico principale dei
tessuti dentari è il fosfato di calcio, ma la concentrazione dei vari componenti è estremamente varia nei
diversi tessuti, come è èvidente della tabella 2.1.
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Sostanze organiche
Fosfato di calcio
Carbonato di calcio
Fluoruro di calcio
Fosfato di magnesio
Altri sali
Smalto
3,5
88,5
4
2
1,5
-
Tabella 2.1
Dentina
28,1
67,2
3,36
4,8
0,83
Cemento
57
7
2
1,5
0,5
Osso
33,5
51
11
2
1,5
0,5
Il fosfato di calcio è presente nei diversi tessuti duri sotto varie forme tra cui la più comune è il
diidrossoesafosfato di decacalcio, o più semplicemente idrossiapatite (Ca10(PO4)6(OH)2). Altre varietà di
fosfato di calcio sono presenti sia nella prima crescita dei tessuti duri che negli ultimi stadi dello sviluppo;
tra questi ricordiamo la brushite o fosfato acido di calcio (CaHPO4-2H2O), la withlockite o fosfato
tricalcico (Ca3(PO4)2), e il fosfato octacalcico (Ca8(HPO4)4). Questi sali sono presenti nei tessuti in un
equilibrio dinamico che favorisce la formazione dell’idrossiapatite (figura 4).
Figura 4
Nello schema non viene menzionato il fosfato tricalcico in quanto esso è instabile in acqua e si
trasforma in idrossiapatite secondo la seguente reazione:
H2O + Ca3(PO4)2 Ca10(PO4)6 (OH)2 + 2Ca++ + 2HPO42Lo smalto è un tessuto estremamente duro che riveste la corona del dente; contiene circa il 96% in
peso di sostanze inorganiche ed è formato da cristalli di idrossiapatite che hanno un orientamento
preferenziale e formano dei prismi che conferiscono solidità alla struttura. La carie dentale si sviluppa
dove c’è stato l’attacco delle smalto da parte degli acidi:
Ca10(PO4)6 (OH)2 + 8H3O+ 1OCa++ + 6HPO42- + 10H2O
I principali agenti cariogeni sono gli acidi carbossilici (acidi organici in cui è presente il gruppo
funzionale – COOH) che derivano dalla trasformazione di alcuni componenti del cibo da parte dei batteri.
2.4 Calcio e fosforo nella saliva
La composizione della saliva varia notevolmente in rapporto all’età, al sesso, allo stato di nutrizione,
alla modalità di stimolazione delle ghiandole, ed alla ghiandola secernente. La saliva è costituita da una
parte organica ed una inorganica. Gli ioni presenti in quantità maggiore sono sodio, potassio, cloro,
bicarbonato e calcio.
La calcisialia, cioè il contenuto di calcio nella saliva, aumenta in generale con il grado di
stimolazione, ed è sempre più alta nella saliva sottomandibolare. Dal 5 al 22% del calcio salivare totale è
detto non ultrafiltrabile in quanto è complessato a strutture macromolecolari o è presente in aggregati
colloidali.
Il calcio è presente, ai normali valori di pH della saliva, in forma satura impedendo così la liberazione
di calcio dagli elementi dentari. La concentrazione di questi ioni oltre ad essere importante, come
abbiamo visto, per evirare la perdita di minerali da parte dei tessuti duri, è fondamentale per l’attività di
alcuni enzimi salivari tra i quali ricordiamo le proteasi a serina ed alcune collagenasi calciodipendenti,
che controllano la crescita batterica e la permeabilità vascolare della mucosa del cavo orale.
2.5 Calcio e fosforo nella prevenzione della carie
Il calcio ha un ruolo fondamentale per la calcificazione delle ossa e dei denti, la sua azione è
strettamente legata a quella del fosforo con il quale il rapporto ottimale è di 1 a 2. L’apporto di calcio per
una corretta calcificazione è importante per tutta la vita, ma è fondamentale nel periodo prenatale per
assicurare un equilibrato processo di calcificazione dei denti che inizia al principio del quinto mese e
decorre in maniera normale in condizioni di corretta alimentazione materna. Durante l’allattamento è
consigliabile un apporto di calcio intorno ai 1000-1200 mg al giorno per favorire una corretta
calcificazione, processo che sembra avere un effetto protettivo nei confronti della carie. Un effetto
protettivo è esercitato anche dal fosforo la cui aggiunta nella dieta sembra ridurre l’incidenza di carie.
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2.6 Difetti di calcificazione
I difetti di calcificazione, in grado di colpire ciascuno dei tessuti duri del dente, possono essere dovuti
a deficit dietetici materni, a difetti ormonali materni o fetali, o a cause iatrogene. Ad esempio Ia
somministrazione di tetracicline dopo il primo trimestre di gravidanza, o nei bambini piccoli, provoca
ipoplasia della smalto, colorazione giallastra e caduta dei denti. Le tetracicline si legano al calcio osseo e
dentale formando un complesso ortofosfato-calcio-tetracicline; si ha quindi una distribuzione
dell’antibiotico nell’osso e nel dente specie prima della nascita con temporanea inibizione
dell’accrescimento sia nella vita fetale che nel neonato. Il dente deciduo è oggetto di disgenesie,
ipoplasia e, come abbiamo già visto, di aumentata tendenza alla carie; presenta colorazione crema,
giallastra o grigio-bruna. Se somministrate negli ultimi mesi di gravidanza possono colpire il dente
definitivo.
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3. Paste dentifricie
3.1 Proprietà
Alla pasta base di un buon dentifricio si richiede sostanzialmente di avere un sapore gradevole, di
non irritare le mucose, di non contenere abrasivi in quantità eccessiva, di possedere un pH stabile
intorno a 7,0 e di non arrecare danno, sia localmente che all’organismo, anche dopo un uso prolungato.
Le specifiche funzioni (antiplacca, antitartaro, ecc.) vengono invece generalmente assolte da singoli
componenti aggiunti alla formulazione.
Le paste devono presentarsi lisce ed omogenee, stendersi sullo spazzolino molto facilmente
aderendo alle setole, senza però espandersi. La consistenza deve essere tale che la pasta possa venire
estrusa facilmente con una leggera compressione del tubetto flessibile; non vi devono essere grumi che
impediscano al prodotto di disperdersi uniformemente nell’acqua di sciacquatura e che potrebbero
inoltre insinuarsi in qualche anfratto della cavità orale dopo l’operazione di igiene orale Le motivazioni
principali per giustificare l’uso di una pasta dentifricia possono essere così riassunte:
1) rimuovere la placca batterica rendendo più efficace l’azione meccanica della pulizia con lo spazzolino
da denti;
2) svolgere un’azione protettiva a livello della gengiva o dello smalto a seconda degli agenti specifici
contenuti;
3) ridurre la predisposizione alla carie;
4) togliere eventuali macchie che oltre a problemi di estetica potrebbero favorire ulteriori adesioni di
placca;
5) rendere più gradevole la spazzolatura per la presenza di aromatizzanti e dolcificanti;
6) lasciare momentaneamente l’alito fresco e mascherare l’alitosi;
7) incentivare i bambini all’igiene orale.
3.2 Composizione
I dentifrici sono stati commercializzati nel tempo in diverse forme di somministrazione: Iiquidi, in
polvere o granuli e in pasta o gel.
I dentifrici Iiquidi, o acque dentifricie, hanno una composizione simile a quella delle paste da cui si
differenziano per una quasi completa assenza di sostanze abrasive ed una percentuale maggiore di
detergenti, essenze aromatizzanti e spesso, nel passato, per la presenza di una discreta quantità di
alcool etilico. Il loro uso è estremamente limitato essendo stati praticamente soppiantati dai collutori da
cui oggi è spesso difficile distinguerli.
Anche le polveri dentifricie non vengono quasi più utilizzate per motivi di praticità; al loro uso
esistevano anche numerose controindicazioni tra cui un’eccessiva azione abrasiva e il fatto che lo
spazzolino, nel raccogliere la polvere, tendeva a bagnarla più del necessario alterando sia lo stato fisico
(la polvere fine si addensava in grossi grumi) che quello chimico (idratazione) del prodotto. Inoltre questi
dentifrici si disperdevano poco nella cavità orale durante l’applicazione e le loro polveri insolubili
tendevano a depositarsi negli spazi interdentali e nelle depressioni dei denti.
I dentifrici in commercio sono oggi quasi esclusivamente in forma di pasta o di gel (contenente una
minima quantità di abrasivi), e i componenti base presenti normalmente nella loro formulazione sono
riportati in tabella 3.1.
Tabella 3.1
Componenti base di una pasta dentifricia
Umettanti, conservanti e lubrificanti (20-30%)
Leganti o addensanti (1-2%)
Astringenti
Coloranti
Aromatizzanti o correttivi del sapore (1-2%)
Dolcificanti (1-3%)
Abrasivi (20-40%)
Detergenti (1-2%)
A questi composti formanti la cosiddetta formulazione base vengono oggi quasi sempre aggiunti
farmaci (o sostanze medicamentose o principi attivi) in una quantità che varia dall’1 al 3% del totale.
Spesso, nelle specifiche, per facilitare l’azione delle sostanze medicamentose viene consigliata una
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prima pulizia accurata dei denti con le setole dello spazzolino e solo successivamente l’uso del
dentifricio.
Le quantità relative dei vari componenti non sono uguali nelle diverse formulazioni presenti in
commercio e dipendono ovviamente dall’utilizzazione per la quale la pasta è stata formulata e dalle
interazioni chimico-fisiche che si possono stabilire tra i componenti stessi. A puro titolo di esempio viene
riportata di seguito la composizione di uno dei dentifrici presenti in commercio:
principi attivi: citrato di potassio 5,345%, triclosan 0,2%, s0di0 monofluorofosfato 0,85%;
abrasivo: diossido di silicio;
schiumogeno-detergente: sodio dodecilbenzensolfato;
legante-addensante: sodio carbossimetilcellulosa;
aromatizzante: optamint;
dolcificante: sodio saccarinato;
umettante: sorbitolo;
veicolo: acqua distillata.
Il pH del cavo orale durante l’utilizzazione di un dentifricio deve essere il più vicino possibile a quello
della saliva ma in ogni caso compreso sempre tra 6,5 e 8,0. Dentifrici troppo alcalini possono infatti
irritare le mucose e rammollire i tessuti paradentali mentre dentifrici troppo acidi incrementerebbero i
processi di solubilizzazione dell’idrossiapatite dello smalto.
3.3 Umettanti, conservanti e lubrificanti
I componenti umettanti sono presenti nelle paste dentifricie in misura del 20-30% ed in quantità
minore nei dentifrici liquidi, dove hanno funzione di solventi complementari. Non hanno azione diretta sui
denti e sul tessuti molli, ma hanno la funzione di ritardare la perdita del solvente quando il prodotto viene
a trovarsi in ambiente aperto e sussiste quindi il rischio che secchi o indurisca rapidamente, e
secondariamente di conferire maggiore uniformità e lucentezza alle paste. Gli umettanti maggiormente
utilizzati sono l’acqua, il glicerolo ed il sorbitolo.
Nella preparazione delle paste dentifricie è generalmente utilizzata un’acqua detta depurata che può
essere: deionizzata, distillata e distillata purificata. L’acqua deionizzata viene ottenuta mediante
l’utilizzazione di resine a doppio scambio (cioè anioniche e cationiche); quella distillata, che viene
ottenuta tramite un processo di distillazione, può essere ulteriormente purificata con un processo di
osmosi inversa.
La glicerina o glicerolo viene preparata per sintesi (saponificazione dei grassi ed oli). È un liquido
viscoso con un punto di fusione elevato; se scaldata decompone ad acroleina, un composto tossico per
il fegato. Utilizzata come solvente per soluzioni chiamate glicerolati, viene anche impiegata come
cosolvente, in quanto è solubile in acqua e può essere quindi usata per sciogliere sostanze poco solubili.
La glicerina era usata in passato molto frequentemente per le sue proprietà umettanti ed emollienti
ed in quanto le sue proprietà igroscopiche stabilizzavano il contenuto idrosalino delle paste dentifricie.
Oggi il suo uso è notevolmente diminuito a causa di vari difetti, i principali dei quali sono:
1) il notevole abbassamento del potere di saponificazione che si ha in sua presenza, e quindi la sua
interferenza con le proprietà schiumogene e detergenti dei preparati;
2) le sensazioni di sete, nausea e l’iperglicemia, dovute al suo effetto disidratante.
Il sorbitolo è un alcool poliossidrilico che avendo un potere edulcorante circa la metà di quello del
saccarosio viene spesso utilizzato come dolcificante non cariogeno (vedi paragrafo 3.11). Nelle paste
dentifricie viene in realtà utilizzato, normalmente in soluzione acquosa al 70-75%, per le sue capacità
umettanti e stabilizzanti.
A parità di contenuto di prodotto anidro, la glicerina conferisce ai preparati finiti una consistenza
maggiore rispetto al sorbitolo. Entrambi i prodotti sono ugualmente efficaci nel mantenere costante il
contenuto idrico delle paste, nel prevenire l’essiccamento, nell’aumentare la pastosità dei preparati, sia
per l’effetto coesivo sugli abrasivi sia per quello stabilizzante sulla plasticità e sulle caratteristiche
reologiche degli eccipienti mucillaginosi.
Altri glicoli utilizzati come umettanti e preservanti sono il propilenglicol e il polietilenglicol le cui
preparazioni sono meno viscose di quelle ottenute con il glicerolo.
Agli umettami sono talora associati dei conservanti o preservativi antibatterici e antimuffa che
vengono utilizzati per mantenere la sterilità della preparazione, particolarmente quando il preparato può
essere un ottimo terreno di coltura per la presenza di sostanze utilizzabili da parte dei batteri. Tra i più
comunemente usati vi sono dei sali dell’acido benzoico come il metile (o etile, o propile) paraidrossibenzoato.
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Tabella 3.2
% in peso della fase liquida nei dentifrici in gel e in pasta
Componente
Pasta
Glicerina
22
Sorbitolo
Polietilenglicol
Acqua
24
% in peso sul totale
46
Gel
25
40
3
3
71
3.4 Leganti o addensanti
I componenti leganti o addensanti o stabilizzanti hanno la funzione di dare la consistenza desiderata
alla pasta (unitamente agli umettanti) e di tenere insieme, per così dire, tutti i componenti in maniera
omogenea, impedendo quindi la separazione della fase liquida da quella solida dei dentifrici. Un
inconveniente verificatosi frequentemente nel passato, e che può essere messo in relazione con una
bassa efficacia legante dell’addensante sulla polvere abrasiva, è il processo di trasudamento. In questi
casi all’apertura del tappo del tubetto l’estrusione della pasta veniva preceduta dalla fuoriuscita di una
sostanza liquida più o meno densa che appariva anche intensamente colorata quando la formulazione
includeva dei coloranti. Il fenomeno era dovuto ad una sedimentazione lenta delle particelle minerali
dell’abrasivo che trascinava con sé gran parte degli agglomerati (granuli, micelle colloidali, ecc.) e
lasciava sulla superficie la frazione liquida.
Come mezzi addensanti sono stati utilizzati nel tempo vari composti quali il glicerolato d’amido,
alcune gomme naturali, gli alginati, i silicati di alluminio e magnesio, e i carragenati, che impiegati da soli
in dispersione formano mucillagini sufficientemente adatte per l’impiego nei dentifrici.
Gli addensanti oggi più comunemente impiegati nella formulazione delle paste dentifricie sono:
a) gli alginati: sono i sali dell’acido alginico che costituisce la sostanza colloidale di alcune alghe marine.
Hanno un notevole potere legante, agglutinante e addensante. A queste proprietà vanno inoltre aggiunte
quelle di antitartaro, emostatico e detergente. Il loro colore non interferisce sulla colorazione dei prodotti
ed il loro gusto leggermente marino può essere ben mascherato dagli aromi;
b) gli esteri della cellulosa (metilcellulosa, idrossietilcellulosa, carbossimetilcellulosa): sono esteri della
cellulosa, non digeribili e inattaccabili dalle β-amilasi. Vengono utilizzati per la preparazione di soluzioni
acquose viscose e per emulsioni di oli in acqua, ad esempio per ispessire soluzioni destinate agli occhi
(colliri). Sono dotati di notevoli proprietà leganti e addensanti. Il prodotto di questo tipo più usato è la
carbossimetilcellulosa sodica, ottenuta dalla cellulosa per trattamento con acido monocloroacetico, che
viene impiegata alla dose dell’1-2,5% ed è un ottimo ispessente;
c) la carragenina o estratto di muschio irlandese o E407: è una polvere inodore di color bianco giallastro
che ha proprietà gelificanti e addensanti. Si ottiene per estrazione acquosa da alcune Rodophiceae ed è
formata principalmente da una miscela di esteri di ammonio, calcio, potassio, magnesio e sodio di
copolimeri del galattosio e del 3,6-anidro galattosio.
Nella formulazione della pasta possono essere presenti anche delle sostanze lubrificanti che
favoriscono la fuoriuscita della pasta dal tubetto diminuendo la sua azione abrasiva contro la superficie
del collo di estrusione. Inoltre, insieme agli addensanti e agli umettanti rendono più morbida l’azione
abrasiva delle paste.
3.5 Astringenti
Gli astringenti precipitano le proteine e, quando vengono applicati alle membrane mucose o alla
pelle danneggiata, formano una pellicola superficiale protettiva e non sono normalmente assorbiti. I
componenti astringenti più comunemente usati nelle paste dentifricie sono: i sali di alluminio (cloruro,
acetato e solfato), l’allume (solfato di alluminio e potassio), l’acido tannico, il catechu (estratto acquoso
delle foglie e dei giovani germogli di una rubiacea, la Uncaria gambier), l’amamelide, l’iperico, le radici di
ratania, il tiglio, la tormentilla.
3.6 Abrasivi
I componenti abrasivi o lucidanti sono costituiti generalmente da metafosfato di sodio, ossidi di
alluminio e composti a base di silice; cioè sostanze capaci di asportare ciò che è più tenacemente adeso
allo smalto, come ad esempio le macchie di tabacco, caffè, the. Erroneo illudersi, però, di poter
sbiancare un dente: lo smalto, infatti, è perfettamente trasparente mentre è la dentina che fornisce il
colore e, quindi, non ha significato auspicarsi un’azione sbiancante della pasta dentifricia. Anzi, un
dentifricio che contenga, in percentuale elevata, sostanze di tipo abrasivo consuma lo smalto e provoca
lesioni, anche gravi, a carico del dente; è basilare quindi che una pasta dentifricia ne contenga una
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quantità ridotta. Tali componenti, se presenti in giusta misura, sono in grado di promuovere la
diminuzione del numero dei microrganismi nella cavità orale, poichè la loro azione abrasiva crea
condizioni che sfavoriscono le capacità adesive proprie della popolazione microbica che troverebbe,
altrimenti, un ottime terreno di coltura costituito dagli accumuli di glicoproteine e residui alimentari.
In generale gli abrasivi sono sali minerali che integrano l’azione meccanica dello spazzolino nel
rimuovere la placca; sembra infatti che l’uso di un dentifricio privo di abrasivi comporti, nel 90% dei casi,
la formazione di una pellicola bruna sui denti. Tuttavia, in realtà, i pericoli maggiori vengono dall’eccesso
più che dal difetto di abrasivi; infatti già ai primi del Novecento misure dell’azione abrasiva su denti
estratti avevano messo in luce i rischi derivanti da un abuso. Inoltre è noto come lo stesso sale, in
preparazioni farmacologiche o commerciali diverse, possa svolgere azione abrasiva diversa in rapporto
sia al suo stato fisico (dimensione delle particelle in conseguenza della macinatura) che chimico
(interazioni con altri sali presenti). L’unica prova sicura dell’abrasività si può avere sui denti (e non sulle
placche di avorio utilizzate spesso per esperimenti in vitro), ed esiste un rapporto tra le dimensioni e la
durezza delle particelle dei componenti insolubili ed il grado di abrasività (tanto maggiore è la grana
tanto più avanzata risulta l’abrasione), mentre la quantità di abrasivo contenuta nel dentifricio sembra
avere un ruolo minore. In altri termini, sembra non contare tanto la quantità percentuale di abrasivo,
quanto piuttosto la sua grana e il suo stato fisico, per quanto un buon dentifricio non dovrebbe contenere
abrasivi formati da particelle molte dure ed appuntite che potrebbero intaccare la pellicola protettiva e
graffiare lo smalto.
L’abrasività inoltre non dipende dal sale di per sé, ma dalla sua preparazione fisico-meccanica (lo
stesso sale in dentifrici diversi può avere azione diversa), per cui non è possibile affermare che un sale
sia più abrasive di un altro. Allo stato attuale delle cose, non si può accertare quale sia il donne
provocato dagli abrasivi sui denti, in quanto entrano in azione altri fattori: si può misurare la profondità
dei solchi prodotti sui denti, ma non si può dire a quali elementi attribuirli e non esiste uno standard
fissato al di la del quale si possa affermare che si verifichi un donno.
I fattori che condizionano l’azione abrasiva sul dente sono numerosi e divisibili in tre gruppi:
attribuibili al dentifricio, allo spazzolino ed alla spazzolatura.
I fattori legati al dentifricio sono, in ordine decrescente di importanza:
1) grana e forma delle particelle;
2) interazione con altri componenti;
3) durezza delle particelle;
4) quantità di abrasivo, ovvero percentuale di cristalli nella pasta.
Due sono i fattori legati al tipo di spazzolino:
1) diametro delle singole setole e loro lunghezza;
2) natura delle setole.
Di grande rilievo e decisamente determinanti sono i fattori legati al tipo di spazzolatura:
1) frequenza e durata dell’operazione di spazzolatura;
2) pressione esercitata sul dente;
3) tecnica di spazzolatura adottata.
lnfatti l’abrasione dello smalto sembra essere più in rapporto alla spazzolatura che al tipo di abrasivo
usato; a parità di questo componente, il fattore determinante appare essere il numero di colpi di
spazzolino più che la pressione esercitata sullo stesso. È quindi necessario sottolineare come una
spazzolatura frequente risulti più dannosa che utile.
In generale, gli abrasivi sono delle sostanze dotate di elevata durezza, che vengono impiegate per
eseguire lavorazioni meccaniche quali la levigatura e la lucidatura di vari materiali. Le paste dentifricie
contengono normalmente il 20-40% di abrasivi, le polveri circa il 95%; i dentifrici caratterizzati da uno
scarso contenuto di abrasivi vengono chiamati gel.
L’abrasione della dentina avviene più velocemente rispetto a quella dello smalto (circa 30 volte) e
quella del cemento 30 volte più rapidamente di quella della dentina: da qui la necessità di una
spazzolatura verticale.
Chimicamente gli abrasivi sono sostanze naturali o artificiali, carboniose, alluminiose o silicee
(abrasivi generalmente duri), oppure sali di metalli alcalini, o alcalino-terrosi (abrasivi generalmente
teneri). Quelli che vengono maggiormente utilizzati nei dentifrici sono riportati in tabella 3.3.
L’impiego di miscele di abrasivi può raggiungere meglio gli standard desiderati di efficacia e
sicurezza rispetto a quanto può offrire il singolo abrasivo.
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Tabella 3.3
Abrasivi utilizzati nei dentifrici
Polvere di pomice
Carbonato di calcio
Fosfato di calcio bibasico diidrato
Silice
Fosfato di calcio bibasico anidro
Allumina
Fosfato tricalcico
Carbonato di magnesio
Pirofosfati di calcio
Bicarbonato di sodio
Metafosfato di sodio insolubile
Idrossiapatite
Metafosfato di calcio
Molti test sono stati messi a punto per misurare l’abrasività, ma quello a cui più spesso si fa
riferimento è il metodo del British Standards Institute (BSI), ovvero il test di abrasione della dentina
radioattiva. Questo metodo misura la quantità di dentina rimossa mediante lavaggio e pulizia con
dentifricio, utilizzando una tecnica con tracciante marcato: una quantità molto piccola di dentina può
essere misurata con un contatore di radioattività e confrontata con quella liberata da un dentifricio
campione e riferita ad uno standard.
Test di abrasione della dentina radioattiva
In questo procedimento, le radici dei denti umani precedentemente estratte sono rese radioattive
irradiandole con un flusso di neutroni mediante un reattore nucleare. I denti vengono poi posti su una
particolare macchina che spazzola otto denti alla volta ad una pressione di 150 g. Il fosforo 32
radioattivo rimosso dalla dentina delle radici dei denti viene utilizzato come indice del potere abrasivo del
dentifricio analizzato.
Il British Standards Institute consente una RDA (Relative Dentine Abrasion) fino a valori di 200 ed il
valore medio osservato in tutta la gamma dei dentifrici sul mercato è tra 60 e 110. Ad esempio l’Elmex
verde (Crinos) viene indicato, con un valore di 13, come i1 dentifricio a più basso potere abrasivo
presente sul mercato se lo si paragona ad altri prodotti testati dalla casa e cioè all’Emoform (37),
all’Elmex rosso (77), al Colgate gel (78), all’Aronal (104) e al Mentadent C (124).
In letteratura i valori di abrasività dei dentifrici vengono anche riportati come IA, cioè indice di
abrasività, che è un’altra misura dell’abrasione della dentina.
Le polveri abrasive utilizzate attualmente non vengono ottenute per frammentazione, processo
mediante il quale potrebbero contenere particelle capaci di scalfire lo smalto (carbonato di calcio
naturale o calcite), bensì attraverso reazioni di precipitazione.
Utilizzando paste dentifricie con la stessa formula base ma contenenti diversi abrasivi è stato
dimostrato che non esiste una diretta correlazione tra le capacità abrasive e la capacità di rimuovere la
placca, come è evidente dalla tabella 3.4, paragonando i valori dell’abrasività ottenuti con il test del
piatto di rame e l’indice di placca rimossa (IPR).
In ogni caso la possibilità di poter scegliere tra prodotti simili ma con indici di abrasività diversi può
essere estremamente conveniente in certe particolari situazioni patologiche come la sensibilità
dentinale. È questo, ad esempio, il caso dei dentifrici Eburdent (Acro) presenti sul mercato: Eburdent 25
e Eburdent 75 sono infatti due paste con indici di abrasività differenziati per un loro uso selettivo nelle
diverse condizioni cliniche.
Di seguito vengono riportati gli abrasivi oggi maggiormente utilizzati nella formulazione delle paste
dentifricie.
Tabella 3.4
Abrasivo
Fosfato di calcio anidro
Fosfato di calcio diidrato
Silice precipitata
Allumina
Carbonato di calcio precipitato
Metafosfato di sodio insolubile
IPR
31
34
34
36
41
28
Abrasività
530
100
140
260
120
170
Il carbonato di calcio precipitato: è utilizzato nella formulazione delle paste dentifricie. Si ottiene
trattando una soluzione di cloruro di calcio con carbonato di sodio o facendo passare una corrente di
anidride carbonica nel latte di calce. Si presenta sotto forma di piccoli cristalli uniformi; rispetto al
prodotto naturale macinato è più impalpabile, ha una durezza minore ed un potere abrasivo più blando.
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Il bianco di Meudon o bianco di Spagna: è un carbonato di calcio estremamente puro, chiamato
anche bianchetto, ottenuto per precipitazione di una soluzione di cloruro di calcio ad opera del carbonato
di sodio. Anche i solfati e i fosfati di sodio e calcio, contenuti nei dentifrici in quanto abrasivi leggeri,
vengono ottenuti con questa metodica.
Il carbonato di sodio: ottenuto per precipitazione è un abrasivo che da una levigatura opaca, mentre
un miscuglio di trifosfato di sodio e di fosfato tricalcico, come anche l’allumina idrata, sembrano dare una
levigatezza brillante, poco favorevole alla ritenzione della placca.
Il fosfato di calcio bibasico (DCP, dicalcium phosphate): è un classico abrasivo utilizzato in Europa
da circa 25 anni. Oggi viene impiegato essenzialmente in due forme modificate: una diidrata ed una
anidra.
Il primo tipo, ovvero il fosfato di calcio bibasico diidrato o DCP-D (CaHPO4-2H2O), cristallizza nel
sistema monoclino, ha un grado di durezza pari a 2,0-2,5 nella scala di Mohs e viene chiamato
comunemente brushite. La forma anidra, il fosfato di calcio bibasico anidro o DCP-A (CaHPO4),
cristallizza nel sistema triclino, ha una durezza uguale a 3,5 e prende il nome di monetite.
Come agente pulente il DCP-D viene utilizzato più frequentemente in quanto presenta un’abrasività
che è inferiore di circa un sesto; il DCP-A tende invece ad essere usato in combinazione con il diidrato in
paste con elevata abrasività come quelle indicate come antiplacca o per fumatori. Sul mercato vi sono
anche dei prodotti che contengono solo DCP-A, che è però presente in una proporzione relativamente
bassa (20-25% in peso) rispetto agli altri eccipienti. In questi casi la consistenza ottimale viene raggiunta
mediante l’addizione di addensanti come l’acido silicico pirogenico.
L’utilizzazione del DCP-D come abrasivo nei dentifrici è stata resa possibile dalla messa a punto di
opportuni stabilizzanti. Infatti, in soluzione acquosa, questo composto tende a perdere la sua acqua di
cristallizzazione: CaHPO4-2H2O CaHPO4 + 2H2O ed è anche soggetto ad una graduale scissione
idrolitica che porta alla formazione di idrossiapatite e acido fosforico: 5CaHPO4 + 2H2O Ca5(PO4)3(OH) + 2H3PO4; quest’ultima reazione viene accelerata in presenza di ioni fluoro per la
parziale formazione di fluoroapatite.
Tutto questo, in pratica, porta ad un considerevole ispessimento della consistenza della pasta dovuto
essenzialmente alla formazione di queste nuove strutture cristalline. Inoltre durante le reazioni il pH
diminuisce e quindi, quando sono presenti principi attivi fluorurati, la solubilità dei floruri attivi diminuisce.
La stabilità del DCP-D viene mantenuta per oltre un anno in presenza di opportuni stabilizzanti quali i
sali di magnesio e/o i fosfati condensati.
Il metafosfato di sodio insolubile (NaPO3)x o IMP: è un polifosfato di sodio lineare la cui catena è
tanto lunga da renderlo praticamente insolubile in acqua. Deriva dall’acido metafosforico, una molecola
nella quale gli atomi di ossigeno fanno da ponte tra quelli di fosforo, in modo tale che la formula è
(HPO4)n.
La quantità consigliata per la formulazione dei dentifrici è circa il 30% in peso, a cui si raccomanda di
aggiungere il 3% di acido silicico pirogenico per accrescere la consistenza della pasta.
Viene sintetizzato mediante la condensazione del fosfato di sodio monobasico, processo durante il
quale viene anche inevitabilmente prodotta una miscela di fosfati a basso peso molecolare che
rappresenta circa il 3% in peso, è solubile in acqua ed è formata da ortofosfato (4%), pirofosfato (7%)
trifosfato (6%), trimetafosfato ciclico (18%) e fosfati più grandi (65%). Una miscela di metafosfati di sodio
in cui n ha un valore da 3 a 8 vengono utilizzati nella formulazione dei detersivi per addolcire le acque.
L’IMP è praticamente compatibile con tutti i composti fluorati. L’addizione di fluoruri può portare infatti
alla formazione di ioni monofluorofosfato che sono solubili e offrono una buona protezione contro la
carie, mentre solo circa il 5% degli ioni fluoro si lega alla molecola base.
Visto il contenuto in pirofosfati l’IMP ha quasi sicuramente proprietà antitartaro (vedi capitolo 9).
Inoltre il trimetafosfato di sodio ciclico sembra essere efficace nella prevenzione della carie, in quanto
diminuendo la solubilità dell’apatite dello smalto lo rende più resistente agli acidi.
L’ossido di alluminio triidrato o α-allumina triidrata: si presenta come una polvere bianca finissima,
costituita da microgranuli il cui diametro medio è inferiore a 15 µ.
Il grado di durezza dell’α-allumina è pari a 3,0 nella scala di Mohs, quindi notevolmente inferiore a
quello dell’apatite (5,0) e della fluoroapatite (5,2). Questo fa si che durante la sua utilizzazione non si
producano graffiature o incisioni dello smalto e dei diversi materiali di otturazione o ricostruzione, e
permette inoltre il suo impiego in alte concentrazioni conferendole così un elevato potere pulente.
La sua stabilità chimica è dovuta anche all’assenza, nella sua formula, di ioni calcio in grado di
legarsi e “sequestrare” altri principi attivi eventualmente contenuti nella formulazione. Per questo motivo
viene utilizzata spesso nella composizione di dentifrici con sodio monofluorofosfato, nei quali mantiene
meglio nel tempo l’efficacia degli ioni fluoro rispetto ad altre comuni sostanze pulenti quali il carbonato di
calcio e il DCP-A.
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Le silici micronizzate: sono ottenute micronizzando vari tipi di gel di silice e controllandone
accuratamente la grandezza delle particelle. Syloblanc 81 e Syloblanc 82 sono due tipi di silice
micronizzata messi a punto dalla Grace Italiana. I due tipi differiscono nel potere abrasivo ma svolgono
entrambi sia la funzione di abrasivo che di addensante. Il primo, usato in concentrazioni di circa il 20%,
conferisce alla pasta dentifricia un elevato potere pulente; il secondo viene indicato per i dentifrici studiati
per la cura delle gengive, nei quali è necessario mantenere molto basso il potere abrasivo per prevenire
danni a carico della dentina esposta.
Le particelle di silice hanno una dimensione media di 4 µ nel tipo 81 e di 7 µ nel tipo 82, la loro forma
è tondeggiante, quasi sferica; esse conferiscono un potere abrasivo uniforme e controllato. Grazie
all’elevata inerzia chimica della silice, le paste dentifricie contenenti silici micronizzate sono altamente
compatibili con i fluoruri. Data la notevole efficienza possono essere utilizzate in concentrazioni
relativamente basse nella produzione di dentifrici sia trasparenti che opachi.
3.7 Detergenti
I componenti detergenti, detti anche tensioattivi, agenti schiumanti o surfactanti, sono composti
capaci di abbassare fortemente, anche se aggiunti in piccola quantità, Ia tensione superficiale dei
sistemi liquido-vapore, Iiquido-liquido, liquido-soIido, provocando schiuma, emulsione, detersione, ecc.
Vengono utilizzati nella formulazione dei dentifrici per abbassare la tensione superficiale
nell’ambiente fluido, per penetrare e sciogliere i depositi superficiali, per emulsionare e sospendere i
detriti che sono stati rimossi dalla superficie dei denti, per disperdere l’aroma in modo da evidenziarne il
gusto ed il profumo, per rendere più estesa la superficie d’azione di eventuali farmaci. Essi
contribuiscono inoltre alle proprietà schiumogene della formulazione e possono anche avere attività
antimicrobica.
La schiuma dei dentifrici non deve però essere eccessivamente abbondante e riempire troppo la
bocca, perchè in individui particolarmente sensibili ciò può sollecitare il palato molle e produrre conati di
vomito; d’altra parte troppo poca schiuma non permetterebbe alla pasta dentifricia di disperdersi
sufficientemente nella cavità orale.
In linea di massima un tensioattivo è una molecola prevalentemente di carattere non polare, ma che
contiene per lo meno un gruppo o un segmento di carattere polare relativamente forte. Messo in un
solvente polare come l’acqua, la parte polare o idrofila della molecola tende ad andare in soluzione,
mentre quella non polare, o idrofobica o lipofila, resiste a tale tendenza. Se la parte polare è
sufficientemente forte trascinerà in soluzione l’intera molecola, malgrado le resistenze idrofobiche. Se
tale molecola si dispone poi all’interfase aria-acqua, la porzione idrofobica tenderà a proiettarsi o a porsi
nella fase gassosa a bassa polarità, anche se tale tendenza viene contrastata dal gruppo idrofilo. Il
risultato di tali contrasti è che la molecola del tensioattivo si orienta all’interfase con la testa polare, o sito
idrofilo, nel liquido polare e la parte idrofobica nell’aria o nella fase oleosa apolare.
I detergenti possono essere classificati su diverse basi a seconda del loro uso, delle loro proprietà
fisiche e della loro struttura chimica, ma nessun sistema è completamente soddisfacente. Il più
accettabile è probabilmente quello che si attiene alla loro struttura chimica e secondo il quale possono
essere suddivisi in:
- detergenti anionici: sono molecole tensioattive, in cui il gruppo chimico responsabile dell’abbassamento
della tensione superficiale ha carica negativa. Essi sono costituiti dai saponi, dagli esteri solforici o solfati
degli acidi grassi e dai sali solfonati degli idrocarburi. I saponi che comprendono i sali di sodio o potassio
degli acidi grassi superiori di origine animale o vegetale esercitano una debole azione germicida grazie
al pH alcalino delle loro soluzioni. Il sapone tipo Marsiglia è stato tra i primi detergenti ad essere usato
nella formulazione dei dentifrici.
I detergenti anionici utilizzati nella composizione dei dentifrici sono stati diversi tra cui il sodio
laurilsulfoacetato e il sodio laurilsarcosinato, ma quello oggi più frequentemente usato è il sodio
laurilsolfato (SLS).
Il sodio laurilsolfato, [CH4-(CH2)10-CH2-SO3]Na, è formato da una catena idrofobica di dodici carboni
a cui è attaccato un gruppo solfato idrofilico. Questo composto, reperibile come polvere e solubile in
acqua, è noto come uno degli agenti denaturanti più efficace per le proteine ed è normalmente usato per
analizzare le singole catene polipeptidiche delle proteine denaturate.
È il detergente più frequentemente usato nella composizione delle paste dentifricie, anche perchè ha
un odore intrinseco ed una tossicità molto bassi alle concentrazioni normalmente usate nei prodotti per
l’igiene orale che variano tra l’1 e il 3% (soluzione all’1% = 37,4 mM);
- detergenti cationici: sono composti tensioattivi meglio conosciuti come sali di ammonio quaternari, in
quanto l’azoto tetravalente con carica positiva viene generalmente chiamato ione ammonio. Prendono
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anche il nome di saponi invertiti, in quanto la loro parte solubile in acqua non possiede una carica
negativa bensì positiva.
I detergenti cationici vengono spesso usati come antisettici per le loro proprietà germicide poichè,
essendo carichi positivamente, abbassano la tensione superficiale di membrana, che a pH fisiologico è
carica negativamente, e quindi si legano alla superficie cellulare dei batteri danneggiandola. Ne segue
una denaturazione delle proteine di membrana con fuoriuscita di costituenti intracellulari.
