Diagnosi di carie La Scuola di Medicina Dentale dell'Università di Ginevra definisce l'odontoiatria conservativa come "l'insieme dei procedimenti clinici atti alla conservazione dei denti naturali e al mantenimento della loro funzione, nell'ottica di preservare sia la salute orale sia quella generale del Paziente". Gli obiettivi dell'odontoiatria conservativa sono: •
La prevenzione e la salvaguardia dell'integrità dell'organo dentale •
Il trattamento curativo e il risanamento •
Il restauro dei tessuti perduti •
Il mantenimento dello stato di salute dentale. Quindi anche in odontoiatria conservativa si avrà, come in ogni altra branca medica, una fase diagnostica, seguita da una terapeutica ed infine una fase di mantenimento e controllo. La diagnosi può essere definita come il processo che porta alla identificazione di una malattia attraverso l'analisi dei segni, dei sintomi, dell'anamnesi del paziente e dei risultati degli esami di laboratorio. L'OMS definisce la lesione cario sa come "un processo patologico esterno, localizzato, che insorge dopo l'eruzione del dente e comporta un rammollimento dei tessuti duri con conseguente formazione di cavità". Eziologicamente la carie è una malattia infettiva, quindi determinata da un fattore microbico che è l' agente causale scatenante. Sappiamo che essa è trasmissibile negli animali da esperimento. È caratterizzata da una progressiva distruzione dei tessuti duri che comprende sia una decalcificazione della componente minerale sia una proteolisi della componente organica, con conseguente cavitazione. Il diagramma di Keyes del 1960 mostra l'interazione dei tre fattori determinanti per l'insorgenza della lesione cariosa: •
Il terreno recettivo (l'ospite) •
I carboidrati della dieta che fungono da substrato •
I microrganismi. Classificazione della carie In letteratura troviamo diversi tipi di classificazioni che permettono di descrivere il processo carioso. Tra questi possiamo annoverare: anatomo‐patologica, topografica, sintomatologica, clinica, radiografica. Da un punto di vista prettamente operativo le classificazioni più importanti sono quella clinica e quella radiografica. Classificazione anatomo‐patologica Carie dello smalto Da un punto di vista anatomo‐patologico la carie dello smalto si presenta macroscopicamente a livello delle superfici lisce come una chiazza biancastra, opaca, che può evolvere in cavitazione oppure pigmentarsi. A livello di solchi e fossette lo smalto interessato presenta un aspetto di colore bruno (aree scure), spesso difficilmente valutabile clinicamente per quanto riguarda l'evoluzione verso la formazione di cavità, con eventuale coinvolgimento della dentina sottostante. La valutazione microscopica delle lesioni cariose interessanti le superfici lisce dello smalto mostra un andamento di forma triangolare (sezione di cono) con apice rivolto verso la dentina. A livello dei solchi, invece, la lesione stessa presenta sempre la forma di un triangolo, ma l'apice in questo caso è orientato esternamente mentre la base della demineralizzazione si localizza verso il substrato dentinale. In entrambe le situazioni, e soprattutto nel caso di lesioni iniziali, la superficie esterna risulta essere apparentemente intatta, rendendo difficile per l'operatore una precisa valutazione del reale approfondimento verso i tessuti sottostanti. Carie della dentina La carie dentinale, dal punto di vista macroscopico, viene classicamente e scolasticamente suddivisa in due 1 forme:  Una forma "acuta", progressiva, a rapida evoluzione, tipica delle lesioni attive dei denti giovani con aspetto di colore bianco‐giallastro o brunastro, di consistenza molle.  