A questo proposito, il cetilpiridinio cloruro e il benzalconio cloruro, che sono due detergenti cationici
utilizzati spesso nella formulazione dei dentifrici e collutori, hanno dei vantaggi come antisettici in quanto
sono poco irritanti per i tessuti, alle concentrazioni terapeutiche, ed inoltre sono attivi molto rapidamente;
tra gli effetti collaterali sono state descritte pigmentazioni dentarie e, in casi sporadici, un aumento della
formazione di tartaro.
Un altro composto dell’ammonio quaternario usato alcune volte nella formulazione dei dentifrici è il
trimetilcetilammonio p-toluensolfonato, più noto con il nome commerciale di tricetol.
La clorexidina, il più potente ed ampiamente studiato agente antiplacca tra tutti quelli oggi conosciuti,
è un detergente cationico formato da due anelli 4 - clorofenilici e due gruppi biguanidi simmetricamente
legati mediante una catena esametilenica. Gli anelli fenolici e la catena idrocarburica costituiscono la
porzione idrofobica della molecola mentre i gruppi cloruro ed amminici quella idrofilica:
Cl-C6H5-NH-CNH-NH-CNH-NH(CH2)6-NH-CNH-NH-CNH-NH-C6H5-Cl
Questo composto è stato utilizzato in Europa per circa 20 anni ed ultimamente è stato introdotto
anche sul mercato americano. È un disinfettante della mucosa orale ed è stato utilizzato come
antisettico topico per la pelle e le membrane mucose (per maggiori dettagli vedi capitolo 11). Per
aumentarne la solubilità viene utilizzato sotto forma di digluconato ad una concentrazione dello 0,1-1%
equivalente a 1,11-11,1 mM;
- detergenti non ionici: sono sostanze contenenti vari gruppi alcolici legati a catene alifatiche; possono
essere eteri, esteri o amidi. A differenza dei precedenti non risentono delle variazioni di pH e
dell’eventuale presenza di metalli alcalino-terrosi.
Il detergente non ionico triclosan ovvero il 2,4,4’-tricloro-2’-idrossildifeniletere che viene utilizzato
nella formulazione di dentifrici e collutori alla concentrazione dello 0,2-0,5% equivalente a 6,92-17,3 mM,
sembra in grado di inibire la crescita di un vasto spettro di batteri (sia grampositivi che negativi) e di
funghi. Inoltre, esercita una moderata efficacia inibitoria sulla formazione della placca che sembra
aumentare con la presenza di citrato di zinco nella formulazione (vedi capitolo 14).
Il polisorbato 20 o 80 è un detergente non ionico formato da una miscela di esteri laurici del sorbitolo
e delle sue mono e di-anidridi copolimerizzati con circa 20 (o 80) moli di ossido di etilene per ogni mole
di sorbitolo e sue anidridi.
Un altro gruppo di surfattanti non ionici utilizzati sono i polietilenglicoli come il polietilenglicol 400
monostearato e il PEG-[9-10]-p-toluen-octyphenol comunemente noto come Triton X-100. I detergenti
non ionici con gruppi polari che contengono poliossietilene normalmente non denaturano le proteine e
quindi possono essere usati per estrarre le proteine di membrana funzionalmente attive. Il Triton X-100 è
reperibile sotto forma di un liquido viscoso ed è miscibile con l’acqua.
3.8 Detergenti come agenti antiplacca
L’azione antibatterica dei detergenti è il risultato della loro capacità di interferire con la struttura e la
funzione delle membrane. I detergenti cationici (benzalconio cloruro, cetilpiridinio cloruro, clorexidina)
sono generalmente dei battericidi più potenti dei detergenti anionici (sodio laurilsolfato, sodio
laurilsarcosinato), probabilmente perchè gli agenti cationici si legano rapidamente alle superfici
batteriche cariche negativamente mentre le molecole anioniche vengono respinte.
Basandosi sui valori della minima concentrazione inibitoria (MIC) di alcuni detergenti ionici sulla
crescita in vitro dello Streptococcus mutans e sanguinis, può essere costruita la seguente scala di
efficacia: benzalconio cloruro = cetilpiridinio cloruro > sodio laurilsolfato > sodio laurilsarcosinato.
In generale si è concordi nell’attribuire ai composti dell’ammonio quaternario una moderata efficacia
come agenti antiplacca, limitata tuttavia dal fatto che essi vengono inizialmente adsorbiti dai siti del cavo
orale, ma non sono in grado di mantenere a lungo un effetto antibatterico. Ad esempio, anche se in vitro
l’efficacia antimicrobica del cetilpiridinio cloruro è comparabile a quella della clorexidina, i suoi effetti
inibitori, in vivo, sulla formazione della placca e sulla sua acidogenicità sono inferiori a quelli della
clorexidina, probabilmente perchè il cetilpiridinio cloruro si stacca più facilmente della biguanide dai siti di
legame presenti nel cavo orale.
L’uso di concentrazioni più elevate o di sciacqui più frequenti, pur aumentando l’efficacia di tali
composti, ne accentua anche gli effetti collaterali; inoltre sembra che essi vengano inattivati mediante la
formazione di complessi con i costituenti salivari.
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Il sodio laurilsolfato è un agente denaturante con un’alta affinità per le proteine. La sua azione
antimicrobica è dovuta all’assorbimento della molecola sulla superficie batterica e quindi alla sua
interferenza con i meccanismi che regolano l’integrità cellulare. Inoltre questo detergente anionico, a
concentrazioni inferiori a quella critica micellare, che è 8,2 mM, inibisce specifici enzimi come la
glucosiltransferasi dello S. mutans e il sistema della glucosiofosfotransferasi della membrana dello S.
sobrinus.
Un altro fenomeno che potrebbe contribuire all’effetto antiplacca dell’SLS, è la sua grande affinità per
gli ioni calcio. Evidenze sperimentali dimostrano una notevole affinità, in vitro, dell’SLS per
l’idrossiapatite, gli ioni calcio e lo smalto e lasciano supporre che il gruppo solfato della molecola possa
legarsi elettrostaticamente all’idrossiapatite attraverso ponti calcio:
laurilsolfato-SO3- ..... +Ca+ ..... -OPO3-idrossiapatite
Le proteine salivari cariche negativamente (come ad esempio le fosfoproteine) si legano
elettrostaticamente, nello stadio iniziale di formazione della pellicola acquisita, agli ioni calcio esistenti
nello strato idratato dello smalto. Il sodio laurilsolfato probabilmente interferirebbe con la formazione
della pellicola sia attraverso un suo legame con gli ioni calcio dello strato di idratazione sia attraverso un
fenomeno di spiazzamento delle proteine precedentemente adsorbite. È noto infatti che i composti
carichi negativamente e che mostrano una grande affinità per gli ioni calcio (e cioè fluoruri, fosfati, ecc.)
inibiscono l’adsorbimento delle proteine all’idrossiapatite e provocano inoltre il distacco delle proteine
adsorbite.
Dato che la maggior parte dei batteri del cavo orale possiede sulla superficie una carica netta
negativa è molto probabile che gli ioni calcio contribuiscano sia all’aggregazione dei batteri sia
all’adesione degli stessi alle proteine cariche negativamente della pellicola, mediante la formazione di
ponti calcio.
Il laurilsolfato competerebbe con la superficie dei batteri per i siti di legame della pellicola e della
placca, e quindi interferirebbe sia con l’adesione che con l’aggregazione dei batteri. Evidenze
sperimentali suggeriscono inoltre l’esistenza di interazioni, attraverso ponti calcio, tra l’SLS e i gruppi
carichi negativamente (carbossilici, fosfati e solfati) delle glicoproteine della mucosa orale.
Per quello che concerne i detergenti non ionici, essi mostrano generalmente un effetto antiplacca
minore sia rispetto agli anionici che ai cationici e, spesso, la loro presenza può interferire con le
potenzialità batteriche degli altri tensioattivi. Un esempio di ciò è dato dal Triton X-100 il quale forma con
la clorexidina quella che in vitro sembra essere la più potente miscela antibatterica ma che poi, in vivo,
risulta essere molto meno efficace della clorexidina pura.
Il ridotto effetto della miscela è quasi sicuramente collegato con effetti inibitori del detergente non
ionico sui meccanismi di azione della clorexidina; infatti il Triton, attraverso tutta una serie di interazioni
idrofobiche con la mucosa orale, sembra interferire con i normali siti di ritenzione della clorexidina.
Inoltre la possibile formazione di micelle miste Triton-clorexidina potrebbe rendere le molecole di
clorexidina meno disponibili per i potenziali siti di legame sulla mucosa orale.
3.9 Coloranti
In genere il colore gioca un ruolo determinante nel giudizio della qualità di un prodotto, influenzando
la risposta del consumatore anche alle altre caratteristiche quali l’odore, il sapore e la consistenza.
Per quello che riguarda le preparazioni farmaceutiche o cosmetiche i colori vengono usati per:
distinguere una preparazione dall’altra, dare un aspetto più gradevole, e come indicativi, cioè per
segnalare che una determinata operazione è stata compiuta.
La colorazione dei dentifrici deve essere piuttosto blanda e dovranno essere scelti dei colori
preferibilmente poco solubili ma ben dispersibili. Colori impiegati in quantità eccessiva, tanto più se sono
di tipo solubile, mettono in risalto possibili difetti di trasudamento, producono macchie sui tessuti con i
quali i dentifrici possono venire in contatto, ed hanno tendenza a fissarsi sui denti e negli spazi
interdentali.
Nella maggior parte dei casi gli utilizzatori preferiscono il colore naturale bianco, che può essere
esaltato mediante l’aggiunta di ossido di titanio, in quanto dà una sensazione igienica superiore e non ha
l’inconveniente di macchiare. Oltre che in bianco, i dentifrici possono essere colorati con tonalità di
fantasia, in rosa, in blu o in verde. Alcune volte la colorazione può derivare da particolari costituenti attivi
come il colore verde impartito dalla clorofilla o quello rosso caratteristico della sanguinarina.
I coloranti sono soggetti a controlli del Mistero della Sanità; sono tutti idrosolubili in quanto se fossero
liposolubili si potrebbero verificare situazioni di accumulo. Ai fini della certificazione e delle norme d’uso
si distinguono in:
1) coloranti naturali, cioè pigmenti ottenuti da materie prime vegetali ed animali;
2) coloranti nature-identical che sono dei pigmenti naturali ottenuti per via sintetica;
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3) coloranti artificiali, cioè composti non presenti in natura ottenuti per via sintetica.
I coloranti vengono distinti e classificati con le sigle E o CI (Colour Index) seguite da un numero.
Quelli oggi maggiormente utilizzati nella composizione delle paste dentifricie sono:
- E 104 o CI 47005 o giallo crinolina: è il sale sodico di una miscela di acido mono e disulfonico del
chinoftalone;
- E 127 o C1 45430 o eritrosina: è il monoidrato del sale disodico della 2,4,5,7-tetraidrofluoresceina. Si
presenta sotto forma di polvere igroscopica rossa o rosso-bruna inodore che contiene l’87% di colore e
piccole quantità di fluoresceine a bassa iodinatura. Solubile in acqua, forma delle soluzioni rosso
bluastre che alla luce normale non mostrano fluorescenza. Viene anche utilizzata in campo odontoiatrico
per mettere in evidenza la placca dentale;
- E 131 o CI 42051 o Patent Blue V: è una polvere blu scuro violetta che da delle soluzioni acquose blu;
- E 140 o CI 75810 o clorofilla II: è uno dei coloranti naturali più utilizzati ed uno dei pigmenti più
abbondanti in natura. Viene utilizzato dalle piante per catturare l’energia solare ed è estratto con solventi
organici dall’erba medica e dalle foglie di ortica. La clorofilla naturale (E 140) ha un colore verde poco
vivido che inoltre tende a sbiadire alla luce. Lavando la clorofilla in una soluzione rameica (cioè con sali
di rame) si ottiene una clorofilla (E 141) con un colore verde blu molto brillante e con una aumentata
stabilità al calore ed alla luce. Quando vengono utilizzati i sali di sodio si ottiene una forma solubile in
acqua;
- E 171 o CI 77891 o biossido (o ossido) di titanio: è una polvere bianca, inodore, praticamente insolubile
in acqua. Ha sulla pelle un’azione leggermente astringente simile a quella dell’ossido di zinco;
- E 407 o carragenina (vedi paragrafo 3.4).
3.10 Aromatizzanti
Gli aromatizzanti sono oli essenziali che si aggiungono alle formulazioni farmaceutiche per renderle
più gradevoli e rinfrescanti. Tutti i tipi di dentifrici contengono degli aromi che hanno la funzione di
conferire un sapore gradevole e di correggere favorevolmente l’alito. Si utilizzano preferenzialmente
prodotti naturali in quanto quelli sintetici lasciano spesso, dopo un’iniziale sensazione gradevole, un
gusto amaro talvolta persistente e molto sgradevole (per questo motivo vengono in genere utilizzati solo
per completare la nota aromatica).
Le composizioni aromatiche sono presenti nei dentifrici pastosi in una dose variabile dall’1 al 3%
secondo l’intensità dell’aroma e delle sensazioni da esso destate nel cavo orale. Nei dentifrici liquidi e/o
nei collutori oltre che le essenze, che andranno scelte in modo da risultare solubili nel veicolo, vengono
anche impiegati i vegetali aromatici, i componenti dei quali verranno estratti dal veicolo durante la
preparazione. In queste formulazioni la percentuale di essenza può essere anche dell’8-15%.
Tra i costituenti degli aromi per i dentifrici si trovano delle essenze e dei prodotti sintetici (e di
derivazione naturale) che hanno proprietà antisettiche notevoli o possono, quanto meno, inibire lo
sviluppo dei microrganismi che si trovano nella cavità orale. Sono soprattutto le essenze e i loro
componenti con gruppi funzionali fenolici (essenze di garofano, sassofrasso e timo) e quelle contenenti
alcooli (come la menta, le essenze di Citraceae, la lavanda, l’eucaliptolo e l’eugenolo). Vale la pena
notare però che, per la dose in cui si trovano nei dentifrici al momento dell’uso, l’azione battericida viene,
nella maggior parte dei casi, a mancare. Tuttavia hanno sempre la possibilità di svolgere tale azione in
complemento ed in sinergismo con costituenti speciali propriamente antisettici.
Gli aromatizzanti più impiegati nella formulazione delle moderne paste dentifricie sono:
- l’anetoIo: viene ottenuto dall’olio d’anice, da altre sorgenti o sintetizzato; è un liquido incolore o giallo
pallido con un sapore dolce ed il caratteristico odore di anice;
- il bergamotto: l’olio o essenza si ricava dalle bucce fresche del frutto di Citrus bergamia (Rutaceae) ed
ha un sapore aromatico amaro;
- il cinnamomo o cannella di Ceylon: è un olio o essenza di color giallo contenente il 60-80% di aldeide
cinnamica. Ha proprietà carminative ed aromatizzanti;
- l’eugenolo: è un olio incolore o giallo pallido che si ottiene dalla distillazione dei bottoni fiorali, noti
comunemente come chiodi di garofano, dell’Eugenia caryophyllus (Mirtaceae). È un analgesico locale ed
un antisettico del cavo orale;
- la menta peperita (peppermint): l’olio o essenza si ricava dalla distillazione (ed eventuale rettificazione)
delle sommità fiorite fresche della Menta piperita (Lubiatae);
- lo spearmint: o un olio che si ottiene dalla distillazione delle inflorescenze fresche della Mentha cardica
o della Mentha spicata. Ha proprietà molto simili all’olio di peppermint e viene usato come carminativo e
agente aromatizzante.
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3.11 Dolcificanti
I carboidrati costituiscono uno dei fattori più importanti nella patogenesi della carie dentale
rappresentando un elemento necessario, anche se non sufficiente, per lo sviluppo del processo carioso.
La teoria chimico-parassitaria sostiene infatti che la demineralizzazione delle strutture calcificate dello
smalto sia dovuta ad un meccanismo di acidificazione e che gli acidi responsabili di questo fenomeno
siano prodotti dai batteri a partire dai carboidrati.
Per quello che riguarda i dolcificanti, gli studi effettuati sul metabolismo dei batteri hanno dimostrato
chiaramente che non tutti i carboidrati vengon0 trasformati in acido lattico con la medesima velocità. In
particolare il saccarosio (il comune zucchero da cucina), essendo il più fortemente e rapidamente
acidogeno, è tra tutti i disaccaridi quello dotato di maggiore potere cariogeno. Infatti esso viene
idrolizzato molto rapidamente nella cavità orale in glucosio e fruttosio da enzimi batterici e i due
monosaccaridi vengono poi altrettanto rapidamente fermentati dando luogo all’abbassamento del valore
di pH nell’ambiente placca-superficie dentaria.
Il saccarosio non è cariogeno soltanto per il suo potere acidogeno ma anche perchè a partire dal
glucosio i batteri, con processi di polimerizzazione, possono formare due tipi di destrani: quelli leggeri,
che sono poco nocivi, e quelli pesanti, che costituiscono i polisaccaridi intracellulari ed hanno la funzione
di inspessire e rendere aderenti e collose le placche dentarie. La placca ricca di destrani pesanti è una
delle più cariogene per la sua adesività alla superficie del dente.
Il fruttosio viene invece polimerizzato a formare levani (polisaccaridi extracellulari di scarso
significato patogeno) e polisaccaridi intracellulari. Questi ultimi rivestono una notevole importanza nella
progressione della carie in quanto vengono utilizzati come depositi di zuccheri fermentescibili che
vengono catabolizzati lentamente nel tempo, mantenendo così costantemente acido il pH della placca.
Dal punto di vista della cariogenicità risulta perciò importante dividere i carboidrati in tre gruppi in
base alla loro fermentabilità da parte della placca:
a) facilmente fermentabili: saccarosio, glucosio, fruttosio;
b) lentamente fermentabili: sorbitolo, maltitolo, mannitolo, licasina, polidestrosio;
c) non fermentabili: xilitolo.
Tabella 3.5
Velocità di formazione dell’acido lattico
Composto
Velocità relativa
Fruttosio
100
Glucosio
100
Saccarosio
100
Sorbitolo
20
Xilitolo
1
Mannitolo
1
Nella scelta dei dolcificanti alternativi al saccarosio devono però essere considerati anche il sapore,
l’introito calorico ed il costo di produzione.
Il sapore, oltre a rendere il prodotto accettabile al consumatore, è importante per il suo ruolo di
stimolo nei confronti del flusso salivare; il sapore dolce viene esaminato comparandolo a quello del
saccarosio ed in base a ciò si possono individuare due gruppi:
1) dolcificanti di massa: hanno un potere edulcorante fra 0,4-1 rispetto al saccarosio. Ognuno di questi
prodotti ha diverse proprietà fisiologiche desiderabili (ad es. sono tollerati dai diabetici, sono non
cariogeni, ecc.), ma anche carenze dal punto di vista organolettico;
2) dolcificanti ad alta intensità: sono sintetici o provenienti da piante che non fanno parte della normale
alimentazione. Sono da 500 a 2000 volte più dolci dello zucchero e perciò il loro consumo giornaliero è
minimo. Presentano vari problemi: il gusto, la sicurezza per la salute, la stabilita e la mancanza di
massa.
Vale la pena notare che per i dolcificanti dietetici è molto importante la valutazione dell’introito
calorico e che i dolcificanti ad alta intensità vengono usati in quantità così piccole da poter essere
considerati come non nutritivi (l’aspartame è un buon esempio di dolcificante non calorico).
Nella tabella 3.6 sono riportati alcuni dei dolcificanti di massa maggiormente utilizzati dall’industria
farmaceutica.
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Tabella 3.6
Potere edulcorante di alcuni dolcificanti di massa
Composto
Potere edulcorante
Mannitolo
0,5
Licasina
0,5
Sorbitolo
0,5-0,6
Glucosio
0,7
Maltitolo
0,75-0,9
Xilitolo
0,9-1
Saccarosio
1
Fruttosio
1,2-1,5
Come è evidente dai valori riportati, il potere dolcificante dei polioli è minore o uguale a quello del
saccarosio mentre il loro assorbimento è più lento e dipendente dal peso molecolare. Quelli più usati
nella composizione dei dentifrici sono:
- il sorbitolo: è un poliolo (xelitolo) contenuto nella maggior parte della frutta. Il suo assorbimento
intestinale è molto lento ed incompleto; viene metabolizzato essenzialmente nel fegato a fruttosio con
una reazione catalizzata dalla sorbitolo deidrogenasi. Una certa quantità può essere inoltre convertita
direttamente a glucosio ad opera della aldoso reduttasi. Nella placca viene fermentato lentamente ed ha
quindi un potenziale cariogeno inferiore al saccarosio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
raccomanda un consumo quotidiano non superiore ai 10 g;
- lo xilitolo, il cui potere dolcificante è paragonabile a quello del saccarosio, è un pentitolo che si trova
naturalmente in alcuni cibi, specie banane e funghi, e che può essere ricavato per idrogenazione dello
xilolo; nell’uomo è un normale prodotto metabolico intermedio. La principale proprietà dello xilitolo, ai fini
dell’impiego in odontostomatologia, è quella di non venir metabolizzato dagli streptococchi cariogeni, la
cui crescita risulta notevolmente inibita dalla presenza di questo alcool. In caso di assunzione massiccia
sono state descritte complicazioni gastriche;
- il mannitolo, un poliolo (xelitolo) che è presente nel funghi, nelle cipolle e nei carciofi, viene assorbito
molto facilmente a livello intestinale, ma anche rapidamente metabolizzato dalla placca batterica.
Sembra però essere molto meno cariogeno del saccarosio;
- il maltitolo è un poliolo utilizzato molto frequentemente nella formulazione di caramelle e chewing-gum
dietetiche;
- il Iicasina o lycasin 80 è un amido idrogenato ed idrolizzato che contiene sorbitolo, maltitolo,
maltotritolo e destrine idrogenate di vario peso molecolare. Sembra essere meglio tollerato del sorbitolo
e meno cariogeno del saccarosio.
Tutti questi composti sono però veri e propri carboidrati e la loro assunzione, in certe particolari
condizioni, può risultare altrettanto nociva di quella dei normali carboidrati. Vista la tossicità di vari
polialcoli, da alcuni anni sono pertanto entrati nell’uso i dolcificanti detti “ad alta intensità” che non
posseggono alcun elemento strutturale comune agli zuccheri e che mostrano poteri dolcificanti maggiori
di quelli del saccarosio.
Tabella 3.7
Potere edulcorante di alcuni dolcificanti ad alta intensità
Composto
Potere edulcorante
Ciclamato
30
Aspartame
180
Saccarina
300
Neoesperidina
2000
Taumatina
2000
Questi dolcificanti possono essere di sintesi o essere prodotti di origine vegetale più o meno
trasformati. Tra gli edulcoranti di sintesi quello maggiormente utilizzato nella formulazione delle paste
dentifricie è la saccarina, cioè l’immide dell’acido o-solfonbenzoico. Il composto si presenta in cristalli
bianchi solubili in acqua bollente, di sapore dolcissimo. Praticamente si usa sotto forma di saccarinato di
sodio, maggiormente solubile. Il suo potere dolcificante è circa 300-500 volte superiore a quello del
saccarosio, quindi come edulcorante nei dentifrici si può usare in dose minima (0,04-0,30%), ma tende a
diminuire con la concentrazione e in alcuni casi può essere avvertito un retrogusto amaro.
La saccarina è il dolcificante in uso da maggior tempo e non sembra avere effetti nocivi alle
concentrazioni impiegate; è necessario però non superare la dose giornaliera di 2,5 mg/kg di peso
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corporeo (e comunque non più di 150 mg di saccarina al giorno). Le dosi devono essere dimezzate nei
ragazzi ed il computo della saccarina assunta giornalmente deve tenere presente tutte le fonti di tale
edulcorante. Viene rapidamente assorbita nel tratto gastrointestinale ma poi totalmente escreta senza
aver subito modificazioni chimiche entro le 24-48 ore. Sotto forma di sale sodico è uno dei dolcificanti
maggiormente utilizzati nella formulazione delle paste dentifricie.
Tra gli edulcoranti vegetali ricordiamo i derivati dei flavoni diidrocalconi come la neoesperidina che è
contenuta nella buccia degli agrumi e presenta una tossicità minima. Il suo potere dolcificante è, se
usato a bassa concentrazione, da 330 a 600 volte superiore a quello dello zucchero, fino a massimi di
circa 2000 volte.
La taumatina, che viene estratta dalla scorza dei semi del frutto di una pianta dell’Africa occidentale,
il Thaumatococcus danielli o Katenfe, ha un potere dolcificante 2000 volte superiore a quello dello
zucchero. Il gusto dolce viene avvertito con un certo ritardo, ma dura più a lungo.
La glicirrizina, un saponoside contenuto nelle liquirizia, ha un potere dolcificante 100 volte superiore
a quello dello zucchero; il suo sapore dolce viene liberato poco alla volta, con estrema lentezza e per
questo motivo è utilizzata per aromatizzare e dolcificare dentifrici e chewing-gum.
Data la loro bassa percentuale si può in linea di massima affermare che i dolcificanti solitamente
sono innocui, anche se c’e il rischio che un gusto particolarmente gradito ai bambini possa portarli a
mangiare il dentifricio piuttosto che ad usarlo per il suo scopo originario. Conseguentemente è nato il
timore, apparso successivamente più teorico che reale, che alcuni dei loro componenti possano portare
ad intossicazioni più o meno gravi. La quantità di dentifricio ingeribile con la spazzolatura da parte dei
bambini sembra essere tale da non presentare pericoli di intossicazione ad opera di qualsiasi farmaco in
esso contenuto.
3.12 Sostanze medicamentose
Le sostanze medicamentose sono farmaci aggiunti ai dentifrici allo scopo di ottenere risultati
terapeutici o preventivi a vantaggio del cavo orale. Sarebbe impossibile citare tutti i prodotti sperimentati
dalle industrie e quindi esamineremo solo quelli il cui uso ha dato risultati positivi o comunque
incoraggianti. I più comuni sono rappresentati da:
a) antisettici: sali di ammonio quaternari, clorexidina, ecc.;
b) antibiotici: tirotricina;
c) antiflogistici: vitamine A, C, cloruro di sodio, ecc.;
d) fluoruri;
e) derivati vegetali: sanguinarina, azulene, propoli, ecc.
Con il termine antisettici si intende un gruppo eterogeneo di sostanze chimiche dotate di generica
azione batteriostatica o battericida se applicate sui tessuti, a differenza degli antibiotici che agiscono
secondo un meccanismo di azione specifico e quindi piuttosto selettivo.
L’uso prevalente degli antisettici, rispetto agli antibiotici, nella profilassi delle patologie orali si
giustifica nel fatto che l’uso indiscriminato degli antibiotici favorisce:
1) l’insorgenza di resistenze batteriche e quindi può compromettere la lor0o efficacia nel controllo di
malattie infettive serie;
2) l’instaurarsi di uno squilibrio nella composizione della flora normale del cavo orale che favorisce lo
sviluppo di patogeni indesiderabili e di micosi.
La mancanza di specificità di azione delle sostanze antisettiche, se da un lato ostacola la comparsa
di una resistenza di tipo adattativo o mutazionale nei batteri (a differenza di quanto avviene con gli
antibiotici), tuttavia comporta anche un certo grado di tossicità nei confronti delle cellule dell’ospite. Per
tale ragione il loro uso è quasi esclusivamente topico e generalmente non vengono usate per via
sistemica. Va ricordato che i disinfettanti sono anch’essi, come gli antisettici, sostanze chimiche in grado
di avere azione battericida sulle forme vegetative dei batteri patogeni (e non necessariamente sulle
forme sporigene), tuttavia la loro tossicità è così elevata che possono essere utilizzati solo su oggetti
inanimati.
La maggior parte degli antisettici agisce a livello della membrana cellulare o con un meccanismo di
tipo recettoriale o, più spesso, come agente lesivo aspecifico in grado di denaturare la componente
proteica della membrana stessa; altri ancora possono agire come lipolitici oppure essere in grado di
disidratare la cellula con meccanismi osmotici.
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4. Dentifrici con antibiotici e vitamine
4.1 Prodotti contenenti antibiotici
Viste le loro capacità distruttive nei confronti di colonie batteriche nocive gli antibiotici vennero
utilizzati, diversi anni fa, come principi attivi per la formulazione di paste dentifricie medicamentose.
Nella cavità orale l’eziologia infettiva si identifica, nella maggior parte dei casi, nella stessa
popolazione residente; quindi, non potendo ben individuare l’agente responsabile della patologia, la
molecola antibiotica veniva scelta in base a criteri di ordine epidemiologico e farmacologico preacquisiti.
Infatti nella terapia delle infezioni del cavo orale, l’antibiotico ideale dovrebbe avere uno spettro d’azione
comprendente sia batteri grampositivi aerobi che grampositivi e negativi anaerobi. Dovrebbe inoltre
presentare una farmacocinetica tale da consentire, nei tessuti orali, una concentrazione ottimale per
l’espletamento della sua attività.
Il loro uso, però, nonostante la notevole riduzione sia di placca che di gengiviti, venne presto
abbandonato a causa di tutta una serie di effetti collaterali. Infatti, in seguito alla somministrazione
sistematica e topica di penicilline, tetracicline ed altri antibiotici, con lo scopo di inibire l’accumulo di
placca e l’insorgenza delle patologie da questa causate, si rilevarono fenomeni di ipersensibilità a carico
delle mucose (ad esempio le afte) e superinfezioni da funghi che controindicavano l’uso routinario degli
antibiotici come mezzo di controllo della placca batterica. Il loro utilizzo inoltre provocava la selezione di
ceppi batterici resistenti. Nel cavo orale, infatti, sono presenti diversi tipi di microbi che convivono e che
non sono causa di patologie come i batteri saprofiti. Dopo la lunga somministrazione di un antibiotico,
però, alcuni ceppi resistenti prendono il predominio nei confronti degli altri trasformandosi da batteri
saprofiti in batteri patogeni e provocando tutta una serie di malattie.
Tra tutti gli antibiotici di cui è stata dimostrata in passato un’efficacia antiplacca vale la pena
ricordare la vancomicina, la kanamicina e la nidamicina.
Il primo è un polipeptide inibitore della sintesi della parete cellulare e attivo contro i batteri
grampositivi del cavo orale. Il secondo è un aminoglicoside che inibisce la sintesi delle proteine
batteriche ed ha un largo spettro di attività. Entrambi sono poco assorbiti a livello gastrointestinale e
scarsamente usati in medicina. La nidamicina è stata utilizzata alla concentrazione dello 0,1% nella
formulazione di un collutorio indicato contro la placca e la gengivite.
Un antibiotico utilizzato invece ancora oggi nella composizione di dentifrici è la tirotricina, una
miscela prodotta dal Bacillus brevis e composta principalmente da gramicidina e tirocidina (come
idrocloruro). È un composto di uso topico e batteriostatico che è stato utilizzato per trattamenti locali di
infezioni della pelle e della bocca. Combatte lo sviluppo dei germi grampositivi, degli spirocheti e di certe
varietà di vibrioni e di bacilli fusiformi.
Bio-Arscolloid (SIT), contenendo tirotricina, è probabilmente l’unico dentifricio oggi in commercio a
presentare nella formulazione un antibiotico anche se associato ad altri principi attivi come l’argento
colloidale (vedi capitolo 8). Composizione:
2-4 diclorobenzil alcool: 0,75 g.
Argento proteinato al 70% in Ag (argento colloidale): 0,025 g.
Tirotricina: 0,02 g.
Glicerina: 36 g.
Essenza di menta: 1,5 g.
Acqua depurata: 16,865 g.
Glicol propilenico: 1 g.
Sodio laurilsolfato: 2 g.
Carbonato di calcio: 38,12 g.
Carbonato di magnesio: 2,4 g.
Eritrosina (E 127): 1,215 g.
Carbossimetilcellulosa: 0,9 g.
4.2 Vitamine
Le vitamine utilizzate al momento nella formulazione delle paste dentifricie sono la A e la C.
La vitamina A o retinolo svolge un importante ruolo nel mantenimento del normale trofismo delle
cellule epiteliali; la sua azione epitelio-protettrice è svolta mediante la stabilizzazione della composizione
lipoproteica delle membrane cellulari.
Questa molecola inoltre rinforza la vista, interviene nel processo di rigenerazione cellulare, stimola la
risposta infiammatoria primaria conseguente a ferite. È un importante fattore della crescita, favorisce la
formazione di ossa robuste ed aiuta a mantenere sana la pelle, i denti e le gengive. Una prolungata
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avitaminosi A provoca in un soggetto giovane notevoli anomalie dentali che sono definitive: smalto
gessoso e grossi disturbi allo strato odontoblastico.
La vitamina A è un composto assai labile che si altera facilmente; in presenza di ossigeno, in
particolare a caldo e alla luce, si ossida rapidamente formando dei composti inattivi. Un’unità
internazionale (UI) equivale a 0,3 µg di retinolo.
La vitamina C o acido ascorbico, deve le sue proprietà antibatteriche ed antiflogistiche alla sua
natura di antiossidante e alla sua capacità di aumentare la mobilità dei leucociti verso i siti di infezione.
Durante la risposta ai patogeni le cellule deputate alla difesa dell’organismo possono essere
danneggiate dalle specie reattive da esse stesse prodotte e rilasciate. Infatti la presenza di agenti
patogeni provoca in genere l’attivazione di queste cellule e la conseguente formazione di composti
altamente reattivi come lo ione superossido, il radicale libero idrossilico, ecc.; specie che sono poi
responsabili della distruzione degli organismi patogeni.
Elevati livelli di vitamina C possono quindi proteggere queste cellule dall’autodistruzione o meglio dai
danni ossidativi e stimolarne la motilità.
L’azione protettiva della vitamina C nei riguardi delle gengive potrebbe inoltre essere dovuta alla sua
capacità di favorire la formazione del collagene, costituente fondamentale della pelle, dei tessuti
connettivi, delle sostanze organiche delle ossa e dei denti. La sintesi del collagene richiede
l’ossidrilazione enzimatica di due aminoacidi, la prolina e la lisina, e la vitamina C sembra essere
indispensabile per la protezione dei sistemi enzimatici coinvolti, in quanto mantiene in forma ridotta sia i
gruppi tiolici che gli ioni ferrosi presenti nelle idrossilasi.
4.3 Prodotti contenenti vitamine
Aronal con retinolo (Fapod) contiene 0,4 mg = 680 UI per grammo di retinolo o vitamina A. È una
pasta dentifricia ricostituente delle gengive che dovrebbe prevenire le infiammazioni, i sanguinamenti e
la formazione della placca batterica.
Dentigomma (Avantgarde) è un prodotto indicato per prevenire la formazione della placca dentale,
della carie e proteggere e tonificare le gengive. Contiene vitamina A palmitato 10000 UI% e una miscela
di fluoruri detta trifluor formata da monofluorofosfato di sodio, fluoruro di sodio e fluoruro di stagno con
un contenuto totale in fluoro pari allo 0,125%.
Neo Mentadent C (Gibbs Dental Division) è un dentifricio contenente vitamina C, indicato per la sua
azione antibatterica contro la placca e per la prevenzione dei disturbi gengivali. La formula specifica di
questo dentifricio dovrebbe aiutare in un primo tempo a prevenire l’insorgere delle infiammazioni, del
gonfiore e del sanguinamento del tessuto gengivale. Successivamente la sua azione, nel contesto di un
corretto programma di igiene orale, dovrebbe contribuire al controllo della placca batterica, obiettivo
essenziale per evitare fenomeni di dismicrobismo orale con conseguenti reazioni patologiche a livello dei
tessuti gengivali. Composizione:
Vitamina C: 0,2%.
Fluoruro di sodio: 0,25%.
Citrato di zinco: 0,75%.
Triclosan: 0,3%.
Biossido di silicio, sorbitolo; aromi naturali di agrumi e di menta: 1,3%.
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5. Dentifrici contenenti enzimi
5.1 Considerazioni
La capacità di adesione dei batteri alle superfici lisce e la loro aggregazione sono possibili grazie alle
catene polisaccaridiche extracellulari che riescono a sintetizzare.
Un ostacolo al deposito della placca potrebbe essere quindi una sostanza che inibisca la formazione
della matrice oppure che abbia la capacità di disgregarla. A tale scopo, nella composizione di alcuni
prodotti dell’igiene orale, sono stati utilizzati enzimi teoricamente in grado di alterare l’integrità della
placca dentale o di indurre la sintesi di prodotti capaci di interferire con i processi metabolici dei batteri.
I primi studi, che sono stati effettuati sulle mucinasi, sulla pancreatina (una miscela di amilasi, lipasi e
proteasi) e sugli enzimi fungini, hanno valutato soprattutto gli effetti di queste proteine sulla produzione
di tartaro più che sulla placca. La pepsina è stato il primo enzima dimostratosi efficace nell’inibire la
formazione della placca ma le sue caratteristiche non ne hanno permesso una reale utilizzazione. Vale
la pena ricordare che la pepsina era il principio attivo del dentifricio Pepsodent.
Successivamente sono state saggiate, senza molto successo, le proprietà antiplacca di un dentifricio
e di un collutorio contenenti un preparato costituito da amilasi e varie proteasi estratte dal Bacillus
subtilis.
Risultati praticamente nulli si sono anche avuti con l’utilizzazione dell’α-amilasi. Questo enzima è
secreto insieme alla saliva ed ha la funzione di scindere i legami 1-4 α-glicosidici dei carboidrati assunti
con la dieta; la sua inefficacia come agente antiplacca è probabilmente dovuta al fatto che i legami 1-4 α
sono anche presenti nella matrice interbatterica, ma in scarsa quantità dato che la maggior parte sono
legami 1-6 e 1-3 α, inattaccabili da un enzima così specifico.
Agli inizi degli anni ’70 è stata valutata l’azione della destranasi quale mezzo di depolimerizzazione
dei glucani extracellulari. L’enzima è risultato non efficace in quanto reagisce solo con i glucani
idrosolubili, mentre nell’architettura e nell’aderenza della placca sono maggiormente coinvolti i glucani
insolubili. Su questi ultimi, detti comunemente mutani, si è mostrata maggiormente efficace la mutanasi
o endo-α-1,3-glucanasi (un enzima in grado di idrolizzare i glucani insolubili e di sopprimerne inoltre sia
la sintesi che l’adesione) che è stata sperimentata usando come veicolo sia un chewing-gum che un
collutorio. Questo enzima sembra realmente in grado di inibire la formazione della placca ma la
mancanza di studi clinici a lungo termine ed anche tutta una serie di effetti collaterali, quali dolore alla
lingua, ulcerazioni circoscritte e disturbi del gusto ne hanno ritardato fino ad oggi l’utilizzazione.
L’approccio terapeutico più recente trae origine dalle ricerche e dalle acquisizioni sul ruolo
fondamentale della saliva nel mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema del cavo orale e prevede
l’utilizzazione di enzimi in grado di generare prodotti antibatterici che agiscono sulla placca e sulla
gengivite. Infatti la saliva e le lacrime sono note contenere dei sistemi antibatterici capaci di inibire la
crescita e la produzione acida di diversi microrganismi includenti gli streptococchi, i lactobacilli e i funghi.
È questo il caso del complesso enzimatico amiloglucossidasi-glucosiossidasi (noto come zendio) che
è in grado di attivare il sistema antibatterico salivare costituito da lattoperossidasi-tiocianato-perossido di
idrogeno, da cui originano prodotti capaci di ossidare alcuni enzimi batterici responsabili della
produzione di acido lattico.
La lattoperossidasi o sialoperossidasi è un enzima emoproteico che agisce catalizzando la reazione
tra i prodotti metabolici dei batteri con i tiocianati salivari per produrre derivati ossidati. Questi derivati
(ipotiocianati ed altri) sono altamente tossici per i sistemi batterici, quindi l’attività metabolica dei batteri
viene ad essere inibita da un meccanismo di feedback negativo.
Le perossidasi possono adsorbirsi alla superficie dello smalto e, in presenza degli opportuni cofattori,
inibire certi enzimi chiave della glicolisi come ad esempio l’esocinasi. Infatti è stato dimostrato che la
lattoperossidasi mantiene l’attività anche quando è adsorbita dallo smalto e dal sedimento salivario e
quindi è in grado di mantenere la sua efficacia sulle interfacce della placca dello smalto. Il contatto tra
l’enzima e i batteri può anche non avvenire in quanto l’ipotiocianato è altamente diffondibile.
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I risultati riportati in letteratura sull’impiego di questo sistema enzimatico nella formulazione di
dentifrici o collutori non sono concordi.
5.2 Prodotti contenenti enzimi
Biotene (Schettino): è una pasta dentifricia che costituisce il mezzo veicolante di un sistema
enzimatico simile a quello presente nella saliva, cioè il sistema lattoperossidasi (SYS: salivary
peroxidase system), che è in grado, con un meccanismo d’azione particolarmente complesso di
controllare lo sviluppo ed il metabolismo dei microrganismi patogeni responsabili delle principali e più
comuni patologie del cavo orale (placca batterica, carie e parodontopatie). La formulazione contiene
inoltre:
a) monofluorofosfato di sodio 0,7%;
b) silici ultramicronizzate per un’azione abrasiva controllata;
c) xilitolo, zucchero non cariogeno;
d) tensioattivi ad elevato potere detergente ed effetto schiumogeno controllato che favoriscono una più
facile penetrazione dei principi attivi anche nei siti più nascosti.
Zendium (Oral-B): è una pasta dentifricia contenente fluoro quale agente remineralizzante e
protettivo della smalto dei denti ed alcuni enzimi (glucosiossidasi e amiloglucossidasi) per rafforzare
l’attività naturale della saliva quale inibitore della placca dentale. Composizione:
Glucosiossidasi: 0,28%.
Amiloglucossidasi: 1,20%.
Fluoruro di sodio: 0,12% (in ioni fluoro).
Glicerina, alluminio idrato, schiumogeni, preservanti, edulcoranti non cariogeni.
La glucosiossidasi o notatina è un enzima prodotto dal Penicillium notatum che catalizza
l’ossidazione specifica del glucosio ad acido gluconico con formazione di acqua ossigenata:
R-CHO + H2O + O2 R-COOH + H2O2
composto che può essere poi scisso in acqua e ossigeno dalla perossidasi. Infatti in presenza di acqua
ossigenata si attiva il sistema perossidasico che è uno dei sistemi di difesa immuno-non specifici del
latte e della saliva e che in presenza di questa molecola e del tiocianato salivare forma gli ipotiocianati,
composti fortemente ossidanti e dunque potenti antibatterici.
L’azione della glucosiossidasi sembra essere quindi duplice: modificare uno zucchero cariogeno
come il glucosio e produrre contemporaneamente sostanze antisettiche come l’ossigeno nascente e gli
ipotiocianati.
Lo stesso enzima viene utilizzato in chimica clinica per il dosaggio specifico del glucosio nel sangue.
Infatti l’ossidazione del glucosio da parte della glucosiossidasi produce quantità stechiometriche di
acqua ossigenata che può essere misurata quantitativamente per azione di una perossidasi che riduce
l’H2O2 ad acqua mediante l’ossidazione di un opportuno cromogeno quale l’ortotoluidina.
Zendium menta (Oral-B): è una pasta dentifricia antiplacca ad azione biologica con una formulazione
simile al precedente prodotto. Attiva le proprietà della saliva quale inibitore della placca dentale.
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6. Dentifrici contenenti iodio
6.1 Iodio
I composti contenenti iodio vengono da molto tempo utilizzati in campo odontoiatrico come
disinfettanti, antisettici e rivelatori di placca; in particolare soluzioni di ioduro di potassio sono state
utilizzate con buoni risultati fin dall’inizio del secolo come agenti antiplacca.
La struttura chimica è responsabile dell’ampio effetto battericida dello iodio, anche se il suo
meccanismo di azione sui batteri non è specifico. Infatti la molecola di iodio si combina, mediante
reazioni di alogenazione, con le proteine, gli acidi grassi insaturi e gli altri costituenti cellulari, e quindi
distrugge in maniera indiscriminata tutti i tipi di cellule batteriche. È proprio l’attività antibatterica dello
iodio che contribuisce all’efficacia dei suoi composti come agenti antiplacca.
Le lattoperossidasi (vedi capitolo 5) assicurano il metabolismo non tiroideo (formazione di proteine
iodate o iodoproteine) dello iodio salivare. Questo spiega, almeno in parte, la concentrazione più elevata
di questo ione nella saliva rispetto al plasma, infatti un certo numero di proteine salivari (α-amilasi,
albumine, ecc.) possono subire la iodinazione ad opera delle lattoperossidasi salivari.
Lo iodio è un elemento poco solubile sia in alcool che in acqua e per tale motivo alle sue soluzioni
viene aggiunto dello ioduro di potassio a concentrazioni variabili dallo 0,04 allo 0,2%, che ne aumenta la
solubilità e rallenta la formazione di acido iodidrico, che è un composto estremamente irritante per le
mucose. Per uso clinico viene raccomandata una formulazione contenente il 2% di l2-KI acquoso in una
soluzione di glicerina al 53%.
In alternativa si usano soluzioni nelle quali lo iodio, in concentrazioni non superiori all’1%, è legato a
dei composti di natura glicidica. La più utilizzata di queste soluzioni è il povidone-ioduro o
polivinilpirrolidone-ioduro (PVP-I2), un complesso dello iodio con il polivinilpirrolidone (una sostanza
chimica solubile in acqua, utilizzata anche per preparare i plasma expanders, ovvero le soluzioni che
spesso vengono infuse nelle vene dei pazienti bisognosi di plasma, specie dopo un intervento
chirurgico), che contiene circa il 10%, calcolato sul peso secco, di iodio utilizzabile. Questo composto è
uno iodoforo usato come disinfettante e antisettico; la sua soluzione rilascia lentamente lo iodio, che può
quindi svolgere nel tempo la sua azione antibatterica. Il povidone-ioduro è meno potente delle soluzioni
contenenti iodio libero, ma in compenso è molto meno tossico e non è irritante nei confronti delle
mucose. Inoltre, causa una minima decolorazione delle ricostruzioni dentali.
Il 2-cicloesil-4-iodo-3,5-dimetilfenolo, o più semplicemente cicliomenolo, è un’altra molecola organica
contenente iodio utilizzata nella formulazione delle paste dentifricie. Possiede notevoli proprietà
battericide ed è quindi in grado di inibire la formazione della placca batterica, la sua calcificazione e la
successiva trasformazione in tartaro.
Generalmente lo iodio legato a questi composti mantiene la sua attività antisettica a concentrazioni
molto basse consentendone l’impiego non solo sulla cute ma anche sulle mucose, ed inoltre questi
preparati sono stabili per periodi molto prolungati.
La tossicità locale dello iodio è molto bassa in confronto alla sua attività germicida; se ingerito
oralmente alle concentrazioni terapeutiche è poco tossico, altrimenti induce sintomi gastrointestinali di
avvelenamento, in gran parte dovuti al suo alto potere corrosivo. La terapia d’urgenza si basa sul
lavaggio gastrico con amido solubile, che si lega allo iodio allontanandolo dai tessuti.
6.2 Prodotti contenenti iodio
Iodosan Fluoro (Zambeletti): è un prodotto disinfettante del cavo orale contenente cicliomenolo;
viene indicato per il trattamento di gengive delicate, irritate, sanguinanti e per la prevenzione della
formazione della placca e del tartaro. Composizione:
Cicliomenolo: 0,058 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,21% (in ioni fluoro).
Fosfato bicalcico: 60,32 g,
Fosfato tricalcico: 2,9 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzami ed edulcoranti q.b. a 100 g.
Iodosan Fluoro antitartaro (Zambeletti): dentifricio disinfettante formulato per prevenire la crescita
della placca batterica, per ridurre la formazione del tartaro e rafforzare lo smalto dentale grazie ad una
duplice azione:
a) quella del cicliomenolo che inibisce la formazione della placca batterica sul dente e sul bordo
gengivale;
b) quella dei pirofosfati di sodio e potassio che ostacolano la cristallizzazione del fosfato di calcio,
impedendone l’accumulo soprattutto sui denti inferiori e nella saliva. Composizione:
Cicliomenolo: 0,052 g.
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Sodio pirofosfato anidro: 1,95 g.
Potassio pirofosfato anidro: 5,85 g.
Fluoruro di sodio: 0,312 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
Iodosan Gel Fluoro 3 (Zambeletti): prodotto ad azione antisettica, antiplacca, antitartaro e
coadiuvante per la prevenzione della carie. Composizione:
Cicliomenolo: 0,0516 g.
Fluoruro di sodio: 0,428 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
Neo Iodoform (Idim): è un dentifricio specifico a base di iodio, indicate per l’igiene dei denti e delle
gengive specie se irritate. Composizione:
Benzalconio cloruro: 200 mg.
Monofluorofosfato di sodio: 0,15 mg.
Ioduro di potassio: 100 mg.
Guaiazulene: 25% 10 mg.
Essenza di menta: 500 mg.
Anetolo: 300 mg.
Mentolo naturale; 500 mg.
Sale di sodio di un prodotto di condensazione fra gli acidi grassi di cocco e la taurina: 3 g.
Tensioattivi.
Idrossietilcellulosa: 2,6 g.
Calcio carbonato: 32 g.
Glicerina: 20 g.
Acqua deionizzata q.b. a 100 g.
Valda f3 (Valda): è una pasta dentifricia non abrasiva, disinfettante e battericida. Viene indicato per
la protezione delle smalto dei denti, per impedire lo sviluppo della flora batterica del cavo orale e
concorrere a prevenire la formazione della placca, del tartaro e della carie. Composizione:
Fluoruro di potassio: 0,1%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Cicliomenolo: 0,04%.
Acido β-glicirretico (enoxolone): 0,065%.
Essenze Valda, eccipienti non abrasivi.
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7. Dentifrici salini
La saliva contiene glucosio, urea e cloruro di sodio, molecole che, se presenti in una quantità
superiore ai rispettivi livelli di percezione, vengono sentite rispettivamente come dolci, amare e salate.
Le concentrazioni salivari di glucosio (40-50 µmoli per litro) sono usualmente un ordine di grandezza
inferiore alla soglia di percezione mentre quelle dell’urea sono circa 1/20 inferiori al valore soglia. Le
concentrazioni salivari di NaCl, al contrario, sono comprese nell’intervallo di percezione (1-80 mmoli per
litro). Come risultato di questa continua esposizione alla stimolazione del cloruro di sodio salivare, le
cellule del gusto si sono adattate alle concentrazioni esistenti e di conseguenza, negli individui sani, la
saliva non viene percepita come salata.
Se stimolazioni dolci, salate o acide vengono applicate mediante diverse concentrazioni sulla lingua,
il flusso salivare aumenta proporzionalmente con la grandezza dello stimolo. In ogni caso, per un
processo di rapido adattamento, la velocità del flusso salivare scende a circa la meta di quella iniziale
quasi in 11 secondi, e cioè indipendente dalla natura e dalla concentrazione dello stimolante.
Tutti i composti salati sono dei sali, ma non tutti i sali hanno il gusto salato; ad esempio i sali di
piombo presentano un gusto dolce. Il salato si identifica immediatamente con il sapore del cloruro di
sodio la cui soglia di percezione nell’uomo è, come visto sopra, compresa tra 1 e 80 mmoli di sale per
litro, ovvero tra i 58 mg e i 4,6 g per litro.
I dentifrici salini sono delle paste contenenti cloruro di sodio ad una concentrazione molto alta (dai
120 ai 150 g per litro). La sensazione di salato data da questo composto dovrebbe avere la funzione di
stimolare la salivazione e quindi di aumentare l’intensità e l’efficacia dei naturali meccanismi difensivi del
cavo orale.
La saliva possiede infatti proprietà antibatteriche grazie ai suoi anticorpi (immunoglobuline delle
ghiandole principali ed accessorie), a dei fattori di difesa costitutivi (lisozima, lattoferrina, leucotossine,
lattoperossidasi) e all’eliminazione meccanica (deglutizione e sputo).
Le concentrazioni di cloruro di sodio presenti nei dentifrici salini sono sufficienti a precipitare quasi
tutte le proteine presenti nel cavo orale con un meccanismo conosciuto in campo biochimico come
precipitazione salina frazionata o salting out.
Di seguito vengono riportati i dentifrici salini presenti in commercio.
AZ 15 Gengi Dentifricio (Procter & Gamble): dentifricio salino che aiuta a proteggere le gengive e a
mantenere i denti saldi anche grazie all’azione dell’azulene, un composto ottenuto dai fiori di camomilla
con proprietà antinfiammatorie. Composizione:
Cloruro di sodio: 15%.
Benzalconio cloruro: 0,1%.
Azulene: 0,01%.
Oli essenziali: 0,2%.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Action 2 (Iketcm Farmaceutici): è un dentifricio gengivario salino che avrebbe proprietà disinfettami e
deodoranti del cavo orale, sarebbe inoltre non abrasivo ed antienzimatico. Composizione:
Cetilpiridinio cloruro: 0,15 g.
Cloruro di sodio: 12 g.
Guaiazulene: 0,02 g.
Carbonato di calcio "precipitato leggero": 23 g.
Anidride silicica pirogenica: 1 g.
Ispessenti e cellulosici: 1,4 g.
Glicerina, edulcorami, schiumogeni, aroma di bergamotto, coloranti q.b. a 100 g.
Self dentifricio (Ravizza): è un dentifricio disinfettante salino indicato per la pulizia a fondo e la
disinfezione dei denti e della bocca, per eliminare la formazione della placca batterica, per ostacolare il
deposito del tartaro e per tonificare le gengive. Contiene:
trimetilcetilammonio p-toluensolfonato (tricetol),
sodio idrossietiliden metilpirandione (prevan),
sodio cloruro
carbossimetilcellulosa sodica.
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8. Dentifrici contenenti sali di metalli
I sali dei metalli sono noti fin dall’antichità per le loro proprietà battericide e batteriostatiche ma anche
per i loro effetti tossici. L’argento colloidale, ad esempio, viene utilizzato in alcune paste dove esplica
un’azione battericida e spirillicida mentre al contrario il nitrato di argento, nonostante le sue proprietà
antimicotiche ed antibatteriche, non viene utilizzato per tutta una serie di effetti collaterali come le
irritazioni dei tessuti molli e le pigmentazioni dentarie.
Gli ioni metallici bivalenti ed in particolare gli ioni rame (Cu++), stagno (Sn++) e zinco (Zn++) hanno
dimostrato in numerosi studi, sia in vitro che in vivo, la capacità di inibire sia la formazione della placca
(bloccando la crescita di numerose specie di streptococchi) che la produzione di acidi da parte di una
placca batterica preesistente mediante l’inibizione della glicolisi.
La loro azione antiglicolitica viene attribuita alla capacità di interferire con la struttura e la funzione
degli enzimi glicolitici. Infatti, gli ioni metallici formano dei ponti salini metallici con i gruppi anionici degli
enzimi che possono influenzare le interazioni con i substrati, sia alterando la carica che i cambiamenti
conformazionali degli enzimi.
Una seconda ipotesi è che gli ioni metallici inibiscano la glicolisi attraverso l’inattivazione ossidativa
dei gruppi sulfidrilici degli enzimi glicolitici. In questo contesto è stato recentemente proposto, in base a
dati sperimentali, un ordine di efficacia degli ioni metallici bivalenti come agenti antiglicolitici (Cu++ > Sn++
> Zn++) che corrisponde perfettamente all’ordine di affinità degli stessi ioni verso i gruppi sulfidrilici.
Il sale di stagno utilizzato nella formulazione dei dentifrici e dei collutori ad una concentrazione
compresa tra lo 0,04 e lo 0,4% (corrispondente a 2,55-25,5 mM) è il fluoruro stannoso la cui azione
antisettica viene spesso attribuita alla liberazione di ioni fluoruro (questo aspetto viene trattato nel
capitolo 13). In realtà esistono delle evidenze che l’inibizione della formazione batterica di acidi nel cavo
orale provocata da questo sale sia dovuta, almeno in parte, agli ioni metallici che, combinandosi con i siti
negativi sulla superficie dei batteri, impediscono il trasferimento del glucosio attraverso la parete
cellulare. Sembra anche che gli ioni stagno ossidino i gruppi sulfidrilici degli enzimi coinvolti nella glicolisi
e nel trasporto dello zucchero e che interagiscano con l’acido lipotecoico dei batteri e con le proteine
della pellicola.
Per quello che riguarda gli ioni rame, utilizzati a concentrazioni dello 0,25-5 mM, è stato riportato che
il solfato di rame presenta proprietà antiplacca ed antigengivite ma contemporaneamente provoca
pigmentazioni. Per il cloruro di mercurio valgono le stesse cose dette in precedenza per il nitrato
d’argento.
Un’altra proprietà importante per la loro efficacia come agenti antiplacca è la capacità degli ioni
metallici bivalenti di essere trattenuti, e quindi lentamente rilasciati, dalle superfici orali.
L’utilizzazione degli ioni metallici nelle paste dentifricie è limitata da alcune controindicazioni:
1) uno spiacevole gusto metallico che induce una sensazione di secchezza nel cavo orale;
2) la formazione di colorazioni giallastre o brunastre sui denti.
Questa tendenza a provocare delle macchie sembra essere minore di quella della clorexidina ed è
provocata dalla formazione di solfati metallici per reazione tra gli ioni metallici e i gruppi sulfidrilici delle
proteine della pellicola.
Per quello che riguarda gli aspetti negativi dei metalli pesanti vale la pena ricordare che in passato è
stata ipotizzata la possibilità che il piombo contenuto in alcuni tipi di involucri potesse passare in parte
nella pasta dentifricia con possibili effetti di saturnismo.
8.1 Prodotti contenenti argento colloidale
Di seguito vengono riportati i prodotti in commercio che contengono argento colloidale associato ad
altri principi attivi.
Arscolloid (SIT): è un dentifricio che contiene 3,3'-diacetilammino-4,4'diossiacetato arsenobenzolo ed
argento proteinato al 70% in argento. L’argento colloidale e l’arsenobenzolo dovrebbero esplicare
un’azione battericida e spirillicida combattendo i microrganismi patogeni che causano flogosi del cavo
orale.
Bio-Arscolloid (SIT): è un altro dentifricio della stessa casa produttrice nel quale però l’argento
proteinato è associato ad un antibiotico: la tirotricina. Composizione:
2-4 diclorobenzil alcool: 0,75 g.
Argento proteinato al 70% in Ag (argento colloidale): 0,025 g.
Tirotricina: 0,02 g.
Glicerina: 36 g.
Essenza di menta: 1,5 g.
Acqua depurata: 16,865 g.
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Glicol propilenico: 1 g.
Sodio Laurilsolfato: 2 g.
Carbonato di calcio: 38,12 g.
Carbonato di magnesio: 2,4 g.
Colorante E 127: 1,215 g.
Carbossimetilcellulosa: 0,9 g.
8.2 Sali di zinco
Lo zinco è un elemento essenziale relativamente non tossico e che non si accumula; dopo il ferro è il
metallo più abbondante dei tessuti umani. La dose giornaliera raccomandata per adulti e adolescenti è di
15 mg; si trova generalmente legato alle proteine nel rosso d’uovo, nella carne, nelle noci e nelle
albicocche. Nel nostro organismo non solo aumenta la resistenza agli attacchi di virus e batteri ma ha un
ruolo importante anche nell’equilibrio ormonale e nei meccanismi riproduttivi.
I sali di zinco, la cui efficacia dipende dalla concentrazione e dalla frequenza d’uso, sono impiegati in
medicina come astringenti, antitraspiranti, corrosivi, blandi antisettici, e vengono frequentemente
utilizzati nella formulazione di vari prodotti antiplacca (collutori e paste dentifricie), principalmente nella
forma di citrati e cloruri a concentrazioni comprese tra 5 e 30 mM. Un altro motivo per cui vengono
utilizzati nei prodotti per la profilassi dentale dipende dal fatto che i sali di zinco hanno un sapore
metallico molto meno pronunciato degli altri sali metallici ed inoltre il loro uso provoca la formazione di
colorazioni trascurabili in quanto il solfato di zinco è biancastro o al massimo giallo-pallido.
Dentifricio
AZ 15 forte
Benefit
Bergafluor
Dentosan-S
Neo Mentadent C
Neo Mentadent P
Tabella 8.1
Sali di zinco presenti nei dentifrici
Sale
lattato di zinco
citrato d zinco
cloruro di zinco
cloruro di zinco
citrato di zinco
citrato di zinco
% in peso
1,30
0,50
0,75
0,50
Gli ioni zinco sono in grado di inibire il trasporto attivo dei carboidrati attraverso le membrane e, di
conseguenza, la loro metabolizzazione in vari batteri. Questo effetto potrebbe essere dovuto:
1) la loro capacità ossidante verso i gruppi tiolici degli enzimi batterici;
2) alla loro capacità di spiazzare gli ioni magnesio indispensabili per molte attività enzimatiche;
3) alla loro proprietà di favorire la precipitazione delle proteine.
Un’altra caratteristica dei sali di zinco, che gli consente di esercitare un’azione efficace e benefica
sulle gengive, sembra essere la loro scarsa solubilità in acqua, in quanto a causa di ciò tendono a
precipitare, stimolando così la salivazione. Come è noto, la saliva esercita delle funzioni particolarmente
importanti per la salute della bocca, distruggendo con il lisozima numerosi batteri, ma soprattutto
svolgendo un’azione detergente nelle tasche gengivali, per cui rappresenta la via più naturale ed
efficace per lenire le infiammazioni ed il sanguinamento.
Soluzioni diluite di cloruro di zinco sono state usate in odontoiatria come preparazioni astringenti e in
soluzione al 10% per ridurre la sensibilità dentinale. Una sua soluzione allo 0,02% è stata utilizzata nella
preparazione di collutori a base di sanguinarina anche se la sua presenza non sembra accrescere
l’efficacia di questo estratto vegetale. Avendo un notevole potere caustico, gli effetti tossici di questo sale
derivano dall’azione corrosiva susseguente l’ingestione o l’applicazione.
Il citrato di zinco è utilizzato nelle paste dentifricie in forma di triidrato ad una concentrazione dello
0,5-1% (cioè 8-16 mM) equivalente ad una concentrazione in ioni zinco pari a 24-48 mM. Gli ioni
metallici liberati da questo sale sembrano esercitare, probabilmente per la contemporanea presenza
degli ioni citrato, la duplice funzione di impedire la proliferazione dei batteri che compongono la placca
dentale e di ridurre il processo di calcificazione (formazione del tartaro) di intere aree colonizzate dai
microrganismi in essa presenti.
La presenza nella formulazione dei dentifrici di un detergente anionico come il sodio laurilsolfato
sembra accrescere l’azione antiplacca dei prodotti contenenti citrato di zinco. Le ragioni di questo
fenomeno non sono state ancora chiarite ma potrebbero essere attribuite all’aumentata solubilità dei sali
di zinco in soluzione acquosa, dovuta alla formazione di un complesso solubile zincolaurilsolfato, o ad un
effetto antimicrobico additivo dei due composti.
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Recentemente è stata introdotta nei dentifrici (e nei collutori) la combinazione citrato di zinco all’1%
più un germicida (triclosan allo 0,5 ed allo 0,2%) che sembra in grado di ridurre del 50% la formazione
della placca e l’infiammazione gengivale.
8.3 Prodotti contenenti sali di zinco
AZ 15 Forte (Procter & Gamble): contiene una formula igienizzante che è particolarmente indicata
per la protezione dei tessuti gengivali. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,40%.
Lattato di zinco: 1,3%.
Fluoruro di sodio: 0,32.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Benefict (Gibbs Dental Division): contiene citrato di zinco allo 0,5% e monofluorofosfato di sodio
all’1,11%.
Bergafluor (Bergamon): prodotto a base di pirofosfato di sodio, cloruro di zinco, clorexidina gluconato
e fluoruro di sodio.
Dentosan-S (Parke-Davis): è un dentifricio indicate per rallentare la formazione della placca e quindi
contribuire a prevenire la carie e l’alitosi. Contiene estratto fluido di Sanguinaria canadensis i cui principi
attivi si fissano sulla placca dentale rallentandone la formazione ed inibendo lo sviluppo dei composti
volatili dello zolfo presenti nell’alitosi; monofluorofosfato di sodio che è un agente remineralizzante dello
smalto dentale e protettivo dell’ipersensibilità dentinale; xilitolo che è un edulcorante naturale
acariogeno; cloruro di zinco che è un astringente e protettivo dell’ipersensibilità dentinale.
Composizione:
Estratto fluido di Sanguinaria canadensis: 2%.
Xilitolo: 3%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Cloruro di zinco, essenze selezionate, eccipienti, conservanti e stabilizzanti q.b. a 100 g.
Neo Mentadent C (Gibbs Dental Division): è un dentifricio contenente citrato di zinco e vitamina C,
indicato per la sua azione antibatterica contro la placca e per la prevenzione dei disturbi gengivali. La
formula specifica di questo dentifricio dovrebbe aiutare in un primo tempo a prevenire l’insorgere delle
infiammazioni, del gonfiore e del sanguinamento del tessuto gengivale. Successivamente la sua azione,
nel contesto di un corretto programma di igiene orale, dovrebbe contribuire al controllo della placca
batterica, obiettivo essenziale per evitare fenomeni di dismicrobismo orale con conseguenti reazioni
patologiche a livello dei tessuti gengivali. Composizione:
Vitamina C (acido ascorbico): 0,2%.
Fluoruro di sodio: 0,25%.
Citrato di zinco: 0,75%.
Triclosan: 0,3%.
Biossido di silicio, sorbitolo; aromi naturali di agrumi e di menta: 1,3%.
Neo Mentadent P (Gibbs Dental Division): prodotto disinfettante che dovrebbe svolgere un’efficace
azione preventiva ritardando e riducendo la formazione di placca. Contiene come abrasivo l’ossido di
alluminio triidrato, più comunemente chiamato α-allumina, in una concentrazione del 50%. Composizione:
Citrato di zinco: 0,5 g.
Triclosan: 0,2 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85 g.
α-allumina triidrata: 50 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
La precedente formulazione messa in commercio sotto il nome di Mentadent P non conteneva come
antisettico il triclosan bensì l’esetedina.
8.4 Prodotti contenenti sali di alluminio
I composti contenenti alluminio hanno in genere proprietà astringenti. Gli astringenti sono sostanze
in grado di far precipitare Ie proteine e quindi quando vengono applicati sulle mucosa o sulla pelle
danneggiata formano una pellicola superficiale protettiva. Inoltre non vengono normalmente assorbiti.
Defend Plus (Colgate - Palmolive): è un dentifricio privo di fluoro indicato per la sua azione a difesa
delle gengive e dei denti; contiene: solfato di alluminio idrato, alluminio idrato e vari aromi naturali quali
l’eucaliptolo, il mentolo e l’anetolo.
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Lacalut Special (Bouty): é una pasta dentifricia con proprietà antisettiche, astringenti e detergenti che
viene indicata per rafforzare le gengive, consolidare i denti nei loro alveoli, prevenire le emorragie
gengivali e contribuire alla desensibilizzazione dei colletti dentali. Composizione:
Alluminio lattato: 1 g.
Alluminio fluoruro: 0,1 g.
Alluminio ossido idrato, biossido di silicio, tensioattivi, aromatizzanti, edulcorami q.b. a 100 g.
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9. Dentifrici antitartaro
9.1 Considerazioni
Il tartaro è un deposito antiestetico, di colore variabile dal giallastro al bruno, calcificato o in via di
calcificazione sulla superficie dei denti. Si forma mediante un processo chimico ed è sempre preceduto
da accumuli di placca costituenti la matrice organica oggetto della successiva mineralizzazione. Il tartaro
si genera quando i cristalli di fosfato di calcio, accumulandosi, danno origine ad una prima struttura molle
ed amorfa. La progressiva calcificazione genera un indurimento della struttura e la conseguente
necessità di intervento del dentista.
Anche se i dentifrici con un’azione antitartaro sono comparsi solo recentemente sul mercato, il
meccanismo attraverso cui agiscono è conosciuto da molto tempo. Esso si basa sul cosiddetto “effetto
soglia”, principio che viene usato nel trattamento delle acque e per la preparazione dei detersivi. l fosfati
condensati (cioè i polifosfati) e numerose altre sostanze come i fosfonati hanno la proprietà, in condizioni
substechiometriche relativamente alla concentrazione degli ioni calcio in soluzione acquosa, di inibire o
diminuire considerevolmente la precipitazione dei sali di calcio insolubili. lnoltre la struttura cristallina che
si viene a creare in loro presenza è tale che la formazione di una copertura su una particolare struttura
base (come ad esempio il calcare nei tubi o nei bollitori elettrici) viene considerevolmente inibita.
Le prime sostanze ad essere sperimentate per dissolvere il tartaro dentale furono gli acidi (acido
solforico e nitromuriatico), i quali oltre ad esplicare quest’azione, danneggiavano ovviamente i tessuti
orali sia molli che duri. Per tale motivo si progettarono strategie completamente diverse: agenti in grado
di alterare l’adesione delle glicoproteine al dente (siliconi, ioni sulfonati di polistirene) o agenti capaci di
modificare il metabolismo batterico (antisettici, antibiotici, enzimi, ecc). Tutti i composti saggiati
risultarono in realtà poco attivi o con effetti collaterali indesiderati.
Agli inizi degli anni ’70 venne descritta la proprietà dei pirofosfati solubili di ostacolare la
trasformazione del fosfato di calcio amorfo in cristalli di idrossiapatite, rallentando quindi in modo
specifico il meccanismo alla base della formazione del tartaro, e questi composti sono sicuramente gli
agenti attualmente più impiegati per prevenire la formazione del tartaro.
Essendo uno ione a carica negativa, il pirofosfato (P2O74-) antagonizza competitivamente con lo ione
fosfato (PO43-), impedendo la formazione di cristalli di fosfato di calcio Ca3(PO4)2 sia nella fase di
precipitazione dalla saliva che in quella di deposizione e accumulo sulla superficie dei denti.
L’utilizzazione dei dentifrici antitartaro contenenti pirofosfati di sodio e potassio ad una
concentrazione del 4-5% induce nel cavo orale una concentrazione di pirofosfati pari a 10000 ppm, che
per i motivi sopra indicati aiuta a ridurre l’accumulo del tartaro e lo rende anche molto meno stabile
facilitando il dentista (il cui intervento per l’ablazione sarà però sempre necessario) ad ottenerne una
completa rimozione.
L’effetto inibitorio dei pirofosfati sulla formazione del tartaro può in parte essere attribuito anche al
distacco dall’idrossiapatite dello smalto delle proteine della pellicola acquisita, che avviene ad opera di
questo anione con un meccanismo di antagonismo competitivo.
I siti del calcio della superficie dell’idrossiapatite sembrano essere i più importanti siti di legame delle
fosfoproteine acide nella fase iniziale di formazione della pellicola, con un meccanismo di legame che si
suppone essere di natura elettrostatica, ed inoltre è ben nota la capacità dei fosfati di spiazzare gli anioni
e le macromolecole cariche negativamente dalla superficie dell’idrossiapatite. In relazione a questo
fenomeno è stato dimostrato che il pirofosfato è capace di spiazzare a basse concentrazioni le proteine
acide adsorbite sull’idrossiapatite e di avere inoltre un’affinità maggiore dello ione fosfato verso lo
smalto. La sua maggiore efficacia può essere spiegata con la sua natura di difosfato, infatti i polianioni
hanno in generale un’affinità per l’idrossiapatite maggiore degli anioni (vedi paragrafo 1.3).
Dato che le proprietà fisiologiche dei pirofosfati sono state ampiamente studiate e che questi
vengono ampiamente utilizzati da tempo come additivi degli alimenti, il loro uso come agenti antitartaro
viene preferito a quello dei composti organici fosforati, molecole che hanno mostrato, sia in vivo che in
vitro, le stesse capacità di inibizione verso la crescita del tartaro.
Un altro fattore che favorisce l’utilizzazione degli ioni pirofosfato è la loro presenza nella saliva:
quindi individui con basse concentrazioni di questo ione nel cavo orale sembrano essere più soggetti al
tartaro rispetto a quelli che ne presentano una concentrazione maggiore.
Altri composti che hanno un’azione antitartaro sono: il trimetafosfato ciclico di sodio (TMP) che ha
una minore efficacia ma possiede anche buone capacità abrasive (vedi paragrafo 3.6) e il citrato di zinco
triidrato che ha un’efficacia molto simile a quella dei pirofosfati.
È importante notare che il tartaro si forma anche in assenza di placca e che i normali dentifrici
antiplacca senza pirofosfati non sembrano in grado di inibirne la formazione. Studi condotti sin degli anni
’60 su ratti in ambiente sterile hanno evidenziato che la formazione del tartaro avviene anche in assenza
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totale di placca batterica, per la calcificazione da parte dei sali minerali di una matrice organica di
probabile origine salivare.
Non esiste al momento una metodologia per misurare, in vivo, il tempo durante il quale gli ioni
pirofosfato permangono sulla superficie dei denti. Si crede che maggiore sia la frequenza di utilizzo del
prodotto e migliori siano i risultati in termini di riduzione del tartaro, poichè viene ricostituita più
frequentemente la riserva di pirofosfato e si bloccano quindi un maggior numero di recettori. Adottando
una corretta tecnica di spazzolamento si può inoltre far giungere il prodotto sotto il margine gengivale, ed
avere quindi un effetto anche sul tartaro subgengivale.
Tabella 9.1
Pirofosfati e fluoruri nei dentifrici antitartaro (% in g)
Dentifricio
A
B
C
Aquafresh AT
0,220
1,80
4,00
AZ TC
0,240
1,92
4,42
Colgate AT
0,243
3,30
Crest TC
0,240
5,00
Defend AT
0,240
3,30
Iodosan AT
0,310
1,950
5,85
Pasta del Capitano AT
0,100
3,20
A: fluoruro di sodio
B: pirofosfato tetrasodico
C: pirofosfato tetrapotassico
D: pirofosfato acido bisodico
D
1,85
1,60
I pirofosfati maggiormente utilizzati nelle paste dentifricie sono il pirofosfato tetrasodico Na4P2O7, il
pirofosfato disodico o pirofosfato acido bisodico Na2H2P2O7 e il pirofosfato tetrapotassico K4P2O7.
Normalmente si usa una miscela binaria o ternaria di questi composti, anche se solo lo ione pirofosfato è
responsabile dell’effetto antitartaro. Ad esempio, essendo il pirofosfato tetrapotassico dieci volte più
solubile del tetrasodico, queste due sostanze vengono combinate se l’acqua contenuta nella
formulazione è insufficiente a sciogliere la quantità di ioni pirofosfato desiderati, Inoltre, mentre la
soluzione acquosa di fosfato monosodico è leggermente acida e quella di fosfato disodico leggermente
basica, le soluzioni di fosfato trisodico sono fortemente basiche, in quanto lo ione HPO42- è un acido
talmente debole che la sua base coniugata PO43- è al contrario estremamente forte. Per questo motivo, il
pirofosfato tetrasodico o quello tetrapotassico vengono combinati con il più acido pirofosfato disodico in
modo da avere un valore di pH molto vicino alla neutralità.
Ai pirofosfati possono essere associati anche inibitori delle pirofosfatasi orali, di origine batterica e/o
salivare, enzimi in grado di idrolizzare il pirofosfato presente naturalmente nel cavo orale, trasformandolo
in ioni fosfato e riducendone l’azione inibitoria del processo di calcificazione, e quindi l’attività antitartaro.
Per questo motivo, vennero sperimentati fin dall’inizio alcuni inibitori di questi enzimi, in modo da
permettere ai pirofosfati naturali di compiere efficacemente la loro azione. L’etidronato di sodio al 3%,
associato in una pasta dentifricia al fluoruro di sodio allo 0,22%, si rivelò efficace nel diminuire la
formazione del tartaro, ma parallelamente anche in grado di provocare un sensibile aumento della
placca. Un altro composto risultato efficace come antitartaro, il ricinoleato, venne abbandonato per il suo
gusto particolarmente sgradevole.
Oggi sono presenti sul mercato dei prodotti contenenti, quali inibitori delle pirofosfatasi, enzimi che
richiedono ioni magnesio solubili per la loro attività, un copolimero conosciuto come gantrez (GAF
Corporation). Il copolimero è formato da anidride o acido maleico e da un monomero etilenico insaturo
polimerizzabile, preferibilmente un alchilvinil etere quale il metossietilene. Questo composto forma un
complesso con gli ioni magnesio rendendoli indisponibili per gli enzimi, che vengono così inibiti; inoltre a
differenza dell’acido etilendiaminotetracetico (EDTA) e di altri chelanti forti non sottrae calcio allo smalto
dentale con processi di chelazione.
9.2 Prodotti antitartaro
In letteratura risulta che i dentifrici a base di pirofosfati, associati o meno ad inibitori delle
pirofosfatasi od a sali di fluoro, determinano in genere una riduzione della riformazione del tartaro che
varia dal 26 al 48% dopo tre mesi di trattamento continuativo. Tra i prodotti presenti in commercio
vengono riportati quelli aventi una specifica azione antitartaro, e che sono distinti dagli altri con i termini
AT (antitartaro) o TC (tartar control).
Aquafresh AT (Beecham): è un prodotto contenente fluoruro di sodio allo 0,22%, pirofosfato
tetrapotassico al 4% e pirofosfato tetrasodico all’1,8%.