Una forma "cronica" o carie arrestata, frequente nel dente adulto e con andamento evolutivo lento. Presenta un colore bruno‐nerastro e una consistenza più dura e secca rispetto alla carie attiva del dente giovane. Dal punto di vista clinico‐operativo la distinzione dei due tipi di carie dentinale non modifica l'approccio rigoroso di completa eliminazione del tessuto patologico durante la preparazione cavitaria. Microscopicamente la carie della dentina presenta una peculiare forma conica con l'apice della zona d'invasione rivolto in direzione pulpare. Alcuni autori suddividono in tre fasi distinte il processo di progressione della carie: fase I → demineralizzazione fase II → cambiamento di colore fase III → invasione batterica Lo schema di Carlier del 1954 descrive schematicamente le 5 zone caratteristiche della carie dentinale, distinguendo, in direzione corono‐apicale, una porzione più esterna "disorganizzata", una sottostante costituita da dentina "rammollita", un livello di "invasione batterica" e, ancora più in profondità, una zona "trasparente" con iniziale obliterazione dei tubuli dentinali che precede l'ultima porzione, quella "dura", indice di reazione pulpare. La lesione cariosa dentinale viene quindi considerata un processo patologico vitale nel quale si alternano fasi di alterazioni regressive e fenomeni reattivi. Classificazione topografica Esistono due tipi di classificazioni topografiche relative alle lesioni cariose. La prima e più conosciuta è quella di Black. All'interno della classificazione di Black si trova una prima distinzione tra carie coronale e carie radicolare. La carie coronale viene poi ulteriormente suddivisa in 5 gruppi. Classe 1 Depressioni anatomiche, solchi e fossette dei denti posteriori Solchi e forami ciechi dei denti anteriori Classe 2 Cavità prossimali di molari e premolari Classe 3 Cavità prossimali di incisivi e canini senza coinvolgimento dell'angolo incisivo Classe 4 Cavità prossimali di incisivi e canini con interessamento di un angolo incisivo Classe 5 Cavità interessanti il terzo gengivale vestibolare o linguale di tutti i denti A completamento delle classiche 5 classi è stata inoltre aggiunta successivamente anche una classe VI che contempla le cavità sulla sommità delle cuspidi dei posteriori e sul margine incisivo dei denti anteriori. La seconda classificazione topografica è quella più recentemente proposta da Mount e Hume nel 1998; le lesioni vengono classificate in base alla localizzazione e alle dimensioni. In base alla loro localizzazione le lesioni cariose vengono distinte in: Posizione 1 Solchi occlusali degli elementi posteriori e superfici lisce degli anteriori Posizione 2 Superfici interprossimali, punti di contatto Posizione 3 Terzo cervicale e radici esposte Abbinata alla posizione si considera anche la dimensione: Size 1 Piccole dimensioni, minimo coinvolgimento della dentina Size 2 Medie dimensioni, coinvolgimento moderato della dentina 2 Size 3 Grandi dimensioni, interessamento importante della dentina Size 4 Lesioni molto estese, con perdita massiva di struttura dentaria Classificazione sintomatologica La carie iniziale dello smalto si presenta:  Asintomatica  Con aree scure pigmentate nei solchi  Con zone biancastre lattescenti sulle superfici lisce, soprattutto interprossimali. Nelle lesioni interprossimali può essere riferito fastidio dovuto a sensazione da corpo estraneo, ristagno o irritazione del parodonto (possibile sanguinamento della papilla gengivale). La carie conclamata della dentina presenta una sintomatologia più evidente che orienta nella diagnosi per le caratteristiche del dolore dentinale:  Provocato da stimoli esogeni  Localizzato (il paziente riesce a riferire con una certa precisione la zona in cui ha fastidio)  Immediato (cessa rapidamente dopo stimolazione)  Non varia con il variare del tipo di stimolazione  Non classificabile secondo una scala di intensità La carie conclamata della dentina presenta una sintomatologia in risposta a:  Stimolazione meccanica (come masticazione o spazzolamento)  Stimolazione chimica (classicamente cibi dolci o acidi. Presenza di dolore con "eco" di apparente maggiore durata dopo l'applicazione dello stimolo)  Stimolazione termica. Classificazione clinica La classificazione clinica secondo i professori Baume e Holtz della Scuola di Medicina Dentale dell'Università