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AZ TC (Procter 8c Gamble): commercializzato sia come gel che come pasta dentifricia contiene
pirofosfato tetrasodico all’1,92%, pirofosfato acido bisodico all’1,85%, pirofosfato tetrapotassico al 4,42%
(corrispondenti ad un totale di ioni pirofosfato del 5%) e fluoruro di sodio allo 0,24%. L’associazione dei
pirofosfati, caratteristici di questo composto, al fluoruro di sodio non interferisce e non altera i processi di
protezione (remineralizzazione e resistenza agli acidi) dello smalto contro lo sviluppo di lesioni cariose.
Bergafluor (Bergamon): è un prodotto a base di pirofosfato di sodio, cloruro di zinco, clorexidina
digluconato e fluoruro di sodio.
Colgate AT (Colgate - Palmolive): contiene fluoruro di sodio allo 0,24%, pirofosfato al 3,3% e, come
inibitori delle pirofosfatasi, metossietilene ed acido maleico all’1%.
Crest TC (Procter & Gamble): contiene fluoruro di sodio allo 0,24% e pirofosfato al 5%.
Defend AT (Colgate - Palmolive): contiene fluoruro di sodio allo 0,24% e pirofosfato al 3,3%.
Durban’s AT (Gibbs Dental Division): contiene fluoruro di sodio allo 0,24%.
Ekuba dentifricio (UCM): è un prodotto che dovrebbe svolgere un’azione disinfettante e
decongestionante su tutto il cavo orale, dissolvere il tartaro e impedire le fermentazioni. Composizione:
Clorexidina acetato: 0,5 g.
Acido 6-amimoesanoico: 0,5 g.
Fluoruro di sodio: 0,1 g.
Sodio idrossietilidenmetilpirandione: 0,15 g.
Oli essenziali: 2 g.
Pasta base (al fosfato bicalcico-pirofosfato sodico) q.b. a 100 g.
Iodosan Fluoro AT (Zambeletti): dentifricio disinfettante formulato per prevenire la crescita della
placca batterica, per ridurre la formazione del tartaro e rafforzare lo smalto dentale grazie ad una duplice
azione dovuta al cicliomenolo che inibisce la formazione della placca batterica sul dente e sul bordo
gengivale, e ai pirofosfati di sodio e potassio che ostacolano la cristallizzazione del fosfato di calcio,
impedendone l’accumulo soprattutto sui denti inferiori e nella saliva. Composizione:
Cicliomenolo: 0,052 g.
Sodio pirofosfato anidro: 1,95 g.
Potassio pirofosfato anidro: 5,85 g.
Fluoruro di sodio: 0,312 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
Pasta del Capitano “Formula antitartaro” (Ciccarelli): è un dentifricio che viene indicato come
coadiuvante nella prevenzione della carie. La formulazione dovrebbe essere estremamente efficace
grazie all’azione combinata di due diversi tipi di sali di fluoro associati ai pirofosfati. I due sali di fluoro,
resi totalmente disponibili in forma ionica, dovrebbero aiutare a prevenire la placca mentre i pirofosfati
dovrebbero potenziare l’attività delle sostanze naturali presenti nella saliva, spesso non sufficienti per
ostacolare la formazione del tartaro. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Pirofosfato tetrasodico: 3,2%.
Pirofosfato acido bisodico: 1,6%.
Menta piperita: 0,7%.
Anetolo: 0,3%.
Mentolo: 0,8%.
Coloranti CI 47005 e 42051.
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10. Dentifrici desensibilizzanti
10.1 Sensibilità dentinale
L’ipersensibilità o iperstesia dentinale è un disturbo che, oltre a colpire frequentemente tutti quei
pazienti sottoposti a chirurgia paradontale, è comunemente legato all’esposizione della porzione
radicolare del dente. Tra le affezioni che colpiscono i denti in maniera cronica questa è sicuramente una
delle più dolorose e ubiquitarie e tra quelle che vengono trattate con minore facilità.
In generale il termine viene usato per descrivere quella condizione nella quale una zona di dentina
esposta è eccessivamente sensibile agli stimoli intraorali. L’esposizione della dentina può essere legata
tanto alla perdita di smalto quanto all’abbassamento del margine gengivale, dovuto ad una recessione o
ad una terapia chirurgica parodontale.
I soggetti possono provare delle sensazioni che vanno da un lieve fastidio ad un dolore intenso,
anche in risposta a stimoli che normalmente sarebbero registrati come innocui. In alcuni casi il dolore
inizia subito dopo l’applicazione dello stimolo e cessa con il suo allontanamento; in altri può essere più
intenso e duraturo, simile a quello che si riscontra in presenza di carie.
La dentina, come il cemento, è un tessuto calcificato di origine mesodermica (connettivo) contenente
fibre di collagene. È composto per il 70% di materiale inorganico (prevalentemente sali di calcio e
fosforo) e per il 30% di sostanza organica (matrice cementante e collagene).
All’interno del tessuto dentinale è presente un complesso sistema tubulare che, con decorso radiale,
si porta dalla polpa al confine amelo-dentinale, penetrandovi, ed al cemento. I tubuli contengono, nella
loro parte più interna, le fibre di Tomes, cioè delle proiezioni citoplasmatiche degli odontoblasti,
delimitate dalla dentina per mezzo di una membrana cellulare, mentre nella parte più periferica
contengono il fluido dentinale.
Fluido dentinale libero è contenuto inoltre nella polpa con una pressione idrostatica di circa 30
mmHg, correlata ovviamente alla pressione capillare sanguigna. Vi è quindi un gradiente pressorio
diretto all’esterno, che consentirebbe, ad un tubulo aperto, di svuotarsi circa dieci volte al giorno. Vale la
pena ricordare che un lento scorrimento verso l’esterno di acqua e di piccole molecole esiste anche nella
dentina ricoperta da smalto intatto o da cemento (la pressione idrostatica paradontale è circa 10 mmHg),
poichè questi tessuti sono in realtà permeabili.
Per spiegare il meccanismo di trasmissione del dolore alla dentina sono state avanzate varie ipotesi
tra cui quella odontoblastica, basata sulla possibilità di danni embriologici ed istologici, e quella nervosa
basata su una stimolazione diretta delle terminazioni nervose che si spingono fino alla periferia. L’ipotesi
che oggi sembra più attendibile è la teoria idrodinamica di Brannstrom che prende in considerazione i
tubuli dentinali all’interno dei quali, in prossimità della polpa, è visibile un prolungamento odontoblastico,
mentre nel restante spazio è presente un fluido organico che obbedisce ovviamente alle leggi
dell’idrodinamica dei capillari. Il suo rapido scorrimento porterebbe alla deformazione sia
dell’odontoblasto che delle fibre nervose presenti nel tubulo.
Questa ipotesi, corroborata dal fatto che i recettori dolorifici della polpa dentale non sembrano
essere chemocettori bensì meccanocettori, spiega le differenti sensazioni dolorose originate
dall’applicazione di stimoli diversi.
Il dolore provocato dal freddo, getti d’aria, soluzioni ipertoniche, materiali adsorbenti, ecc., è di tipo
acuto e cessa con la rimozione dello stimolo. Il fenomeno sembra dovuto al rapido movimento centrifugo
del fluido dentinale che porta ad uno stiramento sia delle strutture cellulari che delle fibre nervose. Al
contrario, l’applicazione prolungata di uno stimolo caldo provoca un dolore di tipo sordo, più persistente
rispetto al precedente. In questo caso, il movimento del fluido sembra essere centripeto, e l’attivazione
delle fibre nervose sensitive avviene con modalità differenti.
La dentina non si comporta, però, verso i tubuli come una membrana semipermeabile, e quindi la
trasmissione degli stimoli dalla superficie della dentina alla polpa richiede l’esposizione dei tubuli. lnoltre
gli impulsi sembrano essere modulati da alcuni polipeptidi come le plasmachinine (callicreina e
bradichinina) e sostanza P. Queste sostanze, alterandone la permeabilità, iperpolarizzano la membrana
dell’odontoblasta aumentandone di conseguenza l’eccitabilità dopo la stimolazione.
10.2 Trattamento dell’ipersensibilità dentinale
Dall’analisi dei meccanismi d’azione sopra descritti, le terapie più idonee, nel caso di ipersensibilità
dentinale, sembrano essere principalmente due:
a) chiusura meccanica dei tubuli per precipitazione di sali o per ricopertura superficiale mediante liner od
otturazione, ovvero tutti quei composti in grado di occludere efficacemente l’imbocco esposto dei tubuli
dentinali, favorendo la riduzione della circolazione del fluido in essi presente;
b) produzione di una dentina di reazione;
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c) riduzione dell’attività dei nervi sensori ad opera di specifici agenti quali gli ioni potassio. Infatti
l’aumentata concentrazione degli ioni potassio extracellulari, ossia intratubulari, provoca una depolarizzazione della membrana delle fibre nervose, impedendo l’incremento iniziale dei potenziali di azione.
Dopo la depolarizzazione iniziale, le fibre nervose non possono ripolarizzarsi a causa degli alti livelli di
potassio extracellulare e si ha quindi uno stato prolungato di depolarizzazione. Durante questo stato è
possibile evocare soltanto rari, o addirittura nessun potenziale di azione (fenomeno noto come
accomodamento dell’assone).
Gli individui soggetti ad ipersensibilità dentinale col tempo diventano abili nell’evitare gli stimoli che
provocano il dolore. Questi sono principalmente di natura termica, ma anche le procedure di igiene
orale, come lo spazzolamento, possono produrre una sensazione dolorosa; si avrà in questo caso una
riduzione del controllo della placca, con un grave deterioramento delle condizioni di salute dentale e
parodontale. Da qui l’importanza di poter disporre di agenti veramente efficaci contro questa patologia.
Tabella 10.1
Trattamento dell’ipersensibilità dentale da parte dell’odontoiatra
Corticosteroide:
prednisolone, soluzione di parametasone
Formazione di precipitati insolubili:
Vernici di cavità
Ionofori
Idrossido di calcio con vernice metacrilata
nitrato di argento, formaldeide, ossalati
Composti al fluoro:
fluoruro e monofluorofosfato di sodio, fluoruro stannoso
Prima dell’enunciazione della teoria idrodinamica il composto di cui si consigliava l’utilizzazione nella
formulazione di dentifrici da usare nel caso di ipersensibilità dentinale era la formaldeide alla
concentrazione dell’1,4% per la sua capacità di rendere insolubili le proteine e quindi di farle precipitare.
Studi più recenti sia in vitro che in vivo hanno dimostrato che il suo effetto sull’ipersensibilità è in realtà
minimo.
L’Emoform era una pasta dentifricia (ora non più in commercio) che conteneva formaldeide all’1,4%
e veniva indicata nei casi di sensibilità dentinale.
Successivamente vennero descritti gli effetti desensibilizzami dell’idrossido di calcio e dei glicocorticoidi, che sembrano determinare un incremento della mineralizzazione della dentina peritubulare, e
l’inefficacia se non la dannosità del nitrato di argento nel trattamento dell’ipersensibilità dentinale.
Di seguito vengono riportati i composti maggiormente utilizzati nelle moderne paste dentifricie
desensibilizzami.
10.3 Sali di fluoro
In presenza di ioni calcio e di ioni fluoro si ha la formazione di un sale, il fluoruro di calcio, che
essendo molto poco solubile precipita sulla superficie del dente provocando una diminuzione del
diametro dei tubuli dentinali scoperti.
Il fluoruro di sodio venne proposto come agente desensibilizzante per la prima volta negli anni ’40
quando venne prodotta una pasta indicata contro la sensibilità del colletto e contenente, in parti uguali,
fluoruro di sodio, caolino e glicerina. Successive prove in vitro hanno dimostrato che una soluzione di
fluoruro di sodio al 2% causa una diminuzione di circa il 18% dei movimenti del liquido dentinale.
L’utilizzazione di questo composto sembra in realtà avere un effetto limitato nel tempo ed inoltre di
dubbia efficacia.
Per quello che concerne il monofluorofosfato di sodio, paste dentifricie contenenti questo sale allo
0,76% hanno mostrato proprietà desensibilizzanti simili a quelle di paste contenenti il 10% di cloruro di
stronzio. Il meccanismo di azione del monofluorofosfato di sodio come agente desensibilizzante non è
ancora ben chiaro; la sua utilizzazione infatti non sembra produrre effetti visibili sulla superficie del dente
ed inoltre le analisi microscopiche dimostrano che dopo il suo uso i tubuli rimangono aperti.
Una maggiore efficacia come desensibilizzante di questo composto è stata recentemente ottenuta
con l’aggiunta di formaldeide all’1,3% a paste contenenti monofluorofosfato di sodio allo 0,8%.
In una terapia desensibilizzante l’applicazi0ne dei fluoruri deve avvenire necessariamente a livello
topico mediante l’utilizzazione di dentifrici, gel e collutori o anche, elettricamente, mediante ionoforesi.
Per i motivi sopra riportati tutte le paste dentifricie che contengono nella loro formulazione dei fluoruri
dovrebbero avere, in via del tutto teorica, oltre all’azione antiplacca anche quella desensibilizzante (vedi
capitolo 13).
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10.4 Sali inorganici di potassio
L’azione terapeutica sarebbe dovuta alla loro dissociazione con conseguente liberazione di ioni
potassio che bloccherebbero, depolarizzando Ie membrane, l’impulso nervoso responsabile della
sensazione dolorosa. Di seguito sono riportati i prodotti in commercio contenenti questi sali.
AZ Denti Sensibili (Procter & Gamble): è un prodotto a limitata abrasività, contenente nitrato di
potassio e fluoruro di sodio, che è particolarmente indicato per la protezione attiva contro la sensibilità
dei denti e i problemi gengivali. La sua azione desensibilizzante è dovuta allo ione potassio, la cui
aumentata concentrazione intratubulare porta ad una limitazione dell’attività dei nervi sensori, e alla
presenza di ioni fluoro che, sotto forma di fluoruro di calcio, tendono ad ostruire i tubuli dentinali scoperti.
lnoltre la presenza di fluoruro di sodio, stimolando i processi di remineralizzazione dello smalto e della
dentina, contribuisce alla prevenzione della carie. Composizione:
Nitrato di potassio: 5%.
Fluoruro di sodio: 0,321%.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Neo Mentadent DS (Gibbs Dental Division): dovrebbe essere specifico per denti sensibili grazie
all’azione desensibilizzante del citrato di potassio e in grado di svolgere anche un’azione antibatterica
contro la placca grazie alla presenza, nella sua formulazione, di un sale di fluoro e del triclosan.
Composizione:
Citrato di potassio: 5,345%.
Triclosan: 0,2%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85%.
Biossido di silicio, sorbitolo, sodio dodecilbenzensolfato, sodio carbossimetilcellulosa, optamint,
sodio saccarinato, acqua distillata.
Sensodyne-F (Stafford-Miller): contiene nitrato di potassio e viene indicato nella prevenzione
dell’ipersensibilità dentinale e della carie. Composizione:
Nitrato di potassio: 5%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,9%.
Fosfato di calcio.
Sensodyne-K (Stafford-Miller): contiene cloruro di potassio. Composizione:
Cloruro di potassio: 3,75%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Altri dentifrici contenenti nitrato di potassio, che però non sono commercializzati in Italia, sono il
Dentril e due prodotti venduti negli USA il Denquil (Procter & Gamble) e il Promise che lo contengono
nella misura del 5%.
10.5 Cloruro di stronzio
L’azione desensibilizzante di una soluzione di cloruro di stronzio al 10% venne descritta verso la
metà degli anni ’50. La sua utilizzazione sembra determinare sulla superficie della dentina abrasa la
deposizione di uno strato compatto, radiopaco e granulare che penetra anche nel lume dei canalicoli, ed
isola dall’ambiente esterno i tubuli dentinali esposti. Inoltre lo ione stronzio, in concentrazioni elevate,
sembra rallentare gli impulsi nervosi in quanto viene assorbito dalla dentina e dal cemento, bloccando
così la trasmissione della sensazione dolorosa che non raggiunge la polpa dentale.
Un prodotto che viene indicate per i denti sensibili e contenente cloruro di stronzio esaidrato è il
Sensodyne (Stafford-Miller). Composizione:
Cloruro di stronzio esaidrato: 10%.
Glicerina: 12%.
Sorbitolo: 12%.
Idrossietilcellulosa: 1,6%.
Essenze varie, acqua q.b. a 10 g.
10.6 Idrossiapatite
Tra i più moderni composti utilizzati nei casi di ipersensibilità dentinale l’idrossiapatite sembra
essere, particolarmente nella forma ultramicronizzata (0,2-1,0 µ), il più efficace grazie ad un’azione
desensibilizzante determinata dal suo effetto di obliterazione meccanica dei tubuli dentinali.
Le paste dentifricie contenenti come principio attivo l’idrossiapatite sono:
Apagen (Stomygen): è un prodotto indicato come remineralizzante, anticarie, antiplacca, ma in
particolare come dentifricio da utilizzare in caso di ipersensibilità dentinale. Infatti, un elevato grado di
ultramicronizzazione conferisce ai cristalli di idrossiapatite la capacità di penetrare, depositarsi ed
occludere i tubuli dentinali i cui diametri, in alcune parti del dente, diminuiscono fino ad avere dimensioni
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dell’ordine di 0,6-1,0 µ. Contiene idrossiapatite ultramicronizzata (0,5-1 µ) al 5%, ossalato di potassio,
eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni. L’idrossiapatite ultramicronizzata è
presente sul mercato, sempre sotto la denominazione Apagen, anche in forma pura, per essere
utilizzata come tale negli studi odontoiatrici. Il prodotto viene infatti commercializzato per poter essere
cosparso direttamente sui monconi o aggiunto, in un rapporto 1:4, ad un cemento provvisorio Temp
Bond con lo scopo di diminuire l’ipersensibilità dentinale dovuta alla preparazione protesica dei monconi;
Oral-B “Denti sensibili" (Oral-B): è una pasta particolarmente soffice desensibilizzante indicata per la
protezione dei denti sensibili al caldo ed al freddo. Contiene idrossiapatite non ultramicronizzata con
delle dimensioni granulari medie intorno ai 4 µ. La parziale occlusione dei tubuli dentinali da parte delle
particelle di idrossiapatite più grosse e di forma più irregolare dovrebbe essere compensata, a detta dei
produttori, da particelle isometriche e più piccole (circa 2 µ) presenti nella formulazione. Composizione:
Idrossiapatite: 17%.
Glicerina, glicol propilenico, carbossimetilcellulosa, silice 2,5%.
Biossido di titanio (E171), aromi, schiumogeni, preservanti, edulcoranti non cariogeni.
10.7 Ossalati
Oltre alle paste dentifricie desensibilizzanti sono oggi in commercio vari prodotti utilizzabili
dall’odontoiatra nei casi di ipersensibilità dentinale. Tra tutti vale la pena a nostro avviso citare due
ossalati: quello di potassio e quello ferrico.
Lo ione ossalato reagisce con gli ioni calcio presenti nel liquido dentinale formando dei cristalli
insolubili di ossalato di calcio, che sembrano avere le dimensioni ideali per penetrare all’interno dei
canalicoli. Il precipitato dovrebbe perciò occludere rapidamente le aperture dei tubuli dentinali con uno
strato sottile di cristalli di ossalato di calcio, bloccando il movimento del liquido nel tubulo stesso verso i
recettori nervosi della polpa. Rispetto ai cristalli di fluoruro di calcio, quelli di ossalato sono leggermente
più grandi e sembrano avere una maggiore efficacia contro la sensibilità dentinale.
Prove in vitro hanno dimostrato l’efficacia di soluzioni contenenti ossalato di potassio al 3% e di
paste dentifricie contenenti lo stesso sale al 2%.
Un prodotto ad uso professionale contenente ossalato di potassio è il Protect (Butler). È questa una
soluzione di monoidrogeno-monopotassio ossalato utilizzata dall’odontoiatra per il trattamento
dell’ipersensibilità della dentina e come pellicola protettiva (cavity liner) contro la penetrazione degli acidi
nella dentina esposta.
Altri prodotti contenenti lo stesso sale sono il Desensin (Eurosintesi) e il DDS (OP, Lab. Research).
Per quello che riguarda l’utilizzazione dell’ossalato ferrico per il trattamento in studio
dell’ipersensibilità dentinale, in commercio è disponibile il Sensodyne Sealant (Stafford-Miller) un
contenitore monodose di ossalato ferrico che occlude le aperture dei tubuli dentinali, interrompendo la
trasmissione ai nervi ricettori della sensazione dolorosa. La soluzione si applica con un pennellino
direttamente sulla dentina esposta; la riduzione dell’ipersensibilità si verifica entro cinque minuti
dall’applicazione e l’effetto desensibilizzante sembra essere prolungato nel tempo.
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11. Dentifrici contenenti clorexidina
11.1 Clorexidina: chimica e funzione
Come abbiamo visto nel capitolo dedicato ai detergenti, le bis-biguanidi sono dei detergenti cationici
contenenti gruppi guanidici. Il più noto di questi composti è la clorexidina che viene ampiamente
utilizzata da diversi anni, sia a scopo preventivo che terapeutico, come agente antiplacca.
Sintetizzata nei laboratori ICI-Pharma con lo scopo di avere un poliguanide con azione antimalarica,
la clorexidina è stata usata inizialmente in Gran Bretagna come crema antisettica per le ferite cutanee.
Negli Stati Uniti venne introdotta con il nome di hibiclens, sotto forma di una soluzione al 4% indicata per
la detersione della pelle. La sua utilizzazione come antisettico del cavo orale si è avuta agli inizi degli
anni ’70 quando venne dimostrato che l’utilizzazione regolare di collutori a base di clorexidina gluconato
allo 0,1-0,2% aiutava a prevenire l’accumulo di placca ed era un efficace coadiuvante nel trattamento di
stomatiti da protesi, ulcere aftose e candidosi. L’uso di questo antisettico, per la sua accertata efficacia
antiplacca, venne quindi autorizzato sia dall’ADA (American Dentist Association) che dalla FDA (Federal
Drug Administration) con il nome commerciale di peridex.
Dal punto di vista chimico la clorexidina (o cloroesidina) e l’1,1’-esametilenbis [5-(pclorofenil)biguanide], cioè una molecola simmetrica con due anelli benzenici e due gruppi biguanidici
tenuti insieme da una catena idrocarburica a sei atomi di carbonio:
Cl-C6H5-NH-CNH-NH-CNH-NH-(CH2)6-NH-CNH-NH-CNH-NH-C6H5-Cl
Gli anelli benzenici e la catena esametilenica costituiscono la porzione idrofobica della molecola,
mentre i gruppi cloruro e guanidinici quella idrofilica. Vale la pena notare che studi recenti lasciano
supporre che entrambi i gruppi clorofenilici (Cl-C6H5-) della molecola possano essere sostituiti da catene
alchiliche (idrocarburiche) senza nessuna perdita, anzi con un miglioramento delle proprietà
antimicrobiche.
Essendo un composto basico, la clorexidina reagisce facilmente con gli acidi per formare sali:
l’idrocloruro e l’acetato hanno bassa solubilità mentre il più solubile, e quindi quello più comunemente
utilizzato, è il gluconato (o digluconato) che viene preparato come soluzione acquosa al 20% non
potendo essere isolato allo stato solido. Il legame di questa molecola con la parete ed il contenuto
intestinale fa si che essa sia scarsamente assorbita; le piccole quantità di farmaco eventualmente
assorbite durante il trattamento di igiene orale vengono ritrovate soprattutto nelle feci e nelle urine.
La clorexidina è una molecola contenente substrutture fortemente polari ed apolari e quindi la sua
lipofilicità dipende dal pH e dalla forza ionica della soluzione in cui è dissolta; essendo in generale gli
agenti antimicrobici più attivi quando presentano una minore lipofilicità, la sua attività antisettica aumenta
a pH neutro o lievemente acido (se ne consiglia infatti l’uso in un intervallo di pH compreso tra 5,5 e 7,0).
Le soluzioni acquose dei sali di clorexidina tendono a decomporsi con la formazione di piccole quantità
di 4-cloroanilina e questa decomposizione è favorita dal calore e da valori di pH alcalini.
La sua efficacia si mantiene costante anche in presenza di liquidi organici mentre l’attività può
essere ridotta per l’interazione con gli ioni cloruro, solfato, carbonato o nitrato presenti in alcune acque
potabili particolarmente dure; tali azioni provocano infatti la precipitazione dei corrispondenti sali
insolubili della clorexidina prima che questo composto possa esplicare la sua azione terapeutica.
Anche la conservazione della clorexidina richiede particolari accorgimenti in quanto, ad esempio,
contenitori in polietilene a bassa densità possono assorbirne una quantità eccessiva o i tannini del
sughero possono inattivarla.
Numerosi studi effettuati su questa molecola hanno dimostrato ampiamente che è dotata di azione
antisettica e battericida per la flora batterica che normalmente si riscontra nelle infezioni della cavità
orofaringea, e che quindi è particolarmente efficace nel prevenire l’accumulo della placca batterica e
ridurre l’infiammazione gengivale. La molecola è molto attiva contro tutti i batteri grampositivi e negativi
di interesse clinico, contro molti miceti e contro alcuni virus, tra cui, sembra, quello responsabile della
sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).
Nonostante che la letteratura attestante l’efficacia dei collutori contenenti clorexidina nel prevenire
l’accumulo di placca sia numerosa, i dati sperimentali realmente validi sull’effetto di questo antisettico nei
confronti degli specifici batteri presemi nella placca dentale sono in realtà pochi. Sembra comunque
dimostrato che gli streptococchi (S. sanguinis, S. mutans, ecc.) e certi patogeni opportunisti, quali gli
stafilococchi e gli enterobatteri, siano relativamente sensibili a concentrazioni di clorexidina variabili da 1
a 20 mg/ ml. Inoltre questo antisettico sembra essere relativamente efficace contro actinomiceti e
fusobatteri (specie coinvolti nell’eziologia della gengivite).
Un altro importante requisito di tale antisettico è l’assenza di attività contro specifici enzimi o recettori
batterici e quindi, agendo in modo generalizzato sulla parete batterica (a differenza degli antibiotici),
sembra avere minori probabilità di indurre fenomeni di resistenza.
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Dentifrici
Closan
Elgydium
Neo Destomygen
Fluoxene
Neo Stomygen
Broxo din gel
Dentosan gel dentifricio
AZ 15 forte
Corsodyl dental gel
Ekuba dentifricio
Tabella 11.1
Concentrazione (%)
Clorexidina digluconato
0,002
0,004
0,004
0,005
0,006
0,2
0,2
0,4
1
Clorexidina acetato
0,5
L’interazione della clorexidina con i batteri inizia con l’adsorbimento di questo composto sulla parete
batterica ed è facilitata dalla carica negativa presente sulla superficie di questa struttura. Una volta
adsorbita, essa interferisce con l’attività enzimatica della membrana batterica provocando un aumento
della permeabilità e quindi uno squilibrio osmotico dei flussi cellulari che ha come risultato finale la morte
della cellula stessa.
Molti agenti cationici, e tra questi i detergenti sintetici, agiscono in modo analogo, ma la clorexidina è
molto più efficace perchè, grazie alla sua struttura, è in grado di legarsi tenacemente a diversi siti del
cavo orale (all’idrossiapatite dello smalto, alle proteine salivari, alle cellule batteriche e ai polisaccaridi
extracellulari da queste prodotti); la molecola viene poi rilasciata lentamente dalle zone di ritenzione, che
fungono da “riserve". In questo modo viene mantenuto un effetto antibatterico costante, che limita la
proliferazione dei microrganismi in tutto il cavo orale ma, cosa più importante, fa si che la clorexidina
esplichi la sua funzione battericida per molte ore, in modo selettivo, in corrispondenza della superficie
dentaria.
Il fenomeno della ritenzione (quello che in inglese viene detto substantivity) è stato ritenuto per molto
tempo una proprietà cruciale per l’effetto terapeutico di questa molecola. In realtà, è stato dimostrato che
molti composti ammonici quaternari sono in grado di essere ritenuti come, o anche meglio, della
clorexidina senza mostrare significativa attività antiplacca.
L’efficacia antisettica della clorexidina nei confronti della flora batterica del cavo orale viene oggi
attribuita ad un meccanismo di scambio ionico. Durante il trattamento di igiene orale il legame della
molecola avviene per spiazzamento degli ioni calcio dai loro siti di legame, principalmente gruppi
carbossilici, mentre il lento rilascio sembra dovuto al processo inverso che si ha man mano che la
concentrazione orale di calcio ricomincia ad aumentare. Quest’ipotesi è supportata dal fatto che la
ritenzione viene sensibilmente ridotta da soluzioni di clorexidina a pH 3, un valore che si avvicina a
quello del pK dei gruppi carbossilici che quindi, in queste condizioni, non presentano la loro carica
negativa e non possono formare legami ionici.
Oltre che con i gruppi carbossilici, la clorexidina compete con gli ioni calcio nei riguardi di altri gruppi
anionici (solfati e fosfati), interagendo quindi con le glicoproteine e le fosfoproteine anioniche della
mucosa vestibolare, palatale e labiale e con la pellicola acquisita (da questo punto di vista i tessuti molli
forniscono una vasta superficie disponibile per tale legame). I radicali acidi sono infatti facilmente
reperibili nel cavo orale: i gruppi carbossilici liberi sono presenti nell’acido sialico che abbonda nelle
glicoproteine salivari; il radicale solfato è presente nelle glicoproteine solfatate che compaiono nelle
secrezioni salivari mucose; i fosfati sono presenti sulle superfici dei batteri (ciò fa si che la clorexidina si
leghi alla superficie batterica alterandone l’aderenza e iniziandone la distruzione) o sotto forma di
fosfoproteine.
Tutte queste interazioni possono essere impedite mediante l’utilizzazione di cationi che, come gli ioni
lantanio, stagno e zinco, abbiano una maggiore affinità per i gruppi carbossilici e fosfato rispetto alla
clorexidina.
Le limitazioni all’uso di questa molecola sono diverse:
1) il possibile sviluppo di resistenza batterica a questi composti quando vengono usati per lunghi periodi
di tempo;
2) il sapore amaro che li rende sgradevoli ad alcuni individui;
3) un’aumentata formazione di tartaro frequentemente osservata nei soggetti che utilizzano prodotti
contenenti clorexidina.
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Il meccanismo responsabile di tale fenomeno non è stato ancora chiarito ma sarebbe, almeno in
parte, imputabile all’innalzamento del pH locale inseguito all’adsorbimento della clorexidina e alla sua
azione sulla cellula batterica. I batteri, infatti, una volta alterati, non sarebbero più in grado di
metabolizzare gli zuccheri e di produrre acidi; inoltre i microrganismi degenerati andrebbero incontro, più
rapidamente di quelli vivi, a processi di calcificazione.
Il principale problema, tuttora senza soluzione, legato all’utilizzazione della clorexidina nella
formulazione dei collutori e delle paste dentifricie è però la comparsa di una pigmentazione giallo-bruna
sui denti, sulla lingua, sui restauri in materiali plastici ed estetici e sui denti artificiali. In assenza di una
contemporanea azione di spazzolamento (come avviene con i collutori), le macchie compaiono nell’arco
di pochi giorni, mentre con un normale spazzolamento (dentifrici) la loro comparsa è leggermente
differita e l’entità e ridotta, ma sono comunque descritte in un’elevata percentuale di pazienti.
Molti autori ritengono che tali pigmentazioni siano imputabili al legame della clorexidina con la
pellicola acquisita, piuttosto che con la placca. Per spiegare la loro formazione sono stati suggeriti tre
possibili meccanismi:
1) una reazione non enzimatica che conduce alla formazione di sostanze pigmentate brune note come
melanoidine; tale reazione viene catalizzata dalla presenza di una sostanza basica, qual è la clorexidina;
2) la formazione di solfuri metallici pigmentati in seguito alla denaturazione, ad opera della clorexidina,
delle proteine della pellicola dentale, con conseguente esposizione di gruppi sulfidrilici capaci di reagire
con gli ioni metallici (ferro, stagno, ecc.) presenti nella saliva;
3) la precipitazione, operata dalla clorexidina, dei numerosi coloranti contenuti in molti alimenti, in
particolare nelle bibite, quali te, caffè e succhi di frutta.
Questa terza ipotesi potrebbe spiegare il fatto che alcuni soggetti sembrano mostrare una maggiore
incidenza di pigmentazioni rispetto ad altri. Un’altra possibile spiegazione di tale fenomeno potrebbe
risiedere nel fatto che nella pellicola dentale di alcuni individui è presente una maggiore concentrazione
di proteine contenenti gruppi sulfidrilici.
La colorazione superficiale dei denti, e di alcuni materiali utilizzati per otturazioni e protesi, provocata
dall’uso prolungato di collutori contenenti clorexidina può essere prevenuta con l’impiego giornaliero di
un comune dentifricio prima dell’uso di queste soluzioni, avendo cura di sciacquare la bocca con acqua
nell’intervallo tra i due trattamenti. Tale precauzione è necessaria, in quanto questo tipo di collutori è
incompatibile con i composti anionici in genere presenti nei comuni dentifrici.
Nei casi più persistenti, la colorazione può essere eliminata con l’intervento di un igienista dentale,
mentre eventuali colorazioni di protesi mobili possono essere eliminate mediante l’utilizzazione di
specifici prodotti di pulizia. Una leggera colorazione brunastra può comparire anche sul dorso della
lingua ma è del tutto innocua e scompare con la sospensione del trattamento. L’utilizzazione di ipoclorito
di sodio (ovvero varechina o candeggina) per il candeggio della biancheria venuta a contatto con la
soluzione di clorexidina deve essere evitato, in quanto porta alla formazione di macchie brune; in questi
casi conviene impiegare per l’eventuale candeggio il perborato di sodio.
Alcuni autori hanno osservato, dopo un uso frequente di clorexidina, irritazioni e desquamazione
della mucosa orale in soggetti di età inferiore ai sedici anni, specie se in trattamento ortodontico. Inoltre
sono stati segnalati sporadici casi di alterazioni della sensibilità gustativa e parestesie alla lingua,
fenomeni comunque reversibili con la sospensione del trattamento o con una semplice riduzione della
concentrazione della sostanza.
La clorexidina, in associazione con altri composti, è anche entrata nell’uso endodontico perchè
pulisce bene le superfici delle smalto e della dentina, e il suo effetto detergente è maggiore di quello
dell’acqua ossigenata-alcool e di quello dell’etere-acetone. Elimina i frammenti che permangono nel
canale dopo il trattamento meccanico, non è irritante per il periapice ed ha una buona azione
antibatterica sulla flora residua; sembra inoltre favorire l’adattamento del cemento alle pareti del canale e
quindi l’ermeticità dell’otturazione.
Proprietà antiplacca ed antigengivite sono state recentemente riportate anche per l’alexidina, un’altra
biguanide strutturalmente simile alla clorexidina, ma l’utilizzazione di questa sostanza, che provoca la
comparsa di pigmentazioni e l’alterazione del gusto, non sembra però offrire alcun vantaggio rispetto alla
clorexidina.
11.2 Prodotti consententi clorexidina
AZ 15 Forte (Procter & Gamble): dentifricio contenente una formula indicata come igienizzante ad
alta efficacia nella protezione dei tessuti gengivali. La sua azione è dovuta alla presenza di clorexidina
ad una concentrazione che sembra essere ottimale per una prolungata azione antiplacca. La limitata
abrasività della pasta ne consente l’utilizzo anche in presenza di disturbi gengivali. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,40%.
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Zinco lattato: 1,3%.
Fluoruro di sodio: 0,32.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Bergafluor (Bergamon): prodotto a base di sodio pirofosfato, zinco cloruro, clorexidina gluconato e
sodio fluoruro.
Broxo din gel (Cabon): è un gel con proprietà antisettiche indicato per il trattamento di gengive irritate
e facili alla sanguinazione. La sua efficacia viene attribuita al potere antisettico della clorexidina,
associato all’azione emolliente del gel di malva ed all’attività antinfiammatoria e cicatrizzante del gel di
camomilla. Composizione:
Clorexidina digluconato 20%: 1 g.
Gel vegetale di malva: 10 g.
Gel vegetale di camomilla: 10 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Closan (Scharper): è un dentifricio disinfettante indicato per la pulizia e l’igiene quotidiana dei denti
ad azione specifica sulla placca batterica, dovrebbe eliminare le patine e le macchie dei denti, e quindi
essere particolarmente indicato per i fumatori. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,02 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,3 g.
Cloruro di sodio: O,5 g.
Eccipienti, tensioattivi, edulcoranti, conservanti, aromatizzanti naturali q.b. a 100 g.
Corsodyl dental gel (ICI-Pharma): prodotto antisettico formulato in gel trasparente e contenente
clorexidina digluconato all’1%. Indicato in odontostomatologia per la disinfezione dei distretti del cavo
orale interessati da piccoli interventi chirurgici e per prevenire ed eliminare chimicamente l’accumulo di
placca batterica in sostituzione o aiuto ai normali mezzi meccanici per l’igiene orale. Ne viene suggerito
l’uso anche per la protezione antisettica in portatori di protesi dentarie.
Dentosan gel dentifricio (Parke-Davis): contiene fluoruro di sodio. È indicato per rimuovere la placca
e prevenirne la formazione. Composizione:
Sodio fluoruro: 0,05 g.
Xilitolo: 12 g.
Essenze selezionate: 0,8 g.
Clorexidina gluconato: 0,2 g.
Idrossietilcellulosa: 0,5 g.
Glicol propilenico: 25 g.
Altri eccipienti q.b. a 100 g.
Ekuba dentifricio (UCM): prodotto che dovrebbe svolgere un’azione disinfettante e decongestionante
su tutto il cavo orale, dissolvere il tartaro e impedire i processi di fermentazione. Composizione:
Clorexidina acetato: 0,5 g.
Acido 6-aminoesanoico; 0,5 g.
Sodio fluoruro: 0,1 g.
Sodio idrossietilidenmetilpirandione: 0,15 g.
Oli essenziali: 2 g.
Pasta base (al fosfato bicalcico-pirofosfato sodico) q.b. a 100 g.
Elgydium (Pierre-Fabre): contiene clorexidina gluconato allo 0,004% e dovrebbe combattere la
placca batterica.
Fluorosan (Tre-C Industriale): prodotto contenente fluoro e clorexidina.
Fluoxene (Ecobi): dentifricio disinfettante indicato per il suo contenuto in clorexidina e fluoro contro la
placca batterica; da notare l’alta concentrazione di cloruro di sodio. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,5 g.
Sodio cloruro: 1 g.
Sodio monofluorofosfato: 1,5 g.
Tensioattivi aromatizzanti, edulcoranti q.b. a 100 g.