di Ginevra è basata sul grado di penetrazione della carie e distingue 5 livelli. Carie iniziale Senza cavità, interessa solo lo smalto, con aspetto di macchia biancastra, ruvida e gessosa; è l'unica reversibile con la fluorazione Carie superficiale Supera la giunzione smalto‐dentinale, quindi inizia ad invadere la dentina Carie profonda Si estende in profondità interessando il corpo dentinale Carie penetrante Determina una reazione da parte dell'organo pulpo‐dentinale con formazione di dentina terziaria Carie perforante Comporta esposizione pulpare Classificazione radiografica La diagnosi radiografica permette di convalidare quella clinica obiettiva. In base al quadro radiografico ottenuto con radiografie interprossimali (o bite‐wing) si possono classificare le lesioni cariose, secondo Marthaler e Lutz. Schema esplicativo della classificazione radiografica della carie. D0 Assenza di radiotrasparenza D1 Radiotrasparenza che interessa la metà esterna dello smalto D2 Radiotrasparenza che interessa metà esterna ed interna dello smalto D3 Radiotrasparenza che interessa la metà esterna della dentina D4 Radiotrasparenza che interessa la metà interna della dentina 3 Dal punto di vista clinico‐operativo è da sottolineare come l'immagine radiografica tenda a sottostimare la reale estensione del processo carioso in atto. Secondo alcuni autori la valutazione diagnostica delle lesioni DO e 04 sarebbe la più affidabile, mentre le 01 , 02 e 03 presenterebbero una minore coincidenza (5‐10%) tra profondità radiologica e clinica. Diagnosi di carie La diagnosi di carie può essere suddivisa in diagnosi di presenza, diagnosi di attività e diagnosi di rischio di carie. Diagnosi di presenza La diagnosi di presenza si basa fondamentalmente sull'esame obiettivo e strumentale. Esame obiettivo L'esame obiettivo classico prevede l'osservazione diretta delle superfici accessibili previa corretta pulizia, asciugatura e illuminazione delle stesse; è consigliabile l'utilizzo di un sistema ingrandente. Una corretta separazione tramite cuneo interdentale può favorire l'ispezione della zona interprossimale di contatto tra due denti adiacenti. Scopo dell'esame obiettivo sarà quello di valutare la colorazione dello smalto e di individuare la presenza di cavità aperte con interessamento dentinale. Esame strumentale L'esame strumentale moderno contempla differenti metodiche diagnostiche; alla tradizionale esplorazione con specillo ed esame radiografico si possono affiancare tecniche più sofisticate ed evolute quali la transilluminazione, la conduttanza elettrica e la fluorescenza‐laser. L'obiettivo è quello di valutare la presenza di carie interprossimali ed eventualmente delle carie nascoste occlusali (hidden caries) nelle quali la presenza di smalto occlusale macroscopicamente intatto nasconde un già marcato interessamento della dentina sottostante. Tali insidiose lesioni cariose sarebbero presenti, secondo alcuni autori, nel 10‐50% degli adolescenti. Specillo L'utilizzo di specilli molto appuntiti a livello di solchi e fossette potrebbe, secondo alcuni ricercatori, creare delle cavitazioni iatrogene irreversibili in aree dove lo smalto è solamente demineralizzato e quindi ancora potenzialmente recuperabile. Secondo alcuni autori, considerando la difficoltà di standardizzare la pressione di utilizzo e il rischio di cavitazione iatrogena, sarebbe più opportuno utilizzare specilli sottili non appuntiti solamente per una delicata valutazione del grado di durezza della dentina a livello radicolare, evitando le superfici occlusali e prossimali. Transilluminazione La transilluminazione è una tecnica abbastanza diffusa, indicata per le zone interprossimali, soprattutto anteriori. È basata sul fenomeno per cui i raggi luminosi che attraversano i tessuti dentari alterati vengono modificati e di conseguenza la lesione cariosa si manifesta come una macchia scura ben visibile. Conduttanza elettrica Basata sul principio che la conduttività elettrica del dente cambia durante la demineralizzazione anche con superficie microscopicamente intatta, questa tecnica viene utilizzata per la diagnosi di carie delle superfici occlusali (carie occlusali nascoste). 