Neo Destomygen (Stomygen): gengidentifricio il cui uso viene indicato per denti e gengive delicate;
aiuterebbe a prevenire la carie e a rimuovere la placca batterica dentale. Composizione:
Clorexidina digluconato 20%: 20 mg.
Acido glicirretico: 40 mg,
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti, edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
Neo Stomygen (Stomygen): è un gengidentifricio antisettico delle gengive e del cavo orale che
dovrebbe essere in grado di prevenire la formazione della placca batterica dentale. Composizione:
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Clorexidina digluconato: 0,006 g.
Cetilpiridinio cloruro: 0,115 g.
Eccipienti, aromatizzanti, tensioattivi, edulcoranti non cariogeni (xilitolo) q.b. a 100 g.
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12. Il fluoro
Il fluoro appartiene alla famiglia degli alogeni (cioè “generatori di sali”) che sono dei forti accettori di
elettroni e presenti in natura nei sali come ioni alogenuro. Essendo poco abbondanti sulla crosta
terrestre (fluoro: 0,1% e cloro: 0,2%), sono piuttosto rari e concentrati in determinati minerali, dei quali la
fluorite (CaF2) e la criolite (Na3AlF6) sono quelli che contengono il fluoro.
12.1 Il ruolo del fluoro in odontoiatria
Modelli intraorali ed in vitro, simulanti le fasi di demineralizzazione e remineralizzazione dello smalto
dentale in seguito a variazioni di pH, hanno dimostrato che l’attività cariogena nella bocca può essere
contrastata mediante applicazione di fluoro. Le fonti di questo ione sono la saliva, la placca, il fluido
gengivale, alcuni cibi e bevande, le applicazioni topiche di agenti terapeutici. La normale concentrazione
di ioni fluoro nelle ghiandole salivari è di circa una micromole per litro (inferiore ai livelli plasmatici e del
liquido sulculare); nella placca è 50-100 volte maggiore che nella saliva.
Se aumenta la produzione salivare, diminuisce la concentrazione dei fluoruri che non sembrano
quindi concentrati nelle ghiandole salivari (come è anche evidente dai dati di concentrazione sopra
riportati) e che sono probabilmente trasportati in maniera passiva. Al contrario la fluorurosialia, cioè il
contenuto di fluoro nella saliva, è strettamente dipendente dalla fluoruremia, e quindi dalla quantità di
fluoruri ingeriti.
Il ruolo dei livelli di fluoro nella saliva e nella placca è stato per lungo tempo sottovalutato; in realtà in
un’ottica di costante disponibilità di ioni fluoruro liberi sembra esercitare un ruolo importante nei
meccanismi cariostatici.
All’azione di questo elemento è attribuita la generale diminuzione dell’incidenza della carie
riscontrata dall’inizio degli anni ’80 nei paesi più industrializzati. Sono state pertanto effettuate numerose
ricerche tendenti ad individuare quale formulazione di pasta dentifricia fosse più idonea a rilasciare il
fluoro nel cavo orale ma particolarmente a livello dello smalto. A questo scopo sono stati valutati
sperimentalmente l’importanza della concentrazione di fluoro, della sua formula chimica (fluoruro
stannoso, fluoruro di sodio, monofluorofosfato di sodio e amine fluorurate), l’incidenza del pH, degli
abrasivi, il tempo di esposizione e l’aspetto della superficie dello smalto (normale, mordenzato, ecc).
La ricerca in vitro ed i test clinici eseguiti hanno permesso la suddivisione dei prodotti per
fluoroprofilassi topica in due distinti gruppi, diversi per la concentrazione di fluoro presente nella loro
composizione e per le modalità di impiego clinico:
1) prodotti per uso domiciliare (dentifrici, collutori), cioè a bassa potenza (contenenti una concentrazione
di fluoro inferiore a 225 ppm) ma ad alta frequenza di uso (due volte al giorno);
2) prodotti per uso professionale (gel, vernici, soluzioni, paste profilattiche), cioè ad alta potenza
(concentrazione di fluoro molto elevate che possono variare tra le 1000 e le 12000 ppm) ma a bassa
frequenza di uso (una volta ogni 6 mesi).
Le applicazioni ad alta potenza vengono per lo più eseguite da personale specializzato mentre quelle
a bassa potenza possono essere compiute dal paziente; per questo motivo vengono comunemente
distinte come applicazioni professionali e autoprofilassi.
L’azione svolta sullo smalto dai due tipi di prodotti è completamente differente. Le soluzioni e i gel
contenenti fluoro ad alta potenza provocano una parziale dissoluzione dello strato superficiale di smalto,
per una profondità di 5-10 µ, e la precipitazione in forma granulare di un sale poco solubile come il
fluoruro di calcio. A causa di ciò si vengono a trovare mediamente sullo smalto più di 2000 ppm di fluoro,
ma sotto forma di un composto insolubile e per di più poco legato agli strati sottostanti e quindi labile.
Questo strato viene rapidamente asportato con le ripetute operazioni di igiene orale a cui si sottopone
quotidianamente il paziente.
I prodotti a bassa potenza non asportano lo strato superficiale dello smalto, ma cedono a questo ioni
fluoro che, nell’azione di soluzione e ricristallizzazione che avviene continuamente in questo strato,
passano agli strati sottostanti dove permettono la sostituzione degli ioni ossidrile con ioni fluoruro nel
cristallo di apatite, ottenendo così la trasformazione dell’idrossiapatite in fluoroapatite, che inizia con
concentrazioni di fluoro di sole 15 ppm. Abbiamo già visto che si considerano di bassa potenza
percentuali di fluoro inferiori alle 250 ppm; i prodotti utilizzabili devono quindi contenere fluoruro di sodio
allo 0,05% (225 ppm), oppure monofluorofosfato di sodio allo 0,044% (198 ppm) oppure ancora fluoruro
stannoso allo 0,1%.
La decisione su quale prodotto di fluoro topico utilizzare deve essere determinata dalla valutazione di
diversi parametri:
i) efficacia nell’inibire la carie provata da studi clinici;
ii) convenienza nell’uso e buona tolleranza da parte del paziente;
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iii) sicurezza;
iv) buon rapporto costo/benefici nei programmi di prevenzione comunitaria.
All’interno dei due gruppi soltanto l’utilizzazione dei dentifrici sembra essere sicuramente correlata
alla sensibile diminuzione della carie che si è avuta negli ultimi anni nella popolazione mondiale.
12.2 Fluoroapatite
Le proprietà dei cristalli di fosfato di calcio dei tessuti dentari (quali l’idrossiapatite, principale
componente inorganico) poste a contatto con le sostanze acide presenti nell’ambiente orale sono
influenzate dal loro contenuto minerale: in particolare, il rapporto carbonati-ioni fluoro e la
concentrazione di diversi oligoelementi nei cristalli stessi sembrano rivestire, in questo senso, un ruolo di
primaria importanza.
Gli ioni idrogeno, infatti, favoriscono una dissoluzione dei cristalli superficiali, più evidente in
presenza di un alto contenuto di carbonati che ne aumentano la reattività e ne abbassano la resistenza
all’attacco acido. Il contenuto di fluoro, al contrario, è un importante fattore di stabilita dei cristalli:
quest’ultimo comportamento viene giustificato dall’osservazione sperimentale che la fluoroapatite, che si
forma per sostituzione di un ossidrile con uno ione fluoro, è costituita da cristalli di maggiori dimensioni
con un numero minore di imperfezioni e forma, pertanto, un reticolo più stabile.
Infatti lo ione fluoruro, essendo uno ione negativo della stessa grandezza del gruppo ossidrile, si può
sostituire ai gruppi ossidrile dell’idrossiapatite della superficie dentale trasformandola in fluoroapatite,
che è più resistente alla dissoluzione acida attuata dagli enzimi batterici costituenti la placca. In questo
processo avviene la liberazione di ioni idrossido e quindi la fluoroapatite funge anche da tampone locale,
fondamentale per la sottrazione di ioni a carattere acido, nocivi per la salute dei denti.
La formazione di fluoroapatite, tuttavia, è un fenomeno reversibile che dipende dalla velocità di
ricambio dello smalto e dall’apporto di fluoro. L’idrossiapatite, idrosolubile, può essere facilmente persa
nella demineralizzazione dello smalto: lo ione floruro invece, quando viene incorporato nella struttura
dell’osso dentale, provoca un aumento delle dimensioni dei cristalli di idrossiapatite e la diminuzione
della loro idrosolubilità a causa dell’instaurarsi di più forti legami chimici tra i cristalli ed i polipeptidi della
materia organica. È noto, però, che il fluoro può fissarsi alle strutture del dente unicamente durante la
fase di crescita dell’individuo e non successivamente, quando allo ione floruro non resta che una
funzione blandamente antisettica; la somministrazione per via orale è quindi utile soprattutto per la
popolazione infantile.
Il meccanismo di azione del fluoro topico a livello dell’interfaccia smalto-saliva si attua con un evento
chimico di ricombinazione immediata fra i sali di calcio e di fosfato (Iiberi e disponibili in soluzione
acquosa per la dissoluzione dei cristalli di idrossiapatite dello smalto in seguito all’azione acida di origine
batterica e richiamati nell’ambiente salivare che a pH acido è subsaturo di tali elettroliti) con il fluoro. La
presenza di fluoro nell’ambiente acquoso circostante i cristalli di idrossiapatite in via di dissoluzione
appare quindi in grado di operare una ricombinazione immediata fra ioni calcio-fosfato e ioni fluoro, con
formazione di nuovi cristalli di fluoroidrossiapatite che precipitano in maniera sito-specifica occupando Ie
stesse zone nelle quali era avvenuta Ia dissoluzione minerale e realizzando in tal modo Ia
remineralizzazione. L’azione del fluoro contenuto nei dentifrici non richiede la deposizione di fluoro sullo
smalto (come invece avviene con i preparati per uso professionale), poichè Ia sola presenza di questo
ione nel sito cariogenico in concentrazione sufficiente sembra essere in grado di inibire Ia reazione di
dissoluzione e permettere quindi Ia remineralizzazione.
Pertanto Ia costante biodisponibilità nell’ambiente del prodotto al momento iniziale dell’attacco acido
e Ia sua accessibilità alle zone cariogeniche, più che Ia deposizione superficiale di fluoro, sono i
presupposti fondamentali dell’azione remineralizzante del dentifricio a Iivello dello smalto dentale.
12.3 Fluoruri utilizzati in odontoiatria
I composti a base di fluoro sono conosciuti anche con il nome di fluoruri, in quanto il fluoro è
generalmente presente come anione in sali di sodio, zinco, stagno e rame. Il fluoruro di sodio è utilizzato
da tempo come insetticida e come fungicida; per queste sue proprietà viene anche immesso nelle acque
potabili.
I composti fluorurati più comunemente usati nella preparazione dei dentifrici sono: il fluoruro di sodio
(NaF); il fluoruro stannoso (SnF2) che ha l’inconveniente di essere molto instabile e di sapore
sgradevole; il monofluorofosfato di sodio (MFP); il fluorofosfato acido (APF) che è una miscela acida di
fosfato e fluoruro capace di stimolare il ciclo demineralizzazione-riprecipitazione; le amine fluorurate
(AMF) che dissociano liberando uno ione fluoruro e un catione organico, entrambi suscettibili di fissarsi
sullo smalto o sulla placca.
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Nei dentifrici al fluoro è importante che la quantità di fluoruri disponibili venga mantenuta al suo
valore originale fino a che il prodotto non arrivi al consumatore, evitando l’inattivazione degli ioni fluoruro
a seguito di reazioni chimiche con altre sostanze presenti nella formulazione.
Agli inizi dello sviluppo dei dentifrici al fluoro, i ricercatori, utilizzando composti quali il fluoruro di
sodio o il fluoruro stannoso, si trovarono di fronte ad una serie di problemi connessi al fatto che queste
sostanze, in soluzione acquosa, liberano rapidamente ioni fluoruro che hanno una grande affinità
chimica per lo smalto dentale, ma reagiscono anche con le sostanze comunemente usate nei dentifrici
quali abrasivi e detergenti. Questo fenomeno portava all’inattivazione del fluoruro già prima dell’uso della
pasta dentifricia. Per ovviare a questo inconveniente, sono stati utilizzati dei composti che, come il
monofluorofosfato di sodio, contengono ioni fluoruro in una combinazione molto più stabile.
Infatti la forma attiva del fluoro, e cioè lo ione fluoruro (F-), si forma rapidamente in soluzione
acquosa per la dissociazione di sali che, come il fluoruro di sodio e il fluoruro stannoso, sono elettroliti
forti: NaF Na+ + F-. La liberazione dello ione avviene invece molto più lentamente dal
monofluorofosfato di sodio, un sale nel quale il fluoro è legato in forma complessa e dalla cui
dissociazione si ottiene inizialmente: Na2FPO3 2Na+ + FPO32-.
Lo ione monofluorofosfato può:
a) agire come tale andando a sostituire i gruppi fosfato delle apatiti dello smalto;
b) liberare ioni fluoro dopo una decomposizione di natura enzimatica di cui sarebbero responsabili
principalmente i batteri del cavo orale;
c) mediante un fenomeno di idrolisi salina liberare lentamente ioni fluoruro.
Negli anni ’60, partendo dalla considerazione che le soluzioni di fluoruri acidi depositano più fluoro di
quelle neutre e che il fosforo inibisce l’eccessiva dissoluzione dello smalto, vennero messe a punto
soluzioni di fluoro-fosfato acidulato con acido ortofosforico tamponate a pH 3. Queste soluzioni, note
come APF (fluorofosfato acido) sono in grado di liberare dall’1 al 2% di ioni fluoruri, ioni fosfato e di
rendere il pH dell’ambiente molto acido. La loro azione sull’apatite, in vitro, produce spontaneamente
due reazioni:
i) l’incorporazione del fluoro con formazione di fluoroapatite
ii) la distruzione dell’apatite con formazione di fluoruro di calcio ed altri composti con un meccanismo
simile a quello già descritto per le soluzioni di fluoruro di sodio.
Dal punto di vista analitico, ai fini del dosaggio del fluoro, in un dentifricio dobbiamo distinguere tra:
- fluoro totale: inteso come fluoro presente nel sale più gli ioni fluoruro generalmente presenti come
impurezze;
- fluoro solubile: inteso solo come ione fluoruro;
- fluoro disponibile: inteso come quella parte della molecola, ad esempio di monofluorofosfato, solubile in
acqua (cioè non resa insolubile da complessazioni e adsorbimenti chimico-fisici sull’abrasivo del
dentifricio) più lo ione fluoruro totalmente solubile.
Anche tenendo conto di questo fattore, una comparazione diretta fra i vari sali di fluoro contenuti nei
dentifrici e molto difficile, non solo per l’imprecisione dei vari protocolli di studio, ma anche per Ia
possibilità che Ie differenze esistenti nelle formulazioni possano portare ad una diversa efficacia. Inoltre
esistono dati discordanti sull’utilizzazione di miscele di sali di fluoro (ad es. MFP+NaF) che secondo vari
autori non sembrano migliorare l’azione cariostatica dei prodotti.
I fattori che sembrano invece migliorare l’azione cariostatica dei dentifrici contenenti fluoro sono:
a) il quantitativo di fluoro disponibile nella formulazione;
b) la presenza di abrasivi e tensioattivi compatibili con il sale di fluoro;
c) la presenza di additivi.
Per quello che riguarda il punto a), alcuni studi hanno rilevato una maggiore attività cariostatica in
paste dentifricie contenenti una maggiore quantità di fluoro rispetto alle stesse che ne contengono una
minore.
In ogni caso l’aumento oltre 1000 ppm della concentrazione di fluoro nei dentifrici sembra portare a
miglioramenti statisticamente significativi nell’attività cariostatica (circa il 10%). Nell’ambito della
valutazione costi/benefici, la formulazione di paste contenenti una maggiore concentrazione di fluoro
deve tenere in considerazione il rischio di fluorosi: in questo senso si sono eseguiti anche esperimenti
opposti, con paste dentifricie contenenti concentrazioni minori di fluoro (inferiori a 1000 ppm) e per esse
il rapporto costi/benefici rispetto alla fluorosi sembra migliore, ma ovviamente non in senso cariostatico.
Negli Stati Uniti la FDA ha accettato l’uso di paste dentifricie contenenti concentrazioni di fluoro pari
1500 ppm.
Se l’uso dei differenti agenti di fluoro può non portare a risultati clinici rilevanti riguardo una maggiore
azione in senso cariostatico di un agente rispetto agli altri, diverso è il discorso per ciò che riguarda gli
abrasivi e le sostanze tensioattive (si veda il punto b).
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Il monofluorofosfato è compatibile con la maggior parte degli eccipienti utilizzati nella formulazione
dei dentifrici. Tuttavia sembra dimostrato che la presenza di un detergente anionico, il sodio laurilsolfato,
diminuisca le sue capacità cariostiche. Ciò avviene in quanto il detergente è un agente denaturante in
grado quindi di inattivare le fosfatasi della placca e della saliva, enzimi che sono responsabili dell’idrolisi
del monofluorofosfato di sodio con conseguente liberazione degli ioni fluoro. Inoltre la presenza del
laurilsolfato fa diminuire la deposizione di fluoro sullo smalto da parte di composti quali il fluoruro e il
monofluorofosfato di sodio, in quanto essendo un anione compete con gli ioni fluoruro nei confronti degli
ioni calcio della superficie dello smalto.
Per quello che riguarda gli abrasivi è ben noto che quelli a base di calcio e alluminio, ed in
particolare il carbonato di calcio e il fosfato di calcio, possono reagire con il fluoro formando precipitati di
calcio e rendendolo quindi insolubile e inattivo. Infatti in presenza di questi sali gli ioni fluoruro liberatisi
dalla solubilizzazione del fluoruro di sodio o del fluoruro stannoso formano fluoruro di calcio (CaF2), che
essendo un sale poco solubile precipita, diventando non più disponibile.
Per evitare queste interazioni sono state sperimentate diverse combinazioni abrasivo-floruro che
hanno dimostrato che l’NaF e l’SnF2 possono essere associati alla silice, al pirofosfato di calcio e al
metafosfato di sodio senza che ne risultino problemi di insolubilità.
Se invece il fluoro è presente come monofluorofosfato di sodio non si ha precipitazione di fluoruro di
calcio, perchè l’idrolisi delle ione monofluorofosfato avviene lentamente liberando lo ione fluoruro in
quantità tali da non soddisfare il prodotto di solubilità e quindi non determinare la precipitazione del
CaF2.
Anche la presenza dei pirofosfati e dei fosfonati, composti aggiunti nei dentifrici per ritardare la
formazione di tartaro sopragengivale, può creare problemi. Essi sembrano in grado di interferire con i
processi di remineralizzazione dello smalto nello stesso modo in cui impediscono la formazione di
tartaro; inoltre reagiscono con lo smalto sano impedendo l’adesione della pellicola acquisita ai siti di
adesione, aumentando la sensibilità dentale nei confronti degli stimoli termici derivanti da cibi e da
bevande.
Per eliminare il rischio di fluorosi in cui si potrebbe incorrere utilizzando una maggiore
concentrazione di fluoro nei dentifrici, sono in fase sperimentale delle paste nelle quali sono presenti dei
particolari additivi che avrebbero la funzione di aumentare l’azione cariostatica del prodotto senza
incrementare contemporaneamente la concentrazione di fluoro. Risultati preliminari sembrano indicare
che l’aggiunta di cloruro di manganese al fluoruro di sodio ne aumenti l’effetto cariostatico, mentre Io
stesso non si può dire nel caso del calcioglicerofosfato, la cui aggiunta non sembra avere la stessa
efficacia.
Dentifricio
Actifluor
Aquafresh F
Aquafresh AT
Aronal
AZ 15 Denti Latte
AZ 15 Forte
AZ Denti Sensibili
AZ Junior
AZ Protezione Gengive
AZ TC
AZ Verde Fluor Protection
Benefit
Blan X
Broxo din gel
Carlo Erba
Cepacol
Chlorodont fluor forte
Closan
Colgate
Colgate AT
Colgate fluor+calcium
Colgate fluorgel
Crest TC
HI-LUX
SnF
0,106
-
Tabella 12.1
NaF
0,186
0,22
0,055
0,32
0,32
0,32
0,32
0,24
0,32
0,20
0,10
0,24
0,10
0,10
0,24
Pagina 50
MFP
0,80
1,11
0,50
0,30
0,15
1,00
0,80
0,30
0,76
0,70
0,76
-
AMF
1,65
-
Ioni F totali
0,11
0,126
-
23/09/2011
Dentifricio
Defend AT
Defend gengiprotettivo
Denthoral
Dentosan gel dentifricio
Dentosan-S
Durban’s AT
Durban’s h12
Durban’s menta naturale
Ekuba dentifricio
Elmex rosso
Fluocaril bi-fluorè
Fluocaril bi-fluorè 250
Fluorosan
Fluoxene
Forhans Fluoro
Interplak
Iodosan Fluoro
Iodosan Gel Fluoro 3
Macleens
Marvis
Mentadent C
Mentadent DS
Neo Emoform
Neo Fluostomygen
Neo Mentadent P
Oligodent
Oral-B
Pasta del Capitano
Pearl Drops
Pepsodent fluor fresh
Periogard
Rid’jon
Sanogyl bianco
Sensodyne-F
Steriseptik
Tonal
Ultra brait
Valda f3
Zendium
SnF
0,005
-
NaF
0,24
0,24
0,05
0,80
0,24
0,10
0,055
0,331
0,20
0,428
0,30
0,25
0,115
0,40
0,10
0,09
0,10
0,20
MFP
0,06
1,00
1,11
0,57
0,76
1,00
1,50
0,06
0,76
0,80
0,85
1,00
0,10
0,85
0,75
0,50
0,76
0,85
0,80
0,76
0,90
0,89
0,80
0,76
-
AMF
-
Ioni F totali
0,125
0,10
0,25
0,10
0,21
0,15
0,12
12.4 Proprietà antisettiche dei fluoruri
Oltre all’azione sui tessuti duri dentali, il fluoro topico svolge un’efficace azione di rallentamento del
metabolismo batterico, in particolar modo a carico dello Streptococcus mutans. L’efficacia dell’inibizione
metabolica è dose dipendente, variando dal semplice rallentamento metabolico, così come si può
ottenere con le concentrazioni di fluoro contenute nei prodotti per uso domiciliare, alla batteriostasi,
come si ottiene utilizzando i prodotti per uso professionale, fino ad arrivare all’effetto battericida,
purtroppo non raggiungibile se non con dosi di fluoro molto elevate e quindi tossiche.
Il fluoro, a valori di pH salivari intorno a 7,4, è per lo più in forma ionica, ma con il diminuire del pH è
presente anche sotto forma di acido fluoridrico. Per un meccanismo intrinseco al metabolismo batterico,
lo S. mutans, pur essendo in grado di vivere in presenza di alte concentrazioni di protoni, tende a
neutralizzare l’ambiente con un meccanismo di trasporto intracellulare dei vari composti acidi
extracellulari. Fra le sostanze che entrano in tal modo nel citoplasma batterico è compreso il fluoro sotto
forma di acido fluoridrico, il quale in ambiente neutro dissocia. Si ha quindi la diffusione di idrogenioni nel
citoplasma batterico, che rendono l’ambiente leggermente acido rallentando le attività degli organi
citoplasmatici e la diffusione di fluoro libero che legandosi al magnesio ne impedisce la funzione. Questi
processi provocano il blocco della glicolisi (il magnesio è infatti indispensabile per l’azione catalitica
dell’enzima enolasi) e si ha quindi una diminuita produzione di energia per i processi vitali della cellula
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batterica e una diminuita produzione di acidi da parte del batterio (per ogni mole di glucosio trasformata
si formano, in ambiente anaerobico, due moli di acido lattico).
Gli ioni fluoruro prevengono inoltre la sintesi di un prodotto intermedio essenziale del metabolismo, il
fosfoenol-piruvato; l’assenza di questo metabolita riduce la captazione di glucosio da parte della cellula
batterica, diminuisce la sintesi di costituenti intracellulari e interferisce con la produzione di componenti
essenziali per la sintesi di proteine, di DNA, RNA e di materiale della parete cellulare.
Mentre l’azione del fluoro sui batteri cariogeni è ormai ben documentata, meno chiaro è il suo effetto
sui microrganismi coinvolti nello sviluppo della placca e della gengivite. Dei fluoruri utilizzati nella
composizione di dentifrici e collutori, solo il fluoruro stannoso, e in minima parte il fluoruro di sodio,
sembrano essere realmente efficaci come agenti antiplacca, avendo entrambi mostrato, in molti studi
clinici, la capacità di inibire l’accumulo di placca e di ridurre quella presente.
Le modalità di somministrazione del fluoruro stannoso più opportune per ottenere un reale effetto
antiplacca ed antigengivite debbono ancora essere stabilite, inoltre è comunque possibile che l’effetto
antiplacca del fluoruro stannoso sia imputabile allo ione stagno piuttosto che al fluoro. Per quanto
concerne gli effetti collaterali e la tossicità, questo composto ha parecchi inconvenienti: non è stabile in
soluzione se non per periodi abbastanza brevi, è di gusto piuttosto sgradevole difficilmente mascherabile
con aromatizzanti, può essere irritante per le gengive e può causare pigmentazioni e radiopacità.
12.5 Fluorizzazione
Il fluoro è un elemento indispensabile nella lotta alla carie e quindi molto importante è la
fluorizzazione, particolarmente nell’età compresa da 0 a 12 anni, cioè durante il periodo della crescita e
dello sviluppo sia dei denti decidui che di quelli permanenti.
I denti decidui o da latte, sebbene siano transitori, svolgono un ruolo molto importante e quindi non
vanno trascurati. La loro funzione preminente è la masticazione, permettendo così al bambino di
passare dall’alimentazione liquida dei primi mesi di vita ai cibi semiliquidi prima e solidi poi. Inoltre essi
fungono da “apri-strada” per i denti permanenti, creando loro spazio sufficiente per una crescita corretta.
Infatti,se un dente da latte viene perso troppo presto, i denti vicini occupano una parte del suo posto;
così il dente permanente, quando cercherà di uscire, trovando il suo posto occupato dovrà mettersi fuori
fila.
Questo tipo di dentizione si mantiene fino a circa 6 anni, dopodichè viene progressivamente
sostituita dalla dentizione definitiva. Da questo punto in poi il fluoro continua ad esplicare la sua azione
benefica anche se localmente e transitoriamente.
I metodi più usati per la fluorizzazione sono: l’uso di dentifrici e di collutori al fluoro e la fluorazione
delle acque.
Anche la somministrazione dei floruri per via generale (pasticche fluorate) risulta di grande utilità, ma
il metodo più vantaggioso ed economico per ottenerla rimane ancora oggi la fluorizzazione dell’acqua
potabile (1 mg di fluoro per litro di acqua).
Diversi studi eseguiti negli ultimi 30 anni nelle comunità trattate con fluoro hanno dimostrato un
significativo incremento del numero di giovanissimi completamente esenti da carie. Naturalmente le
peculiari caratteristiche di ciascuna zona geografica rendono indispensabile l’analisi dell’acqua per
tracciare una mappa di fluoroprofilassi, onde evitare pericoli di superdosaggio che potrebbero causare
una vera e propria intossicazione da fluoro che è detta comunemente fluorosi ed ha effetto soprattutto
sullo smalto dei denti, compromettendone la sua mineralizzazione.
Per questo motivo i dentisti devono fare molta attenzione all’adeguatezza delle dosi di fluoro. In aree
dove l’acqua è caratterizzata da un livello di fluoro superiore a 0,3 ppm, non si dovrebbero prescrivere
integratori di fluoro a bambini prima che abbiano superato i due anni di età.
Le alternative alla fluorazione degli acquedotti consistono nella somministrazione del fluoro mediante
compresse e attraverso l’assunzione del latte e del sale da cucina. In particolare, è stato dimostrato che
il fluoruro di calcio assorbito dalla caseina e dalle molecole di grasso del latte viene liberato con un
incremento pari venti volte quello iniziale nell’ambiente acido gastrico, dando origine ad un’ulteriore
ionizzazione del fluoro, rendendone così possibile l’assorbimento.
12.6 Uso ed abuso dei dentifrici al fluoro
L’uso corretto di un dentifricio al fluoro è quello che prevede l’applicazione della pasta dentifricia,
meglio se in gel, per circa 30 secondi almeno due volte al giorno in prossimità dei pasti principali sulle
superfici lisce, sia linguali che vestibolari, dei denti già spazzolati. Se da una parte l’efficacia in senso
cariopreventivo dei dentifrici al fluoro è ormai riconosciuta, dall’altra è necessario sottolineare che tale
effetto deve essere svolto senza incorrere negli effetti indesiderati.
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lnfatti, usati a dosaggi troppo elevati, i fluoruri possono dar luogo a fenomeni di intossicazione acuta
o cronica. Una dose alta singola provoca intossicazione acuta con effetti locali sul tratto digestivo ed
effetti sistemici con l’assorbimento dei floruri da parte delle proteine; i sintomi rilevabili sono la
salivazione, il vomito, la poliuria e i dolori addominali. Quando l’assunzione di dosi elevate di fluoruri è
prolungata nel tempo si ha un’intossicazione cronica con la comparsa della fluorosi dentale durante la
formazione e la mineralizzazione dei denti.
Le forme leggere di questa patologia, da un punto di vista istologico, provocano la formazione di una
sostanza interprismatica irregolare ed indebolita mentre quelle gravi danneggiano anche le parti centrali
dei prismi dello smalto. In questi casi si possono formare delle macchie biancastre e poi rossastre che
costituiscono, chiaramente, fastidiosi disturbi di natura estetica.
Esistono anche delle forme ancor più gravi, e sono quelle in cui la mineralizzazione è talmente
incompleta da condurre alla creazione di solchi e cavità o, addirittura, alla frantumazione dello smalto
stesso durante la masticazione. È necessario rendere noto che, in certi casi, i danni da intossicazione
non sono circoscritti al cavo orale, ma interessano anche la colonna vertebrale e la gabbia toracica.
Numerosi studi sono in corso di svolgimento per definire quali sono i fattori di rischio per la fluorosi
dentale, la cui presenza è segno di esposizione prolungata a dosaggi maggiori di un mg per litro nel
periodo di mineralizzazione dello smalto dentale, e quale sia il rischio relativo allo sviluppo della
patologia dello smalto per ognuna di esse. È stato dimostrato che i bambini al di sotto dei sei anni
masticano e inghiottono, invece di espettorarlo, circa il 30% del dentifricio che utilizzano sullo
spazzolino, e che il fluoro ingerito in tal modo viene quasi completamente assorbito nel primo tratto
intestinale, a meno di interferenze con altri ioni metallici. Poichè il 95% dei dentifrici venduti contiene
fluoro (per circa 1000 ppm), l’ipotesi che i dentifrici al fluoro costituiscano una fattore di rischio relativo
alla fluorosi dentale è tuttora motivo di ricerca.
I denti dei bambini sottoposti ad un eccessivo dosaggio di fluoro sembrano essere suscettibili alla
fluorosi dentale solo sotto i cinque anni. Dopo tale età l’organismo tollera esposizioni croniche a dosi
anche notevoli di composti di fluoro prima che scheletro e reni possano sviluppare uria patologia.
Se ulteriori studi sono necessari per determinare quale sia il valore di rischio relativo per i dentifrici al
fluoro, già da ora si può affermare che è buona norma evitare dentifrici contenenti fluoro per i bambini al
di sotto dei sei anni o almeno prescrivere il consumo di paste dentifricie con un contenuto di fluoro
inferiori a 1000 ppm, l’efficacia delle quali in senso cariopreventivo è tuttavia sicuramente inferiore. Tale
norma è stata raccomandata anche dal Ministero della Sanità, il quale ha pubblicato sul “Bollettino di
informazione dei farmaci e farmacovigilanza" del febbraio 1989 la raccomandazione di non
somministrare mezzi di fluoro supplementare sotto forma di collutori e dentifrici ai bambini al di sotto dei
sei anni.
Tabella 12.2
Sali di fluoro presenti nei dentifrici per i bambini (% in g)
Dentifricio
NaF
MFP
Ioni F totali
AZ 15 Denti Latte
0,055
AZ Junior
0,32
Bugs Bunny and Fiends
0,22
Colgate fluorogel junior superstar
0,76
0,10
Dentosan Junior
0,10
0,40
Fluorodyne gel
0,24
0,11
Paperino’s
0,85
Sensodyne Turtles
0,24
È utile ricordare che Ia probabile dose tossica, cioè Ia minima dose che può causare segni di
intossicazione acuta e sintomi, compreso il decesso, che possano determinare Ia necessità di un
immediato intervento terapeutico o di ospedalizzazione, è pari a circa 5 mg di fluoro per kg. Ad esempio,
Ia probabile dose tossica per un bambino di due anni di età, di peso medio (circa 11,3 kg) è di 57 mg di
fluoro. Questa quantità è contenuta in 57 g di un dentifricio al fluoro contenente ioni fluoro pari a 1500
ppm, o in 248 ml di un collutorio allo 0,05% di fluoruro di sodi0.
Per tale motivo è consigliabile raccomandare ai genitori di non permettere che i bambini possano
venire a contatto con tali prodotti o possano giocarvi, di sorvegliare lo spazzolamento dentale dei
bambini, che usino un dentifricio al fluoro, ai quali peraltro deve essere insegnato ad espettorare la
sostanza e, infine, prescrivere prodotti che presentino dispositivi di protezione per l’apertura.
La legislazione vigente in Italia prevede la libera vendita, come cosmetici, delle paste dentifricie
contenenti fluoruro o monofluorofosfato di sodio fino alla concentrazione massima, calcolata in fluoro,
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dell0 0,15% mentre, se la concentrazione è maggiore, il prodotto deve essere registrato come specialità
medicinale.
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13. Dentifrici contenenti fluoro
È ormai universalmente dimostrato il ruolo primario svolto dal fluoro, nella sua forma più attiva di ione
fluoruro, quale mezzo per ridurre l’incidenza della carie sia mediante applicazioni topiche sia attraverso
l’impiego nel corso della quotidiana igiene orale.
In questo contesto grande diffusione hanno avuto dentifrici e collutori contenenti fluoruri, grazie
principalmente alla loro facilità di impiego che ne consente l’uso più volte al giorno senza l’intervento
dell’odontoiatra, come avviene invece per vernici e gel fluorati da applicare direttamente sulla superficie
del dente.
Per quello che riguarda i dentifrici, la concentrazione del fluoro nel prodotto dovrà corrispondere al
valore indicato sulla confezione (+-10%), e in nessun caso dovrà essere superiore allo 0,15% o ad altri
eventuali livelli di concentrazione massima consentiti dalle normative locali. Inoltre il contenuto totale di
fluoro per ogni singolo contenitore (tubetto) non dovrà superare i 300 mg.
Le paste dentifricie fluorate contengono tutta una serie di sali di fluoro ognuno dei quali presenta un
proprio meccanismo di azione ed una propria cinetica di reazione, per questa ragione sono state
suddivise in base al sale di fluoro contenuto nella loro formulazione.
13.1 Prodotti contenenti fluoruro stannoso
Il fluoruro stannoso (SnF2) è un solido bianco solubile in acqua che può essere preparato in
laboratorio per reazione tra lo stagno e l’acido fluoridrico (gas velenosissimo, corrosivo, usato per
smerigliare il vetro). Venne utilizzato in campo odontoiatrico fin dagli anni ’50 e le sue applicazioni
topiche hanno portato a notevoli riduzioni dell’attività cariosa con effetti collaterali minimi. I meccanismi
d’azione che determinano la sua efficacia non sono ancora ben chiari e tra le varie ipotesi formulate due
sembrano le più attendibili.
Secondo la prima la sua efficacia sarebbe dovuta ad un’interazione tra il fluoruro stannoso e lo
smalto che porterebbe alla formazione di uno strato protettivo formato da fluorofosfato stannoso
(Sn3F3PO4) sulla superficie dello smalto stesso; l’inibizione della formazione batterica di acidi osservata
dopo l’uso di prodotti contenenti fluoruro stannoso sarebbe invece dovuta essenzialmente all’azione
degli ioni stagno (vedi capitolo 8).
Anche la seconda ipotesi suggerisce un doppio meccanismo d’azione del fluoruro stannoso sullo
smalto:
i) capacità di indurre, mediante liberazione di ioni fluoruro, la trasformazione dell’idrossiapatite in
fluoroapatite (reazione di sostituzione) meno solubile e quindi più resistente all’attacco acido cariogeno
esercitato dalla placca batterica;
ii) formazione di uno strato di copertura superficiale a base di cristalli aghiformi di fluoruro stannoso,
poco solubili e capaci, rilasciando lentamente ioni fluoruro, di prolungare nel tempo la reazione di
sostituzione.
L’azione del fluoruro stannoso sarebbe inoltre potenziata dall’eventuale presenza di fluoruro di sodio
che aumenterebbe la quantità di ioni fluoruro immediatamente disponibili per la reazione di sostituzione
ed indurrebbe la formazione sullo smalto di cristalli di fluoruro di calcio che avrebbero azione analoga e
sinergica con quelli del fluoruro stannoso.
Un problema correlato all’utilizzazione del fluoruro stannoso, oltre al sapore sgradevole, è la sua
instabilità in ambiente acquoso dove va facilmente incontro a reazioni di ossidazione: SnF2 + ossigeno
SnOF2 e di idrolisi: Sn++ + acqua Sn(OH)2 anche nelle fasi iniziali della preparazione a livello
industriale delle paste dentifricie.
Da questi processi si originano dei sottoprodotti che sono principalmente ossidi stannosi (SnOF2
ossifluoruro stannoso) e in minor misura ossidi stannici, entrambi prodotti indesiderati, in quanto
riducono o inibiscono il legame del fluoro allo smalto, ovvero la formazione del fluorofosfato stannoso e
della fluoroapatite.
L’industria ha cercato di ovviare a questo inconveniente aggiungendo alle preparazioni diversi agenti
stabilizzami, come miscele di sorbitolo e glicerina, gelificanti, come miscele di glicerina anidra e
idrossietilcellulosa, o i polimeri carbossivinilici, ma nessuno di questi sembra essere in grado di garantire
un’effettiva stabilizzazione del fluoruro stannoso. Anche la formulazione in polvere (e quindi secca) è
risultata inefficace in quanto passando nell’ambiente umido del cavo orale i suoi ioni stannosi si
convertono rapidamente nei prodotti indesiderati.
La stabilizzazione del fluoruro stannoso viene oggi attuata in alcune paste dentifricie con l’aggiunta
alla formulazione di un copolimero di metossietilene e anidride maleica (o acido malico) noto come
gantrez (GAP Corporation). Questo composto sembra in grado di svolgere un’azione chelante e quindi
stabilizzante non solo sui pirofosfati (vedi capitolo 9) ma anche sugli ioni stannosi.
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Il copolimero ha infatti la capacità di formate chelati per mezzo di un legame sufficientemente forte
da fornire allo ione stannoso protezione contro i processi di ossidazione, ma sufficientemente debole da
non rimuovere il calcio dalla struttura dentaria. Vale la pena ricordare che l’acido etilendiaminotetracetico
(o EDTA) e gli altri chelanti forti non vengono generalmente utilizzati nella profilassi dentaria in quanto
sono in grado di sottrarre calcio allo smalto dentale.
Una prova della debole capacità chelante del gantrez è data dal suo comportamento quando nella
formulazione è presente la silice, che inibisce l’azione chelante del copolimero determinando una
diminuzione degli ioni stannosi dovuta a processi ossidativi oppure a modificatori del sapore contenenti
gruppi aldeidici, come ad esempio la cinnaldeide del cinnammonio, che tendono ad interagire con il
complesso preformato permettendo l’ossidazione dello ione metallico. Altri modificatori del sapore quali
la menta verde non inducono invece alcun processo di ossidazione.
Tra le paste dentifricie oggi in commercio vengono di seguito riportate quelle contenenti fluoruro
stannoso più o meno stabilizzato.
Actifluor (BYK Gulden): prodotto indicato come anticarie ed antiplacca a base di fluoruro stannoso e
fluoruro di sodio stabilizzati per un’efficace protezione dello smalto. Il fluoruro stannoso favorirebbe la
formazione di uno strato protettivo superficiale cristallino in grado di rilasciare lentamente ioni fluoruro,
prolungando la reazione di trasformazione dell’idrossiapatite in fluoroapatite. Tale attività dovrebbe
essere potenziata dal fluoruro di sodio, che aumenterebbe la quantità di ioni fluoro disponibili formando
sullo smalto fluoruro di calcio. Il dentifricio contiene uno speciale abrasivo sintetico: il syloblanc (vedi
paragrafo 3.6). Composizione :
Fluoruro stannoso: 0,106 g.
Fluoruro di sodio: 0,186 g (fluoro totale 0,11 g).
Biossido di silicio, sodio laurilsolfato, olio essenziale di menta, mentolo, anetolo, spearmint,
eccipienti non abrasivi q.b. a 100 g.
Neo Fluostomygen (Stomygen): prodotto indicato per la prevenzione della placca batterica e quindi
come coadiuvante nella prevenzione della carie dentale. Composizione:
Monofluorofosfato di s0di0: 0,1 g.
Fluoruro stannoso: 0,005 g.
Xilitolo, eccipienti ed aromatizzanti q.b. a 100 g.
Oral-B (Oral-B): indicato per la protezione di denti e gengive. Contiene fluoruro stannoso stabilizzato allo
0,4% come agente anticarie, aldeide formica come agente antisettico e disinfettante del cavo orale,
metilpolisilossano che dovrebbe essere in grado di stendere sulla superficie dentale una pellicola
protettiva che limiterebbe la formazione della placca.
13.2 Prodotti contenenti amine fluorurate
Le amine fluorurate utilizzate nella formulazione dei dentifrici sono essenzialmente due: il fluoruro di
esadecilamina e il fluoruro di oleilamina.
Questi composti organici hanno la capacità di dissociate liberando uno ione fluoruro ed un catione
organico, entrambi suscettibili di fissarsi sullo smalto o sulla placca e in grado quindi di svolgere
un’azione protettiva particolarmente elevata.
Infatti le amine fluorurate, grazie all’effetto combinato del fluoro e della parte organica della molecola,
dovrebbero determinare:
a) la formazione di uno strato superficiale di deposito a base di fluoruro di calcio che essendo poco
solubile cederà lentamente nel tempo ioni fluoruro;
b) la formazione sullo smalto, ad opera delle lunghe catene alifatiche idrofobiche, di una pellicola
monomolecolare cationica che inibisce l’adesività della placca alla superficie del dente e determina
inoltre un abbassamento della tensione superficiale a livello dei tessuti duri, favorendo la distribuzione
del fluoro anche negli spazi interdentali, notoriamente più difficili da raggiungere. In definitiva l’effetto
combinato del fluoro e della parte aminata delle loro molecole dovrebbe determinare sullo smalto
dentale un effetto di fluorazione spontaneo e intenso.
Sul mercato italiano sono presenti attualmente pochi prodotti contenenti amine fluorurate, tra questi
vanno ricordati:
l’Aronal (Fapod): un prodotto indicato per la pulizia a fondo dei denti e della bocca, contenente amine
fluorurate all’1,65% per un totale di ioni fluoro disponibili dello 0,126%;
l’Elmex (Crinos): prodotto da un’industria svizzera, la Gaba di Basilea, è uno dei rari prodotti contenenti
fluoro aminico (AmF) in misura dell’1,65% per un totale di ioni fluoruro disponibili dello 0,125% che
corrispondono a 1,308 mg di F/g di AmF. I principi attivi sono forniti infatti da due amine fluorurate:
l’aminfluoride 297 o olaflur (fluoruro di oleilamina 1,31% corrispondente allo 0,1% di fluoro) e il dectaflur
o idrofluoruro di cetilamina (idrofluoruro di esadecilamina 0,34% corrispondente allo 0,025% di fluoro).
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Viene commercializzato in due versioni: Elmex rosso per la prevenzione della carie e Elmex verde per la
prevenzione della carie in presenza di colletti scoperti.
L’EImex rosso contiene come abrasivo l’ematofosfato di calcio, mentre nella formulazione dell’Elmex
verde i detergenti e gli schiumogeni sono stati sostituiti da acido silicico che non ha potere abrasivo;
quest’ultima azione è data dall’integrazione nella pasta di particelle detergenti. Infatti l’Elmex verde
sembra essere una delle paste dentifricie a più basso potere abrasivo (vedi paragrafo 3.6) e per questo
con il suo uso è possibile la comparsa di pigmentazioni dentali estremamente superficiali, che possono
essere facilmente asportabili utilizzando 1-2 volte alla settimana un dentifricio a più alta abrasività (come
l’Elmex rosso).
La stessa casa produttrice commercializza sui mercati esteri un dentifricio Elmex specifico per i
bambini che, sempre sotto forma di amine fluorurate contiene solo 0,198 mg F/g di AmF.
13.3 Prodotti contenenti fluoruro di sodio (NaF)
Il fluoruro di sodio è stato il primo composto fluorato ad essere usato nella composizione dei
dentifrici, ed è ancora oggi ampiamente utilizzato in combinazione con agenti pulenti che non siano in
grado di formare fluoruri insolubili. La sua azione di prevenzione nei riguardi della carie è dovuta al
parziale scambio degli ioni ossidrile (circa il 10%) dell’apatite dentale con ioni fluoro. La fluoroapatite
così formata è più resistente all’azione degli acidi carbossilici formati biologicamente nel cavo orale a
partire dai carboidrati.
Data la sua reattività può dare delle reazioni indesiderate con altri composti presenti nelle varie
formulazioni, inoltre in commercio sono presenti prodotti contenenti concentrazioni di fluoro molto
diverse tra di loro, come è evidente dai dati riportati nella tabella seguente e in quella riguardante i
dentifrici indicati per i bambini (vedi capitolo 12).
Le paste dentifricie fluorate contenenti come principio attivo il fluoruro di sodio sono:
AZ 15 Denti Latte (Procter & Gamble): gel dentifricio al gusto di lampone indicato per proteggere dalla
carie i denti dei bambini. La sua formula attiva, a bassa abrasività, contiene fluoruro di sodio allo
0,055%, dolcificanti naturali non cariogeni e saccarina sodica allo 0,15%;
AZ Verde Fluor Protection (Procter & Gamble): prodotto indicato come coadiuvante nella protezione
dalla carie e nel quale il fluoro è biodisponibile in forma ionica al 100%. Contiene fluoruro di sodio allo
0,32% e saccarina sodica allo 0,21%;
AZ Junior (Procter & Gamble): gel dentifricio indicato come coadiuvante nella protezione della carie per i
bambini. Contiene fluoruro di sodio allo 0,32%, saccarina sodica allo 0,28% e cristalli di mica ricoperti di
biossido di titanio (E 171);
Bugs Bunny and Friends (Oral-B): prodotto indicato per i bambini, senza zuccheri e con un leggero
sapore di menta. Contiene fluoruro di sodio allo 0,22% ed è in commercio anche sotto forma di gel;
Confident (Stafford-Miller): è una pasta dentifricia al fluoro indicata per i fumatori;
Denivit (Nobel Consumer Goods): crema dentifricia antimacchia al fluoro;
Durban’s antitartaro (Gibbs Dental Division): prodotto contenente fluoruro di sodio allo 0,24%;
Fluorodyne gel (Stafford-Miller): prodotto indicato per i bambini; contiene fluoruro di sodio allo 0,24%
(pari a 0,11% di ioni fluoruro) e dolcificanti non cariogeni;
FX 2000 dentifricio (Carlo Erba): con fluoro e xilitolo, dovrebbe contribuire a prevenire la carie e la
placca batterica;
Gel al fluoro (Parke-Davis): gel fluoruro fosfato acidulato con 1,23% di ione fluoruro. Indicato per la
fluoroprofilassi topica della carie dentale, riduzione dell’ipersensibilità dentinale e aumento delle difese
naturali;
Gengicol (Bergamon): è una crema per il massaggio delle gengive contenente fluoro;
Interplak (Bausch & Lomb): gel dentario al fluoro concepito per ottimizzare le prestazioni di uno
spazzolino elettrico che porta lo stesso nome. Contiene: acqua, poloxamiria 407, sorbitolo, silice,
glicerina, aromi artificiali, fosfato di sodio, fluoruro di sodio (pari allo 0,1% di ioni fluoruro), saccarinato di
sodio, sodio laurilsolfato, benzoato di sodio, coloranti;
Muppets e sesame street (Oral-B): pasta dentifricia al fluoro indicata per i bambini;
Marvis (Guaber): contiene fluoruro di sodio allo 0,3% e viene prodotto in due tipi: “gusto forte", indicato
per gli uomini, specialmente se fumatori, e “gusto leggero" per donne e bocche sensibili in genere. La
sua azione fisiologica ed igienica viene attribuita alla regolazione di precise costanti chimico-fisiche
(reazione globale neutra, anisotonia). Esse dovrebbero portare all’esaltazione dei fattori naturali
(endolisine, occidine, inibine e mutidine di Dold, lisozima di Fleming), a cui fa capo il potere
antimicrobico del cavo orale;
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Tabella 13.1
Dentifrici contenenti nella formulazione fluoruro di sodio
Actifluor
0,186
0,11
Aquafresh AT
0,22
AZ 15 Denti Latte
0,055
AZ 15 Forte
0,32
AZ Denti Sensibili
0,32
AZ Protezione Gengive
0,32
AZ Junior
0,32
AZ TC
0,24
AZ Verde Fluor Protection
0,32
Broxo din gel
0,20
Colgate
0,10
Colgate AT
0,24
Colgate fluor + calcium
0,10
Colgate fluorgel junior superstar
0,10
Crest TC
0,24
Defend AT
0,24
Defend gengiprotettivo
0,24
Dentosan gel dentifricio
0,05
Dentosan-S
0,80
Durban’s AT
0,24
Ekuba dentifricio
0,10
Fluocaril bi-fluorè
0,055
0,10
Fluocaril bi-fluorè 250
0,331
0,25
Interplak
0,20
0,10
Iodosan Gel Fluoro 3
0,428
Marvis
0,30
Mentadent C
0,25
Oligodent
0,115
0,15
Oral-B
0,40
Pasta del Capitano
0,10
Rid’jon
0,09
Valda f3
0,10
Zendium
0,20
0,12
Oroplus (ltalchimici OTC): è un prodotto contenente fluoro;
Orotris (Cifi): è una pasta dentifricia contenente fluoro;
Paro fresh gel (Profimed): dentifricio contenente fluoruro di sodio, indicato per il suo effetto anticarie e di
remineralizzante dello smalto dentario;
PL 3 dentifricio (Kelemata): è un prodotto contenente fluoro;
Pyorrhesan (Pharmasan): è una pasta dentifricia contenente fluoro;
Rid’jon dentifricio (Ogna): pasta dentifricia al fluoro ionizzabile, astringente e poc0 abrasiva, indicata per
la profilassi orale. Contiene sodio fluoruro e sodio metafosfato insolubile;
Sensodyne Turtles (Stafford-Miller): è un gel dentifricio per i bambini contenente fluoruro di sodio allo
0,24% e un dolcificante non cariogeno.
13.4 Prodotti contenenti monofluorofosfato di sodio (MFP)
Il monofluorofosfato di sodio è un composto oggi sempre più frequentemente utilizzato nella
formulazione dei dentifrici, in quanto è un sale di fluoro molto stabile e compatibile con la maggior parte
dei composti presenti nelle paste.
Anche il suo sale di calcio è solubile in acqua e quindi il suo effetto profilattico viene conservato
anche in presenza di abrasivi contenenti calcio, a differenza del fluoruro di sodio, il quale in presenza di
ioni calcio forma il fluoruro di calcio, che è un composto praticamente insolubile.
La sua efficacia viene attribuita alla sua capacita di:
1) fornire ioni PO32- che si possono sostituire ad alcuni gruppi HPO42- delle apatiti dello smalto
2) idrolizzarsi in fosfato e fluoruro, con incorporazione di quest’ultimo ione nell’apatite.
Il monofluorofosfato di sodio è in peso circa sette volte meno tossico del fluoruro di sodio, ma questa
minore tossicità si riduce a circa la metà se consideriamo l’effettivo contenuto di fluoro.
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Di seguito viene fornito l’elenco dei prodotti contenenti come unico principio attivo il monofluorofosfato di sodio.
Aquafresh fluoro (Beecham): prodotto contenente monofluorofosfato di sodio allo 0,8% e calcio
glicerofosfato allo 0,13%, una sostanza tensioattiva che funge da detergente e che viene utilizzata nella
farmacopea come sorgente di calcio e somministrata per via orale. Tra le sostanze inattive troviamo
eccipienti, coloranti, aromatizzanti e dolcificanti.
Chlorodont fluor forte (Manetti-Roberts): è una formulazione antiplacca contenente monofluorofosfato di sodio allo 0,8% e calcio glicerofosfato allo 0,13%.
Colgate fluorogel junior superstar (Colgate-Palmolive): a forma di stella, è indicato per il suo sapore
gradevole; contiene monofluorofosfato di sodio allo 0,76% (0,1% in ioni fluoruro).
Denthoral (Uragme): prodotto indicato per il massaggio delle gengive e la pulizia dei denti. Contiene
monofluorofosfato di sodio allo 0,06% ed essenza di menta.
Durban’s menta naturale (Gibbs Dental Division): contiene monofluorofosfato di sodio all’1,11% ed
essenza di menta pura naturale allo 0,91%.
Forhans Special (Uragme): indicato per la protezione delle gengive. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,06 g.
Cloruro di sodio: 0,3 g.
Oli essenziali: 1,19 g.
Edulcoranti e pasta base q.b. a 100 g.
Forhans "The original" (Uragme): contiene monofluorofosfato allo 0,06%.
Paperino’s (Gibbs Dental Division): è un prodotto a bassa abrasività al fluoro, biodisponibile e
indicato per i bambini. Contiene monofluorofosfato allo 0,85% ed è disponibile al gusto di fragola o di
chewinggum.
Pearl Drops (Bouty): è un dentifricio liquido che utilizzato quotidianamente dovrebbe eliminare dai
denti le macchie di caffè, di te e di nicotina senza intaccare lo smalto. Contiene monofluorofosfato di
sodio allo 0,76%.
Pepsodent fluor fresh (Gibbs Dental Division): contiene monofluorofosfato allo 0,85%.
Tonal (Tonal): contiene monofluorofosfato di sodio allo 0,8%.
Ultra brait (Colgate-Palmolive): contiene monofluorofosfato di sodio allo 0,76% e possiede un
particolare gusto detto “polare".
Valda Junior (Valda): prodotto contenente monofluorofosfato di sodio.
13.5 Prodotti contenenti NaF e MFP
Sono prodotti contenenti nella formulazione entrambi i sali di fluoro e quindi teoricamente in grado di
svolgere un’azione immediata grazie al fluoruro di sodio ed una più prolungata nel tempo grazie al
monofluorofosfato di sodio.
Colgate (Colgate-Palmolive): prodotto contenente monofluorofosfato di sodio allo 0,76%, fluoruro di
sodio allo 0,1% e, come abrasivo, il fosfato di calcio diidrato.
Colgate fluor + calcium (Colgate-Palmolive): è una formulazione contenente calcio e fluoro ed il cui
uso viene indicato per rinforzare i denti contro il rischio della carie. Nella formulazione sono presenti:
monofluorofosfato di sodio allo 0,7%, fluoruro di sodio allo 0,1% e calcio (sotto forma di ioni calcio Ca+2)
al 10,8%.
Colgate fluor minerale (Colgate-Palmolive): prodotto contenente fluoruro di sodio allo 0,1% e monofluorofosfato di sodio allo 0,76% commercializzato anche sotto forma di gel.
Dentosan junior (Parke-Davis): gel dentifricio studiato per pulire, proteggere e rinforzare i denti dei
bambini. Dovrebbe pulire delicatamente, in quanto contiene un ingrediente a bassissima abrasività
(silice) tale da non intaccare lo smalto dei denti e le gengive; inoltre la bassa schiumosità dovrebbe
facilitare le operazioni di pulizia. Composizione:
Xilitolo: 12 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,4 g.
Fluoruro di sodio: 0,1 g.
Silice: 18 g.
Altri eccipienti q.b. a 100 g.
Fluocaril bi-fluoré 250 (Laboratori Farmaceutici Goupil): contiene due sali di fluoro (da qui il termine
bi-fluoré), scelti in modo tale da avere sia un’azione immediata che una più prolungata. Si chiama “250"
perché dai due sali si ottengono 250 mg di fluoro disponibile per 100 g di pasta dentifricia, che ne fanno
quindi una specialità medicinale da banco. Viene indicato per la prevenzione della carie dentaria, per
l’eliminazione del tartaro e per l’antisepsi bucco-dentaria. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,76 g e fluoruro di sodio: 0,3315 g (contenuto totale in fluoro 0,25%).
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Fosfato di sodio: 0,1 g.
Sodio esametafosfato: 0,2 g.
Sodio benzoato: 4 g.
Eugenolo: 0,025 g.
Carragenina sodica: 1 g.
Silice precipitata: 18 g.
Silice di Neburg: 4 g.
Biossido di titanio (E171): 0,5 g.
Sodio laurilsolfato: 2 g.
Metile paraidrossibenzoato: 0,1 g.
Saccarina sodica: 0,04 g.
Menta essenza: 0,8 g.
Mentolo: 0,066 g.
Badiana essenza; 0,345 g.
Cannella di Ceylon essenza: 0,01 g.
Fenolo: 0,03 g.
Sorbitolo soluzione: 25 g.
Acqua depurata q.b. a 100 g.
L’eccipiente, totalmente esente di derivati alcalino-terrosi, è essenzialmente costituito da acido silicico,
che dovrebbe conferire alla pasta dentifricia due importanti caratteristiche: un pH acido compreso tra 6,0
e 6,5 che e favorevole alla ionizzazione del fluoruro di sodio, e quindi alla sua completa biodisponibilità,
ed un potere pulente a debole azione abrasiva.
Oral-B “Pasta dentifricia al fluoro" (Oral-B): formulata con monofluorofosfato di sodio (pari a 0,1% in
ioni fluoro) e metilpolissilosano assicurerebbe un’adeguata fluorizzazione del tessuto dentale,
rallentando la formazione della placca batterica.
Pasta del Capitano “Formula antiplacca” (Ciccarelli): come gli altri quattro prodotti della stessa casa
produttrice, contenendo due diversi sali di fluoro, ad azione combinata, viene indicato per combattere
placca e carie. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Olio essenziale di menta piperita: 0,8%.
Anetolo: 0,45%.
Mentolo: 0,25%.
Pasta del Capitano “Formula fluorgel” (Ciccarelli). Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Olio essenziale di menta piperita: 0,7%.
Anetolo: 0,3%.
Mentolo: 0,37%.
Colorante CI 42051.
Pasta dal Capitano “formula fluorgel” gusto chewing-gum (Ciccarelli). Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Aroma chewing-gum.
Colorante CI 42051.
Pasta del Capitano “Formula originale" (Ciccarelli). Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5 g.
Fluoruro di sodio: 0,1 g.
Olio di menta piperita: 0,8 g.
Anetolo: 0,45 g.
Mentolo: 0,25 g.
Altri eccipienti q.b. a 100 g.
Pasta del Capitano “Neo fluorgel” alla Centella asiatica (Ciccarelli) (vedi capitolo 15). Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Olio essenziale di menta piperita: 0,7%.
Anetolo: 0,3%.
Mentolo: 0,37%.
Fitosoma di Centella asiatica: 0,1%.
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Colorante CI 42051.
13.6 Prodotti contenenti fluoruri ed altri principi attivi
Moltissimi prodotti contengono nella formulazione due o più principi attivi; ognuno, oltre che essere in
grado di svolgere una ben precisa e distinta azione, dovrebbe agire sinergicamente con gli altri. Il
fluoruro, per la sua spiccata azione antiplacca, è ovviamente presente in quasi tutte queste formulazioni
complesse.
Di seguito vengono riportati e descritti sommariamente i dentifrici di questo tipo presenti in
commercio, ognuno dei quali verrà trattato in maggior dettaglio nei capitoli riservati ai vari tipi di principi
attivi.
Aquafresh AT (Beecham): è un prodotto antitartaro contenente fluoruro di sodio allo 0,22%,
pirofosfato tetrapotassico al 4% e pirofosfato tetrasodico all’1,8%.
AZ Protezione Gengive (Procter & Gamble): indicato nell’inibizione della crescita della placca
batterica. La formulazione contiene triclosan allo 0,28%, sostanza ad elevata azione antibatterica, ed
inoltre pirofosfato al 5% e fluoruro di sodio allo 0,32%. La combinazione triclosan-pirofosfato associa ad
un’efficace attività antibatterica un notevole effetto antitartaro, senza interferire sul processo di
remineralizzazione. Infatti il pirofosfato è attivo sulla superficie dentale, poichè aiuta a bloccare i suoi siti
recettoriali e quelli del tartaro già presente. L’associazione di questa sostanza al fluoruro di sodio non
interferisce e non altera i processi di protezione (remineralizzazione e resistenza agli acidi) dello smalto
contro lo sviluppo di lesioni cariose.
AZ 15 Forte (Procter & Gamble): contiene una formula igienizzante per la protezione dei tessuti
gengivali. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,40%.
Lattato di zinco: 1,3%.
Fluoruro di sodio: 0,32.
Eccipienti q.b. a 100 g.
AZ Tartar Control (Procter & Gamble): è un prodotto commercializzato sia come gel che come pasta
dentifricia: contiene pirofosfato tetrasodico 1,92%, pirofosfato acido bisodico 1,85%, pirofosfato
tetrapotassico 4,42% (totale ioni pirofosfato 5%), fluoruro di sodio (fluoristat) 0,24%.
Benefit (Gibbs Dental Division): è un dentifricie contenente citrato di zinco allo 0,5% e
monofluorofosfato di sodio all’1,11%.
Bergafluor (Bergamon): dentifricio a base di pirofosfato di sodio, cloruro di zinco, clorexidina
gluconato e fluoruro di sodio.
Blan X (Oral Prevention’s Product - S.A. Corp.): dentifricio che contiene odontoblanxina e
monofluorofosfato di sodio allo 0,5% e viene indicato per le sue proprietà protettive e cosmetiche. Il
monofluorofosfato ha effetto remineralizzante mentre l’odontoblanxina agirebbe contro la placca e il
tartaro; entrambi sono componenti naturali che agirebbero sinergicamente in assenza di sostanze
abrasive sui prismi dello smalto, proteggendoli e rendendoli più resistenti. Quest’ultima caratteristica
deriverebbe essenzialmente dal monofluorofosfato, perchè esse riesce ad insinuarsi tra le microporosità
interprismatiche rendendo più resistenti e protetti gli stessi prismi.
Broxo “Pasta dentifricia al fluoro" (Cabon): prodotto che unirebbe alle proprietà decongestionanti
dell’α-bisabolo l’azione protettiva e rinforzante dei sali di fluoro sullo smalto. Composizione:
Fluoruro di sodio: 0,2 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,3 g.
α-bisabolo: 0,1 g.
Biossido di silicio: 16 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Cepacol (Lepetit): è un dentifricio indicato per aiutare a combattere e a rallentare la formazione della
placca batterica, protegge senza graffiare lo smalto, e in quanto coadiuvante nella prevenzione della
carie. Composizione:
Alchil-dimetilbenzil ammonio saccarinato: 0,1 g.
Monofluorofosfato di sodio: 1 g.
Calcio fosfato bibasico: 45 g.
Metile p-idrossibenzoato: 0,1 g.
Glicerina: 4 g.
Sorbitolo soluzione: 15 g.
Aromatizzante: 1,5 g.
Sodio carbossimetilcellulosa: 1,4 g.
Silice colloidale: 1 g.
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Sodio laurilsolfato: 1,6 g.
Saccarina sodica: 0,14 g.
Acqua depurata q.b. a 100 g.
Closan (Scharper): è un prodotto disinfettante indicato per la pulizia e l’igiene quotidiana dei denti.
Dovrebbe avere un’azione specifica sulla placca batterica, eliminare le patine e le macchie dei denti, ed
essere quindi particolarmente indicato per i fumatori. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,02 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,3 g.
Cloruro di sodio: 0,5 g.
Eccipienti, tensioattivi, edulcoranti, conservanti, aromatizzanti naturali q.b. a 100 g.
Colgate AT (Colgate-Palmolive): è un dentifricio antitartaro contenente fluoruro di sodio allo 0,24%,
pirofosfato al 3,3% e gantrez (cioè metossietilene e acido maleico) all’1%.
Crest TC (Procter & Gamble): è un dentifricio antitartaro che contiene pirofosfato al 5% e fluoruro di
sodio allo 0,24%.
Defend AT (Colgate-Palmolive): è una pasta dentifricia antitartaro contenente fluoruro di sodio allo
0,24% e pirofosfato al 3,3%
Defend gengiprotettivo (Colgate-Palmolive): è un dentifricio che dovrebbe essere in grado di
sviluppare una grande azione antibatterica per la presenza di tricloguard. Contiene fluoruro di sodio allo
0,24% e tricloguard (cioè triclosan 0,3% e gantrez S 97,2%).
Dentigomma (Avantgarde): è un prodotto indicato per prevenire la formazione della placca dentale,
della carie e proteggere e tonificare le gengive. Contiene vitamina A palmitato 10000 UI% una miscela
di fluoruri detta trifluor, formata da monofluorofosfato di sodio, fluoruro di sodio e fluoruro di stagno con
un contenuto totale in fluoro pari allo 0,125%.
(Parke-Davis): con fluoruro di sodio, indicato per rimuovere la placca e per prevenirne la formazione.
Composizione:
Fluoruro di sodio: 0,05 g.
Xilitolo: 12 g.
Essenze selezionate: 0,8 g.
Clorexidina gluconato: 0,2 g.
Idrossietilcellulosa: 0,5 g.
Glicol propilenico: 25 g.
Altri eccipienti q.b. a 100 g.
Dentosan-S (Parke-Davis): è un dentifricio che dovrebbe rallentare la formazione della placca e
contribuire a prevenire la carie e l’alitosi. Composizione:
Estratto fluido di Sanguinaria canadensis: 2%.
Xilitolo: 3%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Cloruro di zinco, essenze selezionate, eccipienti, conservanti e stabilizzanti q.b. a 100 g.
Ekuba dentifricio (UCM): per l’igiene dei denti e del cavo orale. Indicato per la sua azione
disinfettante e decongestionante su tutto il cavo orale; dissolve il tartaro e impedisce le fermentazioni.
Composizione:
Clorexidina acetato: 0,5 g.
Acido 6-aminoesanoico: 0,5 g.
Fluoruro di sodio: 0,1 g.
Sodio idrossietilidenmetilpirandione: 0,15 g.
Oli essenziali: 2 g.
Pasta base (al fosfato bicalcico-pirofosfato sodico) q.b. a 100 g.
Fluorosan (Tre-C Industriale): dentifricio medicato disinfettante indicato in quanto astringente per
gengive delicate, coadiuvante nella prevenzione delle carie e capace di ostacolare la formazione del
tartaro. Contiene fluoro e clorexidina.
Fluoxene (Ecobi): dentifricio disinfettante al fluoro indicato contro la placca batterica. Composizione:
Clorexidina digluconato: 0,5 g.
Cloruro di odio: 1 g.
Monofluorofosfato di sodio: 1,5 g.
Tensioattivi, aromatizzanti, edulcoranti q.b. a 100 g.
Iodosan Fluoro (Zambeletti): dentifricio disinfettante del cavo orale indicato per il trattamento di
gengive delicate, irritate, sanguinanti e per la prevenzione della formazione della placca e del tartaro.
Composizione:
Cicliomenolo: 0,058 g.
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Monofluorofosfato di sodio: 0,21% (in ioni fluoro).
Fosfato bicalcico: 60,32 g.
Fosfato tricalcico: 2,9 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti q.b. a 100 ml.
Iodosan Fluoro antitartaro (Zambeletti): dentifricio disinfettante formulato per prevenire la crescita
della placca batterica, per ridurre la formazione del tartaro e rafforzare lo smalto dentale, grazie ad una
duplice azione dovuta al cicliomenolo che inibisce la formazione della placca batterica sul dente e sul
bordo gengivale e ai pirofosfati di sodio e potassio, che ostacolano la cristallizzazione del fosfato di
calcio, impedendone l’accumulo soprattutto sui denti inferiore e nella saliva. Composizione:
Cicliomenolo: 0,052 g.
Sodio pirofosfato anidro: 1,95 g.
Potassio pirofosfato anidro: 5,85 g.
Fluoruro di sodio: 0,312 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
Iodosan Gel Fluoro 3 (Zambeletti): dentifricio indicato per la sua azione antisettica, antiplacca,
antitartaro e coadiuvante per la prevenzione della carie. Composizione:
Cicliomenolo: 0,056 g.
Fluoruro di sodio: 0,428 g.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzanti ed edulcoranti non cariogeni q.b. a 1200 g.
Lacalut Special (Bouty): è una crema dentifricia indicata per le sue proprietà antisettiche, astringenti
e detergenti e capace quindi di rafforzare le gengive, consolidare i denti nei loro alveoli, prevenire le
emorragie gengivali e contribuire alla desensibilizzazione dei colli dentali. Composizione:
Alluminio lattato: 1 g.
Alluminio fluoruro: 0,1 g.
Alluminio ossido idrato, biossido di silicio, tensioattivi, aromatizzami, edulcoranti q.b. a 100 g.
Macleens (Beecham): è un dentifricio contenente triclosan, un agente antibatterico che aiuterebbe a
rallentare la formazione della placca batterica e a ridurre quindi la produzione degli acidi. Dovrebbe
pertanto essere un efficace aiuto nel combattere contemporaneamente le cause della carie e dei
problemi alle gengive. Contiene inoltre fluoro e calcio glicerofosfato, la cui azione combinata dovrebbe
contribuire a proteggere i denti e a rafforzarli. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Calcio glicerofosfato: 0,13%.
Triclosan: 0,215%.
Neo Emoform (BYK Gulden): è una pasta dentifricia antiplacca ad abrasività calibrata. Dovrebbe
consentire una corretta rimozione della placca, ridurne la formazione, aiutare a combattere le
gengivopatie ed esercitare un’efficace attività protettiva sullo smalto. Contiene sodio monofluorofosfato.
È un dentifricio poco abrasivo grazie ad una formula calibrata di:
a) carbonato di calcio “precipitato leggero” finemente micronizzato;
b) carbonato di magnesio “precipitato leggero” con microgranuli arrotondati ed uniformi, un abrasivo
ideale per l’ipersensibilità dentinale;
c) carbonato di sodio, solubile nella saliva.
Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 1,0 g.
Cloruro di sodio: 5 g,
Carbonato di calcio: 24 g.
Bicarbonato di sodio: 12 g.
Carbonato di magnesio: 4 g.
Sodio laurilsolfato: 1,6 g.
Solfato di sodio e solfato di potassio complessivi: 0,6 g.
Olio essenziale di menta, mentolo, anetolo complessivi: 0,552 g.
Esetidina: 0,05 g.
Colorante E 127; 0,002 g.
Glicol polietilenico, eccipienti non abrasivi q.b. a 100 g.
Neo Iodoform (Idim): è un dentifricio a base di iodio, indicato per una razionale igiene dei denti e
delle gengive, specie se irritate. Composizione:
Benzalconio cloruro: 200 mg.
Monofluorofosfato di sodio: 0,15 mg.
Ioduro di potassio: 100 mg.
Guaiazulene 25%: 10 mg.
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Essenza di menta: 500 mg.
Anetolo: 300 mg.
Mentolo naturale: 500 mg.
Tensioattivi, sale di sodio di un prodotto di condensazione fra gli acidi grassi di cocco e la taurina;
3 g.
Idrossietilcellulosa: 2,6 g.
Calcio carbonato: 32 g.
Glicerina; 20 g.
Acqua deionizzata q.b. a 100 g.
Neo Mentadent C (Gibbs Dental Division): è un dentifricio contenente vitamina C, indicato per la sua
azione antibatterica contro la placca e per la prevenzione dei disturbi gengivali. Composizione:
Vitamina C (acido ascorbico): 0,2%.
Fluoruro di sodio: 0,25%.
Citrato di zinco: 0,75%.
Triclosan: 0,3%.
Biossido di silicio, sorbitolo; aromi naturali di agrumi e di menta: 1,3%.
Neo Mentadent DS (Gibbs Dental Division): è un dentifricio indicato per la sua azione antibatterica
contro la placca, particolarmente in presenza di denti sensibili, grazie all’azione desensibilizzante del
citrato di potassio. Composizione:
Citrato di potassio: 5,345%.
Triclosan: 0,2%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85%.
Biossido di silicio: 20%.
Sorbitolo: 25%.
Sodio dodecilbenzensolfato: 2%.
Sodio carbossimetilcellulosa: 1,4%.
Optamint: 0,9%.
Sodio saccarinato: 0,04%.
Acqua distillata q.b. a 100 g.
Neo Mentadent P (Gibbs Dental Division): dentifricio medicato disinfettante antiplacca, svolgerebbe
un’azione preventiva ritardando e riducendo la formazione di placca. Composizione:
Citrato di zinco: 0,5 g.
Triclosan: 0,2 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85 g.
α-allumina triidrata: 50 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Nuovo Squibb (Squibb): è una pasta dentifricia contenente monofluorofosfato di sodio e gli estratti
naturali di cinque erbe (malva, salvia, melissa, tormentilla e rosmarino), conosciute fin dall’antichità per
le loro proprietà terapeutiche e riscoperte quali coadiuvanti di una corretta igiene orale preventiva.
Oligodent (Sanofi-Laboratoire Pharmygene): è una pasta dentifricia agli oligoelementi contenente
sali di fluoro (0,15% espresso in fluoro). Composizione:
Molibdato di ammonio: 0,01 g.
Gluconato di manganese: 0,01 g.
Fluoruro di sodio: 0,115 g (corrispondenti a 50 mg di fluoro).
Monofluorofosfato di sodio: 0,750 g (corrispondenti a 100 mg di fluoro).
Anetolo: 0,5 g.
Biossido di titanio (E 171).
Eccipienti q.b. a 100 g.
Pasta del Capitano “Formula antitartaro” (Ciccarelli): è un dentifricio al gusto menta piperita indicato
come coadiuvante nella prevenzione della carie. La formulazione dovrebbe essere estremamente
efficace grazie all’azione combinata di due diversi tipi di sali di fluoro associati ai pirofosfati. I due sali di
fluoro, resi totalmente disponibili in forma ionica, aiuterebbero a prevenire la placca. I pirofosfati
dovrebbero invece potenziare l’attività delle sostanze naturali presenti nella saliva, spesso non sufficienti
per ostacolare la formazione del tartaro. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Pirofosfato tetrasodico: 3,2%.
Pirofosfato acido bisodico: 1,6%.
Menta piperita: 0,7%.
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Anetolo: 0,3%.
Mentolo: 0,8%.
Coloranti CI 47005 e 42051.
Pasta dentifricia Carlo Erba (Farmitalia): contiene estratti di cannella, garofano, malva, menta, salvia,
cetil-trimetilammonio p-toluensolfonato, monofluorofosfato di sodio, xilitolo.
Periogard “Formula al fluoro Veadent" (Colgate-Palmolive): è un prodotto sviluppato in
collaborazione con Veadent ad azione antibatterica. Contiene come principio attivo la sanguinarina e
viene indicato come coadiuvante contro le infiammazioni, il sanguinamento delle gengive e per la sua
azione antialitosica. L’efficacia sarebbe dovuta ad un sinergismo di azioni: riduzione dell’adesività
batterica alle superfici dentali e della formazione di placca, ed elevata attività antibatterica. Contiene
estratto di sanguinarina 0,75% e monofluorofosfato di sodio 0,8%.
Sanogyl bianco (Berna): è un dentifricio indicato per la prevenzione dei processi infiammatori delle
gengive, della formazione del tartaro e della placca batterica dentale. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,76%.
Acetarsolo sodico: 0,56.
Carbossimetilcellulosa sodica: 1,20%.
Olio di vaselina: 0,5%.
Silice colloidale: 1,30%.
Para-idrossibenzoato di metile: 0,15%.
Fosfato bicalcico stabilizzato: 42,5%.
Ossido di titanio (E171): 0,5%.
Glicerina: 15%.
Miscela aromatica: 1%.
Sodio laurilsolfato: 1,75%.
Acqua depurata: 34,78%.
Sensodyne-F (Stafford-Miller): è un dentifricio indicato nella prevenzione dell’ipersensibilità e della
carie. Composizione:
Nitrato di potassio: 5%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,9%.
Fosfato di calcio.
Sensodyne-K (Stafford-Miller): prodotto indicato nella prevenzione dell’ipersensibilità e della carie.
Composizione:
Cloruro di potassio: 3,75%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Tau-marin dentifricio antitartaro (Avantgarde): a pasta morbida, coadiuvante nella prevenzione della
carie e nella riduzione della formazione del tartaro; contiene pirofosfati e fluoruro di sodio.
Valda f3 (Valda): è una pasta dentifricia non abrasiva, disinfettante e battericida. Indicata in quanto
dovrebbe proteggere lo smalto dei denti, impedire lo sviluppo della flora batterica del cavo orale e
concorrere a prevenire la formazione della placca, del tartaro e della carie.