4 Fluorescenza laser È un'evoluzione moderna delle tecniche di diagnosi di carie, soprattutto occlusali. Viene utilizzata la tecnologia laser per la valutazione delle superfici occlusali al fine di diagnosticare precocemente sia le demineralizzazioni che le carie "nascoste”. L'irradiazione luminosa di un diodo laser a livello della superficie esaminata determina la fluorescenza del tessuto dentale alterato. Tale fenomeno viene rilevato dallo strumento e, grazie a un fotoconduttore e a un dispositivo elettronico di valutazione, rielaborato e trasformato in un risultato numerico visualizzabile sul display: Valori da O a 13 Assenza di carie Valori da 14 a 24 Carie dello smalto Valori >25 Carie della dentina Esame radiografico tradizionale e digitale L'esame radiografico tradizionale o digitale risulta fondamentale per una corretta diagnosi, soprattutto per le lesioni interprossimali. Alcuni autori asseriscono che l'assenza di un esame radiografico ben eseguito può comportare la mancata diagnosi dell'80% delle lesioni presenti. Le radiografie hanno un ruolo fondamentale sia per la diagnosi che per la valutazione decisionale circa la necessità di intervento: la presenza di una lesione dentinale evidente radiograficamente impone la necessità di intervento, mentre in caso di mancata individuazione della stessa potrebbe essere più indicato un trattamento di prevenzione in attesa di una successiva rivalutazione a distanza. Da un attento esame di una radiografia interprossimale si possono ricavare molteplici informazioni, tra cui: •
Presenza di carie interprossimali e occlusali •
Valutazione dei rapporti tra carie e tessuto pulpare •
Quantità di dentina residua •
Volume della camera pulpare (potere dentinogenetico) •
Adattamento marginale dei restauri, presenza di debordamenti •
Recidiva cariosa •
Tartaro. Diagnosi di attività La valutazione dell'attività della lesione cariosa può essere effettuata prevalentemente in base all'analisi del colore e della consistenza del tessuto: •
A livello di smalto si possono osservare macchie biancastre, demineralizzate, che sembrerebbero rappresentare delle lesioni attive; oppure zone più scure e brunastre in caso di lesione quiescente o arrestata. •
A livello di dentina la presenza di un tessuto chiaro, molle e sensibile indicherebbe una lesione attiva, mentre una colorazione più scura e una maggiore durezza accompagnata da insensibilità starebbero ad indicare una lesione a progressione ridotta o arrestata. Nella porzione radicolare avrebbe, secondo alcuni autori, minore importanza la colorazione della dentina, mentre la presenza di tessuto rammollito sarebbe indice certo di lesione attiva. Tale distinzione in carie attiva o arrestata sembra ancora una volta avere un'importanza relativa dal punto di vista clinico‐operativo e non modifica l'approccio rigoroso di completa eliminazione del tessuto patologico. Diagnosi di rischio carie I fattori principali del rischio di carie possono essere riassunti nei seguenti tre punti: •
Predisposizione dell' ospite (igiene, saliva, fluoro, familiarità) 5 •
Presenza di batteri acidogeni •
Tipo di alimentazione (carboidrati). La valutazione del rischio di carie nell'ambito di un approccio conservativo moderno ha l'obiettivo di: •
Indirizzare misure preventive individuali per i pazienti ad alto rischio. •
Individuare i pazienti a basso rischio per ritardare i tempi dei restauri, evitando interventi non necessari. Tali finalità corrispondono esattamente ai principi fondamentali della moderna odontoiatria conservativa minimamente invasiva: evitare o ritardare l'esecuzione del restauro. I parametri principali della valutazione del rischio di carie sono: •
DMF score •
Età e stato di salute orale •
Test microbiologici •
Flusso salivare e potere tampone •
Livelli di fluorazione •
Igiene orale •