Zendium (Oral-B): è una pasta dentifricia contenente il fluoro quale agente remineralizzante e
protettivo delle smalto dei denti ed alcuni enzimi per rafforzare l’attività naturale della saliva quale
inibitore della placca dentale. Composizione:
Glucosiossidasi: 0,28%.
Amiloglucossidasi: 1,20%.
Fluoruro di sodio: 0,12% (in ioni fluoro).
Glicerina, alluminio idrato, schiumogeni, preservanti, edulcorami non cariogeni.
Zendium menta (Oral-B): è una pasta dentifricia antiplacca ad azione biologica. Attiverebbe le
proprietà della saliva quale inibitore della placca dentale. Contiene enzimi naturali e fluoro.
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14. Dentifrici con altri principi attivi
14.1 Acido glicirretico o enoxolone
È un complesso triterpenico con proprietà antinfiammatorie preparato dall’acido glicirrizinico che è
contenuto in misura di circa il 4% nelle radici della Glycyrrhiza glabra o pianta della liquirizia. È uno dei
principi attivi dei seguenti prodotti: Valda f3 (Valda), Arthodont (SIT), Neo Destomygen (Stomygen).
Valda f3 (Valda): è una pasta dentifricia non abrasiva, disinfettante e battericida. Viene indicata per
la protezione della smalto dei denti, per impedire lo sviluppo della flora batterica del cavo orale e
concorrere a prevenire la formazione della placca, del tartaro e della carie. Composizione:
Fluoruro di potassio: 0,1%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Cicliomenolo: 0,04%.
Acido β-glicirretico: 0,065%.
Essenze Valda, eccipienti non abrasivi.
Arthodont (SIT). Composizione:
Acido glicirretico: 1 g.
Esetidina: 0,1 g.
Pasta aromatizzata q.b. a 100 g.
Neo Destomygen (Stomygen). Composizione:
Clorexidina digluconato 20%: 20 mg.
Acido glicirretico: 40 mg.
Eccipienti, tensioattivi, aromatizzami, edulcoranti non cariogeni q.b. a 100 g.
14.2 Alfa-bisabolo
È il principio attivo dell’olio essenziale di camomilla romana (Matricaria chamomilla) e la sua funzione
sembrerebbe essere quella di attenuare i sintomi della flogosi senza però sopprimere completamente la
risposta infiammatoria, che è un meccanismo di protezione indispensabile. Oltre che estratto dalla pianta
può essere preparato anche sinteticamente, ma in questo caso si ottiene una miscela che, oltre all’αbisabolo, contiene altri tre isomeri di questa molecola.
Broxo “Pasta dentifricia al fluoro” (Cabon) dovrebbe unire alle proprietà decongestionanti dell’αbisabolo l’azione protettiva e rinforzante dei sali di fluoro sullo smalto. Composizione:
Fluoruro di sodio: 0,2 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,3 g.
Α-bisabolo: 0,1 g.
Biossido di silicio: 16 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
14.3 Antigeni microbici
Le cellule inattivate di diverse specie batteriche sono state utilizzate nella formulazione delle paste
dentifricie con lo scopo di stimolare le normali difese immunitarie. Questa strategia viene adottata al
momento nella composizione di un unico prodotto.
Dentovax (Bouty): viene indicato per la cura delle infiammazioni delle gengive in quanto esalterebbe
le difese immunitarie contro i microrganismi del cavo orale, causa dei processi infiammatori. lnfatti gli
antigeni microbici in essa contenuti dovrebbero indurre, in seguito a contatto con la mucosa gengivale, la
formazione locale di anticorpi, reperibili nel secreto salivare, ed in particolare un incremento del tasso di
IgA secretorie. Composizione:
Cellule inattivate di Escherichia coli: 400 miliardi.
Cellule inattivate di Streptococcus ovalis: 14 miliardi.
Cellule inattivate di Staphylococcus aureus: 28 miliardi.
Cellule inattivate di Proteus vulgaris: 22 miliardi.
Eccipienti:
clorofilla (E140): 0,05 g;
sodio carbossimetilcellulosa: 0,5 g;
polietilenglicole 400 monostearato: 2,5 g;
olio di vaselina: 2 g;
metile p-idrossibenzoato: 0,1 g;
propile p-idrossibenzoato: 0,1 g;
glicerina: 18 g;
sorbitolo: 12 g;
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sodio Laurilsolfato: 2,5 g;
calcio carbonato; 35 g;
magnesio carbonato: 5 g;
essenze aromatiche q.b. a 100 g;
acqua distillata q.b. a 100 g.
14.1 Benzidamina
L’1-benzil-3-[3-dimetilamino-propossi]-indazolo cloridrato, più noto come benzidamina, è un
antinfiammatorio non steroideo che trova applicazione sia per uso sistemico, con prevalente attività
analgesica ed antiessudativa, che per uso topico, nel qual caso presenta anche attività antisettica ed
anestetica di superficie. La benzidamina, usata per uso topico nei collutori, si concentra nella mucosa e
viene poco assorbita. Ha tossicità molto scarsa e in particolare non ha effetti gastrolesivi né teratogeni.
Come collutorio viene usata sia in odontostomatologia (gengiviti, glossiti, stomatiti, afte, paradenziopatie,
paradentosi da carico) e sia nel trattamento collaterale della terapia dentaria conservativa ed estrattiva.
In commercio è presente un unico dentifricio contenente questo composto:
Tantum Verde Dental (Angelini): una pasta dentifricia indicata per gengiviti infiammatorie, stomatiti e
ipersensibilità dentinale. Composizione:
Benzidamina cloridrato: 0,5 g.
Calcio fosfato bibasico: 47,5 g.
Glicerolo: 25 g.
Sodio carbossimetilcellulosa: 1,4 g.
Sodio laurilsolfato: 2 g.
Silice precipitata: 0,25 g.
Saccarina: 0,144 g.
Sodio bicarbonato: 0,066 g.
Metile p-idrossibenzoato: 0,1 g.
Propile p-idrossibenzoato: 0,02 g.
Aroma di menta: 1,575 g.
Mentolo: 0,1 g.
Clorofilla rameica (E141): 0,012 g.
Acqua depurata q.b. a 100 g.
14.5 Esetidina
La 5-amino-1,3-bis(2-etilesil)-5-metil-esaidropirimidina, o più semplicemente esetidina o esedina, è
un composto particolarmente attivo a livello antibatterico con azione sui germi sia grampositivi che
negativi ed ha inoltre effetti antimicotici ed antifermentativi. Questo detergente cationico agisce aderendo
alla placca batterica ed alla mucosa, dove è stato dimostrato che rimane attivo ed efficace per un
periodo di 10-14 ore. È una sostanza che non presenta controindicazioni, in quanto non provoca alcun
disturbo alla sensibilità gustativa e non induce colorazioni di sorta sui denti, effetti riscontrati invece con
altre sostanze quali la clorexidina. L’esetidina inoltre è un disinfettante specifico per i batteri del cavo
orale, e non ha tossicità ne pericolosità alcuna nei riguardi delle mucose presenti nella bocca. È stato
recentemente riportato che la combinazione ioni zinco-esetidina fa diminuire sia la formazione della
placca che la sua acidigenicità in misura maggiore rispetto ai due composti separati; il fenomeno è stato
attribuito all’aumentato trasporto degli ioni all’interno dei batteri per la presenza del detergente.
I dentifrici in commercio che contengono esetidina sono riportati di seguito.
Arthodont (SIT): un prodotto che deve essere lasciato in contatto alcuni minuti con denti e gengive
prima di risciacquare; da notare che contiene anche acido glicirretico. Composizione:
Acide glicirretico: 1 g.
Esetidina; 0,1 g.
Pasta aromatizzata q.b. a 100 g.
Dentaton (Ghimas): dentifricio indicato per una corretta igiene dei denti e delle gengive; dovrebbe
aiutare a prevenire e a rimuovere la placca batterica. Composizione:
Esetidina: 0,15 g.
Carbossimetilcellulosa sodica: 1,8 g.
Glicerina: 6 g.
Sorbitolo: 7 g.
Poliemilenglicol: 5 g.
Fosfato di calcio bibasico biidrato: 45 g.
Silice precipitata: 1 g.
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Sodio laurilsolfato: 1,6 g.
Metile p-idrossibenzoato: 0,15 g.
Propile p-idrossibenzoato: 0,15 g.
Saccarina: 0,15 g.
Aroma di menta: 1,8 g.
Acqua distillata: 30,2 g.
Oraseptic (Parke-Davis): è un prodotto indicato per l’igiene dei denti, delle gengive, del cavo orale e
come coadiuvante nella profilassi della carie dentale e nella prevenzione e trattamento dell’alito
sgradevole. Composizione:
Esetidina: 100 mg.
Cloruro di sodico: 50 mg,
Fosfato di calcio bibasico: 50 g.
Eccipienti, edulcoranti, aromatizzami q.b. a 100 g.
14.6 Odontoblanxina
È il nome commerciale che è stato dato ad una sostanza derivata dai licheni artici e contenente
perossidi. Lo sbiancamento dei denti dovrebbe avvenire per ossidazione delle macchie tramite
l’ossigeno nascente che si sviluppa a contatto delle smalto. L’ossigeno attivo sarebbe inoltre in grado
contemporaneamente di rimuovere la patina dai prismi dello smalto e di inibire la proliferazione dei
batteri.
Blan X (Oral Prevention’s Product - S.A. Corp.): è un dentifricio che contiene odontoblanxina e
monofluorofosfato di sodio allo 0,5% e che presenterebbe proprietà protettive e cosmetiche. Il
monofluorofosfato avrebbe effetto remineralizzante mentre l’odontoblanxina agirebbe contro Ia placca e
il tartaro; entrambi i componenti naturali agirebbero sinergicamente in assenza di sostanze abrasive sui
prismi dello smalto, proteggendoli e rendendoli più resistenti. Quest’ultima caratteristica deriverebbe
essenzialmente dal monofluorofosfato, perchè sembra che riesca ad insinuarsi tra Ie microporosità
interprismatiche rendendo più resistenti e protetti gli stessi prismi.
14.7 Tibenzonio ioduro
Il triclosan o 2,4,4'-tricloro-2’-idrossil-difeniletere è un bis-fenolo disinfettante e batteriostatico contro i
batteri grampositivi e la maggior parte dei gramnegativi. Questo composto, che in pratica è un
detergente non ionico (vedi paragrafo 3.7), esplica il suo effetto battericida con un meccanismo che
richiama quello delle penicilline. lnfatti svolge la sua azione colpendo due processi essenziali alla
sopravvivenza microbica: interferisce con i meccanismi di trasporto degli aminoacidi e di altri
micronutrienti batterici e provoca una lesione della membrana endocellulare con conseguente lisi finale.
In alcuni casi il suo uso può provocare dermatiti. Viene utilizzato nella formulazione delle paste
dentifricie in una concentrazione compresa tra lo 0,2 e lo 0,3% e generalmente viene associato ad altri
principi attivi. I prodotti contenenti triclosan presenti in commercio sono:
AZ Protezione Gengive (Procter & Gamble): indicato nell’inibizione della crescita della placca
batterica. La formulazione contiene triclosan allo 0,28%, sostanza ad elevata azione antibatterica, ed
inoltre pirofosfato al 5% e fluoruro di sodio allo 0,32%. La combinazione triclosan-pirofosfato associa ad
un’efficace attività antibatterica un notevole effetto antitartaro, senza interferire sul processo di
remineralizzazione. lnfatti il pirofosfato è attivo sulla superficie dentale, poichè aiuta a bloccare i suoi siti
recettoriali e quelli del tartaro già presente. L’associazione di questa sostanza al fluoruro di sodio non
interferisce e non altera i processi di protezione (remineralizzazione e resistenza agli acidi) dello smalto
contro lo sviluppo di lesioni cariose.
Defend gengiprotettivo (Colgate-Palmolive): è un dentifricio che dovrebbe essere in grado di
sviluppare una grande azione antibatterica per la presenza di tricloguard. Contiene fluoruro di sodio allo
0,24% e tricloguard (cioè triclosan 0,3% e gantrez S 97 2%).
Macleens (Beecham): è un dentifricio contenente triclosan, un agente antibatterico che aiuterebbe a
rallentare la formazione della placca batterica e a ridurre quindi la produzione degli acidi. Dovrebbe
pertanto essere un efficace aiuto nel combattere contemporaneamente le cause della carie e dei
problemi alle gengive. Contiene inoltre fluoro e calcio glicerofosfato, la cui azione combinata dovrebbe
contribuire a proteggere i denti e a rafforzarli. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,8%.
Calcio glicerofosfato: 0,13%.
Triclosan: 0,215%.
Neo Mentadent C (Gibbs Dental Division): è un dentifricio contenente vitamina C, indicato per la sua
azione antibatterica contro la placca e per la prevenzione dei disturbi gengivali. Composizione:
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Vitamina C (acido ascorbico): 0,2%.
Fluoruro di sodio: 0,25%.
Citrato di zinco: 0,75%.
Triclosan: 0,3%.
Biossido di silicio, sorbitolo; aromi naturali di agrumi e di menta: 1,3%.
Neo Mentadent DS (Gibbs Dental Division): è un dentifricio indicato per la sua azione antibatterica
contro la placca, particolarmente in presenza di denti sensibili. Composizione:
Citrato di potassio: 5,345%.
Triclosan: 0,2%.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85%.
Biossido di silicio: 20%.
Sorbitolo: 25%.
Sodio dodecilbenzensolfato: 2%.
Sodio carbossimetilcellulosa: 1,4%.
Optamint: 0,9%.
Sodio saccarinato: 0,04%.
Acqua distillata q.b. a 100 g.
Neo Mentadent P (Gibbs Dental Division): dentifricio medicato disinfettante antiplacca, svolgerebbe
un’azione preventiva ritardando e riducendo la formazione della placca. Composizione:
Citrato di zinco: 0,5 g.
Triclosan: 0,2 g.
Monofluorofosfato di sodio: 0,85 g.
α-allumina triidrata: 50 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
14.9 Altri principi attivi
Arscolloid (SIT): è un dentifricio che contiene 3,3'-diacetilamino-4,4'diossiacetato arsenobenzolo sale
sodico ed argento proteinato al 70% in argento (argento colloidale).
Bergamon dentifricio (Bergamon): è un prodotto contenente bromociprofene ed essenza di
bergamotto.
Cepacol (Lepetit): è un dentifricio che aiuta a combattere e a rallentare la formazione della placca
batterica, inoltre protegge senza graffiare lo smalto ed è coadiuvante nella prevenzione della carie.
Composizione:
Alchil-dimetilbenzil ammonio saccarinato: 0,1 g.
Monofluorofosfato di sodio: 1 g.
Calcio fosfato bibasico: 45 g.
Metile p-idrossibenzoato: 0,1 g.
Glicerina: 4 g.
Sorbitolo soluzione: 15 g.
Aromatizzante: 1,5 g.
Sodio carbossimetilcellulosa: 1,4 g.
Silice colloidale: 1 g.
Sodio laurilsolfato: 1,6 g,
Saccarina sodica: 0,14 g.
Acqua depurata q.b. a 100 g.
Dentival (Val): è un cosmetico per denti indicate uno o due volte a settimana per rimuovere i depositi
del tartaro, togliere le macchie del fumo e rendere i denti lucidi e brillanti. Non contiene zuccheri
cariogeni, saccarina o altri dolcificami sintetici. Composizione:
Xilitolo (sol. acq. 65%): 25%.
Calcio fosfato bibasico: 22%.
Maltitolo (sol. acq. 75%): 11,5%.
Laurilsarcosinato di sodio (sol. acq. 15%): 5%.
Aroma naturale (olio essenziale di menta ed anetolo): 1%.
Biossido di titanio (E171): 0,5%.
Gengident (Guieu): è un gengidentifricio battericida disinfettante della bocca contenente 0,3 g di
bromuro di N-cetil-1-cicloesanolo-2-ammonio.
Oligodent (Sanofi-Laboratoire Pharmygene): è una pasta dentifricia agli oligoelementi contenente
sali di fluoro (0,15% espresso in fluoro). Composizione:
Molibdato di ammonio: 0,01 g,
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Gluconato di manganese: 0,01 g.
Fluoruro di sodio: 0,115 g (corrispondenti a 50 mg di fluoro).
Monofluorofosfato di sodio: 0,750 g (corrispondenti a 100 mg di fluoro).
Anetolo: 0,5 g.
Biossido di titanio (E 171).
Eccipienti q.b. a 100 g.
Parogencyl bi-actif (Laboratori Farmaceutici Goupil): è un dentifricio che grazie alla sua formula
dovrebbe ridurre la sensibilità gengivale e aumentare la resistenza delle gengive. Viene indicato per i
problemi gengivali di sanguinamento, ritrazione, sensibilità, infiammazione e dolore. Dovrebbe favorire
inoltre l’eliminazione della placca batterica e la disgregazione del tartaro. Composizione:
Permethol (metilesculetolo monoetanoato di sodio): 0,25 g.
Provitamina B5: 1,0 g.
Allantoina: 0,01 g.
Benzoato di sodio: 4,0 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Il permethol, o fattore vitaminico P, è un composto in grado di diminuire la permeabilità capillare facendo
regredire gli edemi, ripristinare la resistenza dei capillari e far diminuire il sanguinamento gengivale. La
provitamina B5 aumenta la troficità dei tessuti, evita il degrado del tessuto connettivo gengivale ed
accelera il rinnovamento dell’epitelio gengivale. L’allantoina è emolliente e lenitiva attiva nel processo di
cicatrizzazione. Il benzoato di sodio è un antitartaro. Nelle specifiche si consiglia di sciacquare bene
dopo l’uso.
Pasta del Capitano “Formula originale” (Ciccarelli); è una pasta dentifricia particolarmente
aromatizzata. Composizione:
Olio essenziale di menta piperita: 1,1%.
Anetolo; 0,54%.
Mentolo: 0,20%.
Coloranti CI 45430 e 47005.
Pioral pasta dentifricia (Teofarma): contiene nella formulazione metil-isopropil-cloro-ossilcicloesatriene e viene indicato per la piorrea alveolare e le affezioni della bocca. Composizione:
Metil-isopropil-cloro-ossil-cicloesatriene: 0,03%.
Sodio solforicinato: 3,5%.
Eccipiente aromatizzato q.b. a 100 g.
Sanogyl bianca (Berna): è un dentifricio per la prevenzione dei processi infiammatori delle gengive,
della formazione del tartaro e della placca batterica dentale. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,76%.
Acetarsolo sodico: 0,56.
Carbossimetilcellulosa sodica: 1,20%.
Olio di vaselina: 0,5%.
Silice colloidale: 1,30%.
Para-idrossibenzoato di metile: 0,15%.
Fosfato bicalcico stabilizzato: 42,5%.
Ossido di titanio (E171): 0,5%.
Glicerina: 15%.
Miscela aromatica: 1%.
Laurilsolfato di sodio: 1,75%.
Acqua depurata: 34,78%.
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15. Dentifrici naturali ed omeopatici
Sono delle paste dentifricie, spesso vendute esclusivamente nelle erboristerie, caratterizzate dalla
presenza di principi attivi ottenuti dalla lavorazione di piante le cui proprietà terapeutiche vengono
descritte nella farmacopea o fanno parte delle tradizioni della medicina popolare. I componenti, sia quelli
vegetali che quelli minerali, sono per la maggior parte naturali, cioè non ottenuti industrialmente
mediante sintesi o modificazioni chimiche.
Questo tipo di prodotti viene frequentemente indicato per soggetti sottoposti a terapia omeopatica.
15.1 Componenti vegetali
I componenti estratti dalle piante si trovano generalmente sotto forma di:
a) oli: essenze o sostanze aromatiche; si ricavano da fiori, semi e frutti;
b) tinture madri: sono soluzioni di principi attivi ad uso industriale; si ricavano da fiori, foglie, radici e fusti;
c) estratti: sono soluzioni concentrate ad uso erboristico; si ricavano da fiori, foglie, radici c fusti;
d) balsami: resine, acidi aromatici, essenze; si ricavano dal tronco, dalla corteccia e dal fusto;
e) coloranti: si ottengono dalla triturazione di diverse parti.
15.2 Componenti non vegetali
I principali componenti di natura minerale contenuti in questo tipo di dentifrici sono:
a) argilla: composta da silicati di alluminio idrati di vari colori, viene utilizzata per le sue proprietà
abrasive, pulenti e terapeutiche; non è schiumogena;
b) sale marina: è formato essenzialmente da cloruro di sodio e di potassio, stimola la salivazione;
c) sali minerali: formano la pasta base; i più comunemente usati sono il bicarbonato di calcio, il fosfato di
zinco e il fosfato bicalcico;
d) glicerina: è un alcool poliossidrilico che si ottiene dalla saponificazione dei trigliceridi; viene utilizzato
principalmente come diluente della pasta base.
15.3 Peculiarità
Rispetto ai normali dentifrici, quelli cosiddetti naturali presentano le seguenti caratteristiche:
1) in generale i dentifrici naturali venduti esclusivamente in erboristeria non contengono schiumogeni;
spesso in questi casi nella formulazione è presente l’argilla che è un ottimo detergente naturale;
2) la maggior parte di queste paste dentifricie è a bassa abrasività. Questa proprietà dipende dalla
finezza dell’argilla selezionata o dall’utilizzazione del monofluorofosfato di sodio;
3) i coloranti utilizzati sono esclusivamente naturali (azulene, sanguinarina, ecc.);
4) i dolcificanti, se presenti, sono esclusivamente di tipo dietetico;
5) i conservanti, se contenuti, sono quelli ammessi dalla CEE, ma spesso non sono presenti nella
formulazione, che in questi casi è ermeticamente sigillata;
6) le modalità d’uso sono spesso specificate; si consiglia solitamente, dopo aver spazzolato con cura i
denti, di mantenere il dentifricio in loco, per 5-10 minuti, al fine di consentire un maggior assorbimento
del principio attivo. Alcune volte viene suggerita l’utilizzazione di acqua tiepida;
7) molti dei dentifrici naturali sono omeopatici, ne viene cioè consigliata l’utilizzazione, in quanto non
interferisce con l’azione di farmaci omeopatici eventualmente assunti;
8) spesso ad un prezzo molto elevato non corrisponde un’effettiva qualità del prodotto o almeno
un’efficacia in qualche modo determinabile.
15.4 Prodotti contenenti argilla
L’argilla èi una roccia ricca di sali minerali molto utili: vi predominano la silice (circa il 50%), l’allumina
(circa il 10%), e piccole quantità di sali di ferro, titanio, magnesio, potassio, sodio che vengono
considerate impurezze. A seconda del tipo di impurezze contenute si può trovare in varie tinte: rossa,
verde, bianca e gialla; la migliore da un punto di vista terapeutico è però la verde, perchè contiene meno
impurità ed è più ricca di silice e ferro bivalente. Viene utilizzata in medicina per le sue proprietà
antisettiche e antitossiche (è infatti un ottimo disintossicante naturale). Nelle cure per uso esterno viene
applicata sulla parte malata sotto forma di cataplasma (per pelli delicate si consiglia di usare l’argilla
bianca o al massimo quella verde), mentre per uso interno la dose media è di due cucchiaini da caffè in
80 g di acqua, una volta al giorno.
Nella formulazione dei dentifrici si utilizza la polvere di argilla bianca o verde, spesso in una forma
detta ventilata, che è una polvere finissima e impalpabile di argilla essiccata naturalmente al sole. Per
non irritare i tessuti della bocca con fenomeni di abrasione, l’argilla deve essere molto grassa e non
sabbiosa.
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Bital-Special (Argital): è una pasta dentifricia costituita da gel di argilla verde ventilata, propoli,
estratto delle radici di ratania, estratto delle bacche di rosa canina, sale marino, clorofilla, oli essenziali di
salvia o merita. Il gel di argilla, cioè la parte più fina dell’argilla che si scioglie in acqua, è ricco di
oligoelementi quali: magnesio, ferro, calcio, sodio, potassio, ecc.; ed inoltre avendo potere abrasivo
nullo, non dovrebbe provocare alcun effetto indesiderato sullo smalto dei denti. Non contiene
schiumogeni, poichè l’argilla è un ottimo detergente naturale ed è disponibile al gusto di menta o salvia.
Bital-Dentie (Argital): è un dentifricio al dentie e propoli. Ne viene indicato l’uso intercalato ad un’altro
prodotto della stessa casa, il Bital-Special, per ottenere denti particolarmente puliti. I principi attivi che lo
compongono deriverebbero tutti da sostanze naturali; argilla bianca ventilata essiccata al sole, dentie
(ovvero ceneri di melanzane e sali marini), propoli, sale marino, una miscela di oli essenziali di menta,
eucalipto e anice. Non contiene schiumogeni, poichè l’argilla è un ottimo detergente naturale, nè
coloranti ed è disponibile al gusto di menta. Composizione:
Argilla bianca ventilata essiccata al sole: 30%.
Dentie: 10%.
Estratto gli colico: 20%.
Estratto di propoli: 1,25%.
Olio essenziale di merita: 1,2%.
Eccipienti.
Bital-Flowers (Argital): è un dentifricio indicato per la sua azione delicata e per un gusto molto
aromatico dovuto al bouquet di oli essenziali in esso contenuti. Contiene: gel di argilla verde ventilata
essiccata al sole, propoli, estratti di radici di ratania e di bacche di rosa canina, sale marino, clorofilla e
un bouquet di oli essenziali provenienti da numerose piante (cannella, chiodi di garofano, menta, anice,
limone, eucalipto e timo).
Dentifricio argilla e propoli (Docteur Nature): è un prodotto contenente argilla al 6% e propoli.
15.5 Prodotti contenenti propoli
Il termine propoli ha un’origine latina ed avrebbe il significato di “ciò che ha la funzione (pro) di pulire
(polire)". È comunque certo che la conoscenza delle proprietà terapeutiche della propoli da parte
dell’uomo risale a molti secoli prima di Cristo; era sicuramente utilizzata dai sacerdoti dell’antico Egitto
per curare i malati e conservare le spoglie dei faraoni.
La propoli, da quando è entrata a far parte della medicina popolare (e ai giorni nostri della medicina
naturale ed omeopatica), è sempre stata assunta nelle forme più disparate. Abbiamo avuto così gli
estratti idroalcolici, quelli glicolici, le compresse più o meno miscelate con altri principi attivi ed eccipienti,
gli sciroppi, i dentifrici e i collutori.
La propoli deriva da sostanze di natura resinosa che vengono prodotte da alcune piante per rivestire
le gemme, gli apici vegetativi ed alcune parti della corteccia. Viene raccolta dalle api appositamente per
chiudere gli spazi e le fessure che vi sono da una parte all’altra dell’arnia, e per ridurre le dimensioni
dell’apertura d’ingresso dell’alveare stesso in vista dell’inverno.
Le api raccolgono questa resina mediante le mandibole direttamente dalle gemme di diverse piante;
viene dapprima lavorata, impastata con saliva e cera, e successivamente portata all’alveare in forma di
pallottoline nelle cestelle delle zampe posteriori. La composizione della propoli raccolta nell’alveare è
riportata in tabella 15.1.
Nel mostro paese, le principali specie arboree conosciute come produttori di propoli sono:
1) varie specie di conifere (pino, abete, abete rosso, ecc.);
2) moltissime specie di pioppi (che pare siano la più importante fonte di approvvigionamento a cui si
rivolgono le api), ontano, salice, ippocastano, betulla, susino, frassino, quercia ed olmo.
Tabella 15.1
Composizione della propoli
50-55% di resine e balsami vari
25-35% di cera
10-11% di oli essenziali e sostanze volatili
4,4-5,5% di polline
5-6% di materiali organici e minerali diversi
La raccolta della propoli da parte delle api avviene durante tutto il periodo che va dalla primavera
all’autunno, rallentando durante il periodo della grande fioritura, in quanto gli animali sono occupati nella
raccolta del nettare e del polline.
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La propoli sembra dotata di notevoli proprietà batteriostatiche o battericide, fungicide, anestetiche,
antinfiammatorie e cicatrizzanti. Possiede inoltre capacità antiossidanti ed è un fitoinibitore.
Antica Erboristeria “Salvia e menta” (Nobel Consumer Goods): contiene gli estratti di alcuni
ingredienti naturali conosciuti in erboristeria per le loro doti protettive verso i denti e le gengive. lnfatti
sono note da tempo le proprietà della salvia di pulire lo smalto senza aggredirlo, di essere astringente e
di tonificare le gengive. La presenza della menta avrebbe invece la funzione di purificare e rinfrescare
l’alito. Composizione:
Estratto idroglicolico di salvia (4:1): 1,06 g.
Estratto glicolico di propoli (4:1): 0,45 g.
Aroma composto di menta e salvia: 1,4 g.
Addensante vegetale: 1,3 g.
Sali minerali naturali: 27,5 g.
Argilla naturale: 2,5 g.
Eccipiente edulcorato: 36,73 g.
Acqua distillata purificata q.b. a 100 g.
Nelle specifiche viene riportato che la pasta, colorata con due colori naturali, la clorofilla e l’azulene,
potrebbe presentare delle leggere variazioni del colore senza per questo che la ricetta perda le sue
caratteristiche.
Bital-Flowers (Argital): vedi paragrafo 15.4.
Dentifricio argilla e propali (Docteur Nature): prodotto contenente argilla al 6% e propoli.
Dentin propoli (Erbafarmacosmetica): è un dentifricio contenente propoli.
Herbal “Pasta dentifricia alla propoli” (Natura Holding): la sua efficacia viene attribuita ad un
complesso attivo costituito da liquirizia, tormentilla e tiglio, e alla presenza della propoli, che è una
sostanza con notevoli proprietà batteriostatiche. Composizione:
Fosfato bicalcico.
Agenti umettanti.
Laurilsolfato sodico.
Complesso attivo o attivodent: 2% (acido 18-β-glicirretico, estratto di tormentilla, estratto di tiglio).
Propoli grezza: 1,35%.
Olio essenziale di menta forte: 0,7%.
Olio essenziale di anice: 0,5%.
Conservanti ammessi dalla CEE.
Homèogencil (Dolisos): è un dentifricio omeopatico indicato per prevenire la formazione della placca
batterica ed esercitare un’azione disinfettante a livello delle gengive. Contiene: la tintura madre di propoli
(0,25%) che ha proprietà battericide, antinfiammatorie e cicatrizzanti; la tintura madre di timo serpillo
(0,25%) che è un ottimo antisettico; la tintura madre di calendula officinale (0,5%) che è un
antinfiammatorio con potere cicatrizzante, in particolare a livello gengivale.
Proporal (Biomedical): è un prodotto a base di principi attivi naturali quali la propoli, l’argilla e varie
essenze, indicato per l’igiene quotidiana.
Steriseptik (Physio-Istituto Ricerche Biologiche): è un prodotto contenente propoli e fluoro.
Composizione:
Estratto di propoli: 1%.
Cetilpiridinio cloruro: 0,5%.
Sodio monofluorofosfato: 0,85%.
Eccipienti, tensioattivi, essenze, edulcoranti q.b. a 100 g.
Vegeto Dentyl (Donovis-Di Donato): è un prodotto per l’igiene dei denti a base di piante fresche,
indicate per soggetti sotto terapia omeopatica. L’associazione di argilla e propoli dovrebbe procurare alla
gengiva un particolare benessere. Contiene: Matricaria chamomilla, iperico, calendula, propoli, argilla,
clorofilla, allantoina ed inoltre fluoro sotto forma di due composti (fluoruro e monofluorofosfato di sodio).
15.6 Prodotti contenenti sanguinarina
La sanguinarina è un derivato vegetale attualmente impiegato, sotto forma di collutorio e di
dentifricio, come agente antiplacca e antigengivite. Il farmaco è un alcaloide naturale, così chiamato
perchè estratto da una pianta erbacea perenne nativa del Nordamerica: la Sanguinaria canadensis, della
famiglia delle Papaveracee, il cui nome deriva dal colore rosso sangue delle radici. I componenti
principali del rizoma, che è la parte della pianta utilizzata per la sua preparazione, sono alcuni alcaloidi,
l’acido malico, l’acido cianidrico, l’amido, la resina e diverse sostanze coloranti.
L’estratto di sanguinarina è una miscela di circa sei alcaloidi benzofenatridinici, di cui la sanguinarina
è il principale, e quindi la biochimica di tutti questi composti, gli equilibri dinamici tra le forme acide e
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basiche e la farmacocinetica della miscela debbono essere ben presenti quando l’estratto viene
utilizzato per la formulazione di dentifrici e collutori.
Oggi l’estratto di sanguinarina viene isolato dal rizoma e dalle radici secche con un processo che
coinvolge inizialmente un’estrazione in alcool acido, seguito da vari stadi di purificazione e da una
precipitazione salina.
Gli alcaloidi hanno attività antimicrobica, antifunginea ed antinfiammatoria, inibiscono il
riassorbimento osseo e il rilascio di istamina da parte dei mastociti.
Dalle numerose ricerche effettuate per valutare l’azione antiplacca dei dentifrici contenenti
sanguinarina possono essere ricavate diverse interessanti osservazioni. La ritenzione dell’alcaloide nella
placca, ad esempio, può essere aumentata innalzando il valore del pH (ovvero utilizzando una pasta
base che rende la soluzione molto alcalina), oppure utilizzando come abrasive la silice. I fluoruri non
sembrano invece influenzare la ritenzione della sanguinarina nella placca.
L’estratto di sanguinarina è stato utilizzato in passato in alcuni prodotti farmaceutici come tinture,
espettoranti e per il trattamento di infezioni topiche; la sua efficacia nei confronti della placca venne
scoperta verso la fine degli anni ’70.
Tabella 15.2
Composizione dell’estratto di sanguinarina
Componenti
% in peso
Sanguinarina
37-40
Cheleritrina
16-18
7-9
Sanguilutina
3-5
Chelilutina
Chelirubina
3-4
Sanguirubina
0,5-1
Zinco
4-6
4-6
Sodio
Cloruri
14-17
Acqua
2-3
Residui insolubili
0,1-1
La sanguinarina svolge un’azione molto irritante sui tessuti con i quali viene a contatto. È chimicamente attiva perchè contiene un radicale aminico libero, necessario affinchè essa possa essere ritenuta
dalla placca, la quale in tal modo viene inibita; una volta fissata stabilmente sulla placca, essendo
fluorescente, si evidenzia facilmente con l’aiuto di una sorgente di raggi ultravioletti. Una minima quantità
di sanguinarina è contenuta normalmente nella saliva: in misura sufficiente per ridurre l’attività glicolitica
della saliva stessa, ma non abbastanza per agire efficacemente sulla placca.
L’inibizione della formazione della placca da parte della sanguinarina sembra dovuta all’effetto
esercitato sull’aderenza dei batteri alla pellicola acquisita, il che rende possibile una migliore rimozione
della placca dalla superficie dentale da parte dell’azione meccanica della saliva e della normale attività
muscolare.
L’attività della sanguinarina sarebbe legata alla presenza di recettori, e quindi potrebbe essere
attribuita anche al fatto di concentrarsi nella placca stessa, dove svolgerebbe un’attività antibatterica
(soprattutto sulla flora gramnegativa sottogengivale).
Come già accennato, questa sostanza è risultata particolarmente efficace nell’inibire la glicolisi
salivare (cioè la trasformazione del glucosio in acido lattico, che è uno dei principali fattori implicati nella
formazione della placca e delle carie); inoltre, inibendo Io sviluppo dei composti volatili dello zolfo, è
attiva nel migliorare l’alitosi.
In una pasta dentifricia la concentrazione ottimale di questo agente disinfettante si aggira intorno ai
sedici microgrammi per millilitro.
Dentosan-S (Parke-Davis): dovrebbe rallentare la formazione della placca e contribuire a prevenire
la carie e l’alitosi. Contiene il 2% di estratto fluido di Sanguinaria canadensis, lo 0,8% di monofluorofosfato di sodio (che è un agente remineralizzante delle smalto dentale e protettivo dell’ipersensibilità
dentinale), il 3% di xilitolo, cloruro di zinco (che è un astringente e protettivo dell’ipersensibilità
dentinale), essenze selezionate, eccipienti, conservanti e stabilizzanti.
Eudent (Kemiprogress): è un prodotto indicato contro la placca dentale (azione antiplacca) e per la
sua azione protettiva nei riguardi delle gengive (azione decongestionante), in quanto contiene glysan,
un’associazione di acido 18-β-glicirretico ed estratto di Sanguinaria canadensis, brevettato nei paesi
CEE. La sanguinarina ha la funzione di rallentare la formazione della placca mentre l’acido 18-β-
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glicirretico dovrebbe svolgere un’azione protettiva e lenitiva sui tessuti gengivali contribuendo a
rinforzarli. Inoltre la forma fitosomica presente nel dentifricio, grazie alla maggiore compatibilità con la
membrana cellulare della mucosa orale, dovrebbe incrementare la rapidità d’azione dell’acido 18-βglicirretico e prolungarne la durata.
Periogard “Formula al fluoro Veadent” (Colgate-Palmolive): è un prodotto sviluppato in
collaborazione con Veadent e consigliato per l’azione antibatterica dovuta alla presenza della
sanguinarina. Viene indicato come coadiuvante contro infiammazioni, sanguinamento delle gengive ed
alitosi. La sua efficacia sarebbe dovuta ad un sinergismo di azioni: riduzione dell’adesività batterica alle
superfici dentali, riduzione della formazione di placca ed elevata attività antibatterica. La sua
formulazione contiene estratto di sanguinarina 0,75% e monofluorofosfato di sodio 0,8%.
Smile fresh 2 (Omit Laboratori): è un dentifricio indicato nei trattamenti omeopatici come coadiuvante
nella prevenzione della placca dentale. Contiene: tinture madri (1:10) di Calendula officinalis allo 0,3% e
Sanguinaria canadensis allo 0,3%.
Veadent (Pharmaceutical Service): contiene sanguinarina e avrebbe quindi un’azione combinata
coadiuvante contro la placca e l’alitosi; è inoltre un efficace rivelatore di placca con luce ultravioletta.
Composizione: estratto di sanguinarina 0,03%, fosfato bicalcico, sorbitolo, biossido di titanio, cloruro di
zinco, polisorbato 80, laurilsolfato di sodio, sodio saccarina, acido citrico, metil paraben.
15.7 Prodotti contenenti estratti vegetali
Sono tutti quei dentifrici che contengono come principi attivi sostanze estratte da vegetali.