Dieta e abitudini alimentari. Il DMF score viene considerato tra i più importanti parametri e riguarda l'esperienza di carie del soggetto. D (Decayed) numero di denti cariati M (Missed) numero di denti persi F (Filled) numero di denti otturati La valutazione del rischio di carie può essere suddivisa in tre fasi principali: anamnesi, esame clinico e test microbiologici salivari. Anamnesi. Deve considerare le condizioni economico‐sociali, i problemi di salute generale, l'eventuale assunzione di farmaci, le abitudini alimentari, l'educazione alla salute dentale, le abitudini di igiene orale. Esame clinico e radiografico. Deve valutare l'esperienza di carie (DMF), l'aspetto e la localizzazione delle lesioni, i precedenti trattamenti restaurativi, la necessità di trattamento ortodontico e l'igiene orale. La localizzazione più frequente delle lesioni cariose riguarda le superfici occlusali ed interprossimali. La presenza di lesioni attive linguali o interessanti gli incisivi e i canini inferiori starebbe ad indicare la presenza di fattori ad elevato rischio di carie. Test microbiologici. Sono utili per monitorare il rischio di carie (concentrazione di Streptococco mutans), il consumo di carboidrati (concentrazione salivare dei lattobacilli), il potere tampone della saliva. I test microbiologici salivari hanno acquisito oggi un ruolo di primaria importanza in ambito diagnostico e preventivo. I principali e più diffusi test microbiologici salivari riguardano le concentrazioni dello Streptococco mutans e dei lattobacilli e il potere tampone della saliva. La concentrazione salivare dello Streptococco mutans rappresenta il parametro più af‐
fidabile per la valutazione del rischio di carie. La concentrazione di 100.000 per mI viene considerata un valore critico per definire un paziente ad alto rischio. Concentrazioni maggiori di 100.000/ml sono indicative di rischio di carie. Un risultato positivo (per esempio, bassi livelli di Streptococco mutans) sembrerebbe avere un valore prognostico superiore rispetto ad un risultato negativo. Un paziente con bassi livelli di Streptococco mutans avrà ridotta probabilità di formare carie, mentre un'elevata concentrazione di Streptococco mutans non rappresenta di per sé un parametro sufficiente per un sicuro sviluppo di carie. La concentrazione salivare dei lattobacilli può dare indicazioni relative a: •
Contenuto di carboidrati nella dieta 6 •
Livello di igiene orale e consumo di zuccheri •
Presenza di otturazioni infiltrate e di lesioni cariose attive. Tutto ciò è correlabile a un potenziale rischio di sviluppo di carie. Il livello elevato di lattobacilli, come unico parametro, non è considerato affidabile per la previsione di carie. Infine la valutazione del flusso salivare e del potere tampone della saliva completa il quadro dei test salivari, pur considerando che il ph salivare come unico indice non è in grado di evidenziare i soggetti a rischio. Dall'analisi globale di tutte le informazioni e i dati disponibili ottenuti nelle tre fasi iniziali si ricava il profilo di rischio di carie del paziente, fondamentale affinché la risoluzione del problema eziologico possa precedere la fase di riabilitazione. L'eliminazione e il controllo dei fattori di rischio dovrebbero sempre precedere qualsiasi trattamento restaurativo. Il restauro, infatti, deve essere considerato come una riparazione dei tessuti e non un trattamento della malattia cariosa. Obiettivi dei test microbiologici salivari: •
Prevenzione della carie e della malattia parodontale •
Diagnosi precoce •
Individuazione dei pazienti a rischio •
Valutazione dell'attività della malattia •
Verifica dell' efficacia del trattamento •
Valore prognostico •
Verifica della collaborazione del paziente (regime dietetico e igiene orale) Classi di rischio Si possono così distinguere 3 classi di rischio: •
Soggetti non a rischio •
Soggetti a basso rischio •