Generalmente questi composti vengono aggiunti sotto forma di tinture (o tinture madri), che sono dei
preparati farmaceutici liquidi ottenuti per azione di vari solventi su droghe di natura vegetale,
precedentemente essiccate in modo tale che il loro contenuto d’acqua non superi il 10%. In relazione al
solvente impiegato possiamo distinguere: tinture acquose, alcoliche (o alcooliti), eteree, ecc.
Oltre a principi attivi di provenienza vegetale, questi dentifrici possono contenere altre sostanze
particolari come il sale marino, l’azulene o gli estratti di alghe marine.
Il sale marino (NaCl-KCI) si può trovare in natura in due forme: solido sotto forma di cristalli di
salgemma, oppure disciolto nell’acqua di mare con una percentuale media di 20-40 kg per m3. È un
antisettico e viene anche utilizzato per preparare soluzioni fisiologiche o isotoniche. Nel caso dei
dentifrici, il sale marino ha la funzione di stimolare la salivazione e quindi i naturali meccanismi di difesa
del cavo orale (vedi capitolo 7).
Il guaiazulene o azulene o 1,4-dimetil-7-isopropilazulene è un composto che sembra avere proprietà
antiallergiche, antinfiammatorie, antipiretiche ed antileprotiche. Si estrae dai fiori di un tipo di camomilla:
la Chamomilla recutita.
Le alghe marine appartengono al gruppo delle tallofite clorofillacee, piante crittogame che, per la loro
ricchezza in proteine e idrati di carbonio, sono notevolmente utilizzate in agricoltura, in cosmetica, e
come elementi integranti fitoterapici. Sono i vegetali commestibili in assoluto più ricchi di iodio e questo
spiega perchè le alghe rendono più veloce il metabolismo bruciando rapidamente i lipidi e accelerando il
dinamismo biologico cellulare. La composizione biochimica delle alghe ha anche una specifica azione
disintossicante: l’acido alginico è infatti in grado di impedire l’assorbimento da parte dell’organismo di
metalli tossici. Sono inoltre molto ricche di bromo, ferro, vitamina E e provitamina A, C e K.
A-Micos dentifricio (A-Micos): è un dentifricio all’amido di riso, indicato come lenitivo per gengive e
preventivo della placca e della carie dentale. Composizione:
Amido di riso: 35%.
Glicerina: 10%.
Laurilsarcosinato di sodio: 1,5%.
Idrossietilcellulosa: 1,5%.
Aroma di fragola, vaniglia o menta: 0,6%.
Fluoruro di sodio: 0,3%.
Potassio sorbato: 0,3%.
Saccarinato di miristildimetilbenzilammonio: 0,2%.
Saccarinato di sodio: 0,1%.
Antica Erboristeria “Erbe Forti” (Nobel Consumer Goods): è un prodotto contenente estratti di varie
erbe ed una quantità di fluoro che è quella naturalmente presente nei vegetali utilizzati; viene indicato
per aiutare a prevenire la formazione del tartaro. Composizione:
Estratto idroglicolico di salvia (4:1): 0,6 g.
Estratto glicolico di taro (4:1): 0,4 g.
Estratto idroglicolico di ratania (20:1): 0,4 g.
Aroma agli oli essenziali di menta: 1,3 g.
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Addensante vegetale: 0,5 g.
Sali minerali ed argilla naturale: 24,5 g.
Eccipiente edulcorato: 65,66 g.
Acqua distillata purificata q.b. a 100 g.
L’azione combinata di salvia, ratania e taro dovrebbe essere un valido aiuto per combattere le principali
cause del tartaro. La salvia pulirebbe lo smalto senza aggredirlo, la ratania aiuterebbe a prevenire la
formazione della placca, mentre l’estratto di taro avendo un contenuto di fluoro ionico naturale pari a 3
ppm, avrebbe un’azione rinforzante dello smalto dentale.
Broxo din gel (Cabon): è un gel antisettico indicato per il trattamento di gengive irritate e facili alla
sanguinazione. Contiene clorexidina digluconato allo 0,2% in associazione con estratto di malva e
camomilla.
Dentie (Reform-ki): è un dentifricio naturale a base di dentie (che è un carbone vegetale), o meglio di
ceneri ottenute dalla combustione delle melanzane. Contiene: caolino (un’argilla naturale molto fine),
dentie (una miscela di ceneri di melanzane e sali marini), cellulosa di alghe (proveniente da vegetali
marini Fu-Nori), glicerina ed essenza naturale di menta piperita.
Email Diamant (Laboratories Email Diamant; Pierre-Fabre): è una pasta dentifricia di color rosso
indicata per la pulizia delle smalto. Il suo uso quotidiano dovrebbe eliminare le tracce di nicotina, te,
caffè e alcool. Contiene: glicerina, rosso di cocciniglia, carbonato di calcio e oli essenziali.
Fito-Stomygen (Stomygen): è un gengidentifricio alle erbe. Composizione:
Estratti glicolici:
fiori di calendula; 82 mg;
fiori di Chamomilla matricaria: 121 mg;
fiori e foglie di malva selvatica: 165 mg;
foglie di Hamamelis virginiana: 142 mg;
foglie di salvia: 118 mg.
Pasta gengidentivale Stomygen q.b. a 100 g.
Herbal “Pasta dentifricia argilla e salvia" (Natura Holding): è una formulazione contenente, come
principi attivi, liquirizia, tormentilla e tiglio. La soluzione dei principi attivi viene ottenuta con un
procedimento di omogenizzazione a freddo, al fine di preservarne l’integrità. Composizione:
Fosfato bicalcico.
Agenti umettanti.
Laurilsolfato sodico.
Complesso attivo o attivodent: 2% (acido 18-B-glicirretico, estratto di tormentilla e di tiglio).
Argilla verde essiccata al sole: 2%.
Olio essenziale di salvia: 0,63%.
Estratto di salvia (d:e 1:2): 0,2%.
Conservanti ammessi dalla CEE.
La protezione dei denti e delle gengive dovrebbe essere assicurata, oltre che dal complesso attivo,
anche dalla presenza di oli essenziali purissimi che agirebbero in sinergia per una completa azione
orale. La pasta dentifricia viene descritta come particolarmente efficace per la sua azione normalizzante,
astringente sulle gengive, protettiva e pulente per i denti. L’azione del complesso attivo sarebbe inoltre
integrata da quella pulente dell’argilla e rinfrescante della salvia.
Isodent (Piave): prodotto ad elevato potere detergente che viene indicato per una razionale igiene
dei denti e delle gengive, e che dovrebbe contribuire a prevenire la carie. Contiene estratto di menta
all’1%, cannella allo 0,1% ed eucalipto allo 0,1%.
Nuovo Squibb (Squibb): è una pasta dentifricia contenente monofluorofosfato di sodio e gli estratti
naturali di cinque erbe (malva, salvia, melissa, tormentilla e rosmarino) conosciute fin dall’antichità per le
loro proprietà terapeutiche, e riscoperte quali coadiuvanti di una corretta igiene orale preventiva.
Omeobital (Argital): è un dentifricio contenente gli estratti di varie erbe che viene indicato come
compatibile con il trattamento omeopatico. Composizione:
Olio essenziale di anice: 1%.
Olio essenziale di limone: 0,5%.
Gel di argilla verde ventilata essiccata al s0le,
Sale marino.
Estrarti vegetali;
fiori di camomilla;
fiori di calendula;
foglie di malva;
bacche di rosa canina;
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radice di ratania.
Parodontax (Madaus): è una pasta dentifricia che non contiene principi attivi sintetici, ma solo
purissimi estratti di sei piante officinali, selezionate per le loro riconosciute proprietà (estratto di
Echinacea purpurea, tintura di ratania, tintura di mirra, olio di salvia, tintura di camomilla, olio di menta
piperita). Grazie alla presenza, nella sua composizione, di bicarbonato di sodio perfettamente solubile,
perchè micronizzato attraverso un particolare procedimento, la pasta dovrebbe possedere una
bassissima abrasività. Non fa schiuma ed usato quotidianamente dovrebbe contribuire attivamente alla
prevenzione della placca batterica.
Pasta del Capitano “Neo fluorgel" alla Centella asiatica (Ciccarelli). Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,5%.
Fluoruro di sodio: 0,1%.
Olio essenziale di menta piperita: 0,7%.
Anetolo: 0,3%.
Mentolo: 0,37%.
Centella asiatica fitosoma: 0,1%.
Colorante CI 42051.
Pasta dentifricia Calendula (Natura Holding): è un prodotto indicato per soggetti sottoposti a cure
omeopatiche. Nella sua formulazione sarebbero state impiegate delle materie prime selezionate e
finissime. Composizione:
Carbonato di calcio.
Glicerina.
Texapon.
Estratto glicolico (d:e 1:1) di calendula: 0,92%.
Amamelide.
Piantaggine.
Acido 18 β glicirretico.
Essenza di anice.
Eccipienti.
Pasta dentifricia Carlo Erba (Farmitalia): contiene estratti di cannella, garofano, malva, menta, salvia,
trimetilcetilammonio p-toluensolfonato, monofluorofosfato di sodio e xilitolo.
Pasta dentifricia Midani (Midani Erbe): è un prodotto nel quale la presenza della tintura di ratania
(5:1, 1%) ed un calibrato dosaggio di oli essenziali (geranio bourbob, timo, salvia, rosmarino, finocchio
dolce, cannella, chiodi di garofano, menta piperita, anice e limone della Sicilia 1%) dovrebbero conferire
alla pasta, per le loro proprietà astringenti e purificanti, un’efficace azione igienica soprattutto in senso
preventivo. Contiene come edulcorante naturale il miele rosato allo 0,5%.
Salviatimol (SIT): prodotto indicato come disinfettante per l’igiene quotidiana del cavo orale.
Composizione:
Timolo: 0,0375 g.
Eugenolo: 0,15 g.
Guaiazulene: 0,225 g.
Eccipienti q.b. a 100 g.
Sbiancodent (Milanfarma): pasta indicata per la sua azione plurivalente, ovvero come rinfrescante,
pulente e per l’igiene quotidiana dei denti. Composizione:
Olio essenziale di menta piperita: 0,32 g.
Mentolo: 0,32 g.
Anetolo: 0,16 g.
Aromi naturali: 0,80 g.
Tau-marin gel dentifricio alle erbe (Avantgarde): è un dentifricio gel contenente fluoro e gli estratti di
14 erbe, ciascuna con specifiche proprietà. La formulazione è esente da carbonati e fosfati, e quindi
caratterizzata da un basso indice di abrasività. Viene indicato come coadiuvante nella prevenzione della
carie e dell’alitosi. Composizione:
Estratti vegetali: 0,48% (mirra, tiglio, amamelide, malva, alghe marine, salvia, edera, rosmarino,
elicriso, garofano, tormentilla, limone, camomilla, cinnamomo).
Estratto acquoso di fiori di camomilla (1:10): 0,1%.
Estratto glicolico di alghe marine (4:1); 0,05%.
Estratto glicolico di malva (1,5:1): 0,1%.
Estratto glicolico di salvia (2:1): 0,1%.
Monofluorofosfato di sodio; 0,125% (in ioni fluoro).
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Vademecum fluor et plantes (Coparel Vademecum): è un dentifricio che dovrebbe aiutare a
combattere le irritazioni, i gonfiori, la debolezza delle gengive e inoltre, grazie alla presenza del fluoro,
prevenire la formazione della carie. Composizione:
Monofluorofosfato di sodio: 0,8 g (corrispondenti a 0,1 g di fluoro puro).
Estratti vegetali: 2,62% (melissa, timo, garofano, camomilla, menta).
Eccipienti q.b. a 100 g.
Vicco Vajradanti (Vicco Products, India): è un dentifricio naturale ottenuto miscelando venti differenti
erbe, radici, piante e fiori ben note da secoli nella letteratura ayurvedica per le loro qualità sbiancanti e
ad azione gengivale antiplacca. Le differenti erbe presenti, che vengono raccolte in particolari periodi
dell’anno allo stato selvatico ad altitudini differenti, dovrebbero donare al prodotto un’azione sbiancante,
rinfrescante, astringente e rinforzante. Il suo uso quotidiano viene inoltre consigliato nella prevenzione
delle affezioni dentali, gengivali e degli altri tessuti paradentali. Nelle specifiche viene riportato che, data
la concentrazione dei principi attivi, è sufficiente applicare una piccola dose in pasta e/o in polvere su
uno spazzolino inumidito, o direttamente con l’indice della mano sui denti e gengive massaggiando
delicatamente. Composizione: radice di liquirizia, ribes, giuggiola, noce persiana, barleria prinoitis
(corteccia), quercia asiatica (frutto), frassino spinoso, mandorla indiana, salsaparigla (radice), acacia
arabica (corteccia), brasiletto verzino (pianta), nespola indiana, cannella, gomma arabica (corteccia),
robbia bengalese, piretro (radice), timolo, triphala (frutti di mirabolano chebulo, belerico ed emblico),
gramigna di maggio.
Weleda Mundwasser dentifricio liquido (Amos): contiene diverse sostanze in forma dinamizzata, oltre
all’estratto di mirra e ratania e puri oli eterei di salvia, eucalipto, menta, ecc., con le loro proprietà
aromatiche, tonificanti e rinfrescanti.
Weleda Sole-Zahncreme dentifricio solubile (Amos): è un dentifricio contenente una combinazione di
sali completamente solubili che agirebbero da corpi pulenti dando inoltre un gusto saline totalmente
diverso dal sapore dolciastro di molte altre paste dentifricie e che è dato spesso dalla presenza della
menta piperita. Questo dentifricio solubile viene prodotto senza sostanze conservanti, nè additivi
schiumogeni; la combinazione di sali completamente solubili favorirebbe la pulizia della cavità orale
grazie ad una maggiore salivazione, che aiuterebbe cosi l’autopulizia fisiologica. Al contrario di altri
dentifrici va usato sullo spazzolino asciutto o leggermente inumidito. Tutte le sostanze contenute nel
dentifricio solubile Weleda, secondo la casa produttrice, sarebbero state sottoposte a particolari
lavorazioni. Le principali sostanze vegetali in esso contenute sono:
a) estratto di radice di ratania, proveniente dal Sudamerica, che tra le altre proprietà conferisce alla
pasta il colore rosso;
b) resina estratta dalla corteccia dell’albero di mirra, originario dell’Africa, ampiamente impiegata fin
dall’antichità;
c) estratto di ippocastano e prunello.
Weleda Zahncreme crema dentifricia (Amos): contiene gli stessi componenti del dentifricio liquido
elaborati con finissimo carbonato di calcio come eccipiente.
Weleda Zahfleisch-balsam pasta gengivale (Amos): è una asta dentifricia vegetale indicata per
gengive sensibili. Composizione:
Infuso di salvia (1:0,2): 10%.
Decotto di consolida (1:0,2): 16,25%.
Tintura di mirra (1:0,05): 1,3%.
Estratto fluido di ratania (1:1): 1,08%.
Oli eterei: 0,12%.
Nitrato di argento: 0,1%.
Fluoruro: 0,1%.
15.8 Piante i cui principi attivi sono utilizzati in odontoiatria
Oltre a quelle da cui vengono estratti i principi attivi, utilizzati per la formulazione dei dentifrici naturali
ed omeopatici, vengono anche riportate alcune piante ben note fin dall’antichità per le loro proprietà
terapeutiche nei riguardi del cavo orale.
ALCHEMILLA (Alchemilla vulgaris): è una pianticella della famiglia delle Rosaceae chiamata anche
erba ventaglina o erba stella, e ben nota agli antichi alchimisti che ne ricercavano la rugiada per
trasformare i metalli in oro. Le sue foglie, particolarmente ricche di tannini, si possono usare sia in infuso
che in decotto per degli sciacqui. Indicata nel caso di gengive infiammate e sanguinanti e per lenire le
irritazioni.
AMAMELIDE (Hamamelis virginiana): alberetto della famiglia delle Hamamelidaceae. La droga, data
dalle foglie, contiene un tannoide, acido gallico, tracce di un olio essenziale, ed un principio amaro,
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l’amamelitina. Viene utilizzata come vasocostrittore nelle emottisi, emorragie, varici e come emostatico
nelle emorroidi sanguinanti. Trova largo impiego in cosmetica.
ANICE (Pimpinella anisum): pianta erbacea della famiglia delle Umbelliferae. La droga è costituita
dal frutto che contiene due principi attivi: l’anetolo e l’estragolo (oli essenziali). Viene utilizzata come
stomachico e correttivo del sapore.
CALENDULA o calendola o fiorrancio (Calendula officinalis): pianta annua della famiglia delle
Compositae. La droga è costituita dalle foglie e dai fiori, soprattutto freschi, e contiene come principio
attivo la calendulina. In campo odontoiatrico viene utilizzata essenzialmente per le sue proprietà
antisettiche e cicatrizzanti (è infatti un eccellente rimedio per le piaghe).
CAMOMILLA (Chamomilla recutita): pianta erbacea annua della famiglia delle Compositae. La droga
è costituita dalle infiorescenze, ha odore aromatico e sapore amarognolo, contiene come principio attivo
l’azulene. Viene utilizzata come blando sedativo, emolliente ed antispasmodico.
CENTELLA (Centella asiatica o Hydrocotyle asiatica): pianta della famiglia delle Umbelliferae. La
droga si ricava dalle foglie e dagli stami sia freschi che secchi e contiene acido madecassico, asiatico e
asiaticoside. Viene utilizzata in cosmesi nei casi di fragilità capillare per le sue proprietà vasocostrittrici.
EUCALIPTO (Eucalyptus globulus): albero della famiglia delle Mirtaceae originario dell’Australia.
L’olio, che si ricava per distillazione in corrente di vapore delle foglie, contiene: eucaliptolo, cineolo (6080%), pinene, canfene e tracce di aldeidi (valerianica, caproica e butirrica). Ha proprietà antisettiche,
balsamiche e anticatarrali.
FRAGOLA (Fregaria vesca): pianta perenne della famiglia delle Rosaceae. La droga è costituita
dalle foglie e dal rizoma, ha proprietà antiallergiche e astringenti; il loro decotto viene usato per fare
gargarismi che rassodano le gengive.
GAROFANO DI ZANZIBAR (Eugenia caryophylIus): albero originario delle Molucche della famiglia
delle Mirtaceae. La droga si ricava dai fiori non dischiusi moti come chiodi di garofano; dalla loro
distillazione si ottiene un olio essenziale che contiene in massima parte eugenolo (un composto con
proprietà sia antibatteriche che sedative), un sesquiterpene (il cariofillene), diversi chetoni ed aldeidi
aromatiche e vaniglina. In odontoiatria viene impiegato come solvente principale in molti cementi
provvisori e medicazioni paradontali, in vari preparati contro il mal di denti e come disinfettante in alcune
medicazioni del canale radicolare.
IPERICO (Hypericum perforatum): pianta erbacea perenne della famiglia delle Hypericaceae. Le
sommità fiorite fresche o seccate all’ombra venivano usate nella medicina popolare come antielmintico
vulnerario. Principi attivi: iperina (glucoside), iperoside (derivato polifenolico), olio essenziale.
LIMONE (Citrus limonum): alberetto sempreverde della famiglia delle Rutaceae. Il frutto è ricco di
vitamina C o acido ascorbico, un ottimo antiossidante, cioè antiradicali liberi. L’essenza di limone (olio
etereo) viene estratta dalla buccia e utilizzata come correttivo.
LIQUIRIZIA (Glycirrhiza glabra): pianta perenne della famiglia delle Papilionaceae. La droga,
ottenuta dalle radici e dagli stoloni, decorticati o non, contiene: circa l’8% di glicirrizina (un saponoside)
che per idrolisi da l’acido glicirretinico, la liquiritina, un flavonoide che per idrolisi si scinde in
liquiritegenina e glucosio da cui deriva il sapore dolciastro, l’acido glicirretico o enoxolone, l’acido
glicirretico (una sostanza in grado di diminuire il rilascio di sodio da parte dell’organismo e quindi di far
aumentare la pressione) e principi estrogeni. L’estratto o succo di liquirizia viene utilizzato come
edulcorante, emolliente, eccipiente o correttivo.
MALVA (Malva sylvestris): pianta erbacea annua della famiglia delle Malvaceae. La droga è data
dalle foglie e dai fiori che contengono molta mucillagine, glucosio, ossalato di calcio, tannino e vitamine
A, B1, C, E. Nei fiori si trovano, inoltre, un olio essenziale e un glucoside (la malvina). Ha proprietà
emollienti, addolcenti, evacuanti e diuretiche; è consigliata contro le malattie infiammatorie.
MELANZANA (Solanum melongena): pianta della famiglia delle Solonaceae di origine asiatica,
coltivata per i grossi frutti a bacca violacei o bianchi, commestibili dopo cottura. La buccia, con parte
della polpa, ha proprietà coleretiche e colagoghe; è utile per normalizzare la funzionalità del fegato,
stimola la diuresi, favorisce l’eliminazione delle scorie azotate e riduce il tasso di colesterolo nel sangue.
MELISSA (Melissa officinalis): erba perenne della famiglia delle Labiatae, detta anche cedronella o
erba limoncina per il suo gusto simile a quello del limone. La droga si ricava dalle foglie e dalle sommità,
ha un sapore aromatico amarognolo, un odore di limone e contiene un principio amaro, un olio
essenziale, un acido succinico, canfora e pectina. L’olio essenziale è costituito da citral, citronallolo,
piccole quantità di geraniolo, linallolo e citronellolo. Si usa come stomachico, carminativo (cioè che
espelle i gas intestinali e risolve le ventosità), aromatizzante e antispasmodico.
MENTA (Mentha piperita): pianta perenne della famiglia delle Labiatae. Non è reperibile allo stato
spontaneo, deve essere infatti coltivata ed è ritenuta un ibrido di tre differenti specie: Mentha rotundifolia,
Mentha silvestris e Mentha acquatica. Della mentha piperita o officinalis (il termine piperita deriva dal
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latino piperitus che significa pungente e piccante) si riconoscono due varietà: quella bianca con fiori
bianchi e quella nera con fiori rossi. Conosciuta come pianta aromatizzante e rinfrescante, ha in terapia
diverse applicazioni dovute all’utilizzo delle sue foglie. Queste contengono un olio essenziale composto
principalmente da mentolo (e in quantità minori da mentone, derivati terpenici, mentene, pinene,
fellandrene, limonene e anetolo) che ad alte dosi ha proprietà eccitanti e stupefacenti, mentre ad una
giusta posologia è attivo contro il vomito, la nausea ed ha una lieve azione analgesica. Le foglie
contengono inoltre tannini, flavonidi e vitamina C. La menta è un importante spasmolitico
gastrointestinale, e antisettico del cavo orale, è antibatterico, ed ha inoltre un’azione tonica ed
astringente.
NEA DERO (Casearia praecox): pianta della famiglia delle Placourtiaceae. Le sue foglie bollite
vengono applicate sulle gengive doloranti.
RATANIA (Krameria triandra): arbusto con grandi fiori solitari rossi della famiglia delle
Cesalpinaceae, indigeno delle Ande peruviane e boliviane tra i 900 e 2600 metri. È una pianta ben nota
per lenire le infiammazioni della bocca e della gola e per rassodare le gengive mediante sciacqui con il
filtrato del decotto della sua droga, che ha proprietà astringenti ed è costituita dalle radici che
contengono acido ratanitannico, rosso di ratania, zucchero, gomma, ratanina (sostanza odorosa volatile)
mucillagini e amido.
ROSA DI MACCHIA (Rasa canina): arbusto della famiglia delle Rosaceae, è una delle numerose
specie di rosa selvatica comuni nelle campagne. I suoi preparati utilizzano le proprietà astringenti,
cicatrizzanti, diuretiche e toniche sia dei fiori che delle foglie che contengono numerose vitamine (A, B,
C, E, K e PP), tannino e pectina. I frutti, ricchissimi in vitamina C (fino a 800 mg per 100 g), sono
astringenti e depurativi e vengono utilizzati nelle avitaminosi e negli stati di astenia. Le galle
(escrescenze che si formano sui rami a seguito della puntura di un insetto), per l’elevato contenuto in
tannino, hanno proprietà astringenti e toniche.
ROSMARINO (Rosmarinus officinalis): arbusto cespuglioso sempreverde della famiglia delle
Labiatae. Dalla distillazione delle sommità fiorite e dei rametti ricchi di foglie si ottiene un olio essenziale
incolore (o giallo pallido) con un odore caratteristico e un sapore canforaceo amaro. Contiene dal 2 al
5% di esteri, principalmente bormilacetato, e il 10-18% di alcooli liberi quali il bomeolo e il linalolo. Ha
proprietà carminative, stimolanti, antispasmodiche ed è leggermente irritante.
ROVERE (Quercus robur): albero della famiglia delle Fagaceae. La droga è costituita dalle foglie che
vengono usate sotto forma di infuso o di decotto; ha proprietà astringenti, emostatiche, antinfiammatorie
e analgesiche del cavo orale.
SALVADORA PERSICA: pianta della famiglia delle Salvadoraceae, ben nota nel mondo islamico per
l’igiene della bocca e dei denti, viene anche raccomandata dal Corano. I suoi rami hanno un sapore
simile a quello della senape e masticati all’apice si sfibrano formando una specie di spazzolino dalle
setole molto dure atte a detergere le gengive.
SALVIA (Salvia officinalis): pianta perenne della famiglia delle Labiatae. La droga, che ha un odore
aromatico amaro, viene ricavata dalle foglie che si raccolgono prima della fioritura. Principi attivi: salviolo
(olio essenziale), acido tannico e resina. In campo odontoiatrico viene usata essenzialmente come
astringente ed antisettico.
SANGUINARIA (Sanguinaria canadensis): pianta della famiglia delle Papaveraceae dalle radici
rosso sangue. Dal rizoma che contiene vari alcaloidi (come la chelatrina, la canguinarina,
l’omochelidonina e la protopina) viene estratta la sanguinarina, un alcaloide naturale di benzofenatridina
ampiamente utilizzato come antisettico del cavo orale per la preparazione di collutori e dentifrici.
SHAPUMBILLA (Pityrogramma calomelanus): pianta originaria del Perù della famiglia delle
Polypodiaceae. L’impasto delle sue foglie pestate viene utilizzato nel caso di gengive doloranti.
TIGLIO (Tilia cordata): albero della famiglia delle Tiliaceae. Di questa pianta in erboristeria si usano
le infiorescenze, con e senza brattea, e la seconda corteccia dei rami giovani, detta alburno. Entrambi
contengono mucillagini, tannino, pigmenti flavonici e acidi organici. I fiori, in particolare, sono ricchi di un
glucoside flavonico, la tiliacina, e contengono un olio essenziale aromatico. Viene utilizzata come
antispasmodico leggero, emolliente, sedativo e leggero ipnotico.
TIMO (Thymus vulgaris): pianta della famiglia delle Lubiatae. L’olio essenziale si ricava dalle foglie e
contiene: timolo, carvacrolo, tannino e resina. Viene utilizzato come antisettico, balsamico ed
antispasmodico.
TORMENTILLA (Potentilla erecta): pianta della famiglia delle Rosaceae. La droga è costituita dalle
radici che contengono come principi attivi vari tannini ed ha proprietà astringenti.
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16. Produzione e canali di vendita dei dentifrici
Una delle caratteristiche principali del mercato delle paste dentifricie, o meglio di tutti i prodotti per la
profilassi dentaria, è la concentrazione dell’offerta. In pratica circa l’80% del mercato italiano dei prodotti
di largo consumo per l’igiene del cavo orale è nelle mani di quattro aziende: Procter & Gamble, Unilever,
Colgate-Palmolive e Beecham.
Questa situazione, venutasi a creare nell’ultimo decennio, dipende essenzialmente dal fatto che in
un mercato altamente competitivo, come quello dei dentifrici, solo le grandi multinazionali sembrano in
grado di offrire continuamente prodotti all’avanguardia e testati clinicamente per lunghi periodi di tempo
su campioni di consumatori significativi. Inoltre la commercializzazione di un prodotto di largo consumo
richiede oggi delle campagne pubblicitarie estremamente dispendiose, che difficilmente possono essere
sopportate economicamente da piccole aziende molto spesso ancora a carattere familiare.
Il resto del mercato (circa il 20%) è appannaggio di tutta una serie di industrie più o meno piccole,
ognuna delle quali occupa una particolare nicchia di mercato, essendosi specializzata nella produzione
di prodotti specifici destinati ad un particolare tipo di consumatore, come è ad esempio il caso dei
dentifrici naturali o omeopatici.
Per quello che riguarda la vendita, nell’industria della profilassi dentaria, o più in generale in quella
dei prodotti cosmetici, notevole importanza riveste il settore della distribuzione. Esso si presenta
suddiviso in varie categorie che per semplicità possono essere raggruppate in due comparti principali:
grande distribuzione e distribuzione selettiva.
In quest’ultimo settore, comprendente farmacie ed erboristerie, il consumatore può usufruire di un
prodotto specifico e qualitativamente migliore grazie anche alla presenza, in Italia, di personale
altamente qualificato e competente, capace quindi di fornire adeguata assistenza durante l’acquisto.
Le vendite dei dentifrici, così come quelle di tutti i prodotti per l’igiene orale, sono nel nostro paese in
continuo aumento sia per le continue campagne pubblicitarie di prevenzione che per l’aumentato grado
di istruzione della popolazione. Il maggiore canale di vendita è rappresentato ancora oggi dai negozi di
articoli vari ed in particolare dai grandi magazzini che vendono in Italia circa il 75% delle paste
dentifricie.
Un altro 22%, venduto attraverso le farmacie, è rappresentato da dentifrici specifici e, se comparati ai
precedenti, ad alto costo, quindi estremamente remunerativi. Questo settore di vendita, come abbiamo
già detto, offre la migliore assistenza, specialmente per quello che riguarda il tipo di prodotto indicato per
le varie patologie del cavo 0rale.
Infine vi sono le vendite effettuate attraverso le profumerie che in Italia ammontano a circa il 3% del
totale.
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17. Dentifrici citati nel testo
Per la maggior parte dei prodotti viene riportato sulle confezioni il nome dell’industria, anche se
alcune volte, in realtà, non corrisponde a quello della casa produttrice. Nei casi in cui è stato possibile
reperire l’informazione, viene riportato il nome del distributore associato o no a quello del produttore.
I nomi dei vari produttori e distributori potranno inoltre subire delle variazioni dovute alla velocità con
cui si sono avuti recentemente sul mercato italiano i fenomeni di acquisizione e/o fusione di industrie
chimiche e chimico-farmaceutiche, in modo particolare da parte di multinazionali.
17.1 Dentifrici semplici e speciali
Actifluor (BYK Gulden)
Action 2 (Iketon Farmaceutici)
Antoral (Recordati)
Apagen (Stomygen)
Aquafresh antitartaro (Beecham)
Aquafresh fluoro (Beecham)
Aronal (Fapod)
Aronal con retinolo (Fapod)
Arscolloid (SIT)
Arthodont (SIT)
AZ 15 Denti Latte (Procter & Gamble)
AZ 15 Forte (Procter & Gamble)
AZ I5 Gengi Dentifricio (Procter & Gamble)
AZ Denti Sensibili (Procter & Gamble)
AZ Junior (Procter & Gamble)
AZ Protezione Gengive (Procter & Gamble)
AZ Tartar Control (Procter & Gamble)
AZ Verde Fluor Protection (Procter & Gamble)
Benefit (Gibbs Dental Division)
Bergafluor (Bergamon)
Bergamon dentifricio (Bergamon)
Bio-Arscolloid (SIT)
Biotene (distr. Schettino)
Blan X (prod. S.A. Corp. Oral Prevention’s Product; distr. Idea Natura)
Broxo din gel (Cabon)
Broxo “Pasta dentifricia al fluoro" (Cabon)
Bugs Bunny and Friends (Oral-B)
Cepacol (Lepetit)
Chlorodont fluor forte (Manetti-Roberts)
Chlorodont fluor forte antiplacca (Manetti-Roberts)
Closan (Scharper)
Colgate (Colgate-Palmolive)
Colgate antitartaro (Colgate-Palmolive)
Colgate fluor + calcium (Colgate-Palmolive)
Colgate fluorogel junior superstar (Colgate-Palmolive)
Colgate fluor minerale (Colgate-Palmolive)
Colgate gel (Colgate-Palmolive)
Confident (Stafford-Miller)
Corsodyl dental gel (ICI-Pharma)
Crest Tartar Control (Procter & Gamble)
Defend antitartaro (Colgate-Palmolive)
Defend gengiprotettivo (Colgate-Palmolive)
Defend Plus (Colgate-Palmolive)
Dentigomma (Avantgarde)
Denivit (Nobel Consumer Goods)
Dentaton (Ghimas)
Denthoral (Uragme)
Dentival (Val)
Dentosan gel dentifricio (Parke-Davis)
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Dentosan Junior (Parke-Davis)
Dentosan-S (Parke-Davis)
Dentovax (Bouty)
Durban’s antitartaro (Gibbs Dental Division)
Durban’s h12 (Gibbs Dental Division)
Durban’s menta naturale (Gibbs Dental Division)
Eburdent 25 (prod. Acro; distr. Ideco)
Eburdent 75 (prod. Acro; distr. Ideco)
Ekuba dentifricio (UCM)
Elgydium (Pierre-Fabre)
Elmex (distr. Crinos; prod. Gaba)
Email Diamant (Laboratories Email Diamant; Pierre-Fabre)
Emoform (BYK Gulden)
Fluocaril bi-fluoré 250 (Laboratori Farmaceutici Goupil)
Fluorodyne gel (Stafford-Miller)
Fluorosan (Tre-C Industriale)
Fluoxene (Ecobi)
Forhans Special (Uragme)
Forhans “The original” (Uragme)
FX 2000 dentifricio (Carlo Erba)
Gel al fluoro (Parke-Davis)
Gengicol (Bergamon)
Gengident (Guieu)
Interplak (Bausch & Lomb)
Iodosan Fluoro (Zambeletti)
Iodosan Fluoro antitartaro (Zambeletti)
Iodosan Gel Fluoro 3 (Zambeletti)
Lacalut Special (Bouty)
Macleens (Beecham)
Marvis (Guaber)
Mappets e sesame street
Neo Destomygen (Stomygen)
Neo Emoform (BYK Gulden)
Neo Fluostomygen (Stomygen)
Neo Iodoform (Idim)
Neo Mentadent C (Gibbs Dental Division)
Neo Mentadent DS (Gibbs Dental Division)
Neo Mentadent P (Gibbs Dental Division)
Neo Stomygen (Stomygen)
Nuovo Squibb (Squibb)
Oligodent (Sanofi-Laboratoire Pharmygene)
Oral-B (Oral-B)
Oral-B “Denti sensibili” (Oral-B)
Oral-B “Pasta dentifricia al fluoro" (Oral-B)
Oraseptic (Parke-Davis)
Oroplus (Italchimici OTC)
Orotris (Cifi)
Paperino’s (Gibbs Dental Division)
Paro fresh gel (Profimed)
Parogencyl bi-actif (Laboratori Farmaceutici Goupil)
Pasta del Capitano “Formula antiplacca" (Ciccarelli)
Pasta del Capitano “Formula antitartaro” (Ciccarelli)
Pasta del Capitano “Formula fluorgel” (Ciccarelli)
Pasta del Capitano “Formula fluorgel” gusto chewing-gum (Ciccarelli)
Pasta del Capitano “Formula originale” (Ciccarelli)
Pasta del Capitano “Neo fluorgel” alla Centella asiatica (Ciccarelli)
Pasta dentifricia Carlo Erba (Farmitalia)
Pearl Drops (Bouty)
Pepsodent fluor fresh (Gibbs Dental Division)
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Periogard “Formula al fluoro Veadent” (Colgate-Palmolive)
Pioral pasta dentifricia (Teofarma)
PL 3 dentifricio (Kelemata)
Pyorrhesan (Pharmasan)
Protect (Butler)
Rid’jon dentifricio (Ogna)
Sanogyl bianco (Bema)
Sbiancodent (Milanfarma)
Self dentifricio (Ravizza)
Sensodyne (Stafford-Miller)
Sensodyne-F (Stafford-Miller)
Sensodyne-K (Stafford-Miller)
Sensodyne Turtles (Stafford-Miller)
Tantum Verde Dental (Angelini)
Tau-marin dentifricio antitartaro (Avantgarde)
Tonal (Tonal)
Ultra brait (Colgate-Palmolive)
Valda f3 (Valda)
Valda junior (Valda)
Veadent (Pharmaceutical Service)
Zendium (Oral-B)
Zendium menta (Oral-B)
17.2 Dentifrici naturali ed omeopatici
A-Micos dentifricio (A-Micos)
Antica Erboristeria “Erbe forti” (Nobel Consumer Goods)
Antica Erboristeria “Sa·via e menta” (Nobel Consumer Goods)
Bital-Dentie (Argital)
Bital-Flowers (Argital)
Bital-Special (Argital)
Broxo din gel (Cabon)
Dentie (distr. Reform-ki)
Dentifricio argilla e propoli (Docteur Nature)
Dentin propoli (Erbafarmacosmetica)
Dentosan-S (Parke-Davis)
Email Diamant (Laboratories Email Diamant; Pierre-Fabre)
Eudent (Kemiprogress)
Fito-Stomygen (Stomygen)
Herbal “Pasta dentifricia alla propoli” (Natura Holding)
Herbal “Pasta dentifricia argilla e salvia” (Natura Holding)
Homèogencil (prod. Sincom; distr. Laboratories Dolisos)
Isodent (prod. BBG; distr. Piave)
Nuovo Squibb (Squibb)
Omeobital (Argital)
Parodontax (Madaus)
Pasta del Capitano “Neo fluorgel” alla Centella asiatica (Ciccarelli)
Pasta dentifricia Calendula (Natura Holding)
Pasta dentifricia Carlo Erba (Farmitalia)
Pasta dentifricia Midani (Midani Erbe)
Periogard “Formula al fluoro Veadent" (Colgate-Palmolive)
Proporal (Biomedical)
Salviatimol (SIT)
Sbiancodent (Milanfarma)
Smile fresh 2 (Omit Laboratori)
Steriseptik (Physio-Istituto Ricerche Biologiche)
Tau-marin gel dentifricio alle erbe (Avantgarde)
Vademecum fluor et plantes (Coparel Vademecum)
Veadent (Pharmaceutical Service)
Vegeto Dentyl (distr. Donovis-Di Donato)
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Vicco Vajradanti (prod. Vicco Products; distr. Dhanvantari)
Weleda Mundwasser dentifricio liquido (prod. Weleda; distr. Amos)
Weleda Sole-Zahncreme dentifricio solubile (prod. Weleda; distr. Amos)
Weleda Zahncreme crema dentifricia (prod. Weleda; distr. Amos)
Weleda Zahnfleish-balsam pasta gengivale (prod. Weleda; distr. Amos)
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