Soggetti ad alto rischio Per i soggetti non a rischio non è previsto alcun trattamento. Per i soggetti a basso e ad alto rischio è consigliata la correzione delle condizioni di rischio con misure preventive specifiche e mirate sul paziente e sui fattori predisponenti. Le condizioni di rischio elevato possono essere identificate in: •
Presenza di patologie sistemi che predisponenti •
Assunzione di farmaci che riducono il flusso salivare •
Dieta ricca di zuccheri •
Igiene orale scadente •
Assenza assoluta di fluoroprofilassi •
Elevate concentrazioni salivari di Streptococco mutans e lattobacilli •
Ridotto flusso salivare e potere tampone •
Diagnosi recente di lesioni cariose cavitate •
Presenza di lesioni cariose a livello delle superfici linguali o degli incisivi inferiori. Sono considerati a basso rischio i bambini che non presentano nessuna nuova carie o carie iniziale nell'ultimo anno e gli adulti con nessuna nuova carie o carie iniziale. Sono considerati, invece, ad alto rischio i bambini che presentano due o più carie nuove, iniziali o ricorrenti nell'ultimo anno, o due o più delle seguenti condizioni: •
Solchi e fossette profonde •
Cariorecettività elevata in fratelli e genitori •
Precedenti carie, solchi e fossette •
Carie in età infantile precoce •
Frequente esposizione agli zuccheri 7 •
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Flusso salivare ridotto Igiene orale carente Controlli periodici irregolari Inadeguata esposizione al fluoro Radiotrasparenze prossimali. Ad alto rischio vengono inoltre considerati gli adulti con tre o più carie negli ultimi 3 anni, o due o più delle seguenti condizioni: Solchi e fossette profonde Precedenti di carie importanti o numerose Frequente esposizione agli zuccheri Flusso salivare ridotto Igiene orale carente Controlli periodici irregolari Inadeguata esposizione al fluoro. •
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Terapia Per quanto riguarda la successiva fase terapeutica, già negli anni '80 si iniziò a sottolineare l'importanza di un trattamento causale della patologia cariosa da anteporre a qualsiasi altro intervento di terapia conservativa tradizionale. Dopo la diagnosi di presenza e dello stato di attività si può procedere direttamente con il restauro delle lesioni non attive, mentre in caso di lesioni ancora attive sarebbe opportuno intraprendere subito procedure atte all'arresto delle stesse ed eseguire solo in un secondo tempo i restauri definitivi: •
Lesioni non attive: restauro •
Lesioni attive: procedure per arrestare le lesioni e successivamente i restauri. Per agire efficacemente sull' attività delle lesioni cariose è indispensabile individuarne le cause, sempre legate ai tre fattori principali: placca batterica, dieta e terreno recettivo, e quindi concentrare l'attenzione sull'igiene orale, sui cambiamenti dietetici e sulla fluorazione e prevenzione. Dal punto di vista terapeutico un moderno approccio alla carie esposto da alcuni autori prevede per i soggetti a basso rischio il trattamento delle lesioni interdentali solo quando, sulla radiografia, sia evidente un interessamento del terzo esterno della dentina e nessun restauro a livello di solchi occlusali pigmentati in assenza di radiotrasparenza della dentina. Per quanto riguarda l'approccio clinico alla carie dei solchi l'American Dental Association (JADA, Special Supplement, 1995) consiglia: Paziente a basso rischio: •
In presenza di sospetto di demineralizzazione → prevenzione + controllo •
In caso di cavitazione → restauro minimale •
In presenza di sospetto di aggravamento del rischio di carie →procedure protettive e preventive (sigillanti, fluoro, igiene, dieta). Paziente ad alto rischio: •
Sospetto di demineralizzazione della dentina (occlusale) senza conferma clinica o radiografica→ sigillatura con eventuale apertura dei solchi •
Presenza di carie conclamata (diagnosi clinica e/o radiografica) →restauro •
Rinforzo costante dei presidi di prevenzione per ridurre il rischio di carie •
Controlli periodici personalizzati (1‐6 mesi). 8 
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4. La diagnosi in conservativa